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N.

2, anno 2 Dicembre 2010

Immagine di copertina Giuseppe DAlia

N. 2, anno 2 Dicembre 2010

"Dunque quale nuova libert cerchi fra stancate parole? Non la soave tenerezza di chi sta a casa ben ragguagliato dalle alte mura e pensa a s." -Amelia Rosselli

La Libellula, n.2 anno 2

Dicembre 2010

ISSN: 2036-3133

La Libellula Rivista di italianistica

Fondata da Alessandro Di Prima e Laura Incalcaterra McLoughlin Periodico annuale Direttore responsabile Alessandro Di Prima Comitato di redazione Vincenzo Bagnoli, Alberto Bertoni, Miguel Angel Cuevas, Michelangelo Fino, Luca Lenzini, Barnaba Maj, Francesco Muzzioli, Daragh O Connell, Erminia Passannanti, Marco Sonzogni, Salvo Torre, Bart Van den Bossche, Sara Ventroni, Franco Zangrilli. Web master Paolo Alberti Copertina Giuseppe DAlia www.lalibellulaitalianistica.it info@lalibellulaitalianistica.it

La propriet intellettuale delle opere pubblicate rimane agli autori che ne concedono i diritti a La Libellula. Rivista di Italianistica ai fini della presente pubblicazione n. 2, anno 2, Dicembre 2010, fatte salve le prerogative Creative Commons. Ogni collaborazione con La Libellula assolutamente gratuita.
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Redazione
Vincenzo Bagnoli Vincenzo Bagnoli nato nel 1967 a Bologna, dove vive. Ha suonato in una rock band, ha lavorato per periodici ed emittenti locali, ha svolto attivit di ricerca e didattica allUniversit e scritto saggi e monografie di critica letteraria (Contemporanea, Esedra 1997; Letterati e massa, Carocci 2000; Lo spazio del testo, Pendragon 2003). E tra i fondatori di Versodove, rivista di letteratura, e attualmente lavora come redattore per la societ editrice il Mulino. Ha pubblicato le raccolte di poesia 33 giri stereo LP (1980-2000) (Gallo & Calzati, 2004; musiche di Nicola Bagnoli), FM onde corte (Bohumil, 2007; disegni di Giacomo Della Maria) e Deep Sky (dif, 2007). Alberto Bertoni Alberto Bertoni insegna letteratura italiana contemporanea allUniversit di Bologna. Autore di alcuni libri di poesia, ha pubblicato numerose opere critiche sulla letteratura del Novecento, fra le quali Dai simbolisti al Novencento. Le origini del verso libero italiano (Il Mulino, 1995) e lantologia Trentanni di Novecento. I libri italiani di poesia e dintorni (1971-2000) (Book, 2005). Ha inoltre curato i Taccuini 1915-1921 di Filippo Tommaso Marinetti (Il Mulino, 1987) e nel 2006 uscito La poesia. Come si legge e come si scrive (Il Mulino). Miguel ngel Cuevas Miguel ngel Cuevas nato ad Alicante nel 1958. Poeta, traduttore, professore di Letteratura Italiana presso lUniversit di Siviglia. Studioso del Novecento ha tradotto e curato edizioni spagnole di Luigi Pirandello, Pier Paolo Pasolini, Vincenzo Consolo, Giuseppe Tomasi di Lampedusa, Angelo Scandurra, Maria Attanasio. Ha tradotto e curato edizioni italiane di Jos ngel Valente. Per la poesia ha pubblicato, in Italia, 47 Frammenti. Alessandro Di Prima Alessandro Di Prima nato nel 1973. Attualmente insegna lingua e letteratura italiana e interpretazione del testo letterario presso la National University of Ireland di Galway. Collabora con il Seminario di Teoria della Narrazione diretto dal Professore Barnaba Maj presso lUniversit di Bologna. Nel 2007, per il Comune di Caltagirone (CT), ha ideato e organizzato insieme a Josephine Pace il II Festival Internazionale della Poesia. Nel 2005, per il Comune di SantAgata li Battiati (CT), ha ideato e diretto la rassegna di eventi culturali Campi Magnetici. Arte-Musica-Poesia-Teatro. Ha pubblicato i libri di versi atlante del padre (Book Editore, 2003) e Per luce residua (Book Editore, 1999). Suoi testi critici e poetici sono apparsi in questi anni per diverse riviste e antologie su carta e su web. Michelangelo Fino Michelangelo Fino (Bari 1977) docente a contratto presso lUniversit degli Studi di Cassino dove insegna Editing informatico e cura del testo e Trattamento informatico del testo. Collabora al laboratorio di Lingua, Filologia e Letteratura italiana e al CIRTT (Centro interdipartimentale di ricerca su tradizione e traduzione) presso il Dipartimento di Filologia e Storia della medesima Universit. dottore di ricerca in italianistica e cultore della materia in Letteratura italiana e Letterature comparate. Si occupa di narrativa otto-novecentesca e in particolare di scrittori italiani meridionali (Verga, De Roberto, Tomasi di Lampedusa, Pirandello, Rosso di San Secondo, Alvaro). Oltre a interventi pubblicati in atti di convegni e online, nel 2008 uscito il volume di studi Nella tenebra di una stazione deserta: il viaggio in treno nelle novelle di Pirandello, in L. Pirandello, Quattro novelle di viaggio, con introduzione di L. Martinelli, Bologna, Allori Edizioni. Laura Incalcaterra McLoughlin Laura Incalcaterra McLoughlin ha conseguito un dottorato di ricerca in letteratura italiana presso la National University of Ireland Galway con una tesi su Limmagine lirica della citt nelle interpretazioni letterarie del Novecento italiano. Attualmente insegna presso il Dipartimento di Italianistica della stessa universit. Si occupa di poesia novecentesca e di traduzione, in particolare traduzione audiovisiva. Tra le pubblicazioni pi recenti Subtitles in Translators Training: A Model of Analysis, in Romance Studies, 27(3), luglio 2009, 192-204; Inter-semiotic translation in foreign language learning. The case of subtitles, in Translation in Second Language Teaching and Learning. A cura di Arndt Witte, Theo Harden, Alessandra Ramos de Oliveira Harden, Oxford: Peter Lang, 2009, 227-244; La macchina dellestasi. Note interpretative sulla poesia di Ermina Passannanti. Novi Ligure: Edizioni Jocker, 2007;

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Spazio e spazialit nella poesia italiana del Novecento, a cura di L. McLoughlin, Leicester: Troubador Publishing, 2005. Luca Lenzini Luca Lenzini nato a Firenze nel 1954. Ha dedicato studi e commenti allopera di Vittorio Sereni, Franco Fortini, Guido Gozzano, Giovanni Giudici, Attilio Bertolucci, Alessandro Parronchi ed altri autori novecenteschi. Dirige la Biblioteca della Facolt di Lettere e filosofia dellUniversit di Siena ed membro del Centro studi Franco Fortini. Cura la collana Bilenchiana per le edizioni Cadmo (Fiesole, Firenze) ed redattore della rivista Lospite ingrato del Centro studi Franco Fortini (ed. Quodlibet). Barnaba Maj docente di Filosofia della storia e Teoria della storiografia allUniversit di Bologna. direttore responsabile della rivista Discipline filosofiche e membro del dottorato internazionale Politiche Kommunikation (Frankfurt am Main). Tra le pubblicazioni pi recenti: Idea del tragico e coscienza storica nelle fratture del Moderno, (2003), Il volto e lallegoria della storia. Langolo dinclinazione del creaturale (2007), una edizione commentata di Das Urteil La condanna di Franz Kafka (2008), Franz Kafka. Davanti alla legge (2008), Rossellini e limpresa dei Mille (2009). Francesco Muzzioli Francesco Muzzioli, nato nel 1949, insegna Critica letteraria presso lUniversit Sapienza di Roma. Come saggista, si occupato principalmente degli autori del Novecento e delle linee di ricerca dellavanguardia e dello sperimentalismo, interrogandosi sulla portata alternativa della scrittura. Nellambito della teoria letteraria, si interessato al dibattito delle tendenze e dei metodi, con particolare attenzione agli anni recenti, in polemica sia con lermeneutica e il ritorno ai classici, sia con il postmoderno e il cedimento al mercato. Tra i suoi volumi i pi recenti sono: Lalternativa letteraria (Meltemi, 2001), Le strategie del testo (Meltemi, 2004), Scritture della catastrofe (Meltemi, 2007) e il pamphlet sulla decadenza della critica letteraria intitolato Quelli a cui non piace (Meltemi, 2008). Ha al suo attivo anche raccolte antologiche, come quella di poesia civile curata insieme a Marcello Carlino, dal titolo Poesia a comizio (Empiria, 2008). Daragh OConnell Daragh OConnell, docente presso la University College Cork in Irlanda. Ha insegnato inolte alla Universit di Dublino (Trinity College) e alla University College Dublin. Si occupa di letteratura siciliana e le opere narrative di Vincenzo Consolo in particolare. Ha pubblicato diversi saggi su Consolo, Pirandello, Sciascia, De Roberto e Tomasi di Lampedusa e anche su Ariosto, Giambattista Vico e Joyce. Attualmente sta completando uno studio monografico intitolato La trilogia della Trinacria: polifonia e palinsesti nella narrativa di Vincenzo Consolo e sta curando due libri su Dante e un libro di saggi su Il sorriso dellignoto marinaio. Fa parte del comitato esecutivo della Society for Italian Studies, del comitato scientifico della Society for Pirandello Studies ed anche membro del comitato di redazione della UCD Foundation for Italian Studies e di Civilt italiana. Erminia Passannanti Ha conseguito un dottorato di ricerca (PhD) presso lUniversity College London con una tesi sullopera di Franco Fortini. Si occupa di poesia, cinema e dissidenza artistica. Ha curato con Rossella Riccobono il volume di saggi di estetica Vested Voices. Literary Transvestism (Volume 1, Troubador, 2006). Ha pubblicato le monografie Poem of the Roses. Linguistic Expressionism in the Poetry of Franco Fortini (Troubador, 2004), Il corpo e il potere. Sal o le 120 giornate di Sodoma di Pier Paolo Pasolini, (Joker 2004, sec. ed. Novi Ligure 2008) e Il Cristo dellEresia (Joker, 2009). Attualmente sta conducendo una ricerca sul cinema italiano, il Vaticano, e la censura. docente di ruolo di Lingua e Civilt Inglese per il Ministero della Pubblica Istruzione. Marco Sonzogni Marco Sonzogni (1971) Senior Lecturer in Italian presso la School of Languages and Cultures della Victoria University of Wellington in Nuova Zelanda e membro esecutivo del New Zealand Centre for Literary Translation. Si occupa principalmente di teoria e pratica della traduzione e di storia della poesia italiana. Ha curato la traduzione e ledizione di diversi poeti, tra cui qui si ricorda quella di S. Heaney. Sulla poesia (Sia dato spazio alla poesia. Sia dato credito alla poesia) Archinto, 2005. La sua ultima

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pubblicazione Corno Inglese. An Anthology of Eugenio Montales Poetry in English Translation (Joker Edizioni, 2009). Salvo Torre Salvo Torre (Catania, 1974), ricercatore e docente di Geografia presso la Facolt di Scienze della Formazione dell'Universit degli studi di Catania. Si occupato dei processi di nascita della citt contemporanea e delle identit postcoloniali. Oltre a vari saggi, ha pubblicato i volumi: Alle origini della citt contemporanea. Rendita fondiaria urbana e processi di accumulazione a Genova nel XIX secolo, Catania, 2004; Infrangere l'ordine del tempo. Le nuove generazioni tra storia e sociologia, Catania, 2002; con Rosario Trimarchi, Di qua dal mare delle tenebre. Geografi e viaggiatori della tradizione araboislamica in Sicilia, Catania, 2007; ha curato i volumi: Carl Ortwin Sauer, Un segmento ingenuo di realt. Scritti di metodologia della ricerca geografica, Acireale-Roma, 2007; Nino Recupero, Le stelle sono morte. Scritti sulla guerra (1940-1963), Catania, 2006; Nino Recupero, Catania tra nostalgia sottile e vitalit irrefrenabile, Messina, 2005; Era come un diavolo che cammina. Agitatori sindacali e dirigenti contadini nelle campagne catanesi del dopoguerra, Catania, 2005. Bart Van den Bossche Bart Van den Bossche insegna letteratura italiana allUniversit di Lovanio (K.U.Leuven). Si occupa di letteratura italiana moderna e contemporanea, in particolare dei rapporti fra mito e letteratura. Ha pubblicato saggi su diversi autori e argomenti dellOtto-Novecento (Leopardi, Pirandello, Svevo, Pavese, Carlo Levi, Calvino, Tondelli tra gli altri). Nel 2001 uscita una monografia su Cesare Pavese (Nulla veramente accaduto. Strategie discorsive del mito nellopera di Cesare Pavese, Lovanio-Firenze, Leuven University Press-Franco Cesati Editore), e nel 2007 ha pubblicato un volume dedicato a Il mito nella letteratura italiana del Novecento. Trasformazioni e elaborazioni (Lovanio-Firenze, Leuven University Press Franco Cesato Editore). Fa parte del comitato direttivo della Fondazione Luigi Pirandello (Stichting Luigi Pirandello), una fondazione belga-olandese con sede a Helmond (Paesi Bassi) che organizza ogni due anni un festival dedicato a Luigi Pirandello. E direttore di Civilt Italiana, la collana dellA.I.P.I. (Associazione Internazionale Professori dItaliano). Ha curato, insieme a Franco Musarra e Serge Vanvolsem, gli Atti di vari convegni. Sara Ventroni Sara Ventroni nata a Roma nel 1974. Ha pubblicato su numerose riviste. Come performer ha partecipato ai maggiori festival nazionali e internazionali di letteratura. Ha vinto il primo poetry slam italiano. Per RAI Radio Tre ha raccontato le vite di Jim Morrison e David Bowie (Storyville). Per RAI Radio Due ha scritto lo sceneggiato Chi fa la spia. Ha collaborato con musicisti come Mandarini, Lo Guercio, Cinque e De Vito. Suoi racconti e poesie sono presenti in diverse antologie italiane e straniere. tradotta in numerose lingue. Per No Reply ha pubblicato lopera teatrale Salom (2005) e per Le Lettere il volume Nel Gasometro (2006; finalista al premio Delfini; vincitore premio Napoli 2007). Sta scrivendo un romanzo per la casa editrice Rizzoli. Collabora con il quotidiano lUnit. Franco Zangrilli Franco Zangrilli Full Professor ditaliano e di letteratura comparata alla City University of New York. I suoi lavori critici su Pirandello (tra cui Pirandello. Presenza varia e perenne, Metauro Edizioni, 2007; Pirandello pstmoderno?, Edizioni Polistampa, 2008) hanno ricevuto molti riconoscimenti. Tra le pubblicazioni: Sicilia isola-cosmo. Conversazione con G. Bonaviri (Longo, 1998); La forza della parola. Incontri con Cassola, Prisco, Pomilio, Bonaviri, Saviane, Doni, Pontiggia, Altomonte (Longo, 1992); La penna diabolica. Buzzati scrittore-giornalista (Metauro Edizioni, 2004); e Locchio stregato. Letture di scrittori contemporanei (Kars Edizioni, 2009). Ha tradotto in italiano il dramma Lamore imperfetto di Brandon Cole (apparso su Prima Fila n. 92, febbraio 2003) e la commedia Andata e ritorno di Mario Benedetti (Metauro Edizioni, 2003). Per Salvatore Sciscia Editore dirige la collana di critica letteraria, Sentieri saggistici, e la collana di scrittura creativa Scrittori del mondo; e per Franco Cesati Editore la collana di critica letteraria Italianisti nel mondo.

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La casa di Sunset Park, tracce letterarie e discorso storico Alessandro Di Prima Nellultimo romanzo di Paul Auster, il recente Sunset Park, lo scrittore americano inscrive una traccia possibile della storia recente degli Stati Uniti a partire da una immagine spaziale precisa, quella della casa. Un luogo simbolico che Auster associa allidea del disfacimento facendone metafora del trasloco delle esistenze, dello sradicamento prima economico e poi culturale dal tessuto produttivo della nazione subto dai cittadini sempre pi emarginati dalle loro stesse vite. Il giovane Miles Heller passa le sue giornate a fotografare le case abbandonate dai proprietari inadempienti perch caduti in povert. Nel corso del racconto Auster intreccia il motivo spaziale della casa con lasse temporale di due tra i mitologemi fondanti la cultura nordamericana: il baseball con i nomi dei suoi eroi leggendari declinati da Miles e il padre Morris nella fascinatio gestarum che costruisce e traina il loro rapporto affettivo nel tempo e il cinema nella fattispecie con The Best Years of Our Lives, film del 1946 diretto da William Wyler che racconta limpossibilit di riconoscersi di due generazioni dopo la Seconda guerra mondiale. Paul Auster, dunque, organizza la propria narrazione allincrocio tra racconto fictionale della contemporaneit (la fabula tocca il punto cronologico del 2009 con riferimenti anche alla vicenda politica dellintellettuale cinese Liu Xiaobo, recluso e impossibilitato a tornare a casa ma anche sorta di premonizione letteraria del premio Nobel per la pace assegnatogli nel 2010) e riflessione sul senso di ci che non pi eppure stato, come ci ricorda la teoria storiografica di Michelet. E se nella topoanalisi della potique de lespace (1957), Bachelard riconosce il luogo della casa come produttore di immagini, ambiente in cui prendono forma fin dallinfanzia le rveries dellindividuo cui consentito di sognare in pace, il giudizio di Auster sulla condizione dellabitare lo spazio del contemporaneo si traduce nellimplacabile sentenza della perdita di spazio del sogno americano, di quella felicit iscritta nel primo emendamento della costituzione che il territorio degli Stati Uniti per parafrasare ancora Bachelard ha racchiuso e compreso nel tempo. Non a caso il finale sconsolante di Sunset Park condensa nella parola homeless la condizione diseredata e dislocata delluomo contemporaneo allombra del crollo delle Twin Towers, confinato com in un presente senza futuro cui rimanda per assonanza il nome del marine Homer (interpretato da Harold Russell) in The Best Years of Our Lives, ma al cui destino non sfugge nemmeno la casa editrice e dunque luogo di produzione culturale Heller. Lo spazio del testo letterario, qui come non mai, riduce insomma la coscienza storica di un territorio-nazione-guida del secolo appena concluso alla constatazione della propria regressione a provincia mundi. Daltronde, il nostro tempo ascrivibile alla formula di Wallerstein di sistema mondo (2006) non pu non pretendere la costruzione di un discorso critico che alla differenza per dirla con Armando Gnisci coniughi lessere-in-relazione secondo la parola plurale delle poetiche dei mondi. Per rimanere in ambito italiano, recentemente la stessa riflessione filosofica nellelaborazione di Giacomo Marramao e della sua Passione del presente (2008) sposta lasse concettuale della Storia dallOccidente al mondo, evidenziandone i cortocircuiti identitari delle diverse posizioni. Roberto Esposito, invece, focalizzando nel suo Pensiero vivente (2010) il discorso sullItalian Theory parla espressamente di geofilosofia in contrapposizione al quel movimento

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internazionale che lItalia ha rappresentato per lEuropa fin dallepoca medievale come terreno di cultura potenzialmente universale. Si tratta dunque di riconoscere come gi fece il padre della geografia culturale americana, Carl Ortwin Sauer, nel saggio The Morphology of Landscape (1925) che ogni area culturale riguarda un particolare suolo o casa, unespressione storica e geografica. Il richiamo alla storicit e alla relazionalit poi stato ripreso, com noto, da Aug che nella sua riflessione sulla surmodernit ne fa i principi costitutivi insieme al terzo elemento dellidentit della definizione di luogo, vale a dire con la Gocritique di Bertrand Westphal (2007) di uno spazio umano. Nel suo Geocritica. Reale Finzione Spazio, Westphal fonda la genesi del metodo geocritico prendendo le mosse dallo studio del mondo relazionale della Mitwelt, esplorando gli spazi e le interazioni culturali cos come sono disposti nel testo. Ma gi nel 1945 cio allaltezza cronologica sia delluscita del film di Wyler sia della storia in esso raccontata e sempre in America, il critico Joseph Frank con un articolo intitolato Spatial Form in Modern Literature introduceva nel dibattito critico-letterario The idea of spatial form destinata a spostare nel corso del secolo il centro degli studi di teoria della letteratura dal concetto di tempo a quello di forma spaziale. Daltro canto, la sincronia stupefacente se si pensa che dallaltra parte dellAtlantico, nello stesso anno in Europa Le Corbusier parlava di una funzione dello spazio nella sfera emozionale della percezione estetica, riconducibile sul piano filosofico al contemporaneo spazio mentale dellesistenza formulato dalla fenomenologia di Merleau-Ponty. Tornando ai giorni nostri e alla spazialit letteraria, Westphal ci ricorda che se il testo qualche volta precede lo spazio umano, spesso gli sopravvive, in una sorta di bi-direzionalit che sposta il soggetto secondo la tesi di Eco nelle Sei passeggiate nei boschi narrativi verso ci che esistito nello spazio o ci che non esistito altrove che nel testo. Evidenziando cos limportanza dellelemento intertestuale nella percezione dello spazio umano, questultimo dunque inteso di nuovo con Sauer come paesaggio: Ogni paesaggio umano, ogni abitazione in ogni momento un accumulo di esperienza pratica e di quello che Pareto era felice di chiamare residui. Lo spazio, in definitiva, secondo la Perspective of Experience di Yi-Fu Tuan (1977) diventa luogo solo quando per chi lo attraversa assume un senso. E allora, per riprendere la casa perduta di Auster nellalthusseriano continente della storia, interessante ricordare quello che in termini di societ dello spettacolo elaborava Guy Debord alla fine degli anni Sessanta parlando di espropriazione violenta del loro tempo. Unificando lo spazio delle merci, il sistema capitalistico finisce per banalizzare e svuotare dallinterno lo spazio di produzione delle idee: Questa societ che sopprime la distanza geografica raccoglie interiormente la distanza, in quanto separazione spettacolare. Ai rapporti tra spazio, dimensione temporale ed esercizio del potere Pierre Bourdieu dedica particolare attenzione negli anni Settanta, fondando la sua filosofia del tempo che sostituisce alla relazione tra Dasein e Welt della fenomenologia heideggeriana la relazione fra habitus e campo. dunque a partire da questa particolare costellazione della storia letteraria che lultimo romanzo di Auster va collocato: negli interstizi tra il sogno perduto e la realt di una Wast Land eliotiana del nuovo secolo. In definitiva, gli omerici senzacasa di Auster spodestati del loro habitus, non appartengono pi a nessuna Heimat, facendo del luogo perduto lallegoria di uno spazio come tempo narrato e narrante la sconfitta del nostro presente. Tant che la migliore traduzione in formula poetica della Storia come spazio di Sunset Park

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sembra essere condensata ante litteram in quei due versi di Domenica dopo la guerra di Vittorio Sereni: Braccio di mare divenuto attonito/di tempo pietrificato in spazio. A riguardo, una riflessione a parte andrebbe fatta sulle ultime pubblicazioni di libri di poesia in Italia da parte di poeti anziani come Zanzotto e Neri, con il loro smaccato insistere sulla rielaborazione della macro come delle microstorie dissotterrate da quei residui propri del territorio di cui parlavano Pareto e Sauer. Anche il discorso poetico di Valerio Magrelli si soffermato visivamente per Sopralluoghi (2005) nel tessuto urbano della citt in cui vive, Roma. Verrebbe da dire, in risposta a Bachelard, con lintento del poeta romano di costituire un rapporto preciso tra parola poetica e verit, immaginazione e reale. Cos come nelle parole del giovane Askr nel romanzo del somalo Nuruddin Farah, Maps: Come tutti i sognatori, spero che il sogno sognato corrisponda alla realt sognata, ossia alla verit inventata dallimmaginazione. Per Blumemberg lambizione del romanzo e aggiungiamo noi, della poesia quella di realizzare un mondo e di tradurlo verso altri luoghi con le sue metafore. Si tratta allora, come per Michel de Certeau, di considerare il testo letterario quale luogo depositario di tracce, manire de rsurrection del discorso storico. I singoli interventi di questo numero della Libellula siano essi di elaborazione critica, testi poetici o narrativi con i loro diversi strumenti interpretativi, intendono contribuire alla costruzione di un percorso storico-critico che alimenti il dibattito in corso su questi temi.

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Sommario
Lo spazio come tempo narrato e narrante: geografia e dimensione storica in letteratura
Marco Amici, Fra narrazioni di trasformazione storica ed etica del mito: intervista a Wu Ming 1 (pp. 3-14) Josephine Pace, Le interferenze della scrittura: intervista a Maria Attanasio (pp. 15-18) Salvo Torre, ancora possibile narrare il paesaggio? (pp. 19-25) Francesco Muzzioli, Spunti, riferimenti e riflessioni per una critica spaziale (pp. 26-34) Gerhild Fuchs, Considerazioni spaziali sulle strade padane nella narrativa italiana contemporanea (pp. 35-45) Beatrice Barachetti, Lutopia dellaltrove in Altri libertini di Pier Vittorio Tondelli (pp. 46-56) Luca Lenzini, Incontri (pp. 57-64) Luigi Ernesto Arrigoni, Coordinate spazio-temporali negli scritti sullIndia di Mario Luzi (pp. 65-75) Mirella Scriboni, Interni (ed esterni) con figure: la parabola storica della comunit levantina di Alessandria dEgitto nelle opere di Fausta Cialente (pp. 76-85) Ilaria de Seta, Una impressione globale nello spazio e alcune presenze fantastiche nel Gattopardo (pp. 86-95) Rossana Lista, Il muro del Giardino dei Finzi-Contini: linea di fuga nella rottura del tempo (pp. 96-102) Inge Lanslots, I romanzi neostorici di Roberto Pazzi: lintersecarsi di Storia e fiction (pp. 103-114) Clodina Gubbiotti, Ciclicit e ripetizione nel chaosmos di Nanni Balestrini: Una lettura della Caosmogonia (pp. 115-126) Postilla di Barnaba Maj, La voragine del corpo e lirredimibile ferita. Aracoeli di Elsa Morante (pp. 127-129)

La Libellula Narrativa
Enrico Capodaglio, Volo a vela (pp. 130-132) Marco Codolo, Piove sul Bronx (pp. 133-136)

La Libellula Poesia
Giancarlo Sissa, Atlante (pp. 137-139) Alberto Bertoni, da I quaderni del Padre e della Madre (pp. 139-146) Rossella Riccobono, Poesie del non consenso (pp. 146-149)

La Libellula Traduzioni
Anastasija Vekina (traduzione italiana di Francesca Biagini e Stefano Maldini) (pp. 150-155) Silvestar Vrlji, Usporeno disanje (traduzione italiana di Serena Todesco) (pp. 156-160) Miguel ngel Cuevas, da Escribir el hueco. Estudio para un primer tributo a Jorge Oteiza (traduzione italiana di Miguel ngel Cuevas) (pp. 160-165)

Diario del Traduttore (a cura di Marco Sonzogni)


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Alberto Nessi, da A Broken Life. Selected Poems (1969-2009) (traduzione inglese di Marco Sonzogni), con una nota di Pier Vincenzo Mengaldo (pp. 167-171) Davide Manenti, Inside the black box. Notes around the editorial manipulation of the Journal of Katherine Mansfield (pp. 172-178)

Recensioni (a cura di Michelangelo Fino)


Aldo Putignano, La pi gran gioia sempre allaltra riva. Estetismo e Simbolismo in Gabriele dAnunzio, Caltanissetta-Roma, Salvatore Sciascia Editore, 2010, (pp. 179-182) Enzo Lauretta (a cura di), Quel che il teatro deve a Pirandello, Pesaro, Metauro Edizioni, 2010 (pp. 183-184) Piero Meli, Luigi Pirandello. Pagine ritrovate, Caltanissetta-Roma, Salvatore Sciascia Editore, 2010 (pp. 184-186) Antonio Baldini Ardengo Soffici, Carteggio 1917-1961. Pesaro, Metauro Edizioni, 2009 (pp. 186-188) Francesca Petrocchi, Le parole della musica. Letteratura e musica nel Novecento italiano, Bologna, Archetipolibri, 2009 (pp. 188-190) Dario Tomasello, Un assurdo isolano. Il teatro di Spiro Scimone e Francesco Sframeli, Roma, Editoria & Spettacolo, 2009 (pp. 190-192) AA. VV., Nominativi fritti e mappamondi. Il nonsense nella letteratura italiana. Atti del convegno di Cassino, 9-10 ottobre 2007, a cura di Giuseppe Antonelli e Carla Chiummo, Roma, Salerno editrice, 2009 (pp. 192-194) Cesare Cavalleri, Persone & Parole/4. Milano, Edizioni Ares, 2008 (pp. 194-196) Franco Zangrilli, Pirandello postmoderno?, Firenze, Edizioni Polistampa, 2008 (pp. 196-198) Vincenza Alfano, Via da l. Napoli, Boopen LED, 2010 (pp. 198-201) Dino Simonelli, LOmicidio Cuocolo. Napoli, Boopen LED, 2010 (pp. 201-203) Paolo Zanotti, Bambini bonsai, Milano, Ponte Alle Grazie, 2010 (pp. 203-205) Natale Caruso, Nelle braccia del tempo, Firenze, LAutore Libri, 2010 (pp. 205-206) Sergio Saggese, Il grido del gatto, Napoli, Boopen LED, 2009 (pp. 206-208)

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Fra narrazioni di trasformazione storica ed etica del mito: intervista a Wu Ming 1 Marco Amici Nel 1999 viene pubblicato a firma Luther Blissett il romanzo storico Q,1 che si rivela un best seller e viene tradotto in numerose lingue. Gli autori sono quattro membri della sezione bolognese del Luther Blissett Project che a partire dal gennaio 2000, con laggiunta di un nuovo componente, danno vita al collettivo letterario Wu Ming. Fra le varie opere pubblicate dal collettivo vanno ricordati almeno i romanzi 54, ambientato nel secondo dopoguerra e animato da decine di personaggi, Manituana, storia settecentesca che racconta le origini degli Stati Uniti dAmerica e lultimo Altai, che segna un ritorno al mondo di Q. Nel 2008 Wu Ming 1 ha pubblicato un saggio di critica letteraria che ha generato un ampio dibattito: New Italian Epic. Memorandum 1993-2008: narrativa, sguardo obliquo, ritorno al futuro. Nel testo in questione si propone una sistemazione teorica del panorama letterario italiano degli ultimi quindici anni.2 Dieci anni dividono Q, il romanzo storico che firmaste con il nome multiplo Luther Blissett, e la vostra ultima opera collettiva, Altai, che di Q torna ad esplorare le vicende. Cosa vi ha spinto a riprendere le fila dellepilogo di Q per scrivere qualcosa di molto diverso da un semplice sequel? Allinizio dellestate 1998, dopo quasi tre anni di lavoro, consegnammo il testo di Q alla casa editrice. Per dare lidea di come si lavorava nelleditoria in quella fase di transizione: spedimmo il floppy per posta dentro una busta imbottita. Oggi i floppy non esistono pi, e da un pezzo. Il romanzo sarebbe uscito nel marzo successivo e avevamo qualche mese di buco, ma con la testa stavamo ancora nel XVI secolo, i piedi a Venezia e lo sguardo rivolto a est. Dopo tutto quel tempo investito nellimpresa titanica di scrivere un romanzo-fiume (e ricordo che nessuno di noi aveva mai scritto un romanzo, non dico fiume ma nemmeno un rigagnolo!), faticavamo a staccarci da quel mondo. Tanto per chiacchierare, ci chiedemmo che ne sarebbe stato dei personaggi dopo lepilogo. Per chi non lo ricordasse, lepilogo di Q era datato Istanbul, 1555 e mostrava i tre personaggi fuggiti da Venezia (lanonimo protagonista e io narrante, ormai ribattezzato Ismael; la sua compagna Beatriz de Luna Miquez; lebreo sefardita Joao Miquez, nipote di Beatriz) nellanticamera del sultano, Solimano il Magnifico. Stavano per essere ricevuti, e gli avrebbero raccontato la loro storia. Nellattesa, Ismael e Joao fumavano un narghil e assaggiavano il caff. Pi tardi ci siamo accorti che in quellepilogo cerano due strafalcioni: in primis, il Sultano non riceveva nessuno (persino le sedute del Divano, il consiglio dei visir, le seguiva da dietro una grata); in secundis, nel 1555 a Istanbul non cera ancora un solo narghil. Pazienza. Insomma, fantasticammo un poco su come sarebbe stata la vita di Ismael e degli altri nellimpero ottomano. Non volevamo scrivere un seguito del libro, avevamo gi in mente di spostarci negli anni 50 del Novecento (e infatti negli anni successivi scrivemmo Asce di guerra e 54), quindi era solo un pour parler, stimolato dal fatto che due personaggi su tre erano realmente esistiti, e di loro sapevamo qualcosa.

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Beatriz e Joao (che a Istanbul si sarebbero ripresi i loro nomi ebrei: Gracia e Yossef Nasi) erano gi ricchi e potenti, persino nellEuropa dellInquisizione e della Controriforma. A Istanbul Yossef era diventato uomo di fiducia di Selim II e poi Duca di Nasso e delle Cicladi. Insieme a sua zia aveva finanziato una colonia ebraica sul lago di Tiberiade, e aveva mire su Cipro. Gracia era morta nel 1569. Sapevamo che la buona sorte della famiglia Nasi era finita dopo la Battaglia di Lepanto, nel 1571. Yossef era morto nel 1578. Ok, e Ismael/Ludovico/Tiziano/Gert/Lot e tutti gli altri nomi? Quello era un personaggio immaginario, anche se lo avevamo creato cucendo biografie di personaggi veri e mettendo in fila nomi effettivamente riportati nelle cronache dellepoca. Il suo futuro era tutto da inventare. Sarebbe davvero rimasto a Istanbul, mentre i suoi amici frequentavano i potenti dellimpero? Difficile crederlo. Ci dicemmo che, se qualcuno un giorno avesse scritto una sorta di seguito di Q, si sarebbe dovuto svolgere tra la morte di Gracia nel 1569 e la Battaglia di Lepanto di due anni dopo. Dopodich, non tornammo mai pi sullargomento. Fino ai primi mesi del 2008, quando ci rendemmo conto che il decennale delluscita del libro era ormai dietro langolo e poteva essere loccasione giusta per... tornare sulla scena del crimine (per alcuni il nostro esordio fu un vero e proprio crimine) e fare i conti con Q, un romanzo che ormai sentivamo molto distante ma che continuava (e continua tuttora) a condizionare la ricezione delle nostre opere successive. In effetti, per una certa frangia di lettori voi siete rimasti quelli di Q, nonostante il vostro percorso di autori vi abbia portato a scrivere libri molto differenti rispetto a quel romanzo, a cui, retrospettivamente, muovete non poche critiche. Di quel libro, troppe cose ci lasciavano (e ci lasciano) insoddisfatti. Quellepilogo, per esempio: lo trovavamo consolatorio, facilone, irrisolto. E poi la psicologia dei personaggi: troppo facile sguinzagliare per le pagine personaggi privi di radici e di passato, senza parentele, senza un solo ricordo dinfanzia. Certo, un efficace stratagemma narrativo, il pistolero di Per un pugno di dollari: chi se ne frega di chi suo padre o cosa ha fatto prima di arrivare l? Tuttavia, per un autore un approccio parecchio limitante, e infatti dopo Q lo abbiamo lasciato cadere, altrimenti ci saremmo impantanati in un manierismo di matrice ellroyana e in definitiva tutti i nostri personaggi si sarebbero assomigliati, perch in fondo nientaltro che vettori, espedienti per portare avanti lazione. Uno scrittore deve assumersi la responsabilit di mettere sulla pagina relazioni complesse, retaggi controversi, reazioni e contrasti e influenze di cui tutti noi siamo il risultato. In una parola: i dispositivi che ci producono come soggetti. Soltanto cos possiamo criticare i limiti dellidentit e dellappartenenza: non ignorandone lesistenza. Negli anni abbiamo scavato sempre pi nella psiche dei personaggi, nella questione delle radici, delle eredit, dei grumi, degli inciampi che ci portiamo dietro fin dallinfanzia. Ma torniamo ai primi mesi del 2008: allinizio non pensavamo a un romanzo collegato a Q, perch stavamo preparando il secondo episodio del Trittico Atlantico iniziato con Manituana (quello che stiamo scrivendo adesso). Pensavamo a un racconto, uno spin-off da pubblicare in coda a unedizione speciale di Q. Abbiamo cominciato a improvvisare trame, siamo tornati sulle fonti usate dieci-dodici anni prima... E

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inevitabilmente il tutto si gonfiato. Passammo al progetto di una novella, poi di un romanzo breve. Questo perch non ci interessava scrivere un vero e proprio sequel, un Q2 Il ritorno, anzi, volevamo raccontare una nuova storia, quello di un altro personaggio, uno ancora da inventare, uno pi giovane che, spostandosi a oriente, incrociasse le rotte dei reduci di Q. Poi ci fu il patatrac. Nella primavera del 2008 il collettivo perse un membro, Wu Ming 3, che abbandon per problemi personali. Il quintetto si ritrov quartetto. Nelle presentazioni diciamo sempre: Come il Quartetto Cetra, solo che siamo tutti maschi. Ci scherziamo perch fu un trauma. Uno shock da superare e un lutto da elaborare. Il rischio era la melancolia. Decidemmo di sfruttare loccasione del ritorno sulla scena del crimine. Scrivere il nuovo romanzo sarebbe stato la terapia. E non sarebbe stato un romanzo breve, non ci saremmo proprio posti il problema della taglia. Cos decidemmo di raccontare la storia di Emanuele/Manuel, che scappa da Venezia e inizia una contraddittoria ricerca delle proprie radici e della comunit di cui faceva parte sua madre (dice spesso: il popolo di mia madre). Scrivere Altai stato il modo di far emergere i non-detti, i conflitti latenti tra di noi, conflitti che avevano avuto un ruolo nelluscita di Wu Ming 3. Ci siamo chiusi in studio, come ogni band che si rispetti in ogni fase critica che si rispetti. Abbiamo lavorato un anno e mezzo. Abbiamo ri-imparato a litigare. Ne siamo usciti temprati, il collettivo era salvo. E avete scritto Altai, che uscito nellautunno 2009. Un romanzo che prende le mosse da Q per staccarsene definitivamente, con grande dispiacere di chi voleva il sequel Noi labbiamo detto in tutte le salse che non era il sequel di Q ma un romanzo che stava nel continuum di Q, ma servito a poco, perch la gente voleva il seguito di Q, voleva illudersi che lo avessimo scritto, e se smentivamo doveva essere una posa, una strategia di qualche tipo... C stato lequivoco della fascetta. A te quando compri un libro frega qualcosa della fascetta? Io la getto nel cestino appena esco dalla libreria. La casa editrice ci teneva a metterci la fascetta, cosa che a noi invece non piace, allora abbiamo detto: Va bene, purch non venga presentato come il seguito di Q. Abbiamo concordato questa scritta: Quindici anni dopo lepilogo di Q. Infatti lepilogo di Q, come ricordavo prima, si svolgeva nel 1555, e Altai si svolge quindici anni dopo. Era una mera constatazione. Bene, succede che molta gente capisca tuttaltro: Quindici anni dopo Q, ecco lepilogo della storia! Una lettura fuorviata, visto che Q era uscito dieci anni prima, non quindici, e che nella scritta non cerano virgole. E cos si ingenera proprio laspettativa che noi volevamo scoraggiare, perch Altai non somiglia proprio per niente a Q, in mezzo successo di tutto, il libro molto pi figlio dei nostri romanzi pi recenti, soprattutto di Manituana e di Stella del mattino. Cos ci tocca la solita tiritera: Eeeehhh, ma non come Q, E bello, s, ma Q era unaltra cosa... C tutta una scena di lettori inchiodati-a-Q, ossessionati da quel romanzo, gente delusa perch allepoca non facemmo Q2, Q3, Q4... Leterno ritorno delluguale. Qualunque cosa scriviamo e scriveremo, costoro ci rimprovereranno perch somiglia poco a Q, ma si devono rassegnare, perch noi abbiamo imboccato altre vie. Non vogliamo pi scrivere romanzi dove limportante non vincere o perdere, ma avere ragione. Cio stare

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dalla parte giusta, sbagliare sempre in buonafede, essere sempre allavanguardia di tutti. Questo lelemento consolatorio che oggi troviamo in Q, che infatti un romanzo scritto, per 3/4, da poco-pi-che-ventenni. Il messaggio : se ci si mantiene puri allora non si verr mai davvero sconfitti e si potr ancora solcare il mare, andare avanti, sempre avanti, fino alla prossima occasione rivoluzionaria. Questa coerenza assomiglia troppo allincapacit di vivere e si mostra come un costante oscillare tra esaltazione e autocommiserazione, rivoluzione e repressione, presa della Bastiglia e Termidoro, fase eroica dei movimenti e riflusso etc. Alla fine che cosa resta? Se leroe non mai in grado di tornare, di portare indietro dallavventura un premio utile al bene collettivo, a cosa serve? C unassunzione di responsabilit che il protagonista di Q non attua se non appunto in Altai. Quando sceglie di sottrarsi alla faida, alla guerra di denari e religioni, per ritornare a casa, cio l dove sa di poter essere ancora utile a qualcosa e a qualcuno. Molti degli altri libri che avete scritto fra Q e Altai sono o sembrano dei romanzi storici. La necessit del confronto con la storia (che sia quella con la s maiuscola o quella meno eclatante degli sconfitti e degli emarginati) pu considerarsi come una delle principali chiavi di lettura della vostra opera? Inoltre: Altai un romanzo che lavora la storia intorno a delle tematiche per voi ricorrenti: la crisi, il conflitto, la sconfitta, la sopravvivenza. Quali motivazioni o esigenze sono alla base di questo approccio? Il passato un campo di battaglia, e in Italia lo sappiamo bene. La storia nazionale materia rovente, i suoi passaggi pi duri vanno demonizzati oppure edulcorati in certe fiction televisive. Il controllo e lamministrazione della memoria pubblica sono le stampelle di ogni potere costituito. Il modo in cui viene rivisitata a scopo strumentale ogni fase controversa della storia dItalia, dal Risorgimento alla Resistenza alle lotte degli anni Sessanta e Settanta fa venire in mente quel che diceva Michel Foucault in un colloquio con i redattori dei Cahiers du cinma. Si parte dicendo che non ci sono eroi, e sulle prime potrebbe anche sembrare una demistificazione positiva, ma dietro non ci sono eroi si nasconde un messaggio completamente diverso, e cio: non c stata lotta.3 Nel senso: non c stata lotta disinteressata. I partigiani erano tagliagole grassatori e vendicativi; Garibaldi era un cretino vanaglorioso; le lotte degli anni Settanta non avevano un reale radicamento sociale, erano solo minoranze allucinate e probabilmente manovrate da potenze straniere, etc. etc. La verit che la storia delle classi subalterne e delle loro lotte fa paura. Qui torna utile Mario Tronti quando ammonisce: Guardate, ai capitalisti fa paura la storia degli operai, non fa paura la politica delle sinistre. La prima lhanno spedita tra i demoni dellinferno, la seconda lhanno accolta nei palazzi di governo.4 Ecco, noi spesso scendiamo tra i demoni dellinferno, in cerca di storie che valga la pena raccontare. Ma prima di tutto, noi cerchiamo di adottare punti di vista stranianti, e questo ricorso porta spesso (non sempre) a raccontare dal punto di vista degli sconfitti. Ma non sempre, nei nostri romanzi, gli sconfitti sono la parte sconfitta in una guerra. Raccontiamo molto pi spesso di sconfitte individuali, ottenute non sul campo ma sul piano esistenziale, come capita al Lawrence dArabia di Stella del mattino (vincitore trionfale sul

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campo ed eroe di guerra, sconfitto su tuttaltro piano). In Altai noi raccontiamo lassedio di Famagosta dal punto di vista dei vincitori, e andrebbe anche ricordato che, a dispetto di quel che racconta la vulgata storica, Lepanto non fu per nulla una battaglia decisiva, non certo sul piano militare. Non rappresent la sconfitta dellimpero ottomano, che non solo si tenne Cipro, ma nel giro di pochi mesi ricostru completamente la flotta e continu a dominare il Mediterraneo orientale. Quindi noi raccontiamo una guerra dal campo dei veri vincitori. La storiografia dal basso affermatasi nel Novecento, la microstoria, la storia orale, Les Annales, oltre ovviamente alla storiografia di ispirazione pi marxiana, tutto questo il nostro punto di imbarco, partiamo da l e lo abbiamo sempre riconosciuto, noi siamo narratori sulle spalle di giganti storiografici. Non c quasi stata intervista su Q in cui non abbiamo nominato Carlo Ginzburg e Adriano Prosperi. Abbiamo addirittura definito Prosperi un quinto autore di Q, oltre ad aver presentato il romanzo insieme a lui in una libreria pisana, nel 1999. E, nemmeno lo facessimo apposta, finiamo sempre per mettere il dito in una piaga storiografica, cio scegliamo periodi e storie che sono al centro di furiosi dibattiti e radicali re-interpretazioni. Per scrivere Manituana leggemmo decine e decine di libri di storici della rivoluzione americana che stanno radicalmente mettendo in questione il mito delle origini, e ci siamo accorti che la stragrande maggioranza dei titoli che ordinavamo era stata pubblicata dopo il 2003. Non che anche prima non esistessero opere e storici di valore (Howard Zinn con la sua storia dal basso della rivoluzione, o il decano Francis Jennings). Ma anche lopera pi importante, lopera capitale di Jennings5 appena del 2000, e le opere di Zinn hanno avuto il loro massimo impatto dopo l11 Settembre. La battaglia sulle origini degli USA, insomma, infuria. Anzi, nel caso del ruolo degli indiani e dei neri nella rivoluzione americana, e di questultima vista dal campo comodamente definito lealista, la battaglia appena iniziata. Il punto di vista degli sconfitti, dei rimossi, dei dimenticati non pu mai essere dato per gi definitivamente acquisito, mai, perch loblio una forza dinamica, continua ad avanzare, e la propaganda dei poteri costituiti che usano la storia pro domo loro incessante. Ad ogni modo, per ampliare quanto dicevo allinizio: non sempre gli sconfitti sono gli sconfitti. La guerra del Vietnam fu vinta dai vietnamiti, ma il punto di vista che ci viene ossessivamente riproposto (anche nella pubblicistica che critica la guerra con asprezza) sempre quello degli USA, invariabilmente. Quanti libri o film dal punto di vista dei Vietcong abbiamo letto o visto, negli ultimi trentanni? Gli sconfitti sul campo sono i vincitori nella guerra della memoria pubblica, e i vincitori sul campo sono i veri rimossi. Insomma, le cose non sono tanto semplici. Rispetto ai vostri precedenti romanzi, sembra che in Altai sia riservata unattenzione particolare alle interazioni tra dinamiche storiche e personali. possibile mettere in relazione questaspetto col fatto che i personaggi di Altai sono fra i pi complessi e riusciti della vostra produzione, e che la stessa dimensione emotiva della narrazione appare in qualche modo pi accentuata rispetto al passato? Come dicevo prima, in mezzo ci sono stati Manituana e Stella del mattino. Romanzi in cui ci siamo cimentati, in modi diversi, con lintrospezione. Cosa che avevamo iniziato

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a fare in 54, che per era un romanzo a dominante comico-grottesca. Manituana e Stella del mattino erano invece a dominante tragica. Altai prosegue su quel cammino. In tutti e tre questi romanzi ci siamo sforzati di lavorare sui personaggi femminili e sulle relazioni tra i generi. In Altai, in particolare, il fallimento del progetto utopico dei personaggi maschili avviene per due motivi: il primo che la libert non mai una concessione dallalto (il Sultano che ti offre un regno), ma una conquista dal basso; il secondo e forse ancora pi importante che gli uomini non possono operare alcuna trasformazione, se non la operano con loro anche le donne. Nessun progetto pu fare a meno di met (pi della met) dellintelligenza collettiva disponibile. Yossef esclude le donne a priori. Morta lunica donna che per lui contasse qualcosa, Gracia, non ha pi pensato che le donne potessero dare un contributo. E questo lo fotte. A un certo punto dice che le donne non contano, contano (cantano) i cannoni. In un altro passaggio usa come sinonimo la parola ingegno, ma sta sempre parlando di cannoni. Di grandi cazzi, tanto per essere banale. E un ingegno tutto maschile. Cos non si va da nessuna parte. Rileggendo il libro, ho constatato che i personaggi femminili messi in scena (quelli vivi, non quelli morti) fanno notare questa piccola, terribile verit. Cercano di avvisare i maschi. Che per non ascoltano, e si rendono conto troppo tardi. Del resto, un romanzo tragico. In diverse occasioni avete ribadito come allorigine dei vostri romanzi storici vi sia la volont di scandagliare delle zone dombra che la storiografia ufficiale non in grado di rischiarare per mancanza di dati certi. Sembra invece che nei vostri ultimi libri la necessit sia quella di offrire una prospettiva diversa su eventi storici che non hanno nulla di misterioso. Pensiamo alla cosiddetta battaglia di Lepanto in Altai o alla rivoluzione americana vista dalla prospettiva gli indiani Mohawk fedeli al Grande Padre Inglese re Giorgio III in Manituana. cambiato qualcosa nel vostro metodo o si tratta di esigenze diverse? Non necessario che manchino i dati certi perch vi sia un cono dombra. Spesso il problema non quello che sanno gli storici, ma quello che trasmette la vulgata. Pensa a Lepanto: pochi giorni dopo luscita di Altai, La Padania usc con il titolo cubitale: UNALTRA LEPANTO PER FERMARE LISLAM. E evidente che la Lega Nord non sa nulla di quella battaglia, o meglio, di quella guerra, che lOccidente perse. Il catenaccio dellarticolo diceva, tra le altre cose, che La battaglia di Lepanto ferm londata islamica in Occidente. A parte il fatto che in Occidente non vi era alcuna ondata islamica (e che in ogni caso lIslam dellimpero ottomano non era quello di Al Qaeda), andrebbe spiegato a questi analfabeti storici che nel secolo successivo limpero ottomano tocc il culmine della propria potenza, e che nel 1683 (centododici anni dopo Lepanto) i turchi arrivarono alle porte di Vienna. Ma La Padania non ha fatto altro che riportare una vulgata plurisecolare, costruita dalla propaganda successiva alla battaglia. Quindi, pur trattandosi di un episodio famosissimo, resta pochissimo conosciuto al di fuori delle cerchie di specialisti. C differenza tra famoso e sconosciuto. E quindi c un cono dombra. Anche il fatto che gli irochesi combatterono al fianco di Giorgio III contro lesercito continentale rivoluzionario cosa nota, ma a chi? Nella vulgata sulla guerra dindipendenza, nei film

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come The Patriot con Mel Gibson, gli indiani sono assenti. E anche le narrazioni di quella guerra dal punto di vista lealista sono molto rare. Quindi, nonostante quegli eventi siano praticamente mappati in scala 1:1, stanno in un cono dombra. E noi siamo andati a esplorarlo. Le possibilit di documentazione che offre attualmente la rete a chi si cimenta in ricerche di tipo storico sono incomparabili rispetto al passato. Inevitabilmente questa novit sta modificando lo stesso approccio verso le narrazioni del passato. Quali sono le vostre considerazioni al riguardo? Lo scibile che abbiamo a disposizione oggi e a cui possiamo accedere quasi istantaneamente pi di quanto i filosofi illuministi potessero sognare di accumulare in dieci vite e con un budget illimitato. E verosimile dire che sul sito di Project Gutenberg vi siano pi libri di quanti ne abbia mai visti Voltaire dalla nascita alla morte. In un suo racconto, Stephen King chiama Google lOnnipotente (con la maiuscola reverenziale).6 Scherza, ma mica tanto. Oggi, di qualunque periodo storico decidiamo di occuparci, abbiamo a disposizione una tale abbondanza di fonti primarie e secondarie da dare le vertigini. Bisogna imparare a imparare, sapersi orientare in mezzo al marasma, darsi dei limiti altrimenti si soccombe a una hybris da ricercatore compulsivo, da tossico di notizie. Anzich scrivere il libro, si naufraga chiss dove. Noi spesso diciamo (lo abbiamo detto fino alla nausea!) che i nostri non sono romanzi di ambientazione storica, comerano molti romanzi storici dantan, bens romanzi di trasformazione storica, nel senso che la rapida disponibilit di materiali di ricerca su praticamente qualunque cosa permette di andare talmente a fondo, di entrare nei meandri della storia e delle relazioni tra personaggi, di innervare lelemento di fiction in recessi prima irraggiungibili (che dico, nemmeno immaginabili, almeno non da noi), che alla fine ti trovi a lavorare direttamente con la storia, lhai portata in primo piano, non pi sul fondale. Un indizio di quel che sta accadendo la mutata proporzione, in molti romanzi storici, tra personaggi realmente esistiti e personaggi dinvenzione letteraria. Nei romanzi storici di una volta, i personaggi principali erano generalmente fittizi, spesso erano dei tipi creati ad hoc per rappresentare questa o quella componente della societ: il padrone arrogante, il borghese rampante, il militare sfavillante, la madre superiora mortificante, il nobile decaduto, il bambino preso dal brefotrofio Le vicende di costoro si svolgevano contro il fondale di grandi eventi storici: le guerre napoleoniche, la restaurazione postCongresso di Vienna, la prima guerra mondiale, il Risorgimento Poi ogni tanto, nemmeno sempre, facevano capolino alcuni (pochi) personaggi realmente esistiti. I loro erano pi che altro dei cameo. Di solito erano nomi grossi, tipo Marat, Metternich, Carlo V Oggi la proporzione sembra essersi rovesciata: in diversi romanzi storici, in primis quelli che scriviamo noi, la maggior parte dei personaggi viene dritta dalle fonti, sono persone realmente vissute e non necessariamente celeberrime, magari le abbiamo trovate nelle pieghe di cronache minori, ma comunque sono vissute, gli storici le citano. Talvolta, pur essendo rimasti fuori dal riflettore, hanno avuto ruoli e funzioni importanti, hanno preso decisioni cruciali e fatidiche etc. In Manituana, tutti i personaggi importanti sono reali a

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parte due. In Altai lio narrante un personaggio di invenzione, ma lo facciamo muovere nelle pieghe, nelle crepe, negli anfratti della storiografia. Incontra e si relaziona (paritariamente, e questo molto importante) con personaggi veri: Yossef Nasi, Reyna Nasi, David Gomez, Ralph Fitch, Mehmet Sokollu, Solomon Ashkenazi, Lala Mustafa Pasha, Marcantonio Bragadin, sono tutti personaggi realmente esistiti. Il nostro protagonista nella tenda insieme a Lala Mustafa e Bragadin quando, dopo la resa di Famagosta, accade lirreparabile. E l con loro, e le sue azioni e battute di dialogo sono certosinamente inserite negli interstizi, nei micro-spazi lasciati vuoti dalle cronache dellepisodio, dalle testimonianze di chi cera. Come quando Zemekis inscrisce Forrest Gump in un vero talk show degli anni 60, ma in modo meno glamorous, perch noi cerchiamo gli interstizi... nei coni dombra, figurarsi. Questa quella che nel gergo del collettivo chiamiamo la lamina. Per noi linvenzione narrativa, lelemento di finzione qualcosa di sottile, appunto una lamina, che inseriamo nelle fessure tra gli eventi realmente accaduti. La rete risulta fondamentale per lavorare cos: se hai il minimo dubbio (ma Lala Mustafa Pasha era veramente a Costantinopoli in quel mese del 1570?), gi durante la riunione di lavoro uno si fionda a cercare in rete, e a forza di cercare trova su Google Books lo stralcio di un libro fuori commercio in cui, en passant, trovi il dettaglio che ti serviva come pezza dappoggio. Tutto questo in pochi minuti. Solo qualche anno fa sarebbero occorse diverse visite in biblioteca, anzi, in diverse biblioteche, ammesso e non concesso che la ricerca avesse un esito. In pochi minuti puoi fare una ricerca bibliografica che un tempo sarebbe stata impossibile o comunque impervia, puoi scoprire lesistenza di libri mai pubblicati in Italia, trovarli usati a prezzi ridicoli e ordinarli in due click, puoi accedere ad archivi che sono stati digitalizzati. Sul web c tutto il carteggio di George Washington, con le scansioni delle lettere originali. E poi, su qualunque argomento hai una rampa di lancio, che la voce di Wikipedia, e da l puoi partire per espandere, approfondire. E puoi discutere subito ogni sviluppo, ogni idea, anche senza vederti fisicamente col tuo gruppo di lavoro. Tra una riunione de visu e laltra, noi ci confrontiamo continuamente via e-mail o su Skype. Sono tutte risorse che i romanzieri storici di una volta non avevano. Potevano fare qualche ricerca in biblioteca, e se erano agiati o addirittura ricchi, visitare diverse biblioteche in diverse citt o nazioni. La ricerca poteva durare molti anni ed era comunque lacunosa. Oggi una ricerca lacunosa non ti viene perdonata, perch anche il lettore ha gli strumenti di verifica descritti sopra, anche il lettore ha potenzialmente accesso a molte fonti, quindi ti fa le pulci, se c uno svarione, unimprecisione, una licenza poetico-storica davvero troppo forzata, te lo fa notare, anzi, lo fa notare a tutto il mondo, perch lo scrive su Anobii, sul suo blog, nella discussione su un forum che tutti possono vedere. Oggi non possiamo pi scrivere romanzi come quelli di Emma Orczy (la serie della Primula rossa), i nitpickers non avrebbero piet! Va detto che a quelle lacune un bravo scrittore suppliva con il talento (o addirittura il genio), con linvenzione, con lestensione dellarbitrio dellautore. E molti di quei romanzi sono capolavori assoluti. Certo, non il caso di quelli di Emma Orczy, che pure ebbero un successo spropositato e ancora vengono ripubblicati. Per il punto non dire se i romanzi storici di oggi siano peggio o meglio di quelli di ieri: semplicemente, sono diversi, quasi un altro genere.

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In unepoca caratterizzata da tecnologie di simulazione e media invasivi, spesso ci si interroga sulla rilevanza che una pratica obsoleta come quella letteraria possa ancora avere a livello di immaginario. Le vostre posizioni in questo senso non hanno mai ceduto a facili catastrofismi: fiducia nella parola letteraria e convinzione che lunica alternativa per non subire una storia raccontare mille storie alternative.7 ...E a quel punto subentra il problema. La mitopoiesi. Qui devo fare degli esempi che riguardano levoluzione del nostro approccio. Noi abbiamo dovuto fare una dura autocritica su come portammo avanti il lavoro su letteratura, narrazioni, mito e media ai tempi doro del movimento altermondialista, nel biennio 2000-2001. Sulla scia del successo di Q, avevamo scritto quella sorta di proclama pregno di medioevo, Dalle moltitudini dEuropa in marcia contro limpero e verso Genova,8 unallegoria a chiave che nella prima met del 2001 circol parecchio e contribu a far rapprendere limmaginario intorno alla scadenza del G8 genovese. Contribu a focalizzare e incanalare la propaganda per convincere la gente a muoversi, a organizzarsi per quei tre giorni. Quel testo non lo avevamo nemmeno firmato Wu Ming, pensavamo che dovesse essere del movimento. Soltanto in seguito divent un testo di Wu Ming, perch era un segreto di Pulcinella. Lattribuzione acceler un processo gi avviato tempo prima, e ci trasform in una sorta di ufficio agitprop, o di cellula specializzata nella mitopoiesi. Di fatto, senza che noi opponessimo chiss quale resistenza, ci fu delegata unattivit immaginifica. Dei piccoli Georges Sorel che spingevano ogni pulsione nellimbuto di un mito che si pretendeva di costruire ad hoc. Ma il mito non pu essere costruito n modificato a piacimento, chi pretende di farlo otterr risultati mostruosi, otterr quello che lo studioso di miti Karoly Krenyi defin mito tecnicizzato,9 concetto su cui Furio Jesi lavor a fondo e scrisse pagine memorabili.10 E infatti, indaffarati comeravamo a produrre narrazioni soreliane, fraintendemmo quella fase, i pericoli insiti nellinvestire tutte le energie in ununica, grande iniziativa (cera qualcosa di chiliastico, in questo). I nostri furono altri (piccoli, ma collocati ad altezza occhi) mattoni nel muro che gi ostruiva la vista, che bloccava la comprensione lucida di quel che stava per succedere. Col risultato che andammo a Genova a farci sbaragliare, cosa che nellarco di un pomeriggio rese obsolete e irriproponibili prassi e forme costruite e perfezionate nel tempo e con fatica, per esempio la cosiddetta disobbedienza civile imbottita delle tute bianche, lo strumento del forum sociale cittadino etc. E ci metto anche la degenerazione di uno strumento telematico come Indymedia, che nel post-Genova si trasform principalmente in collettore di fango e calunnie reciproche, arena di diffamazione e resa dei conti tra correnti. Ora, non vorrei essere frainteso: non che quellesito sia stato tutta colpa nostra, ci mancherebbe. Il nostro fu un contributo negativo tra i tanti, un piccolo contributo. Rimane il fatto che il nostro approccio alla mitopoiesi si scontr con la realt di uno scontro molto pi duro. Avevamo evocato la violenza, lapocalisse, il chiliasmo, facendo gli apprendisti stregoni, e i nostri alambicchi erano esplosi in una pioggia di vetri e liquidi urticanti. E avevamo fatto gli stessi errori che in Q (romanzo anti-apocalittico e anti-chiliastico) avevamo denunciato! Il mito di lotta non pu essere artificialmente evocato. Deve

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emergere nel reale, venendo dal basso. Ci deve essere un forte elemento di spontaneit. Cos, abbiamo spostato lenfasi del nostro discorso. Oggi usiamo meno spesso la parola mitopoiesi, anche perch un po criptica, poco immediata. Ma anche quando la usiamo, ci teniamo a chiarire che non la intendiamo nellaccezione esageratamente letterale di fabbricare il mito. Noi non facciamo letteratura per fabbricare il mito di lotta. Il compito che ci siamo dati cercare di penetrare il mito, capire il motivo per cui ha preso forma e, soprattutto, il motivo per cui si indurito. Insomma, prendere una narrazione consueta, mal tramandata, essiccata, gettarci sopra un po dacqua e manipolarla, cercare di renderla di nuovo malleabile e lavorabile. Si tratta, se vuoi, di unetica del mito, un interrogarsi su come mantenere aperto il mito. Raccontare mille storie alternative significa anche trovare mille alternative dentro una storia per troppo tempo raccontata in un modo solo. Rimuovere i blocchi che ne avevano portato alla chiusura, i clichs, i detriti depositati dalluso politico di una vulgata... La sfida ulteriore quella di rimuoverli senza pregiudicare la poesia del mito, cio senza s-mitizzarlo, senza ridurne la complessit riportandolo solamente al suo significato storico. Per capirci: il rischio quello di fare un lavoro da meccanico, absit iniuria. Come lo smontaggio e la pulizia di un carburatore. Ma non funziona cos. N ci interessa la mera demistificazione. Il trucco quello di mostrare come funziona il mito senza sminuirne gli elementi che lo hanno reso seducente, motivante, illuminante. Per fare un esempio molto immediato: in molti dicono che licona di Che Guevara (la celeberrima foto di Korda) abusata, mercificata fino ad avere perso ogni senso e divenire alienante etc. Lo dicono, e si fermano l. A cosa serve? A niente. Quel che invece serve cercare di raccontare la storia di Guevara trovandovi dentro le mille alternative di cui sopra, gettandovi sopra mille sguardi. E quello che ha fatto Paco Ignacio Taibo II nella sua monumentale, magnifica biografia Senza perdere la tenerezza.11 Leggendola, matura lentamente una nuova comprensione di quella storia, anzi, delle tante storie che in quella vicenda singolare hanno trovato un catalizzatore, e si capisce anche perch quellicona, a differenza di molte altre, non passi mai di moda. Si capisce che in quellicona sopravvive un qualche barlume della grandezza originaria, dellesemplarit della storia del Che. E si guarisce anche dal moralismo facilmente iconoclasta: se uno ha in casa il poster del Che, ben venga. E anche per il viatico dellicona che il libro di Taibo ha avuto successo nel mondo, quindi non vero quel che lamentano i moralisti, cio che licona non serva a nulla. Ma difficile camminare su questa corda tesa. E un lavoro da acrobata.

