015 Un terzo (di) teatro a Santarcangelo
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L'autore
Alessandro Carli è nato a Crespano del Grappa, in provincia di Treviso, nel 1975. Ha vissuto a Roma, a Venezia e a Rimini, dove tuttora risiede. Si è laureato in Lettere moderne a Urbino con una tesi sul teatro di ricerca in Italia. Giornalista professionista, direttore di San Marino Fixing, i suoi articoli sono stati pubblicati anche su Il Sole 24 Ore, Corriere della Sera e www.dagospia.com. Ha curato la prefazione del libro Teatro di Giacomo Gamba (Starrylink Editrice) e la quarta di copertina di Anima e carne: donne in scena di Eugenio Sideri (Fernandel).
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015 Un terzo (di) teatro a Santarcangelo - Alessandro Carli
Ringraziamenti
Nota dell'autore
Dopo 15 anni di Festival di Santarcangelo vissuti e raccontati sulle pagine di un quotidiano romagnolo (La Voce di Romagna) e di un settimanale di San Marino (San Marino Fixing), ho deciso di raccogliere in un volume tutte le recensioni degli spettacoli che ho avuto la fortuna e l'onore di aver visto. La scelta della data non è casuale: nel 2015 la kermesse clementina ha raggiunto i 45 anni. Sempre nel 2015 ho tagliato il traguardo dei 15 festival. La scelta della data è anche un gioco dei numeri: 15 festival (dal 2001 al 2015) su 45 edizioni svolte sono esattamente 1/3 della vita del festival. O meglio: Un terzo
(del) teatro a Santarcangelo. Le recensioni sono quasi tutte già state pubblicate sui due giornali. Alcune sono inedite, sono state scritte in un taccuino, a penna o a matita, come fossero appunti di viaggio. Altre ancora sono state scritte ma non sono mai state pubblicate. Per consapevole scelta editoriale, ho deciso di pubblicare gli articoli in versione integrale, senza censure e senza cesure (gli spazi dei quotidiani sono spesso ferrei ed è capitato sovente che venissero accorciati).
Tutte le critiche teatrali che danno corpo e voce a questo volume sono state riportate esattamente come sono state scritte.
Un omaggio a un festival a cui, per molti motivi, voglio davvero bene.
7 direzioni
Dal romanticismo alla contemporaneità
1998 /2005
L'orizzonte e la memoria
L'arte teatrale a cavallo tra i millenni vive una stagione ricca di linguaggi, frutto di ricerche estetiche e filosofiche. Santarcangelo è in questo contesto uno dei nodi focali in cui si intrecciano e da cui si propagano opere e pensieri.
Il passaggio è condotto da Silvio Castiglioni, figura aderente al festival e alla sua storia. Castiglioni è attore e fu a suo tempo fondatore di quel Teatro di Ventura cui apparteneva anche Merisi. A fine Novecento lo vediamo dare vita a un progetto che non ha paura di percorrere generi e temi, di confondere forme e contenuti, di riconoscere i padri e accogliere i patricidi
perché occorre essere blasfemi per praticare il culto della tradizione
.
Santarcangelo dei Teatri è, nella ricorrenza del proprio trentennale, Orizzonte e memoria, è brechtianamente Tamburi nella notte
, è una ragnatela di sentieri
tracciati con delicatezza e poesia. A Castiglioni e al suo codirettore, il giornalista Massimo Marino (cui seguirà dal 2004 un gruppo di collaboratori composto da Andrea Nanni, Massimo Eusebio e una giovanissima Silvia Bottiroli), spetta il difficile compito di affrontare un momento storico, caratterizzato da una grave carenza di mezzi a sostegno dell'arte.
