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gli schiavi di Tecnova

Una Societ pu rendere schiavi o liberi. Pu dar lavoro nero sfruttando


individui, o costruire persone che avranno la possibilit di guadagnarsi da
vivere. Pensando agli immigrati, ai neri per lesattezza, sovviene alla mente un
vecchio film con le scimmie al potere.

Muovendosi pi lentamente si portati a pensare maggiormente, a riflettere, ad


ascoltare. Si indotti a percepire il mondo che ci circonda, andando oltre.
Certe volte come lanciare una sonda dentro, puntare un telescopio
nellinteriorit, esplorare la dimensione in cui non siamo padroni di niente, in cui
non esiste laffanno, la smania, la rincorsa, il delirio. Talvolta come restare
impalati emulando un lampione di strada, immaginando unesistenza in cui fare
e pensare hanno altrettanta importanza. Gi, se unazione fosse meditata,
probabilmente non appiccheremmo incendi a chi cerca di starsene tranquillo in
una vita decente lontana dalla fame e dallingiustizia, non avvertiremmo puzza
di sudore sol perch manca un deodorante, non ci sentiremmo superiori ad una
specie che non ha avuto la possibilit del benessere, non ci illuderemmo di
essere padroni di un posto soltanto perch abbiamo avuto la sorte di abitarlo
nascendovi.
Spesso mi chiedo quale diritto in pi vantiamo rispetto ad un immigrato, quale
pretesa possiamo avere senza eseguire nemmeno un obbligo civile, a quali
doveri bisogna adempiere per accampare un diritto di cittadinanza privilegiato.

E se fossero i loro, i comportamenti giusti, quelli degli intrusi che alle quattro
del pomeriggio interpretano film gi visti, intromettendosi nel nostro benessere.
Ormai si distinguono, passeggiano per le vie, fanno le consegne, chiedono
lelemosina, chinano la spalla nei filari per sedici ore consecutive confondendosi
con le lucertole al sole. Non si pu sparargli con la fionda, affondargli le
barchette di cartone, ricacciarli indietro rispedendoli nellinferno da cui
provengono, perch quegli inferi sono anche il nostro mondo, quello che a
fuoco lento ci brucia da lontano.
Pare che la civilt stia ricominciando da capo capovolgendosi, proprio come in
un pianeta delle scimmie che gira con la pellicola allindietro.
Fuoco contro gli stranieri, contro quegli strani animali da cui probabilmente
discendiamo, fuoco contro chi non ha poteri ed costretto ad emigrare, fuoco
contro chi, pochi decenni addietro, popolava le miniere del Belgio in cambio di
carbone o, ancor prima, le streets degli Stati Uniti dAmerica bramandone il
sogno, fuoco contro chi andava a cercar fortuna nellincontaminata Australia o
nellaustera Germania.
Uomo contro uomo, da sempre, simile contro simile, gorilla contro scimmia o
scimmie contro gorilla che si ostinano a vestirsi da padroni terrorizzando nei
mari o schiavizzando nelle campagne.
Non si scimmie perch si cammina lasciando penzolare le braccia, e non si
gorilla perch si sbattono i pugni sul petto.
Non si uomo perch si cavalca un cavallo o sadopera un fucile. Non si
padrone perch si impone una gogna allo straniero.
Si animali quando si trattano gli altri, da animali.
Si uomini quando si dona almeno il superfluo, gli abiti fuori moda, un
fabbricato in disuso o una manciata di denari che non cambiano la vita.
Si altrettanto uomini quando si usa la vecchia bicicletta, quando ci si siede su
una panchina arrugginita o quando si fanno lunghe passeggiate tranquille, si
uomini quando si rispetta qualsiasi umile lavoro esercitato per campare.
E si altrettanto donne quando si costrette ad essere buie lucciole vessate,
vittime incapaci di far risplendere di dignit il loro corpo nero, disperso tra
sentieri cupi e vicoli chiusi, vagante tra lungomari e terreni infangati con distese
di pannelli fotovoltaici intrisi di corruzione e malaffare.
Ma ognuno di noi sa che in ogni tonalit di pelle ci sono occhi bianchi che
spiccano, e che si somigliano per lumido che contengono.
Per cui, niente timore, niente crudelt, perch la presa del coltello tocca prima
alluna e poi allaltra specie, e ben presto, noi occidentali, riconsegneremo il
vizio e la vanit, la pigrizia e larroganza, la presunzione e la stoltezza, lo
sperpero, labuso.
E alla fine del film, rifaremo gli stessi errori, lo stesso orrore commesso in una
notte piovosa.
www.pierpaolopetrosillo.blogspot.com

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