Opere di Wu Ming e Luther Blissett menzionate nel corso dellintervista Luther Blissett, Q, Torino, Einaudi, 1999; Vitaliano Ravagli, Wu Ming, Asce di guerra, Milano, Marco Tropea Editore, 2000, nuova edizione Torino, Einaudi, 2005;

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Wu Ming, 54, Torino, Einaudi, 2002; ______, Manituana, Torino, Einaudi, 2007; Wu Ming 4, Stella del mattino, Torino, Einaudi, 2008; Wu Ming, New Italian Epic. Letteratura, sguardo obliquo, ritorno al futuro, Torino, Einaudi, 2009; ______, Altai, Torino, Einaudi, 2009.
I riferimenti bibliografici delle opere di Wu Ming e Luther Blissett menzionate sono raccolti in calce allintervista. 2 Per un dettagliato profilo bio-bibliografico si rimanda alle informazioni fornite dagli stessi Wu Ming sul loro sito wumingfoundation.com allindirizzo http://www.wumingfoundation.com/italiano/biografia.htm#wuming>. 3 P. Bonitzer e S. Toubiana, Anti-retro: Entretien avec Michel Foucaul, in Cahiers du Cinema, 251-252 (luglio-agosto 1974), pp. 5-15. 4 M. Tronti, Operaismo e politica intervento tenuto al convegno internazionale Historical Materialism 2006. New Directions in Marxist Theory (Londra, 8-10 dicembre 2006). Il testo di Tronti disponibile online. 5 F. Jennings, The Creation of America: Through Revolution to Empire, Cambridge, Cambridge University Press, 2000. 6 Il riferimento al racconto A Good Marriage dallantologia di prossima pubblicazione Full Dark, No Stars, New York, Simon & Schuster, 2010. 7 Wu Ming, New Italian Epic. Letteratura, sguardo obliquo, ritorno al futuro, Torino, Einaudi, 2009, p. 164. 8 Il testo disponibile sul sito wumingfoundation.com allindirizzo <http://www.wumingfoundation.com/italiano/Giap/giapxgenova.html>. 9 K. Krenyi, Dal mito genuino al mito tecnicizzato, in Atti del colloquio internazionale su Tecnica e casistica, Roma, Istituto di studi filosofici, 1964, pp. 153-168. 10 Cfr. F. Jesi, Mito e linguaggio della collettivit, in F. Jesi, Letteratura e mito, Torino, Einaudi, 1981, pp. 33-44. 11 P. Ignacio Taibo II, Senza perdere la tenerezza. Vita e morte di Ernesto Che Guevara, Milano, Il Saggiatore, 1997.
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Wu Ming un collettivo di scrittori italiani presente sulle scene dal 2000. Oltre a numerosi romanzi, sono autori di racconti, saggi, audiolibri, interventi culturali, fumetti, scenografie per il cinema (Lavorare con lentezza, 2004). Come solista, Wu Ming 1 autore del romanzo New Thing (2004) e di numerose traduzioni, tra cui ricordiamo da Elmore Leonard: Mr Paradise, Einaudi, Torino 2005, Cat Chaser, Einaudi, Torino 2007, Freaky Deaky, Einaudi, Torino 2008. Marco Amici (Roma 1975) si laureato a Roma (La Sapienza) in Lettere con la tesi Dal punk oltre il cyberpunk: pratiche italiane di comunicazione underground. Attualmente svolge un PhD in Italian Studies con borsa di studio IRCHSS presso lUniversity College Cork (Irlanda). Nel 2006 ha pubblicato il saggio La narrazione come mitopoiesi secondo Wu Ming, in Bollettino di Italianistica. Rivista di critica, storia letteraria, filologia e linguistica, diretto da A. Asor Rosa (Carocci 2004). Nel 2009 stato membro del comitato organizzativo del convegno accademico internazionale Con(tra)vention: Crime and the Boundaries of Genre tenutosi presso luniversit di Cork. La sua ricerca focalizzata sul panorama letterario italiano degli ultimi venti anni, con particolare riferimento ai generi della crime fiction e del romanzo storico.

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Le interferenze della scrittura: Intervista a Maria Attanasio Josephine Pace Come la geografia e la storia strutturano le pagine delle tue narrazioni? nella circoscritta spazialit della mia citt Caltagirone la costitutiva motivazione della mia scrittura. E soprattutto nella stratificata densit di memoria in essa occultata: lanonima deriva di vissuto, che vibra in latenza tra le statiche quinte di piazze e conventi, di carruggi e palazzi. Che mi chiama, vuole la parola. A cui, attraverso le mie narrazioni, cerco di restituire voce e identit. nel romanzo infatti scrive Paul Ricoeur in Tempo e racconto che la temporalit diventa soggetto e oggetto di scrittura, nel doppio senso di tempo narrativo e tempo narrato. Ma per me soprattutto nel romanzo storico che avviene uno spostamento di prospettiva: il tempo dello scrittore sidentifica con quello delle sue scritture, mentre i luoghi della sua vita ne diventano spesso esclusivo scenario. Una connotazione, questa, presente in quasi tutta la produzione narrativa siciliana, storica e non: da Verga a De Roberto, a Sciascia a Patti; da Bonaviri a Brancati, a Consolo, ad Addamo, scrittori con cui mi sento fortemente in continuit; lappartenenza a una specifica dimensione storico-geografica infatti linconfondibile cifra delle loro narrazioni, il paese riassumendo scrive Gesualdo Bufalino in Museo d'ombre ogni concepibile luogo di intimit collettiva. In questa ossimorica citazione di Bufalino ritrovo il senso della mia ricerca espressiva, perch l, nella comunit cittadina, che avviene il primo incontro tra individuo e collettivit: l la vita si annoda alla storia, per me la Sicilia nello specifico della citt dove sono nata e vivo costituisce una specie di prolungamento della mia identit: un suo dilatarsi nello spazio, un suo moltiplicarsi nel tempo in una sorta di transfert, di autobiografia traslata. Nel romanzo storico c sempre una connotazione fortemente autobiografica dellautore: uninterrogazione rivolta al passato per autodefinirsi nella contemporaneit, legittimare, attraverso esso, la propria appartenenza ideologica, o di classe, o di genere; e quantaltro. Io, per esempio, per potermi scrivere al presente ho sentito lesigenza di scendere verso linesplorato della storia delle madri illuminarne frammenti per ricomprendere il tempo dellesclusione dal linguaggio che lha caratterizzata. Ritrovandola anche qui tra questi monti della Sicilia dellinterno spesso densa di ribellione e non di rassegnazione, quella storia. Francisca, Catarina, Annarcangela, e tutte le protagoniste delle mie narrazioni, risalendo dallanonimo vissuto della storia della mia citt, restituiscono spessore e senso alla mia identit di genere nella contemporaneit. La mia scrittura poetica e narrativa, storica e fantastica si pone sempre infatti come scrittura della presenza: confitta nellaccadere qui, adesso da esso lasciandosi attraversare, e con esso inevitabilmente confrontandosi. E spesso scontrandosi. Pensi sia possibile, in letteratura, che prospettive e/o paradossi spazio-temporali, sfidando i limiti delle nostre capacit percettive, consentano di andare oltre nella comprensione della condizione umana? Penso che, come ho sperimentato nel romanzo storico, limmaginazione aiuta ad immergersi in altre epoche, ma non solo puro intelletto, bench dal suo crivello tutto poi passi, una commistione di creativit e memoria che mi permette di ricostruire e ri-

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vivere sensazioni che non necessariamente mi sono mai appartenute: soprattutto i suoni, riesco a costruire una sorta di scenario sonoro che riesumo in parte da quello che stato lo sfondo di suoni, voci e rumori della mia infanzia negli anni 50 la mia Sicilia era pi vicina al mondo sette-ottocentesco che non a quello degli anni 2000. Questo procedimento, come dicevo, mi stato particolarmente utile gi nel primo libro in prosa (Correva lanno) per scrivere il quale ho meticolosamente ricostruito suoni, percorsi mentali e cognitivi del mio personaggio e degli altri comprimari attingendo a piene mani ad un bagaglio di memoria personale e collettiva. Procedimento che mi essenziale anche adesso: sto lavorando ad un nuovo romanzo storico che parler di una donna appassionata e coraggiosa, protagonista del nostro Risorgimento, un personaggio che ho incontrato casualmente durante una delle mie ricerche in rete. In realt dopo aver letto brevemente la sua storia io ho visto la sua vita e ho sentito limpellenza di raccontare la sua singolare vicenda, ho duramente lavorato al recupero biografico di tutte quelle parti rimaste oscure, usando limmaginazione storica di cui parlavo prima che passa attraverso la forte compenetrazione empatica col mio personaggio. La scrittura poi colma le zone dombra riempie silenzi e restituisce fasi di vissuto che nessun archivio registra. Anche del mio falsario, Paolo Ciulla, era stato scritto tanto e a spingermi a scrivere la sua storia fu proprio la voglia e la sfida di intuire e ricostruire aspetti della sua biografia di cui non esisteva traccia, eppure anche lui aveva amato, vissuto, sofferto come tutti noi. Dalla microstoria poi possibile ricostruire i vissuti collettivi di unepoca ed il senso degli avvenimenti, senza appiattirsi sulle versioni ufficiali: nella vita e nella scrittura, luomo, il suo vissuto, la chiave interpretativa sia per operare nel politico e agire nel quotidiano, sia per leggere la grande storia. Che non va accettata come un inevitabile gi accaduto, ma rigorosamente giudicata: una rivisitazione critica del passato, pi che mai necessaria in questo iper-tecnologico e smemorato presente. Quanto e in che termini scrivere in Sicilia e spesso della Sicilia si riflette nella tua lingua? Viviamo in una contemporaneit crudele di guerre umanitarie e genocidi, di organi riciclati e migranti buttati a mare come zavorra dove una ferrea dittatura delleconomia, in nome del mercato e del profitto, sta ripristinando una barbarie sociale, che pensavamo di esserci lasciata per sempre storicamente alle spalle. E usando gli strumenti dinformazione pi invasivi e coattivi della storia umana: che omologano gusto, costume, linguaggi, procedendo alla cancellazione di ogni pensare o agire divergente. E non sembra esserci scampo. Non esistono zone franche dalla dittatura dei media: un oceano di paraboliche sovrasta anche i tetti dei pi sperduti casolari, e le lamiere delle bidonville attorno alle grandi aree urbane di primi, secondi e terzi mondi da Parigi a Islamabad, da Buenos Aires a Casablanca. Solo la scrittura, facendosi lingua poetica, narrativa si sottrae alla globalizzante mediet del linguaggio della comunicazione; esperienza, insieme, di verit e di libert questa se tale, la scrittura che, con la verticalit del suo linguaggio, pu squarciare laccecante velo di maia dei mass media, restituendo valore conoscitivo alla parola e autenticit di nome allesistente. Ma non attraverso linguaggi incontaminati, emozioni letterariamente depurate, n attraverso unautistica ricerca espressiva. Chi scrive non parte dal grado zero della scrittura, n dal grado zero

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dellesperienza del reale, ma da quelleredit di stratificazioni sonore e di vissuto che, racchiuse nella parola, rimbalzano nel tempo; incrociando la contemporaneit materializzata in una definita geografia, per esse diventano respiro e singolarit di lingua. I trasalimenti, le angosce, le contraddizioni e i codici linguistici della contemporaneit, irrompono a forza nel mio linguaggio, insieme allesigenza di una ricerca espressiva che sappia coniugare bellezza ed eticit, metafora e concetto, microstoria e grande storia: una scrittura che, simultaneamente, immagina e pensa da qui talvolta la presenza delle mie narrazioni, di interferenze quasi saggistiche a partire, per, sempre dal circoscritto spazio-tempo in cui essa si produce e implode. La lunga pratica di poesia che resta il mio linguaggio privilegiato mi porta peraltro ad un intransigente controllo della parola: a un linguaggio piuttosto essenziale, ma spero anche a un esito di scrittura intellettualmente lucida e immaginificamente interferente. C, infatti nella mia ricerca espressiva, una sorta di tendenza al meticciato, dove confluiscono le vibrazioni del dialetto e la letterariet segnicante della lingua: riporti lessicali di altri codici, di altri saperi, della rete, si incrociano con le sonorit, gli odori, i paesaggi, gli umori linguistici della mia geografia esistenziale. In ci mi riconosco fortemente siciliana. Tutta la produzione letteraria degli scrittori siciliani si sempre connotata, nei suoi straordinari e diversissimi esiti letterari, per loriginale interferenza tra linguaggio ed esistenza, cosmopolitismo culturale e specifica appartenenza storicogeografica. In proposito credi sia valida la dicotomia centro-periferia? E se lo quale valenza politica ha e in che misura contribuisce alla creolizzazione dei linguaggi? Stare in periferia significa nientaltro che ascoltare meglio le derive provenienti sia dal nord che dal sud del mondo: la Sicilia in questo senso ha certamente una posizione privilegiata poich esattamente alla periferia dellOccidente e pertanto intercetta ed incrocia le traiettorie di linguaggi, codici, elaborazioni di ogni tipo: gi nel 700 quando lepicentro della letteratura e delle arti era Parigi la Sicilia era un luogo magico di condensazioni, di precipitazione di elementi altrove elaborati e sospesi nel consumo letterario e mondano. La scrittura dicevamo prima interferenza quindi non pu mai essere solo centro o solo periferia, pi che di dicotomia parlerei di un continuo e benefico miscelarsi, di una confluenza sistematica ma casuale: Sciascia, Bonaviri, Bufalino e Pirandello, prima di tutti, sono grandi grazie a questo ampio respiro, a questa possibilit di attingere e ridisegnare confini di poetiche e codici. Dal margine, dalla provincia, dallentroterra che non necessariamente deve essere del sud, pensiamo un attimo alla Recanati di Leopardi arrivano le migliori esperienze letterarie di tutti i tempi, sebbene vi siano sempre luoghi pi deputati di altri allelaborazione, come lo stata Milano dagli anni 70, anche per lo scambio osmotico tra creativit ed editoria. Questo ossimoro tutto siciliano, a cui accennavo prima, ossia cosmopolitismo culturale e profonda appartenenza storico-geografica non si traduce mai in dispersione, spaesamento, centrifugo minimalismo, ma nellinconfondibile testuale di ogni singolo autore: angolazioni di lingua e di sguardo non omologate n tra loro omologabili, ognuna delle quali come una monade leibniziana riflette il mondo in modo originale e irripetibile, senza doppi conoscitivi, o conformismo espressivo. A volte affilato bisturi, a volte ironico ludus. Questa lalchimia che presiede alla creazione letteraria dalle nostre parti ed la cifra espressiva di un modo nostro di resistere al presente, di rendergli un senso.

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Maria Attanasio, nata nel 1943 a Caltagirone, ha pubblicato le raccolte: Interni (Quaderni della Fenice, Guanda 1979); Nero barocco nero (Quaderni di Galleria, Sciascia 1985); Eros e mente (Ed. La Vita Felice, 1996); Amnesia del movimento delle nuvole (Ed. La Vita Felice, 2003); e la plaquette Del rosso e nero verso (ed. Il Faggio, Milano 2007). Con leditore Sellerio ha pubblicato i romanzi: Correva lanno 1698 e nella citt avvenne il fatto memorabile (1994); Di Concetta e le sue donne (1999); Il falsario di Caltagirone (2007); e, nel 1998 Piccole cronache di un secolo, un libro di racconti storici scritto insieme al conterraneo Domenico Amoroso. Nel 2008 con la casa editrice Orecchio Acerbo ha pubblicato DAtlante agli Appennini, una riscrittura del deamicisiano Dagli Appennini alle Ande, ambientata nella contemporaneit; un gruppo di testi poetici dal titolo complessivo Di dettagli e detriti (dalla raccolta inedita (De)Costruzione di biografia) di recente uscito nellAlmanacco dello Specchio (Mondadori 2010). Josephine Pace nata a Caltagirone nel 1975. Ha pubblicato due raccolte poetiche Morbida cade la lontananza (Roma, Il Filo Edizioni 2003) e Fisiologia del fuoco (Genova, Zona Editore 2007) segnalata al Premio Montano 2008. Nel 2004 ha collaborato con la sezione letteraria di Taormina Arte e nel 2005 ha fondato lassociazione culturale ALTAVOZ con la quale organizza rassegne letterarie e coordina eventi per la promozione della poesia contemporanea. Nel 2005 ha curato la pubblicazione di 47 Frammenti di Miguel Angel Cuevas (Altavoz) con testi di Maria Attanasio e Vincenzo Consolo. Dal 2006 ha istituito, curandone lorganizzazione e il coordinamento artistico, il Festival Internazionale di Poesia Citt di Caltagirone, giunto questanno alla quinta edizione. Ha curato e realizzato la pubblicazione della prima traduzione integrale del poema Traverser dello scrittore algerino Habib Tengour. Scrive per la pagina culturale de La Sicilia e de LIsola Possibile.

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ancora possibile narrare il paesaggio? Salvo Torre


Facile cosa , al omo che sa, farsi universale, imperoch tutti gli animali terrestri hanno similitudine di membra, cio muscoli, nervi, e ossa, e nulla si variano se no in lunghezza e in grossezza Leonardo da Vinci, Tratto della pittura

Una citt sul limite della storia umana Il viaggiatore che oggi volesse recarsi in visita presso la cittadina di Pripjat nellUcraina settentrionale, non troverebbe grandi ostacoli nellorganizzazione del viaggio. Potrebbe con facilit contattare qualche gruppo organizzatosi on-line che condivide la sua passione e anche qualche compiacente guida locale disposta ad escogitare soluzioni possibili per soddisfare le richieste di qualche straniero. Da pochi anni esiste poi uno specifico ufficio del ministero del turismo che si occupa di gestire un flusso crescente di appassionati. Forse il tutto porterebbe il nostro viaggiatore di fronte a qualche personaggio simile ad Alex il coprotagonista di Ogni cosa illuminata di Jonathan Safran Foer, ma nel complesso riuscirebbe con facilit nel proprio intento. Il principale nodo da sciogliere sarebbe sicuramente rappresentato dal blando controllo effettuato dalle autorit locali che ormai da alcuni anni consentono, con alcune eccezioni, il transito a giornalisti, ricercatori e curiosi travestiti da vari ruoli. Un viaggio che tutto sommato si pu progettare da casa con lausilio di una discreta conoscenza dei siti internet, una carta di credito e una buona dose di curiosit ed incoscienza, in aggiunta ad un po di tempo di attesa per ottenere permessi e essere inseriti in una lista. Il fatto che la cittadina di Pripjat, come molti sapranno, era un abitato di 50.000 persone nel momento del suo massimo splendore, poco prima della fine della guerra fredda, ma adesso assolutamente deserta, non appartiene pi al territorio percorribile dagli esseri umani. Non che un essere umano non possa materialmente riuscire a raggiungere i palazzi che sono stati abbandonati in pochi giorni allinizio di maggio del 1989, il problema che Pripjat era la citt dormitorio degli operai della grande centrale di Chernobyl, fiore allocchiello della politica energetica sovietica fino agli anni Ottanta del Novecento, poco prima del disastro. Da alcuni anni diversi osservatori controllano levoluzione della situazione locale, qualche giornalista racconta che alcune specie animali si sono riappropriate delle grigie palazzine e raramente viene pubblicato qualche reportage fotografico che testimonia la progressiva riappropriazione dello spazio umano da parte di una biosfera contaminata, probabilmente mutante, che si riorganizza secondo i suoi criteri classici. Oggi lintero abitato si trova dunque al di fuori della scala temporale umana, ci che avviene l non rientra nelle vicende codificabili allinterno degli avvenimenti storici, perch mancano due elementi fondamentali per la storia occidentale: gli uomini e il territorio. A causa dei tempi di decadimento della radioattivit la scala degli eventi non si pu misurare allinterno dei ritmi della societ attuale, cos come non si pu attendere che la biosfera risponda a ritmi accelerati alle necessit di riadattamento delle singole

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specie viventi. La citt si trova a tutti gli effetti al di fuori della scala di riferimento che determina la collocazione geografica, rendendo lannoso problema della corrispondenza della carta alla realt un problema pi ampio, sappiamo che quello spazio esiste, ma possiamo solo guardarlo da lontano o attraversarlo per brevi momenti. Si tratta di un paesaggio fuori da s, estraneo allosservatore e privo dei suoi cardini, perch la biosfera non ancora in grado di narrarsi da sola. Il paesaggio pre-narrato Un dato universalmente conosciuto che potrebbe complicare ulteriormente la collocazione di quei luoghi in un quadro paesaggistico classico rappresentato dal fatto che sono stati gi descritti, addirittura rappresentati visivamente nella trasposizione cinematografica di Andrej Tarkovskij. Lintera vicenda del film Stalker, come molti sanno, stata girata nei dintorni di Pripjat, luoghi che probabilmente gi preannunciavano il disastro e che hanno ispirato alla fine degli anni Settanta le visioni del regista. La presenza incombente della centrale e il ritmo innaturale di un centro abitato nato esclusivamente per ospitare i lavoratori della centrale e le loro famiglie probabilmente portavano con s gi tutti gli elementi dellabisso. La trama era frutto di una rivisitazione del testo di Pic nic sul ciglio della strada, pubblicato pochi anni prima da Arkadi e Boris Strugatzki che parteciparono anche alla sceneggiatura del film. Oltre ad avere un tono differente dal film, il romanzo presenta caratteristiche notevoli se analizzato come caso di mutamento della tradizionale narrazione del paesaggio. Gli autori riescono a sovvertire le regole della descrizione paesaggistica, a partire dalla sincronicit tra il soggetto e i luoghi, fino ad arrivare a mettere in dubbio la possibilit che i personaggi riescano a trovarsi di fronte alloggetto della descrizione. Lintero testo costruito inoltre su una mappa a venire, ancora da definire in seguito alla trasformazione dei territori, ma una mappa che gli autori sentono gi possibile a fronte degli sconvolgimenti territoriali. Ovviamente non si tratta di stabilire le capacit divinatorie degli autori, quanto piuttosto di comprendere la profondit di un racconto in cui le esperienze fantascientifiche sono semplicemente riflessi di un sottile terrore vissuto dalla popolazione per decenni. Oggi, guardando il centinaio di siti contaminati prodotti dalla politica di sviluppo sovietica possiamo solo intuire il livello di disagio provocato ad abitanti che probabilmente percepivano limminenza del disastro, la violenza perpetrata ai danni dellintero ecosistema dei luoghi scelti come sedi di laboratori biochimici, centrali nucleari, depositi di armi, industrie di lavorazione di metalli. Gli esseri umani sembrano quindi in grado di porre i luoghi al fuori del proprio tempo, in un crescendo distruttivo che porta la narrazione paesaggistica a precorrere i tempi, a narrare labuso del suolo e del patrimonio biologico. A fronte di un tale esempio, in assenza cio degli estremi tradizionali della descrizione paesaggistica, ci si pu domandare se sia ancora possibile narrare il paesaggio, soprattutto se questo possa essere elemento di un processo che pu definire il ruolo delle comunit umane nella storia. Del farsi universale Il paesaggio ha ormai pi di duecento anni; bisogna riconoscere che uno dei pochi prodotti della modernit compiuta che sia riuscito a sopravvivere agli ultimi tempi senza subire una radicale ridefinizione. Il prezzo che ha dovuto pagare per stata la

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riduzione ai suoi minimi termini, a mera descrizione della percezione soggettiva di un territorio. Tanto nella sua prima formulazione, quanto nel suo uso materiale, il paesaggio stato concepito da Alexander von Humboldt o da Caspar David Friedrich come uno strumento di descrizione di porzioni del mondo intellegibile; si trattava di una formulazione precisa data da un osservatore di uno spazio definito a priori come contesto esclusivo in cui operava lautore di una narrazione. In fin dei conti il concetto non sembrava suscettibile di reinterpretazione, perch offriva una sola possibilit, prevedeva un osservatore e un ambiente naturale isolato. Se gli estremi del problema sono rimasti questi, non si comprende bene perch allora il postsimbolismo non abbia intaccato la descrizione paesaggistica o perch la critica del significato debba arretrare di fronte ad una sequenza descrittiva di elementi in un territorio. Una prima risposta proviene dalla dimensione temporale pi immediata: il paesaggio infatti per sua definizione viene narrato non descritto, sopravvive quindi solo allinterno dei limiti temporali o della coscienza umana, come avrebbe detto Deleuze. Il concetto stesso cos come il suo uso consapevole nellespressione letteraria europea, non possono quindi che essere ricondotti ad una fase specifica dellelaborazione filosofica europea, una fase di transizione che ha determinato un mutamento di enorme portata. Il paesaggio letterario, appena abbozzato da Goethe, in realt il prodotto diretto dellidea kantiana di narrazione del mondo, dipende dalle riflessioni sul ruolo delluomo nella storia e contiene gi buona parte del corpus filosofico illuminista. Secondo quel modello la descrizione del mondo non poteva esistere al di fuori di una narrazione, il termine geografia significava storia del presente stato della terra.1 Il progetto di Immanuel Kant prevedeva un ruolo storicizzato per tutto ci che poteva essere contenuto in quello che solo a fine secolo XVIII sarebbe stato chiamato paesaggio (einsicht, cio insieme percepibile con uno sguardo di sintesi, intuito; espressione che venne utilizzata prima del landschaft).2 Ci perch la collocazione allinterno della storia imponeva limpossibilit di una descrizione. Tutto ci che veniva osservato era frutto di mutamento e il ruolo dellazione umana era dunque necessario allesistenza stessa dellosservazione. Nellintroduzione ai corsi delluniversit di Konigsberg3 e nella Geografia, la prima produzione intellettuale sul paesaggio evidente, si tratta di qualcosa che si potrebbe considerare grossolanamente come un segmento localizzato della storia umana:
La [geografia umana] prende in considerazione luomo nella variet delle sue propriet naturali e nella diversit dei suoi costumi morali, riscontrabile in ogni parte del mondo. Si tratta di uno studio assai importante e stimolante nello stesso tempo, senza il quale difficilmente possono formularsi giudizi generali sulluomo; per suo tramite, inoltre, confrontando le diverse condizioni morali, tra loro e con quelle di et pi antiche, verr a comporsi dinanzi ai nostri occhi una specie di grande mappa del genere umano. Infine, si prende in esame ci che pu esser considerato come una conseguenza dellazione combinata delle due forze sopra menzionate, ovvero la situazione degli stati e dei popoli sulla terra, non in quanto tale situazione sia stata determinata accidentalmente dalle gesta e dalla fortuna di singoli uomini, tramite successioni al governo, conquiste territoriali o macchinazioni di stato, ma in relazione a ci che pi stabile e consente di individuare le ragioni pi profonde degli eventi storici, vale a dire la posizione geografica dei paesi, i prodotti, i costumi, il traffico, il commercio e la popolazione.

Anche le tesi esposte da Kant nelle sue Congetture sullorigine della storia umana del 1786 di fatto sono applicabili alla sua definizione di geografia semplicemente perch

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in quanto storia del presente sottoposta, come tutta la realt sensibile, al processo storico. In questa formulazione risiede la perpetuazione dellidea, di origine tardomedievale, che il mondo dovesse essere nel suo complesso sottoposto allazione di tutela e gestione delluomo. Il paesaggio inoltre il prodotto di una visione teleologica della storia umana, ha anchesso un proprio fine, che si concretizza nella costruzione di quellordine universale europeo che stato pi volte riproposto nei secoli successivi. facile infatti ritrovare nello storicismo idealista lo stesso anelito verso il rimodellamento della natura e delle forme dellabitare sullo schema del dominio delloccidente. Fenomeno puntualmente realizzato nella narrazione del paesaggio, laddove tutte le descrizioni sono collocate lungo un asse storico e valutate nel loro risultato ultimo, che in fin dei conti lappropriazione da parte del narratore dello spazio, come conoscenza e possesso, la trasformazione ad uso del logos occidentale. Il paesaggio in effetti non altro che un modo per rendere lo spazio narrato parte di uno schema di dominio in cui chi opera la narrazione: ha una finalit ordinatrice. Il problema si posto dunque solo nella seconda met del 900. Dopo aver rimesso in discussione il ruolo delluomo e ricomposto lo spazio del pianeta in un insieme di irriducibili differenze, resta adesso difficile riproporre la stessa visione. Non sembrano pi credibili neanche le narrazioni che solo pochi anni fa sembravano ancora possedere il potere evocativo dei luoghi e suggerire una reale capacit di gestione al soggetto osservatore. Per comprendere tale difficolt sufficiente ricordare le molte antologie di racconti sul paesaggio edite negli ultimi anni. In effetti non si pu pensare al paesaggio prima dei paesaggisti, ma pensarci dopo sembra unoperazione eccessivamente filologica. Molte pagine di narrativa recente assumono un sapore nostalgico, legato spesso alla ricerca delle permanenze del passato, di piccoli dettagli di un paesaggio scomparso (quella che Lowenthal ha definito nostalgia del paesaggio).4 Non si tratta di un problema recentissimo, chi ha seguito il dibattito tra i geografi nellultimo quarantennio ha potuto percepire le enormi difficolt di comprensione scientifica di un concetto che rimane comunque a fondamento della disciplina moderna. Lucio Gambi affermava che il paesaggio non pu che rappresentare un problema per tutte le scienze umane nel loro insieme, non altro che un luogo preciso di confronto e di ricerca.5 Il concetto rimanda per pi ad uno strumento di lettura che ad una vera e propria nomenclatura degli elementi di una realt tangibile, non esiste in s, ma solo ai fini interpretativi di un soggetto, sottoposto alla sua percezione e ai suoi sistemi di classificazione. Tutto il portato idealista di tale affermazione va riconosciuto come fondante di unidea ancora attuale di paesaggio, inquadrato come un elemento forte dello sviluppo storico umano, pi precisamente della soggettivit umana. Il titanismo borghese dei grandi pittori paesaggisti come le sintesi scientifiche del XIX secolo partivano dallo stesso principio e in fin dei conti non ci si allontanati di molto neanche dopo. Bisogna aggiungere infine che tutto ci che stato introdotto come sintesi del problema potrebbe benissimo essere riferito a tutti i risultati delle scienze umane e sociali, dal problema della soggettivit a quello dei principi epistemologici generali. In breve, il problema della narrazione ha investito il dibattito sulla descrizione dei luoghi, ma probabilmente ci che ha portato il concetto di paesaggio ad una vera crisi di significato stata la difficile collocazione del ruolo della soggettivit narratrice nei contorni dei mondi descritti. Nella narrazione tradizionale, un pensiero dominante non si rende parte del sistema che costruisce, ma cerca di dominarlo tramite la descrizione, meglio la costruzione di una rappresentazione riconosciuta in cui tutti gli elementi stiano al

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proprio posto senza determinare difficolt alla presenza umana, riconosciuta come lessenza dellordine terrestre. Il concetto stesso per il suo uso presuppone lazione ordinatrice del genere umano, senza una comunit che organizza il territorio il paesaggio non pu esistere. Se prima tale affermazione poteva essere considerata come una critica al portato illuminista, oggi potrebbe essere considerata un sintomo del fatto che il decostruzionismo non stato incorporato nel dibattito geografico recente o anche del fatto che decostruire il paesaggio letterario sembra adesso pi un buon esercizio intellettuale che un metodo per esprimere una critica radicale al pensiero occidentale. Ci perch scendendo ai minimi termini rimane losservatore alle prese con i suoi problemi epistemologici. La narrazione ha per assunto una piega particolare, rendendo evidente come la finalit di chi prova a narrare lordine dei luoghi sia spesso quello di determinare una collocazione differente agli attori, di ridefinire il ruolo della specie umana. Ci si ritrova quindi nuovamente alla prese con il problema classico di una narrazione indirizzata alla costruzione dellordine universale, allappropriazione del cosmo. Lunica novit in tal senso sarebbe rappresentata da un cosmo non occidentale, dallemergere delle nuove narrazioni o dalla scomparsa dei grandi filoni riassuntivi della tradizione novecentesca. Rimane per un dubbio che potrebbe rappresentare una svolta nel dibattito scientifico, cio quello posto dallecologia profonda relativamente al ruolo delle comunit umane. Quando loggetto della narrazione diventa il complesso di relazioni tra tutti gli elementi, quindi la storia della loro capacit di interazione, diventa difficile ricercare un unico ruolo ordinatore normativo. Non si tratta pi di costruire un significato alla natura o di ordinarne il funzionamento ad uso umano, ma piuttosto di narrarne gli schemi per poterla comprendere, quindi renderla propria. Possedere il paesaggio anche un modo per farsi universale, come avrebbe detto Leonardo da Vinci, rendersi parte di un complesso vivente nella sua evoluzione, ma anche dominarne gli oscuri processi di funzionamento, in fin dei conti dominarne la storia. Pattuito che il paesaggio sia ancora uno strumento, ancora possibile, sul limite della sua stessa natura temporale, narrarne le forme e le variazioni secondo il principio della ricerca delle connessioni. Del paesaggio inventato Ogni domanda sulla narrazione rimanda ad un processo in cui la letteratura crea delle aspettative su luoghi e culture. Un processo simile a quello che pochi anni dopo linvenzione del paesaggio port la letteratura illustrata di viaggio ad essere il principale genere letterario per il mercato europeo. Lintero complesso di informazioni contenute nei testi ascrivibili a quel filone dipendeva dalla descrizione paesaggistica, accompagnata da una rappresentazione visuale sintetica, esplicativa e strettamente correlata al contenuto descrittivo. La breve e ricca stagione italiana delle edizioni dei fratelli Treves, editori di diverse collane di viaggi, rimane una traccia tra le tante dellindustria culturale sorta intorno alla produzione e vendita di paesaggi letterari. Un esempio tra i tanti il viaggio del barone Charles Davillier, condotto in compagnia di Gustave Dor nella Spagna di fine Ottocento.6 Leggendone il testo si comprende come il nobile francese descrivesse un paesaggio mitizzato e poco realistico, anacronistico rispetto allo sviluppo urbano dellepoca e rivolto esclusivamente alla ricerca degli elementi caratterizzanti unavventura in una terra straniera popolata da predoni e mercanti. Il pittore dal canto suo disegnava personaggi e antiche rovine eliminando

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dallo sfondo tutto ci che poteva fare riferimento alla modernit. Uninvenzione operata dai soggetti che avevano prodotto il quadro narrativo, estranea alla realt tangibile, ma forse pi incisiva nellimmaginario dei lettori, anzi produttrice di un immaginario. Una descrizione astorica che sembrava lattivit principale, se non il luogo unico, della creazione del paesaggio; linsieme di relazioni tra gli uomini e lambiente veniva per narrato nella sua evoluzione recente per il piacere del grande pubblico di fruitori e cos lo schema tradizionale si rivelava efficace. Il pubblico per la verit era poco incline alla lettura, composto spesso da fruitori pi attenti allimmagine che al contenuto testuale, riusciva a condividere gli estremi di una narrazione attraverso pochi riferimenti. Quel genere si rivelato un luogo di produzione di immaginario cos potente che le litografie dellepoca fanno parte ancora oggi di una ricercata oleografia che sovrintende alla costruzione dei percorsi turistici attuali. Molti europei cercano ancora, ad esempio, le isole mediterranee descritte da nobiluomini francesi e tedeschi di met Ottocento. Da questo punto di vista per non sembra esserci nulla di diverso da ci che avveniva negli altri generi letterari, perch il paesaggio sempre frutto di uninvenzione del suo autore, anche quando il testo nasce in seguito ad una ricerca rigorosa dei dettagli. Tanto da poter tranquillamente operare una lettura simbolica di tutti i testi di descrizione paesaggistica, come stato fatto da diversi critici, incorrendo in pochi dubbi interpretativi. Nel contesto attuale, la rappresentazione visiva, limmagine dei territori e delle popolazioni si produce attraverso strumenti differenti, simili nelle motivazioni, ma radicalmente diversi nelle modalit. Esistono per ancora processi che permettono agli autori di divenire universali, perch la narrazione resta un processo di appropriazione mitica in cui si attribuiscono ai territori significati. Si tratta di un processo pericoloso, in cui si sovrappongono le scelte individuali e la ricerca di affermazione di una societ che vede ancora nel dominio della natura lo spazio di azione degli esseri umani. Gli scenari possono facilmente essere piegati a tutti i processi di dominio; cos come in passato la descrizione stata il luogo dellespansione di un potere materiale su popoli e terre, ancora oggi la costruzione dei territori corrisponde alla loro narrazione, soprattutto quando questa assume i connotati di valore identitario. Se si sottrae la storia attuale, il ruolo dei popoli, dallo scenario il risultato un sommario processo di dominio favorito dalla costruzione di uno scenario che viene realizzato successivamente. La narrazione del paesaggio possiede una valenza talmente forte da aver condizionato in tutto il pianeta la stessa costruzione fisica del territorio coloniale, reso ovunque simile a racconti che descrivevano luoghi inventati. Si tratta di un processo che avviene ancora quotidianamente attraverso la rappresentazione dei teatri di guerra in Asia centrale ed occidentale, in cui il paesaggio ridotto alle testimonianze religiose esteriorizzanti in funzione dellacquisizione del territorio da parte dei narratori. Il paesaggio inventato viene reso tangibile perch risponde ad una concreta funzione di dominio, mentre le altre narrazioni diventano nostalgiche, come i film che raccontano la realt dei villaggi afgani, che nel frattempo sono stati ridefiniti dal conflitto armato secondo lo schema di una narrazione precedente.

I. Kant, Relazione introduttiva al proprio insegnamento nel corso del semestre invernale del 1765-1766.

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F. Farinelli, Geografia. Un'introduzione ai modelli del mondo, Torino, Einaudi, 2003; vedi anche F. Farinelli, Pour lhistoire du concept gographique de Landschaft, in A. Pecora, R. Pracchi (a cura di), Italian Contributions to the23rd International Geographical Congress, Roma, C.N.R., 1976, pp. 22-26. 3 I. Kant, Relazione introduttiva al proprio insegnamento, cit. 4 D. Lowenthal, The Past is a Foreign Country, Cambridge, Cambridge University Press, 1985. 5 L. Gambi, Critica ai concetti geografici di paesaggio umano, Faenza, F.lli Lega, 1961. 6 C. Davillier, Viaggio in Ispagna, Milano, F.lli Treves, 1875.

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Spunti, riferimenti e riflessioni per una critica spaziale Francesco Muzzioli Negli studi letterari in corso la questione spazio allordine del giorno, al punto che il rapporto con la geografia sembra soppiantare quello, tradizionalmente stretto, con la storia. Che per contestualizzare unopera e per comprendere la sua particolare specificit fosse necessario non solo ricostruire lepoca, ma anche adire alle differenze locali, era chiaro, nel dibattito italiano, fin dal saggio di Dionisotti del 1951: Geografia e storia della letteratura italiana. Si trattava, insomma, di tenere in considerazione lintero orizzonte delle condizioni che nello spazio e nel tempo stringono ed esaltano la vita degli uomini (Dionisotti, 1967, 54). Quella prospettiva pionieristica si svolgeva allora a partire dal quesito se e fino a qual segno la storia dItalia potesse dirsi unitaria, per cui occorreva distinguere le particolarit delle singole unit politiche, regionali o municipali (Dionisotti, 1967, 25), una distinzione che oggi diventata molto pi scottante di allora, viste le spinte disintegratrici, culturali e politiche. Ci spinge ad alcune riflessioni. La giusta necessit di puntualizzare il luogo di origine non deve autorizzare barriere separatorie. Una storia regionale o addirittura municipale della letteratura sarebbe mostruosa e renderebbe incomprensibili le opere, perch si fonderebbe su una idea di radice semplicemente assurda. Non per essere nato in un determinato posto che lautore appartiene a una determinata cultura (e sorvolo, per ora, sullipotesi che il suo valore consista, allopposto, nel derogare alla cultura in cui nato). Se per radici intendiamo il sangue che circola nelle nostre vene, esso proviene il pi delle volte risalendo gli avi e i cromosomi di ramo in ramo da luoghi disparati e anche lontani e lontanissimi. Genealogicamente, siamo tutti degli spostati e dei migrati. La frase ceravamo prima noi e abbiamo diritto di scacciare gli invasori molto relativa, perch prima cera sempre qualcun altro che potrebbe vantare pi antichi diritti. Ma lasciamo perdere ( sufficientemente chiara lallusione alla inconsistenza del pensiero mitico del leghismo italiano). Occorre anche riflettere sul fatto che il collegamento alla location (per usare lespressione di Bhabha, 1994), non diversamente dallinserimento storico, funziona in unottica genetica: aiuta, cio, a capire la genesi dellopera, in base allhumus da cui sorta. evidente che se ci poniamo invece a guardare leffetto dellopera, la sua proiezione nel futuro, lorizzonte non pu pi essere delimitato, ma si allarga smisuratamente. Si dir che, tutto semplicemente, i localismi sempre pi esasperati e circoscritti non sono altro che la reazione allapertura eccessiva del mercato globale, dei suoi flussi scatenati e inarrestabili, di fronte ai quali non c altro punto fermo che laggrapparsi al nazionalismo, alletnicit, al campanilismo, alloriginario, allimmaginazione di una comunit di appartenenza disposta a sostenere i suoi figli in quanto tali. In modo paradossale, ma neanche tanto, la modernizzazione al suo stadio pi avanzato provocherebbe il ritorno verso il passato, con veri e propri processi di rifeudalizzazione. La globalizzazione crescente comporta un aumento delle nuove differenziazioni, e a interconnessioni sempre pi globali fanno da contraltare divisioni sempre pi intricate. Cosmopolitismo e provincialismo non sono pi in contrasto, anzi, sono interconnessi e si rafforzano a vicenda (Geertz, 1999, 57). Ma la critica su base geografica, proprio per questo, non dovrebbe limitarsi a separare e distinguere secondo una mappatura descrittiva, dovrebbe cercare di

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comprendere i contraccolpi e le relazioni dellatlante geopolitico. Non per nulla, lautore italiano pi utilizzato e commentato nellambito degli studi postcoloniali proprio Antonio Gramsci, un politico prestato alla critica letteraria, un teorico capace di articolare lo schema marxista in modo tale da poter comprendere le istanze culturali nel quadro di uno scontro di egemonie e contro-egemonie. Nonch le particolarit geografiche, come avviene nella sua analisi-modello della quistione meridionale. La rilevanza della divisione Nord-Sud (che per quanto riguarda lItalia non ha smesso per niente di essere costitutiva) si presta a essere trasferita su grande scala per quanti, nei nuovi continenti, sono interessati a sottolineare il divario che si amplifica nella unificazione forzata dallalto dellintero pianeta. Potremmo inventariare numerosi saggi di questa rinascita gramsciana a livello internazionale. Edward Said: Nella Quistione meridionale Gramsci non solo si preoccupa di mostrare che la divisione tra le regioni del nord e del sud in Italia costituisce una sfida per lazione politica del movimento operaio in un momento di impasse, ma descrive anche meticolosamente la topografia particolare del sud (Said, 1993, 74). Ania Loomba: Gramsci aveva bisogno di trovare delle differenze fra lItalia e il resto dellEuropa, ma anche fra le varie regioni italiane, aprendo la via ad una riflessione che considera le questioni regionali e nazionali come una parte fondamentale dello sviluppo capitalistico (Loomba, 1998, 45). Stuart Hall: La sensibilit per le specificit regionali, per le alleanze sociali e per i fondamenti sociali dello Stato legano inoltre lopera di Gramsci con ci che potremmo chiamare oggi le questioni Nord-Sud e Oriente-Occidente (Hall, 2006, 193). N va dimenticata Gayatri Spivak, che riprende proprio da Gramsci la nozione di soggetto subalterno; sentiamola: In testi come, ad esempio, La Questione Meridionale, Gramsci considera il movimento delleconomia storico-politica in Italia allinterno di quella che pu essere letta come allegoria della lettura, che deriva da o che prefigura una divisione internazionale del lavoro (Spivak, 1999, 281). Risparmiandoci di affrontare il cortocircuito tra Gramsci (la divisione del lavoro) e de Man (lallegoria della lettura come contraddizione del linguaggio), che richiederebbe un lungo studio a parte; resta il fatto che nella Spivak come nei precedenti la puntualizzazione geografica dellanalisi ispirata da Gramsci non procede a una chiusura delloggetto analizzato nei suoi confini, ma trae dalla sua particolarit locale gli elementi (di contestazione e di protesta) per un rivolgimento dellordine che utilizza a proprio vantaggio quella stessa particolarit. Un conto una visuale geografica riduzionistica, incentrata su archetipi e stereotipi di presunte radici native, e un conto ben diverso una geopolitica combattiva, puntata dai margini verso il centro. Nella formula adottata da Bhabha per il titolo del suo libro The Location of Culture, troviamo il termine location, di difficile traduzione (ledizione italiana lo bypassa dicendo I luoghi della cultura), ma anche non so quanto intenzionalmente dotato di una sfumatura ironica. La location infatti lambientazione scelta per le fiction. Si suggerisce allora che il luogo originario possa essere uninvenzione. A volte lantico e lancestrale non sono mai esistiti (tale , ad esempio, la Padania), sono cio dei simulacri postmoderni. Ora, il postmoderno esattamente quella condizione (o posizione) che ha esaltato la prospettiva dello spazio rispetto a quella del tempo. Il postmoderno quellepoca in cui diventa difficile pensare storicamente perch tutti gli oggetti appaiono simultaneamente in un eterno presente. Il modello quello della pluralit simultanea delle merci negli scaffali del supermercato, oppure ugualmente, nellambito

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della comunicazione, la pluralit dei canali televisivi, per non parlare della miriade dei siti internet. Il web, la rete, d proprio lidea di un immenso spazio virtuale, in cui la cosa pi difficile non trovare le informazioni, ma rendersi conto della loro datazione. Non per nulla il postmoderno nasce in architettura e sfrutta modelli urbanistici e architettonici (in Jameson, per esempio, lHotel Bonaventure, dove linterno e lesterno finiscono per essere indistinguibili). E non per nulla il postmoderno si propone di escludere lutopia proprio con largomento che lutopia gi qui, allora la storia finita e quindi non c pi motivo di pensare in termini di tempo, al contrario del moderno che invece si era instaurato sulla base della rottura del tempo e sullavanzamento continuo. Uno degli interpreti pi acuti della condizione postmoderna proprio un geografo, David Harvey, che ne ha colto le coordinate socio-economiche fondamentali, riconoscendovi non gi unepoca affatto nuova, ma una fase estremizzata dello sviluppo capitalistico. Una fase caratterizzata dice Harvey dalla compressione spaziotemporale: Giungiamo cos al paradosso centrale: meno sono importanti le barriere spaziali, maggiore la sensibilit del capitale alle variazioni di luogo allinterno dello spazio e maggiore lo stimolo a differenziare i luoghi in modi che attraggano il capitale. Il risultato rappresentato dalla produzione di frammentazione, insicurezza e sviluppo effimero squilibrato in uneconomia mondiale estremamente unificata di flussi di capitale (Harvey, 1990, 361). Ora, vero che lillusione delleterno presente felice e aperto a tutti ha subito un forte scacco allinizio del nuovo millennio, e le contraddizioni storiche hanno ripristinato la loro evidenza sia sullasse Nord-Sud del divario economico, che su quello Occidente-Oriente del divario culturale dei fondamentalismi (lo scontro di incivilt). Ma il paradosso evidenziato da Harvey non ha smesso di funzionare, anzi si radicalizzato: liberi i flussi economici e informatici, vietato lo spostamento dei corpi umani, da trattare con robusti respingimenti (si sposta il lavoro e i lavoratori ne restano senza). Sicch i localismi impazzano ricorrendo al pensiero mitico (slogan, preconcetti, clich che devono tracciare il confine tra noi e gli altri, ricostruendo improbabili origini comuni). In tale quadro, lo stesso ritorno alla storia e allimpegno dello scrittore, avviene di preferenza nellambito della docu-fiction, quindi con quella commistione indifferenziata dei generi (la confusione del falso e del vero) di pretta marca postmoderna. Sono sostanzialmente daccordo con Luperini (2005) che il postmoderno finito; tuttavia andranno accuratamente analizzate le sue persistenze e forse, nellimperversare della regressione culturale verso tradizionalismi fondanti, si tratter di valutare se nel postmoderno non ci fosse qualcosa di buono da non perdere, ad esempio un certo tipo di ironia e di esercizio del dubbio. Da sempre la letteratura ha avuto i suoi spazi privilegiati, i suoi luoghi; erano i topoi della retorica. Lanalisi degli spazi potuta rientrare quindi nellambito della ricerca sui temi, e qui abbiamo avuto, ad esempio, lopera pionieristica di Bachelard, la sua potique de lespace. chiaro che Bachelard procede in un ambito di fenomenologia delle immagini e di psicoanalisi degli archetipi, che lo porta ad escludere le tensioni e i conflitti, per dedicarsi alle immagini dello spazio felice; gli interessa indagare-inventariare le immagini che attirano, che saranno allora quelle dotate di valore protettivo (cfr. Bachelard, 1957, 26), alcuni spazi intimi di pertinenza prettamente poetica (la casa, il nido, il guscio). Sottintendendo, in fondo, che la poesia stessa sia uno di questi spazi (sia casa, nido e guscio), restandone ai margini la negativit e la dialettica.

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Molto pi interessata alla dialettica positivo-negativo, apparir la semiotica di Lotman. La considerazione dello spazio vi rientra per molti versi: innanzitutto la stessa semiotica concepita come uno spazio dotato di volume, una semiosfera. In secondo luogo, anche la scrittura lineare considerata produttrice di rapporti coestensivi e creatrice di immagini; in quanto, portata a un secondo livello di significazione come segno rappresentativo secondario, la letteratura possiede insieme un valore convenzionale e un valore iconico (la temporalit si traduce in spazialit): Dal materiale della lingua naturale, sistema di segni convenzionali ma comprensibili a tutta una collettivit (...) sorge un segno secondario di tipo rappresentativo (...). Questo segno rappresentativo secondario possiede la qualit dei segni iconici: limmediata somiglianza con loggetto, levidenza, gli permettono di produrre unimpressione di minore condizionamento di codice e perci, come pare, garantisce una veridicit e una comprensibilit maggiore di quella dei segni convenzionali (Lotman, 1976, 72). In terzo luogo, il testo letterario nel suo stesso impianto si trova a maneggiare dei modelli culturali che sono fondati su dicotomie eminentemente spaziali: interno/esterno (noi/altri), lontano/vicino, destra/sinistra, ecc. Anche qui ci troviamo in unimpostazione generalissima (un taglio antropologico decisamente extrastorico): tuttavia, a differenza di Bachelard, Lotman insiste sulla dialettica e sulla nozione di confine: da un lato, nella semiotica stessa, proprio dai confini tra il semiotico e il non-semiotico che nascono le modifiche produttive, il confine la zona in cui si sviluppano i processi semiotici accelerati che sono sempre pi attivi alla periferia culturale e che da l si dirigono poi verso le strutture nucleari per sostituirle (Lotman, 1985, 62); dallaltro lato, la messa in racconto dei modelli culturali dello spazio significativa esattamente nel momento in cui leroe attraversa le frontiere segnate: Appunto perch nella struttura di qualunque modello culturale rientra limpossibilit di superare la frontiera, la pi tipica impostazione dellintreccio il movimento attraverso la frontiera di uno spazio. Lo schema dellintreccio nasce come lotta contro la costruzione del mondo (LotmanUspenskij, 1975, 168). Dove, non fosse altro che per spirito di curiosit e vocazione allesperimento, se non si vuole linsubordinazione della lotta, la letteratura comincia proprio dalla contravvenzione delle chiusure culturali. Oltre che rappresentare lo spazio, la letteratura stessa concepita come uno spazio, un campo (come dir Bourdieu) con sue dimensioni e logiche specifiche. Non solo lo sforzo, spesso degno di miglior causa, della tendenza formal-strutturalista per definire lautonomia e lautotelicit del testo (il messaggio ripiegato su se stesso di Jakobson, ecc.). Alla nozione di spazio si collega anche Maurice Blanchot nel suo spazio letterario, dove lopera si accampa come un vuoto sostanzialmente inaccessibile e inconsumabile, nel quale si ha a che fare con una solitudine radicale: chi la legge entra nellaffermazione della solitudine dellopera, come chi la scrive appartiene al rischio di questa solitudine (Blanchot, 1955, 8). A sua volta, Galvano della Volpe, fondava lipotesi metodologica del polisenso, contenuta nella Critica del gusto, sulla contestualit organica, vale a dire sul fatto che, in virt dei rapporti ulteriori che si costituiscono tra gli elementi del testo inteso come un insieme chiuso e coerente (rapporti spaziali, quindi, al di l della mera successione temporale), si produca un senso arricchito, un dipi di senso. interessante notare che della Volpe parla del polisenso proprio come un locus: Per contestuale organico, o locus semantico del polisenso (o polismo) intendiamo, invece, quella unit linguistica concreta, quella frase o nome-frase (...) il cui valore espressivo o interesse linguistico-formale (o di pensiero)

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condizionato dalla sua capacit o di costituire essa stessa un complesso linguisticoformale, o espressivo, individuato e organico al punto da valere come necessario e necessitante con-testo per ogni suo elemento ossia elemento di essa frase, ossia di essere essa parte organica o membro di un organismo espressivo o contesto che ha il suo cuore in essa o in altre determinabili unit, frasi o proposizioni strutturali del contesto (della Volpe, 1966, 79). Sfrondato il tortuoso e puntigliosissimo linguaggio dellavolpiano, inimitato e inimitabile, si tratta di individuare le rifrazioni e i collegamenti dei significati secondari (connotativi, secondo una certa semiotica) generati dalla compresenza nello spazio-testo (qui: organismo contestuale), tenendo presente che laseit semantica (la chiusura dello spazio, ovvero lautonomia) per della Volpe relativa e che la storia sempre presente nella storicit delle parole (che egli designa come livello letterale-materiale). Di qui, la necessit di una analisi critica e comunque di una lettura analitica, capace di cogliere o almeno di interrogare quella significazione supplementare. il discorso che si attivato nel recente periodo attorno al recupero dellallegoria. Se della Volpe non amava lallegoria (ma questa unaltra storia...), sar con lacquisizione del pensiero di Walter Benjamin, passato dalla condizione di outsider misconosciuto in vita a quella di punto di riferimento accolto in tutta la teoria letteraria mondiale, che lallegoria si dimostrata un terreno molto fertile di riflessione. Ora, il legame dellallegoria con una immagine spaziale evidente nel fatto che il suo uso in pittura ancor pi riconoscibile di quello letterario. Tale spazialit viene messa in luce dalla rilettura benjaminiana dellallegoria e dalla sua acquisizione moderna: intanto, Benjamin la vede nella costruzione di una costellazione di frammenti (di significati), superando il possibile equivoco della puntualit e univocit dellallegoria. Lallegoria non mai una singola rappresentazione, ma un insieme di segni. Potremmo dire: non mai una parola, ma sempre una frase: per citare, fuori da quelli benjaminiani, un esempio classico, lallegoria del tempo un vecchio, ma non un semplice vecchio, un vecchio con le ali e con la clessidra, spesso associato ad altre figure. Tornando a Benjamin essenziale vedere come lo spazio dellimmagine allegorica funzioni dialetticamente, rappresentando uno scontro di forze costrette a coesistere, sprizzando le scintille della contraddizione, da cui le sue formule predilette della dialettica in stato darresto (Dialektik im Stillstand) e della inquietudine irrigidita (erstarrte Unruhe), dove fondamentale la tensione dinamica determinata dalla compresenza costrittiva di elementi che recalcitrano a stare insieme. La geocritica, cos come si venuta configurando nellopera recente di Bertrand Westphal, intesa come multifocalizzazione degli sguardi su uno spazio di riferimento dato (Westphal, 2007, 161) si fonda su un parametro realista e sullo studio del contenuto. I suoi strumenti, come il realema o lomotopia/eterotopia, rimandano alla verifica del testo nei confronti di un referente. Non che, dopo la sbornia dello scetticismo postmoderno, si torni a una fiducia ingenua nella realt; il referente problematico, ma proprio perch non possiamo dire con certezza che cosa sia quel luogo, abbiamo bisogno della letteratura che ce lo mostra dai suoi molteplici punti di vista. Per questa via, la responsabilit testimoniale della letteratura sale al primo posto. Lantico concetto della mimesi viene riadattato secondo i contorni del mondo possibile. Tutto ci non tocca la fruizione del testo come equivalente del vissuto e limmedesimazione empatica nelle vicende narrate (e va da s che questa prospettiva prevalentemente rivolta alla narrativa, che invade il mercato come unico genere). Che

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fine fa quella che, nei termini della semiotica hjelmsleviana, si chiamava la forma del contenuto? Non va perduta quella capacit di percepire il valore della forma, che fondava per molti versi lattivit della critica e i suoi metodi di analisi? (E non sta qui, nella riduzione contenutistica, una ragione forte della crisi della critica?) Della crisi della critica mi sono occupato in altre sedi. In questa vorrei limitarmi a notare che, anche negli anni della voga postmoderna, era rimasta in campo quella dimensione letteraria (propria soprattutto delle avanguardie e della modernit radicale) che non concepiva la rappresentazione senza la messa in questione della rappresentazione medesima, configurandosi quindi come oscuramento e annullamento del senso stesso. Sono stati proprio i maggiori teorici del postmoderno (Lyotard e Jameson, in particolare) che hanno continuato a riflettere su questo tenore dellanti-arte, trovandone la radice profonda nelle concezioni del sublime, con i dovuti riferimenti ai classici dellestetica, a Burke e a Kant. La non-coincidenza dellimmaginazione e della ragione, il senso incommensurabile, lo scacco della rappresentazione; e in pi lenigma connesso a un piacere che nasce dal dispiacere. Lyotard e lavanguardia: Quando si cerca di presentare che c qualcosa che impresentabile, bisogna martirizzare la presentazione. Ci vuol dire, tra laltro, che i pittori e il pubblico non dispongono pi di simboli prestabiliti (...). vero che ci sono alcuni realismi (...) che tentano di ricostruire delle simboliche, che provano a offrire al pubblico delle opere che esso possa apprezzare e grazie alle quali possa identificarsi con delle Immagini (razza, socialismo, nazione, ecc.). Si sa come questo sforzo esiga leliminazione delle avanguardie (Lyotard, 1988, 166-167). Dal canto suo, Jameson individua una forma aggiornata di sublime, che egli definisce come isterico, dovuto al fatto della incontrollabilit dellapparato tecnologico dei nuovi mezzi di riproduzione. Riscontrabile negli incubi della fantascienza distopica e nella difficolt di pensare la totalit impossibile del sistema mondiale contemporaneo ossia la realt, enorme e minacciosa, delle istituzioni economiche e sociali (Jameson, 1991, 54), questo sublime risulta molto poco contenibile nelle forme scorrevoli dellimmaginario di consumo. Insomma, quello che il postmoderno non ha potuto o voluto fare, cio annullare le punte estreme della modernit, che hanno ancora avuto corso, come abbiamo visto, proprio nei suoi teorici pi noti, come Lyotard e Jameson (soprattutto nel suo lavoro pi recente su Brecht e nelle sue Modernist Papers), e mettiamoci pure il lacan-marxiano Slavoj iek, anche lui alle prese con il sublime-mostruoso e con le deformazioni-svuotamenti dellarte, lostracismo del testo complesso, dico, riuscir adesso al realismo volgare del nuovo millennio? Uno dei rischi della considerazione spaziale quello di prendere le culture come aree distinte, ciascuna retta dalla propria logica. Col che, sarebbe scorretto intervenire in una regione con una logica che non le propria. E se volessimo imporre universalmente la nostra logica, ci troveremmo ad essere tacciati di colonialismo culturale... Il problema complicato ed un nodo politico cogente del prossimo futuro, esempio palmare la questione del velo delle donne islamiche. libera una donna se lo vuole perch consuetudine nella sua cultura andare coperta con lo scafandro del burqa? Questo interrogativo mette alle strette sia lidea di libert che in questo caso tocca i suoi limiti (si liberi di non essere liberi?) sia quella di emancipazione che in questo caso vede negato il diritto di interferenza (si ha diritto o no di spiegare alla donna velata che il velo una esibizione della sua propriet?). La sfida quella di rintracciare un terreno comune, di rispetto reciproco, ma anche di principi condivisibili,

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per il dialogo tra le culture, che altrimenti si fortificherebbero luna contro laltra, come mondi a s stanti. Bisogna convenire, io credo, che proprio la chiusura identitaria, appoggiata agli stereotipi e al pensiero mitico, il male comune a tutte le culture. Discutendo del nazionalismo (che il nostro atteggiamento di stigmatizzazione dellaltro), Terry Eagleton sottolineava il contrasto tra il dogmatismo culturale e la politica del dubbio, finendo infine per proporre loriginale congiunzione tra la spinta allemancipazione e lironia: Emancipatory politics exist to bring about the material conditions that will spell their own demise, and so always have some peculiar selfdestruct device built into them. (...) All oppositional politics thus move under the sign of irony, knowing themselves ineluctably parasitic on their antagonists (Eagleton, 1990, 26). Questa facolt di opposizione attraverso il distacco critico pu funzionare nellambito di qualsiasi cultura (anche se in taluni casi pu risultare molto pi pericolosa che in altri), in quanto esattamente ci che consente di adire allutopia di un mondo multiculturale. Anche nei nuovi continenti letterari, quindi, potremo apprezzare gli autori che decostruiscono il rapporto con la cultura di origine e i suoi criteri tradizionalisti, mantenendo una equivalente decostruzione anche per cultura dei colonizzatori (ma su questi straniamenti postcoloniali torner in futuro). Gli autori migranti, a met strada o, come talvolta si dice, seduti su due sedie, saranno da porre in primo piano (e di questo tipo sono i principali scrittori del mondo odierno, come Salman Rushdie o douard Glissant). Valga la formula dellin-between adottata da Homi Bhabha. E, di recente, lin-betweeness stata approfondita da Paolo Bartoloni nel senso di un interstitial writing, in un suo libro dedicato ad alcuni autori contemporanei italiani: non solo rivolta alla biografia dellautore (ad esempio il rapporto di Italo Svevo, fin nel suo pseudonimo, tra lidentit italiana e quella tedesca), linterstizialit intesa come punto di sospensione e di non-appartenenza: is it possible for literature to be the pure pleasure of in-betweeness, where its potentiality of non-being is celebrated? (Bartoloni, 2003, XIV) una nozione che consente di scavare negli strati esistenziali del testo e fin dentro le pieghe del linguaggio. In che modo possa funzionare produttivamente la differenza geografica, lo possiamo vedere, ancora una volta, da Walter Benjamin. Nel suo saggio sul Surrealismo del 1929, Benjamin inizia proprio sottolineando limportanza della dislocazione del punto di vista del critico, del suo dislivello spaziale rispetto al movimento: Le correnti spirituali possono raggiungere una pendenza abbastanza ripida perch il critico possa installarvi la sua centrale elettrica. Questa pendenza creata, per il surrealismo, dalla differenza di livello tra la Francia e la Germania. (...) Losservatore tedesco non si trova vicino alla fonte. questa la sua fortuna. nella valle. Pu valutare le energie del movimento (Benjamin, 1973, 11). Non importa in questa sede notare il risultato critico di questa disposizione sfalsata (prodotta da una pendenza), che quello di intendere in modo particolarmente forte la carica politico-utopica che porta lavanguardia surrealista a spezzare dallinterno la sfera della poesia (si tratta di un circolo di persone strettamente legate fra loro che hanno spinto la vita poetica fino allestremo limite del possibile, ivi, 12); n importa sottolineare il carattere energetico (la critica come Kraftstation) di questa visione dei movimenti artistici e intellettuali, portata a ragionare della poesia in termini di elettricit. Qui vorrei mettere in evidenza come lo spostamento geografico (anche soltanto endoeuropeo, dalla Francia alla Germania) consente di vedere quello che altrimenti sarebbe passato inosservato. La pagina benjaminiana contiene un principio di straniamento applicato allorizzonte della critica:

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invece di riconoscersi e di identificarsi in base al luogo dorigine, la critica funziona precisamente sullo sforzo di guardarsi dallesterno, appoggiandosi sul fuori. un principio che nella teoria letteraria recente ha dato luogo a tutta una serie di rimbalzi e importazioni/esportazioni, costituendo un intreccio di scambi che Edward Said ha colto bene nella sua formula della Traveling Theory, la teoria in viaggio. Ci suoni a disdetta di qualsiasi pretesa di basare la propria identit sul respingimento; scrive invece Said: Like people and schools of criticism, ideas and theories travel from person to person, from situation to situation, from one period to another (Said, 1983, 226). cos, ad esempio, che ci troviamo oggi e proprio anche grazie allo stesso Said a rileggere il nostro Gramsci sulla scorta del recupero che ne viene fatto in lingua inglese, laddove i contributi indigeni scarseggiano assai. Ed cos evidenziato quello che potremmo porre come il punto di vista peculiare alla letteratura: non rimanere nel cerchio magico, dentro il quale non possibile essere consapevoli di quanto accade, ma portarsi allesterno, dare voce allestraneo, guardare allescluso. Questo, se mai altro, il suo carattere educativo, proprio nel senso etimologico delle-ducere. Unottica energetica, unottica produttiva della letteratura: mi occupo di questo tema fuori moda, con la necessaria ampiezza e articolazione, in un volumetto appena uscito (Letteratura come produzione). Lo spazio , a sua volta, una questione di produzione, come rilevava il lavoro di Henri Lefebvre, nella sua formula della produzione dello spazio; bisogna spostare la considerazione del medium come contenitore neutro lo spazio in cui ci si muove in un senso o in un altro, sostanzialmente ininfluente a quella del medium appunto come mezzo lo spazio come strumento e perci obiettivo decisivo nella lotta per la riproduzione dei rapporti di produzione (Lefebvre, 1972, 47). Naturalmente, occorre che leconomia politica compia un salto dalla produzione in senso stretto alla produzione in senso lato, andando ad inglobare gli elementi apparentemente autonomi e disgregati della cultura, della letteratura e della vita, e in questo Lefebvre un anticipatore, con Benjamin, RossiLandi e pochi altri. Lo spazio una questione politica, delimitarlo serve al controllo e alla difesa dellegemonia, farsi spazio nelle necessit della controegemonia. Chiusura e apertura si affrontano come pratiche alternative. Che il mondo si sia ristretto fattore liberante, nella comunicazione istantanea della rete globale, ma anche per altri versi angosciante per lo spreco delle risorse nel declino di quella che da un po di tempo ho chiamato catamodernit. Ho evocato fin dal titolo del mio intervento questa contraddizione parlando ironicamente di critica spaziale: abbiamo un orizzonte cosmico mirabolante, eppure lutopia ci resta solo nella consumistica (e consumata) versione fantascientifica. Gli alieni siamo noi. I marziani non esistono e comunque non hanno nessuna intenzione di essere coloro che verranno. Non ci resta che essere marxiani, cio di esercitare al massimo grado il rigore critico-dialettico senza cedere alle sirene del pensiero mitico e alle sue semplificazioni.