Trovare equilibri per il presente e il futuro di un festival, che è sempre stato in stretto rapporto con il proprio tempo, invita i direttori a costruire ancora nuove possibilità di relazione con il pubblico, allargando anche la rosa di osservatori internazionali e di artisti. Prende corpo con determinazione in questo contesto il Quotidiano del festival, testata diretta da Gianni Manzella e coordinata da Marino, che già dagli ultimi anni della direzione de Berardinis raccoglie opinioni e testimonianze, animando costantemente il dibattito scatenato dai temi del festival.
Le geografie artistiche secondo Castiglioni e Marino vanno da Leo de Berardinis a Giuliano Scabia, da Hideo Kanze a Sotigui Kouyaté, da Rézo Gabriadzé a Massimo Schuster, da Franco Scaldati a Mimmo Cuticchio, Claudio Morganti e Alfonso Santagata, fino alla Compagnia Pippo Delbono, a Danio Manfredini, Marcido Marcidoris, Tam Teatromusica, Raffaella Giordano e Teatro delle Briciole. Il panorama comprende anche I Magazzini, la Compagnia Virgilio Sieni e la colonna romagnola
, punta di diamante della ricerca italiana di questi decenni e parte integrante della storia del festival: Socìetas Raffaello Sanzio, Teatro Valdoca e Teatro delle Albe, cui si aggiunge la generazione successiva con Motus, Fanny & Alexander per la Romagna, e Teatrino Clandestino e L'Impasto per l'Emilia. Nel lungo periodo diretto da Castiglioni vengono invitati anche Ascanio Celestini, Spiro Scimone, Libera mente, Babbaluck, Teatro del Lemming, Accademia degli Artefatti, Domenico Castaldo, Scena Verticale, I sacchi di sabbia, Roberto Rustioni e molti altri. Dall'estero arrivano il Théatre de la Mezzanine e Roysten Abel e, negli ultimi anni, le nuove generazioni artistiche europee con Marco Berrettini, Claudia Triozzi, Edit Kaldor, Buelens Paulina, Tiago Guedes, Joao Fiadeiro, TgStan.
Ha inizio inoltre in questi anni la collaborazione del festival col Premio Scenario, che presenta tra i propri finalisti molti nuclei artistici che si distingueranno negli anni a venire. Il festival, nato come teatro in piazza
, ha destinato in questi anni il palco centrale ai concerti di musica etnica (a cura di Massimo Eusebio), senza tralasciare l'aspetto dei seminari e degli incontri, né la relazione con l'editoria.
Il festival del paese senza teatro reinventa a ogni edizione nuovi spazi scenici, nutrendo l'immaginario teatrale di architetture e spiagge, anfiteatri naturali e capannoni industriali, grotte e colonie abbandonate. È in quest'ottica che, nel 2000, nasce il Circo Inferno Cabaret, satellite notturno del festival, ambientato in un vero e proprio tendone da circo alle porte del centro storico del paese.
2006 / 2008
Verso il Potere senza potere
Dopo gli otto anni di direzione artistica di Castiglioni, viene emesso un bando per avviare un cambiamento.
Tra i progetti presentati la scelta cade su quello di Olivier Bouen, operatore culturale francese, affiancato dal critico teatrale Paolo Ruffini in veste di codirettore. Con Bouen il festival si colora di un certo glamour
artistico che si manifesta nel disincanto delle ideologie e nella necessità di comprendere i contemporanei tempi paradossali. Si flirta con le nuove forme di comunicazione e si rilancia sull'incontro tra le discipline artistiche, assumendo il sottotitolo di International Festival of The Arts. Esce per Fandango il volume Scritti sulla contemporaneità che pubblica riflessioni sul rapporto tra arte e media e interventi di artisti e pensatori, tra cui Baudrillard sulla forma come felice catastrofe
, Viviana Gravano sulla contaminazione sincretica
e Massimo Canevacci sul post-umano
.