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Considerazioni contemporanea Gerhild Fuchs Introduzione

spaziali

sulle

strade

padane

nella

narrativa

italiana

Il seguente saggio deriva da uno studio pi ampio, svolto sulle rappresentazioni della Pianura Padana nella narrativa italiana contemporanea.1 Uno dei risultati forse pi significativi di tale studio che tematizzare la Pianura Padana vuol dire tematizzare uno spazio periferico. Bench questo territorio geografico comprenda le zone industriali pi importanti e le citt pi ricche dItalia, quando ne questione nei testi letterari quasi automaticamente si mira alla provincia padana e quindi alle zone periferiche di tale territorio. Questo dato di fatto trova un riflesso immediato nella tematizzazione delle strade che daltronde hanno un ruolo importante in quasi tutti i testi esaminati: vi si parla delle piccole strade di campagna o lungo largine dei fiumi, e pi spesso ancora delle vecchie strade consolari come la via Emilia, le grandi vie di comunicazione della provincia italiana; raramente vi invece la questione della rete stradale urbana o delle autostrade che collegano tra di loro i grandi centri. Rispetto alla dicotomia di centro e periferia implicata da tali distinzioni, bisogna per puntualizzare fin dallinizio che proprio sul territorio padano tale dicotomia in via di ridefinizione. Come Eugenio Turri ha dimostrato in un perspicacissimo saggio del 2000, gran parte della valle del Po pu essere considerata ormai una delle zone, diffuse anche in altre parti del mondo intensamente industrializzate, di insediamento quasi ininterrotto a cui si applica il termine di megalopoli:
Con questo termine, preso a prestito da Jean Gottmann, si vuole designare lamplificazione urbana che, a partire dalla prima industrializzazione italiana, ha via via rimpolpato i principali assi insediativi padani e ha finito [] con il costruire quel gigantesco organismo, formato da citt ormai saldate insieme da un unico cordone urbano, che si stende in modo continuo da Torino a Milano, fino alle citt veneto-friulane da un lato, da Torino a Bologna e Rimini dallaltro.2

quindi lungo la linea pedemontana delle Alpi e dellAppennino, ossia nella cosiddetta alta pianura, che si situano le zone di urbanizzazione intensa, alle quali si pu aggiungere, come Turri specifica pi avanti nel suo saggio, un terzo cordone urbano che sta man mano formandosi lungo la costa adriatica tra Rimini e Venezia,3 conferendo alla megalopoli padana la forma di un triangolo chiuso. solo allinterno del triangolo, nelle zone di bassa pianura (a causa del terreno pi umido ed esposto al pericolo di alluvioni, come anche a causa dellampio uso agricolo di tale terreno), ma naturalmente anche nel Delta del Po, che lintensit dellurbanizzazione relativamente minore.4 Nel nostro contesto interessante considerare ugualmente i vari gradi di urbanizzazione che Turri differenzia nel corso della sua esposizione: a parte le citt o zone urbane vere e proprie, sono estremamente significative, per la valle padana, da un lato le zone suburbane o zone della citt diffusa, come le chiama Turri, costituite da una sterminata invasione di edifici, di aree urbane, di autostrade, di serre, fumi, luccichii, manufatti vari che ingombrano la pianura come fosse ununica sterminata citt,5 dallaltro lato le zone della cosiddetta campagna urbanizzata, caratterizzate da

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unurbanizzazione in verit molto debole ma che fungono ciononostante come spazio che cerca in qualche modo di ispessire di germogli le radure tra le aree urbanizzate.6 ovvio che a causa di questo continuo processo di urbanizzazione diminuisce sempre di pi il paesaggio dellItalia rurale, lItalia del passato e si impone in maniera irrefrenabile il paesaggio dellurbanesimo dilatato, diffuso, dellindustrializzazione leggera, mobile, invadente, della modernit gi post-industriale, dellurbanesimo globale.7 Tutto questo significa che il concetto di periferia nella valle padana non coincide pi in primo luogo con le aree rurali, contrapposte a quelle urbane identificate con il centro, bens coincide con unarea provinciale dal carattere prevalentemente suburbano e semi-urbanizzato. Nelle pagine seguenti si vuole quindi indagare sulle tematizzazioni delle strade padane proprio in quellarea periferica suburbana e semi-urbanizzata che costituisce lodierna provincia padana, e far vedere che esse si presentano nella maggior parte dei casi come delle metonimie di tale provincia con tutte le sue caratteristiche e problematiche particolari. Il punto di vista adottato nellindagine, seguendo il focus tematico di questo numero de La Libellula, quello dello spazio. Si analizzeranno quindi diverse rappresentazioni letterarie delle strade padane, cangianti a seconda delle forme spaziali, concrete o figurate, in cui appaiono: come spazi memoriali o cronotopi; come spazi intercambiabili, manifestazioni di un nuovo tipo di strada; come nonluoghi surmoderni (Aug) privi di storia e identit; e infine, come metonimie di un universo postcapitalistico dagli effetti mediatici. Quanto ai testi narrativi esaminati, si tratta di una scelta necessariamente limitata rispetto al corpus del suddetto studio pi ampio. Sono da un lato testi incentrati fin da principio sulla descrizione dello spazio esterno, com il caso di Verso la foce (1989) di Gianni Celati, un diario padano composto di racconti dosservazione,8 e dei testi descrittivi di luoghi9 raccolti da Giulio Mozzi e Dario Voltolini in Sotto i cieli dItalia (2004). Un impianto tendenzialmente descrittivo caratterizza anche laltro gruppo di testi, dove passa per in primo piano la rappresentazione di un universo narrativo ovvero di avventure ed eventi vissuti dai personaggi. Questo il caso dei due volumi di novelle padane ancora celatiane, Narratori delle pianure (1985) e Quattro novelle sulle apparenze (1987), di determinati racconti riuniti nellantologia Esplorazioni sulla via Emilia (1986) e del romanzo breve I quindicimila passi (2002) di Vitaliano Trevisan. Le strade padane come spazi memoriali o cronotopi Prima di rivolgere lo sguardo al ruolo attribuito alle strade padane nellambiente della realt odierna, illuminante considerare come esse appaiano in una prospettiva diacronica, in quanto spazi percorsi dai protagonisti in un loro passato individuale. Tale aspetto viene accentuato ripetutamente nei testi antologici di Esplorazioni sulla via Emilia. Conseguentemente alla direttiva dellantologia, la strada che sta al centro delle narrazioni la via Emilia, una delle vie di comunicazione pi antiche e pi importanti della provincia italiana. Essa assume in alcuni dei racconti un carattere decisamente affettivo perch diventa oggetto e catalizzatore di ricordi dinfanzia. Cos lio narrante di Antonio Faeti in Il girotondo di Atlanta, ripensa ad un periodo allinizio degli anni Sessanta quando faceva il maestro in una scuola elementare della provincia bolognese, e gli tornano in mente le immagini di bambini, per lo pi figli di contadini, che popolavano la via Emilia considerandola uno spettacolo di cui ogni ora trascorsa a
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scuola li privava.10 Lio narrante in Diario dinverno di Beppe Sebaste, invece, ha una repentina visione (Ora io ricordo11) di se stesso bambino e dei viaggi a Monza in macchina con i genitori, i quali preferivano la via Emilia allautostrada considerata troppo pericolosa. Lintero racconto sotteso dallidentificazione metaforica del viaggio sulla strada con il corso della vita, e questa immagine si addensa quando lio narrante ricorda che da ragazzino, seduto nella macchina, osservava le case al bordo della strada e si immaginava la vita dietro le finestre, proiettandovi la propria futura vita da adulto: Guardavo le finestre e pensavo alla vita che si viveva l dentro, la vita intensa, dietro quelle soglie, immaginando delle storie che immancabilmente finivano con scene damore, appassionate e oscene.12 Proprio questa funzione memoriale di uno spazio percorso o visitato, memoria che include dentro di s la proiezione di un possibile futuro, viene esaminata anche da Giulia Niccolai, quando nel suo contributo intitolato La via Emilia scrive:
[] intuii che i paesaggi pi veri, pi reali per ognuno di noi sono quelli interiori. Sono il ricordo di certi paesaggi della nostra infanzia. [] il paesaggio, proprio quel paesaggio, in quel determinato momento aveva saputo rispecchiare i nostri desideri pi vaghi e pi profondi e ci aveva colmato di promesse.13

Un altro punto in comune tra Faeti e Niccolai sta nellaffermazione che la via Emilia, spazio percorso tante volte nei giorni dellinfanzia (Faeti parla addirittura di una strada monumento, [] una specie di museo viario di cui si perpetua la leggenda),14 si identifica nel ricordo con la strada delle vacanze, la strada che portava al mare.15 Faeti precisa che quel valore affettivo legato alle vacanze di una volta si abbinava, tuttavia, soltanto al segmento stradale che dal luogo di residenza (nel suo caso, Bologna) portava gi verso il sud-est (era la strada delle vacanze, dei paesi della Romagna, confusionari e amichevoli, una strada che aveva sempre per meta il mare), mentre il segmento che conduceva nella direzione opposta era considerato la strada del lavoro,16 ma anche la strada del benessere e della modernit. Questultimo significato memoriale, associato alla via Emilia, lo evidenzia Antonio Tabucchi nel suo racconto, ugualmente incluso nellantologia, intitolato Vagabondaggio. Durante un viaggio da Bologna a Milano, il giovane protagonista del racconto, Dino (nel quale si riconosce un alter ego fittizio di Dino Campana) fa la riflessione seguente sulla mitica strada da lui percorsa: L, in quella piana, correva la Via Emilia, come un lungo nastro di promesse, per il Nord, verso Milano; e poi era lEuropa, le metropoli moderne piene di elettricit e di officine dove la vita pulsava come la febbre.17 Questidea di una strada simbolo del lavoro e del successo ritorna anche in altri testi dellantologia, comportando in alcuni unanalogia con la particolare atmosfera di movimento scorrevole e di ottimismo attribuita alle highways americane.18 Giulia Niccolai, con riferimento alla regione stessa dellEmilia, parla perfino di Far-West italiano dove si percepisce, secondo lei, una atmosfera da Lambrusco e da saloon, da teatralit e discussioni, da eccessi, poker, ore piccole e canzoni19 e dove la gente vive in un continuo stato on the road, una caratteristica generalmente diffusa, secondo Niccolai, tra gli emiliani.20 Tutte queste raffigurazioni della via Emilia implicano un intreccio stretto di relazioni spaziali e temporali, facendo s che lo spazio diventi parte integrante del tempo e della storia (collettiva o individuale). proprio questa la definizione che Michail Bachtin ha dato al concetto da lui coniato del cronotopo: Nel cronotopo letterario ha luogo la fusione dei connotati spaziali e temporali in un tutto dotato di senso e
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concretezza.21 La via Emilia, infatti, nei testi appena citati si presenta come cronotopo per eccellenza, condensando nel suo aspetto memoriale la dimensione di luogo concreto, fatto in un determinato modo, con quella pi vaga legata ai ricordi dei viaggi e delle gite dinfanzia. Le strade padane come rappresentazioni della New Road Addirittura negli stessi racconti appena citati, dove vivo il ricordo di quella strada cos intimamente legata ai ricordi dinfanzia, viene segnalato peraltro che non solo sta via via disparendo quellimmagine familiare e consueta della strada di una volta, ma che si sta generalmente dissolvendo la dimensione concreta di luogo fatto in un determinato modo a cui si appena accennato. Antonio Faeti, per esempio, nel racconto antologico citato descrive limpressione che si riceve attualmente della via Emilia nei termini seguenti:
Per molti e molti chilometri la via Emilia non era pi visibile: la immaginavo dallalto e la vedevo priva del tutto di quella riconoscibilit che le ho sempre attribuito. Non era la vecchia strada autorevole e serena, grigia tra i campi, un taglio netto e coerente nella pianura coltivata, un pezzo di manufatto staccato dalla natura. Era solo il frammento di un intricato sistema di strade, un elemento, uguale a tanti altri, di un incrocio confuso, in cui tutto il traffico sembra procedere come avvitato su se stesso [].22

In una direzione molto simile vanno anche le osservazioni fatte dallio narrante di Diario dinverno, contributo antologico di Beppe Sebaste. Viaggiando in macchina su certe strade secondarie emiliane egli vi perde lorientamento al punto da dover chiedere aiuto ad un passante prima di riuscire ad infilarsi di nuovo nella via Emilia. Il motivo per cui non pi riuscito ad imboccarla da solo, sta nel fatto che mentre lui cercava di individuarne le caratteristiche consuete (appunto la striscia grigia nel paesaggio), essa si presentava ai suoi occhi come una catena interminabile di macchine, come linea orizzontale [di] fari che scivolano ininterrotti.23 In tutte due i casi, la strada diventa mera metonimia delle macchine che circolano su di essa, cio del traffico, e perde la sua identit propria, facendosi intercambiabile con qualsiasi altra strada lunga e larga. Sono descrizioni che coincidono in ampia misura con le distinzioni tra strada vecchia e nuova proposte, sin dal 1976, da Edward Relph nel suo saggio su Place and Placelessness:24 mentre la strada di vecchio tipo si presentava come una estensione dello spazio (a definite place, a strip of land that went between other places), stando in un rapporto stretto con il paesaggio ai suoi due lati ed esercitando il compito concreto di favorire i contatti sociali, quella di nuovo tipo, the New Road, appare come pura estensione delle automobili e non intrattiene pi rapporti con il paesaggio, non collega nemmeno pi un luogo con laltro. The New Road starts everywhere and leads nowhere.25 Queste definizioni della New Road trovano unulteriore rispondenza, sorprendentemente esatta, nel romanzo I quindicimila passi di Vitaliano Trevisan. Il protagonista e narratore in prima persona, di nome Thomas, fa il resoconto del suo passato (alquanto traumatico e segnato da disturbi schizofrenici) camminando sulle strade che collegano Cavazzale con Vicenza e contando i suoi passi. Ad un certo punto del suo camminare gli salta allocchio il fatto che Dovunque ci troviamo, [...] siamo circondati da un reticolo di strade asfaltate che portano in ogni dove, e che Dal punto

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in cui mi trovo, se solo lo volessi con la necessaria determinazione, potrei, se lo volessi, decidere, in qualsiasi momento, di partire per un posto qualsiasi, per Parigi, per Berlino, per Amsterdam o Rotterdam o Brema [].26 Questa scoperta, inizialmente affascinante, dellubiquit della rete stradale, assume un carattere angoscioso quando Thomas si rende conto che la presunta libert del poter andare dappertutto si identifica, in fin dei conti, con la pi assoluta arbitrariet: sempre la stessa strada, pensai a un tratto, ed era un pensiero spaventoso [] la stessa strada che porta in tutti i posti, che in fondo, a guardar bene, sempre lo stesso posto [].27 Con questo pensiero, lo spazio vastissimo evocato dallidea di una rete stradale interminabile di colpo si restringe fino a diventare claustrofobico. Come nelle spiegazioni di Relph, la nuova strada ubiquitaria, portando dappertutto non porta da nessuna parte. Bisogna per aggiungere che il pendant della nuova strada non , nel romanzo di Trevisan, quella vecchia, bens uno stato naturale caratterizzato dallassenza di strade: il protagonista evoca ripetutamente un bosco di roveri che si trovava non pi di dieci o quindici anni fa al posto dove ormai corre la strada, e che immagina ogni tanto di attraversare. Anche a questo pensiero subentra per immancabilmente la delusione quando Thomas, svegliandosi dai suoi sogni ad occhi aperti, si ritrova in zone circondat[e] da capannoni artigianali e industriali affacciati su via del lavoro, via del progresso, via dellartigianato, via dellindustria e quantaltro,28 o in una campagna nebbiosa che non altro che il confuso ricordo di una vera campagna, distrutta dalle zone artigianali e residenziali.29 Le strade padane come nonluoghi I luoghi che Thomas percorre nelle citazioni appena fatte de I quindicimila passi, non creano nessuna intimit e non invitano alle soste, ma spingono al movimento inarrestabile, sono luoghi di transito privi di qualsiasi carattere accogliente. Ricorrendo alla terminologia ormai generalmente nota di Marc Aug, si tratta a tutti gli effetti di nonluoghi. Come letnologo francese dimostra nella sua Introduzione a unantropologia della surmodernit, gli individui possono sentirsi accolti da un luogo e sviluppare il desiderio di fermarvisi, se tale luogo possiede gli attributi dellidentit (cio di obbedire alla legge del proprio), della storicit (cio dellessere cresciuto nel tempo e nella storia) e della relazionalit (cio dellessere collegato con altri luoghi vicini o anche lontani).30 Secondo Aug i luoghi di questo tipo, che chiama antropologici, diventano per sempre pi rari nellepoca contemporanea definita da lui come surmodernit, le cui caratteristiche pi fondamentali sono la sovrabbondanza (sia spaziale che temporale) nonch, rispetto agli individui che ci vivono, la solitudine e la somiglianza. A diventare sintomatici di quel mondo promesso alla individualit solitaria, al passaggio, al provvisorio e alleffimero31 sono appunto i nonluoghi, definiti dallanonimit, dallastoricit e dalla transitoriet. Nelle opere narrative che tematizzano la Pianura Padana di oggi, ci si imbatte difatti in tantissime descrizioni spaziali che possono essere interpretate nel senso dei nonluoghi di Aug. Non sorprender che le strade padane, avendo svolto un ruolo importantissimo nellampio processo di urbanizzazione, industrializzazione e modernizzazione che ha avuto luogo in questa regione negli ultimi decenni, sono rilevanti molto spesso anche in tali descrizioni, o perch appaiono esse stesse come nonluoghi, o perch vi portano e confinano. In un modo insistente, anche se indiretto, tale carattere delle strade emerge, per esempio, da uno dei testi descrittivi del volume Sotto i cieli
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dItalia di Giulio Mozzi e Dario Voltolini. Si tratta del racconto Verso lalto in cui un fotografo e un personaggio-scrittore (presente, questultimo, in tutti i racconti del volume) percorrono le strade friulane tra Ronchi dei Legionari e Monfalcone fotografando serialmente frammenti di strade con lampioni e con molto cielo sopra. Alla fine, la vista delle polaroid tanto simili luna allaltra gli fa capire di aver attraversato un vero e proprio nonluogo intercambiabile con tante altre zone suburbane del mondo globalizzato, scoperta che si esprime in maniera indiretta e ironica nella proposta seguente: Se provassimo a spacciare queste Polaroid come scatti eseguiti alla periferia di Detroit?32 Anche nelle novelle di Gianni Celati, le strade sono spesso legate alla tematizzazione di luoghi anonimi e astorici votati esclusivamente al transito. Uno degli esempi pi impressionanti Tempo che passa in Narratori delle pianure: il racconto di una donna che sceglie le strade in certo qual modo come dimora perch non trova pi nessun luogo che le ispiri la voglia di fermarsi. Dovendo percorrere ogni giorno, per il suo lavoro, le strade tra San Daniele Po e Cremona, la donna attraversa delle zone artigianali con grandi centri commerciali, poi tutta una serie di paesi consistenti per lo pi di villette residenziali a forma di modellini che le sembrano immerse in uno strano silenzio residenziale, in unatmosfera di angosciosa stagnazione.33 Siccome questa stagnazione si impadronita anche di casa sua, dove i suoi genitori guardano la televisione, in una specie di rigor mortis da attesa che passi il tempo,34 spesso non se la sente di fermarsi nel suo paese e continua il suo viaggio senza meta percorrendo le strade della Bassa padana. Anche in altre sue novelle Celati fa vedere questa mania di stare sempre in movimento, individuandola come stato danimo necessariamente diffuso in luoghi che non sanno pi trasmettere accoglienza e quiete. Condizioni di luce sulla via Emilia quasi interamente impostato su questo motivo, il quale per vi si abbina, come verr dimostrato nel capitolo successivo, ad un aspetto nuovo e diverso, quello del carattere mediatico e consumistico dei nonluoghi. Ne Il ritorno del viaggiatore, lio narrante intende ritrovare il paese natale della propria madre e si imbatte continuamente in un paesaggio trasformato da una modernizzazione spietata, attraversato da superstrade a pi corsie. Quando ad un certo punto egli tenta di attraversare una di quelle strade larghe e rumorose, viene confrontato con lirrequietezza che si impadronisce di chi vive in tali paesaggi:
Appena ho tentato di attraversare la strada tutti gli automobilisti suonavano i loro claxon con grande foga. Ho avuto la certezza che quegli automobilisti non andassero da nessuna parte, soltanto circolassero allinfinito con i pi miserabili pretesti, nel terrore dessere immobili. Li ho osservati a un semaforo impazienti sotto la pioggia, claxonavano spasimando per non essere immobili.35

Un altro fenomeno caratteristico dei nonluoghi che utile rilevare perch si rappresenta pienamente nelle strade padane, quello che Marc Aug chiama la invasione dello spazio da parte del testo,36 cio la presenza invadente di messaggi scritti che informano e dirigono lutente del luogo. Aug evidenzia questa caratteristica di molti luoghi della nostra vita moderna sia per gli spazi chiusi (aeroporti, supermercati, centri commerciali, ecc.) che esterni (strade e autostrade) e sottolinea come le interpellanze provenienti dalle nostre vie di comunicazione, dai nostri centri commerciali o dalle avanguardie del sistema bancario poste allangolo delle nostre strade mir[i]no simultaneamente, indifferentemente, a ciascuno di noi [...] fabbrican[do]
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luomo medio.37 Gianni Celati fa notare questo fenomeno a varie riprese nei suoi testi, indicando come esso sfoci in un sovraccarico sensoriale nonch psichico di chi attraversa ad occhi aperti lo spazio esterno. Cos il protagonista sveglio e curioso in un racconto di Narratori delle pianure, volendo capire conformemente al titolo della novella Come fa il mondo ad andare avanti, arriva allipotesi che siano le cose scritte a mandarlo avanti, ma deve abbandonare in fin dei conti la sua ricerca perch ci sono sempre pi parole sui muri, sempre pi insegne, sempre pi scritte pubblicitarie dovunque il tipografo giri gli occhi.38 Anche lio narrante del diario Verso la foce fa unesperienza simile: la foresta dei cartelli pubblicitari con un numero sconfinato di parole che mi d la depressione gli rende pesante il percorso sulle vie padane e accentua in lui limpressione paradossale di attraversare uno spazio vuoto.39 Tale vuoto, uno dei motivi ricorrenti del libro, determina anche una delle visioni tetre con cui esso termina, cio che
Tutti i luoghi faranno la stessa fine, diventeranno solo astrazioni segnaletiche o progetti tecnici di esperti. Da queste parti creeranno un grande parco turistico, e i turisti verranno in pullman a vedere non so cosa, relitti di vecchie tristezze, cartelli propagandistici, luoghi che non sono pi luoghi.40

Le strade padane come metonimie di un mondo postcapitalistico mediatizzato Nellimmaginario celatiano, il vuoto percepito sulle strade padane corrisponde in verit ad una specie di chiusura dello spazio esterno, cagionata tra le altre cose dai vari ostacoli alla vista (gli edifici, i cartelli e segnali, ecc.) che impediscono allo sguardo di vagare fino allorizzonte e di scorgere la vastit dello spazio intorno. Come lo dimostrano vari passaggi di Verso la foce,41 tale orizzonte e tale vastit simboleggiano da un lato il libero movimento dello spirito nonch la produttivit artistica, dallaltro il richiamo di un altrove e la mortalit delluomo. Tenerci lontano da questo confronto e attirare il nostro sguardo esclusivamente su quanto ravvicinato, ecco ci che costituisce (come Celati spiega in unintervista) una delle aspirazioni principali delluniverso consumistico e mediatico:
Quando perdi questo senso della distanza, le immagini assumono il senso di cose da catturare, e vengono usate per annientare lo spazio attorno alle cose e alle persone. E questo luso attuale delle immagini, nellattualit come nel cinema.42

La seconda delle Quattro novelle sulle apparenze, Condizioni di luce sulla via Emilia, tutta incentrata su tale manipolazione percettiva come conseguenza di una progressiva mediatizzazione43 dello spazio vitale padano. Come indica il titolo, loggetto di tali dimostrazioni ancora la via Emilia, la quale si presenta sin dalle prime pagine del racconto come nonluogo esemplare, con il suo traffico di automezzi in file continue e con, ai suoi lati, due quinte formate da cartelloni pubblicitari, lunghi capannoni industriali, stazioni di servizio, empori di mobili e lampadari, depositi dauto in esposizione, depositi di carcasse dauto, ristoranti, palazzine a colori vivaci, oppure quartieri dalti palazzi sorti in mezzo alle campagne.44 Il protagonista della novella, Menini, che fa il dipintore dinsegne,45 ma anche il pittore di quadri paesaggistici, vive in un determinato tratto (non specificato) della via Emilia di cui osserva attentamente lapparenza giornaliera, anzitutto le varie sfumature della luce. Riferendo

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tali osservazioni a due amici (tra cui un personaggio-scrittore che funge come narratore in prima persona della novella), egli formula delle ipotesi assai particolari che si possono riassumere come segue: poich i raggi del sole, prima di giungere sulla strada, devono attraversare un denso strato daria riempito di pulviscoli, vapori, gas di scarico ed altre esalazioni varie, tutta la strada finisce per essere avviluppata da una bruma piena di riflessi, percors[a] da onde e risucchi del traffico che rend[e] ogni cosa instabile, vacillante.46 Questa luce scoppiata in disfazione,47 come la chiama Menini, incide nettamente sulle persone che vi si trovano immerse, impedendo loro, da un lato, di avere dei pensieri individuali (Dentro questa nube [...] Nessuno pu respirare diversamente dagli altri e avere altri pensieri.48), e stimolandoli, dallaltro, ad essere continuamente affaccendati o addirittura a fare degli acquisti, dato che tutte le cose avvolte da quella luce [] fa[nno] pensare a traffici e vendite come i neon della pubblicit.49 A questa atmosfera irrequieta e nervosa che contamina tutte le facolt percettive, Menini oppone un fortissimo desiderio di cose che stanno ferme,50 per cui si mette a dipingere paesaggi tranquilli, dove la nitidezza pace.51 Si rende comunque conto che la maggior parte degli altri non sopporta limmobilit dei suoi quadri, perch appena gli oggetti, tolti dalla bruma vacillante, si presentano con ombre un po ferme, tali oggetti sembrano disgraziati alle persone.52 Cos, mentre la luce vacillante rimanda alla mentalit consumistica e indaffarata del mondo postcapitalistico, limmobilit ombrosa diventa metafora per un atteggiamento opposto: per il ritiro in una quiete concentrata e meditabonda, ma ugualmente anche questo lo indicano immancabilmente le ombre per il confronto con gli aspetti dolorosi della vita e con la morte. Anche in uno dei testi gi menzionati di Esplorazioni sulla via Emilia, quello di Giulia Niccolai, si trovano delle descrizioni ispirate ad un immaginario per molti riguardi analogo. Niccolai ritiene la via Emilia in gran parte caratterizzata dal binomio nefasto di quel consumismo/velocit dellItalia industriale che in quarantanni dalla fine della guerra a oggi lha livellata e snaturata,53 sottolineando altres limpatto mediatico che ne emana. Mentre la velocit, attributo concreto delle macchine sfreccianti, produce un effetto televisivo basato su una specie di ipnosi,54 il consumismo trova le sue esemplificazioni concrete nei grandi magazzini lungo la via Emilia che la Niccolai definisce degli hangar-cimitero e delle pietre miliari dellalienazione.55 Ad attirare immancabilmente, e suo malgrado, gli sguardi della narratrice, soprattutto un grandissimo emporio di lampade, tutto acceso fino a notte fonda, che aveva il potere di ipnotizzar[la], di calamitar[la] e nel contempo di ferir[la], lasciando[la] delusa, pi povera e con indosso una specie di paranoico senso di estraniazione.56 Anche in questo caso, il tratto descritto della via Emilia diventa cos una metonimia per lo stordimento consumistico e mediatico degli individui sopraffatti dai meccanismi di uneconomia neoliberale e globalizzata. Conclusioni Abbiamo voluto mostrare come le tematizzazioni letterarie delle strade padane, e soprattutto delle vecchie strade consolari quali la via Emilia, condensino dentro di s le propriet fenomenologiche attribuite a quellarea periferica suburbana e semi-urbanizzata che costituisce in gran parte lodierna provincia padana. Da un lato portatrici, in quanto cronotopi, di memorie collettive dinfanzia evocanti un universo padano ancora fantasmaticamente intatto, le strade nel loro concreto aspetto attuale si presentano
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come luoghi anonimi e intercambiabili caratteristici di un mondo globalizzato, come nonluoghi invasi da messaggi scritti che livellano e insieme sopraffanno i loro utenti, nonch come scenari mediatizzati di una vita sottomessa al culto del movimento inarrestabile e del consumo illimitato. Con tutto ci, esse rimandano a quello che Jean Baudrillard fin dal 1970 ha chiamato la grande era del consumo, ossia dellalienazione radicale, in cui la logica della merce, insieme a quella dei mass media, si estende anche a tutti gli altri campi della vita, in modo da far apparire ogni vissuto individuale sotto linsegna del profitto e da conformarlo ad uno spettacolo mediatico.57

G. Fuchs, Scrivere la pianura Raumkonzeptionen in der zeitgenssischen italienischen Erzhlliteratur am Beispiel der (Po)Ebene, tesi di abilitazione consegnata alluniversit di Innsbruck nel gennaio 2010 (da pubblicare nel 2011). 2 E. Turri, La megalopoli padana, 2004, pp. 20-21. 3 Ivi, p. 46. 4 Ivi, p. 29-30. 5 Ivi, p. 21. 6 Ivi, p. 46-47. 7 Ivi, p. 17. 8 G. Celati, Verso la foce, 1993, p. 9. 9 G. Mozzi, D. Voltolini, Sotto i cieli dItalia, 2004, p. 5. 10 A. Faeti, Il girotondo di Atlanta, 1986, p. 81. 11 B. Sebaste, Diario dinverno, 1986, p. 163. 12 Ivi, p. 164. 13 G. Niccolai, La via Emilia, 1986, p. 142. Corsivazione come nel testo originale. 14 A. Faeti, Il girotondo di Atlanta, 1986, p. 84. 15 Ibidem e G. Niccolai, La via Emilia, 1986, p. 135. 16 A. Faeti, Il girotondo di Atlanta, 1986, p. 84. 17 A. Tabucchi, Vagabondaggio, 1986, p. 177. 18 Si veda p.es. G. Messori, Io non sogno mai, 1986, p. 120. 19 G. Niccolai, La via Emilia, 1986, pp. 132, 134. Leggendo questa citazione, si pensa immancabilmente al famoso album di Francesco Guccini Tra la via Emilia e il West (1984) che evoca lo stesso paragone. 20 Ivi, p. 137. 21 M. Bachtin, Estetica e romanzo, 1997, pp. 231-232. 22 A. Faeti, Il girotondo di Atlanta, 1986, p. 83. 23 B. Sebaste, Diario dinverno, 1986, p. 161. 24 E. Relph, Place and Placelessness, 1976, p. 90. Relph si basa, a sua volta, su dei chiarimenti esposti in un articolo di Todd Snow (The New Road in the United States, in Landscape 17, 1, 1967, pp. 13-16). 25 Tutte le citazioni: ibidem. 26 V. Trevisan, I quindicimila passi, 2002, p. 28. 27 Ivi, p. 29. 28 Ibidem. 29 Ivi, p. 25. 30 M. Aug, Nonluoghi. Introduzione a un'antropologia della surmodernit, 1993, pp. 51-52. 31 Ivi, p. 74. 32 G. Mozzi, D. Voltolini, Sotto i cieli dItalia, 2004, p. 92. 33 G. Celati, Narratori delle pianure, 1991, p. 47. 34 Ivi, p. 48. 35 Ivi, p. 109.

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M. Aug, Nonluoghi. Introduzione a un'antropologia della surmodernit, 1993, p. 91. Per la definizione di tale fenomeno si veda ivi, p. 88: Ma i nonluoghi reali della surmodernit, quelli che frequentiamo quando viaggiamo sullautostrada, quando facciamo la spesa al supermercato o quando aspettiamo in un aeroporto il prossimo volo per Londra o Marsiglia, hanno questo di particolare: essi si definiscono anche attraverso le parole o i testi che ci propongono; insomma attraverso le loro modalit duso, che si esprimono a seconda dei casi in modo prescrittivo (mettersi in fila sulla destra), proibitivo (vietato fumare), o informativo (state entrando nel Beaujolais) e che a volte ricorrono a ideogrammi pi o meno espliciti e codificati [...] e a volte alla lingua naturale. 37 Ivi, p. 92. 38 G. Celati, Narratori delle pianure, 1991, p. 53. 39 G. Celati, Verso la foce, 1993, p. 37. 40 Ivi, p. 132. 41 P.es. ivi, pp. 54-55, 78, 92-93. 42 M. Teatini, Il sentimento dello spazio. Conversazione con Gianni Celati, 1991, p. 27. 43 Con questo termine, usato qui come traduzione letterale del termine tedesco Mediatisierung, si indica la crescente complessit dei dispositivi mediatici che determinano non solo le nostre possibilit percettive, ma la stessa costituzione delle nostre identit individuali. Si veda F. Krotz, Mediatisierung: Fallstudien zum Wandel von Kommunikation, 2007, pp. 13-17. 44 G. Celati, Quattro novelle sulle apparenze, 1995, p. 40. 45 Ivi, p. 39. 46 Ivi, p. 41-42. 47 Ivi, p. 41. 48 Ivi, p. 44. 49 Ivi, p. 49-50. 50 Ivi, p. 47. 51 Ivi, p. 54. 52 Ivi, p. 50. 53 G. Niccolai, La via Emilia, 1986, p. 125. 54 Ivi, p. 133. Evidentemente queste descrizioni fanno pensare alle teorie di Paul Virilio sugli effetti della velocit, si veda per esempio Negative Horizon: An Essay in Dromoscopy, 2005. 55 G. Niccolai, La via Emilia, 1986, pp. 125, 126. 56 Ivi, p. 126. 57 Jean Baudrillard: La socit de consommation ses mythes, ses structures, 1970, p. 308.

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Bibliografia - Testi narrativi Bronzoni, E. (a cura di), Esplorazioni sulla via Emilia: Scritture nel paesaggio. Descrizioni: Resoconti di viaggi lungo la via Emilia (dal XVI secolo a oggi), Milano, Feltrinelli, 1986: -Faeti, Antonio, Il girotondo di Atlanta, pp. 79-95. -Messori, Giorgio, Io non sogno mai, pp.105-121. -Niccolai, Giulia, La via Emilia, pp. 123-145. -Sebaste, Beppe, Diario dinverno, pp. 147-166. -Tabucchi, Antonio, Vagabondaggio, pp. 167-178. Celati, Gianni, Narratori delle pianure, Milano, Feltrinelli, 1991 (1985). Id., Quattro novelle sulle apparenze, Milano, Feltrinelli, 1995 (1987). Id., Verso la foce, Milano, Feltrinelli, 1993 (1989). Mozzi, Giulio, Voltolini, Dario, Sotto i cieli dItalia, Milano, Sironi, 2004. Trevisan, Vitaliano, I quindicimila passi. Un resoconto, Torino, Einaudi, 2002.

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- Testi critici Aug, Marc, Nonluoghi. Introduzione a un'antropologia della surmodernit, Milano, Eluthera, 1993. Bachtin, Michail, Estetica e romanzo, Torino, Einaudi, 1997. Baudrillard, Jean, La socit de consommation: ses mythes, ses structures, s.l., Denol, 1970. Krotz, Friedrich, Mediatisierung: Fallstudien zum Wandel von Kommunikation, Wiesbaden, Verlag fr Sozialwissenschaften, 2007. Relph, Edward, Place and placelessness, London, Pion Limited, 1976. Teatini, Manuela, Il sentimento dello spazio. Conversazione con Gianni Celati, in Cinema & Cinema, 18, 1991, pp. 25-28. Turri, Eugenio, La megalopoli padana, Venezia, Marsilio, 2004 (2000). Virilio, Paul, Negative Horizon: An Essay in Dromoscopy, London, Continuum, 2005.

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Lutopia dellaltrove in Altri libertini di Pier Vittorio Tondelli Beatrice Barachetti La presente analisi della rappresentazione dello spazio geografico in Altri libertini di Pier Vittorio Tondelli prende avvio dalla convinzione che i cronotopi letterari realizzino molteplici potenziali di significazione nella cornice socioculturale di taglio postmoderno in cui si muovono lautore e i suoi personaggi. Lintento quello di esaminare a quali tipi di elaborazione letteraria sono sottoposti lambientazione spaziale dei racconti, e in particolare i viaggi dei vari personaggi, e quindi di verificare come sintreccino rappresentazione spaziale e condizione esistenziale dei protagonisti. Lidea di partenza infatti che lincapacit di trovare pienezza in se stessi spinga i protagonisti a cercarla al di fuori degli ambienti familiari, e in particolare nellelaborazione utopica di un altrove in cui sono riposte vane speranze di salvezza. In un contesto giovanile in cui i grandi sistemi ideologici sembrano aver perso la loro legittimit e tendono ad essere sostituiti da codici di comportamento e riconoscimento guidati da una creativit libera, vissuta in chiave anticonvenzionale e antiborghese, i protagonisti sono privi di bussole per orientarsi nella ricerca di se stessi, che provano pertanto a realizzare in una mobilit frenetica, confusa e a volte nettamente psichedelica. Il bisogno di una vita autentica e assoluta non trova soddisfazione nellangustia di paesi ed ambienti borghesi che offrono solo una vita giudicata mediocre, e per i quali i protagonisti maturano una nausea irrefrenabile che pensano di poter superare scorrazzando euforicamente attraverso la globalit della provincia emiliana, italiana e infine europea, allinseguimento di happenings, feste, stimoli e varie forme di aggregazione culturale. Questo altrove per non sembra in grado di mantenere le intense ma vaghe promesse di felicit, e una volta raggiunto e percorso si dissolve come luogo ideale, gettando i libertini in nuove frustrazioni, insanabili finch essi non imparino a cercare pace nel luogo della loro interiorit. Alla base dellatteggiamento anticonvenzionale dei personaggi risiede la grande esperienza giovanile del 77 bolognese, di cui i libertini sembrano incarnare la frangia pi creativa e meno impegnata, innalzandosi ad emblemi di una transizione socioculturale che porta da una stagione di appartenenze politiche dichiarate e militanti ad identit e stili di vita fluidi. Nellopera di Tondelli, il progressivo abbandono delle grandi formazioni ideologiche che caratterizza il passaggio dagli anni Settanta agli Ottanta non vissuto soltanto come una liberazione positiva, ma anche come lingresso in unepoca caratterizzata da incertezze, superficialit e provvisoriet, una condizione che Zygmunt Bauman ha chiamato postmodernit liquida, e alla quale i protagonisti rispondono con una confusione esistenziale vissuta ora in chiave euforica, ora in chiave drammatica, e che solo uno scavo interiore pu risolvere. Spazialit irrequieta e narrativit disorganica. La distinzione, allinterno della maggiore produzione tondelliana, tra lopera degli esordi, Altri libertini (1980), quella della ribalta commerciale, Rimini (1985), e quella della maturit, Camere separate (1989), trova pregnanza non solo nel cambiamento della sensibilit dellartista, ma anche in quello della rappresentazione dello spazio, a cui fa da significativo contraltare la scelta di differenti generi letterari, di altre strutture

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narrative e diverse elaborazioni letterarie della cultura postmoderna da parte dellautore, una stagione culturale vista come sostanzialmente apolitica, e caratterizzata dal liberarsi delle energie creative di una giovent che affronta la frammentazione schizofrenica, ladattamento della psiche umana alla nuova esperienza della molteplicit, della serialit, della proiezione di sempre nuovi punti di vista.1 In particolare il febbrile viaggio orizzontale e superficiale di Altri libertini trova forma nel genere frantumato dellantologia di racconti narrati di volta in volta da voci diverse, nei quali il costante scenario della provincia emiliana contribuisce ad attenuare o intensificare il concetto che pi appropriatamente si adatta a questopera, quello di frammentazione, che si esplica a livello della struttura, della lingua e delle vite dei personaggi:
In anni non lontani avrei pensato alla via Emilia come a una grande citt della notte estesa trasversalmente sulla pianura del Po e percorsa, senza interruzione, dai TIR e dalle automobili, con le grandi discoteche [] innalzate nella campagna come cattedrali del divertimento, templi postmoderni di una giovent ricca, attiva, disinibita Avrei visto allora il grande rullo dasfalto come una linea di separazione fra la dolcezza della collina emiliana, che di notte si illumina di fari, bagliori colorati e punti fluorescenti, e lestesa pianura che affonda verso la foce del Po, con le sue strade che derivano dalla via principale come tanti canali dal letto di un fiume e che portano, anche nelle terre pi lontane, quello stesso messaggio di irrequietezza.2

Lambientazione spaziale della Via Emilia, una sorta di background culturale dellautore e dei personaggi, concepita come una grande metropoli che si estende dalle capitali di Modena, Bologna e Rimini, fino ai paesi intorno, come Correggio, Reggio Emilia e Carpi. Essa immaginata come un territorio unitario che da un lato scorre fino alla costa e ai suoi divertimentifici, e dallaltro termina con una porta aperta verso le capitali nordeuropee della creativit giovanile tardo anni Settanta, Londra, Amsterdam e Berlino in primis. Lomogeneit e lonnipervasivit di questo tipo di contesto geografico bilanciano la decostruzione dellarchitettura narrativa rafforzandone la cornice macrostrutturale e generando una coerenza che contemporaneamente rispecchia la condizione sociologica postmoderna dellautore:
Uno degli spazi tipici della modernit era stata la citt []. A essa erano contrapposti, in una netta separazione di valori, la campagna e il villaggio, mentre a conservare banalit e protezione (ma anche a nutrire claustrofobie) era la citt di provincia, la piccola citt. Ora queste distinzioni, di colpo, svaniscono.3

Tuttavia, lostile e ambiguo rapporto dei libertini con i luoghi della loro vita quotidiana vanifica lidea di una facile abitazione nella provincia emiliana, tanto da accentuare dallaltro lato la frantumazione dellimpianto narrativo attraverso fughe repentine. La relazione controversa e viscerale con lo spazio circostante trae origine dalla storia personale di Tondelli, di cui Viller Masoni ricorda lanelito di fuga dal borgo di provincia verso i luoghi della cultura e del nuovo.4 Lautore tuttavia, nonostante la sua giovanile insubordinazione al borgo natale, ha sempre vissuto la provincia, e in particolare quella emiliana, come un luogo di grande vitalit, in cui si vive fuori, si gira molto, le citt sono una vicina allaltra, forte della maggior parte dei fermenti giovanili degli anni Ottanta, che non venuto dai milanesi, ma da situazioni provinciali.5

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La provincia di Altri libertini, perci, incarna con la sua liminarit tutto il contraddittorio senso di appartenenza ed esclusione dei personaggi, che cavalcandone gli stimoli o fuggendola, la vivono ora con euforia, ora con disgusto, ma sempre nellimpossibilit di lasciarla definitivamente. Spazio claustrofobico fra coscienza dellesclusione e ricerca di pienezza. La sequenza dei racconti mette in scena ragazzi afflitti da varie forme desclusione sociale e contraddistinti da uno stile di vita off limits, che va dallautodistruzione di Postoristoro e dalla malinconica superficialit di Mimi e istrioni, agli estremi impulsi libertari di Autobahn. Questa doppia condizione prevede che unintrinseca (e anche sessuale) diversit si esprima attraverso un comportamento trasgressivo e creativo, che i libertini liberano in spazialit aperte o chiuse. Secondo la nostra interpretazione Altri libertini costruisce una corrispondenza tra lautocoscienza dei personaggi e la loro relazione con lambientazione, dove una pi robusta consapevolezza del proprio vissuto e una pi intensa ricerca di profondit producono un pi conflittuale rapporto con lo spazio circostante. In Postoristoro, per esempio, i personaggi raggiungono un livello minimo di consapevolezza della loro condizione e attraversano i loro eccessi non come fonte di pienezza ma come una passiva accettazione della loro dannazione. Essi accettano il loro isolamento e la loro vita disordinata senza elaborarli: questo si riflette in una non problematizzazione dei luoghi frequentati, e nel loro caso in unincapacit di spostarsi. I personaggi attivano un processo di connaturalizzazione al Posto Ristoro e alla stazione annessa, un non-luogo vissuto come una trappola invece che come una possibilit di fuga, che assume le caratteristiche di un cronotopo chiuso, determinante ci che Naficy chiama imprisonment and panic.6 Solo lestremo degrado della prostituzione per curare una crisi di astinenza si profila come momento epifanico agli occhi del protagonista, che quindi, sfiorando il pentimento per la sua vita disastrata, sviluppa una parziale consapevolezza. Solo alla fine dunque Giusy inizia a dubitare della sua frequentazione del Posto Ristoro, proponendosi di abbandonarlo per sempre e perci di opporre lalternativa della fuga a una stasi logorante: La prossima notte torner al Posto Ristoro come sempre oppure se ne andr via dalla citt e da tutti.7 Anche il protagonista di Senso contrario ignora la problematizzazione della sua marginalit e cavalca la propria vita come un eterno carpe diem privo di contraddizioni, ma che sfocia in questo caso non in un imprigionamento ma in un forsennato movimento attraverso il cronotopo aperto della Via Emilia. Anche lui almeno alla fine della sua folle corsa realizza di aver raggiunto limiti di frenesia oltre i quali forse c solo la morte, e preconizza pertanto la fine dei suoi eccessi, incamminandosi addirittura verso casa: ho la lingua gonfia un sapore disgustoso in bocca mi bruciano gli occhi mi sento meno che uno straccio [] sento come mi fosse improvvisamente cresciuto dentro un vuoto enorme.8 In altre storie invece, sin dallinizio i personaggi rivelano una pi consistente sensibilit almeno per la propria marginalizzazione, che si traduce quindi in una problematizzazione dello spazio. In Mimi e istrioni, le protagoniste sperimentano forme di intolleranza spaziale verso la loro cittadina, Reggio Emilia, e i suoi integrati (e perci mediocri) abitanti. Di conseguenza, esse intraprendono le prime scorrerie attraverso la

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provincia emiliana, dove liberano confusamente il loro desiderio di partecipazione senza preparazione ideologica e contenutistica:
I Maligni noi ci chiamano le Splash, perch a sentir loro saremmo quattro assatanate pidocchiose che non han voglia di far nulla, menchemeno di lavorare e solo gli tira la passera, insomma non faremmo altro che sbatterci e pergiunta anche fra noi quando il mercato del cazzo non tira; [] Veh, le Splash, i rifit de Rz. veramente inutile. Perch a noi non ci frega un bel niente della nostra reputazione, soprattutto in questo merdaio che Rz, cio Reggio Emilia, puttanaio in cui per malasorte noi si abita e che si vorrebbe veder distrutto e incendiato usando come torce i capelli di quelli l, proprio loro, appunto, i Maligni.9

Le Splash reagiscono coscientemente alla loro esclusione con una malinconica ribellione fatta di disordine e di progettualit anarchica e antiborghese, di cui tuttavia alla fine, davanti alloverdose della loro amica Nanni, mostrano segni di pentimento, in cui probabilmente si nasconde il desiderio di porre termine ai loro spostamenti deliranti:
Io mi accorgo che si giocato troppo forte per i nostri nervi []. Abbiamo pagato troppo caro il prezzo per la ricerca di una nostra autenticit [] Diciamo forza forza che ce la fa, ma c quasi nausea per quegli anni sbandati e quel passato che vorremmo anche noi rigettare insieme alla Nanni.10

In altri racconti le attivit e gli spostamenti mozzafiato non sono solo espressione di un entusiasmo creativo o della coscienza dellesclusione, ma anche di unansiosa ricerca di pienezza. Tutti i confini, non solo quelli del proprio paese, diventano claustrofobici e devono perci essere superati. Pi profonda linsoddisfazione verso se stessi o il desiderio di trovare un senso, pi intensa diventa la frenesia di spostarsi, come appare in Viaggio (Notte raminga e fuggitiva lanciata veloce lungo le strade dEmilia a spolmonare quel che ho dentro, notte solitaria e vagabonda a pensierare in auto verso la prateria),11 e soprattutto in Autobahn, dove la riflessione raggiunge lesasperazione e tocca vette di infelicit tali che il protagonista si convince che solo una fuga assoluta verso un altrove utopizzato possa portare sollievo:
Lacrime lacrime non ce n mai abbastanza quando vien su la scoglionatura, inutile dire cuore mio spaccati a mezzo come un uovo e manda via il vischioso male, quando ti prende lei la bestia non c da fare proprio nulla solo stare ad aspettare un giorno appresso allaltro. [] Si porta appresso nevralgie dossa, brufoletti sulle labbra o nel fondoschiena ma poi i pi gravi mali, quelli della vocina; cio chi sei? cosa fai? dove vai? qual il tuo posto nel Gran Trojajo? cheffarai? eppoi ancora quelli pi deleteri, i mali del non so giammai n perch venni al mondo n cosa sia il mondo n cosa io stesso mi sia e quando son proprio gravi persino il non so quale sia il mio sesso n il corpo n la cacca mia, cio i disturbi dubitativi della decadenza.12

Come appare chiaro, lidentificazione tra le vite dei personaggi e i luoghi frequentati particolarmente forte; il disagio interiore si esteriorizza, associando il disgusto per la propria condizione esistenziale a quello per un contesto geografico claustrofobico, al quale i libertini oppongono unidealizzazione dellintera provincia emiliana e addirittura europea.

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DallEmilia al Nord Europa: geografie di una conquista interiore. Nel corso della raccolta il lettore impatta con diverse forme di intolleranza geografica, che spingono a spostare i confini delle proprie scorribande sempre pi lontano. I libertini dislocano infatti la possibilit di trovare un senso alla propria vita dalla loro interiorit al mondo esterno. Essi riconoscono una potenziale salvezza nelle diverse mete verso cui si dirigono, le quali tuttavia puntualmente disattendono la loro promessa (Per [] ai tempi dello scoramento io abitavo in Correggio, Reggio Emilia, ma non detto che ora che abito in altro loco non abbia pi gli scoramenti),13 destinando la mobilit delirante a perpetrarsi senza tregua in un circolo fichtiano. La fuga nello spazio, a cui Giulio Iacoli attribuisce il nome di derridiana memoria di deriva, rivela il desiderio di unimpossibile fuga da se stessi e dalla paura di uno scavo interiore, che di fatto il cuore del problema esistenziale dei libertini, dove risuona linascoltato ammonimento della senecana metafora della mutatio locorum: Aegri animi ista iactatio est: primum argumentum compositae mentis existimo posse consistere et secum morari. [] Nusquam est qui ubique est. Vitam in peregrinatione exigentibus hoc evenit, ut multa hospitia habeant, nullas amicitias.14 La sensazione claustrofobica dei personaggi innanzitutto rivolta alla ristrettezza dei loro paesi (come Reggio Emilia in Mimi e istrioni e Altri libertini), dietro a cui si cela la Correggio dellautore. Questa intolleranza genera il mito dellaltrove, concepito prima di tutto nella forma dellintera provincia emiliana, che assume tratti quasi esotici, e le cui capitali Modena, Bologna e Rimini si configurano come punti di fuga (Ma Modena bella e si respira di primavera un odore buono, di provincia alacre e intellettuale, insomma pi civile della nostra Reggio,15 tornare in questo cesso di paese [Reggio Emilia] staccato dal resto del mondo e per fortuna che sono giorni belli, senza nebbia che altrimenti tornerebbe lisolamento assoluto e sai che ella gioia starsene in quarantena coi paesani.).16 La provincia diventa perci il terreno di improvvisi spostamenti che sembrano poter salvare i personaggi dallemarginazione totale e permettere loro di sentirsi finalmente parte della collettivit giovanile, illusione che si rivela per vana, come nel caso delle Splash, la cui brama di partecipazione subisce il rifiuto sia del Performance Group che delle prostitute che avevano cercato di aiutare:
La documentazione davvero un disastro e quando la mostriamo al Performance Group nessuno osa guardarci in faccia e stanno l come imbarazzati ma poi Cecio dice che fa proprio schifo e che robe cos non si possono spacciare per cultura, seppure alternativa []. Poi ne sbucano fuori due [i protettori], ma mica son lucciole, hanno baffi e coltelli e spranghe e dicono se non ve la filate vi massacriamo e le lucciole gi a ridere [] e noi ci si rimane di merda, ma non perch ci han tradite, perch abbiamo fifa.17

Il tentativo di prendere parte alla vivace collettivit della Via Emilia finisce in uno scacco che Iacoli definisce malinconica riproduzione di quel senso doloroso di estraneit che non permette al soggetto marginale [] il possesso pieno del luogo, lappartenenza a una provincia le cui leggi sono eminentemente quelle dellaccumulo e del benessere18. Bologna, in particolare, sempre pi perbenista, sempre meno spontanea19, il simbolo della fragilit del sogno della citt emiliana, poich, non appena perde il suo fascino di seduzione diventa unaltra trappola, dove impossibile rimanere a causa del condizionamento delle memorie personali (Gigi vuole andare a

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Milano, dice che con Bologna ha chiuso, che gli ricorda troppi casini20) e dove si dissolve anche il mito dellanonimato, in cui i personaggi si erano rifugiati tentando di scongiurare il pericolo dellinaccettazione:
Dilo e io torniamo abbracciati anche sullautobus [] ma un vecchio savvicina e mi spinge col gomito [] e dice catarroso Spurcacioun []. Piango seduto sul muricciolo di SantIsaia []. E Dilo mi prende la mano tra le sue e sussurra Lo so che la vita da finocchi difficile, ma non permetteremo a nessuno di torturarci [].21

Neanche lEmilia pertanto riesce a quietare la brama di vita dei personaggi, che quindi si lanciano verso lItalia intera e lEuropa. Diventa ben presto chiaro, per, che nessuna meta, per quanto lontana, possa soddisfare la speranza di assoluto riposta di volta in volta in destinazioni diverse. AllItalia intera, declassata in modo reciso (questo merdaio che si chiama Italia,22 Ah, che due maroni questa Italia),23 si sostituisce ora il mito del Nord Europa, a cui a sua volta succede il desiderio del ritorno, tema che sar pi maturamente affrontato in Camere separate. In proposito interessante la lucida descrizione di Elena Buia riguardo al misto delle attese insite nelle partenze e nei ritorni, che consiste nellaffidamento tipicamente postmoderno della propria pacificazione allaltrove:
Anche Altri libertini [] pervaso dal pressante desiderio del ritorno. Dopo una scorribanda a Londra, il giovane protagonista di Viaggio appare stanco dellandazzo di vita libertino condotto fino a quel momento; ambirebbe a un sonno risolutivo []. Nel luogo natio viene riposta la speranza di cambiamento rispetto a una vita che non soddisfa e che fa soffrire. Ancora una volta il giovane, anzich focalizzare i contenuti dellinsoddisfazione e del disagio, cerca allesterno una via precaria, ma momentaneamente risolutiva. In questo caso lIo [] ripone le sue aspettative di benessere nellambiente familiare []. Ma inevitabilmente il risultato fallimentare e lo smarrimento sempre maggiore.24

Merita un discorso a s lultimo racconto, Autobahn, dove lo spasmo del rifugio nellaltrove, parallelamente allo smarrimento del protagonista, raggiunge il culmine (io ci ho fame amico mio una gran fame di contrade e sentieroni, di ferrate, di binari, di laghetti, di frontiere di autostrade, ok?),25 e dove anche le geografie del Nord Europa si dissolvono in uno spazio idealizzato e astratto, privo di quelle coordinate specifiche che orientavano ancora i racconti precedenti. Lassenza di mete precise in Autobahn sembra confermare lidea, formulata allinizio di questo contributo, che i poteri taumaturgici proiettati dai libertini in vari luoghi geografici concreti esistano in realt soltanto nella carica utopica che permea laltrove sognato dai personaggi, fino al momento in cui esso, de facto e necessariamente, smonti i loro vagheggiamenti, rendendo evidente che la possibilit di pace e felicit non risiede in nessun luogo, ma nel percorso interiore a cui pu tendere il tragitto del viaggio. Autobahn chiarisce retrospettivamente, perci, che nelluniverso confuso dei libertini ci che conta la strada, per dirla con Kerouac, una strada che, nonostante (e attraverso) il desiderio a volte impetuoso di un altrove che spinge i personaggi a percorrerla, simboleggia anche la ricerca di se stessi quale stimolo iniziale e fondamentale di ogni viaggio intrapreso. Il bisogno della conquista di s va infatti sempre oltre le destinazioni della provincia dEmilia o dEuropa, che in un certo senso diventano interscambiabili, dato che la ricerca ha necessariamente luogo dentro lanima.
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I giovani con cui i libertini si mescolano durante i loro viaggi sono troppo simili a loro per mantenere una cifra dalterit, elemento necessario perch si possa parlare di un vero e proprio viaggio. Quindi, nonostante gli spostamenti geografici e gli incontri con coetanei di varie nazionalit, la verit del viaggio finisce per essere giocata soprattutto nellinteriorit. Attraversare il continente per raggiungere i ragazzi della stessa controcultura ha un senso solo per lintensit emozionale del desiderio del viaggio e della conquista di s che esso promette. Questa condizione cancella anche la possibilit di considerare i libertini come turisti, poich essi non sembrano prestare particolare attenzione a paesaggi, monumenti o musei, n sembrano confrontarsi con le varie immagini, idee (e clichs) legate ai luoghi visitati (come il vacanziero di solito incline a fare). Sia lincontro con laltro che labitazione consumistica dello spazio profilano i personaggi come dei viaggiatori post-postmoderni, che inaugurano la dimensione interiore del viaggio: lo spostamento fisico equivale solo allesteriorizzazione di un percorso intimo, che indispensabilmente solitario e alla cui fine potrebbe anche soddisfare lurgenza di relazioni umane stabili:
il vagabondaggio vissuto in maniera solitaria []: la meta inesistente, si viaggia per il puro semplice gusto di un andare []. Il viaggio d voce allinsito desiderio di andare per mettersi alla prova, infrangere norme e orari della societ organizzata; codifica proprie ritualit, attraversa universi marginali, rappresenta esso stesso la possibilit di una vita non integrata, unoasi di individualismo, di affermazione della libert personale.26

Potremmo dunque definire il viaggio dei libertini come spazio utopico dellesistenza, che tra laltro si arricchisce della dislocazione non solo spaziale ma anche temporale della possibilit di salvezza, supportata da una condizione sociologica dove Al tempo lineare della modernit si sovrappone lidea di una mescolanza temporale rispecchiata nella disomogeneit degli scenari urbani [].27 Quindi, spostamenti veloci consumano il tempo e conservano una speranza di felicit da ottenere velocemente, che, tuttavia, mai raggiunta, costringe i personaggi alla liminale condizione dellattesa (Qualcosa succeder o saggiuster [] perch primaoppoi qualcosa cambier),28 di una miracolosa ricomposizione interiore che Antonio Spadaro riconduce a una dimensione religiosa:
La scrittura dellautore correggese si trova allinterno di una tensione fondamentale tra Legge e Grazia alla ricerca di una salvezza intesa come una sorta di Eden perduto [] Tondelli consegna i suoi personaggi a percorsi non chiari e semplici, [] in attesa di un altrove generoso che forse giunger al di l dello spaesamento.29

Abitare, ovvero risemantizzare, lo spazio. Come si gi sottolineato, in Altri libertini si assiste ad una totale interpenetrazione tra la condizione esistenziale e i luoghi reali o immaginari investiti del proprio vissuto e della trasgressione del proprio corpo. Il legame tra la dimensione dellanima e labitazione degli spazi trova ragione nella risemantizzazione di ogni luogo, che consiste nella decostruzione dello spazio urbano di una classe media efficientista (o che si crede tale) e la sua personale riappropriazione. La funzione di ogni luogo non stabilita una volta per sempre ma soggetta a mutevoli rappresentazioni. In

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proposito si veda la stanza di Anna Carla a Bologna, che non costituisce un comune alloggio di studenti fuori sede, ma diventa, con tutti suoi cd, poster e libri, il tesoro dei miti di una generazione, assurgendo a luogo simbolo di tutte le rivisitazioni dei libertini:
Alla scrittura emotiva [] fa capo una logica performativa del vissuto: pi che scagliarsi apertamente contro la logica pedagogica delle istituzioni sociali e politiche, i protagonisti tondelliani trattano i temi e gli spazi di questultime, le loro regole e i loro meccanismi disciplinari come contenuti vuoti, convertendoli in meri fondali di una rete trasversale di esperienze e percorsi individuali e collettivi.30

Lantinormalizzazione degli spazi riflette il bisogno che la realt diventi personale, che vita interiore e vita esterna si specchino reciprocamente. Lanima delloutsider chiede disperatamente unonnicomprensivit che esorcizzi la propria marginalizzazione. Anche i nomi delle strade e delle piazze vengono rivisitati, come sottolinea Giulio Iacoli, richiamando la personalizzazione topografica di Piazza Leonarda Cianciulli, a Correggio: La piccola citt, i luoghi della provincia vengono vissuti ironicamente o tragicamente, contraltari agli stati danimo dei personaggi viverli significativamente, sentirli propri pu far accedere a una coscienza della propria natura di insiders.31 Questa rivisitazione sembra intimamente legata al relativismo di una generazione priva di punti cardinali, che prova a superare lo smarrimento con la bussola dellinterpretazione emozionale dello spazio, supportata da una narrativizzazione stilisticamente mordace e sofferta: Tondelli sceglie infatti giochi ironici e manipolazioni concettuali ed espressive che mediante una strategia combinatoria cavalcano lestemporaneit dei sentimenti suscitati dagli oggetti del paesaggio (Fatti altri chilometri passo quindi sopra il flumen Po tutto luccicante nella notte che sembra la stagnola di un presepio []).32 In questo modo ogni luogo sottratto al fluttuante territorio dellimmaginario, e, una volta visitato, restituito a una precisa dimensione simbolica che nasce dal vissuto dei personaggi, e che combatte la perdita postmoderna dei significati. Inoltre, limpressione che ogni luogo variabilmente d ai personaggi costruisce unopposizione tra cronotopi aperti e chiusi, che non perci giocata su una semplice alternanza tra apertura e chiusura fisica. Questa percezione espressa attraverso diverse strategie discorsive, usate ancora in modo emozionale. Per esempio, limpressione di claustrofobia spesso accompagnata da sensazioni sgradevoli (come quelle che segnano il Posto Ristoro: luce sciatta e livida, neon ammuffiti, odore di ferrovia, polvere gialla rossiccia che si deposita lenta sui vetri, sugli sgabelli e nellaria di svacco pubblico),33 da etichette ingiuriose (in questo merdaio che Rz,34 cesso di paese),35 mentre la retorica che sottolinea lapertura degli spazi si serve insistentemente di verbi come andare e attraversare, di frasi col verbo allinfinito come nellincipit di Viaggio, di descrizioni quasi idilliache del paesaggio, dellassociazione degli ambienti padani a luoghi mitici americani come la prateria, Broadway e il Sunset Boulevard. Alcuni luoghi, come il proprio paese dorigine e la casa, appartengono di volta in volta a una spazialit aperta o chiusa a seconda della diversa disposizione dei personaggi, che li dipingono come luoghi di libert quando mettono in moto la dinamica del ritorno dallaltrove e quando vi trovino solitudine (Agosto bello starsene a casa con la citt vuota nessun rompiballe in giro),36 mostrando pertanto una capacit sempre emozionale di vivere lambientazione.
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In conclusione possiamo considerare lesordio letterario di Tondelli non un semplice documento generazionale o autobiografico, ma la rappresentazione della ricerca di unautenticit che ricomponga la frammentazione interiore e che i personaggi sperano di trovare nel consumo dello spazio e del tempo, invece che in un confronto con se stessi. Lesclusione e il bisogno di appartenenza spingono inoltre ad abitare ogni luogo con lemozionalit del proprio vissuto e a trasgredirne listituzionalit. In questa dinamica di personalizzazione dello spazio, i libertini si dirigono verso le mete italiane ed europee della controcultura giovanile per trovarvi una pienezza che in realt nessun luogo pu dare. Essi, come abbiamo visto, attraversano euforicamente la dimensione utopica dellaltrove, investito della speranza di pacificazione, finch questo non incrini la garanzia di felicit che gli viene attribuita. Il viaggio, archetipo letterario esacerbato fino alla frenesia, e scandito alla velocit della moderna, o meglio, postmoderna cultura visiva, non si rivela per vano: annullate lidealit e la specificit di ogni meta, il cammino in s a dare valore allesperienza di vagabondaggio, configurandosi come la condizione per un possibile percorso interiore, ossia per la conquista della verit di se stessi, che non si pu raggiungere in nessun lontano dove.

A. Spadaro, Lontano, dentro se stessi. Lattesa di salvezza in Pier Vittorio Tondelli, p. 119. P. V. Tondelli, Un weekend postmoderno, in Opere. Cronache, saggi, conversazioni, p. 77. 3 R. Ceserani, Raccontare il postmoderno, p. 85. 4 V. Masoni, Tondelli e il suo borgo, p. 232. 5 F. Panzeri, G. Picone, Pier Vittorio Tondelli. Il mestiere di scrittore. Un libro intervista, pp. 73-74. 6 H. Naficy, An accented cinema. Exilic and diasporic filmmaking, p. 153. 7 P.V. Tondelli, Altri libertini, in Opere. Romanzi, teatro, racconti, p. 24. 8 Ivi, p. 105-106. 9 Ivi, in, p. 25. 10 Ivi, p. 47-48. 11 Ivi, p. 51. 12 Ivi, pp. 131-132. 13 Ivi, pp. 135-136. 14 L.A. Seneca, Lettere morali a Lucilio, p. 40. 15 P.V.Tondelli, Altri libertini, p. 44. 16 Ivi, pp. 107-108. 17 Ivi, p. 44. 18 G. Iacoli, Felicit. Nuove epifanie in Tondelli, p. 4. 19 P.V. Tondelli, Un weekend postmoderno, p. 244. 20 Id, Altri libertini, p. 74. 21 Ivi, p. 70. 22 Ivi, p. 91. 23 Ivi, p. 140. 24 E. Buia, Verso casa. Viaggio nella narrativa di Pier Vittorio Tondelli, pp. 83-84. 25 P.V. Tondelli, Altri libertini, p. 140. 26 E. Buia, Verso casa. Viaggio nella narrativa di Pier Vittorio Tondelli, pp. 75-76. 27 F. Carmagnola, Il consumo delle immagini, p. 86. 28 P.V. Tondelli, Altri libertini, p. 23. 29 A. Spadaro, Lontano, dentro se stessi. Lattesa di salvezza in Pier Vittorio Tondelli, p. 98. 30 B. Van den Bossche, Partecipazione e attraversamento: il potere della scrittura in Pier Vittorio Tondelli, in Intellettuali italiani del secondo Novecento, p. 202.
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G. Iacoli, Atlante delle derive, p. 103. P.V. Tondelli, Altri libertini, p. 135. 33 Ivi, p. 5. 34 Ivi, p. 25. 35 Ivi, p. 107. 36 Ivi, p. 63.

Bibliografia Basili Silvia, Morte e rinascita nelle esperienze erratiche di Pier Vittorio Tondelli, in La giovane narrativa italiana, 1995, n. 8, pp. 19-40. Bauman Zygmunt, Modus vivendi. Inferno e utopia del mondo liquido, Bari, Laterza, 2007. Buia Elena, Verso casa. Viaggio nella narrativa di Pier Vittorio Tondelli, Ravenna, Fernandel, 1999. Burns Jennifer, Fragments of impegno. Interpretations of commitment in contemporary Italian narrative. 1980-2000, Leeds, Northern Universities Press, 2001. Carmagnola Fulvio, Il consumo delle immagini, Milano, Mondadori, 2006. Carnero Roberto, Lo spazio emozionale. Guida alla lettura di Pier Vittorio Tondelli, Novara, Interlinea, 1998. Ceserani Remo, Raccontare il postmoderno, Torino, Bollati Boringhieri, 1997. Iacoli Giulio, Atlante delle derive. Geografie da unEmilia postmoderna: Gianni Celati e Pier Vittorio Tondelli, Reggio Emilia, Diabasis, 2002. ______, Felicit. Nuove epifanie in Tondelli, in Seminario Tondelli. Prima edizione, 2001, < http://minerva2.reggionet.it/pvt/allegati/Iacoli.PDF>. Jansen Monica, Il dibattito sul postmoderno in Italia. In bilico tra dialettica e ambiguit, Firenze, Franco Cesati Editore, 2002. Masoni Viller, Tondelli e il suo borgo, in Panta, 2003, n. 20, pp. 231-242. Minardi Enrico, Pier Vittorio Tondelli, Fiesole, Cadmo, 2003. Naficy Hamid, An accented cinema. Exilic and diasporic filmmaking, Princeton, Princeton University Press, 2001. Palandri Enrico, Pier. Tondelli e la generazione, Bari, Laterza, 2005. Panzeri Fulvio, Picone Generoso, Pier Vittorio Tondelli. Il mestiere di scrittore. Un libro intervista, Roma-Napoli, Theoria, 1997. Seneca Anneo Lucio, Lettere morali a Lucilio, Milano, Mondadori, 1995. Spadaro Antonio, Lesigenza del ritorno. Le radici di una geografia interiore in Pier Vittorio Tondelli, in Rorato L. e Storchi S. (a cura di), in Da Calvino agli ipertesti. Prospettive della postmodernit nella letteratura italiana, Firenze, Franco Cesati, 2005, pp. 65-77. Spadaro Antonio, Lontano dentro se stessi. Lattesa di salvezza in Pier Vittorio Tondelli, Milano, Jaca Book, 2002. ______, Pier Vittorio Tondelli e lattesa di salvezza, Reggio Emilia, Diabasis, 1999. Van den Bossche Bart, Partecipazione e attraversamento: il potere della scrittura in Pier Vittorio Tondelli, in Barwig A. e Stauder T. (a cura di), Intellettuali italiani del secondo Novecento, Seiten, Oldenbourg, 2007. ______, La geografia letteraria di Pier Vittorio Tondelli, in Civilt italiana, 1998, anno XX, pp. 151-162. Tondelli Pier Vittorio, Opere. Romanzi, teatro, racconti, Milano, Bompiani, 2005.
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______ , Opere. Cronache, saggi , conversazioni, Milano, Bompiani, 2005.


______,

Labbandono, Milano, Bompiani, 1993.

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Incontri Luca Lenzini (0). Il cronotopo come interconnessione sostanziale dei rapporti temporali e spaziali dei quali la letteratura si impadronita artisticamente;1 la strada come luogo romanzesco in cui si uniscono in modo singolare le serie spaziali e temporali dei destini e delle vite;2 lincontro come uno dei pi antichi eventi formativi dintreccio dellepos (in particolare del romanzo).3 Sono alcuni dei concetti in cui la lezione di Bachtin si dimostrata pi feconda, fornendo agli studiosi di narrativa strumenti preziosi per lanalisi della morfologia del romanzo e delle sue varie configurazioni storiche; e non per caso tanto per fare un esempio che uno dei pochissimi veri saggi di critica degli ultimi anni, Lincontro e il caso di Romano Luperini,4 si rifaccia esplicitamente proprio a quella lezione, innestata su una pluralit di richiami che ne arricchiscono i significati ben oltre una ristretta prospettiva narratologica. Nellintroduzione del suo saggio (Lincontro e la trama) Luperini si sofferma brevemente sul motivo dellincontro nella poesia moderna, rifacendosi allarchetipo di une passante di Baudelaire e evidenziandone linfluenza in Sbarbaro, Campana, Cardarelli, Montale, per questultimo chiamando in causa (a proposito di Incontro, di Ossi di seppia) il Joyce di Dubliners.5 Tra i numerosi altri esempi che, in questambito non tanto tematico quanto topico, si possono proporre per la poesia italiana novecentesca, mi soffermer su tre testi i cui autori, per personale predilezione (ma anche perch convinto della loro importanza) ho pi presenti, e nella cui opera il motivo dellincontro assume un ruolo di particolare rilievo. (1). Nel suo capolavoro del 1911, I colloqui, Guido Gozzano ripropose il poemetto Le due strade, gi apparso, in forma lievemente diversa, nella Via del rifugio, la raccolta del 1907. Terza composizione della prima sezione (Il giovenile errore), il poemetto, in chiave con la calcolata struttura autobiografico-romanzesca del libro, narra un incontro a tre: da una parte la coppia composta dallAvvocato lio del testo e dalla sua amica (e amante, per sottinteso), la Signora, dallaltra Grazia, una giovane amica di questultima, conosciuta bambina (allora Graziella) e rivista dopo molti anni. Ecco la prima parte, con quellincipit memorabile, giustamente famoso:
Tra bande verdi gialle dinnumeri ginestre la bella strada alpestre scendeva nella valle. Ecco, nel lento oblio, rapidamente in vista, apparve una ciclista a sommo del pendio. Ci venne incontro: scese. Signora: sono Grazia! sorrise nella grazia dellabito scozzese. Tu? Grazia? La bambina? Mi riconosce ancora? Ma certo! E la Signora baci la Signorina.

Come osserva Bachtin, la strada riunisce quel che il mondo separa: vite differenti per ceto sociale o come qui per et, percorsi esistenziali in fasi opposte (o parallele), lingue diverse per storia e geografia. In questa prima presentazione a dominare, quindi,

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subito la logica oppositiva: la Signora, come il suo accompagnatore, a piedi e procede lentamente come lAvvocato, entrambi ritratti nel lento oblio che chiara prefigurazione e presentimento della Morte e del Niente a cui lio dedicher, poco dopo, i suoi pensieri (II, vv. 32-33); mentre Grazia appare rapidamente in cima alla via, in un attimo guadagnando il traguardo faticoso della coppia. Essa , infatti, una ciclista, e tutto in lei rinvia ad un tempo eterogeneo e ad una dimensione vitale altra, irriducibile a quella della coppia, che nella prima versione del testo era contraddistinta dalla metafora della catena (Andavo con lAmica, recando nellascesa / la triste che gi pesa nostra catena antica, vv. 3-4, ripresi in chiusa, vv. 99-100), segnale di un legame pi allinsegna della routine che dellamore. Per lAvvocato lapparizione di Grazia forte bella vivace bruna / e balda.. (II, vv. 22-23), serie di aggettivi connotati positivamente, a differenza dello scaltra attribuito alla Signora ben pi che lincontro occasionale con una giovane conoscente dellamante. Nella nuova coppia che nel quadro di una natura primaverile, sgargiante di colori, per un breve momento si forma per strada la Signora e la Signorina egli coglie non solo il manifestarsi di una normale diversit tra persone di et dissimile, ma la pi radicale e inquietante opposizione di Vita e Morte, via della salute (II, v.28) e via dellinesorabile decadenza donde il titolo Le due strade che lo coinvolge in pieno. Ed per questo, per via di questaccumulo di significati nel cronotopo, che lepifania di Grazia assume, nella seconda parte del testo, il carattere sconvolgente e quasi onirico di una rivelazione. LAvvocato, a cui affidata la bicicletta mentre accompagna le due amiche in dialogo tra loro, prima si perde in una rverie di salvezza, inebriato dalla presenza delladolescente che ha ancora davanti a s tutte le possibilit della vita (vv.27-34); poi torna, dun tratto, alla realt, ed il suo sguardo si sofferma sullamica:
[ ] E laltra intanto vedevo: triste accanto a quelladolescenza! Da troppo tempo bella, non pi bella tra poco colei che vide al gioco la bimba Graziella. Belli i belli occhi strani della bellezza ancora dun fiore che disfiora, e non avr domani. Sotto laperto cielo, presso ladolescente come terribilmente mapparve lo sfacelo! Nulla fu pi sinistro che la bocca vermiglia troppo, le tinte ciglia e lopera del bistro intorno allocchio stanco, la piega di quei labri, linganno dei cinabri sul volto troppo bianco, gli accesi dal veleno biondissimi capelli: in altro tempo belli dun bel biondo sereno.

Si faccia caso: la natura (il sole) che, lungi dallessere elemento decorativo, si fa agente della rivelazione. Oltre allopposizione tra giovent e maturit (condizione gi nel cono dombra della Fine, nel destino borghese), infatti sottesa a tutto il testo una

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contrapposizione tra natura e artificio: la bocca troppo vermiglia (per il rossetto), le ciglia tinte, il bistro, i cinabri, cio i cosmetici (sul volto troppo bianco) e il veleno (la tintura) dei capelli costituiscono il catalogo puntigliosamente, impietosamente registrato dallocchio delle deformazioni che non soltanto caratterizzano let della Signora, bens sottolineano i trucchi di una scaltrezza addestrata nel chiuso del mondo borghese di cui lo stesso Avvocato figlio e schiavo. Un mondo, dice il v. 40, senza domani: il terribilmente (v. 42) che in rima si contrappone alladolescente (v. 41) non in fondo che il modo crudele di manifestarsi della verit lo sfacelo l dove domina il falso. Cos il Nulla fu pi sinistro (v. 43) dichiara a un tempo linutilit e il carattere nefasto di quel mondo, denuncia la Morte nel bel mezzo della Vita. Qui, come sempre, in Gozzano, il contatto con lalterit rivelatrice del vero e lo schiudersi di unalternativa vitale tanto intenso quanto fugace: dopo una breve sosta, la Signorina saluta la Signora non una parola per lAvvocato e ripresa la bicicletta, sparisce allorizzonte, non senza che nel fruscio della partenza si avverta un batter dali ignote, a suggerire per la messaggera-ciclista un ruolo da divinit in incognito. Quelle che nella fantasticheria dellio per un momento erano apparse essere due strade, tornano ad essere una sola. Graziella appare e dispare unultima volta lungo i tornanti della strada, nel verde; salutando vola via. Restammo alle sue spalle. La strada, come un nastro / sottile dalabastro, scendeva nella valle. // Signora Arrivederla grid di lungi, ai venti. (IV, vv. 83-85). Non diversa la dinamica dellaltro capolavoro dei Colloqui, Invernale (la brevissima e inebriante avventura sul ghiaccio del Valentino): alla fine, lio resta ogni volta prigioniero del proprio universo, e la stessa alternativa offerta dal caso viene consapevolmente riposta tra le illusioni e le fughe immaginarie. il motivo, propriamente ideologico, della Rinunzia. Ma la forza di rottura della giovent, loffrirsi improvviso del Possibile proprio nel ripetitivo e inesorabile recinto del Negativo, quindi la sua potenza rivelatrice, per questo tanto pi efficace e indelebile. Solo che per poter mettere in scena tutto ci, non basta essere poeti, bisogna essere (anche) narratori. Padroneggiare artisticamente, quindi, Tempo e Spazio; far agire sul Qui e Ora passato e futuro; mobilitare una dialettica di opposizioni e contrasti; far sentire le voci del cosmo sociale, dellepoca, quali si riflettono nelle mode, nei giornali, nei romanzi. Tutto questo in cui era maestro Guido Gozzano per rappresentare destini che per un attimo, per caso, sincontrano lungo una strada che scende per la valle, come un nastro / sottile dalabastro (IV, vv. 83-84). (2) In Via delle cento stelle (1972) di Aldo Palazzeschi c una poesia che sintitola Illusione ottica:
Un ottuagenario che procede piano piano col suo bastoncino lungo quella strada alla quale ha strappato ogni segreto per poterla accorciare anche di un centimetro, simbatte in un bambino accompagnato dalla mamma e che correndo avanti e indietro fa quella strada per quattro volte almeno. Il casuale incontro provoca nel vegliardo un filo di sorriso tenuissimo che salendo dal profondo dellessere

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gli si spenge sul labbro dopo averlo illuminato, al tempo stesso che il bambino ridendo a viso aperto gli davanti con un salto e uno sberleffo e rifugiandosi dalla mamma soddisfatto. Unillusione ottica con certezza: pareva una strada sola mentre le strade erano due e quanto differenti di lunghezza.

In modo ancor pi paradigmatico che in Gozzano, nella strada di Palazzeschi sincontrano i rappresentanti di due et opposte. Ed anche qui, si confrontano due tempi in radicale contrasto: il piano piano dellottuagenario patente oggettivazione dello stesso poeta (il vecchio tentennino di Quant bella giovinezza, sempre in Via delle cento stelle) e quello rapidissimo, allopposto, del bambino. Per percorrere lo stesso tratto di strada, il giovane impiega un quarto del tempo che occorre al vegliardo: il che suona ben ironico per chi ha studiato ogni mezzo per poter abbreviare quella strada, conosciuta palmo a palmo negli itinerari quotidiani, anche solo di un centimetro (v.5). A regolare lincontro il caso, come sempre; ma dal caso scaturisce una possibilit di conoscenza, unagnizione, anzi, che riguarda lottuagenario, in primo luogo, ma che a ben vedere una verit sulla vita.6 Lo sberleffo irriverente che avrebbe infastidito o addolorato un altro passante, non turba lottuagenario. C un momento didentificazione, tra vecchio e giovane, facilmente intuibile da chi conosce la storia e la poetica di Aldo Palazzeschi: quel filo di sorriso tenuissimo che sale dal profondo dellessere (v. 11) ne la spia. Di fronte al riso a viso aperto del bambino, il sorriso si spegne poi sulle labbra del vecchio; ma linesorabile constatazione dellabisso che separa i due apre alla comprensione del carattere paradossale della realt: lillusione ottica con certezza che quella che pareva una strada sola (v. 17) sono invece due (e quanto differenti di lunghezza.) Il bivio che lAvvocato delle Due strade aveva intravisto e idealizzato, qui si dichiara come costitutiva ambivalenza o plurivocit della reale, il cui carattere ironico fonda la poesia. E non deriva forse il termine cronotopo, come afferma Bachtin, dalla fisica, e pi precisamente dalla teoria della relativit?7 (3) Unopera che si presta ad esser studiata a partire dai cronotopi certo quella di Vittorio Sereni. Fin dalla prima raccolta del poeta, Frontiera (1941), la strada non solo presente nello sfondo dei versi, ma sinsedia nei titoli delle liriche: Strada di Zenna, Strada di Creva. Il motivo del ritorno8 presiede alle occasioni poetiche e questo implica ricognizioni, incontri, presagi, riepiloghi e ripartenze, varianti e direttrici mobili di senso, in chiave con il sentire dellio. Il fatto che nelle singole composizioni la struttura narrativa non sia esplicita e distesa (come in Gozzano, o Palazzeschi), ma implicita e scorciata in lampeggiamenti di monologo soggettivo, rifratta in grumi esistenziali in progress, non toglie forza alla rappresentazione, anzi ne potenzia il nucleo lirico; e la stessa griglia di cronotopi che percorre lorganismo dellopera, come per un fisiologico bisogno di ascisse e coordinate ben individuate, essenziale per la distensione del senso nel pi vasto campo semantico delle raccolte. Cos negli Strumenti umani (1965): Ancora sulla strada di Zenna, Ancora sulla strada di Creva sono i casi esemplari. Di pi, unintera e capitale sezione del libro del 65 sintitola, per lappunto, Apparizioni e incontri: qui, in apertura, ha luogo il primo

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incontro, in Un sogno dove, quasi unaltra frontiera da attraversare per un ritorno al paesaggio individuale e collettivo (il passato che poi si impersoner nel compagno dinfanzia, nel padre, ma anche in Anna Frank), una figura plumbea (v. 5) ostacola il cammino dellio, gli chiede una presa di posizione in senso ideologico, senza peraltro ottenerla. Segue immediatamente un altro incontro, quello appunto di Ancora sulla strada di Creva, su cui mi soffermo per i tratti di continuit con le Due strade di Gozzano. Questo lattacco (vv. 1-7):
Poteva essere lei la nonna morta non so da quanti anni. Uscita a tardo vespro dalla sua cattolica penombra, al tempo che detto dellestate di San Martino o dei Morti. Una vecchia vermiglia del suo riso.

Il ritorno ai luoghi della topografia familiare fa scattare il riapparire del passato: lincontro per strada si trasfigura, per il carico di ricordi di cui saturo il paesaggio, in epifania, e questa, come poi si vedr, in ascolto e ammonimento di tipo allegorico, entro un colloquio tutto interiore. Lo scenario mentale e culturale lo stesso che, in analogo periodo dellanno, era stato rappresentato nella poesia di Frontiera (Sulla strada di Creva): il trepido vivere nei morti (II, v. 1), i notturni orrori / dei lumi nelle case silenziose (II, vv. 15-16). La cattolica penombra da cui esce lo spettro non riguarda soltanto questultimo ma una zona dellio, ed perci parte del terreno da attraversare nel confronto/colloquio con il passato, un background dalle spesse valenze simboliche. Ecco come lapparizione prende forma, impressionisticamente:
Ilare ci fu innanzi come la richiedemmo della via nella seta del suo parasole, nei lustrini dellabito. E nulla fu a fronte del riso vermiglio la cattolica penombra, nulla fu la gramaglia dellabito. N so che mai vedesse di noi del giorno e di altro accaldati.

Da questi versi intendiamo come il nesso tra il cronotopo della strada ed il motivo dellincontro rechi in Sereni precisa memoria del precedente gozzaniano delle Due strade. Lo dice non solo loccasione poetica in s ma anche il lessico: laggettivo vermiglio, ripetuto due volte, come il nulla fu, nonch lopposizione Chiuso/Aperto che percorre la composizione. Ed anche qui la coppia di cui lio fa parte una coppia di amanti, come si pu dedurre dal di altro accaldati; con limportante differenza, ovviamente, che la figura della vecchia, non una giovane, a essere la protagonista. Ma a parte le differenze, lesito dellincontro anche qui una rivelazione: lo spettro del passato, infatti, si rivolge alla coppia evocando il suicidio per amore di una giovane, con il tono di chi smaschera un mito o un bluff (Ti conosco, diceva mascherina, / cos brava a nasconderti dietro incantevoli fumi, vv. 22-23; Maschera detta amore / bella roba che sei, vv. 33-34) e soprattutto, sparendo alla vista, anchessa infine evoca o pi precisamente scova la morte:

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Cos delirando di una perduta forza di una remota gioia, cos oltre noi dileguando scovava, svergognandola, la morte ancora occulta tra noi. E da quel giorno e quellora damore pi non ti parlai amore mio.

Laria di rimprovero con cui spesso il passato si fa vivo nei sopralluoghi sereniani implica una dose di rimozione da affrontare, o come dir Un posto di vacanza, un lungo conto aperto (V, v. 40) di cui lio deve farsi carico nel suo itinerario alla ricerca di un senso da dare allesistenza, mettendo a fuoco la verit della memoria che resta opaca nellattimo vissuto. La cattolica penombra quindi, lungi dallessere un dato superato del paesaggio, lascito spettrale sentito come residuo di strati arcaici della coscienza individuale, vi si immette con una funzione catartica, sancisce unautocritica figurale; sicch anche la vecchia incontrata per strada sparisce alla vista trasmettendo un suo messaggio; il ritorno consegna una traccia da interpretare. Senza inoltrarmi nellanalisi di questa complessa poesia, che del resto non si lascia comprendere senza far riferimento ai precedenti, alle fonti e pi in generale alla cornice degli Strumenti, mi limito ad osservare che a sua volta la dialettica tra Landscape e Inscape tipica di Sereni va letta in relazione al tempo storico in cui si situano le raccolte. Qui laccelerazione imposta dal cosiddetto boom allItalia degli anni Sessanta costituisce la premessa del percorso dellio dopo lAlgeria ed il dopoguerra: gli incontri si collocano dentro questo quadro in vorticoso mutamento, in cui le nozioni stesse di natura e cultura vengono ridiscusse e ridefinite. La poesia sereniana si fa sensore del mutamento come pochissime altre proprio perch capace di tradurlo in termini di vissuto individuale, lasciandosi attraversare dai luoghi comuni nellaccezione pi profonda e senza mai perdere un ancoraggio di tipo narrativo, tale da trasmettere lesperienza soggettiva entro una campitura romanzesca. Il vertice di questarte nellampio poemetto Un posto di vacanza, collocato al centro di Stella variabile (1981), in cui non manca un incontro quello con Elio Vittorini (V, vv. 2646) da mettere in serie con le apparizioni degli Strumenti. Ma lincontro di Stella variabile che in qualche modo si pone alla fine dellitinerario dellio sereniano, riaccendendo il cronotopo della strada in uno scenario tanto denso di riecheggiamenti classici quanto conclusivo dellepos soggettivo, Autostrada della Cisa. Lio su una strada consueta, sta attraversando lAppennino che divide il posto di vacanza (Bocca di Magra) dalla citt (Milano, il posto di lavoro e di tutti i giorni), e il pensiero va al padre (Tempo dieci anni, nemmeno / prima che rimuoia in me mio padre) e dunque alla pi dolorosa delle separazioni ( un banco di nebbia ci divise per sempre). Una prima apparizione:
Oggi a un chilometro dal passo una capelluta scarmigliata erinni agita un cencio dal ciglio di un dirupo, spegne un giorno gi spento, e addio.

Seguendo il commento di Franco Fortini,9 la erinni (divinit della mitologia greca, ministra del mondo sotterraneo) sar da identificare con una di quelle contadine che dai margini dellautostrada protendono strani vessilli per vendere prodotti della campagna; sul piano metaforico, lapparizione aggiunge alla fitta memoriale un

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presagio nefasto, nel segno del congedo non solo dallestate ma dallintero paesaggio tante volte percorso, e trasferito in poesia. A questo punto, come per reazione a queste premonizioni, il pensiero dellio volge ad una dimensione diversa, in cui la morte non la fine ultima, definitiva:
Sappi disse ieri lasciandomi qualcuno sappilo che non finisce qui, di momento in momento credici a quellaltra vita, di costa in costa aspettala e verr come di l dal valico un ritorno destate.

Laltra vita, sempre secondo Fortini, speranza duna durata ciclica:10 anchessa, qui, viene calata entro il cronotopo della strada e prefigurata nella forma dellincontro. Ma lultimo incontro, prima che nel buio del tunnel risuoni la voce apocalittica della Sibilla ( non lo sospetti ancora / che di tutti i colori il pi forte / il pi indelebile / il colore del vuoto?) un incontro mancato:
Di tunnel in tunnel di abbagliamento in cecit tendo una mano. Mi ritorna vuota. Allungo un braccio. Stringo una spalla daria.

Il vuoto che appare, anzi si rende tangibile, lungo la via del ritorno come il rovescio delle apparizioni che avevano caratterizzato Gli strumenti umani. forse la forza della poesia che qui sta venendo meno? Il passato nella figura del padre ha ormai smesso di parlare? O ancora, nella scena che ripete lincontro di Enea e Anchise nella nkya del Canto VI dellEneide, si tratta dellannuncio del proprio stesso vuoto, colto nel viaggio tra il buio e la luce? Giusto porsi queste domande; ma anche metterle in relazione dialettica con la recidiva speranza (v. 14) che affiora lungo i tornanti dellautostrada, con lattimo che vi trasfigura Mantova in una Tenochtitln (v. 20). In Addio Lugano bella la strada poteva incarnare esplicitamente il desiderio, offrirsi come apertura vitale al possibile: Ma io non so che farci se la strada / mi si snoda di sotto / come una donna (come lei?) / con giusta impudicizia (vv. 5-8), e se la stessa Autostrada della Cisa si fa tramite di echi e di miraggi (v. 18), perch essa mantiene un potenziale di futuro: come la citt notturna del Sabato tedesco, lincrocio del futuro che mai stato. I cento futuri del passato con le le cento nostre vite possibili in questo alveare saltuario: come se di l, dal punto arretrato nascosto in noi stessi e riflesso a intermittenze nelle luci della citt notturna, in questo o in quel senso o in quellaltro ancora qualcosa dovesse incominciare. 11

M. Bachtin, Le forme del tempo e del cronotopo nel romanzo, in Estetica e romanzo, a cura di Clara Strada Janovi, Torino, Einaudi, 1979, p. 231. Nello stesso saggio si legge: Nel cronotopo letterario ha luogo la fusione dei connotati spaziali e temporali in un tutto dotato di senso e di concretezza. Il tempo qui si fa denso e compatto e diventa artisticamente visibile; lo spazio si intensifica e si immette nel movimento del tempo, dellintreccio, della storia. I connotati del tempo si manifestano nello spazio, al quale il tempo d senso e misura (ivi, pp. 231-232).

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M.Bachtin, Le forme del tempo, cit., p. 391. M.Bachtin, Le forme del tempo, cit., p. 244. 4 R. Luperini, Lincontro e il caso. Narrazioni moderne e destino delluomo occidentale, Bari, Laterza, 2007. 5 R. Luperini, Lincontro e il caso, cit., pp. 25-28. Il testo di Baudelaire al centro dello studio di Ch. Prendergast, Incontri e lirica: une passante di Baudelaire, in Incontri. Quaderni di Synapsis III. Atti della Scuola Europea di Studi Comparati, a cura di O. Innocenti, Firenze, Le Monnier, 2004. 6 Rinvio per un commento a questa poesia nel contesto dellultima produzione di Palazzeschi al mio Stile tardo. Poeti del Novecento italiano, Macerata, Quodlibet, 2008, pp. 140-149. 7 Questo termine usato nelle scienze matematiche ed stato introdotto e fondato sul terreno della relativit (Einstein) (M. Bachtin, Le forme del tempo e del cronotopo nel romanzo, in Estetica e romanzo, cit., p.231). Il saggio di Bachtin del 1934-35. 8 Motivo di particolare rilievo in Pascoli e, ancora, Gozzano (vedi sul tema L. Lenzini, Ritornare. Guido e gli altri, Moderna II, 2, 2000). 9 F. Fortini, Con Vittorio Sereni verso il valico, Corriere della Sera, 12 settembre 1982 (poi in F. Fortini, Nuovi saggi Italiani, Milano, Garzanti, 1987). 10 Ibidem. 11 V. Sereni, Il sabato tedesco, Milano, Il Saggiatore, 1980, p. 88 (poi in V. Sereni, La tentazione della prosa, a cura di Giulia Raboni, Milano, Mondadori, 1998, p. 224).
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Coordinate spazio-temporali negli scritti sullIndia di Mario Luzi Luigi Ernesto Arrigoni Fra i numerosi resoconti di scrittori italiani recatisi in India nel corso del Novecento, il Taccuino di Mario Luzi ha visto la luce solo grazie alliniziativa dello studioso Roberto Cardini, che ha recuperato gli appunti di viaggio fra le carte preparatorie della silloge Su fondamenti invisibili. Si tratta di scritti sopravvissuti alla stessa memoria dellautore, stesi in forma privata, probabilmente in albergo alla fine di ogni giornata durante il viaggio compiuto a cavallo fra il 1968 e il 1969. Gli appunti rappresentano lipotesto1 ispiratore delle parti indiane di Su fondamenti invisibili: essi attestano per anche un preciso atteggiamento dello scrittore verso la magmaticit del paese asiatico. Le diverse configurazioni dello spazio e del tempo allinterno dellopera assurgono a discriminante fondamentale per interpretare la reazione dellistanza autoriale. Il presente dellIndia suscita in Luzi principalmente orrore, disgusto, ripugnanza.2 Il primo appunto registra senza esitazione lo choc3 iniziale: Subito lodore presentito di escremento e di marcio realt nella caligine. Moltitudine di reietti lungo la strada dellaeroporto. Gi visto in film.4 Nella poesia di Luzi LIndia, quarta postilla alla seconda edizione del volume Nel magma (pubblicato nel 1966, quindi due anni prima del viaggio),5 il paese asiatico, non ancora materialmente visitato, era filtrato nel percorso conoscitivo dellIo Lirico attraverso uno spettacolo del cinematografo. Grazie alla cernita lessicale, nella poesia esplicitato il carattere di imago di secondo grado (schermo, immagini dellIndia; entrambe le espressioni in explicit ai vv. 3 e 18) e la natura meccanica della proiezione filmica. Particolarmente significativa risulta la scelta del lessema technicolor, la cui natura mista di grecismo e anglismo genera una polarit fra diverse dimensioni temporali. Il termine tecnico collocato in posizione clausolare nel v. 30, che esplicita il punto di osservazione artificiale rispetto al mondo indiano (oltre a costituire una micro-prolessi rispetto alla posteriorit della proiezione filmica): e gi penso al chiarore della sala dopo il technicolor. Dopo lesperienza dello spazio virtuale (mostra a lungo lo schermo \ sul selciato una moltitudine \ stecchita in una posa tra sonno e morte, vv. 3-5) ora Luzi si trova in contatto fisico con la sensorialit del luogo e con le folle di indigenti viste sulla pellicola. Il richiamo testuale alla conoscenza attraverso limmagine cinematografica,6 alla mediazione dellillusione ficta, costituisce un primo schermo per schivare la ripugnanza dellimpatto con la diversit. La negativit dello stimolo olfattivo esorcizzata attraverso il riferimento ad unarte eminentemente visiva; non a caso nella poesia del 1966, la preminenza scopica dellIndia cinematografica era enfatizzata dallassenza di un metatesto acustico (scorre in un brusio dapi, nel film senza commento, lIndia, v. 43, conclusivo del testo), che consentisse una maggiore immedesimazione nel mondo raffigurato. La devastante forza della percezione olfattiva, sottolineata da Luzi, costituisce un topos della letteratura italiana sullIndia: protagonista del titolo del libro di Pasolini, (Lodore dellIndia),7 il sentore dellaria il dato iniziale registrato da Moravia nella sua prima visita a Bombay nel 1937 (Si scende, si esce dalla dogana. Stupore della prima folata daria molle e fetida della gran citt [...]. Vien fatto [...] di guardarsi intorno per vedere se c qualche carogna: anche a causa dellodore)8 e dal Manganelli di Esperimento con lIndia. Giunto in Oriente negli anni Settanta sulle ali dellentusiasmo

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delle letture di Hesse ed Huxley, lio scrivente violentemente colpito dal fetore della putrefazione.
laria che invadendo labitacolo, avvolgendomi mentre scendo per la scaletta, mi annuncia che sono altrove. Conosco questa aria, la annuso e mi annusa; laria tropicale, acquosa, morbida, calda di erbe macerate, di animali, di fogne aperte, inasprita da un sapore di orina, di bestia in cattivit [...]. Hai limpressione di immergerti in una palude daria, e lEuropa sprofonda alle mie spalle, sprofonda il pulitino Siddharta, anche il Vednta, spiegato da Aldous Huxley, un fantasma igienico; io sono in India, alle soglie di una malattia continentale, di un luogo che con la prima zaffata daria mi bofonchia alcunch di disfacimenti e di immortalit.9

Affaticato dal viaggio, Luzi trascorre lintera giornata in albergo: Sembra che il primo istinto sia quello di rinchiudersi dentro l'hotel, di tenere a debita distanza quel mondo cos ostile,10 nota acutamente Andrea Severi. Lisolamento della camera permette di marcare una netta separazione topologica fra spazio pubblico e privato, di ricreare nella stanza, per un piccolo lasso di tempo, un microcosmo domestico che risponda ai criteri di accoglienza borghese secondo i canoni occidentali. Il Taj Mahal Hotel, la pi lussuosa struttura dellIndia, la stessa in cui si rifugia il narratore omodiegetico di Notturno indiano di Tabucchi: il protagonista, dopo una giornata di faticosa ricerca, si abbandona alle comodit e ai lussi degli standard occidentali ed in grado di accedere al ricordo memoriale di una diversa realt spazio-temporale, quella della vita con Xavier e Magda in Portogallo, vista dalla mente del personaggio come se proiettata da una macchina sulla parete11 (con una significativa analogia rispetto ai riferimenti al cinema disseminati da Luzi). La reazione di rifiuto e di disgusto nei confronti dello spazio antropico dellIndia rimarr costante nel Taccuino di Luzi. Ad Aurungabad sottolineata la povert (Villaggi miseri, gente lungo la strada maestra, stracci, sari),12 a Delhi la promiscuit con gli animali e la scarsa igiene (Bailamme, sudiciume, mescolanza di uomini e di bestie),13 a Jaipur la disturbante caoticit (Jaipur [...] citt tipicamente indiana e mussulmana. Dovunque bazar, traffico caotico di gente, di animali, di biciclette, di carri, di macchine, moltitudini questuanti).14 La famosa Agra, che Gozzano esaltava come immacolata,15 invece definita da Luzi formicolante e nauseabonda ed esplicitamente inquadrata, come Jaipur, in dei classici topoi di matrice orientalista: il solito ammasso arabo, bazar sterminato.16 Il mondo indiano non per solo respinto. Al modificarsi degli indicatori dei nuclei spaziali e dei connotati temporali la risposta autoriale si mostra ben diversa. In prima istanza, lo spazio naturale, al contrario di quello antropico dove si colgono i segni modificatori delluomo, suscita ammirazione e incanto per la purezza incontaminata dellambiente, per la forza quasi preistorica che promana dai luoghi: la spiaggia di Madras caratterizzata da un paesaggio bellissimo da Isole giavanesi o africane;17 in gita a Mysore si apprezzano dalla strada le rocce, le ambe e gli alberi bellissimi;18 in volo da Madras a Colombo lautore scorge dallalto colori incredibili, giochi meravigliosi del fondo del mare in trasparenza tra i banchi coralliferi e gli isolotti.19 La seconda discriminante nella decifrazione dellempatia autoriale verso il mondo indiano data dalla temporalizzazione dei luoghi. Lo spazio antropico rivalutato con laddensarsi di una memoria storica e archeologica. Il rifiuto del narratore si converte in sincera ammirazione di fronte alle architetture e alle vestigia del passato. Buona parte

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del Taccuino dedicata ad elencare e descrivere i monumenti e i musei visitati, ad esaltare la grandiosit e la monumentalit del passato dellIndia, che si conforma pienamente al fascino dellOriente di Maniera appreso dai libri e dalle illustrazioni:
Nel pomeriggio a Ellora: 34 templi giainisti, buddisti, induisti scavati nella roccia. Incredibilmente maestoso quello induista, un complesso di templi, tempietti, obelischi ricavati da un monoblocco di pietra nella montagna. Pregevole la plastica (dal VI allVIII sec.).20 A dieci chilom. [da Jaipur] la citt medievale di Amber [...]. Palazzi del Maharajah [...]. Dovunque la favola dellOriente, lo sfarzo, la raffinatezza, la ricerca voluttuosa dei particolari. Sale a colonne, archi merlettati a ogiva, decorazioni floreali ai muri dun cromatismo finissimo, pietre semipreziose, frammenti di specchio incastonati per moltiplicare leffetto della luce.21

Pi ampia la distanza temporale rispetto alla miseria del presente e maggiore diventa lapprovazione dellautore: lo si coglie bene a Benares dove sono parzialmente svalutati i monumenti induisti per la loro relativa modernit, mentre sono apprezzati i ben pi antichi reperti buddisti:
visita al tempio di Shiva (brutto), al tempio doro, [...] a un tempio tibetano [...]. In fondo larte ind tutta piuttosto recente perch i mussulmani avevano distrutto ogni traccia precedente. E non vedo cose di grande rilievo. Ieri ci fu una visita al museo di scultura buddista (pezzi provenienti in gran parte da Sarnath) e l cera una grande, pura e classica forza plastica. Si tratta di opere del 5 secolo dopo Cristo.22

Di fronte alle costruzioni pi importanti il tono stilistico si eleva ed possibile apprezzare, nonostante il carattere privato e provvisorio della scrittura, laccuratezza retorica di Luzi nellambito dellipotiposi: spicca in particolare la descrizione del Taj Mahal, cesellata dalla precisione lessicale e dallinscenamento di contrappunti cromatici (fra il bianco del marmo, il rosso delle muraglie e la variet coloristica dei minerali che adornano le pareti) e chiaroscurali nellintersezione fra pieni e vuoti, fra luci e ombre:
Agra. Il famoso Taj Mahal, splendido mausoleo di marmo bianco fatto erigere da Shah Giahan alla moglie. Costruzione rigorosamente simmetrica nella luce del cielo che la isola: pietre semipreziose: cornioli, agate, lapislazzuli [sic], incastonati finemente nellinterno. Ma la meraviglia il gioco chiaro delle ombre nelle orbite bianche, poco profonde della massa monumentale, collocata al centro di un ripiano marmoreo, tra quattro torri-minareto e al centro di un parco erboso traversato perpendicolarmente da un canale dacqua. Il tutto circondato dalle solite muraglie rosse e merlate su cui si apre la porta dingresso.23

LIo narrante del Taccuino di Luzi si conforma pienamente, in una prospettiva sociologica, al tipo del turista. Sul polo opposto si muove il carattere del flneur,24 a cui corrisponde piuttosto il resoconto indiano di Pasolini, affascinato non dalla storia e dallarcheologia, ma dagli istinti animaleschi e dalle pulsioni vitali e vitalistiche del mondo indiano, in cui desidera immergersi. Luzi evita invece una contaminazione e una dispersione nel mondo altro. Nei suoi spostamenti allinterno delluniverso indiano segue la traiettoria prestabilita dalla guida, si adegua al classico itinerario studiato affinch loccidentale attinga solo in minima parte alla conturbante alterit del presente

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(tale da indurre per un momento il Manganelli narratore\autore di Esperimento con LIndia al suicidio),25 lasciando invece ampio spazio allammirazione e alla comprensione di un passato ormai lontano. Rispetto al quadro sin qui delineato, Cardini si preoccupa per di sottolineare unevoluzione, un percorso formativo. LIo Lirico della poesia LIndia, ancora chiuso allintelligenza del diverso (v. 37), si recherebbe in Asia carico di pregiudizi, traccerebbe inizialmente impressioni assai negative verso il presente del paese, ma si lascerebbe gradualmente penetrare dalla spiritualit del mondo indiano, poi profondamente rielaborato nella vicenda poetica di Su fondamenti invisibili. Cardini individua il punto di svolta nellappunto sui roghi di Benares, in cui trapela per la prima volta unapertura di cuore e di mente,26 sottolineata da una maggiore ambiguit lessicale:
dovunque lo stesso spettacolo conturbante e meraviglioso del comportamento della folla, rituale e individualistico, vario e monotono di fronte al suo fiume familiare e sacro. [...] la fede nel potere di purificazione e di dissolvimento del fuoco (esso libera i 5 elementi) pu essere sostanzialmente autentica. Orrore e meraviglia.27

Lipotesi di Cardini sulla crisi28 che sarebbe intervenuta a modificare nel corso del viaggio la percezione del poeta sembrerebbe in parte smentita dai colloqui di Luzi con Verdino, ora raccolti nellapparato del Meridiano, in cui lautore dichiara esplicitamente come lIndia si manifest, non in un graduale iter conoscitivo, bens con una rivelazione complessiva ricevuta nellinsieme di spiritualit e naturalit.29 Il nodo interpretativo pu essere superato alla luce della dicotomia fra scrittura privata e pubblica. Le prose sullIndia di Luzi costituiscono una registrazione immediata e non mediata di un impatto personale con la diversit, che nellintenzione dellautore non dovevano vedere la luce. Al contatto con la sconvolgente alterit del mondo indiano, Luzi sceglie di evitare la scrittura frontale del genere del reportage o del racconto di viaggio, al contrario di quanto far nel 1980 in Cina con la pubblicazione del Taccuino.30 Lesperienza dellIndia filtra per trasversalmente nella stesura de Il gorgo di salute e malattia, terzo poema di Su fondamenti invisibili,31 accompagnato negli anni da una serie di glosse e di interviste, in cui Luzi evidenzia la profondit e la complessit della spiritualit indiana, che costituisce, almeno parzialmente, un polo dialettico rispetto allarido scientismo del mondo occidentale. Nellintervista a Specchio, lIndia ritratta come un universo di energie32 in cui gli abitanti sono coinvolti in unoperazione alchemica, di superiore alchimia, di trasformazione e di metamorfosi.33 Lo spettatore colpito dalla sublime animalit con cui tutto diventa natura, rimesso alla natura, affidato o demandato alla natura.34 Uno dei caratteri fondamentali dellIndia lunit dellessere uniti al cosmo [...] di essere dissolti come individualit in questo tutto.35 Nel dialogo con Verdino ribadita lonnipresenza dellIndia opposta al modo in cui lOccidente si frastaglia, si scheggia in tante diminuzioni, nella nostra inadeguatezza a vivere quello che c di vero.36 Nella profonda lacerazione che intercorre fra gli appunti segreti del Taccuino con la stesura delle parti indiane di Su fondamenti invisibili e le interviste si frappone una necessit di tipo pedagogico, che miri ad orientare il lettore verso unapertura allalterit. Il poemetto e i colloqui con Specchio e Verdino rappresentano il versante politicamente corretto dellesperienza di Luzi, una meditazione a freddo in cui il ricordo filtrato attraverso una pi distaccata valutazione dellosservazione personale e in cui interviene una conoscenza libresca. In epigrafe a Il gorgo di salute e malattia

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sono posti due versi tratti dai Rig Veda, selezionati accuratamente in un progetto complessivo di cornice paratestuale, parallelamente analizzato da Giovanni Fontana con linserzione di citazioni da Rimbaud e Agostino in esergo ai primi due poemetti, Il pensiero fluttuante della felicit e Nel corpo oscuro della metamorfosi.37 Nel colloquio con Specchio, Luzi ricorda la lettura dei Rig Veda al tempo dei corsi universitari ma soprattutto ammette una forte influenza teorica derivata dalla lettura di Aurobindo e Krishnamurti, autori che tentano un lavoro di interazione tra cultura orientale e occidentale.38 La rivelazione indiana di Luzi si manifesta, in linea con la rilevanza del discorso testuale messo in luce da Said,39 grazie ad una riflessione posteriore e ad una ripresa dellapparato filosofico inerente al pensiero indiano. Almeno in parte per anche influenzata dallimpatto diretto con la fisicit e la corporeit dellOriente. Unanalisi della configurazione temporale ci permette di comprendere pi a fondo limportanza dellepisodio di Benares, richiamato da Cardini, e le modificazioni della scrittura dal Taccuino ai Fondamenti. Lappunto dedicato a Benares lunico in cui saltano le coordinate lineari del cronotopo e agli occhi del narratore le masse dellIndia appaiono come quella Palestina percorsa dalla predicazione di Ges: in uno scenario dove ogni riferimento cronologico sembra venuto meno, cadono anche, forse solo per un attimo, le barriere fra civilt, sotto il segno di una percepita comune umanit40 al di l degli angusti limiti dello spazio e del tempo:
Dimenticavo la visita alla strada dei pellegrinaggi, una strada di campagna (suburbana) vicina a Benares. L ho avuto il senso preciso di quel che doveva essere la Galilea al tempo di Cristo con le sue turbe, con i suoi poveri straccioni devoti in attesa del Regno, con le sue donne che passavano in faccende seminascoste nelle lunghe vesti. Potremmo essere duemila o pi anni indietro, tale la cornice e il quadro, umano e naturale.41

A Specchio, che nota come il dualismo fra tempo eterno e assoluto e tempo empirico e relativo [stia] allorigine [...] di tutte le cosmogonie del pensiero indiano e che attorno al motivo del tempo e del rapporto tempo-spazio42 ruoti tutto il mondo dellIndia, Luzi risponde riprendendo il paragone evangelico gi toccato nel Taccuino:
toccante vedere quelle moltitudini, queste turbe, in senso evangelico proprio turbe, arrese alla necessit del mondo, che chiedono cibo quando gli manca, chiedono di essere messi in condizione di partecipare a questo ciclo vitale in cui sono inseriti; ma in fondo non rivendicano nulla come essenziale. In sostanza questa lIndia, la debolezza e la forza dellIndia, cio questo tempo non disunito, questo tempo indiviso, uniforme che contiene tutto e dove nulla va perduto.43

Sar questa temporalit dilatata, marcata dalla reversibilit fra vita e morte, a contraddistinguere primariamente lIndia poetica dei Fondamenti invisibili, gi a partire dallepigrafe dei Rig Veda: ... portando alla luce ci che vive, svegliando \ qualcuno che era morto.... Prima dellintroduzione diretta dellIndia nel quarto frammento, nel poema sono pi volte toccati i nodi della cronologia: nella prima strofa affiora alla mente del poeta, nel decennale della morte della madre, il tempo grigio, nel quotidiano pi insensato che ha contraddistinto il mondo utilitario degli anni Sessanta,44 contrapposto, nella conclusione della seconda strofa, al pensiero dei secoli istantaneo e interminabile (v. 25), che anticipa la percezione orientale del tempo. In 2b un grande e vuoto intellettuale snocciola vaghe considerazioni sul futuro:45 si tratta di un finto profeta di unet sterile e inesplosa (v. 52), che non ha possibilit di progredire, bens

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si torce su se medesima \ e affretta il tempo della paralisi e del coma (vv. 53-54). Lintroduzione di uninterlocutrice femminile dilata la possibilit memoriale nella chiusa di 2c (Tutto questo vissuto in un istante \ e messo a fuoco per sempre, vv. 7778) e crea una diversa dimensione di catalogazione temporale in 3a, dove leffimero (v. 85), il non registrato dallo scriba (v. 86) permane comunque come stato, stato indelebilmente (v. 89). Dopo aver alzato uno schermo \ di tempo e dironia (vv. 9192) in 3b, la figura femminile neutralizza il passato (n il passato mi d risposta, v. 95; con attenuazione in 3c: La felicit al passato, v. 111) e avvia un percorso nel magma: solo trasmutazione che abbacina, \ abbacina e polarizza la mente (vv. 96-97). I primi frutti di questo viaggio conoscitivo sono colti nel quarto frammento: lopposizione Mutevole, durevole (v. 123, nellattacco della microsezione) superata dalla donna con un sorriso di superiore comprensione: Sorride \ lei per tutta risposta, \ maestra in quello slalom, \ oppure no, davvero \ pi in alto nella conoscenza (vv. 124128). Linterlocutrice unautentica veggente (v. 132), la cui mente, di fronte alla biscia di miseria (v. 137) della popolazione dei paesi orientali, inondata da un sole (v. 142), da un fulgore di agata (v. 146): come nel Paradiso dantesco litinerario di ascesi segnato dallilluminazione spirituale. Nel viaggio della figura femminile verso lOriente non occorre domandare se la direzione porti verso la morte o lorigine (v. 153), dichiara lIo Lirico. La reversibilit fra la nascita e la fine della vita caratterizza anche il frammento 4c, il primo dedicato direttamente allIndia, in cui il poeta (in parte delegando, con liniziale parla, il compito alla donna, colta in un momento di estasi), descrive il mistero del rito funebre dei Parsi, che lasciano che gli avvoltoi si cibino dei cadaveri deposti sulle Torri del Silenzio:
Mentre parla delle torri dei Parsi e le passa sugli occhi senza oscurarli qualcosa come un volo davvoltoi avvampa quasi colta sul fatto per quel suo fiero contraccolpo di estasi e aspetta la risposta dellironia da me che invece non oppongo parola e seguo svuotato di pensieri non lei, quel nutrimento danimali solo in parte decifrato dal senso. (vv. 154-163)

Nelle prime strofe delle sezioni 5a e 5b il poeta rimprovera alle nazioni e ai singoli abitanti delloccidente di disimparare lamore della sostanza (v. 165) e di rigirare pensieri disinnescati dalla sostanza stessa (v. 186). Il vuoto del pensiero occidentale risiede nellassenza di spessore conferita al momento della vita, che pu essere rivitalizzato solo da accensioni momentanei:
Pi ancora del passato il presente affonda in una mezza memoria visitata talora da qualche lampo. Nessunaltra conseguenza. Nientaltro. (vv. 169-172)

A questa superficialit cronologica, LIo Lirico contrappone, nelle terze strofe di 5a e 5b, la ciclicit del tempo indiano, evocato dalle immagini concentriche del

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cerchio, della danza e della ruota e dalla neutralizzazione, grazie alla ripresa antinomica della clausola, dellopposizione fra vita e morte.
LIndia sotto il volo dei corvi non so se vive o muore. L, nel cerchio della divina danza di tamburo e fiamma, di origine e distruzione, lIndia come altri, come altri non vive e non muore. (vv. 179-183) LIndia guarda dagli occhi dei suoi animali, molto dice di s, molto tace. Nella ruota trionfale di rinascita e estinzione, tra sapienza e oscurit, lIndia come altri, come altri vive e muore. (vv. 199-203)

Tali riflessioni sono collocate dopo la rielaborazione, nelle seconde strofe di 5a e 5b, degli appunti del Taccuino su Benares: visioni, impressioni e locuzioni riversate a caldo nella pagina di diario sono riprese alla lettera46 nel poema:
Unico punto vivo nella notte di Benares la vampa, il vortice di faville e fumo dalla muta ed affollata rosticceria di salme dopo tutto umane sfruconate da monatti fino alla cenere sui gradini che scendono al fiume di salute e di narcosi. (vv. 173-178)

Lapertura positiva incarnata dalla ciclicit del tempo indiano rimane per una possibilit difficilmente attingibile al di fuori del mondo orientale. La diffusione del tempo circolare in Occidente47 caratterizzata da notevoli pericoli ontologici: il poeta teme di diventare come una rondine di mare \ condannata alla ruota del corvo (vv. 221-222), mentre lintera societ si perde nellosceno parletico \ di un tempo che slitta su se medesimo \ con moti di rabbia, unet \ pazzamente schiodata dalla sua inerzia \ che non morde la ganga ancora molliccia del suo presente (vv. 230-234). LIo Lirico non rinuncia comunque a tentare lo sforzo conoscitivo e ad ottenere unesperienza (v. 323) del diverso (v. 322)48 che consenta almeno una tentata empatia e un provvisorio risultato gnoseologico.
Conoscenza imperfetta anchessa, non lo nego: per specchio e in immagine, dicevano un tempo che invero non tempo segni forse, spettri anche, pur sempre conoscenza. (vv. 342-347)

I versi fanno riferimento ai termini della conoscenza per speculum in enigmate: tunc autem facie ad faciem di San Paolo49 ed evidenziano uninevitabile parzialit e incompletezza nel raggiungimento dellobiettivo. Rispetto alla riflessione poco curata e spontanea che emerge dagli appunti del Taccuino, Il gorgo di salute e malattia mostra una pi complessa e penetrante riflessione sulla radicale alterit del mondo indiano. Unevoluzione in tal senso rappresenta una decisa reazione nei confronti del mutato

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clima sociale. Il viaggio in India e la scrittura dei Fondamenti si collocano nel passaggio cruciale fra anni Sessanta e Settanta, dopo i primi fuochi della contestazione giovanile, delle rivendicazioni sindacali e dei grandi eventi politici che hanno sconvolto i blocchi sovrannazionali della Guerra Fredda: nella sezione 3 della poesia, Verdino ravvisa degli improvvisi scorci sulla guerra in Vietnam50 (la giungla carbonizzata attorno in una pausa di bazooka, v. 108), mentre lo stesso Luzi situa il riferimento ai professori dortodossia di Pilsen (v. 258) nella Cecoslovacchia del 68 e li identifica negli ideologi contro Dubcek51 che hanno contribuito alla dura repressione del tentativo riformista. Il mondo occidentale soffre in agonia, minato dalle contraddizioni, dalle critiche interne e da unaggressivit di stampo imperialista proiettata verso paesi esterni alla propria concezione della vita. La sterilit la cifra dominante dellepoca coeva, mentre il futuro destinato ad annicchilirsi nella vuota superficialit. La scrittura di Luzi risente delle modificazioni politiche, aprendosi al presente anche come riferimento alla cronaca52 e sviluppando la propria ricerca del reale attraverso una regressione razionale, che riveli un senso profondo, ma instabile ed enigmatico delle cose.53 Gli strumenti formali sono affinati per la nuova indagine: il libro accoglie la frammentazione come principio costitutivo,54 intaccando ulteriormente la fluida e vischiosa impalcatura ontologica del precedente Nel magma. In una tale proposta poetica incerta e precaria, la proiezione verso lOriente assume una rilevanza centrale: evocata come un possibile antidoto rispetto alla malattia che affligge lOccidente, lIndia rimane uno spazio irrisolto di possibilit, carico di conturbante mistero e latore di unalternativa conoscitiva, non pienamente realizzabile, ma in grado di restituire almeno un debole pilastro, un fondamento invisibile alla riflessione intellettuale:
Su fondamenti invisibili una dilatazione del discorso, dalla conoscenza immediata, attuale, orizzontale, sociologica del reale, a una totalit potenziale dove tutte le mie ragioni, non solo di presenza illic et immediate, ma in senso anche trascendentale, metafisico, siano in causa. una ricognizione, un viaggio di ricognizione nel molteplice; si parla di tutto ci che allo spirito pu essere presente anche se non presente temporalmente e spazialmente [...]. Sono fondamenti invisibili perch una costruzione che tu non vedi su che cosa poggia realmente, perch una realt mobile, una realt che non ha un suo corrispettivo dogmatico o teoretico, ma ha questa disponibilit della vita a riconoscersi in se stessa, in tutte le sue anche imprevedibili manifestazioni.55

R. Cardini, Introduzione, 1998, p. 23. M. Luzi, Taccuino di viaggio in India, 1998, p. 39. Il titolo stato scelto da Cardini, esemplato su quello del Taccuino di viaggio in Cina. 3 Choc il termine che Edoardo Sanguineti utilizza per descrivere la reazione prevalente del narratore del libro indiano di Gozzano, Verso la cuna del mondo. Cfr. E. Sanguineti, Guido Gozzano: indagini e letture, 1966, p. 151. 4 M. Luzi, Taccuino di viaggio in India, 1998, p. 35. 5 Id., Nel magma, 1966 (la prima edizione risale al 1963); ora in Id., Lopera poetica, 1998, pp. 346-347. 6 Lisotopia cinematografica fra la poesia e il Taccuino evidenziata in R. Cardini, Introduzione, 1998, p. 26. 7 P.P. Pasolini, Lodore dellIndia, 1962. 8 A. Moravia, Imperiale Bombay, 1937, p. 217. 9 G. Manganelli, Esperimento con lIndia, 1992, pp. 22-23 (il viaggio risale al 1975).
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A. Severi, Luzi in India. A. Tabucchi, Notturno indiano, 1984, p. 36. 12 M. Luzi, Taccuino di viaggio in India, 1998, p. 36. 13 ivi, p. 37. 14 ivi, p. 38. 15 Cfr. il capitolo Agra: limmacolata in G. Gozzano, Verso la cuna del mondo, 1917 (il titolo del capitolo stato probabilmente scelto da Borgese, il curatore, ma trova varie rispondenze lessicali allinterno della prosa). 16 M. Luzi, Taccuino di viaggio in India, 1998, p. 38. 17 ivi, p. 45. 18 ivi, p. 46. 19 ivi, p. 47. 20 ivi, p. 35. 21 ivi, pp. 37-38. 22 ivi, p. 42. 23 ivi, p. 39. 24 Per la distinzione fra turista e flneur cfr. G. Nuvolati, Lo sguardo vagabondo, 2006, pp. 16-17 e 36-37. 25 Cfr. R. Dedola, La valigia delle Indie e altri bagagli, 2006, p. 166. 26 R. Cardini, Introduzione, 1998, p. 26. 27 M. Luzi, Taccuino di viaggio in India, 1998, pp. 41 e 43. 28 R. Cardini, Introduzione, 1998, p. 25. 29 S. Verdino, A Bellariva. Colloqui con Mario, 1998, p. 1266 (gi pubblicato nel 1995). Ad eccezione della nota 50, tutte le citazioni inserite nellarticolo sono tratte dalle risposte di Luzi. 30 M. Luzi, Reportage: un poemetto seguito dal Taccuino di viaggio in Cina, 1984. 31 Id., Su fondamenti invisibili, 1971; ora in Id., Lopera poetica, 1998, pp. 392-404. 32 Id., Colloquio. Un dialogo con Mario Specchio, 1999, p. 158 (le interviste risalgono al biennio 19911992). 33 ivi, p. 159. 34 ivi, p. 161. 35 ivi, p. 162. 36 S. Verdino, A Bellariva. Colloqui con Mario, 1998, p. 1266. 37 Cfr. G. Fontana, Non cedimento dellanima, solo stanchezza dello scriba, 1996, pp. 370-373. 38 M. Luzi, Colloquio. Un dialogo con Mario Specchio, 1999, p. 158. Luzi fa qualche cenno ad Aurobindo e Krishnamurti in Poesia, 1973, pp. 36, 40-41 e 46-47. Le tangenze fra il pensiero di Luzi e quello di Aurobindo sono state brillantemente indagate in L. Rizzoli, G. Morelli, Mario Luzi, 1992, pp. 129-158 (si fa riferimento al cap. V, Verit e forza del mutamento, scritto da Lisa Rizzoli). 39 Cfr. E.W. Said, Orientalismo, 1999, p. 58. 40 A. Severi, Luzi in India. 41 M. Luzi, Taccuino di viaggio in India, 1998, p. 43. 42 Id., Colloquio. Un dialogo con Mario Specchio, 1999, p. 161. 43 ivi, p. 162. 44 S. Verdino, A Bellariva. Colloqui con Mario, 1998, p. 1266. 45 Id., Apparato critico, 1998, p. 1587. La partizione interna del testo ricavata dal commento di Verdino nelledizione del Meridiano (pp. 1584-1591). 46 R. Cardini, Introduzione, 1998, p. 23. 47 Cfr. A. Luzi, Lenigma e Lo scriba nella poesia dellultimo Luzi, 1988, p. 364: Su fondamenti invisibili mette in crisi lidea diacronica della temporalit attraverso il riaffiorare continuo della circolarit e della sintesi ipostatica (a p. 356 di questo studio si ritrova qualche cenno ai testi Veda). Sulla struttura temporale della raccolta cfr. anche A. Jacomuzzi, La poesia di Luzi su Fondamenti invisibili, 1972; V. Bramanti, Note sulla poesia di Mario Luzi (1963-1971), 1973, pp. 87-90. Fra gli altri studi dedicati alla silloge ricordo G. Zagarrio, Febbre, Furore e fiele, 1983, pp. 197-208; M. Baudino, Un pensiero fluttuante, la felicit, 1986; G. Fontana, Il fuoco della creazione incessante, 1993. 48 R. Cardini, Introduzione, 1998, p. 26, evidenzia il ribaltamento rispetto ai versi de LIndia in cui il poeta non desidera aprirsi alla prospettiva della diversit. 49 S. Verdino, Apparato critico, 1998, p. 1591. 50 Id., A Bellariva. Colloqui con Mario, 1998, p. 1265.
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ivi, p. 1266. M. Marchi, Invito alla lettura di Mario Luzi, 1998, p. 59. 53 S. Agosti, Situazione semantica dellultimo Luzi, 1972, p. 186. 54 Su questo aspetto si insiste in A. Panicali, Saggio su Mario Luzi, 1987, pp. 189-205. 55 M. Luzi, Colloquio. Un dialogo con Mario Specchio, 1999, pp. 152-153.