Sempre sul piano dell'elaborazione teorica viene stretta una relazione con l'area di giovani critici e studiosi teatrali legati alla rivista art'O, diretta da Gianni Manzella. In questo periodo aumentano i protagonisti del teatro-danza, con esponenti come Roberto Castello, Francesca Proia, Kinkaleri, Mk, Gruppo Nanou, Habillé d'Eau, Sonia Brunelli, e Santasangre. Si rafforza la presenza di artisti europei influenti nell'ambito della nuova drammaturgia, della danza e della performance, come i Forced Enterteinment, Rodrigo Garcìa, Claudia Dias, René Pollesh, e Yasmin Godder. Sono questi gli anni in cui la manifestazione paga lo scotto di una dimensione autoreferenziale che va a danno dell'incisività di un festival nato e cresciuto sempre nutrendosi di coinvolgimenti larghi e partecipati. È così che a un certo punto, l'equilibrio improvvisamente si rompe e, a fronte di una direzione artistica che si dimette a pochi mesi dal festival, si costituisce, su sollecitazione del presidente tempestivamente nominato (Sandro Pascucci) e della responsabile di produzione in carica (Sonia Bettucci), un movimento autogestito promosso dagli artisti in residenza (Fanny & Alexander e Teatrino Clandestino). L'operazione crea un forte senso di appartenenza, rinnova il patto tra la storia del festival e gli artisti che ne sono l'anima presente e futura, azzera i ruoli di potere e al contempo innesta l'idea di nuove forme di gestione di questa materia sempre in movimento. Il festival va in scena, nonostante gli enormi problemi di budget, grazie allo spirito militante
delle più giovani e impegnate compagnie italiane. Nasce Potere senza potere, un coordinamento del quale fanno parte anche i componenti del collettivo di giovani critici teatrali Altre Velocità.
È l'occasione in cui ripensare, attraverso diversi interventi e coinvolgimenti, l'idea di festival come spazio pubblico, di espandere i tempi, di allargare l'accesso, e di valorizzare l'incontro e la partecipazione attiva.
2009 / 2011
Singolare plurale
A seguito dell'esperienza Potere senza potere, il futuro del festival si riorganizza intorno a un'idea di direzione artistica plurale e incandescente. L'antropologo teatrale Piergiorgio Giacchè immagina che a dare nuova linfa alla manifestazione possano essere proprio le compagnie romagnole di portata internazionale.
Si riferisce ai cesenati Socìetas Raffaello Sanzio e Teatro Valdoca, ai riminesi Motus, e al ravennate Teatro delle Albe, mondi artistici tra loro diversi che si stagliano nel panorama della scena contemporanea. Dei quattro solo Valdoca non accetta l'invito, mentre dagli altri nasce un progetto triennale che, basandosi sull'idea di Giacchè e rielaborandola, intreccia i diversi ruoli che compongono il fare teatrale, con il coinvolgimento di tre artisti alla direzione, Chiara Guidi, Enrico Casagrande e Ermanna Montanari (per la prima volta compaiono figure femminili alla direzione artistica del festival), e la creazione di un coordinamento critico-organizzativo composto da Silvia Bottiroli, Rodolfo Sacchettini e Cristina Ventrucci.
Fin dal principio il gruppo mette a fuoco obbiettivi condivisi sul piano politico, sui quali si sprigioneranno con forza i tre diversi immaginari. Chiara Guidi, affiancata dal curatore Massimo Simonini (e dunque in collaborazione col festival musicale Angelica di Bologna, da lui diretto) crea un festival-drammaturgia nel quale è proiettata la propria ricerca tra suono e scaturigine teatrale, occupando tutti gli anfratti del paese con la creazione di esperienze auditive e atti di visualizzazione dell'acustica. Casagrande irromperà in strade e piazze per oltrepassare il muro della realtà, imbracciando un'energia contaminante e un carnet di artisti dal forte slancio politico. Ermanna Montanari accenderà di monadi e cori un festival dedicato al fare-rifare-disfare dell'attore
, con opere di pregio e un inedito coinvolgimento della città.
Queste tre sono manifestazioni irripetibili