Bibliografia Agosti, Stefano, Situazione semantica dellultimo Luzi, in Id., Il testo poetico. Teoria e pratiche danalisi, Milano, Rizzoli, 1972, pp. 177-190. Baudino, Mario, Un pensiero fluttuante, la felicit, in Id., Al fuoco di un altro amore. La letteratura fra passione e seduzione da Lawrence alla poesia degli anni 70, Milano, Jaca Book, 1986, pp. 59-91. Bramanti, Vanni, Note sulla poesia di Mario Luzi (1963-1971), in Lapprodo letterario, a. XIX, n. 61, marzo 1973, pp. 82-91. Cardini, Roberto, Introduzione, in Id., Taccuino di viaggio in India e altri inediti di Mario Luzi, Firenze, Edizioni Polistampa, 1998, pp. 5-27. Dedola, Rossana, La valigia delle Indie e altri bagagli: racconti di viaggiatori illustri, Milano, Bruno Mondadori, 2006. Fontana, Giovanni, Il fuoco della creazione incessante. Sulla storia interna di Su fondamenti invisibili, in Di Stefano, P. e Fontana, G (a cura di), Di selva in selva. Studi e testi offerti a Pio Fontana, Bellinzona, Casagrande, 1993, pp. 77-112. ______, Non cedimento dellanima, solo stanchezza dello scriba: genesi di un libro di poesia negli abbozzi di Su fondamenti invisibili di Mario Luzi, in Studi novecenteschi, a. XXIII, n. 51, giugno 1996, pp. 369-402. Gozzano, Guido, Verso la cuna del mondo. Lettere dallIndia: 1912-1913, Milano, Treves, 1917. Jacomuzzi, Angelo, La poesia di Luzi su Fondamenti invisibili, in Studi in onore di Alberto Chiari, Brescia, Paideia, 1972, pp. 675-696. Luzi, Alfredo, Lenigma e Lo scriba nella poesia dellultimo Luzi. Il nodo ermeneutico di Su fondamenti invisibili, in Studi novecenteschi, a. XV, n. 36, 1988, pp. 349-366. Luzi, Mario, Nel magma, Milano, Garzanti, 1966 (2 edizione). ______, Su fondamenti invisibili, Milano, Rizzoli, 1971. ______, Poesia, in Luzi, Mario e Cassola, Carlo, Poesia e romanzo, Milano, Rizzoli, 1973, pp. 7-56. ______, Reportage: un poemetto seguito dal Taccuino di viaggio in Cina. 1980, Milano, Allinsegna del pesce doro, 1984. ______, Lopera poetica, Milano, Mondadori, 1998. ______, Colloquio. Un dialogo con Mario Specchio, Milano, Garzanti, 1999. ______, Taccuino di viaggio in India, in Cardini, Roberto, Taccuino di viaggio cit., pp. 33-47. Manganelli, Giorgio, Esperimento con lIndia, Milano, Adelphi, 1992. Marchi, Marco, Invito alla lettura di Mario Luzi, Milano, Mursia, 1998. Moravia, Alberto, Imperiale Bombay, in Gazzetta del Popolo, 28 marzo 1937; ora in Id., Viaggi. Articoli 1930-1990, Milano, Bompiani, 1994, pp. 216-221.

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Nuvolati, Giampaolo, Lo sguardo vagabondo. Il flneur e la citt da Baudelaire ai postmoderni, Bologna, Il Mulino, 2006.

Panicali, Anna, Saggio su Mario Luzi, Milano, Garzanti, 1987. Pasolini, Pier Paolo, Lodore dellIndia, Milano, Longanesi, 1962. Rizzoli, Lisa e Morelli, Giorgio, Mario Luzi. La poesia, il teatro, la prosa, la saggistica, le traduzioni, Milano, Mursia, 1992. Said, Edwar Wadie, Orientalismo, Milano, Feltrinelli, 1999. Sanguineti, Edoardo, Guido Gozzano: indagini e letture, Torino, Einaudi, 1966. Severi, Andrea, Luzi in India: il disgusto, il fascino e la memoria letteraria, in Griseldaonline, http://www.griseldaonline.it/repubblica/severi_2.html. Tabucchi, Antonio, Notturno indiano, Palermo, Sellerio, 1984. Verdino, Stefano, A Bellariva. Colloqui con Mario, in Luzi, Mario, Lopera poetica cit., pp. 1239-1292. ______, Apparato critico, ivi, pp. 1293-1823. Zagarrio, Giuseppe, Febbre, Furore e fiele: repertorio della poesia italiana contemporanea. 1970-1980, Milano, Mursia, 1983.

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Interni (ed esterni) con figure: la parabola storica della comunit levantina di Alessandria dEgitto nelle opere di Fausta Cialente Mirella Scriboni Sempre e dovunque straniera1 Fausta Cialente aveva ventitr anni e gi una vita nomade alle spalle quando, nel 1921, si trasfer ad Alessandria dEgitto con il marito Enrico Terni, un affermato compositore di famiglia ebrea levantina. Era nata - per caso - a Cagliari, una delle molte tappe dei trasferimenti del padre militare, e gli anni della sua infanzia ed adolescenza furono scanditi dai continui spostamenti tra varie citt italiane. Un punto di riferimento costante, per, rester sempre, per lei, Trieste, la citt mittleuropea e cosmopolita della famiglia materna Wieselberger.2 In parallelo al nomadismo della sua vita, anche la sua formazione intellettuale appare nomade ed eccentrica rispetto al panorama letterario dellItalia del primo Novecento3 ed orientata soprattutto verso autori francesi ed inglesi: un interesse che si rifletter nella sua attivit di traduttrice degli anni pi tardi. Quella egiziana , peraltro, la fase di maggiore stanzialit di Fausta Cialente: ventisei anni, fino al 1947, che attraversano unepoca cruciale della storia mondiale, dal primo al secondo dopoguerra. Anni densi di eventi anche per lEgitto, sottoposto dal 1882 alla dominazione britannica, che prosegue nei fatti fino alla seconda guerra mondiale, passando attraverso il Protettorato, iniziato nel 1914 e terminato nel 1922 con la concessione di una sovranit fortemente limitata dallalleanza con lInghilterra. LAlessandria che la scrittrice conobbe al suo arrivo, tuttavia, era ancora in parte la Babele dEgitto descritta da Enrico Pea:4 una citt cosmopolita e multiculturale, crocevia di etnie europee e mediterranee, di lingue, religioni e culture. La mia citt rievocata nostalgicamente da Giuseppe Ungaretti,5 che vi trascorse i primi ventiquattro anni della sua vita, lamata citt del poeta greco-alessandrino Costantino Kavafis, il luogo che affascin e ispir E.M. Forster e Lawrence Durrell. 6 Dopo quella greca la comunit italiana era la pi numerosa:7ad Alessandria avevano trovato accoglienza spiriti liberi come gli italiani fuoriusciti del periodo postrisorgimentale,8 ma anche molti, come i genitori di Ungaretti, che vi emigrarono alla ricerca di lavoro durante la costruzione del canale di Suez. Negli anni in cui Fausta Cialente visse ad Alessandria, la residenza dei Terni fu un punto di incontro di artisti ed intellettuali levantini ed egiziani e negli anni del fascismo divent ci che i fascisti in colonia indicavano sprezzantemente come un covo di antifascismo.9 Unopposizione al fascismo che la scrittrice porter avanti trasferendosi nel 1940 al Cairo, dove accett lincarico di dirigere una trasmissione italiana di controinformazione alla radio inglese. Nel 1930 esce Natalia, il suo primo romanzo, di ambientazione italiana, cui fanno seguito le opere alessandrine: il romanzo Cortile a Cleopatra (completato nel 1931 ma pubblicato nel 1936) e i due racconti Pamela o la bella estate (1935) e Spiagge (1937), contenuti in Interno con figure (1976). Negli anni successivi al suo rientro in Italia, Cialente ritorner a parlare dellEgitto in Ballata Levantina (1961) e ne Il vento sulla sabbia (1972). Riferimenti allesperienza egiziana, inoltre, sono presenti negli altri due romanzi: Un inverno freddissimo (1966) e Le quattro ragazze Wieselberg (1976). Spazio-tempo levantino ad Alessandria dEgitto

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Se si eccettuano le parti di Ballata ambientate al Cairo, le storie narrate si svolgono in quella stessa Alessandria che Forster defin city of the soul10 e Lawrence Durrell a city of memory.11 Una citt che per la scrittrice, tuttavia, non quella rappresentata nellAlexandria Quartet di Durrell, da lei giudicata molto pi immaginaria che reale, pi colorita e torbida, pi colorata e misteriosa di quanto lo sia mai stata.12 Al contrario, un paesaggio connotato geograficamente e storicamente nellarco di tempo che va dagli anni successivi alla prima guerra mondiale (in Cortile a Cleopatra) fino allinizio della seconda guerra (in Ballata levantina e Il vento sulla sabbia). I luoghi sono tratteggiati con affetto topografico nel percorso delle strade che attraversano i quartieri, da quelli della citt vecchia turca a quelli europei, lungo la linea della costa, fino agli spazi che si addentrano verso linterno, ai margini del deserto. in questo spazio-tempo, dove agiscono e interagiscono le varie figure delle storie levantine, che si collocano il punto di vista interno delle voci narranti come pure del soggetto di scrittura: una strategic location vis--vis the Orient, dunque, nel senso inteso da Edward Said (the authors position in a text with regard to the Oriental material he writes about),13 ma al tempo stesso una strategic dis/location, il luogo di quellesperienza nomadic, decentered, contrapuntal del soggetto esule e della decentred consciousness di cui parla ancora Said in Reflections on Exile.14 Nello spazio-tempo narrato si svolge la parabola storica di quella colonia levantina che da comunit di emigranti si trasforma gradualmente in soggetto di colonizzazione. Nel corso di tale vicenda si modificano i rapporti geografico-spaziali, attraverso un ri-posizionamento che anche sociale ed ideologico: ad una progressiva territorializzazione da parte dei levantini, infatti, corrisponde la graduale chiusura nei confronti degli spazi esterni e la cancellazione/rimozione della presenza della popolazione araba indigena. I luoghi di ambientazione delle storie - pur mantenendo la loro corposa realt - assumono cos una forte valenza metaforica,15 diventando luoghi simbolici di conflitto, di affermazione o di crisi didentit, ovvero di ricerca di unidentit diversa da parte di alcune delle figure. In questo ambito il discorso narrativo si fa riflessione storica ed enunciazione morale e politica: la ricerca dei personaggi d voce anche allopposizionalit dellautrice nei confronti della storia della civilt occidentale, di cui la parabola levantina esempio e metafora. Fausta Cialente, peraltro, ritorna sugli stessi luoghi (e temi) alessandrini nel corso di tre decenni successivi al suo rientro in Italia nel 1947. Una dislocazione spaziale e temporale e una prospettiva che le permettono di collocare la geografia e la storia di Alessandria e dellEgitto allinterno della pi vasta area geografica mediorientale e dei disastri operati dalla politica coloniale e post-coloniale europea. Da Cortile a Cleopatra a Pamela o la bella estate Nel periodo immediatamente successivo alla prima guerra mondiale, nello spazio interno del cortile nel quartiere di Cleopatra convivono - pur tra continui litigi - figure di una comunit ancora mescolata etnicamente e socialmente: la poverissima madre greca del mezzo italiano Marco, la famiglia benestante del pellicciaio ebreo, la sarta greca e suo marito, il calzolaio armeno e sua figlia. Quello interno del cortile, tuttavia, ancora, almeno inizialmente, uno spazio aperto al contatto con lesterno arabo: se dalla parte del mare arriva il rumore degli spari dalla contigua caserma inglese, fuori del cortile, lungo

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la strada che da Cleopatra porta alla citt vecchia, si estendono i quartieri indigeni. Da qui provengono i venditori che arrivano dentro al cortile con le loro povere merci: lerbaiolo, il garzone sudanese, le donne arabe che vendono le uova, larabo venditore di bocconcini di montone, lindovina araba. Tra questo esterno e gli interni della casa della madre e del pellicciaio si muove Marco, figura a tratti picaresca, ma in realt profondamente drammatica. Nato ad Alessandria nel movimentato fragoroso e puzzolente quartiere di Attarin, viene portato in Italia ancora bambino dal padre, dopo la morte del quale decide di fare ritorno in Egitto. Marco, che parla solo italiano e comunica nel francese piatto e scolorito dei levantini,16 oppresso dalla chiusura del cortile, se ne allontana con fughe alla spiaggia o per girovagare nei quartieri arabi.
Nella citt indigena, verso i quartieri della marina e della dogana, l dove egli sera perduto una volta, ritrovava sempre quello che sera accorto di cercare nellaria di tutti i giorni, cio aria di festa [...] La sera [...] entrava nel cortile e la malinconia diventava 17 angoscia.

I quartieri arabi sono anche il territorio di spionaggio della meticcia Kik, la figlia maltrattata del padrone italiano dellosteria e di una serva araba:
Kik, vagabonda e curiosa [...] aveva una rete dinnocente spionaggio che si stendeva per un giro di almeno tre chilometri intorno alla baracca di Armando, andava dal quartiere indigeno di Sidi Gaber ai cimiteri di Sciatby e comprendeva anzitutto i Suk di Sporting, Ibrahimieh e Campocesare, dove pullula folto e rumoroso tutto un miscuglio levantino di ebrei, siriani, greci, armeni, italiani e arabi, con tutti i loro commerci e le loro passioni.18

Dal cortile, dunque, esiste ancora una via duscita verso luoghi e spazi innocenti: la spiaggia, dove nasce lamore tra Marco e Dinah, la figlia del pellicciaio e - pi lontano, ai bordi del deserto - i laghi salati, dove Marco si rifugia nelle gite clandestine con Kik e lamico maltese Francesco, un levantino libertario che rispetta le feste nazionali e religiose di tutti i paesi e disprezza i levantini che in Egitto hanno cercato solamente loccasione di arricchirsi (Questi levantini non sono come noi, credimi. La moneta! E tu che li canzoni sempre perch ti ci metti in mezzo?).19 Nel corso della vicenda, per, gli spazi interni progressivamente si rinchiudono in se stessi: gli indigeni se ne tengono alla larga e gli stessi venditori, umiliati dalle arroganti contrattazioni su poche piastre a cui vengono sottoposti, smettono di frequentare il cortile.
Larabo che fa ballare la bertuccia non si pi fatto vedere nel cortile a Cleopatra: passa lontano fra le dune fiorite di cocci e di sterpi e zufola.20 Larabo, stanco dinsistere salz lasciando cadere la veste. - Tu non sarai pi ricca se mi avrai dato una piastra di meno - disse e sallontan mentre Polissena brontolava senza guardare Haigansh .21

A sua volta Marco, fidanzandosi con Dinah, deve accettare il lavoro nella pellicceria di suo padre, rinunciando ai vagabondaggi e alle gite con Kik e Francesco. Fino a quando lunica possibilit di ritrovare la libert non gli appare il viaggio verso il sud, linterno arabo del paese: il luogo di una ricerca didentit diversa intravista - se

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pure confusamente - come possibile solo in un avvicinamento, una connessione con il mondo arabo.22
Pensa che ora va lontano, nellinterno, a vivere piuttosto con glindigeni che con i 23 levantini, come ha sempre desiderato, e imparer la loro lingua affettuosa e vivace.

Nel successivo racconto Pamela o la bella estate (1935),24 tuttavia, sembrano farsi pi problematiche sia la libert di scelta da parte del soggetto nomade che la ricerca di una ricomposizione didentit nellincontro con il mondo arabo. Costretta dalla povert ad affittare la propria casa ad una coppia di pittori francesi, Pamela, nascosta dietro la siepe nel giardino, per tutta lestate osserva landirivieni di modelle arabe e di agiati levantini nellappartamento dei pittori, interrogandosi sulla propria identit. Unidentit che resta irrisolta e sospesa in unassenza di collocazione geografica e spaziale, di lingua e di stato sociale.
Anche lei, una volta, pensava solamente in veneto: ora pensa quasi sempre in lingua, e quando parla mescola parole francesi, arabe, inglesi. [] Perduta Pamela, devastata come quelle pareti spoglie, terra vendemmiata. [] Pamela non c pi, scivolata fin sullorlo della carta geografica.25

La sua stessa condizione sociale pi vicina a quella delle donne nere e arabe modelle dei pittori che a quella dei loro amici levantini. In questo senso Pamela anche figura emblematica della frattura sociale che ormai ha respinto i levantini poveri in una zona liminale tra la ricca borghesia levantina e la popolazione araba ugualmente povera. La speranza di uninterconnessione tra levantini e popolazione indigena sembra per riaffiorare nel racconto Spiagge (1937), che si conclude con limmagine di un futuro in cui possa realizzarsi una nuova soggettivit storica: E tutto sembrer pi felicemente naturale il giorno in cui [] verranno a tuffarsi nellacqua i primi graziosi bambini della nuova generazione mista.26 Da Ballata levantina a Il vento sulla sabbia Col progressivo chiudersi dei confini tra mondo della borghesia levantina e mondo arabo, dunque, si restringe sempre di pi lo spazio di movimento per i soggetti portatori di nuove identit. In parallelo, a fronte dello svolgersi della Storia, si accentua il pessimismo della scrittrice, che con Ballata levantina (1961) ritorna sui luoghi alessandrini a distanza di molti anni dal rientro in Italia e dopo un lungo periodo di interruzione della produzione narrativa. Daniela, la protagonista del romanzo, al pari di Marco figura ibrida: rimasta orfana da bambina cresce ad Alessandria con la nonna, una mantenuta arrivata dallItalia giovanissima, che ha avuto la madre di Daniela da un ricco ebreo egiziano. In Ballata il mondo della borghesia levantina ormai definitivamente separato sia dal mondo arabo che da quello levantino povero: la villa della nonna di Daniela situata nel lussuoso quartiere europeo, lontano dalla citt vecchia da dove arrivano, durante il giorno, le donne levantine sarte, pettinatrici, infermiere o soltanto vecchie confidenti della nonna:
Venivano a tutte le ore, dai vastissimi e brulicanti quartieri della citt, dallAttarin o dalla via delle Monache, dove gli europei poveri, vivono mescolati alla popolazione indigena;

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o dai quartieri meno tristi lungo la costa di Ramleh, Campo Cesare, Seffer, Schuz. [L]ei le accoglieva con alte risate, passando volubilmente dallitaliano al greco, allarabo, al francese.27 Le serate nella villa sono frequentate da una societ composta soprattutto di

uomini, agenti di Borsa e funzionari di banca. Significativamente, le ville degli europei sono affiancate a quelle dei pasci e dei notabili delle colonie, anche loro lontani dai luoghi delle classi povere indigene, da quei fellah sul cui lavoro si sono arricchiti. In un esterno non lontano dalla villa, nelle Stamberghe sulla spiaggia vicino alle casupole di un villaggetto arabo e alle tende di beduini, vivono invece Matteo e Livia, spiriti liberi e dissidenti antifascisti che rappresentano il contrappunto sociale ed ideologico al decadente e opportunista mondo levantino che si raccoglie nella villa. Daniela, fin da bambina, per evadere dagli interni opprimenti della villa, si rifugia nella capanna sullalbero nel giardino o corre, fuori dal cancello, verso le Stamberghe. attraverso i racconti di Matteo e Livia a Daniela che viene tracciato quello che nelle parole della stessa Cialente - il ritratto dunincosciente o colpevole borghesia, che poi il tema fondamentale di tutta la mia opera.28 La storia cio della borghesia levantina italiana che, dopo il 1882, affida la propria esistenza alla protezione degli occupanti inglesi, ma successivamente riscopre il legame con la madre patria, affiliandosi alla borghesia affarista e coloniale che appoggia lavventura bellica fascista. Come spiega Matteo:
Da pi di centanni tu senti ripetere che il cosmopolitismo stato la fortuna e la ricchezza dellEgitto. Credi a me, stato piuttosto il contrario. Gli stranieri hanno fatto qui un mucchio di quattrini, vero soprattutto questo. E poi! A chi servito il loro famoso progresso, tanto strombazzato? Ai loro interessi, aglinteressi dei pasci dei responsabili. Non certo al fellah.. [] Ma lEgitto, Daniela, il fellah! lui, col suo somarello e il suo fascio di trifoglio, lo stesso di duemila anni fa. Per lui nessuno ha fatto niente, da duemila anni. [] E quando sincontrano per strada, lautomobile del pasci e il fellah sul somarello, non si vedono. Pare incredibile, no? Due mondi che si sfiorano e non si scontrano mai.29

Gli anni successivi alla morte della nonna sono per Daniela quelli della formazione e della vita indipendente, che inizia con un viaggio alla ricerca delle radici in Italia (gi in pieno regime fascista). Il suo soggiorno a Milano, citt di provenienza della nonna, per unesperienza di spaesamento (anche lei, come Fausta Cialente, si sente sempre e dovunque straniera):
Le cameriere della pensione e le due vecchie signorine che la dirigevano, mormoravano con simpatia alle mie spalle, per dire [] che unaria proprio proprio italiana non lavevo; ma io lasciavo cadere i loro discorsi, turbata da pensieri chesse non potevano immaginare. Lesser cresciuta e vissuta lontana dalla patria aveva forse inciso sui miei sentimenti, mi dicevo, non li sentivo pieni e compatti come avrebbero dovuto essere, e timorosa che ci si vedesse, rispondevo con estrema cautela, sorvegliandomi. In realt, tutti quei gerarchi a spasso, come aveva annunciato Livia, quel dover stare attenta a non parlare, a non rispondere pi che tanto al parrucchiere, al portinaio (Ah, lei sta in Egitto? vero che le scuole italiane l sono tanto belle? E che cosa si dice del fascismo? e mi sembrava, allora, di veder lampeggiare in aria le quattro lettere minacciose dellOvra), tutto ci non rispondeva allimmagine romantica e gloriosa della patria ideale.30

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Al ritorno ad Alessandria, Daniela sceglie di andare a vivere nel quartiere greco. Solo l,

dove i levantini sono ancora mescolati alla popolazione araba, - si sente pi vicina ad una dimensione di vita pulsante, di libert e realt. Come Marco nelle sue escursioni nei quartieri arabi. Il suo ingresso nella realt coincide con il precipitare degli eventi storici: la guerra civile in Spagna (1933-36), loccupazione italiana dellEtiopia (1936), le mostruosit del fascismo e del nazismo, fino allingresso dellItalia in guerra nel 1940.
Qualche giorno dopo, mentre passava dalla stazione di Ramleh, sent gridare gli strilloni della sera: la guerra tra lEtiopia e Mussolini - come dicevano - stava per scoppiare. [] aveva seguito qualcuna delle tempestose sedute a Ginevra, e una voce, fra le tante, laveva realmente colpita, quella del delegato etiopico quando aveva detto, pochi giorni prima, che i popoli di colore avrebbero veduto nella guerra una minaccia alla loro esistenza, e avrebbero perduto fede nella civilt europea. Anche la voce di Livia le torn allorecchio: Bella mignotta, s, la civilt europea. [] il mondo diventava pazzoPazzo e pericoloso!31 LEuropa, a guardarla dalle sponde del felice e smemorato Egitto, sembrava un irrisorio castello di carte: crollava, un pezzo alla volta.32 Fischiavano cupamente nel cielo le sirene che annunciavano la dichiarazione di guerra, furibonde lo attraversavano come se volessero squarciarlo da un capo allaltro dellorizzonte.[] Un tempo era finito, bene o male era finito. Un altro stava per cominciare: e tempo di mostri, sarebbe stato.33

Come la Cialente, durante la guerra Daniela si trasferisce al Cairo per lavorare alla radio inglese, ma nonostante lattivit politica, nonostante il rapporto damore con Enzo, un levantino antifascista, la sua identit continua a frantumarsi, a dissolversi nel senso di impotenza e fallimento. In questo contesto drammatico sembra svanire la possibilit per il soggetto nomade di trovare unidentit opposizionale, di agire dentro e contro una storia segnata dalla rottura del patto di convivenza, dalla violenza e dalla sopraffazione. A differenza di Marco, Daniela sa che non esistono pi luoghi innocenti dove fuggire, dove sia ancora immaginabile lincontro e la fusione tra coloni e nativi. La sua morte nelle acque del Nilo - sospesa nellambiguit tra incidente e suicidio - rappresenta simbolicamente il destino di questo soggetto ibrido, che pu solo testimoniare la propria ricerca di libert, lopposizionalit di chi ha perso la speranza di interconnessione con il mondo arabo, ma rinnega la propria appartenenza al mondo occidentale. Anche nella comunit levantina, infatti, chi si riteneva innocente non privo di colpe, come testimoniano le parole di Livia e Matteo, superstiti e protagonisti del resto della storia:
Il guaio osserv lei che, come sempre, ci sono andati di mezzo anche quelli che non ne avevano colpa. Erano molto pochi, va l. Responsabili siamo tutti. [] Anche noi, sai. Si chiacchierava molto, ma si faceva poco. Questa la verit.34

Nellultimo romanzo del ciclo egiziano, Il vento sulla sabbia, rappresentato latto finale, la dissoluzione ormai irreversibile della societ levantina. Lisa, la protagonista, nata e cresciuta in Italia, ma la sua origine levantina (la nonna, dopo

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aver raggiunto la sorella in Egitto, aveva sposato un ebreo italiano e con lui era tornata in Italia). Rimasta orfana viene accolta dalla sorella della nonna ad Alessandria e qui, introdotta alla vita di societ, comunica in italiano, francese - la lingua franca dei levantini - e tedesco.
Avevo dovuto presto imparare che quella parvenza di ospitalit, quel continuo ricercarsi erano il frutto della noiosa vita coloniale, una specie di meglio cos che niente, ma era una noia rosicchiata nel suo intimo dal tarlo dello snobismo, inevitabile in una societ divenuta ricca a spese di un popolo mite e poverissimo e accecata dallorgoglio della propria ricchezza.35

Nel racconto del breve intervallo di illusoria felicit della prima giovinezza di Lisa, sembra contenuto anche il rimpianto della Cialente per un luogo - Alessandria dEgitto - dove era apparso realizzabile il sogno di un mondo fatto di tolleranza, di convivenza e armonia tra popoli e culture. Unoccasione storica per naufragata.
Per quanto fossimo consapevoli della minaccia che ci sovrastava (erano gli anni che precedevano la seconda guerra mondiale) e gli avvenimenti non trovassero mai una conclusione che ci invitasse a sperare nel meglio, la fedelt a queste memorie mi fa ricordare le stagioni della mia prima giovinezza come una felicit irripetibile, per sempre naufragata, a tal punto che, dopo, fuori di quella riva orientale e di quel clima mi sono sempre sentita come in esilio.36

Il Sans Soucis, la villa dei levantini tedeschi presso i quali Lisa trova lavoro come segretaria, una sorta di fortezza isolata nello spazio, racchiusa da un muro di cinta, dove i protagonisti della vicenda vivono immersi nel mondo della loro arte: la musica e le serate musicali di Stefan, la pittura della moglie Frida e larte di Lottie, amante di Stefan, mentre nel sottofondo - come un rumore di tuono che si avvicina - si percepisce limminenza della guerra. La realt araba del paese del tutto cancellata, presente solo nella metonimia della figura del servitore legato da morbosa devozione alla sua padrona e - metafora di una voce soppressa - nelle parole del bambino che Lisa incontra per la strada la prima volta che va alla villa e che le sussurra: Bada, quella gente cattiva.37 La ricomposizione dellidentit e linterconnessione con il mondo arabo sono ormai irraggiungibili per chi non appartiene veramente a nessuno dei due mondi e sembra destinato ad un eterno nomadismo. Come Amadeus, figlio di Frida e Stefan, che vive una condizione di perpetuo sradicamento, viaggiando senza sosta tra lEuropa e Alessandria.
Il fatto di vivere in un paese che non sarebbe mai stato la sua vera patria, lavrebbe reso quello che non voleva essere a nessun costo, uno sradicato, non un orientale, n un occidentale. La fratellanza con un popolo tanto diverso era impossibile, diceva, troppo romantica per essere reale, e del resto sarebbe venuto il momento in cui tutti gli europei avrebbero dovuto sgombrare.38

La tragedia finale - lincendio, simbolicamente indefinito tra incidente e dolo in cui muoiono Frida e Lottie - appare dunque metafora conclusiva sia della vicenda levantina che della devastazione dellEgitto. Alla voce di Lisa - unico io narrante dei tre romanzi, ma come sospesa in un fuori campo spazio-temporale - sono affidati lamaro giudizio della scrittrice sulla violenza di cui stato portatore in quei luoghi il mondo occidentale e la riflessione sul destino del soggetto nomade:

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Non sapevo ancora quanto amavo gi il paese, il clima, e una gente cos mite, povera e affettuosa. La spietata crudezza della storia avrebbe finito per mutarne il carattere, lipocrita e cinico egoismo degli occidentali, accecati dai loro interessi, avrebbe avvelenato ogni cosa recando soltanto sventure, ma questo lavrei veduto molto pi tardi.39

Nellesilio tra pi mondi di Lisa sembra cos rappresentato anche il luogo di dislocation e di opposizionalit in cui si collocano la vita e la scrittura di Fausta Cialente. Uno spazio - come per la Pamela della bella estate - sullorlo della carta geografica, che fa pensare ai margini luoghi di resistenza e lotta di cui parla Trinh T. Min-ha (the margins, our sites of survival, become our fighting grounds).40 Quello che avremmo veduto poi A visitare Alessandria dEgitto Fausta Cialente torna nel 1956. Dal Cairo prosegue per il Kwait, dove si era stabilita la figlia. Laereo che la porta in Kwait sorvola langolo di deserto che ospita i campi profughi nati con la diaspora palestinese seguita alla nascita dello stato dIsraele nel 1948. Da unaltezza significativamente extraterritoriale il suo sguardo si volge in basso. E poi in avanti, in unamara e profetica visione della storia. Come testimonia questo passo, verso la conclusione de Le quattro ragazze Wieselberger ed anche del percorso narrativo della scrittrice: [Q]uando, dopo la sosta a Damasco, laereo vol un po pi basso sul deserto e vidi i
miserabili accampamenti dei rifugiati della Palestina, quelli della prima guerra con Israele, ebbi un moto dindignazione... Che cosa il mondo occidentale e il mondo arabo potevano aspettarsi, mi chiedevo, da una massa cos turpemente abbandonata, dai giovani e dai bambini che crescevano in quelle condizioni, senza casa n patria, il cuore gi pieno dun giusto risentimento contro la pelosa e ambigua carit di cui erano loggetto. La loro collera si sarebbe presto trasformata in odio e in un irresistibile desiderio di vendetta. Ne avevo spesso parlato con mio marito, che era sempre stato antisionista. Creare un altro nazionalismo? lavevo sentito dire molto prima di quegli avvenimenti. Non ce ne sono gi abbastanza? Non ci hanno portato sufficiente scalogna? Se almeno fondassero davvero uno stato democratico e moderno, cio tollerante! [] Non avrei potuto scommettere proprio nulla, io, ma guardando quelle misere tendopoli dovevo ripensare alle sue parole, a tutte le complicazioni che lingiustizia e le sopraffazioni avrebbero generato negli anni a venire, da tutte le parti, e le mie previsioni erano rosee, addirittura, a confronto di quello che avremmo veduto poi.41

Come lei stessa si definisce in Interno con figure, 1976, p.XVIII. Si veda inoltre Fausta Cialente. Straniera dappertutto in S. Petrignani, Le signore della scrittura, 1984. 2 Per la biografia di Fausta Cialente si veda R. Asquer, Fausta Cialente. La Triplice anima, 1998. 3 Riferendosi alla generazione di scrittrici formatesi nel periodo tra la prima guerra mondiale e la Resistenza, M. Zancan osserva: Le esperienze individuali che portano alcune di esse (Cialente, De Cespedes, Masino) a essere, negli anni di formazione, itineranti e internazionali; quelle culturali che suffragate per molte dalla padronanza delle lingue straniere - le dispongono in un rapporto diretto e consueto con le letterature europee; le vicende politiche che coinvolgono alcune di esse (Cialente, De

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Cespedes, Morante, Ginzburg) nella storia dellantifascismo delineano i tratti di figure intellettuali che, nelle reciproche differenze, si collocano tutte direttamente oltre la fissit dei modelli. (Le autrici, in Letteratura italiana del Novecento. Bilancio di un secolo, 2000, pp. 112-113). 4 Enrico Pea, arrivato in Egitto giovanissimo, visse e lavor ad Alessandria quasi venti anni, fino al 1914. Della sua esperienza egiziana parla ne Il romanzo di Moscardino (1944) e in Vita in Egitto (1949) . 5 Sul rapporto di Ungaretti con Alessandria si veda: M. Scriboni, Immagini-memoria di Alessandria dEgitto in Ungaretti (e dialogo con Kavafis), in Incalcaterra McLoughlin L.(a cura di), Spazio e spazialit poetica nella poesia del Novecento, Leicester, 2005. 6 Costantino Kavafis, nato da famiglia greca ad Alessandria nel 1863, vi trascorse tutta la vita, con leccezione di brevi periodi. E.M. Forster lavor per la Croce Rossa ad Alessandria dal 1915 al 1919. Lawrence Durrell lavor come addetto stampa allambasciata Britannica ad Alessandria e al Cairo dal 1941 al 1944. 7 La storia di Alessandria e la sua fisionomia sociale e culturale nel periodo in cui vi soggiornarono Forster e Durrell sono illustrate nel bel libro di M. Hagg, Alexandria: City of Memory, 2004. 8 Del flusso di esuli risorgimentali in Egitto tratta E. Michel in Esuli italiani in Egitto (1815-1861), Pisa, 1958. 9 F. Cialente, Lazione degli antifascisti italiani in Egitto, 1975. 10 Cit. in Haag, p. 55 11 The city, half-imagined (yet wholly real), begins and ends in us, roots lodged in our memory, cit. in Haag, p. 8. 12 Prefazione di F. Cialente a Durrell, L., Clea, Milano, Feltrinelli, 1962. 13 E. Said, Orientalism, 1979, p. 20. 14 E. Said, Reflextions on Exile, 2001. Si vedano in particolare i saggi Reflextions on Exile, Orientalism Reconsidered e Between Worlds, in cui ricorrono queste definizioni. 15 In una bella lettura di Cortile a Cleopatra, Giuliana Minghelli osserva che in questo romanzo la geografia diviene apertamente cifra allegorica del potere e della storia (p. 229). Nota inoltre che attraverso la scrittura del soggetto nomade la rappresentazione dellEgitto fatta dalla Cialente inaugura la possibilit, per il soggetto occidentale, di occupare una diversa posizione (LAfrica in cortile: la colonia levantina nelle opere di Fausta Cialente, in Quaderni dItalianistica, 1994, p. 232). 16 Cortile a Cleopatra, 1936, p. 14. 17 ivi, pp. 200-202. 18 ivi, pp. 105-106. 19 ivi, p. 120. 20 ivi, p. 101. 21 ivi, p. 110. 22 Il farsi nomade di Marco sembra illustrare la definizione di Rosi Braidotti: Nomadic becoming is neither reproduction nor just imitation, but rather emphatic proximity, intense interconnectedness (Nomadic Subjects,1994, p. 5). Lo spazio/tempo egiziano rappresentato dalla Cialente, inoltre, fa pensare a quello spazio interstiziale - lin-between - a cui si riferisce Homi Bhabha: the terrain for elaborating strategies of selfhood - singular or communal - that initiate new signs of identity (The Location of Culture, 2004, p. 2). Un luogo, cio, in cui lidentit di soggetti ibridi in continua trasformazione. La stessa ricerca di identit dei protagonisti di questi romanzi e racconti e del soggetto nomade di scrittura riconduce alla domanda di Bhabha: How are subjects formed in-between or in excess of, the sum of the parts of difference? (ibidem). 23 Cortile a Cleopatra, p. 289. 24 In Interno con figure, 1976. 25 ivi, p. 116. 26 ivi, p. 66. 27 Ballata Levantina, 2003, p. 26. 28 Interno con figure, p. IX. 29 Ballata Levantina, pp. 142-143. 30 ivi,pp. 175-176. 31 ivi, pp. 220-222. 32 ivi, p. 276. 33 ivi p. 279. 34 ivi, pp. 335-336. 35 Il vento sulla sabbia, 1972, pp. 22-23.

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ivi, p. 38. ivi, p. 39. 38 ivi, p. 122. 39 ivi, p. 170. 40 Trinh, T. Min-ha, When the Moon Waxes Red: Representation, Gender and Cultural Politics, 1991, p. 16. 41 Le quattro ragazze Wieselberger, 1976, pp. 250-251.
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Bibliografia Asquer, Renata, Fausta Cialente La Triplice anima, Novara, Interlinea edizioni, 1998. Bhabha, Homi K., The Location of Culture, London and New York, Routledge, 1994 e Routledge Classics, 2004. Braidotti, Rosi, Nomadic Subjects, New York, Columbia University Press, 1994. Cialente, Fausta, Cortile a Cleopatra, Milano, Corticelli, 1936. _______, Ballata Levantina, Milano, Feltrinelli, 1961. _______, Un inverno freddissimo, Milano, Feltrinelli, 1966. _______, Interno con figure, Roma, Einaudi, 1976. _______, Il vento sulla sabbia, Milano, Mondadori, 1972. _______, Le quattro ragazze Wieselberger, Milano, Oscar Mondadori, 1978. _______, Lazione degli antifascisti italiani in Egitto, in Brigaglia, M., Resistenza, liberazione nazionale e prospettiva mediterranea, Atti del seminario internazionale per il trentesimo anniversario della Liberazione (Cagliari, dic. 1975), Quaderni Mediterranei, vol. 4, Edizioni Scientifiche Italiane, 1981. Hagg, Michael, Alexandria: City of Memory, Yale University Press, 2004. Minghelli, Giuliana, LAfrica in cortile: la colonia levantina nelle opere di Fausta Cialente in Quaderni dItalianistica, Volume XV, No. 1-2, 1994, pp. 227-235. Said, Edward, Orientalism, New York, Vintage Books, 1979. _______, Reflections on Exile, London, Granta Books, 2001. Petrignani, Sandra, Le signore della scrittura. Interviste, Milano, La Tartaruga, 1984. Trinh, T. Min-ha, When the Moon Waxes Red: Representation, Gender and Cultural Politics, New York and London, Routledge, 1991. Zancan, Marina, Le autrici. Questioni di scrittura, questioni di lettura, in Asor Rosa, A. (a cura di), Letteratura italiana del Novecento. Bilancio di un secolo, Torino, Einaudi, 2000.

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Una impressione globale nello spazio e alcune presenze fantastiche nel Gattopardo Ilaria de Seta 1. Le mappe e il metodo mutuato da Stendhal La funzione delle mappe sia o meno Nabokov debitore di Zola radicalmente mutata: quello che era un dispositivo di controllo, a cui il romanziere naturalista affidava il rispetto delle regole referenziali, diventa, tra le mani di un lettore come Nabokov, uno strumento di analisi e di interpretazione. Si tratta di uno strumento povero, ma in alcuni casi di singolare efficacia e tanto pi prezioso se si mira a una analisi tecnica, piuttosto che a una riflessione fenomenologica.1 Cos Mario Lavagetto concludeva la premessa metodologica di un saggio dedicato allo spazio e allintreccio in Senilit, nel quale si proponeva di applicare lo strumento, messo a punto da Nabokov, al romanzo di Svevo. Nellaffrontare lo studio delle rappresentazioni dello spazio nel Gattopardo, va osservato che anche per Tomasi di Lampedusa la funzione delle mappe sembra essere un vero e proprio dispositivo di controllo del testo. Non deve stupire che il suo modello di riferimento non sia per Zola2 che egli considera uno dei tanti rappresentanti delle due opposte tendenze della letteratura francese 3 ma Stendhal, 4 cio uno dei pochissimi scrittori che, a suo dire, congiungendo nelle proprie opere le opposte tendenze della letteratura nazionale, costituirebbe uneccezione a tali schieramenti. Nellintroduzione ai Ricordi dinfanzia, nellindicare lHenry Brulard come il capolavoro a cui rifarsi nello scrivere le proprie memorie, Tomasi dichiara: Cercher di aderire il pi possibile al metodo di Henry Broulard, financo nel disegnare le piantine delle scene principali [...] seguir il metodo di raggruppare per argomenti, provandomi a dare una impressione globale nello spazio piuttosto che nella successione temporale.5 Sul legame genetico tra i Ricordi e il Gattopardo, Gioacchino Lanza testimonia: siamo a met giugno del 1955. Lampedusa ha gi limato la prima parte del Gattopardo, sembra abbia bisogno di prender fiato prima di proseguire.6 Lanza afferma che una delle esigenze a cui i Ricordi andavano incontro era fornire un materiale di base per la parte centrale del Gattopardo.7 2. I ricordi dinfanzia e le fasi di stesura del Gattopardo. Se raggruppare per argomenti per dare una impressione globale nello spazio lintento che presiede alla scrittura dei Ricordi, e se i Ricordi sono un materiale di base per la scrittura della terza e della quarta parte del Gattopardo, 8 lecito, proprio a partire da tale legame tra le due opere, indagare le rappresentazioni spaziali nel romanzo.9 Ma per capire su quale materiale si innestino queste due parti necessario ricostruire brevemente le tappe della composizione del romanzo. Il primissimo intento di Tomasi saranno 24 ore della vita di mio bisnonno il giorno dello sbarco di Garibaldi 10 prevedeva che tutto il romanzo ruotasse attorno alla materia che nelle versioni successive rientra nella prima parte e cio che tutta la trama fosse imperniata su una sola dimora, la villa ai colli. Alla scrittura di quella parte,

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composta nellinverno 1955-56, seguirono altre tre parti: 1860 sbarco di Marsala; 1885 morte del Principe [...]; 1910 fine di tutto.11 Di queste tre parti, la cui scena dominata rispettivamente dal palazzo di Donnafugata, dallalbergo Trinacria e dalla villa ai colli, la memoria resta nei quaderni manoscritti dallautore. Solo nella successiva stesura, quella dattiloscritta da Francesco Orlando nel 1956, si trovano le due parti debitrici dei Ricordi, dominate dal Palazzo di Donnafugata. La parte su Padre Pirrone a S. Cono e quella sul ballo a Palazzo Ponteleone sono dunque le ultime due in ordine di composizione.12 Di esse tiene conto la cosiddetta terza stesura, ovvero la ricopiatura autografa in otto parti del 1957.13 3. Il paratesto e la logica che presiede alla suddivisone in parti del romanzo. Alcuni elementi paratestuali danno preziose indicazioni sulla funzione che hanno lo spazio e il tempo nel romanzo. Le scansioni in parti rendono conto di entrambe le dimensioni. La data, con indicazione di mese e anno,14 posta in calce a ogni parte, un indicatore temporale.15 Mentre lindice analitico,16 con le indicazioni dei luoghi in cui gli eventi si svolgono, testimonia dellimportanza attribuita dallautore alla dimensione spaziale come strumento di organizzazione della materia. Sembrerebbe, come dice Romano Luperini, che la narrazione sia tagliata in una serie di blocchi [...] unificati dalla ragione spaziale e poi montati in un ordine cronologico.17 Seguendo la suddivisione in parti18 del romanzo, si possono stabilire i principali luoghi attorno a cui ognuna di esse ruota. La prima parte si svolge in villa, con alcune scene chiave nel giardino19 e nellosservatorio,20 due ambienti che rivestono una funzione narrativo-simbolica di particolare rilievo allinterno del romanzo; la seconda, la terza e la quarta al palazzo di Donnafugata; la quinta a S. Cono; la sesta a Palazzo Ponteleone; la settima nella camera dellalbergo Trinacria; lottava nuovamente in villa. utile riflettere ancora sul modo in cui lorganizzazione spaziale influisce sulla costruzione dei blocchi narrativi e sulla suddivisione in parti. Se si escludono la quinta e sesta parte, che in ragione e a dimostrazione della composizione tardiva, sono due monadi autosufficienti, solo la settima fa da eccezione, non avendo come scenario uno dei due spazi dominanti, la villa ai colli o il palazzo di Donnafugata. Delle due dimore, la villa lo spazio da cui la narrazione prende avvio nella prima parte e a cui, compiendo un movimento ciclico, torna per concludersi nellottava; il palazzo, dominando la seconda, la terza e la quarta parte del romanzo, lo spazio attorno a cui si sviluppa il nodo centrale della narrazione. 4. Questioni metodologiche: Lotman e Perec Se si tiene conto del significato che Lotman attribuisce allopposizione tra gli spazi chiusi e aperti,21 si possono fare delle riflessioni sulla preponderanza nel Gattopardo di scene girate in interni. Tra gli spazi chiusi possibile distinguere una serie principale, fatta di spazi in cui si snodano i momenti chiave dellintreccio (la villa ai colli, il palazzo di Donnafugata, il palazzo Ponteleone, la casa di padre Pirrone e lalbergo Trinacria) e una serie secondaria, in cui cio si svolgono le digressioni narrative (la corte del re, la villa Falconieri, la villa Rampinzeri, la chiesa Madre, il monastero di S. Spirito, la chiesa di S. Ninfa, il Municipio di Donnafugata). Si osserva che gli interni sono preponderanti e fungono da spazi catalizzatori, e che, al contrario,

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gli esterni li circondano in un sistema di orbite concentriche. Da questa prospettiva la continuit piuttosto che la contrapposizione contraddistingue il rapporto tra spazi chiusi e aperti. Sulla falsariga di Perec si possono vedere gli spazi in una successione progressiva, a partire da quelli chiusi individuali per giungere agli spazi aperti collettivi e avvertiti come distanti.22 E alla netta partizione tra interni ed esterni preferibile una scomposizione in nuclei dominanti: la villa ai colli e la campagna circostante, il palazzo di Donnafugata e il paese su cui domina, etc. importante anche notare quali ruoli hanno i singoli nuclei nella distribuzione della materia narrativa in parti. E cos si noter che la villa scenario della prima e dellultima parte; che il palazzo di Donnafugata fa da centro catalizzatore della seconda terza e quarta parte; che la quinta parte ha come scenario e soggetto S. Cono, il paese natale di Padre Pirrone, e fuoriesce dallorbita dei possedimenti dei Salina; che la sesta anchessa una parte autonoma e ha come luogo dominante il palazzo Ponteleone; e che la settima parte, brevissima, ha come scenario lalbergo dal suggestivo nome Trinacria, dove ha luogo lagonia e la morte del Principe.23 5. Le dimore signorili in funzione metonimica Le due dimore dei Salina, villa ai colli e palazzo di Donnafugata, funzionano come due universi autosufficienti e inglobano tutte le tipologie spaziali che, come duplicate, si ritrovano, in dimensioni spesso pi ampie, al loro esterno, in una o pi realizzazioni. Esse sono come un quadro nel quadro, una mise en abyme, una metonimia, una figura in scala ridotta, della Sicilia aristocratica che cerca di opporre resistenza al passaggio di consegna della detenzione del potere alla nuova classe. utile, forse, soffermarsi un attimo sul modo in cui gli spazi delle due dimore riproducono o anticipano e perci ribadiscono e rafforzano le funzioni di altri spazi di scala maggiore collocati fuori di loro. Basti pensare alla funzione religiosa che hanno il salone rococ in villa entro cui fino alla morte del Principe si svolge quotidianamente la recita del rosario o alla cappella privata che viene allestita dalle tre figlie del Principe dopo la sua morte in villa Salina o agli appartamenti del Duca Santo a Palazzo Salina. La funzione religiosa che hanno questi ambienti privati ha il suo prolungamento, o se si vuole ha il suo doppio negli edifici istituzionalmente consacrati alla professione di fede: la Chiesa di S. Spirito, la cattedrale a Donnafugata, S. Ninfa, per non parlare delle cupole che costellano il paesaggio di Palermo vista dallalto. Sia nella dimensione privata che in quella pubblica i luoghi sacri sono occasione di dissacrazione. Analogamente lo studio in villa del Principe, dove la dimensione storico-politica si realizza negli argomenti e nei toni delle discussioni che vi si svolgono, fa tornare alla memoria lo studio di un personaggio storico con funzione istituzionale, pubblica, quello del Re a Corte: Gli torn in mente ad un tratto la scrivania di Re Ferdinando a Caserta, anchessa ingombra di pratiche e di decisioni da prendere con le quali ci si potesse illudere dinfluire sul torrente delle sorti che invece irrompeva per conto suo, in unaltra vallata.24 In entrambi gli studi la funzione pubblica compensata o meglio svalutata dalla gestione privata o dal risvolto intimistico. Losservatorio, che offre al Principe uno sguardo sul cielo, ed il luogo favorito, in cui si apparta e riflette, anticipa e riproduce tutte le scene notturne a cielo aperto in

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cui il Principe rivolge il proprio sguardo al cielo. In quel luogo egli svolge la sua occupazione intellettuale, realizza il suo interesse scientifico per lastronomia, e tende, con lo sguardo e il pensiero, a un mondo remoto e fantastico, distante dalla realt e dalla storia, prossimo al mito, specchio e poi tramite con laldil. Il mare, con funzione analoga, fornisce il campo metaforico per descrivere lagonia del Principe nellAlbergo Trinacria. Il paesaggio agreste25 osservato e descritto dal principe affacciato alle finestre delle dimore e delle carrozze e del treno in movimento presente allinterno della villa, nella forma di un dipinto che rappresenta i possedimenti di famiglia, nelle stanze dellAmministrazione. Quello delle stanze dellAmministrazione non lunico caso nel romanzo in cui compaia una rappresentazione iconografica. Ulteriore mise en abyme, rappresentazione in scala ridotta del mondo che compone il romanzo sono i numerosi dipinti religiosi, mitologici, storici, ritratti di famiglia. 6. Lincipit nel salone rococ: un caso limite tra descrizione e narrazione Il romanzo inizia ex abrupto con la recita del rosario che si svolge nel salone rococ. Alla religiosit cattolica della scena, i Misteri dolorosi (p. 23) pronunciati dal Principe e i fiori doro di parole inconsuete: amore, verginit e morte (ivi), fanno da contrappunto figure mitologiche e divinit pagane, che dalle pareti, dal pavimento e dal soffitto, su parati, mattonelle e affreschi osservano e attendono pazientemente la fine della recita. Il contegno mostrato durante quella mezzora il prezzo da pagare per le ventitr ore e mezza di signoria sulla villa (p. 24). Alla fine del rosario i pappagalli del parato, intimiditi dalle preghiere, tornavano a librarsi in volo; le figure mitologiche delle mattonelle, coperte dalle gonne delle donne di famiglia, tornavano a svelare le nudit; la Maddalena tra le due finestre, in posa da penitente (p. 23), tornava a essere una bella biondona, svagata in chiss quali sogni (ivi); le schiere di Tritoni e di Driadi nellaffresco del soffitto erano prese da tanta esultanza da trascurare le pi semplici regole prospettiche (p. 24). In una parola non appena i mortali di casa Salina discendevano in fretta gi dalle sfere mistiche (ivi), il salotto rococ tornava ad essere la sede del governo di creature fantastico-mitologiche sulla villa. Nessuna incertezza da parte del lettore a riconoscere e ad identificare una descrizione: qualcosa che nel racconto si staglia nettamente, per cui il racconto si ferma, la cornice ambientale passa in primo piano.26 Cos esordisce Philippe Hamon nel suo saggio sulla descrizione. Leggendo la pagina iniziale del Gattopardo la certezza di cui Hamon parla vacilla. Se non c dubbio che il salone rococ venga descritto, ci si deve arrendere al dato di fatto che la descrizione dellambiente e la narrazione dellevento facciano corpo unico. Seppure la struttura narrativa si presenti distinta in due parti, la prima riguardante la mezzora di preghiere e la seconda relativa a ci che accade al termine delle preghiere, non facile stabilire dove inizi e dove finisca la descrizione. Ecco la prima parte:
mentre durava quel brusio il salone rococ sembrava aver mutato aspetto; financo i pappagalli che spiegavano le ali iridate sulla seta del parato erano apparsi intimiditi; perfino la Maddalena tra le due finestre, era sembrata una penitente anzich una bella biondina, svagata in chiss quali sogni, come la si vedeva sempre (p. 23).

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I verbi di percezione27 ci fanno riconoscere il brano come almeno parzialmente descrittivo. Le voci verbali composte sembrava aver mutato aspetto, erano apparsi intimiditi, era sembrata una penitente agiscono in due modi sulla percezione del testo da parte del lettore. Da un lato gli stessi verbi di percezione (sembrare, apparire) smorzano leffetto di realt, in modo che il lettore messo in guardia sullillusoriet di ci che gli di fronte; dallaltro il tempo trapassato fa presupporre una modifica del quadro sotto gli occhi, creando unattesa nel lettore. Si aggiunga che i verbi sono sinonimi, ma alludono sempre ad una parvenza percepita non solo dallocchio, ma dalla sensibilit dei presenti. Alla scadenza della mezzora: tutto rientrava nellordine, nel disordine consueto (p. 23). Il passaggio alla seconda porzione di testo in cui dallanomala descrizione si passa allaltrettanto anomala narrazione indicato da una serie di fattori: la comparsa di tempi verbali finiti,28 lapertura di una porta29 e un singolare avvicendamento sulla scena. Si veda ci che accade:
Nellaffresco del soffitto si risvegliarono le divinit. Le schiere di Tritoni e di Driadi che dai monti e dai mari fra nuvole lampone e ciclamino si precipitavano verso una trasfigurata Conca dOro per esaltare la gloria di casa Salina, apparvero di subito colme di tanta esultanza da trascurare le pi semplici regole prospettiche; e gli Dei maggiori, i Principi fra gli Dei, Giove folgorante, Marte accigliato, Venere languida, che avevano preceduto le turbe dei minori, sorreggevano di buon grado lo stemma azzurro col Gattopardo. Essi sapevano che per ventitr ore e mezza, adesso, avrebbero ripreso la signoria della villa. Sulle pareti le bertucce ripresero a far sberleffi ai cacatos (pp. 2324).

Lautore ironizza sulla modesta qualit degli affreschi il cui anonimo autore ignora le pur essenziali regole prospettiche e si avvale di improbabili tinte lampone e ciclamino. Le icone del salone diventano soggetti attivi di movimenti fantastici si risvegliarono, ripresero, apparvero. Mentre chi era in preghiera esce di scena Le donne si alzavano lentamente (p. 23) lalano di casa si unisce al bestiario a due dimensioni Dalla porta attraverso la quale erano usciti i servi lalano Bendic [...] entr e scodinzol (ivi). Se Hamon prevede casi di dinamizzazione antropomorfizzante dei lessici,30 che non di rado contribuiscono a fare della cornice ambientale un attante collettivo,31 sembra qui di essere piuttosto di fronte a una visione fantastica in cui sono crollate le barriere tra descrizione e narrazione. Il sottile gioco di illusione e realt si dimostrer essere frutto di un capriccio della mente del protagonista voce narrante in discorso indiretto libero e non lestroso incipit di un racconto fantastico. Che il Principe sia la mente visionaria responsabile della scena desordio, lo si capisce poco alla volta. Si pensi ad alcuni indizi che denunciano il valore connotativo di questa descrizione quali la fortissima antitesi ordine-disordine, le parole inconsuete amore, verginit, morte e la metamorfosi delle figure rappresentate nellaffresco. Tali indizi dimostrano come tutto passi attraverso il filtro percettivo del protagonista che sembra proiettare gi qui la propria conflittualit. Questa scena iniziale ha un valore di anticipazione rispetto allintera vicenda narrata nel romanzo e il salone rococ, che riveste un ruolo chiave nella narrazione, strategicamente presente a inizio romanzo. La seconda allusione a una dimensione fantastica al termine dalla prima parte del romanzo, cio dopo ventiquattrore esatte dallinizio, quando il rituale religioso sta

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per ripetersi: Un raggio di sole carico di pulviscolo illumin le bertucce maligne (p. 55). Un indizio sul punto di vista si ha in un passo successivo. A proposito della discussione di una relazione di astronomia in osservatorio tra Don Fabrizio e padre Pirrone, la voce narrante postilla: Per mezzora quella mattina gli dei del soffitto e le bertucce del parato furono di nuovo posti al silenzio. Ma nel salone non se ne accorse nessuno (p. 51). La conferma che si tratti di fantasticherie del Principe arriva alla fine del romanzo. Nella parte ottava, a cinquantanni dalla prima e a ventisette dalla morte del Principe, la sala, detta adesso centrale, non ospita la recita quotidiana del rosario, ma lincontro tra figlie del Principe e alcuni membri del clero e le figurine che in presenza del principe animavano il salotto rococ, sono ora restituite alla loro fissit come parte dellarredo:
La riunione si svolgeva nel salone centrale della villa, quello delle bertucce e dei pappagalli. Su di un divano ricoperto di panno bleu con filettature rosse acquisto di trentanni prima che stonava malamente con le tinte evanescenti del prezioso parato, sedeva la signorina Concetta con Monsignor Vicario alla destra; ai lati del divano due poltrone simili ad esso avevano accolto la signorina Carolina ed uno dei Gesuiti, padre Corti [... ] e gli altri ecclesiastici si accontentavano delle sedie ricoperte della medesima seta del parato che allora sembravano a tutti di minor pregio delle invidiate poltrone (p. 231).

7. Da figurina sul parato a compagna di viaggio: Venere. significativo che ad inizio di romanzo, nel salone rococ, a sorreggere lo stemma col Gattopardo, insieme a gli Dei maggiori, i Principi fra gli Dei, Giove folgorante, Marte accigliato faccia la sua comparsa Venere languida, che avevano preceduto le turbe dei minori, sorreggevano di buon grado lo stemma azzurro col Gattopardo (p. 24). Se qui appare come figura mitologica, nel corso del romanzo, in un processo di avvicinamento alla figura del Principe, assumer sembianze diverse. Uno dei piccoli piaceri che Don Fabrizio ricorda delle andate a caccia la vista della stella del mattino: Venere brillava, chicco duva sbucciato, trasparente e umido, e di gi sembrava di udire il rombo del carro solare che saliva lerta sotto lorizzonte (p. 94). Tornando dal ballo a casa Ponteleone, il Principe Da una viuzza traversa intravide la parte orientale del cielo, al di sopra del mare. Venere stava l, avvolta nel suo turbante di vapori autunnali. Essa era sempre fedele, aspettava sempre Don Fabrizio alle sue uscite mattutine, a Donnafugata prima della caccia, adesso dopo il ballo (p. 211). E uno dei luoghi delezione del Principe losservatorio. Tale luogo ha la funzione di anticipare e riprodurre tutte le scene notturne a cielo aperto in cui egli rivolge il proprio sguardo al cielo. Lastronomia per il Principe lesercizio pi alto dello spirito, giacch attraverso di essa infatti egli entra in contatto con laldil. In osservatorio il Principe afferma la superiorit della scienza rispetto a religione e mito. In fin di vita: ripens al proprio osservatorio, ai cannocchiali destinati ormai a decenni di polvere (p. 220). E ancora, facendo il bilancio consuntivo della sua vita (p. 223), una delle pagliuzze doro : molte ore in osservatorio assorte nellastrazione dei calcoli e nellinseguimento dellirraggiungibile; ma queste ore potevano davvero essere collocate nellattivo della vita? Non erano forse unelergizione anticipata delle beatitudini mortuarie? Non importava, cerano state (ivi). Allo scorrere del tempo, ai cambiamenti della storia e ai rivolgimenti politici sembra sottrarsi non tanto, come

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potrebbe apparire dal discorso di Don Fabrizio con Chevalley, la Sicilia, in quanto terra che sfugge per natura ai cambiamenti, quanto inoppugnabilmente la dimensione celeste. Loccupazione del Principe indica fin dallinizio la sua propensione a guardare al di sopra degli accadimenti terreni, della storia e della politica. Indica la sua consapevolezza dellimpossibilit di frenare il tempo e la storia e il desiderio di rifugiarsi in un altrove che da nulla intaccato. Oggetto di studio da parte delluomo, la volta celeste non condizionata dalle leggi generali dellumanit, ma una sorta di Eden primigenio. Inoltre la stella Venere oggetto di studio, attraverso losservazione con il telescopio subisce una personificazione nella figura della viaggiatrice vagheggiata in punto di morte. Divinit dellaffresco nella prima parte, stella del firmamento nelle parti terza e sesta, Venere prender nella settima parte sembianze umane. Quando il principe appare in fin di vita, la bella aveva detto il suo s, la fuga decisa, lo scompartimento nel treno, riservato (p. 216),32 la divinit-stella sotto le spoglie di giovane donna riappare come compagna dellultimo viaggio del Principe, in una scena che in indiretto libero descrive il momento del trapasso:
Fra il gruppetto ad un tratto si fece largo una giovane signora: snella, con un vestito marrone da viaggio ad ampia tournure, con un cappellino di paglia ornato da un velo a pallottoline che non riusciva a nascondere la maliosa avvenenza del volto. Insinuava una manina inguantata di camoscio fra un gomito e laltro dei piangenti, si scusava, si avvicinava. Era lei, la creatura bramata da sempre che veniva a prenderlo: strano che cos giovane comera si fosse arresa a lui; lora della partenza del treno doveva essere vicina. Giunta faccia a faccia con lui sollev il velo e cos, pudica ma pronta a esser posseduta, gli apparve pi bella di come mai lavesse intravista negli spazi stellari (p. 225).

M. Lavagetto, Spazi e intreccio in Senilit, in Le configurazioni dello spazio nel romanzo del 900, in P. Amalfitano (a cura di), 1998, pp. 17- 32 (p. 21). 2 Anche se, proprio di Zola, Tomasi parla come di uno degli scrittori che ignoti restarono al mondo dei posteri ma che fortemente lo influenzarono di uno dei veri realisti. (G. Tomasi di Lampedusa, La Letteratura inglese, in Opere, 1997, pp. 1333-1846, p. 1187). E, a proposito di un brano aggiunto alla prima stesura della quarta parte, Orlando ricorda: Lampedusa mi aveva parlato con ammirazione dellimmenso giardino emanante sensualit panica ne La Faute de labb Mouret di Zola.. (F. Orlando, Ricordo di Lampedusa [1962], 1996, p. 73). 3 In Ragioni e Pretesti, premessa alla Letteratura francese, Tomasi dice: In tutto il corso della letteratura francese si nota con stupefacente chiarezza una alternanza dialettica fra due tipi di opere: quelle asciutte, discorsive, scettiche e quelle emozionali, estroverse e quindi cariche di ornamentazione. Tutte e due le correnti hanno dato opere di primissimo piano. La preferenza per una corrente o per laltra questione personale. Tra i membri della seconda schiera annovera Zola. (G. Tomasi di Lampedusa, La Letteratura francese, in Opere, cit., p. 1362). 4 Dopo aver menzionato i membri delle due correnti, Tomasi prosegue: Vi sono poi i due miracoli: due scrittori che hanno costretto il temperamento incandescente e lanimo sfrenato nella veste pi rigida: Racine e Stendhal; e congiungendo nelle loro opere le opposte tendenze francesi hanno prodotto quel che hanno prodotto (G. Tomasi di Lampedusa, La Letteratura francese, cit., p. 1362). 5 G. Tomasi di Lampedusa, Ricordi dinfanzia, in Opere, cit., p. 338. 6 G. Lanza Tomasi, Premessa a I Racconti, in G. Tomasi di Lampedusa, Opere, cit., p. 330. 7 Ivi, p. 331.

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Sono sicuro anche che i Ricordi dinfanzia furono iniziati dopo Il Gattopardo, e probabilmente la ricchezza di memorie suscitate dalla ricostruzione mentale di Santa Margherita, lurgenza di narrare, avranno fatto dilagare la materia oltre gli argini di uno schema precostituito. La correzione della numerazione, tanto delle parti che delle pagine, da La morte del Principe in poi, indica laggiunta prima della parte III e poi il suo sdoppiamento in parte III e parte IV (G. Lanza Tomasi, Introduzione a Tomasi di Lampedusa, in Opere, cit., p. 7). A proposito della composizione della quarta parte si veda anche la testimonianza di Francesco Orlando. Egli ricorda che le diverse parti nacquero certo in un ordine diverso da quello in cui si susseguono oggi (F. Orlando, Ricordo di Lampedusa, cit., pp. 69-70). 9 Dal momento che fu lo stesso Lampedusa con I ricordi dinfanzia a saldare i ponti tra dimensione biografica e dimensione letteraria pi che mai superfluo indagare tale rapporto. 10 G. Lanza Tomasi, Introduzione, cit., p. 7. Nellindagare il modo in cui gli spazi sono rappresentati, distribuiti e descritti e il ruolo che hanno nella narrazione del Gattopardo, si intende usare come riferimento la versione conforme al manoscritto del 1957, pubblicata da Feltrinelli nel 1969, e riedita successivamente da Mondadori per i Meridiani. Delle varianti tra le diverse stesure si terr conto nel corso dellanalisi sui singoli brani. A proposito della ricopiatura del 57, Orlando dice: Lampedusa esegu a mano per farne dono a Gioacchino una ricopiatura integrale e meticolosa, che comprendeva naturalmente i due capitoli non dattiloscritti e comportava correzioni al testo di tutti gli altri; io non la vidi mai [...] in ogni caso come testo autentico e definitivo del Gattopardo non pu valere che quello di questultimo manoscritto (F. Orlando, Ricordo di Lampedusa, cit., p. 70). 11 G. Lanza Tomasi, Introduzione, cit., p. 7. 12 Il quinto ed il sesto [capitolo], cio le vacanze di Padre Pirrone e la festa da ballo, vennero concepiti e stesi successivamente [...].Qui ho un termine di riferimento cronologico sicuro, linizio dellaprile 1957 (F. Orlando, Ricordo di Lampedusa, cit., p. 70). 13 G. Lanza Tomasi, Introduzione, cit., p. 6. Un nuovo frammento inedito della contrastata vicenda della pubblicazione del romanzo emerso dallArchivio di Elena Croce: una lettera di colui che, per conto della moglie di Lampedusa, diede il manoscritto del Gattopardo a Elena Croce: Giargia Giorgio. Palermo 16 3 1958. Gentile e cara Signora, anche se le scrivo cos raramente, so che Ella conosce la profonda devozione che ho per Lei.[] Come Ella avr certamente saputo, Feltrinelli pubblicher il manoscritto che le avevo dato; e di ci la ringrazio, anche a nome della Principessa di Lampedusa, vedova dellautore. Questi, infatti, il principe Giuseppe di Lampedusa (nipote del Marchese della Torretta, che Ella probabilmente conoscer) mancato lestate scorsa, durante il mio viaggio negli Stati Uniti; era un uomo di grande cultura ed il romanzo da una testimonianza di prima mano della storia della sua famiglia da un secolo a questa parte. Penso che anche sotto il profilo sociologico e storico, il crepuscolo di una nobilt che non passata attraverso la rivoluzione francese o quella russa (attraverso la quale passata invece la Principessa di Lampedusa, baltica di nascita), osservata, per cos dire dallinterno interesser molta gente. [] Gradisca i miei devoti saluti. Suo, Giorgio Giargia. (Archivio Elena Croce, Fondazione Biblioteca Benedetto Croce). 14 Maggio 1860, agosto 1860, ottobre 1860, novembre 1860, febbraio 1861, novembre 1862, luglio 1883, maggio 1910. 15 Anche se, come suggerisce Romano Luperini, il transito del tempo non mai articolato narrativamente: viene confinato fuori dalla narrazione nella didascalia in corsivo che accompagna il numero di ciascuna parte del romanzo (R. Luperini, Il gran signore e il dominio della temporalit, in Giuseppe Tomasi di Lampedusa, pp. 203-216, p. 206). 16 Nunzio Zago, nel parlare di alcuni elementi tecnico-formali, che farebbero pensare al Gattopardo come a un romanzo tradizionale, polemico sulla scelta di confinare i sommari dei singoli capitoli, scelta che riconduce alla maniera di tanta romanziera sette-ottocentesca, in posizione di indice analitico. (N. Zago, Modernit del Gattopardo, in Giuseppe Tomasi di Lampedusa, pp. 195-202, p. 196). Lanza testimonia invece della sua fedelt al manoscritto del 1957 nella scelta editoriale. Parla infatti di indice analitico posto a compimento del manoscritto completo (G. Lanza Tomasi, Introduzione a Opere, cit., p. 6). 17 R. Luperini, Il gran signore e il dominio della temporalit, cit., p. 206. Luperini sostiene inoltre che ci sia stata da parte dellautore una scelta strutturale: Fissare il tempo nello spazio per dominarlo. [...] Condensare al massimo il tempo, tagliandolo in segmenti brevi e calandolo nello spazio. (R. Luperini, Il gran signore e il dominio della temporalit, cit., p. 205-206). 18 Adotto la dizione parti, anzich capitoli, perch cos con propriet si espresse lautore. (G. Lanza Tomasi, Introduzione, cit., p. 6). Anche Zago sottolinea limportanza della scelta dellautore della dicitura

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parti e ne spiega il significato: il romanzo si configura come un montaggio di blocchi narrativi relativamente autonomi, che lautore a ragion veduta nomin parti e non capitoli, ossia come una successione ellittica, a sbalzi (N. Zago, Modernit del Gattopardo, cit., p. 198). 19 Il giardino a met tra luoghi naturali e artificiali, come provato dallinsistenza con cui il narratore con la consueta scrittura grassa indichi che sia cinto da mura (Racchiuso [...] fra tre mura e un lato della villa), traendone come conseguenza laspetto cimiteriale (la reclusione gli conferiva un aspetto cimiteriale). Proprio la costrizione in uno spazio delimitato determina il miscuglio di immagini mortuarie e odori carnali. La vegetazione (natura), costretta fra le mura (artificio), d luogo a manifestazioni inaspettate che richiedono lutilizzo di una prosa ricca di metafore, che vanno dal materiale allimmateriale e che attingono alla sfera semantica mortuaria, erotica e religiosa assieme. Se eros e tanatos caratterizzano laspetto del giardino conferendogli attributi da luogo degli inferi, esso entra a buon diritto nella tradizione dei giardini peccaminosi e misteriosi, restando escluso invece da quella del locus amoenus o del paradiso primigenio. 20 Durante le ore diurne gli strumenti di osservazione astronomica non sono utilizzati e, come le bertucce del salone, vengono visti in atteggiamenti e fattezze di esseri viventi: I due telescopi e i tre cannocchiali, accecati dal sole, stavano accucciati buoni buoni, col tappo nero sulloculare, bestie bene avvezze che sapevano come il loro pasto venisse dato solo la sera (pp. 47-48). Va sottolineato che dallosservatorio astronomico il protagonista getti lo sguardo sul paesaggio e cio verso il basso, verso la terra, piuttosto che verso lalto, ovvero verso il cielo. Se laggettivazione astronomico defunzionalizzata dallorario, il sostantivo osservatorio indica la funzione vigente. Da quel luogo si osserva il cielo di notte e la terra di giorno. E si badi anche lattenzione alla luce solare che contrasta, in assenza, con quella stellare. 21 Lo spazio chiuso, venendo interpretato nei testi sotto varie forme spaziali delle cose di tutti i giorni: una casa, una citt, la patria, ed attribuendosi determinati segni come nativo, caldo, sicuro, si oppone al chiuso spazio esterno e ai suoi segni: estraneo, nemico, freddo (Jurij M. Lotman, La struttura del testo poetico, 1976, pp. 271-272). A proposito dellopposizione tra spazi interni e esterni e del modo in cui possono essere percepiti si veda M. Bal, Narratology, 1985, p. 94. 22 Perec impianta la sua trattazione degli spazi su un movimento centrifugo, dal letto, spazio individuale, al mondo, passando per camera, appartamento, palazzo, strada, quartiere, citt, campagna e paese (G. Perec, Specie di spazi, 1989). 23 Non un caso che il trapasso di Don Fabrizio, evento di passaggio per antonomasia, avvenga in luogo di passaggio come un albergo. Il monologo interiore che scandisce gli ultimi istanti di vita di Don Fabrizio una sorta di flash-back esistenziale che si intreccia con la percezione allucinata del presente. 24 G. Tomasi di Lampedusa, Il Gattopardo, 1997, p. 43. Le pagine delle successive citazioni saranno indicate nel testo in parentesi. 25 Si pensi alla trasfigurazione estrema di quello descritto durante lultimo viaggio in treno del principe che una delle pi forti e visionarie rappresentazioni spaziali del romanzo con una grande valenza metaforica, in quanto esasperata espressione del sentimento di morte che pervade il protagonista nella settima parte. 26 P. Hamon, Semiologia, lessico, leggibilit del testo narrativo, cit., p. 55. 27 Ivi, p. 62. 28 Possono pure contribuire a demarcare una descrizione lo iato nella distribuzione di certi contrassegni (egli/si, passato remoto/imperfetto). (P. Hamon, idem, n. 24, p. 194). 29 P. Hamon, idem, p. 65. 30 Ivi, p. 80. 31 Ivi, p. 200. 32 Chiarita lidentit della bella menzionata poche pagine prima e la meta del viaggio a cui in quel passo si allude, resta linterrogativo sul perch del treno come mezzo di trasporto. Il Principe dopo essere stato a Napoli, per una visita medica, Aveva preteso di ritornare per via di terra. Limplicito desiderio di evitare di traversare il mare conduce il lettore a unaltra opera narrativa di Tomasi. Nel racconto Lighea [1961], Rosario La Ciura ricorda come da giovane avesse accettato la proposta di un viaggio in automobile solo una volta, saputo che la strada non andava lungo la costa ma nellentroterra; e da vecchio, prima di affrontare un viaggio in mare che si sarebbe rivelato fatale aveva detto: Parto domani e quando alla mia et si va via non si sa mai se non ci si dovr trattenere lontani per sempre; specialmente quando si va per mare. Il mare agisce, dunque, come frontiera verso laltrove non solo geografico del continente. Mentre nel Gattopardo la paura del mare implicita e non sviluppata, in Lighea si spiega nellesito del racconto. Se il Principe verr condotto in cielo da una stella, il senatore

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verr condotto in mare da una sirena. In entrambi gli scritti dunque una figura femminile, pi o meno immaginaria, a condurre il protagonista dal mondo dei vivi a quello dei morti. Il rapporto con laldil in entrambi gli scritti coltivato in vita dai protagonisti: Don Fabrizio astronomo e contempla le stelle, il senatore un classicista a cui le onde del mare conciliano lo studio. Se nel Gattopardo i riferimenti espliciti alla mitologia stanno nelle descrizioni delle pareti e dei soffitti affrescati della casa principesca, in Lighea continue sono le allusioni a una dimensione mitologica. La mitologia e lo studio dei classici in Lighea, come lastronomia nel Gattopardo, creano una connessione tra realt e fantasia, regno dei vivi e regno dei morti. Mare e cielo sono dimensioni alternative dello studio, della contemplazione, del raccoglimento e in virt dellapparizione-rivelazione di creature femminili a met strada tra realt e immaginazione divengono rifugio eterno e fantastico.

Bibliografia Bal, Mieke, (translated by Christine van Boheemen), Narratology. Introduction to the Theory of Narrative, Toronto, Buffalo, London, University of Toronto Press, 1985. Hamon, Philippe, Quest-ce quune description?, in Potique, 3, 1972, pp. 465-85, trad it., Che cos una descrizione in Semiologia, Lessico. Leggibilit del testo narrativo, Parma-Lucca, Pratiche Editrice, 1977. Lavagetto, Mario, Spazi e intreccio in Senilit, in P. Amalfitano (a cura di) Le configurazioni dello spazio nel romanzo del 900, Roma, Bulzoni,1998. Lotman, Jurij M., La struttura del testo poetico, Milano, Mursia, 1976. Luperini, Romano, Il gran signore e il dominio della temporalit, in Francesco Orlando (a cura di), Giuseppe Tomasi di Lampedusa. Cento anni dalla nascita, quaranta dal Gattopardo. Atti del Convegno. Palermo, 12-14 dicembre 1996, Palermo, Zito Stamperia, 1999, pp. 203-216. Orlando, Francesco, Ricordo di Lampedusa, Torino, Bollati Boringhieri, 1996. Perec, Georges, Specie di spazi, Torino, Bollati Boringhieri, 1989. Tomasi di Lampedusa, Giuseppe, Opere, a cura di Gioacchino Lanza Tomasi e Nicoletta Polo, Milano, Arnoldo Mondadori, 1997. ______, Il Gattopardo, Milano, Feltrinelli, 1997. ______, Il Gattopardo, nuova edizione a cura di Gioacchino Lanza Tomasi, Milano, Feltrinelli, 2002. Vitello, Andrea, Giuseppe Tomasi di Lampedusa, Palermo, Sellerio, 1987. Zago, Nunzio, Modernit del Gattopardo, in Francesco Orlando (a cura di), Giuseppe Tomasi di Lampedusa, cit., pp. 195-202.

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Il muro del Giardino dei Finzi-Contini: linea di fuga nella rottura del tempo Rossana Lista
Impatience violence arbre dracin Flche devant loiseau les ailes arraches Les ailes arraches la terre au fond de leau Trane comme mes mains amoureuses et ples La boue au fond de leau la vase nuageuse La substance vidente dont je sortirai Dont je mchapperai car jimpose lespace Ce haut mur en tous sens qui compose ma mort Ce mur fuyant des jours ternels ma demeure.1 Paul luard, Le mur in Le lit la table

In La Gocritique. Rel, fiction, espace la riflessione di Bertrand Westphal2 prende avvio dalla constatazione che allindomani della Seconda Guerra mondiale le metafore relative al tempo tendono a spazializzarsi, con la conseguente rivalutazione della categoria concettuale di spazio rispetto a quella di tempo, la quale fino a quel momento aveva esercitato in ambito critico e teorico una supremazia incontrastata. Ma gi prima del secondo conflitto il tempo aveva subito un profondo cambiamento di status: con la teoria della relativit speciale di Einstein perde infatti la sua assolutezza newtoniana per divenire relativo allo stato di moto dellosservatore, lo spazio e il tempo diventano perci concetti fisici non pi separabili ma inscindibili nellunit dimensionale dello spazio-tempo. Per la teoria della relativit generale ogni spaziotempo costituisce un intero universo. Mentre nella sua oggettivit il tempo subiva un attacco di tale portata, sul piano fenomenologico Husserl gli dava ancora per cos dire rifugio nella soggettivit della coscienza: un luogo definito dalla temporalit stessa, in cui possibile viaggiare nel tempo secondo le linee segnate da una geometria noneuclidea. Ma ci che pi ha mutato la nostra percezione del tempo e dello spazio certo il progresso tecnologico e laccelerazione che esso ha impresso al movimento della vita umana. Secondo non pochi teorici lepoca successiva al 1945 caratterizzata da una temporalit in cui la dimensione sincronica sembra prevalere su quella diacronica: gli avvenimenti si comprimono in un presente che tende alla musealizzazione, con un effetto apparentemente paradossale: unattenzione spasmodica nei confronti del passato. Infatti, secondo quanto afferma Hermann Lbbe, nessuna epoca stata cos legata al passato quanto la nostra, i cui sforzi per salvaguardarne lattualit hanno raggiunto unintensit senza precedenti nella storia.3 Ci molto probabilmente leffetto di quella che viene definita una destrutturazione della linea temporale, alla quale si addice suggestivamente una topologia dello spazio frattale dal latino fractus: rotto, spezzato.4 Quanto pi la tradizione si allontana, tanto pi essa si muta in passato. Ma torniamo alla constatazione di Westpahl e interroghiamoci sul perch le metafore relative al tempo si spazializzano allindomani della Seconda Guerra
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mondiale. Il nostro orientamento categoria spaziale nella Lebenswelt reso possibile da una coscienza temporale che al presente intreccia costantemente il passato e il futuro nelle forme, che Reinhart Koselleck ha reso paradigmatiche, dellErfahrungsraum (spazio dellesperienza) e dellErwartungshorizont (orizzonte dattesa). Sulla continuit di questa trama poggiano la possibilit e il senso del nostro agire. Come per lalbero sradicato del primo verso della poesia Le Mur di luard le cui ellissi e ripetizioni (Les ailes arraches: vv. 2 e 3 au fond de leau: vv. 3 e 5) costituiscono la traduzione sintattico-spaziale della rottura o distorsione del tempo , a strappare la trama del continuum temporale lirruzione di una violenza estrema e di quella forma specifica di violenza sul tempo che limpazienza. Questultima, infatti, non solo riduce la linea del tempo al punto-istante che non conosce n attesa n ricordo ma, secondo una logica che non difficile far risalire a Malebranche, una forma di disattenzione metafisica dellanima. Il tempo lacerato non fluisce pi secondo la metafora pi progressista e usuale nel XIX secolo come un fiume tranquillo ma consuma la sua rottura in acque stagnanti dal fondo melmoso. La successione, che scandisce la definizione di tempo, si interrompe nella simultaneit dello spazio. Nel tempo cos spazializzato, alla durata che rinvia alla continuit si sostituisce la distanza che pone la separazione tra le cose, tra gli esseri. in questa cornice di riflessioni che poniamo la nostra rilettura del romanzo Il Giardino dei Finzi-Contini (1962) di Giorgio Bassani. Esso, infatti, una rappresentazione elegiaca della ferita inferta alla coscienza temporale gi alla vigilia del secondo conflitto mondiale e del diverso rapporto che si determin tra le due coordinate fondamentali dellesistente sopra descritte. La promulgazione in Italia delle leggi razziali (1938), che sarebbe pi giusto chiamare direttamente antisemite, portava gi in s quella violenza radicale che di l a poco si sarebbe scatenata. Essa segn perci il momento di rottura del tempo che tuttavia solo coscienze accorte riconobbero come tale. Una di queste coscienze fu affermazione esistenziale che si giustifica sul piano della Realitt quella di Micl Finzi-Contini, alla quale il narratore decide di dare sepoltura nel luogo della sua scrittura:
E mi si stringeva come mai il cuore al pensiero che in quella tomba, istituita, sembrava, per garantire il riposo perpetuo del suo primo committente di lui, e della sua discendenza , uno solo fra tutti i Finzi-Contini che avevo conosciuto ed amato io, lavesse poi ottenuto, questo riposo. Infatti non vi stato sepolto che Alberto, il figlio maggiore morto nel 42 di un linfogranuloma. Mentre Micl, la figlia secondogenita, e il padre professore Ermanno, e la madre signora Olga, e la signora Regina, la vecchissima madre paralitica di Olga, deportati tutti in Germania nellautunno del 43, chiss se hanno trovato una sepoltura qualsiasi.5

Fin dal prologo, dunque, la sorte dei Finzi-Contini nota. Lorizzonte dattesa del lettore ne mutato, ma non nel senso in cui nel giallo The End is Known (1949) di Geoffrey Holiday Hall lattesa di una spiegazione soddisfatta da una risalita nel tempo (poich quasi naturalmente tendiamo a porre i rapporti causa-effetto nella linearit dei rapporti temporali prima-poi). Dal racconto che il narratore fa dellincontro, dellamicizia e dellamore mancato tra lui e Micl certo inutilmente attenderemmo una spiegazione di ci che alla fine accade, al contrario lo spettro dellevento finale, che resta fuori dalla scena, getta costantemente allindietro la sua ombra tremenda. Esso aleggia come presagio in Micl e forse anche in suo padre Ermanno. Segno di ci un

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tempo svuotato della dimensione dellattesa, perch in esso non lecito che attendere la morte. La vanit dellattesa esasperata per contrasto da una costruzione narrativa in cui tutto attesa: lattesa del padre del narratore di riavere suo figlio sotto il tald, lattesa davanti al portone della villa dei Finzi-Contini per accedere al campo da tennis, lattesa che Malnate ripone nel tempo della Rivoluzione, la lunga attesa del narratore del ritorno di Micl da Venezia e di essere poi nuovamente da lei riammesso a frequentare la casa, dopo essere stato caldamente invitato a non recarvisi pi cos di frequente un allontanamento che il narratore vive significativamente come una cacciata dal Paradiso (p. 242) e dunque come caduta nella temporalit. E tuttavia una tensione eguale ma di direzione opposta vorrebbe fermare il corso del tempo, aggrappandosi allo spazio, ai luoghi, alle cose come alle cose squisite, perfette, senza errori (p. 259) di cui si circondava Alberto, agli adorati lttimi veneziani o opalines che riempivano la stanza di Micl, persino ad uno scrittoio
il cuore abitato da un oscuro, misterioso lago di paura, mi aggrappavo al breve scrittoio che il professor Ermanno [] aveva fatto collocare per me nel salone del bigliardo, sotto la finestra di mezzo, come se, cos facendo, mi fosse dato di arrestare linesorabile progresso del tempo (p. 177).

La stessa Micl, tuttavia, spinta dallamara consapevolezza dellirrimediabile, avverte la necessit di deprecare lostinato atteggiamento di trattenere le cose. Si scaglia perci contro il tempo inutilmente speso dal maggiordomo Perotti nella cura della loro ormai inservibile carrozza:
Guarda invece l il sandolino, e ammira, ti prego, con quanta onest, dignit, e coraggio morale, lui ha saputo trarre dalla propria totale perdita di funzione tutte le conseguenze che doveva. Anche le cose muoiono, caro mio. E allora, se anche loro devono morire, tant, meglio lasciarle andare. C molto pi stile, oltre tutto, ti pare? (pp. 120-121, c. n.)

Lanche delle cose ha leffetto di richiamare in modo ancor pi potente e doloroso la morte propria e altrui. Micl rivolge queste parole al narratore proprio quando si trovano da soli allinterno dello spazio chiuso e raccolto della vecchia carrozza. Un momento assai significativo nella loro storia. Lui torner infinite volte con il ricordo a ci che allora era accaduto o meglio non era accaduto, a quel momento in cui forse tutto era ancora possibile. Ma sa di sbagliarsi. La domanda di Micl Ne vale la pena? riguardava non solo la fatica di Perotti ma anche la loro possibile storia damore. Il suo ritrarsi e la sua espressione tradiscono non meno la penosa interrogazione: Mossa da un impulso imprevedibile si era scostata bruscamente da me, rannicchiandosi nel suo angolo. Ora guardava davanti a s, corrugando le sopracciglia, i tratti del viso affilati da unespressione di strano livore. Pareva improvvisamente invecchiata di dieci anni (p. 120) il tempo negato ha il paradossale effetto di far invecchiare precocemente. Micl torner ancora una volta sullatteggiamento che si ha nei confronti delle cose, in un altro importante momento della sua relazione con il narratore. Ricevuto per la prima volta nella tanto vagheggiata stanza di Micl, costretta a letto dalla febbre, egli aveva provato a baciarla sulle labbra. Montato sul letto, aveva avvertito che il peso del suo corpo gravava tanto pi su quello di lei, quanto pi essa era rimasta immobile come una statua sotto le coperte: laveva perduta senza averla mai avuta. Non era il caso di sciupare i bei ricordi dellinfanzia che avevano in comune con

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lamore: roba per gente decisa a sopraffarsi a vicenda: uno sport crudele, feroce, ben pi crudele e feroce del tennis! (p. 222), gli aveva poi detto Micl. I ricordi sembrano lunica cosa ormai certa, gli unici che si possano ancora possedere, solo nello spazio della memoria ancora possibile amare:
[] per me, non meno che per lei, pi del possesso delle cose contava la memoria di esse, la memoria di fronte alla quale ogni possesso in s, non pu apparire che delusivo, banale, insufficiente. Come mi capiva! La mia ansia che il presente diventasse subito passato, perch potessi amarlo e vagheggiarlo a mio agio, era anche sua, tale e quale. Era il nostro vizio, questo dandare avanti con la testa sempre voltata allindietro (p. 224).

Sembra quasi di vedere langelo della storia (der Engel der Geschichte) di Walter Benjamin, ma, come nella poesia di luard, Micl ha le ali strappate, il vento del paradiso la trattiene nel passato. Per lei e per tutti gli altri Finzi-Contini, e del resto per il narratore stesso (cfr. sopra), esiste tuttavia un paradiso nel senso etimologico del termine.6 Si tratta infatti del giardino che circonda la dimora dei Finzi-Contini soprannominata per invidia magna domus , e dunque dello spazio intorno al suo muro di cinta, dove nel 1929 era avvenuto il primo vero incontro tra Micl e il narratore. Lei, allora tredicenne, lass in cima al muro aveva opposto alla vertigine spaziale solo prefigurata dal giovanissimo narratore un volteggio libero e disinvolto il narratore dovr infine farvi ritorno, questa volta scavalcando il muro, per prendere definitivamente congedo dallattesa dellamore di Micl. Dieci anni dopo, come stato detto sopra, subentra una vertigine del tempo, in cui domina il sentimento del precipizio del tempo (metafora spaziale). Ad esso i Finzi-Contini sembrano opporre la resistenza spaziale offerta dalla loro immensa dimora. Tutti loro, ciascuno a proprio modo, sembrano essere consapevoli di quanto Emanuel Lvinas dice a proposito della dimora: Concrtement, la demeure ne se situe pas dans le monde objectif, mais le monde objectif se situe par rapport ma demeure.7 Essi radicalizzano questa posizione finendo per portare e risolvere nella propria dimora il mondo oggettivo: forse a protezione del proprio, pi probabilmente come dignitoso congedo da esso. Si dice, infatti, che il medesimo isolamento, la medesima separazione che aveva circondato i loro morti circondava anche laltra casa che essi possedevano, quella in fondo a corso Ercole I dEste. Com noto, si tratta della parte nord della citt di Ferrara (direzione Venezia) che fu aggiunta durante il Rinascimento allangusto borgo medioevale, e che perci si chiama Addizione Erculea. La scelta dello scrittore di collocare qui la dimora dei Finzi-Contini non sembra casuale: corso Ercole I dEste una delle strade pi belle del mondo, perch la sua architettura non costringe lo spazio ma lo libera e lo apre allinfinito, lo spirito perci vi ritrova la propria tensione:
Ampio, diritto come una spada dal castello alle Mura degli Angeli, fiancheggiato per quanto lungo da brune moli di dimore gentilizie, con quel suo lontano, sublime sfondo di rosso mattone, verde vegetale, e cielo, che sembra condurti, realmente allinfinito (p. 21).

Proprio ai margini di questo infinito era posta la dimora dei Finzi-Contini, che per la sua posizione al limite, per la sua natura di spazio insieme smisurato e tuttavia chiuso, sottratto, esclusivo, aveva agli occhi della comunit ebraica di Ferrara, di cui certo portavoce il padre del narratore, qualcosa di offensivo:

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[] isolata laggi, fra le zanzare e le rane del canale Panfilio e dei fossi di scarico, [] ci voleva ben poco per sentirsene ancora offesi! Bastava, che so?, trovarsi a passare lungo linterminabile muro di cinta che delimitava il giardino dal lato di corso Ercole I dEste, muro interrotto, circa a met, da un solenne portone di quercia scura, privo affatto di maniglie; oppure, dallaltra parte, dalla cima delle Mura degli Angeli imminente al parco, penetrare con lo sguardo attraverso lintrico selvoso dei tronchi, dei rami, e del fogliame sottostante, fino a intravedere lo strano, aguzzo profilo della dimora padronale, con dietro molto pi il l, al margine di una radura, la macchia bigia del campo da tennis: ed ecco che lantico sgarbo del disconoscimento tornava ancora a far male, a bruciare quasi come da principio (p. 24).

Questa esclusione e sottrazione esterna ha leffetto di moltiplicare lo spazio interno, in gran parte occupato dal favoloso parco. Questo si estende per quasi dieci ettari (circa 384 campi da tennis!) fin sotto le Mura degli Angeli, da una parte, e fino alla Barriera di Porta San Benedetto, dallaltra. I suoi confini paiono dissolversi nellinfinito come il corso Ercole I dEste. Nelle loro passeggiate, infatti, Micl e il narratore sembrano non giungere mai ai suoi limiti, ci ha leffetto se non di arrestare certo di sospendere il corso del tempo, perch senza distanze finite coperte non si d misura del tempo. Ma il luogo per eccellenza deputato a questa sospensione temporale di certo il campo da tennis dei Finzi-Contini, che Micl e il fratello Alberto hanno aperto ai giovani di Ferrara, ebrei e non, dopo lespulsione razziale dal locale Circolo Eleonora dEste :
il tempo si mantenne perfetto, fermo in quella specie di magica sospensione, di immobilit dolcemente vitrea e luminosa che particolare di certi nostri autunni. [] Chi ne aveva voglia, poteva tirare avanti a giocare a tennis fino alle cinque e mezzo e oltre [] A quellora, naturalmente, sul campo non ci si vedeva quasi pi. Per la luce, che tuttora dorava laggi in fondo i declivi erbosi delle Mura degli Angeli [] quellultima luce invitava a continuare, a insistere in palleggi non importa se ormai quasi ciechi. Il giorno non era finito, valeva comunque la pena di restare ancora un poco (p. 88, c. n.).

Se il campo da tennis, che pur non aveva quasi niente out (p. 91), rappresenta una resistenza spaziale opposta a una violenza altrettanto spaziale come lesclusione e loccupazione, le interminabili partite rispondono al desiderio di dilatare il tempo, di tardare la fine. Oggi quel campo non esiste pi, ci dice il narratore, come non esiste pi il parco con i suoi alberi; come in un altro noto giardino reale e letterario Il Giardino dei ciliegi essi sono stati abbattuti. tuttavia ancora la narrazione a farsi carico della loro sepoltura nella forma attenta ma pur sempre incompleta del catalogo:8 Tutti gli alberi di grosso fusto, tigli, olmi, faggi, pioppi, platani, ippocastani, pini, abeti, larici, cedri del Libano, cipressi, querce, lecci, e perfino palme di eucaliptus, fatti piantare a centinaia da Josette Artom, durante gli ultimi due anni di guerra sono stati abbattuti per ricavarne legna da ardere (p. 22). Micl ne la custode, in attesa forse di un celaniano schattenverheiendes Baumwort.9 Sembra lunica a conoscere cos bene ed amare cos tanto tutti questi alberi del parco, che mostra e racconta al narratore durante le loro passeggiate; dichiara
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le sue preferenze ora per gli uni ora per gli altri, ma in questa sua attenzione si rivela sempre il suo delicato sentimento dellesistente e nellammirazione che prova soprattutto nei confronti degli alberi secolari si riconosce il suo uguale atteggiamento nei confronti del tempo: la pazienza. Come lio poetico de Le Mur, Micl si opposta allimpazienza e alla violenza, imponendo allo spazio un alto muro, simbolico e reale nel muro di cinta dal lato delle Mura degli Angeli, quello che compone la sua morte. Come imposer, anche composer un composto di poser, dal latino componere, da cum e ponere, letteralmente porre insieme, ma oltre al significato di assemblare degli elementi in un tutto, dunque di dare forma a qualcosa, il verbo in francese esprime per estensione il fatto di elaborare unapparenza per darsi un contegno (es.: composer son visage). Anche litaliano comporre ha questa accezione ma solo nel linguaggio letterario. dunque questa doppia accezione che il termine compose conserva nel verso 8 de Le Mur. Lalto muro dona dunque insieme una forma, un luogo e un contegno alla morte, quello stesso contegno richiesto da Micl allorch Anche le cose muoiono. Questo alto muro fuyant des jours ternels. Il verbo fuir, da cui il participio presente fuyant, si dice di qualcosa che si allontana nelle diverse direzioni per un movimento rapido o, per analogia, di ci che effimero (es.: le jour fuit). Laggettivo fuyant indica tuttavia anche ci che sembra allontanarsi verso lo sfondo ovvero ci che fuga prospettica. Il muro imposto allo spazio ha dunque una temporalit dai tratti apparentemente contrastanti: da un lato presenta un carattere effimero, dallaltro linea di fuga di giorni eterni, di giorni che durano. Laggettivo ternel proviene da aeviternus, a sua volta da aevus che indica il tempo considerato nella sua durata, opposto soprattutto a tempus che indica un aspetto puntuale della durata. Infine, ci che questo alto muro sembra dunque imporre allo spazio la durata delleffimero. Il narratore stesso sembra esserne consapevole: Tuttavia, se chiudo gli occhi, Micl Finzi-Contini ancora l, affacciata al muro di cinta del suo giardino, che mi guarda e mi parla (p. 54).

Impazienza violenza albero sradicato/freccia davanti luccello le ali strappate//Le ali strappate la terra in fondo allacqua/Trascina come le mie mani pallide e amorose//Il fango in fondo allacqua la melma nebulosa/La sostanza evidente da cui uscir//Da cui scapper poich impongo allo spazio/Questo alto muro in tutti i sensi che compone la mia morte//Questo muro di fuga dei giorni eterni mia dimora. 2 ditions de Minuit, Paris 2007. 3 Cfr. Der verkrzte Aufenthalt in der Gegenwart. Wandlungen des Geschichtsverstndnisses in Postmoderne oder der Kampf um die Zukunft, Peter Kemper (Hrsg.), Frankfurt am Main, Fischer Taschenbuch 1988, p. 145, cit. ivi, p. 27. 4 Per la riflessione sulle fratture del tempo cfr. B. Maj, Idea del tragico e coscienza storica nelle fratture del Moderno, Macerata, Quodlibet 2003. 5 G. Bassani, Il Giardino dei Finzi-Contini, Torino, Einaudi 1999, p. 16. 6 Dal greco pardeisos, giardino, parco, voce di origine iranica: cfr. avestico pairidaza recinto circolare (passato anche nellebraico pards) composto di pairi-, affine al greco per-, intorno, e daza, affine al greco techos, muro (Dizionario Italiano Treccani). 7 Totalit et infinie. Essai sur lextriorit (Martinus Nijhoff, 1971), Paris Cedex, Kluwer Academic 2009, p. 163.

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Cfr. L. Regazzoni, Selezione e Catalogo. La costruzione narrativa del passato in Omero, Dante e Primo Levi, trad. it. di L. Monti, Bologna, Clueb 2010. 9 P. Celan, Im Sptrot , in Von Schwelle zu Schwelle (1955): parola dalbero che promette ombra.

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I romanzi neostorici di Roberto Pazzi: lintersecarsi di Storia e fiction Inge Lanslots Preambolo Nella prima narrativa di Roberto Pazzi si distinguono tre cicli o serie: Cercando limperatore (1985) e La principessa del drago (1986) compongono il ciclo russo e sono ambientati nel momento di transizione tra lepoca zarista e la Rivoluzione del 1917; Vangelo di Giuda (1989) e La stanza sullacqua (1991) formano il secondo ciclo e si situano nellepoca romana; le storie di La malattia del tempo (1987), La citt del dottor Malaguti (1993), Incerti di viaggio (1998) e La citt volante (1999) si svolgono poi in un futuro non troppo lontano o in epoca pi recente con una critica esplicita della societ massmediatica e xenofoba. Allinterno di ogni serie i volumi si contraddistinguono secondo il binomio pubblico-privato. Cercando limperatore, Vangelo di Giuda e La malattia del tempo trattano la fine di unera storico-politica inglobando chiaramente una lettura ed una valutazione sugli eventi storici; nelle altre opere, invece, il contesto storico viene ridimensionato e spinto verso lo sfondo a favore di una focalizzazione sul lato privato dei protagonisti con una delega della parola accrescitiva allio narrante. Unopposizione che al livello macrotestuale stabilisce una prima serie di parallelismi. Inoltre, in ogni volume, nella mimesi, la Storia (fact) e la finzione (fiction) collidono fino a diventare indistinguibili. Sin dallinizio i personaggi hanno per forza una natura ambigua: i personaggi storici subiscono un processo di finzionalizzazione e i personaggi fittizi sono oggetti di una storicizzazione: tutti assumono uno statuto ontologico doppio perch (non) sono le entit a cui riferisce il loro nome.1 Gli scavi dellio errante La natura ambigua dei protagonisti dei primi romanzi colpisce innanzitutto per lalto grado di inerzia. Cos, nei cosiddetti romanzi russi, la famiglia zarista vive sotto la costellazione di una fatalit storico-privata a cui non possono sottrarsi. In Cercando limperatore lo zar Nicola II assiste alla fine imminente del suo impero (che ha i giorni contati),2 come il fratello, Giorgio, in La principessa e il drago, sta aspettando la propria morte. Commenta la moglie di Nicola II: aveva gi accettato tutto, ancora prima che accadesse.3 Lo zar avrebbe dovuto passare il suo ruolo ereditato dagli antenati al figlio, Alessio, ma il suo stato croller come fallir il tentativo del reggimento Preobrazenskij che partito alla sua ricerca. Nel romanzo pubblicato due anni dopo, La malattia del tempo, se ne ritrover uneco smorzata nel senso che il lettore assiste a una spedizione similmente inutile di un reggimento che insegue il proprio imperatore (Aiku). In Cercando limperatore si alternano poi le prospettive dei dirigenti, lo zar e il comandante, luno il ricercato laltro il ricercatore. Parallelamente lammutinamento allinterno del reggimento ripete il movimento rivoluzionario che insorge contro lo zar. In attesa della fine, i protagonisti cercano disperatamente di sottrarsi alla storia, al corso irreversibile degli eventi per inserirsi in una temporalit ripetitiva, ciclica, in cui il tempo segna sempre la stessa ora, e tutto gi accaduto. 4 Giorgio, per esempio, si
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rinchiude in una stanza copiando lo zio Nicola nel fisico e nella morte precoce. Nelle sue azioni ripete un nonno che nella sua provincia era corso indietro alla valle delleternit a cui Giorgio approder solo nel sogno. Il desiderio di sottrarsi alla temporalit lineare, al progredire del tempo, cancella i Romanov dal futuro in cui non vedono riservato un loro posto in concordanza con la storiografia. Tutto ci viene compendiato nella vecchia canzone che lo zar presenta in varie tappe al figlio: finita la guerra un soldato insegue una donna di cui si innamorato; disperato di non trovarla, si rivolge allo zar che riprende la ricerca; il soldato intanto lo sostituisce al trono finch lo zar non torna; e non torner mai.
Nicola finse di conoscere la canzone. - una vecchia canzone che conosco! Ora ti racconto come va a finire - Io non ritorno pi dal soldato nel mio palazzo, il soldato mi attende e fa lo zar al mio posto per sempre. - Ma non ritorni perch cerchi sempre la ragazza o perch non vuoi pi fare lo zar? - La canzone non lo dice perch finisce qui, almeno quella che conosco io - rispose sorridendo.5

Linserzione in un ciclo ripetitivo converte, appiattisce in un certo qual senso il rapporto di verticalit in una spirale che induce una sovrapposizione di personaggi. Nel sogno, che assume le caratteristiche di un viaggio attraverso il tempo, Giorgio viene abbinato con alcune figure storiche, come Napoleone e Luigi XV. Esse raddoppiano, o meglio, prefigurano la sua vera destinazione, cio la morte. Costituiscono per Giorgio dei modelli nel cui sguardo rispecchiarsi. Nei loro confronti il fratello dello zar si comporta da vampiro, da parassita per crearsi unidentit. Si fa operaio della memoria.6 Ci non fa altro che amplificare lo spiraglio di connessioni famigliari. Giorgio di conseguenza un personaggio a strati, che per conoscersi si fa archeologo del proprio io. La sua creazione riprende una pratica monumentale romana: fra i romani esisteva labitudine di sostituire, nei monumenti, la testa dun Imperatore a quella dun Imperatore successivo Ah, nessuno sapr pi chi siamo stati.7 Il protagonista sembra afflitto da una malattia affine ad una vera patologia, la sindrome di Korsakoff.8 Il primo sintomo unamnesia particolare in cui vengono ricordati gli eventi trapassati, non quelli recenti, il che equivale ad un desinvestimento del presente. Per riprendere una metafora di La principessa e il drago si scava sotto terra, in profondit.9 Implica unabolizione del futuro e Giorgio ne viene quasi letteralmente espulso. Nella vita reale gli viene negata la relazione con Elena; nel mondo onirico che gli porta nel 1938 Giorgio non esiste semplicemente secondo gli archivi post-rivoluzionari. Siccome il futuro irreale e impossibile, si assorbiti dal passato senza incidere sulla s/Storia. Ne consegue una disorientazione spazio-temporale: luoghi e date vengono scambiati, unesperienza straniante, particolarmente nei sogni. uno stato di paramnesia di reduplicazione mediante cui il paziente sdoppia tutto quello che gli succede in passati e presenti con un forte effetto di dj vu/entendu e ignora che i sintomi siano dovuti a una malattia. Alla luce di questa diagnosi il sottrarsi o la ricerca di atemporalit pare lunico scampo.

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quella strana aporia della memoria, la sindrome 181510 Contrariamente ai romanzi del ciclo russo, in La malattia del tempo il peso del passato viene apertamente giustapposto al suo contrario, quello del futuro o del progresso per poi annullarsi al livello dei personaggi. Questo confronto si rende esplicito (per la prima volta) nella divisione spaziale tra il Nuovo Mondo (lAmerica e il Giappone) e il Continente Antico (lEuropa e il resto dellAsia), una divisione che stata fissata dopo linvasione dellimperatore Aiku venuto dalloriente. Infatti, sulla scia dei grandi esempi orientali quali Gengis Khan e Tamerlano, Aiku ha conquistato lAsia e lEuropa con come specifica il testo larsenale della forza naturale, sperando di poter creare una nuova societ come se stesse rispettando unaffermazione tratta da Zarathustra riportata in epigrafe alla seconda parte del volume:
Potrebbe venire un gran despota, un mostro accorto che, esercitando la sua clemenza e inclemenza, costringesse e facesse violenza a tutto il passato: fino a farlo diventare il suo ponte, e presagio e araldo e canto del gallo.11

Per la sua missione, una potenziale liberazione dal passato che incombe, si riduce a una semplice restaurazione delle antiche potenze, sigillata dal matrimonio di Aiku con la figlia di una delle vecchie potenze, Maria Cristina dAustria, del resto orfana come Aiku tale da provocare una riscrittura della storia. Le proposte di Aiku per la rinascita del mondo non vengono accolte perch [l]entamente tutto sarebbe ritornato comera stato, 12 il varco, la prova che tutto doveva essere distrutto per poter essere ricostruito. 13 Realizzazione del presagio di Nietzsche: demenza di ciascuna generazione, che viene e reinterpreta tutto quanto fu un ponte verso se stessa!.14 Tale futuro viene letto nella mano di Aiku, il che lo riavvicina ai protagonisti del ciclo russo che si fanno circondare da cartomanti. Spinto dalla sindrome 1815,15 il tempo implode nel Continente Antico che regredisce fino alla sconfitta di Napoleone. Si comincia a rintracciare involontariamente le orme degli antenati che rubano, annullano lidentit del dopo 1815: la gente si confonde letteralmente con gli avi in unamnesia, per un curioso effetto di simbiosi.16 Mentre lEuropa sprofonda nel passato dimenticando la storia, nel Nuovo Mondo tutto rimane polarizzato verso il futuro, il progresso. Lirreversibilit del flusso temporale ha bandito ogni altra temporalit; 17 il tempo del Nuovo Mondo svuotato dogni senso perch privo del suo contrario, il che vale al rovescio per il tempo europeo. La storiografia allinterno dei romanzi siscrive nel vacuo: risulta impossibile ogni tipo di cronologia. Il giardino ex tempore Pertanto in La malattia del tempo figurano tre personaggi che potrebbero riconciliare il tempo ripetitivo e lineare riagganciando il passato al presente e al futuro. C in primo luogo Aiku stesso. Attraverso il suo nome (che significa uomo nella sua lingua materna) richiama figure dei romanzi precedenti: Kaigir (1985) e Adamo18 (1986) e due ballerine (1985 e 1986). Riassumono tutte e quattro lumanit: hanno unet indefinibile, hanno vissuto tante vite, tante morti. Non sono uno ma tanti: un altro uomo ancora in quellessere indefinibile e senza tempo. 19 Sembrano vivere in stretta convivenza con la
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natura dove si aboliscono vincoli morali. 20 Sono figure archetipiche ed emblematiche e ricordano un altrove. 21 Inoltre sono guide diniziazione: grazie a loro si pu risalire al primo uomo o alla prima donna, come lo fa presagire il loro nome. Costituiscono catalizzatori nella strategia di sovrapposizione sia orizzontale che verticale. I due altri personaggi contagiati dallatemporalit, dalla ciclicit sono Elisabetta, figlia di Aiku, e il segretario di stato americano, Halley. Elisabetta una copia del padre, o meglio, una sua versione migliorata. Sembra vivere ancora pi vicino alla natura; riesce perfino a comunicare con gli animali. Ha tutte le qualit per generare un nuovo mondo ma non vanno oltre i confini dellisola sconosciuta, sperduta, su cui sbarcata la famiglia di Aiku rifugiandosi. un luogo al di fuori degli ordini temporali antitetici. Assomiglia molto al giardino terrestre atemporale. Elisabetta, soprannominata Lilith, la prima compagna di Adamo, potrebbe restaurarlo riparando il primo erroe del primo uomo che lo cacci via. Le viene incontro il personaggio di Edmund Halley. Egli ha deciso di rompere con il suo mondo, lAmerica che aveva fatto da contrappeso e da specchio allimpero di Aiku.22 Bench venga da un continente dominato dalla freccia temporale dove il passato sembra escluso, consapevole del ritorno degli eventi. Gli stata rivelata in una visione in cui appare un suo antenato omonimo. Viene riecheggiata nel movimento ciclico della cometa a cui stato conferito il loro nome. Altra spia della carica allegorica dei nomi. Il mondo, e quindi i suoi abitanti, si ripetono: Del resto tutto duplice eppure se stesso.23 Ogni tentativo di cambiamento, di miglioramento schiacciato o reso innocuo grazie allesilio, allisolamento. Il tentativo di Elisabetta ed Edmund viene annunciato, ma lesito non fa parte della narrazione. Gli indovini, operai del futuro Giacch le suddette guide rivelano ai protagonisti esperienze indipendenti dal tempo, non risolvono il conflitto tra passato e futuro. Sono invece gli indovini ad orientare i personaggi al futuro. Citiamo da La stanza sullacqua Sosigene, lastrologo di Cesarione, Poro, il suo eunuco, e Kaniska, lastronomo di Afra, che fa da eco al primo. Le loro profezie, i loro presentimenti, i loro consigli svolgono addirittura una funzione prolettica verso il lettore: Il tuo re solo imitando il mio vedr lIndia. 24 Questa profezia completer la simmetria perfetta dei loro maestri, cio la somiglianza fisica, linfanzia senza padre presso una madre dominante, la fuga. Suggeriscono lo scambio didentit, lo scampo contro la persecuzione. I veggenti, ovviamente, si prestano meglio alla strategia narrativa. Questi tre alleati nel salvare il maestro, diversi nei metodi adoperati sono esemplari per la scorta di indovini che popolano i romanzi di Roberto Pazzi, come la figura di Rasputin e le cartomanti nel primo, ma particolarmente quelli romani in Vangelo di Giuda, Trasillo e Baldassare, strutturati secondo i binomi, romano-egizio, divertimentoautenticit. I sogni, le malattie e la pazzia mostrano le stesse caratteristiche di visionariet, come Alessio in Cercando limperatore. Il viaggio di Ester nella morte (Vangelo di Giuda) in realt un sogno premonitorio del viaggio a Capri ne un esempio. Da operai del futuro cercano quindi a loro modo di deviare i protagonisti dal passato, a cui sono soggiogati, verso il futuro. Fa eccezione Rasputin la cui ambiguit consiste nella bipolarit. Da una parte prepara la nuova Russia; dallaltra non vuole sopravvivere a quella vecchia. Perfino nella morte proporr allo zar di riportarlo in
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unepoca zarista stabile. Gli altri veggenti invece fanno giungere la meta desiderata: i protagonisti si sbarazzano della loro melanconia verso il passato nella misura in cui abbandonino, rinneghino il loro lato ufficiale, pubblico. Gli indovini hanno un ruolo emancipatorio. Cesarione avr un futuro come amante di Afra, ma non come figlio di Cleopatra e Cesare. Rompe con la sua ombra monumentale che i suoi perseguitori stanno risucchiando in uno specchio, nel quale il suo nemico voleva catturare prima del suo corpo la sua immagine.25 Nonostante sia circondato da figure veggenti Trasillo, Cornelia, Ester, Jeshua Tiberio, confinatosi agli estremi dellimpero romano, non si liberer dal suo lato pubblico, il che comporter la propria morte. quo vadis26 Trattati i tre poli del tempo passato, presente, futuro ci pare lecito approfondire la metafora del fiume in Pazzi. Il suo fluire fa venire in mente un corso irreversibile che porta dalla fonte (ovvero la nascita) alla foce (la morte). Il Nilo, in particolare, qualificato come il custode del passato, del presente e del futuro egizio e quindi della sua incidenza storica. Questa mobilit per pare anche implicare una possibilit di cambiamento. Basta pensare ai vari cambiamenti di direzione delle navi, allimbarco di Halley in La malattia del tempo al punto dincontro con lavo, crocevia di mondi verso uno nuovo. Mobilit che sembra mancare (o venire meno) nei romanzi precedenti in cui prevalgono immagini acquatiche stagnanti, simboli della sottrazione al tempo o della circolarit gi discussa. La dinamica del fiume per bipolare: contiene sia la vita che la morte, direzione in cui Cesarione sta corrento a ritroso.27 Bipolarit esteriorizzata nelle navi incontrate lungo il percorso. La prima, che romana, puro messaggero: serve ad agevolare lincontro con la terza, unaltra romana. ambivalente come il fiume: rimane implicita limminenza della morte del principe, pur gli lascia un margine di vita. La seconda nave, quella di Afra, gli offre la vita a condizione dellabdicazione del ruolo storico, mentre la terza, quella di Ottavio, glielavrebbe dovuta togliere. Accanto a questa simbologia il fiume pu essere rivelatore, come nel racconto I bagni di fiume: il protagonista racconta le estati passate ad aspettare il padre; ai bagni si sente invaso da qualcun altro che gli passa il suo ruolo. Di nuovo sorge limmagine a spiraglio, fonte di rinascita:
come il principe che gli sussura allorecchio la sua storia, qualcuno che si era bagnato in quella foce del fiume molti molti secoli prima e che aveva preso possesso di lui facendogli ripercorrere molte et, molti gesti che egli ignorava di sapere.28

Nella scena finale di Le citt del dottor Malaguti la metafora del fiume ricompare nellincessante versare acqua di Toni. il momento in cui tutti si sono conciliati con il futuro, cristallizzato nel figlio nascituro di Fabio e Laura il figlio si delinea come il simbolo per eccellenza dellavvenire. Negli ultimi due romanzi lo scorrere irreversibile verso una destinazione viene prevalentemente testualizzato dal movimento del treno. Questa marcia a senso unico scatena una specie di panico presso sia Toni che Guido, ma, mentre il primo non vede modo di arrestare il procedere del treno, Guido tira lallarme ( almeno quello che assume
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la moglie che non crede alle voci di un attentato fallito). Per paura che si spezzi la loro unione, Guido dunque ferma improvvisamente la corsa del treno. In questo modo cerca di infilare una pausa riparatoria, di prolungare il viaggio. Malgrado le soste regolari la corsa mentale dei protagonisti non si blocca. In effetti, il viaggio scatena un flusso di coscienza, resa stilisticamente tramite lomissione della punteggiatura. Per Guido la crisi passata appena finito il viaggio. Toni, invece, messosi al riparo nella casa di campagna, inizia un lento processo di guarigione in cui Fabrizia, sua moglie, si fa il centro (sostenuta invisibilmente dal padre). Una stanza La ricerca di un tempo sospeso si ripercuote sullo spazio nel senso che le storie vengono sempre collocate in un ambiente chiuso, isolato. Si pensi allisola di Aiku, di Tiberio o di Cornelio Gallo. Lambientazione sia di Vangelo di Giuda che La stanza sullacqua addirittura unisola: Tiberio si ritirato su Capri, mentre Cesarione si rifiugiato su una nave la nave una riproduzione in miniatura dellisola. Le loro stanze ne costituiscono il nucleo condensato. Malgrado limmobilit dellimperatore le loro due fughe si ricoprono nella suddetta ricerca. I personaggi si rifuggono in un mondo immobile che cercano di ridurre ulteriormente rinchiudendosi in una stanza. Ci regna unatmosfera opprimente. Nellultimo romanzo, Incerti di viaggio, giunge il culmine nel viaggio della coppia Guido e Ada. Sembra profilarsi come la rielaborazione di un episodio del viaggio in treno dellavvocato Toni, figlio del medico, e sua moglie: si segue il viaggio in treno di un uomo altrettanto narcisistico e Ada. Riprende lisolamento. Il treno, uno spazio miniaturizzato, viene ridotto ulteriormente alla dimensione dello scompartimento in cui Guido si rinchiude nel buio. un microcosmo claustrofobico, straniante e transitorio perch segna una tappa nella loro relazione. In conclusione, nellopera di Pazzi il restringimento spaziale va di pari passo con il tentativo di immobilizzare il pi possibile il tempo. Lo spazio sembra monopolizzare la figuralit del tempo, che Giovanni Gasparini qualifica come timed space, termine proposto da Parkes Thrift. 29 Le zone di penombra e i momenti di sogno agevolano il processo. Le regressioni spaziale e temporale convergono nel ritorno ad uno stato originale, un risalire alle origini: unera indefinibile in una terra di nessuno. 30 Il potere dellambiente pu essere assoluto: in questo caso si viene letteralmente risucchiati dal territorio, come Sesto in Vangelo di Giuda. La vita come fu scritta Il peso della memoria storica, lineluttabilit del destino e il carattere soffocante dello spazio vengono completati da unaltra determinazione: la scrittura. In Pazzi i paragoni stilistici sono sparpigliati e di stampo intertestuale. I riferimenti immettono i personaggi nella tessera di un mosaico precostituito.31 In certi casi la scrittura detta proprio la vita. In Vangelo di Giuda il confronto Tiberio-Cornelia raddoppia quello della generazione precedente: il padre di Tiberio, Augusto, ha deciso della sorte del poeta bruciando i suoi scritti, ora limperatore deve giudicare la recita di Cornelia. Cornelia riannoda quindi i

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legami col passato che Tiberio ha voluto tagliare esiliandosi. La sua missione puramente commemorativa.
Ma quanti anni poteva contare la memoria? Perch questo era divenuta Cornelia, soltanto memoria era stata viva per ricordare e salvare qualcuno, un modo diverso di essere femmina e di nutrire una vita, come quella dun figlio. Ma figlio era stato il padre, e in tale inversione della sua maturit Cornelia, invece dinvecchiare, era stata risucchiata, indietro nel tempo, ringiovinendo a ogni poema che imparava.32

Cornelia rivalorizza non solo lopera letteraria del padre ma anche la sua figura biografica. La sua vita si limita a questo. Implica una doppia inversione del tempo: rif la vita del poeta ringiovanendo! una memoria viva, non mummificata. La sua narrazione un balzo fuori del tempo33 momentaneo implicando uno scarto rispetto alla storiografia ufficiale. Durante il suo soggiorno sullisola di Capri la sua esistenza rimane quasi esclusivamente letteraria. Il suo stato un caso limite della letterariet dei personaggi. Tanto Tiberio viene intrappolato dalla narrazione di Cornelia, quanto Ada si lascia ingabbiare dal marito come una farfalla. Lo scrittore-giornalista le crea un modello a cui supposta attenersi. Lambivalenza dei sentimenti che prova Ada alla lettura, cio il fatto di riconoscersi e di rinnegare la sua immagine, le fanno dire io non sono di carta. 34 La situano in un labirinto da una parte cieco, da cui non sa scappare, e, dallaltra, aperta, in cui improvvisamente spuntano vie duscita. Queste uscite coincidono spesso con le fermate (normali) sulla traiettoria: biforcazioni di strade dove bisogna prendere una decisione. Ada invece rimane incerta: oscilla quindi tra stare con Guido o lasciarlo. Non sa quale sia la sua destinazione. Linsegna di un ristorante lungo la strada ne emblematica: quo vadis.35 In questo processo di imprigionamento Ada ad un certo punto si sente spinta verso la porta davorio dei sogni gi incontrato in altri romanzi, quella cattiva. 36 La scappatoia liberatoria le viene offerta dallo stesso carceriere: Guido racconta ad un bambino (ed indirettamente a lei) una fiaba, la cui morale che rinchiudere le persone amate incita alla fuga, mentre lassenza di vincoli le trattiene. Cos, nel tass ultima tappa del viaggio, Ada offre a Guido un foglio bianco, su cui si scriver il seguito della loro storia, come se questo simboleggiasse il loro viaggio incerto. Lo scippo della borsa (comprata prima della partenza) allarrivo in stazione potrebbe a sua volta essere considerato come un gesto di cancellazione dello stesso viaggio. Scompaiono, si sfanno i fantasmi del loro rapporto. In fin dei conti una manipolazione felice mentre quella di Tiberio, la stesura ufficiale di un unico vangelo di Giuda che avrebbe screditato Ges, far fiasco. fallimentare ogni riscrittura della storia. In ogni caso, la scrittura a livello del narrato offre una versione concorrente a quella reale, la convergenza assicura un lieto fine. Riecheggiamenti vertiginosi: il fantasma dei Dioscuri e la forza dei congegni dello specchio37 Non solo la parola sa creare doppioni: anche, e particolarmente, la vista. A questo proposito va esaminato il topos dello specchio. Congloba varie funzioni. Il rispecchiarsi, il rivedere la propria immagine sembra a prima vista basale. In questo tuttavia molto rivelatore: mostra lidentit, facilita un conoscersi, con giudizi sia positivi che negativi. Nel

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processo di auto-esplorazione ci sono pure altri strumenti visivi che fungono da specchio. Ci sono i ritratti di parenti che potrebbero essere autoritratti, ossia le foto. Costituiscono tracce del passato, spesso insopportabili perch mostrano un io che si vuole dimenticare, rimuovere. Il rispecchiarsi contiene un elemento di narcisismo, di auto-contemplazione e compiacimento. Non un atto rassicurante: genera simultaneamente una crisi. I riflessi mostrano i progressi della malattia, della sottrazione alla vita, come se lo specchio rubasse una parte dellidentit o come se si risucchiasse la propria immagine. Non si vede mai esattamente limmagine prevista. Lio non solo se stesso ma anche un altro che stenta a riconoscersi e che si odia. Lo specchio mostra lio composto di figure che lo hanno preceduto nella storia. Rispecchiarsi provoca un momento di annullamento del tempo: un crocevia attraverso la storia, un immergere nel mare delle esistenze.38
Come franavano le memorie una nellaltra a riportare in superficie le cose lontane, a nascondere di nuovo il presente. Chi era mai lui se non un punto dincontro di memorie, un crocevia det che entravano una nellaltra.39

A questo punto lo specchio non riflette solo il presente ma anche il passato al di fuori dellasse temporale. In uno stile pseudo-drammatico Nicola II vede i parenti morti sfilargli davanti una vertigine di immagini40 inclusa quella del suo reggimento:
infine una che lo tormentava, un gruppo di soldati sbandati, in marcia nella Siberia con le bandiere imperiali strappate e la voce del comandante che si perde nel vento prima di cadere da cavallo, trafitto da un colpo di pistola. Chi mai quel colonello? Lo conosce quella faccia allungata, quegli occhi li ha gi visti, quello sguardo come un avvertimento ormai inutile.41

Tutto ci avviene dopo aver cacciato dallo specchio la presenza perturbatrice di Rasputin che gli propone di sottrarlo alla sua sorte riemergendolo in un passato sicuro. Gli specchi sono le spie premonitorie di un universo oltremondano e la referenzialit storica dei personaggi mette in risalto la loro molteplicit. Anche Toni sentir la presenza del dottor Malaguti attraverso lo specchio.42 Nei pur semplici atti igienici diventa ingombrante. Quindi lo specchio pu far s che lio si moltiplichi. Basta ricordare i cinque riflessi di Giorgio in La principessa e il drago. Comunque Giorgio sente il bisogno di riunirsi, di entrare nello specchio, di penetrare dentro la (sua) immagine.43 Lincontro (o lo scontro) con figure mediatrici ha lo stesso effetto. Cesarione si divide quando Esra simpone a lui, amante della figlia, Afra. Nellatto amoroso (risentito come incestuoso) risorgono Afra e la balia-amante, Lania. Davanti a una donna che ne richiama altre, Cesarione non pu rimanere unico.
Ora la sua mente avvertiva due, tre, quattro io diversi agitarsi nella lotta per prevalere. Poi uno solo di loro vegliava per gli altri che concedevano evasioni in zone mai esplorate. () Registr quel fatto come un evento allarmante per quei due o tre sosia che sallontanavano da lui, in cerca di aria e frescura, fuori da quella stanza, da cui non poteva uscire. () Gli parve davvertire la lacerazione duna lama nelle carni un richiamo disperato e fortissimo di un altro Cesarione che stentava a riconoscere.44

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Cesarione si spezza nei ,olti uomini dei suoi vari rapporti con le donne, figlio-amante di. Ogni donna costituisce una tappa diniziazione amorosa. Rimandano luna allaltra (Lania prefigura la donna ricercata, Afra). Questa scena ne rievoca due di La principessa e il drago: la prima descrive una specie di emersione in cui Giorgio sente vedersi baciare la donna amata, Elena;45 nella seconda, nel fare lamore con la ballerina che si rivela non una ma mille donne Giorgio ha improvvisamente la coscienza di mille altri suoi s () quei suoi io.46 La superposizione delle figure femminili provoca una concatenazione di personalit maschili. In Le citt del dottor Malaguti si produce lunico sdoppiamento contemporaneo di una donna. Laura, confessandosi dal prete Gilli, si spartisce nella Laura a cui si rivolge il prete e quella che lo sta ascoltando come se il suo io unitario non riuscisse ad affrontare il dilemma: Quel prete parla a unaltra Laura, non pu capirla.47 Pare sia divisa nella Laura buona e cattiva, la Eva tentatrice, le due fiamme agostiniane delleros e della fede.48 Tutto ci viene confermato dai riflessi infedeli nello specchio in Le citt del dottor Malaguti il topos dello specchio viene arricchito da un nuovo elemento, lo sguardo altrui che giudica il soggetto riflesso, il battere asincronico degli orologi doppi come la sua determinazione. Lo specchio per non rende quasi mai unimmagine fedele. Lo sguardo riflesso non mai quello a cui ci si aspetta. Pu essere catalizzatore grazie allintrusione dellaltrogemello. il primo contatto con la sorella al rientro di Caligola a Roma; scatena la loro passione proibita. Dopo i fratelli paragonati ai Dioscuri non ritroveranno mai se stessi, ma le ombre del passato oppure una creatura incompleta che mostra i progressi del male sia fisico (Drusilla) che psichico (Caligola e il suo versante mostruoso). Lio sembra ormai perduto. Lo specchio offre una prospettiva indiretta. Tutto viene mediato, il che spiega la polifonia, lalternanza delle voci narranti. Gradualmente luso della prima persona singolare viene adoperato. Lo sguardo altrui ultimo specchio introdotto in Le citt del dottor Malaguti, cio il parere degli altri su qualcuno riceve ora un significato supplementare: protetico ai propri occhi. In Incerti di viaggio lepigrafe ci dedicata. Ada definisce usurpatori gli occhi del marito la cui penna si nutre di quello che ha visto lei. Ma chi sono io, dunque?49 La molteplicit dei caratteri riscontrati in Pazzi ha pi facilmente risalto nei personaggi storici. La loro inserzione nella finzione ha provocato una prima messa in questione del loro statuto: ontologicamente sono il frutto di una storicizzazione del racconto e una finzionalizzazione della storia. Risulta impossibile distinguere fact e fiction, caratteristica postmoderna, dicotomia che lautore sembra voler scartare. Si legga il brano dellavvertimento Al lettore di Vangelo di Giuda:
Al lettore vorrei raccomandare, prima di capire il romanzo, di non domandarsi quanto sia storicamente attendibile il volo di fantasia di Vangelo di Giuda, n di cedere alla tentazione di separare fatti documentati [] da quelli del tutto inventati.50

Vuole piuttosto dirigere lattenzione alla costruttivit dei personaggi. Data la loro natura ontologica ambigua, diventano figure mediatrici: si rifanno non direttamente ai loro

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esempi, predecessori, ma ai discorsi su di loro. Allinterno delle opere una strategia narrativa penetrante che combina i due assi temporali, costruisce una ramificazione di doppioni in tre categorie: orizzontale, verticale e transitoria. Vanno letti, decifrati come palinsesti che si scoprono mediante processi metempsicotici. Sono costruzioni artificiose con una Bildung del tutto particolare. La memoria accosta immagini per analogia in cui vengono inclusi riferimenti letterari, mitologici. Ci riferisce a loro una specie di atemporalit.51 Ci si concentra sempre maggiormente sul lato privato della loro personalit. Nelle ultime opere labdicazione dal ruolo sociale si pone come condizione; si assiste ad una levitazione, il che chiarisce la simbologia di animali volatili. Si ipotizza che i doppioni costituiscano la base del fondo postmoderno in Roberto Pazzi, il che risulta in un perpetuo rimandare dalla copia alloriginale, tramite cui il materiale viene disposto. I doppi di solito figure immaginarie che assillano il soggetto sono quasi tutti materializzati. Alcuni aggiungono discorsi personali, come la riscrittura della storia di Tiberio nel suo vangelo. I vari tipi di doppi facilmente reperibili perch suggeriti esplicitamente dai testi che abbiamo esaminato coprono una graduatoria che va dallavversario attraverso il coadiuvante alla copia. Si scambiano posto grazie al processo di contiguit. Per i rapporti di metonimia perdono autenticit a causa dei rimandi molteplici continui; sono altamente teatrali. Assumono laspetto di clone perch infinitamente riproducibili. Sono componenti della densa carica simbolica e dellonirico-fantastico delle prime opere di Pazzi. 52 Tramite ci lo scrittore ferrarese si schiera dai narratori postmoderni, 53 maestri nel creare repliche molteplici. Come confessa lautore in unintervista, bisogna
[r]ibella[r]si alla plumbea dittatura del reale. Non bisogna vedere solo loggi e pensare che esso sia il meglio. Bisogna sentire il passato, il presente, il futuro; essere cittadini di una dimensione pi aperta spalancata del tempo. Il Tempo bisogna viverlo tutto e non solo il segmentino che ci dato in sorte e nel quale sopperiamo ai nostri bisogni.54

Nelle sue ultime prove narrative, quali Qualcuno mi insegue (2007), romanzo in cui la figura dello scrittore si confronta con il suo doppio, si constata per che i protagonisti si rinchiudono nella sfera del presente e del privato. Pur costruiti secondo gli stessi meccanismi narratologici del doppio e della riscrittura, non fanno pi che si collidano la finzione e la Storia. Pazzi si sar forse stancato della propria ribellione?

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Cfr. Alison, Lee. Telling li(v)es. History and historiographic metafiction, 1990, p. 46. R. Pazzi, Cercando limperatore, 1985, p. 146. 3 ivi, p. 80. 4 ivi, pp. 78-79. 5 ivi, p. 188. 6 R. Pazzi, La principessa e il drago, 1986, p. 144. 7 Id., Cercando limperatore, 1985, p. 152. 8 M. Picard, Lire le temps, 1989, p. 125.

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Cfr. R. Pazzi, La principessa e il drago, 1986, p. 94. Id., Cercando limperatore, 1985, p. 87 e p. 42. 11 Id., La malattia del tempo, 1987, p. 104. 12 ivi, p. 84. 13 ivi, p. 157. 14 ivi, p. 104. 15 ivi, p. 72. 16 ivi, p. 124. 17 Cfr. ivi, pp. 156-159. 18 Per uno studio approfondito degli influssi biblici si consulti il saggio molto accurato di Franco Ricci, Beyond Tautology: The Cosmo-Conception Time in Roberto Pazzis La malattia del tempo, 1991, pp. 13-28. 19 R. Pazzi, Cercando limperatore, 1985, p. 35. 20 Cfr. E. Pettener, An Interview with Roberto Pazzi, 2004, pp. 194-207. 21 Cfr. A. Mosc, Intervista con Roberto Pazzi. Per un epica del nostro tempo. Ispirarsi alla Storia partendo dal punto di vista di Abele, 11 April 2003. 22 R. Pazzi, La malattia del tempo, 1987,p. 159. 23 Ibidem. 24 Id., La stanza sullacqua, 1991, p. 85. 25 ivi, p. 34; cfr. p. 58, p. 146. 26 Id., Incerti di viaggio, 1996, p. 116. 27 Id., La stanza sullacqua, 1991, p. 82. 28 Id., Bagni di fiume, 1988, p. 41. 29 Cfr. G. Gasparini, La dimensione sociale del tempo, 1994. 30 R. Pazzi, Vangelo di Giuda, 1989, p. 15. 31 Id., La stanza sullacqua, 1991, p. 135. 32 Id., Vangelo di Giuda, 1989, p. 39. 33 ivi, p. 82. 34 Id., Incerti di viaggio, 1996, p. 122. 35 ivi, p. 116. 36 Cfr. ivi, pp. 120-122. 37 Id., Vangelo di Giuda, 1989, p. 155 e Cercando limperatore, 1985, p. 163. 38 Id., La principessa e il drago, 1986, p. 66. 39 Id., Vangelo di Giuda, 1989, p. 27. 40 Id., Cercando limperatore, p. 164. 41 Ibidem. 42 Id., La citt del dottor Malaguti, 1993, p. 138. 43 Id., La principessa e il drago, 1986, p. 138. 44 Id., La stanza sullacqua, 1991, p. 110. 45 Id., La principessa e il drago, 1986, p. 58. 46 ivi, p. 38. 47 Id., La citt del dottor Malaguti, 1993, p. 86. 48 Cfr. ivi, p. 86. 49 Id., La malattia del tempo, 1987, p. 118. 50 Id., Vangelo di Giuda, 1989, p. 7. 51 Cfr. F. Ricci, Beyond Tautology: The Cosmo-Conception Time in Roberto Pazzis La malattia del tempo, cit. 52 Cfr. Id., Intervista con Roberto Pazzi, 1989, pp. 55-66 e P. Vanelli, Le icone del testo. Saggi sulla narrativa italiana contemporanea, 2006. 53 Cfr. B. McHale, Postmodern Fiction, 1989. 54 M. Trecca, Parola dautore. La narrativa contemporanea nel racconto dei protagonisti, Con un intervento di Giuseppe Petronio, 1995, pp.200-1
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Bibliografia

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Ciclicit e ripetizione nel chaosmos di Nanni Balestrini: Una lettura della Caosmogonia Clodina Gubbiotti
per lo storico lItalia un campo di battaglia dove si scontrano brame di potere pi che ideologie la storia dItalia un epico meraviglioso e sanguinoso caos dove lo storico pu addentrarsi pi con gli strumenti del ricostruttore dei fatti che con quelli del ricostruttore razionale di movimenti si scorgono vero alcuni capitoli consequenziali forti strutture portanti del caos stesso non sono che i pilastri fondamentali di un immenso e non finito edificio nel cui interno si scatenano Grazie e Furie lo stile fluido discorsivo spesso puntellato di osservazioni personali da fascinose considerazioni delle possibilit alternative che la storia lascia nonostante i divieti scorgere in diafania Nanni Balestrini, Leditore.1

La storia, in particolare la fallimentare storia nazionale irlandese, per Stephen Dedalus un incubo da cui risvegliarsi: history is to blame [] History, Stephen said, is a nightmare from which I am trying to awake.2 Pur in grado diverso, il metodo mitico usato tanto in Ulysses che in Finnegans Wake, agisce negativamente sul concetto di storia intesa come processo lineare cumulativo, dissolvendo lidea di una teleologia del progresso e ricreando invece un mondo alternativo il cui tempo scandito dalla ciclicit e dalla ripetizione del mito; specialmente in Finnegans Wake, la ciclicit viene riportata allinterno di una visione della storia proprio grazie alla poetica dei cicli vichiani,3 il commodious vicus of recirculation4 che vede nella storia un susseguirsi di corsi e ricorsi facendo combaciare fine ed inizio del libro conferendogli una struttura circolare (A way a lone a last a loved a long the / riverrun, past Eve and Adams, from swerve of shore to bend of bay). Il metodo mitico (mythic method secondo la definizione di T. S. Eliot) diviene una potente arma che destabilizza, a livello narrativo, la nozione dominante, ovvero Occidentale, del tempo come progresso lineare, nozione illuministica che nasce dalla secolarizzazione della visione messianica su cui si basa lidea stessa di modernit.5 Sembra opportuno far partire la presente analisi dellultima prova poetica di Nanni Balestrini, Caosmogonia, dallidea del chaosmos joyciano, esempio indiscusso a cui si rif tutta una visione della letteratura elaborata dalla grandiosa stagione letteraria ed epistemologica italiana degli anni Sessanta. Umberto Eco ad indicare il Finnegans Wake come esempio fondatore di
una letteratura che realizza, attraverso le sue strutture, una immagine del cosmo quale suggerito dalla scienza, lultima barriera di una ansia metafisica che, non riuscendo pi a conferire una forma unitaria nellambito dei concetti, tenta di elaborarne un Ersatz nella forma estetica.6

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Finnegans Wake, dunque, come modello indiscusso della poetica dellopera aperta, metafora epistemologica del mondo in grado di imporsi come letteratura che esprime nelle sue forme aperte e indeterminate gli universi vertiginosi e ipotetici azzardati dallimmaginazione scientifica.7 Che Joyce abiti davvero Caosmogonia confermato anche dalla poesia Empty Cage, in cui il tema della variazione si foggia di profondit e giochi barocchi: la raccolta Empty Words: Writings 73-78 di John Cage che diviene, per cortocircuito Empty Cage, contiene una serie di rimandi e variazioni omaggio al Finnegans Wake,8 senza contare gli incontri multipli (ripetuti) di Cage con Joyce, come Writing through Finnegans Wake and Writing for the Second Time through Finnegans Wake. Se il Finnegans Wake un classico della modernit, o forse, come stato da pi parti suggerito, il classico della post-modernit,9 variazioni nelle riflessioni che esso pu pi o meno direttamente suscitare, possono forse agire da barometro indicatore di cambiamenti della sensibilit. Pur in forma estremamente moderata, la speranza nelle potenzialit emancipatorie del progresso scientifico e tecnologico che ha caratterizzato le ondate neo-avanguardistiche del secondo dopoguerra (variamente e ambiguamente, e con esclusione dellinformale), sembra essere ancora presente nella poetica dellopera aperta: lopera una metafora epistemologica del mondo cos come questo ci viene prospettato dalla scienza (ed forse da notare che, nonostante il titolo medievalizzante della traduzione inglese de Le poetiche di Joyce, ovvero The Aesthetics of Chaosmos. The Middles Ages of James Joyce, lindagine di Eco sembra dare maggiore rilevanza, rispetto ad altri critici joyciani degli anni Sessanta, allinfluenza della teoria einsteiniana sulla poetica di Joyce). Similmente, anche se questa volta allinterno della disciplina delle comunicazioni di massa, le problematiche, e la conseguente azione culturale finalizzata alla creazione di una socialit nuova, proposte da Umberto Eco in Apocalittici e integrati, procedono da unaccettazione critica dello sviluppo tecnologico, dei mass media e dellindustria culturale, unaccettazione utopicamente mossa dalla considerazione che, nonostante
una serie di fenomeni negativi, come la produzione su comando, il consumo provocato artificiosamente, il mercato sostenuto con la creazione pubblicitaria di valori fittizi [] lindustria culturale si distingue in questo dallindustria dei dentifrici: che vi sono inseriti degli uomini di cultura per i quali il fine primario (nei casi migliori) non la produzione di un libro da vendere, bens la produzione di valori per la diffusione dei quali il libro appare lo strumento pi comodo.10

La Caosmogonia balestriniana risolve negativamente, e quindi apocalitticamente, le problematiche delineate quarantasei anni prima da Apocalittici e integrati, prendendo nota, con determinata amarezza, di una situazione storica e culturale, quella attuale, dominata dal sistematico appiattimento dellimmaginario sociale da parte delle tecnologie mediatiche e dellindustria culturale divenuta davvero mera industria dentifricia:
la diffusione ha preso il sopravvento rimasto solo il mezzo non tanto vedere il mondo quanto dominarlo ha preso il sopravvento sulla produzione ma ridurlo alla sola dimensione spettacolare c qualcosa di molto totalitario in tutto questo 11

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Criticando un uso esclusivamente capitalistico e populistico della tecnologia mediatica, Caosmogonia problematizza una visione socialmente e linearmente progressiva (almeno in potenza) dellinnovazione tecnologica, attualizzando invece unestetica antilineare e rizomatica (la tirannia e la violenza sono dalla parte della linearit, Empty Cage, p. 26), ovvero della ripetizione e della serialit, intese come ritorno ciclico e relativamente regolare del frammento, una sorta di eterno ritorno che si gioca allinterno delle regole della pratica combinatoria balestriniana. Difatti, le tre poesie che aprono Caosmogonia, Tre studi per un ritratto di F. B., Empty Cage e Fino allultimo sono composte secondo le regole della pratica combinatoria: i frammenti di discorso che le compongono appartengono alluniverso del gi detto. La loro selezione non causale, perch provengono da, e ricostituiscono in modo coerente, il mondo dellarte e la visione estetica di, rispettivamente, Francis Bacon, John Cage e Jean-Luc Godard. Molti dei versi di ogni poesia appaiono due volte, pi raramente tre, allinterno della stessa, proponendo unestetica profondamente seriale in due sensi: innanzitutto, essi non sono una creazione unica ed originale nel senso romantico del termine, perch preesistono loperazione combinatoria e vengono ridisposti secondo criteri ritmici e grafici costanti e regolari.12 In secondo luogo, la ripetizione del verso allinterno della poesia stessa crea una sorta di attesa del frammento ritornante. Il frammento verbale viene ricombinato attuando una selezione tra le infinite possibilit combinatorie. La combinazione seriale apporta una situazione di differenziazione organizzata, policentrismo ed una sorta di irregolarit regolata. Come procedimento costante, la ripetizione ha leffetto di far slittare e differire il senso del frammento ripetuto, senso che viene conferito di volta in volta secondo il contesto ricombinato dalle nuove adiacenze. A livello formale, essa il dispositivo che aziona, dal di dentro ed autonomamente, lordigno verbale. Fondamentalmente (filosoficamente), tale dispositivo si afferma come rptition diffrente in senso deleuziano, ovvero come il ripresentarsi dinamico di una differenza interna apportatrice di una novit radicale, per cui lunica vera ripetizione diviene la ripetizione della differenza che riafferma eternamente il flusso della vita e il divenire che in ogni istante, apportando una novit non pi identificabile come il frutto di una teleologia lineare:13
ci sono tante e tante cose che possono andare insieme senza sapere quale sar il risultato ogni ripetizione deve provocare unesperienza del tutto nuova abitare il mondo intero non frammenti separati del mondo ciascuno di noi il centro del mondo senza essere un io il mondo non diventa si muove cambia

La strofa appena citata la prima delle venti che compongono Empty Cage e lunica di sette versi tutte le altre ne contano sei. Il verso bisillabo nuova sembra essere il fulcro da cui si irradia la strofa in quanto organizzazione grafica centralizzata, una spina dorsale che facendo concretizzare la poesia come topologia, avvenimento cio innanzitutto grafico che si afferma seguendo una tensione verticale (e non orizzontalmente lineare), rimanda direttamente alle composizioni mesostiche di Cage, cos come lorganizzazione grafica centrata che caratterizza tutta Empty Cage. In questo trittico di poesie che apre Caosmogonia, la tecnica combinatoria balestriniana sembra esplicitarsi secondo unestetica seriale neobarocca, ovvero secondo
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una disposizione del materiale linguistico rivolta ad un effetto di ridondanza ed abbondanza dalla vocazione fortemente comunicativa e dal ritmo a volte incantatorio che si distanzia non poco dalle modalit combinatorie entropiche, stranianti e fortemente asintattiche di alcuni esempi di poesia precedente, spesso caratterizzata da un linguaggio frammentato, sintatticamente sventrato e ricostituito in unit provviste di senso minimo talmente eterogenee tra di loro, a livello sintattico, semantico e ritmico, da risultare, nellinsieme, acomunicative. Balestrini, per stupire il suo pubblico, ha trovato ancora nuove maschere verbali, objets trouvs linguistici scollati, ridotti a frammento e giustapposti, sintagmi dalla sintassi relativamente integra, selezionati e estrapolati da dichiarazioni e scritti oltre che di Cage, di Francis Bacon, e di Godard per Fino allultimo, poesia questa caratterizzata da una struttura fortemente circolare, poich il verso di chiusura una ripetizione fedele dellincipit (prima non c nulla poi allimprovviso). Nel mondo dellinformazione usa e getta e della spettacolarizzazione e prostituzione del segno a fronte della paralisi di idee (quando non si muove niente la pornografia) e del ritorno dellidentico, superficialmente mascherato14 che caratterizza la serialit mediatica, la poesia un luogo altro, una struttura da ripercorrere e ri-vivere capace di offrire una rptition diffrente, sensazioni nuove ad ogni ri-utilizzo: il significato luso (Empty Cage) che sempre un evento circostanziale. Anche la procedura combinatoria aleatoria iscritta nella forma delle strofe, blocchi di sei versi a ben guardare assai simili agli esagrammi de I Ching, sintagmi sintatticamente irrelati che costituiscono un unicum innanzitutto grafico. Il procedimento combinatorio smonta la realt: i frammenti ricombinati ridono della funzione mimetica del linguaggio alludendo invece, e qui ci rifacciamo ad Alfredo Giuliani, alla produzione della Realt, che quella che ma che potrebbe (e moralisticamente deve) essere altra, intenzionata a nuovi usi15: dal massimo grado di disimpegno verso il connubio tra ordine e mimesi, nasce un fare programmaticamente distruttivo che vorrebbe rifondare la realt introducendovi le potenzialit del caos primigenio, del quale andata tuttavia perduta loriginaria ingenuit. La poesia rifonda il caos attraverso la frantumazione di ci che la preesiste portando iscritta su s stessa la violenza della propria origine mitica, uno sventramento della storia qui intesa come archivio foucaultiano del gi detto, un cosmo verbale di incrostazioni che si fanno seconda natura, come tic verbali e brutti modi di dire (Lalinguafuori, uno). Larchivio testuale della nostra storia contemporanea (e delle nuove vergogne nazionalmediatiche: identici messaggi / manipolati intrappolati / lesplicito fascismo, Atti pubblici, undicesimo) viene smontato e caoticizzato: la distruzione di una forma originaria fondante, un testo o ogni immagine che in virt della propria ordinata compiutezza si impongano come griglia interpretativa della realt, il gesto in cui si afferma la vitalit balestriniana, una rifondazione del linguaggio senza autorit ultima che invita il fruitore a ripetere lo stesso gesto di manipolazione e ridisposizione dei dati verbali (il montaggio vuol dire vedere la vita, Fino allultimo), mostrandogli come si agisce sul materiale linguistico, il dato di fatto verso cui il poeta, e di conseguenza anche il lettore, deve esprimere la propria responsabilit semantica: la poesia utopia ultimo urlo / chi la legge la interpreta e / e le d un senso [] (Atti pubblici, previsioni). a questa apertura sostanziale che Balestrini impone alla poesia, apertura non solo formale che ha gravi implicazioni a livello semantico, che faceva riferimento Edoardo Sanguineti, avvertendo che,

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chi intanto discorre di opera aperta trova nuovo esempio, e, nel profondo, nuova categoria: perch lapertura qui, non pi laccidente in sostanza, e cio un criterio formale e formativo, ma il contenuto stesso del libro, la sostanza di tutti i suoi accidenti.16

Con Caosmogonia, il lettore si trova nuovamente davanti allesperienza di ci che si potrebbe definire il paradosso semiotico che contraddistingue la poesia di Balestrini: labolizione dei presupposti della significazione (le aberrazioni sintattiche date dallassenza, e mancata concordanza, di un soggetto dellenunciazione e dalla giustapposizione di frammenti irriducibilmente eterogenei privi di un nocciolo di significato) ha leffetto contrario di acutizzare nel lettore il bisogno di un senso. La vertigine dellapertura massima innesca il bisogno di trovare un angolo morto da cui visualizzare il significato delloperazione. Il che presenta un corollario certamente non trascurabile: se vero che il linguaggio genera coscienza, con Balestrini il lettore si ritrova ad agire politicamente nel riordinare e dare senso al materiale linguistico. Questultima operazione spesso si rivela assai insidiosa: da un lato, la passione combinatoria di questo poeta non si preoccupa n delle possibili ripetizioni (che anzi vengono studiatamente combinate), n del fatto che i frammenti combinati siano in grado di generare senso; dallaltro essa unestensione di una pratica montagistica avanguardista che propone, come unica estetica credibile, lestetica del frammento, il cui senso sempre quello di apportare una differenza irriducibilmente in lotta contro qualsiasi totalit (sociale) e contro ogni interpretazione univoca. Come puntualizzato da Gianni Celati,
Il pensiero e la parola basati sul frammento sono un modo di pensare i rapporti degli insiemi mondani non come armonia, concordanza o conciliazioni, ma come divergenza e disgiunzione: una disposizione che non compone ma giustappone, cio lascia allesterno gli uni e gli altri termini che entrano in relazione, rispettando questa esteriorit o questa distanza.17

Allentropia generata dalla pratica combinatoria si contrappone non solo la natura ideologica che contraddistingue il montaggio come operazione formale, ma anche la pregnanza semantica dei frammenti che sono stati selezionati. A stabilizzare leffetto entropico pu intervenire, come nel caso di Caosmogonia, una tensione seriale che introduce un angolo morto e genera i seguenti quesiti: perch vengono selezionati e riaffermati attraverso la ripetizione quei frammenti, e non altri, rispetto allinfinit del gi detto? O ancora: come si devono interpretare quei frammenti che costituiscono una totalit nuova ed opposizionale essendo luno una variazione, ovvero ripetizione (totale o parziale), dellaltro? Da un lato, lestetica del frammento ritornante della Caosmogonia prende compiutamente congedo da una delle aporie dellavanguardia: lidea di un reame delle arti che avanza, temporalmente e spazialmente seguendo limperativo di scoprire lignoto (secondo la metafora contenuta nel sostantivo avanguardia), accentua la coscienza del futuro: questa a sua volta, accelera il processo di innovazione e, di conseguenza, di museificazione, relegando lopera davanguardia al ruolo di reliquia (lopera darte cerca rifugio nel futuro da cui divorata).18 Tuttavia, in quanto variazione dellestetica della ripetizione, Caosmogonia rimane allinterno di quel vasto filone darte davanguardia (che va dai collages dadaisti ai ready made duchampiani) volta a problematizzare i concetti, di origine romantica, di originalit assoluta ed unicit. Ma ancora, si indichi lopposto, ovvero come nella combinazione (sia essa

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calcolata o aleatoria) del materiale linguistico, sembra sopravvivere la fiducia romantica nella magia della parola straniata e sospesa, nella parola disinteressata e cio dilatata e combinata.19 Per la configurazione stessa delloperazione che contraddistingue questopera poetica (i frammenti ricombinati da Balestrini sono gi una copia di un originale, copia che viene a sua volta ripetuta attraverso nuove combinazioni allinterno del testo poetico), qualsiasi tentativo di delucidazione della Caosmogonia non pu prescindere dalle problematiche inerenti alla produzione seriale. Umberto Eco ha puntualizzato che la serie neobarocca propone al suo primo livello di fruizione (ineliminabile) puro e semplice mito. Nulla a che vedere con larte. Una storia, sempre uguale.20 Questo primo livello mitopoietico che si offre al fruitore come rappresentazione figurativa e degustazione orgiastica comune sia al prodotto low brow che a quello dellarte alta. Tuttavia, Eco continua, in un secondo momento, ludienza si riserva la possibilit di passare al livello estetico e di giudicare dellarte della variazione su tema mitico.21 Si vorrebbe qui suggerire che lultima prova di Balestrini sembra innanzitutto proporsi come riflessione teorica su due tipi opposti di ripetitivit e serialit: la serialit insidiosa dei mass media che propongono variazioni senza / senso parole in fuga senza / destino clonate, (lultimo giro) che fingono di essere diverse ma ripropongono sempre uno stesso contenuto da un lato, e, dallaltro, una serialit che invece metodo critico e formale, un modo di disorganizzare la realt per introdurvi eterogeneit che storicamente e formalmente si esprime attraverso la tecnica del montaggio come usato dal cinema e dalle avanguardie del Novecento: per me il montaggio la resurrezione /[] il montaggio vuol dire vedere la vita /[] cercare di accostare una cosa vicina a una lontana (Fino allultimo). La necessit di un utilizzo sistematico dei procedimenti dellarte davanguardia al fine di smascherare la cattiva serialit dei mass media non muove da riflessioni meramente teoriche. Come esempio magistrale di poesia civile, Caosmogonia sembra denunciare un dissidio insanabile tra rappresentazione della realt operata dai media (o meglio, dalla nuova mediacrazia dei mezzi di informazione usati dal potere politico come onnipresente strumento di legittimazione) da un lato e, dallaltro, la memoria storica nazionale, dissidio che oggettivamente si risolve con una rimozione sistematica operata dalla prima sulla seconda: le cose che ci mettono davanti agli occhi sono sempre di pi / ma le cose che vediamo sono sempre di meno (Fino allultimo). Il visibile, limmagine troppo a buon mercato, cancella la storia e la genesi delle cose. Una breve digressione pu forse aiutarci a connotare le caratteristiche e le implicazioni del tema della mancanza di visibilit, come denunciata dai versi citati sopra, allinterno dellopera di Balestrini. Il tema dellinvisibilit un tema drammaticamente ritornante nel macrotesto balestriniano, normalmente associato a quello di un passato oggetto di rimozione: il titolo del romanzo sul riflusso dellutopia rivoluzionaria degli anni Settanta, Gli invisibili (1987), allude polemicamente alla rimozione, non solo visiva, di tutta una generazione, isolata e sotterrata nellinconscio collettivo nazionale. Alla stessa metafora di schermatura e oscuramento da ricondurre Blackout (1980), il poema lamento funebre che celebra la fine di unepoca in cui la lotta per la diversit e la contestazione sociale si sono affermate non solo come pratica testuale, ma finalmente come pratica sociale di una moltitudine di soggetti.22 Da Lo sventramento della storia (1963) in poi, si pu affermare che una delle finalit assolutamente prioritarie della furia montagistica e combinatoria balestriniana sia quella di ridurre a brandelli il velo e le schermo (intesi come piano, non solo verbale,

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omogeneamente coerente ed ideologicamente asfissiante) che dividono il lettore da un passato nazionale (immediato e non) rimosso, operazione perfettamente attiva anche nellanti-romanzo Tristano (1966), dove lacerti che indicano precisamente un macrotesto storico di riferimento (lItalia post-fascista e post-resistenziale del trasformismo politico, delledonismo culturale e del boom economico23), vengono informalmente combinati con i frammenti di una generica storia di mnage trois borghese. La genialit ancora insuperata di Tristano risiede nel reinnescare questi meccanismi di rimozione al livello del procedimento combinatorio: la storia nazionale, dolorosa quanto ambiguamente rimossa, ridotta a frammenti che vengono sommersi (oscurati) da unaltra storia banale, ripetitiva, leggera e al contempo ossessionante, la storia di C e del suo amante. Tuttavia, la comprensione delle dinamiche testuali e delloperazione combinatoria non pu prescindere dallelaborazione della storia rimossa, elaborazione che idealmente dovrebbe comportare la fine di unamnesia collettiva: come esplicitato dal seguente frammento di metapoetica, delle due storie, Luna attacca la funzione psichica dallalto laltra dal basso e lanalisi di questi due modi di dissoluzione ci indica la sua integrazione.24 In Diffrence et rptition Gilles Deleuze ci ricorda che lamnesia , per il primo Freud, madre della ripetizione: quanto pi ci si scorda o si ha meno coscienza del proprio passato, tanto pi si destinati a ripeterlo.25 Qui ci muoviamo nellambito di una ripetitivit e di una ciclicit intese in modo profondamente negativo. Combinazioni volte ad un effetto di circolarit del testo ed anche ripetizione, sono una costante della tecnica combinatoria balestriniana. Gian Paolo Renello ha acutamente notato una tale circolarit ne La violenza illustrata, il cui ultimo capitolo [] fatto con i materiali dei capitoli precedenti, con, in aggiunta, un nuovo episodio, creando un effetto di circolarit del testo, riportando cio la situazione allinizio del libro, al primo capitolo.26 A tale circolarit, continua Renello, si aggiunge
la ripresa continua da capitolo a capitolo di una parola identica [che] fa s che ognuno di essi, dal primo allultimo, sia collegato attraverso un filo continuo, per analogia, per associazione di idee, e questo filo non se non, appunto, la manifestazione della sostanziale immutabilit della violenza comunque la si raffiguri.27

La ripetizione qui ci riporta al cos e alla legge profonda (amor fati) che governa le cose. Questa situazione di ritorno del frammento come ripetizione presente anche ne Le avventure complete della signorina Richmond (1999), in cui, pi che un incubo, la storia contemporanea si rivela come un archivio del gi detto da agire: sintagmi straniati vengono isolati da un macrotesto storico di riferimento per essere ricombinati dalloperazione poetica che un tuttuno con la visione politica dellautore. Cos, nel ciclo della Signorina Richmond, le parti sociali e storiche protagoniste degli scontri e delle lotte per legemonia ideologica degli anni Settanta, sono ridotte agli stessi socioletti che le rendono dicibili, e che si scontrano frontalmente dilatati nelleterno presente del puro accadere poetico: la violenta coesistenza di sistemi linguisticoideologici irriducibilmente eterogenei si esplica attraverso il trattamento asintattico e violento dei segni. Lo scontro assolutizzato dal fare poetico che lo sospende rispetto alla linearit del tempo storico che stata manomessa: lo scontro epico riazionato a livello della sintassi che metonimicamente lo pone in essere qui ed ora, allinterno di quel cerchio chiuso che la poesia. Lo scontro sociale viene epicizzato attraverso loperazione combinatoria: il linguaggio non pi strumento di lotta, poich tagliati i fili con il referente storico, esso riattiva lo scontro frontale tra due blocchi sociali
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irriducibilmente diversi a livello testuale, una logomachia che si consuma e continua ad essere, lettura dopo lettura.28 Tale circolarit ribadita dalla disposizione dei frammenti che attua qualcosa di molto simile a quanto notato da Renello a proposito de La violenza illustrata: nella poesia XXVII del ciclo della signorina Richmond, lenjambement traumatico e landamento singhiozzante si risolve nella ricongiunzione circolare dellultimo frammento ten con il primo tazione, cos restituendo la parola tentazione; tale circolarit abbraccia tutto limpianto del ciclo: le immagini ed alcuni frammenti della poesia XIII, Prudentemente la signorina Richmond assiste mascherata alla lotta tra le due societ (libro I), vengono ripresi nella poesia posta a conclusione del ciclo, Primi volenterosi esprimenti in vista di unauspicabile pulizia etnica per la Padania libera, occupando, questa la cosa importante, esattamente la stessa posizione. La prima e la tredicesima strofa delle due poesie sono identiche, salvo che loggetto delle politiche comunali di disinfestazione, ovvero i disoccupati da eliminare fisicamente del primo libro, sono sostituiti (circa trentanni dopo) dai malcapitati extracomunitari. Lordine di apparizione di frammenti ed immagini delle due poesie citate speculare: dal disordine entropico della frantumazione della sintassi e dalla ridisposizione nasce un ordine nuovo e profondo formalmente apportato dalla ripetizione. Il poema ripete s stesso indicando ciclicit socio-economiche fastidiosamente immutabili, e le ripetizioni storiche di cui si fa testimone critico. Cambiano gli attanti, ma le funzioni rimangono le medesime: i potenti da un lato, e dallaltro i deboli. Lo scontro impari tra i due destinato a ripetersi. Nel caso specifico della Caosmogomia, il lettore rimane ad interrogarsi sulle possibili ragioni ed implicazioni, a livello del master plan combinatorio dellautore, delle dinamiche di destrutturazione nel senso della ripetizione e della circolarit. La ripetizione nella sua accezione negativa (si ripete ci che non si riesce a ricordare) inseparabile dal suo doppio dallaccezione salvifica ed affermativa. Entrambe le accezioni della ripetizione abitano la Caosmogonia. Seguendo il procedimento combinatorio del primo blocco di poesie, Tre studi per un ritratto di F. B., Empty Cage e Fino allultimo, il frammento cerca il suo doppio ripetendosi. Il ritmo lento dei versi lunghi scandisce il tempo di una ripetizione positiva apportatrice di differenza: la riapparizione del verso lasciato immutato, ma ricombinato diversamente in modo da introdurre differenza nella ripetizione, crea attesa, se non solennit. A questo tempo della ripetizione salvifica si contrappone in modo netto la ripetizione negativa del gruppo di poesie Lalinguafuori: qui la ripetizione ([] la squallida / ritmica fallimentare / fallica ripetizione Lalinguafuori, sei,) non pi procedimento creativo che aziona il flusso della scrittura combinatoria dal di dentro, ritmicamente, come un flusso di coscienza, quanto piuttosto una costante da oggettivare, esplicitare e denunciare. Lazione destrutturante diviene denuncia civile in cui parole straniate si caricano di un valore epifanico affermandosi come etica della memoria: ci che non si ricorda, ci che rimasto escluso dal selettivo imbuto del presente (le pagine strappate, gli istanti sparpagliati, gli stimoli senza memorie) invoca unazione civile che si afferma innanzitutto come rimembranza (se dimentichi la, ma ripercorri la genesi, fammi ricordare). Ne Lalinguafuori quantitativamente importanti sono i versi corti e dal ritmo martellante che creano la sovrapposizione di voci provenienti da piani multipli, che esplicitamente fanno riferimento alle dinamiche di ciclicit del rimosso (ritorno ombelicale, rivederci la ciclica al, rancori rimossi, cicliche / ridondanze tornati indietro). Limmagine della ciclicit del rimosso assume grande pregnanza nei seguenti versi:

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rapide successioni ormai a un passo da o dimentica tutto conflitto rimosso orme fatiscenti tutto ritorna uguale (Lalinguafuori , tre) E ancora: sempre l che leggi la diametralmente opposto con un ruolo simile popolo di buffoni voltando pagina adesso il rimosso ricicla. (Lalinguafuori , quattro)

Attraverso lo studiato sfaldamento della parola, si susseguono slittamenti ortografici e variazioni di versi intorno al tema della ciclicit del rimosso: da la storia stupita a la stupida che ci (Lalinguafuori, due); o ancora da rivederci la ciclica a cicliche / ridondanze (due); o ancora il verso dolorose cicale (tre) che si trasforma in il rimosso ricicla (quattro). Il tema della ciclicit del rimosso assume il tono della denuncia definitiva versi gi citati sopra, identici messaggi / manipolati, intrappolati / lesplicito fascismo. La ripetizione del suffisso -zione che sottende per decine di pagine le poesie di Caosmogonia (disgregazione, sensazione, ripetizione, narrazione, disperazione, resurrezione, comunicazione), si afferma in ultimo, e forse non poteva che essere cos, nella parola rivoluzione (Atti pubblici, esplose improvviso). Leffetto di ridondanza neobarocca dato dalluso sistematico e vario della figura retorica della ripetizione. Nelle Istruzioni preliminari, la poesia che conclude la raccolta protendendosi oltre i confini del libro per anticipare e narrare utopicamente ci che ancora deve accadere ma che in ultima analisi gi accaduto secondo la logica ciclica del chaosmos balestriniano, lultimo verso di ogni strofa ripetuto dal primo verso della successiva; il secondo verso ripetuto nella strofa successiva e diviene il quarto di questultima; tutti i versi sono ripetuti rispettando un ordine preciso in modo da concatenare ogni strofa sia con quella successiva che con quella precedente; inoltre, i due versi di chiusura si pu sentirne lo strappo sonoro / scorrere il sangue la nuova vita che arriva sono una ripresa parziale del terzo e quarto verso della prima strofa ricombinati in senso vitalisticamente ciclico: il frammento scorrere il sangue non pi associato alla vita che fugge ma alla vita che arriva e lo strappo da silenzioso diviene sonoro. Il secondo, quinto e sesto verso dellultima strofa si ricollegano alla strofa di apertura di cui sono una ripetizione parziale:
contro labuso di convenzione lo svuotamento di senso non pi dominanti e dominati ma forza contro forza rendere partecipe il lettore azzerando il linguaggio sequenza di immagini sparate come slogan lattacco va minuziosamente preparato

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secondo una prospettiva rivoluzionaria secondo una prospettiva rivoluzionaria un altro mondo sta apparendo lattacco va minuziosamente preparato non pi dominanti e dominati ma forza contro forza si pu sentirne lo strappo sonoro scorrere il sangue la nuova vita che arriva. (Istruzioni preliminari)

Caosmogonia un testo della crisi e delle ansie della societ contemporanea ridotta a linguaggio. Loperazione poetica rifonda una forma del mondo e di un immaginario nazionale utilizzando ci che stato detto circa quel mondo, proponendo una forma possibile di questultimo realizzata nel linguaggio. Proponendo la forma di un mondo nuovo, dalle relazioni molteplici, scandito secondo il ritmo di mutazioni inarrestabili le quali tuttavia ci riconfermano sempre la forma di tutto,29 essa avanza, attraverso il linguaggio, unidea di storia patria ancorata a dinamiche storiche in cui forme di scontro inevitabilmente fanno seguito a forme di repressione (forza contro forza) in una successione di eventi guidata dalle leggi della ciclicit, sopra i quali la poesia si erge come il grido civile di chi non vuole scordare, facendosi la forma di una memoria che nasce innanzitutto come necessit etica.

N. Balestrini, Leditore, 1989, pp. 24-25. J. Joyce, Ulysses (1922), 1992, p. 281-283. 3 U. Eco, Le poetiche di Joyce (1962), 1994, p. 119 e ss.. 4 J. Joyce, Finnegans Wake (1939), 1975, p. 3. 5 Il metodo mitico joyciano, ha puntualizzato Declan Kiberd, evoked a world of cycles and spirals, which mocked the view of history as a straight line and [] set in its place another, very different model [] Joyce, in restoring a sense of an Eternal Now, also restored a sense of mystery. D. Kiberd, Inventing Ireland. The Literature of the Modern Nation, 1996, p. 340. 6 U. Eco, Opera Aperta (1962), 1993, p. 288. 7 Ivi, p. 289. 8 J. Cage, Empty Words: Writings 73-78, 1979. 9 Su questo punto si veda G. Vattimo, La fine della modernit (1985), 1991, specialmente pp. 114-116. 10 U. Eco, Apocalittici e integrati (1964), 1965, p. 49. Allinterno del progetto della neo-avanguardia italiana, lo sfruttamento pragmatico delle strutture del mercato col fine di far circolare una letteratura in grado di istituire un nuovo circuito semantico, o, se si preferisce, una nuova socialit semantica (si sta qui citando il Fausto Curi di Perdita daureola, 1977, pp. 252-253) un momento simbolico delle aporie dellavanguardia, uno di quei momenti in cui la protesta avanguardista si rivela strutturalmente dipendente rispetto ad una concezione capitalistica della realt lasciando intravvedere, e qui citiamo Andreas Huyssen, how deeply avant-gardism itself is implicated in the Western tradition of growth and progress [] technology and modernization (A. Huyssen, After the Great Divide. Modernism, Mass Culture, Postmodernism, 1986, p. 173). 11 N. Balestrini, Caosmogonia, 2010, p. 32. Da questo momento, le citazioni dalle poesie contenute in Caosmogonia appariranno tra parentesi nel testo. 12 Per unanalisi pi ampia e dettagliata dellattivit combinatoria di Nanni Balestrini si rimanda al numero speciale de il verri. Attivit combinatorie a partire dal Tristano di Balestrini, n. 38, 2008. Si veda anche G. P. Renello, Taglio e combinazione: le tecniche della scrittura in Nanni Balestrini, 1999. 13 Cfr. Gilles Deleuze, Diffrence et rptition (1968), 2008, specialmente pp. 7-41.
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U. Eco, Linnovazione nel seriale, Sugli specchi e altri saggi (1985), 1998, p. 129. Si rimanda a questo saggio per una casistica delle tipologie della ripetizione nei mass media, i quali spesso propongono espressioni che fingono di essere sempre diverse per trasmettere invece sempre lo stesso contenuto fondamentale []. questa serialit dei mass media che parsa, alla cultura alta, come una serialit degenerata (e insidiosa) rispetto alla serialit scoperta e onesta dellindustria e dellartigianato, ivi, p. 126. 15 A. Giuliani, Poesie pratiche di Balestrini, p. 393. 16 E. Sanguineti, Come agisce Balestrini (1963), Ideologia e linguaggio (1965), 2001, p. 74. 17 G. Celati, Il bazar archeologico, 1986, p. 205. 18 Si sta qui facendo riferimento sia alle riflessioni di Hans Magnus Enzensberger che a quelle altrettanto fondamentali di Edoardo Sanguineti in Sopra lavanguardia (1963), Ideologia e linguaggio, cit., pp. 5558. 19 E. Sanguineti, Come agisce Balestrini, cit., p. 76. 20 U. Eco, Linnovazione nel seriale, cit., p. 144. Per un ulteriore approfondimento della questione neobarocca non si pu che rimandare a O. Calabrese, Let neobarocca, 1987. 21 U. Eco, Linnovazione nel seriale, cit., p. 144. 22 Cfr. Gian Paolo Renello, Blackout, unepica della fine, postfazione a Nanni Balestrini, Blackout e altro, 2009, specialmente p. 121. 23 Per una lettura di Tristano che ne metta in evidenza il contesto storico di riferimento si rimanda C. Brancaleoni, Il giorno dellimpazienza. Avanguardia e realismo nellopera di Nanni Balestrini, 2009, specialmente pp. 52-54. 24 N. Balestrini, Tristano, 1966, p. 74; frammento ripetuto a p. 122. 25 G. Deleuze, Diffrence et rptition, cit., p. 25. 26 G. P. Renello, Blackout. Unepica della fine, cit., p. 124. 27 Ibidem. 28 Si sta qui riprendendo lanalisi de Le avventure complete della signorina Richmond di C. Gubbiotti, Travestitismo davanguardia, 2007. 29 U. Eco, Le poetiche di Joyce, cit., p. 162.

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Postilla La voragine del corpo e lirredimibile ferita. Aracoeli di Elsa Morante Barnaba Maj Difficile immagine che un romanzo possa essere ispirato insieme a Tolstoj e Dostoevskij. Riferendoci a universi poetici antichi, ancora pi difficile immaginare un romanzo che sia allo stesso tempo ossimoricamente lucreziano e virgiliano, e che smentisca la tesi di Italo Svevo sul tempo narrativo (erzhlende Zeit) che organizza il passato come un direttore dorchestra, ma sia antiproustiano e insieme capace di percorrere le vie pi sottili del tempo e della memoria in una rete ancora pi complessa di Mrs. Dalloway di Virginia Woolf. Ultima opera di Elsa Morante, pubblicata quattro anni prima della sua morte dolorosa e solitaria (1982), Aracoeli tutto questo. Vediamo perch. Lidea della resurrezione del passato illumina la storiografia di Michelet, il romanzo-fiume di Proust e il concetto della storia di Benjamin. A proposito di Berliner Kindheit um Neunzehnhundert di Benjamin, Szondi ha sviluppato analogie e differenze fra Proust e Benjamin. Un carteggio mostra in che misura lidea benjaminiana del passato sconvolgesse e scandalizzasse Horkheimer. Sotto questo profilo, ancora pi importante di quello con Proust il confronto con Michelet. A ragione Febvre ha fatto notare come nessuno storico ha creduto al senso della storia come Michelet. Ma impossibile credere al senso della storia senza credere al senso del passato. E non certo un caso se da Certeau a Ricur e pi di recente Ankersmit, in una riflessione allincrocio fra letteratura e storiografia, con tanta forza si pone il cruciale problema dello statuto ontologico del passato, fra il senso di ci che passato e quello di ci che non pi eppure stato, fra die Vergangenheit e das Gewesene. Aracoeli va oltre il punto di intersezione fra queste due idee del passato. Epicentro del romanzo certamente la questione del tempo, in una prospettiva diametralmente opposta a quella della resurrezione del passato. Aracoeli tratta della pi tragica fra le lacerazioni del tempo, ancora pi radicale delle forme di esistenza mancate analizzate da Binswanger, poich tratta del trauma stesso del tempo nella voragine del corpo umano, la sconosciuta Alterit in cui abitiamo. Lidea agostiniana dellanima come misura del tempo cos rovesciata. Aracoeli un romanzo vicino al Filottete di Sofocle e allimmagine dellamore come vulnus del De rerum natura lucreziano. Esso presenta unimpressionante serie di stratificazioni dei tempi, da quello addirittura prenatale al presente di un disperante viaggio sulle tracce della figura-corpo della madre, che insieme eclisse e morte. Eppure questi flussi scaturiscono da un tempo immobile, fermo al suo trauma originario. Il suo apparente movimento si traduce perci in immagini spaziali. Il tempo in Aracoeli spazializzato, tradotto in immagini di luoghi che sono lopposto della Venezia immaginata di Proust. Non c un presente anche solo prospettico ma una combinazione di piani temporali. Domina la tragica lacerazione originaria del tempo, per cui in certo senso tutto gi accaduto e la memoria frammentaria e spezzata, non ricostruisce nulla, poich non c nulla da ricostruire. Aracoeli cos una costellazione di punti spaziali : Milano, aeroporti, quartieri di Roma nel presente, nel dopoguerra e nel passato fascista, Andalusia del passato e del presente, lestraneo Piemonte dei nonni paterni , sempre ricondotti a punti del tempo, attraverso i quali si varca non la soglia tradizionale dellaldil, bens quella ancora pi
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misteriosa dellaldiqua, nel territorio primordiale della nascita di un essere umano e dellincalcolabile dolore della perdita che con essa inevitabilmente si accompagna. il territorio della maternit, vista da una soglia da cui si tenta di accedere al suo mistero. Questo il ct lucreziano. Ma, come si detto, il romanzo ha un ct virgiliano, che consiste nella sua creaturalit radicale, il cui profondo senso teologico non ha peraltro nulla a che fare con la creaturalit figurale di cui parla Mimesis di Auerbach. Si pu pensare al Woyzeck di Bchner o alla narrativa e ai film del primo Pasolini romano. Solo che il povero soldato Woyzeck prima figura proletaria del teatro europeo sulla scia di Soldaten di Lenz una creatura nelle mani dellistituzione militare, mentre i borgatari pasoliniani sono figure marginali della societ. A imporsi allora un altro, pi convincente confronto: il finale del Faust (1926) di Murnau, capolavoro della cinematografia mondiale. Si tratta di una variante delliconografia mariana. Sola e abbandonata, Gretchen perde il suo bambino nella bufera di neve. Raramente la figura di Maria, con cui Gretchen identificata, ha assunto un senso creaturale pi straziante e insieme pietoso, proprio perch capovolge nella morte il mitologema della maternit/natalit. Nel romanzo di Morante il racconto rovesciato: la storia di un uomo infelicemente adulto alla ricerca di una mamma perduta. Ma quando perduta? Questa perdita reale, via via svelata dalla narrazione, allegoria della perdita che non si produce solo con lesaurirsi dellinfanzia ma appare gi inscritta nel trauma oscuro e doloroso della nascita. Aracoeli affonda proprio nel mistero dellespressione: il mistero della nascita. Uno dei sensi della tragedia che in fondo meglio sarebbe non essere mai nati, espressione che allude al peso del mondo, allintollerabilit del dolore che il mondo pu infliggere allesistenza umana. Nel Filebo lo stesso Platone riconosce che la felicit consiste nel riequilibrio rispetto al dolore cui, come essere umani, siamo ontologicamente esposti. Aracoeli va oltre la notazione platonica e non ci pone di fronte al dolore degli altri di cui parla Sontag ma risale alla sua radice corporea. Anche qui Proust rovesciato. Se vero che i segni pi profondi tracciati nella nostra anima sono quelli del dolore, tuttavia la parabola della memoria, la sua possibilit di risalire allarchivio profondo dellanima il tramite della resurrezione, che la scrittura ha il compito di tradurre attraverso metafore. I punti spazio-temporali di Aracoeli non hanno nulla di metaforico ma sono altrettante metonimie corporee. Su questa strada ritroviamo la scrittura crudele di Kafka. Il nome di Kafka indica lappartenenza a una costellazione letteraria di primaria importanza. Dovrebbe essere evidente anche in una cultura come quella italiana, dove si iniziato a tradurre Kafka molto presto (1934), si avuto persino il caso di uno scrittore di valore come Dino Buzzati per il quale letichetta del kafkismo stata una sorta di ingiustificata maledizione, con Giuliano Baioni la critica kafkiana ha raggiunto livelli di grande rilievo. Negli anni cinquanta, durante una visita in Italia, Gyrgy Lukcs non ebbe esitazioni nellindicare in Menzogna e sortilegio il pi importante romanzo italiano del dopoguerra. Eppure nella nostra cultura attuale il nome della Morante circola sempre meno, come quelli di Italo Calvino, Beppe Fenoglio e Giorgio Bassani, persino di Leonardo Sciascia. Complice anche certa cultura francese, sembra che di quella generazione sia rimasto solo Pasolini il poeta, scrittore, saggista, cineasta e soprattutto polemista Pasolini. Questo vistoso buco della memoria storico-culturale scandaloso nel caso di una scrittrice come la Morante, che la Francia stessa tratterebbe di sicuro al livello di una Marguerite Yourcenar o di una Marguerite Duras (che della Morante vale di sicuro meno) potrebbe essere considerato partendo dal residuale, quanto persistente ideologismo della cultura italiana, alla luce del quale non difficile
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capire che lanarchia creaturale della Morante appare letteralmente inservibile (in effetti non si vede quale chiesa religiosa e/o politica potrebbe servirsene). Ma molto pi importante capire di quale profondo problema storico questa lacuna della memoria indizio. Probabilmente a partire dalla seconda met degli anni settanta qualcosa si rotto nella continuit storica della nuova Italia nata dalla catastrofe della guerra. come nello sport. Questo paese ha avuto un uomo grande e mite come Fausto Coppi. Il suo mito troppo profondo perch non se ne parli ancora. Ma rischia di finire come il Prometeo kafkiano: sembra appartenere a una storia sempre pi remota e che sempre pi si allontana, finendo nellindecifrabile.

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La Libellula narrativa

Enrico Capodaglio Volo a vela Il 27 luglio del 1939 un ragazzo di diciassette anni in posa per una foto nel suo aliante carenato, durante il corso di volo a vela. La fusoliera poggia sullerba, lala a sbalzo allaltezza della testa. Laereo di legno, come una canoa rovesciata, da cui il pilota sporge col petto nella maglia candida. Un mese dopo la Germania attaccher la Polonia, ma quel giovane uomo non lo sa. Sta facendo il liceo e destate ha avuto in premio un corso di volo veleggiato. Sorride eccitato, serio. Mentre lamico lo inquadra tiene la mano sulla fusoliera. Il mondo giovane come lui. C una luce nascente intorno. Scatta, di, che devo partire! Quel ragazzo quindici anni dopo avr un figlio, Sergio, ma prima sar arrestato a Padova dai tedeschi con altri seicento soldati, dopo lOtto Settembre. E deportato nel lager di Wietzendorf, nel Luneburgo. Sua madre morir mentre lui sar prigioniero di guerra. Tornato a piedi in Italia, comprer subito un paio di scarpe bianche traforate con la punta nera e cercher una sala da ballo. Diriger la fabbrica di pettini e posate di corno del padre, fino al fallimento con lavvento del plexiglas. Sar molto amato, per la sua gioia di vivere e per il suo candore dominante. Tre mesi fa morto. Sergio, che non ha voluto vederlo allobitorio, ha reagito iscrivendosi a un corso di volo a vela e oggi alla sua prima uscita senza listruttore. Ora sta contemplando nel fuoco dellestate del 92 la foto in bianco e nero di suo padre ragazzo, incollata con un magnete sulla carlinga del suo aliante nuovo BG 12, di fabbricazione statunitense, che ha voluto in legno convenzionale, come quello del padre. Vai avanti, ti avvicini ed entri in orbita con la foto, come se respirassi a turno con tuo padre. Ma a un punto uno dei due si blocca, proprio come in unapnea notturna. Sei tu? Cosa importa? Per questo tuo padre sorride con una sfumatura di ironia. Il fascismo preme sui giovani nervi, scalda il cuore dei ragazzi. C una bomba di vita nellaria. Stanno allaperto, hanno voglia di correre, lottare, gareggiare. Con spirito combattivo, nella vacanza premilitare a Vizzola, il giovane padre dai capelli neri come la pece, gli occhi da zingaro, pronto anche lui a partire con laliante. Viene rimorchiato da un aereo a motore coi muscoli delle braccia che tremano. Ha fatto appena tre voli e prova sollievo finch legato alla fune, vorrebbe scendere e invece resta inchiodato al suo compito, e ha paura. Una paura muscolare, energica. Tiene la leva in mano e sente una termica sostenerlo, stacca il cavo e si trova solo, su di una colonna daria che si potrebbe sgonfiare da un momento allaltro, ma intanto lo porta su tra gli uccelli straniti. La stessa sensazione del figlio mentre anche lui viene sganciato, strappato dal cordone ombelicale con la terra, e adesso fatica a ritrovare il punto esatto per mettersi in parallelo con un aereo fantasma del passato, fino a farlo combaciare col suo. Va da s

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che tutto il problema sta nel corpo, il quale ormeggiato sempre al 27 luglio del 92. Anche se la mente vola nel cielo gravido di male del 39. E non c pi la democratica Italia sotto, ma il fascismo, con i suoi giovani travestiti, esaltati e sanguigni, di terre aliene della storia ma comunque italiani, pieni di vita pi di lui. Suo padre non amava niente del fascismo, le parate, le mascherate, le smargiassate, i cazziatoni dei superiori, per quando si trovava in quei gruppi atletici, di compagni asciutti, pronti al sacrificio, si sentiva rimpatriato. Non era pi recluso a Recanati, lestate poteva viaggiare, partecipare alle gare nazionali datletica, si formava per il servizio armato della patria, si sentiva vincente, col cuore forte. I professori di latino, dalle voci metalliche e nasali, guardavano volare lui, piccolo eroe che gode la primavera di bellezza. Sventolavano i fazzoletti bianchi, mormorando le declinazioni come un sortilegio. Sergio aveva vissuto ben altri miti: il comunismo sovietico, la democrazia proletaria, non quella falsa dei borghesi privilegiati. Deluso dalla Russia, aveva guardato alla Cina, al grande timoniere Mao Ze Dong, che poi si era rivelato un tiranno assassino anche lui. Negli ultimi anni di vita suo padre era scettico sugli italiani. Sono ingovernabili, diceva. Vivono di fantasie, di ripicche, di capricci. Laereo del padre cerca le correnti a volo librato, trova una spinta e arriva a 300 metri di altezza. Fa bene vedere ogni tanto le case piccole. Le camerate in cui abbiamo sofferto, le piazze darmi minuscole, i boschi giocattolo, le piane che spezzano le gambe, il Ticino dormiente. Tutto cos indolore, innocuo, miniaturizzato. La pace, la guerra, la sua ragazza antifascista che lo provoca, i vestiti eleganti che non pu comprare, i professori austeri e buffi, il padre gigantesco col toscano a guardia della fabbrica di pettini di corno. Con suo padre Sergio non si mai scontrato, perch lo rispettava troppo, ma quel fascismo della sua giovinezza, che spesso rievocava con un sorrisetto entusiasta e nostalgico, lo feriva e lo metteva in imbarazzo, creava tra di loro una distonia che macchiava lamicizia. E si pu dire che la morte, arrivata troppo presto, gli aveva impedito con lui un dialogo pi sereno, del quale sarebbe stato capace ora, che vedeva le cose pi in prospettiva. Quando, come suo padre, si era rassegnato alla democrazia borghese come al male minore, se anche lui adesso sorrideva imbarazzato dei cortei con le bandiere e i tamburi della sua giovent. La democrazia prosaica e minimale, banale e ipocrita, ma meno peggio di qualunque altro regime, aveva dovuto inghiottirla anche lui e ora capiva quel sorriso amaro. Avevano entrambi un lato militaresco, bench da sponde opposte, unetica netta. Non era poi cos tutto un altro mondo. Peccato non averglielo mai potuto dire. Il variometro segnala la velocit verticale, va a 45 chilometri allora. Controlla laltimetro: sul chilometro e mezzo. Guarda lanemometro, la bussola. Dietro di lui c lerogatore di ossigeno, davanti la radiotrasmittente, se vuole. Ma tutto questo d a Sergio quasi fastidio. Non vuole essere garantito da quello che c, ma osare, tentare quello che non c, piegare la leva spiralando, perdendo quota lentamente, ebbene s, vivere sullorlo. A quel punto il volo d a Sergio, diventato quasi suo padre, una certezza languida: il bagliore della luce, la cremosit del cielo, il plastico delle casette. Ecco, uscito dalla storia. Il fascismo non mai esistito. In Germania non c un tipo tirato che ride sinistro e ha gli occhi maniacali, lui non un giovane volontario del corso. Non c patria, n in

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cielo n in terra, il mondo grazioso e ubriaco e lui solo, un niente, una piuma, una foglia. Beve la grappa dalla borraccia. Il variometro impazzisce e lui paff, non c pi. Non ha paura, sullorlo, come tutti, a quaranta o a settantanni, e pi rischia meno la morte lo tocca. La leva vibra con la fusoliera, un incrocio di correnti e la cabina balla. Intanto il padre tira la leva e poi la sposta di fianco, la spinge e trova una discendenza in volo veleggiato, come se la terra stessa, perdendo piano piano il calore del sole, gli offrisse una termica pi leggera, un guanciale. Volo silenzioso, lo chiamano. Ora le case sono pi ossute e grosse, i pupetti diventano uomini, anche il fumo pi minaccioso e il bosco cupo. Ora che pi vicino alla terra, il ronzio degli altri si fa sentire, polpa di battute, di sguardi, di odori. Prendersi a spinte sotto la doccia, parlare aspramente di fica per poi tremare davanti alla bocca di una ragazza. a cento metri dal suolo e si sente fragile, con le orecchie fischianti. Ecco, in questo istante suo figlio Sergio sta volando con laliante BG 12, cinquantanni anni dopo, parallelo a lui, sta tentando di combaciare, gli occhi fissi sulla piccola foto. Egli sacrifica la sua vita attuale, che annulla ricordando, ma solo in apparenza, perch in realt la svuota solo per riempirla del padre. E quando piena fino allorlo gli gira la testa, ma non perch anche lui vola, semmai perch dentro suo padre. Laria carica di tensione, di una gioia selvaggia e di una paura sibilante, il gioco sta per rompersi. Vivere o morire? Non pi quello che conta. Il padre ragazzo capta, perch il futuro gi dentro il presente, che un giorno suo figlio guarder la foto in bianco e nero, cercher nel proprio volto le sue cicatrici, sentir in quelle mani pelose strette sulla carlinga le proprie, salir sullaliante perch soltanto cos gli dir che ci tiene. E ora lui a stringergli la mano calda sulla cloche, a fargli puntare la carena verso la pista. In questo momento la concentrazione non tutto. Basta un ondeggiamento, un singulto della leva e ti schianti. Basta un falso pensiero di Sergio e si cade sullorologio gigante. La pista troppo breve. Se anche non si vede unanima, almeno venti persone seguono latterraggio. Ora c la botta per terra. Sergio ha perso il senso del tempo, sta gi scendendo la notte. Sono in due, lui e il padre. Laereo batte, il pattino ventrale poggia sul suolo, caracolla, ondeggia ma lattrito delle ruote fa un fracasso sano. Ce la fanno. Sergio ricade sul 27 luglio del 1992 con una piccola foto in bianco e nero davanti. Il padre rientrato dentro la sua giornata di ingenuo patriota, nel tempo parallelo dei morti. Un mese dopo la Germania dichiarer guerra alla Polonia. Il ragazzo della foto adesso sembra saperlo. Il figlio carezza il piccolissimo volto in bianco e nero con il guanto, slaccia la cintura, si toglie il casco e scende con un salto dallaliante. Listruttore di volo scruta gli occhi severi di Sergio, cerca di capire se stato un battesimo o se non voler pi.

Enrico Capodaglio (1954) ha scritto Nietzsche e la fenomenologia dellinterminabile (Corbo, 1983), Diciannove novelle sulla bellezza (Transeuropa, 1998), il romanzo Galleria del vento (Istmi, 2001) e Il volto chiaro. Storie critiche del 900 italiano (Marsilio, 2004). Ha pubblicato saggi su Platone, Leopardi, Melville, T. Mann, T. Bernhard, V. Janklvitch, indagando i legami tra filosofia e letteratura. Nella stessa prospettiva ha studiato poeti e narratori del secondo Novecento italiano. Collabora con Strumenti critici ed redattore (con De Signoribus e Paoli), della rivista Istmi. Tracce di vita letteraria.

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Marco Codolo Piove sul Bronx Piove sul Bronx, piove sulle case popolari dal tetto piatto, sul copertone di bicicletta rubata abbandonato accanto ai bidoni dellimmondizia, piove sulla chiesa di SantAntonio, sulle macchine delle famiglie che stanno al caldo in casa davanti alla tele, piove sui marciapiedi disseminati di mozziconi, sul cane mangiato dalle pulci, sul barbone del quartiere. Le gocce di pioggia scivolano, si schiantano, muoiono brillando, rinascono dalle loro ceneri come trasparenti fenici sui bidoni gi colmi dacqua, ritornano subito a colare dai lati. Piove sullaltalena del parchetto, sulla catena che sorregge la giostra senza lasciare un attimo di respiro mentre soffoca il cigolio di una spinta del vento ghiacciato. Piove su cinque ragazzi che corrono verso un riparo, con le scarpe alzano piccole onde dacqua quando affondano nelle pozzanghere, piove su cinque ragazzi che ansimano consumati dal tabacco e dalla fatica, piove sulle tamerici salmastre ed arse e non c nulla di sbagliato, nulla che tu non sappia gi. Lacqua lava via il sudore e il fiato, prova a sommergere la terra accumulandosi al suolo tra i fazzoletti di carta e le piante, si rapprende addosso ai cinque ragazzi in fuga ormai molti metri e metri pi avanti. Piove e non ci sono altri rumori. Il suono dellacqua ha spento gli schiamazzi dei bambini, i motorini dei pi grandi, le urla quotidiane nei condomini. Le botte, anche, di Domenico alla figlia. La pioggia mette tutto a tacere per i cinque cavalieri della pioggia. Terra di confine Laria, lelemento dominante in Via Aldo Moro. Eppure, mai state lucciole qui per potersene andare. Solo terra di condomini popolari dal tetto piatto, costruiti verso il cielo in fretta e furia, abitati da scoppiati, tossici, bestie sofferenti. Confine costeggiato dalle volanti azzurro-paura della polizia, azzurro-paura come il cielo che sovrasta Via Aldo Moro, la sua colata dasfalto stesa verso i campi. Terra di confine dalla chiesetta chiusa con un catenaccio a un paio di case abbandonate, usate solo per le messe nere. Spaccio e pestaggi tra il campo e il fiume che si vede dai terrazzini minuscoli con i vestiti stesi ad asciugare se il sole lo concede, come quando fu trovato il corpo di quel ragazzo steso a terra ucciso da una legge inviolabile da queste parti che sembrava una ripresa di Spike Lee. Matteo vive nel condominio Rinascita, nome blasfemo per una terra di miscredenti, ladri e figli di. Attraversa fuggendo il piccolo campo di basket al centro della costellazione di cemento, dileguandosi tra muri crepati e cornicioni che si diramano ben oltre i venti metri di asfalto stesi per il gioco dove di solito i ragazzi siedono fumando sigarette e spini. Matteo corre, Davide corre, Giulio corre, Fabio corre, Simone corre, i poliziotti corrono. La roba abbandonata per alleggerire il carico e dare pi forza alle gambe. Riguardali veloce, un fotogramma dopo laltro. Manca la musica, certo, ma tu corri, corri, cazzo corri.

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Saltano due siepi, saltano il confine con Via Aldo Moro, saltano e gridano invasi dalladrenalina. Matteo scappa senza alzare il capo ormai bagnato fradicio. Gli inseguitori forse sono rimasti indietro, persi tra il cemento e la pioggia abitata da scoppiati, tossici e bestie rintanate. Se potesse si stenderebbe sullerba, si accenderebbero una sigaretta ciascuno inspirandola a fondo. Via, con la prima boccata, tutta ladrenalina accumulata nella fuga. Interno giorno Chiara Li vede arrivare dalla finestra del salotto, due volanti azzurre, sirene che lampeggiano e strillano. Una fiction tv. Chiara si rifugia in bagno e si lava via il trucco sbavato sotto gli occhi, si asciuga il viso conta fino a dieci poi di nuovo fino a venti, prende un bel respiro ed esce dal bagno con una fermezza che non le appartiene da troppo tempo, rullo di tamburi e spinge con il palmo della mano la porta del corridoio, suo padre dorme a bocca spalancata sul divano senza badare al clamore di fuori, ha un rivolo di bava che cola dal labbro inferiore, una mosca disturba il suo sonno appoggiandosi sulle guance non sbarbate da giorni, lui la scaccia via con la mano e sbuffa, grugnisce nel sonno come il peggiore dei maiali. La ragazza fissa quella bestialit rivoltante e sincammina verso la porta di casa, aspetta qualche secondo che sembra un minuto poi sente il campanello finalmente suonare. - Chi cazzo ! Porca puttana non si pu dormire in pace! Chiara chiude le orecchie e ignora quelle imprecazioni, apre la porta e guarda negli occhi un poliziotto dagli occhi neri come la barba della bestia che sta distesa sul divano, non sente nemmeno la domanda che gli fa il ragazzo (sar sui trentanni) e risponde con tre semplici parole - di l -. Entrano in casa e Chiara capisce che la sua vita sta cambiando, non sa se in meglio o in peggio, sa solo che il suo incubo non pu diventare pi orribile, pu solo migliorare. Rimane sulla porta e si tocca con lindice il mento che ancora non si rimarginato dallultima sberla shock. Il padre di Chiara in piedi con una mano sulla pancia costretta in una canottiera di cotone bianco sporcizia come una reclame e sta rispondendo malamente ai tre poliziotti che gli si parano di fronte. Quello pi anziano gira la bestia che ora sbraita minacce e la spinge verso la porta di casa con le braccia forti e salde. A Chiara invece tremano le gambe, ogni fermezza sparita, gli occhi non riescono a mettere a fuoco pi nulla, sente solo i passi che mancano allarrivo del padre dal corridoio che separa la porta dentrata da quella del salotto, sente la sua presenza farsi pi forte, le bestemmie aumentare, la propria disperazione crescere. Eccolo, la faccia irriconoscibile, sfigurata dalla rabbia, i muscoli delle braccia tesi e pulsanti che cercano di vincere la presa del poliziotto, lo vede con la pancia tesa come la pelle di un tamburo spuntare da sotto la canottiera, lo guarda negli occhi e vede solo una parola incisa a fuoco nelliride: vendetta. Sente che sta per svenire ma riesce a tenersi in piedi appoggiandosi allo stipite, mancano pochi passi, quattro, tre, due, uno. Gli passa accanto e in una manciata di respiri la bestia gli addosso, gli pulsa una vena della tempia e sbava come un cane rabbioso, tenta di divincolarsi ma viene bloccato dai poliziotti. Un ultimo istante e urla alla figlia - Ti mangio puttana, quando torno tammazzo - Il poliziotto ragazzo si mette tra Chiara e lanimale e lo spinge via lontano da lei. Lo portano gi per le scale che ancora sbraita - Ti ammazzo, ti taglio la gola, ti

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Chiara assorbe il terrore e corre in salotto, guarda dalla finestra suo padre entrare nella macchina, Chiara guarda dalla finestra la sua vita cambiare, Chiara guarda dalla finestra il mondo illuminarsi. Splende il sole sul Bronx Splende il sole sul Bronx, il sole splende per tutti e brucia i campi gialli di grano, brucia le palpebre, brucia lerba verde del campo da calcio, mette in chiaro tutto ci che non si vede quando si ossessionati dal cielo carico di nubi che annegano di sera le stelle. Rilucono i capelli creando riflessi inaspettati, brillano i vetri spenti delle macchine che passano pi in l sul cavalcavia, squillano da questa parte cinque nomi intagliati nella corteccia dellAlbero Sognatore. I raggi solari sinfilano negli angoli smussati delle intagliature e fanno traboccare di pulviscoli doro le lettere scavate meticolosamente con un coltellino svizzero, regalo non so pi di chi. Se guardi lo scenario l in fondo con la testa di pochissimo inclinata rispetto allasse delle spalle, le finestre dei condomini popolari specchiano la luce di rimando proiettandola da destra verso sinistra sulla piccola chiesa di SantAntonio dove si frantuma come vetro. Da l, poco pi avanti, il sole splende sul cimitero di Portogruaro, scioglie il colore delle cose, i contorni alla materia, liquefa nel blu i cristalli sospesi che compongono ovunque laria. Il sole splende su Matteo, sedici anni, capelli biondi e lunghi, occhi azzurri, una mania per le magliette grigie, diploma di terza media, magazziniere al centro commerciale Delfino; il sole brilla su Giulio, diciotto anni, camminata lenta e assonnata, maturit di Liceo Classico quasi presa, maniaco della sua Punto blu notte; il sole riluce su Simone, sedici anni, fronte alta, spalle larghe, cinque orecchini per orecchio, abita con la madre e ha dimenticato il padre; il sole brucia su Fabio, sedici anni, capelli sempre in disordine e camminata da sbirro; il sole vive sul ricordo di Davide, diciassette anni, capelli neri acqua di fiume, ossessionato dal suo scooter scarrozzo di terza mano, morto sul colpo in un incidente stradale, dopo una fuga la notte scorsa. Il sole esplode sui cinque cavalieri della pioggia, sullAlbero Sognatore e sul cancello del vecchio Formentin, secca un cumulo di terra rivoltata dalle ruspe, i bidoni della spazzatura, il numero di telefono di B. aggiusto tutto su un foglietto pubblicitario annerito, caduto ai piedi del cestino colmo di rifiuti accanto a una lattina di Red Bull, il sole tortura il bastardino che guaisce seguendo il barbone del quartiere. Una coppia di anziani coi sacchetti della spesa passa accanto a Matteo lamentandosi dellaumento dei prezzi della Coop. Splende il sole sul Bronx e numerosi uccelli si allontanano in volo. Esterno sera Tre giorni dopo Quattro ragazzi stavano in piedi nel mezzo dun cortile di sassi spoglio, impalati davanti a un loculo come stoccafissi a un sole nero, piantato nel muro con la foto di un ragazzo moro sorridente. Un quadro surreale per chi non sorrideva pi da mesi come il Vincent di Burton col suo corvo never more. Il vento fischiava giocando coi capelli, il vento sinfilava nel petto attorcigliando i sensi e la carne, il vento saltellava nel sacchetto di plastica reso vivo per qualche istante sul suolo crepato e annegato di cemento (la luna semi nascosta solo uninquadratura sbagliata nella scena da film americano).

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Un alito di vento particolarmente freddo sconvolse il torpore di Matteo. Il ragazzo si concentr su Simone, poi fiss intensamente Fabio e si perse negli occhi di Giulio, vuoti e molli come il ventre di un rospo. Aspett il cenno dassenso dei suoi amici prima di muovere la mano verso la borsa a tracolla. Raschi sul fondo con le dita affusolate e macchiate di nicotina vicino alle unghie ed estrasse una foto 10x15, prese il pezzo di scotch che Fabio gli porgeva e lattacc sotto quella di Davide. Saccese una sigaretta e fiss labisso in bianco e nero che gli restituiva la nuova immagine. Cinque ragazzi sulla neve, cinque sanfranceschi a petto nudo e nessun Mikey Rourke, ognuno con il braccio sulle spalle dellamico accanto. Era una notte di stelle lontane. Come tante. Fu da quella prospettiva che mi voltai verso casa e tornai indietro. Flash back Matteo Rallento infilando lultimo vicolo, copro inutilmente la testa nel cappuccio fradicio e mi dirigo verso la tana, condominio Rinascita. Scanso le buche nel cemento del campo di basket, estraggo una Lucky Strike dal pacchetto soft e provo ad accenderla al riparo contro un muro con rapidi fendenti infuocati di zippo. Trattengo il fumo in sospeso tra bocca e polmoni eliminandolo poco dopo con un lungo zefiro rivolto a questo nulla liquido che tutto intorno e mi sta cos addosso. Probabilmente, chiudendo un attimo gli occhi, i pensieri per contrasto si solidificherebbero come mostri spigolosi e aggressivi. Meglio lasciarli aperti. Rigati dalla pioggia che non la smette pi di ossessionarmi. Mimbuco al Rinascita e non sono io. I guanti neri con lapertura allaltezza delle nocche, la felpa grigia con il tascone centrale, i jeans a vita bassa. Quasi un pugile. Ma non basta a farmi credere il protagonista della storia. Piuttosto una comparsata veloce, cadente nella notte. Un paio di battute al massimo. (Chiara intanto esce di casa) (A respirare di nuovo, finalmente)

Marco Codolo ha 19 anni, vive a Portogruaro, in provincia di Venezia. Scrive e disegna tutto ci che lo colpisce come un pugno preso allalba in via Aldo Moro, tra i palazzi del Bronx. Questa la sua prima pubblicazione.

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Giancarlo Sissa

Atlante
Skyatos Sbarchiamo dalla nave del sonno alla giovinezza antica delle spiagge. A testa in gi camminando la parte limpida del secolo, le ceneri del pane che lente fanno dellacqua il nostro specchio, il dissepolto passo nei segni del nevischio senza inciampo che non sia londa del vento cui dondolano lampade sconfitte, steli docchi, perdute intenzioni, lalleanza dello sconforto con la luce. E prende la notte lombra umida della volpe, ne fa un sorriso per il mattino nella piazza dove lisola lascia che scivoli la luce. E sempre stato da te il primo esilio. La mia america era un povero scoglio dossa, una patria di luce. Saint Malo Tu sosti faticosamente in un equilibrio mirabilmente complesso e dunque seducente come certi giovani uccelli che da poco hanno imparato a navigare correnti e luminose tempeste. Nel cielo di Saint Malo i gabbiani possono librarsi immobili a lungo nel vuoto e fissare quasi in volto chi si sporga appena dai bastioni prima che lo strappo del vento o il minimo inclinarsi dellala li scagli a centinaia di metri sul mare. Uno non sa mai dire cosa davvero preferiscono. Eppure mentre percorre lAtlantico la neve strega gli occhi al tempo che resta e il tempo come una foglia cresce dal ramo della mia mano. Fuori dalla finestra il cielo un oceano capovolto. Porto Corsini Fai conto che io sia sempre pi lontano dal fischio delle navi e dalla tempesta dinverno che sbatte nel porto la nave russa di chiglia rossa e nera non ci rappresenta e che quanto si poteva insultare e scordare stia come veleno nella met dellangelo esposta. questo che intendevi dire maledicendo sotto di me il sudore nella bocca? Che fiumi si sono aperti nel tuo corpo? Ho visto cani uscire da noi nel silenzio dellombra, non la cicatrice sulla scapola, non il fulgore di una vera maledizione ma il t del mattino, i tass di un altro pianeta, il cielo abbassarsi fino alla tua impronta sul letto. Nella carne cruda della tua ferita spossavo lo sguardo in penombra. La bambina che ci sorride per strada il riflesso dei passi la figlia crocifissa .

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Via degli Angeli Per qualcuno sono stato un angelo, una specie di santo che cammina da questa parte della riva. Se lancio sassi nell'acqua mi colpisco? Pesco ombre? Ferisco miracoli o spaventi? La met di un angelo ha sognato il mio nome. Dal canto mio ho sognato tre sorelle che non ho potuto salvare, ma infinite sono le loro tracce e io stesso un loro segno, il morso sul collo la notte. Poi ti piangevo sul fianco in un sogno stupido e senza nome mi salvava il tuo odore vicino, le tue cosce aperte dacqua ho sciolto lanima nel tuo ventre animale. Sono stato nessuno e un pezzo di carne. Cadiz Sono pronto per partire, le mani spingono il sangue verso il cuore, cos vola lombra della domanda che incendia la vita. Non ho avuto piet per ci che non sapevo. Ho i piedi stanchi, gli occhi accesi, non bevo pi, anche lo sporco dei vetri mi riguarda. Ho camminato sulla spiaggia e le camicie bianche parlavano unaltra lingua nel suono delle mani. Buttato su un tavolo di legno il pesce spada guardava il mare, la sua coda conosceva le rotte. Cadice un fiore di pietra e di fuoco. Che differenza contiene il desiderio? Il fatto che nuda ti pieghi in avanti? Di cosa dovrei avere paura? Il vento posa sul bordo del mio bicchiere il suo diamante senza rivoluzione. Jerez de la Frontera Lazzurro che bagna il tavolino un vecchio che intreccia la geometria di un cesto di lumache. Il bicchiere di t simpolvera al sole. Anche il toro un angelo stupito. C una luce di vigilia nei frutti del mattino, unallegrezza dequipaggio, limpazienza che scaglia i semi umani, il pane impastato dalle mani in uno sputo di luce. Cosa sar lultimo giro del sangue? I sogni vani della fame? Cerese Il sentiero che va nellinfanzia ha fossi pieni di rane e viole fra lerba, ha sole dacqua e pescatori senza volto, ha gesti di mani, passi brevi e saltellanti, ha piet di chi scorda la piet, il prurito alle ginocchia, lo sputo del rospo, la vera sete. Les Adrets Ci sono mattine privilegiate in cui il sole non sa nulla. Claire tagliava il pane sorridendo, Marlne tremava dimbarazzo sistemando il reggiseno. Solo miele, marmellata, yogurt e t. Sorrido anch'io. Sono nel varco. La loro bellezza le distrae. Io sono qui per scrivere. Intanto Karim se ne stava l, con le mani in mano, accanto al suo liuto, seduto su una pietra al centro della stanza.

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Juliette viene a prendermi a le Cret du poulet, con le ciliegie (ne lascio in dono per Anita, promette che scriver). Camminiamo parlando verso valle Juliette si ferma in un cespuglio e je tattends l-bas -. Chiude le chiavi della macchina nella macchina chiusa. Seduti su una panchina di pietra ai piedi della montagna, dove inizia il cammino, riposa il suo fiato sulla mia spalla. Stanare stelle dal buio di sempre quando brillano a un altro universo. Parigi Sarei tranquillo solo a Parigi forse in un mattino senza ricordi, povero come una scarpa, giovane come un vecchio che si addormenta piano. O lordine obliquo che grida il gesto del sole tra le foglie, lungo il fiume, negli sguardi che non si fermano. E penso sentendo pensare, come uno straniero che sogna lontano, alle mie spalle, fissando il Tago o la Senna o il Guadalquivir come una madre. Come una madre di spavento e assorta nellimmobilit di un pezzo di sole che sbatte la sua risacca a una panchina, un lembo di prato, una pietra di torre ora biblioteca comunale o altana e vedetta prima che aprano al mattino i negozi del buio.

Giancarlo Sissa nato a Mantova nel 1961. Vive a Bologna. Francesista e traduttore, suoi racconti e poesie sono comparsi su numerose riviste. Come poeta ha pubblicato nel 1997 Laureola (Book Editore, postfazione di Alberto Bertoni), nel 1998 Prima della tac e altre poesie (Marcos y Marcos, prefazione di Giovanni Giudici), nel 2002 Il mestiere delleducatore (Book Editore, postfazione di Alberto Bertoni), nel 2004 Manuale dinsonnia (Nino Aragno Editore, postfazione di Roberto Galaverni), nel 2008 Il bambino perfetto (Manni Editore, postfazione di Antonio Prete). presente in numerose antologie poetiche e le sue poesie sono tradotte in diverse lingue europee. Per Gallo e Calzati Editori ha curato nel 2004 Poesia a Bologna, raccolta di scritti autobiografici di diversi autori. Collabora come diarista e attore con il Teatro delle Ariette.

Alberto Bertoni, da I quaderni del Padre e della Madre Il custode del luogo Il mare diventa di ardesia le bandiere si afflosciano il confine del mondo questa sabbia di nuova marea allaltezza delle barche finalmente pi bassi del muro di sassi a difesa dei campetti di patate e il pioppo lontano ma c se ho bisogno di fronda se voglio
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aggrapparmi al mio ramo nellora del naufragio ma cosera, ho domandato al custode del luogo incontrare un tuo morto su uno scoglio di ruggine e di bianco a Capodanno Quando e se ti guardava, ha risposto era come essere l, sul molo a osservare la Queen Mary - viene verso di te, ti mette lentamente a fuoco Sera nel parco
per Alberto Bevilacqua

Una scena poetica perfetta, questa nel parco Garca Lorca di Granada a pochi metri dalla sua casa bianca, rettangolare, modesta Resta alla mia destra la porta aperta e mi guarda una sola finestra E sera, una sera limpida e vera, quando, tra le foglie della palma, compare improvvisa mezza luna A due passi anche loro dalla mia testa, i poeti competono coi passeri chiassosi e modulati sulle sfere celesti Infondono caos, humour e una musica remota alla loro parola Invece qualcosa manca i passeri cantano e basta Luce dIseo Il martin pescatore becchetta

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le cervella delluomo non sepolto E un motoscafista mai pi ritrovato nelle spire del golfo e qualcosa di sacro, ora e qui resuscita lapnea del predatore striato darancione Rasente le onde, maestoso un cigno dispiega le ali sembra un aereo in decollo ma invece dura poco concentrato sul tedio del suo volo Comincia a squillare la campana rivolta a noi due che siamo ombre appena profilate sullo sfondo le rondini anche loro a pelo dacqua ghirigori di pioggia e i sei in allenamento per la gara traguardo la macchia delle canne gialla sul blu della montagna Larcobaleno con la pentola doro del tempo trapassato stasera solo unonda di vapore che plana dal pendio dellaltra sponda uno a uno su tutti questi covi di luce Piccoli maestri Nel nido senza moquette, a luce spenta bordocanale dove incidi questa lastra di zinco e polvere da stritolare il sangue le mie palpebre di fango al tuo: Giallo! dimprovviso squillante non inquadrano corvi n angeli sul grano ma un attacco del Modena calcio Poveri gatti tristi i miei maestri piccoli nelle loro case, tra le cose di uso quotidiano la ciotola dellacqua, quella per il cibo e una specie di gioco arrugginito

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compasso smarrito tra le zampe che non portano altrove, sono altra litania di ombre, profilo rasoterra A nord di Brema Devesser stato che alle sette aspettavamo ancora il caff alla Locanda Camoretti un nido daquile con poca moquette e sagome davanti al water Il resto, le tazzine, la luce e la mia prostata grande un mandarancio erano vaghe impressioni di bianco la certezza che a nord di Brema (nostra vera, irraggiungibile meta) fosse a ridurci fumo acre una lastra accecante di mare non unaltra pianura pi vasta e perdersi fosse perdersi davvero trapungersi di aghi sotto un cielo terso ed eterno mentre invece dentro restava il vassoio di brioches calde come le tinte della sala ruggine e beige neanche dovesse stamattina salvarmi la precisione chirurgica della tua domanda - Sicuro che il vuoto ha un colore e che questa non lhai gi raccontata? Nel porto di Amburgo Bel modo, davvero un bel modo per dirmi che non cambiato niente del tuo sentimento per me e per che ugualmente ti senti sconfitta dal tempo che hai vissuto tra parentesi ore belle ma senza evoluzione e che sono riuscito a farmi amare a modo mio per sempre o addirittura a farti credere che era meglio io qua e tu l, sempre pi sola e altrove, sempre pi via

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Nel porto di Amburgo mi scrivi di aver visto come funzionano le chiuse e come si fa a fare uscire una nave: la si imprigiona tra due pareti, poi si alza il livello dellacqua e anche la nave si alza, va pi in alto dentro la chiusa successiva, in unaltra prigione, fino a quando non c abbastanza acqua per buttarla in mare aperto Insomma, quello che offri un mare del Nord cos, a nuoto dove fingermi elica e motore, capitano e passeggero, fuochista perduto nella stiva senza rimedio n ascolto urlo di solitudine e di vuoto fino a New York nel corridoio chiuso Lettera da Berlino 1. Preferisco fare i conti col silenzio e al silenzio tornare perch in vista del rigido inverno, adesso su un nuovo terreno mi cimento, con un dito disegno il terrapieno dove la svolta dolce, un solco che riga per chilometri campagne e stagni, si confonde con i segni delle oche 2. E di qui la osservo, Bertolt Brecht, accendo sul secolo un cerino, accedo alla sua stanza di lavoro coi tre tavoli, il parquet di legno, favorito dalla foto in bianco e nero nella luce dinverno larredo piuttosto desueto ma tuttaltro che modesto o peggio guglielmino e penso che stare di l dal Muro

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era in fondo pi facile, alleato al pescatore andaluso o basco contro un qualunque generale Franco Manca gran parte del soffitto, allimmagine e cos mi scuso se non riesco a pensare il suo cielo poco importa se buio o cristallino ma estraneo dimprovviso alle alleanze che le cose, le storie, le nature ogni giorno intrecciano fra loro Quando sono tornato i miei capelli erano dargento e non sono contento 3. Oggi, 29 agosto, giorno dell84esimo compleanno di mio padre per solo virtuale vado al suo posto a visitare bestie feroci, scimpanz, pellicani che sarebbero stati regali per lui non da poco, almeno le foto almeno quei due grammi di sole che brillano tra i rami Di sicuro, si sentirebbe meno solo dov adesso un mucchietto di stracci il suo vestito buono la pelle cartapecora e forse gi quasi polvere le ossa in questo quarto anno dopo morto pronuncia due parole, non sa niente di futuro, dice che nessuno ne ha poi tanto il sorriso alla bocca dello stomaco Un purosangue di Longchamp Entra al bar una faccia peruviana e Bonjour, comme a va! esclama alla barista slava, Sylwia o Katia mentre il tuo nome allIper si riduce a una marca di acqua meno cara o alla specie invece pi rara di pesca settembrina

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e sembra che sia per forza il nome di una santa come tu stessa santa hai sperato di essere, bambina Intanto passata unaltra estate, mia madre lho ricoverata per demenza e siccome conosco abbastanza, poverina la genealogia equina so che due brocchi trottatori come i miei genitori potranno fare tutto ma non un purosangue di Longchamp Cos, se non ti spiace, penso a quando aggrappato a qualcosa deambulando dir Bonjour, comme a va! a uninfermiera magari del Botswana stringendo nella mano una banana la barba non rasata, senza fondo lo sguardo ultimo anchio e lontano, sul traguardo Poetica La fatiscenza, il crollo e forse il destino dei proprietari del negozio di elettrodomestici e dischi in piazza Mazzini, vista sinagoga a due passi dal circolo di carte di mio padre... Ma i verbi? m'interrompi da troppo tempo fai versi nominali, frasi senza verbo (e nerbo, pensi senza dirlo...), vai a capo col di, un optional la rima Qui, per, concludi: quale il destino di quei proprietari e quale, soprattutto, il senso della storia Eh, cara mia, ma i verbi le azioni o gli stati dove nasce il mondo di cui parli i verbi reggenti, principali non li possiedo da anni presenti, futuri, passati

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E la solitudine, se proprio vuoi saperlo dal negozio del centro ha raggiunto lesterno il marciapiede sconnesso laiuola un pezzo di deserto me, nel cuore di Modena straniero

Alberto Bertoni nato a Modena nel 1955. In sincronia con un gruppo cospicuo di lavori saggistici, dopo una serie di plaquettes inaugurata nel 1981, ha pubblicato i libri di poesia: Lettere stagionali (Book Editore, Castel Maggiore 1996, nota di Giovanni Giudici); Tat (ivi, 1999, omaggio in versi di Gianni DElia); Il catalogo questo. Poesie 1978-2000 (Il cavaliere azzurro, Parma 2000, intervento di Roberto Barbolini); Le cose dopo (Aragno, Torino 2003, postfazione di Andrea Battistini); Ho visto perdere Varenne (Manni, Lecce 2006, prefazione di Niva Lorenzini); e Ricordi di Alzheimer (Book Editore, Castel Maggiore 2008, con una lettera in versi pavanesi di Francesco Guccini). Le sue principali traduzioni, dallinglese, sono raccolte in Blue and Blue (Unantologia di poeti anglo-irlandesi-americani) (Sometti, Mantova 2000). Ha inoltre partecipato con Enrico Trebbi e Ivan Valentini alla realizzazione dei CD La casa azzurra (Mobydick, Faenza 1997) e Viaggi (Arxcollana & Book Editore, Castel Maggiore 2001). Con Franco DAniello e Massimo Giuntini, dei Modena City Ramblers, traduttore e interprete di Voci e suoni dIrlanda (I Teatri di Reggio Emilia, Reggio Emilia 2001).

Rossella Riccobono

Poesie del non consenso


1. ncora La mente scomposta si ricompone, ritrova un suo respiro, un suo ritmo. Un filo sottile e fresco percorre le narici, mi giunge alla mente di gi espansa, e mi riporta a un tempo altro, quando papaveri e grano mescolavano colori a fiordalisi. Il petto mi si gonfia, enorme mongolfiera fino allultimo degli alveoli, mi d prana, e allora lascio andare anche quei colori, li lascio sciogliere, rigare sulla tela della memoria, attratti da una gravit che non abbandona, leale amica che m ncora al suolo.

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Volo. Sono a terra e volo. Sono un ossimoro. 2. La posa dei cani Corrispondenze create dallequo premere di talloni e palmi di mano su terreno solido, livellato, da cui innalzandosi fino a raggiungere il vertice tende la coscienza, limpertinenza, lemergenza, lindigenza del tempio dellego fattosi vuoto. Poesia del corpo. Fluttuante. Demente. Istituzioni, esuberi creati ad incastro, poveri diavoli, o dmoni, boia vari fottuti da un sistema che non tiene, che non contiene, e non pu farlo, tutte le gocce. Stillicidio pi loro che altrui, quotidiano, suicidio, che attende il momento dellesplosione, o implosione, dellesposizione, dato che i piedi camminano su terra minata. E lo sentono. 3. Le Citt e le croci
Alla donna che cavalca lungamente per terreni selvatici viene desiderio di una citt?

Avendo gi scritto un testo tendente verso questo luogo ma non mai arrivataci; avendo gi oramai cavalcato treni biciclette e uomini e anche moto fino a perderne la memoria e le tracce; e in quanto a terreni

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avendone battuti a giro intero di fertili, desertici e selvatici e selvaggi e aspri, vien voglia di sognare questa citt dellemergenza, dellindigenza, dellimpertinenza del tempio dellego, come lamico Douglas defin. Solo che il sogno era anche segno che il signor professore solo ieri signore tirava le fila da onnipotente iddio, o cercava, ma non ne veniva del tutto a capo. Vuoto sepolcro imbiancato eleggeva a caporale e a sicario gli abietti. Meno o pi di lui? Il sogno che era anche segno matematico, del pi o del meno, non mostrava che un calcolo, che unazione con risoluzione tendente allo zero mai pienamente raggiunto. Perch anche lo zero ha una sua dignit. 4. La mano
pensavo bello che dove finiscono le mie dita debba in qualche modo incominciare una chitarra.

La storia di una mano, amica fragile, amica forte, gi scritta nelle linee della vita amore lavoro intuito destino che percorrono il suo palmo in parte o per il tutto chiromanzia da baraccone. La storia la si sente pesare o la si fa saltare come fa un giocoliere, leggera. La si gioca o giostra a seconda del parere. Mano che ha amato e lavorato imparato la sua dignit a sue spese, e a suo vantaggio.

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Mano che invece di chiudersi incartapecorirsi, si espansa ha imparato a creare. Dove finiscono le mie dita in qualche modo inizia una penna o unansia di movimento, una danza i tasti di un pianoforte il pavimento di una stanza i capelli di mia figlia, accarezzati, o le tue dita intrecciate alle mie.

Rossella Riccobono is Lecturer in Italian at the University of St Andrews. She has published on Eugenio Montale, Cesare Pavese, Pier Vittorio Tondelli and film director Mario Martone. With Doug Thompson she was co-editor of Ondediquesto mare. Reconsidering Pavese (2003). She co-edited Vested Voices. Literary Trasvestism in Italian Literature (2006) with Ermina Passannanti, and Vested Voices II. Creating with Transvestism: from Bertolucci to Boccaccio (2007) with Federica G. Pedriali. She directs the St Andrews Poetry Forum (University of St Andrews), and the online electronic journal and resource centre Mosaici (www.mosaici.org.uk). She was invited to read at The First Wellington International Poetry Festival in 2003. She has recently published her first poetry collection, States of Mind and Love (2008). Ten of her new poems will be published in an anthology edited by Alberto Bertoni, Voci appartate di poesia (2010).

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La Libellula traduzioni

Anastasija Vekina Traduzione italiana di Francesca Biagini e Stefano Maldini , - . La citt di Nykping si vede bene dallaereo nella citt di Nykping

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sempre domenica si vede che i poliziotti siedono dietro lo steccato basso bevono il caff dalle tazze calde e giocano a carte si vede che i poliziotti non attendono niente e che sono contenti quando chiedi per la stazione dei bus la stazione dietro langolo grazie buona giornata anche a voi anche a voi la citt di Nykping diversa per le corsette della domenica sui pontili di legno sul mare sullo sfondo del sole i pontili oscillano cullano i gabbiani diversa anche per una giovane coppia polacca lui e lei di Tarnw di Stettino Tczew Pruzcz Gdaski aspettano un bambino e i caff sulla banchina apriranno presto gli ombrelloni sventolano ai passanti volano il padrone prepara i tavoli la citt di Nykping con le isole che si staccano si vede bene dallaereo.

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I giorni e i mesi si stendono come mattoni si rapprende il cemento delle strette di mano Le braccia della notte mi portano sopra le case costruite ben salde non certo da noi Sbircio i volti delle pareti degli altri sbattono le finestrelle delle valvole cardiache Aspetto che il mattino mi lasci cadere nel vuoto di questi mattoni

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. . . . Sono andata a votare. Oltre alla mia Sul foglio cera soltanto unaltra riga. Del nostro palazzo allora Nessun altro venuto tranne me. Mi hanno detto che amo la mia patria. Io invece vivo altrove. Votare triste. Corridoi deserti di scuola, Le donne con i giacchetti di pelo, Posti scaldati su sedie fredde, Laffluenza che non supera il trenta per cento, Dicono i dati delle sei di sera. autunno, esci gi buio. Prima era bello andare a votare. Dopo, si poteva comprare la sfogliatina. E cera anche un chiosco pieno di cose, una volta Sono riuscita a trovare una pallina da giocoliere. Di tutti i colori, cos non si trovano spesso. Questanno il chiosco era chiuso. Forse era troppo tardi. Esci gi autunno. Mia madre voleva comprarmi la sfogliatina, Ma ho detto di no. Non pi tempo. Le persone hanno lasciato la loro voce agli uccelli. Nessun partito ha ottenuto qualcosa.

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, , , . A volte sogno che continuo a vagare nelle foreste di grandi palazzi cerco il metr in un quartiere che mi sconosciuto aspetto lautobus e la polvere della mia patria turbina sopra il cantiere Ma le parole fuggono in fila dal sogno gi per la collina sulla pelle del selciato e accanto alla chiesa luterana e freddi pigolano gli uccellini e corvi enormi in calzoni corti giocano a calcio con le castagne. Il venerd santo tutto silenzio tombale ma c il fumo dei comignoli, e in bicicletta la vecchia, anche se freddo, srotola marzo, come la carta della vita, come il pi inevitabile respiro della vita, come lo spettro della vita pi inevitabile. - - - . Non c tristezza - le pareti blu i fiori impregnati di fumo guardano la pioggia che ha raccolto le forze ma aspetta qualcosa i piatti puliti vuoti il pranzo ancora lontano tutti che sono usciti noi i piatti puliti asciutti neanche un telo li copre in cucina prima della pioggia lorologio ticchetta piano da non farci svegliare Socrate beve lacqua della ciotola in silenzio con indolenza lascensore nella sua pancia porta qualcuno di sopra lattesa della pioggia si fa densa da tutte le parti sarebbe bello incontrarsi con lei pioggia suono che si combina si combina bene col silenzio se le cose stanno cos.

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, . - ? ? , . : , , ( ), - , - -, - . , . - . , . - , , . . . Quando vivi accumuli molte cose. Cose per la cucina, per il bagno, per la stanza, per il corridoio. Lombrello, il cappello, quegli stivali inutili, gli attaccapanni, e va bene, gli attaccapanni e il calzascarpe se ne restino qui. Tutto questo lo scopri solo quando traslochi. Vi mai capitato di traslocare? Avete sceso le scale con lacquario e la lampada a riempirvi le mani? Tutto questo lo scopri solo quando hai traslocato da molto. Dalla testa non escono le tazze: la tazza con il disegno, portata con cura da Danzica, quella con lalce un regalo svedese (ce lha proprio uguale una collega al lavoro) e ancora di pi quella gialla, quella con Mumin Mamma e Pap e la vicina di casa che ti voleva, ma tu non sarai di nessuno. Tutto trasloca con te, non puoi lasciare mai nulla. Puoi lasciare le cose non puoi lasciare il ricordo. Puoi lasciare il ricordo, non puoi lasciare le cose. Le tazze stanno da qualche parte, si immaginano chi le laver, ripassano i granelli sul fondo che rimasto del caff. Nella stanza gi da tempo ci sono ospiti nuovi. Tutto questo la stanza lo guarda in modo molto pi semplice.

Anastasija Vekina, nata a Mosca nel 1985, si laureata in Lettere presso lUniversit Statale Russa di Studi Umanistici (RGGU) e dal 2007 dottoranda presso lUniversit di Tartu (Estonia). Pubblicata in antologie e raccolte, risultata vincitrice del concorso di poesia Tak

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nainajut it stichom (2001) e finalista dei premi Ilja (2004) e Debjut (2008); stata inoltre premiata al concorso internazionale Castello di Duino (2009 e 2010). Nel 2009 uscito il suo primo libro (More rjadom, Il mare vicino), da cui sono tratti tutti i testi proposti, ad eccezione di Sono andata a votare. Le sue poesie sono state tradotte in italiano, lituano, polacco e inglese. Pagine web: http://www.litkarta.ru/studio/participants/vekshina-a/; http://polutona.ru/index.php3?show=vekshina. Francesca Biagini, nata a Cesena, ha conseguito il Dottorato in Slavistica presso lUniversit La Sapienza di Roma. Attualmente ricercatrice presso la SSLMIT dellUniversit di Bologna, dove si laureata nel 2003 in traduzione e dove dal 2008 insegna interpretazione dal russo verso litaliano. Nei suoi studi si occupata anche della sintassi del periodo complesso russo e di linguistica contrastiva italiano-russo. Per i tipi della Utet ha tradotto Storia di un uomo inutile di Maksim Gorkij, uscito a Torino nel 2009 con prefazione di Alessandro Barbero. Stefano Maldini, nato a Cesena, insegna letteratura italiana nelle scuole superiori. Ha collaborato con varie istituzioni, tra cui il Centro di Poesia Contemporanea dellUniversit di Bologna e la Regione Emilia Romagna. Si occupato del tema del viaggio, pubblicando diverse guide, tra cui Puglia (Milano, Mondadori, 2003) e Provincia di Forl Cesena (Milano, Touring Club, 2003). Nel 2009 ha ideato, insieme allo scenografo Federico Marchese, lo spettacolo Foglie di luce dal mare. Le sue poesie si trovano raccolte con prefazione di Ezio Raimondi nel volume Luce instancabile (Rimini, Raffaelli, 2005).

Silvestar Vrlji Usporeno disanje Traduzione italiana di Serena Todesco 1. Usporenim disanjem podupire moju elju. Prije spavanja pokrete paljivo sakriva pod jastuk, ali to sam vidio. Strastveno, okree se livadi koju nikada nismo imali. Trebala je biti osovina nae sobe, slika tvoga lica. Moda se nekim udom i okrene u snu govorei na glas kako nisi sigurna ije to prostore plete pod prstima. Odlazi. Na ovome mjestu si dah i gui se. To ne podnosim, pa sklapam koljena (ona su gusta i ne oprataju). 2. Miem se nevjerojatno sporo ili voe na stolu jo uvijek ne zna koliko krivice

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nosi obian ugriz. Nikada nisam nauio uzimati ovo to mi daje. Imam mnogo brae i nijedan nije ovdje. (Koliko sam ti puta rekao da tvoje golo tijelo ne ovisi o istini.) Kada zaboravi moj glas, u kuhinji otvara sve ladice grlei istinu na rubu poreta. 3. Istinu nosi na dlanovima i kada njima pljesne ona se raspri po sobi. Predveer je udiem, ali nita zato. Uredila si sobu i rekla: mislimo li se kada smo zajedno? Govori da laem, ali kada laem to je velianstveno. 4. Kvarim te, znam. Ali objasnit u ti neto jednostavno. Kao: zato jutros nisam otiao ili zato se okreem sebi kao da tu raste neka pusto, toplina kojoj se vraam? Nikada te nisam razumio. Kada govori kosa ti se pretvara u lave. Tada si najljepa. Kada uti, zamiljam bezbroj vrata. Oboje nas izjeda ta utnja. 5. A ja sam jasan. Mutnom igrom obilazim opustjele ulice, govorim u sebi i znam: la e nas iskupiti. (Ne vjerujem ti ni kada onako iskreno i bez imalo stida slae tek oprano posu e na police.) Kada spava poelim te sanjati.

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Kao pokret nesvjestan mjesta u kojemu traje, s kojega tisuu malih smrti putuje u mene i rovari. 6. Znamo se? Zamiljam te kao veliku utu toku na zidu iznad kreveta. Tamo se iri i okree i gleda kako se budi moje jutarnje lice limuna. ini se: putujemo, noeni gustim zrakom to do nas dopire iz tvog davno izgubljenog daha. Respiro rallentato 1. Con respiro rallentato sostieni il mio desiderio. Prima di dormire nascondi con cura movimenti sotto il cuscino, ma io lho visto. Con passione, ti volti verso il prato che non abbiamo mai avuto. Avrebbe dovuto essere lasse della nostra stanza, limmagine del tuo viso. Forse per magia persino ti volti nel sonno dicendo a voce alta che non sei sicura di chi sono gli spazi che tessi sotto le dita. Vattene. In questo spazio sei un respiro e soffochi. Non lo sopporto, e ripiego le ginocchia (sono dense e non perdonano). 2. Mi muovo incredibilmente lento o la frutta sul tavolo ancora non sa quanta colpa comporta un semplice morso. Non ho mai imparato a prendere quello che mi dai. Ho molti fratelli e nessuno di loro qui. (Quante volte ti ho detto che il tuo corpo nudo non dipende dalla verit.)

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Quando dimentichi la mia voce, apri tutti i cassetti in cucina abbracciando la verit sul bordo dei fornelli. 3. Porti la verit sui palmi e quando li batti si espande per la stanza. La sera la respiro, ma non importa. Hai riordinato la stanza e hai detto: pensiamo a noi stessi quando siamo insieme? Dici che mento, ma quando mento magnifico. 4. Ti corrompo, lo so. Ma ti spiegher una cosa semplice. Come: perch stamattina non sono partito o perch mi richiudo in me stesso come se un qualche deserto stesse crescendo qui, un calore a cui ritorno? Non ti ho mai capita. Quando parli i capelli ti si trasformano in un latrato. Allora sei bellissima. Quando sei silenziosa, immagino miriadi di porte. Questo silenzio ci consuma entrambi. 5. E io sono chiaro. Con gioco sfocato giro per strade deserte, parlo con me stesso e so: il mentire ci redimer. (Non mi fido di te nemmeno quando cos onestamente e senza alcuna vergogna impili i piatti appena lavati sulle mensole.) Quando dormi mi va di sognarti. Come un movimento ignaro del punto in cui si conserva, da cui mille piccole morti viaggiano in me e tramano contro. 6. Ci conosciamo? Ti immagino come un grande punto giallo sul muro sul letto. L ti espandi e ti giri e guardi

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svegliarsi al mattino il mio viso al limone. Pare: viaggiamo, portati da aria densa che si protende su di noi dal tuo lungo perduto respiro.

Silvestar Vrlji nato a Zagabria nel 1976. Oltre ad essere stato redattore di riviste letterarie e a aver curato unantologia di poeti croati contemporanei Kad se slova presele na tvoje lice (Quando le lettere si muovono sul tuo viso, 2008), ha pubblicato quattro libri di poesie: Dok sam bio iv (Mentre ero vivo, 1996), Magmatina mjesta (I luoghi del magma, 2001), La mia bocca nuda/Moja gola usta (2004) edizione online pubblicata nellambito del concorso Babylonia unitamente in croato e italiano; lultimo libro Prazan dlan (Un palmo vuoto, 2010). Organizzatore di serate di poesia presso lArt Net Club di Zagabria e ideatore di Jam Session poetiche nel 2002 e 2003, anche membro della Hrvatsko Drutvo Pisaca (Societ Croata degli Scrittori). Le sue poesie sono apparse su numerose riviste e tradotte in inglese, italiano, tedesco, bulgaro, portoghese, ucraino, spagnolo e macedone. presidente e fondatore di BRUTAL Associazione per la Promozione di Arte e Culture. Dal 2006 organizza il Festival Internazionale di Poesia Contemporanea di Zagabria. Serena Tedesco nata nel 1980 e ha allattivo diverse traduzioni poetiche. Ha pubblicato su El Ghibli, Tratti e Semicerchio oltre a lavorare per alcuni festival di poesia, in Italia e in Croazia, dove ha presentato le sue traduzioni di Arundhati Subramaniam (ParmaPoesia, Parma, giugno 2008) e Roberta Bertozzi (Me unarodni festival suvremene poezije, Zagabria, aprile 2009). Insieme a William Wall, ha tradotto in inglese alcune poesie inedite di Rosaria Lo Russo. Vive tra Zagabria e Cork dove sta completando un Dottorato di Ricerca in Letteratura italiana.

Miguel ngel Cuevas, da Escribir el hueco. Estudio para un primer tributo a Jorge Oteiza (trad. Scrivere lincavo. Studio per un primo tributo a Jorge Oteiza) Traduzione italiana di Miguel ngel Cuevas
Meter una pala en el aire y sacar el aire Introdurre una vanga nellaria e tirar fuori laria Jorge Oteiza

ESTE lugar derrubio de las palabras piedras de la herrumbre vertida. Os repele: sus escorias, su pura zaborra mineral.

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QUESTO luogo frana delle parole pietre della ruggine versata. Vi repelle: le sue scorie, la sua pura maceria minerale. NO S dibujar un caballo. Te emplazo dentro del pliegue de tus ojos. Desde la forma de la piedra, la materia de la oquedad, la tierra el aire. Te convoco: dime el conjuro: cmo se pinta un caballo. NON SO disegnare un cavallo. Ti richiamo dentro la piega dei tuoi occhi. Dalla forma della pietra, la materia della cavit, la terra laria. Ti convoco: dimmi lo scongiuro: come si dipinge un cavallo. LA ESTATUA: los fragmentos del molde, la doble perpendicular concavidad del molde. Cul el afuera, el adentro del adentro.

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LA STATUA: i frammenti dello stampo, la doppia perpendicolare concavit dello stampo. Quale il fuori, laddentro delladdentro. PIET I
trovarse abraccecate mate e figlio impiccato Iacopone da Todi

El hueco oculto, el cuerpo del hijo desprendido. Cuerpo no recibido, no acogido muerto, no incorporado a s. El cuerpo abierto derramado. PIET I Lincvo occulto, il corpo del figlio staccato. Corpo non recepito, non accolto morto, non incorporato a s. Il corpo aperto versato.
Que venga un hombre de la tumba Paul Celan

LO QUE HABIS QUERIDO SEPULTAR despojndolo del nombre suyo a

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masndolo aqu crece se incorpora toma cuerpo reconocible y tierra y nombre. Regresa de la muerte. CI CHE AVETE VOLUTO SEPPELLIRE spogliandolo del nome suo am massandolo qui cresce sincorpora prende corpo riconoscibile e terra e nome. Ritorna dalla morte. DIBUJAD CABALLOS un caballo hembra madre en la trampa alzada en la noche gris en el cerco punteado de esquirlas los potros las potrancas defienden a la yegua al caballo padres pintad saetas emplumadas grabad con otra piedra aguzada la piedra golpeasteis sus bordes con mazas alientan abiertos quisisteis profanar el cobijo respiran los muertos DISEGNATE CAVALLI un cavallo femmina madre nella trappola alzata nella notte grigia nel cerchio punteggiato di schegge i puledri le puledre difendono le cavalle madri i cavalli padri

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dipingete saette impiumate incidete con altre pietre aguzze la pietra avevate colpito i suoi bordi con mazze alitano aperti avevate voluto profanare il riparo respirano i morti
la cagion perchi pur canto Angelo Poliziano

NO EL AIRE ALREDEDOR: el aire adentro. Ni el pie que se abre paso en torno: el pie que entra. La mano que no abraza, la mano atenazada, no invitada, empujada, sorbida hacia el umbral: el hueco en que la forma despojada de s, expelida adentro, acoge al cuerpo. Como pjaro que pausa el vuelo, y es el aire. NON LARIA ATTORNO: laria dentro. N il piede che si fa largo intorno: il piede che entra. La mano che non abbraccia, la mano attanagliata, non invitata, spinta, sorseggiata verso la soglia: lincvo in cui la forma spoglia di s, espulsa addentro, accoglie il corpo. Come uccello che pausa il volo, ed laria.

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EN EL TIEMPO en que la piedra aconteciera se movi la piedra. Madera y barro: trrea vegetal argamasa: raz y larva. NEL TEMPO in cui la pietra accadde si mosse la pietra. Legno e fango: terrea vegetale malta: radice e larva.

Miguel ngel Cuevas nato ad Alicante nel 1958. Poeta, traduttore, professore di Letteratura Italiana presso lUniversit di Siviglia. Studioso del Novecento ha tradotto e curato edizioni spagnole di Luigi Pirandello, Pier Paolo Pasolini, Vincenzo Consolo, Giuseppe Tomasi di Lampedusa, Angelo Scandurra, Maria Attanasio. Ha tradotto e curato edizioni italiane di Jos ngel Valente. Per la poesia ha pubblicato, in Italia, 47 Frammenti. Le poesie tratte da Escribir el hueco. Estudio para un primer tributo a Jorge Oteiza fanno parte di un lavoro poetico pi articolato e di prossima pubblicazione.

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Il diario del traduttore a cura di Marco Sonzogni

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Alberto Nessi A Broken Life. Selected Poems (1969-2009) Traduzione inglese di Marco Sonzogni* Il ladro di minuzie Adesso che sono vecchio mi dedico a scoprire le minuzie torno sul posto per vedere i dettagli esploro le frattaglie, i capanni che cadono di fianco ai palazzoni le erbe intorno ai tombini, lidrante dimenticato, il mistero. La domenica se nessuno mi vede, come un ladro penetro nella corte disabitata dove il tempo ha lasciato il suo sentiero. Mi piace fare sempre gli stessi giri. E se alzo la testa dun tratto minveste la fiamma rossa della locomotiva vicino alla stazione smistamento oppure nella bottega appare la grande macchina con le cinghie. Poi mi siedo in un angolo davanti alla fontanella di ghisa e tiro fuori il mio biscotto. Sopra di me tacciono le tortore del platano stanno l ferme sopra i rami a respirare i gas. C una pianta di fronte alla Metallo dove destate si accalcano gli uccelli senza nido a annunciare la luce che soscura sopra le croste: ma cosa fanno l tutti insieme, cosa gridano nascosti nello scuro delle foglie cosa vogliono da noi? Luci dinverno 1 una sera dinverno. Mio padre si mette Lucky Strike e Blue Ribbon intorno alle gambe e passa la frontiera col doppiopetto da spedizioniere. Trivia thief Now that I am old I give myself over to discovering trifles I keep going back to examine the details I explore the innards, the shacks that fall down beside big buildings the grass around the manholes, a forgotten hydrant, the unknown. On Sundays, when no-one can see me, like a thief, I creep into abandoned courtyards where time has left its footprints. I like to take the same roads over and over again. And when I lift my head I am suddenly swallowed by the red flame of a locomotive near the marshalling yards or the big machine with its belts appears in the workshop. Then I sit down in a corner in front of the cast-iron fountain and take out my snack. The doves in the plane tree above me are silent they sit still there on top of the branches breathing in the fumes. There is a tree in front of the Metallo works where in summer homeless birds flock together and assert the light that ebbs away over the encrusted world; but what are they all doing there together, why are they screaming hidden away in the darkness of the leaves what do they want from us? Winter Lights 1. A winter night. My father packs Lucky Strike and Blue Ribbon round his legs and crosses the border in a smugglers double-breasted jacket.

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Odore dItalia. Frutta e vino la borraccia sotto il palt, il tesserino la donna che nasconde i dadi. finita la guerra. Io sono un bambino. 2 Adesso sono nellet che lasfalto ov Proibito qualsiasi gioco si trasforma in un luogo di visioni: qui Charlie Parker suona Un poco loco e nella scarpata viola le scorie della notte diventano storie lette nei libri, il catarro sputato dal fattorino che va in dogana una forsizia fuori stagione. Io conosco la figlia di un ferroviere. Il nostro albergo sta nel sottoscala. Bruciano le nostre mani come neve. Lettera a Bruno Ti scrivo questo giorno dell'autunno e potrei dirti il volo del fagiano l'aria dei Morti con tutti gli eccetera ma tu dici soltanto questione di precedenza e dunque lasciamo stare i sentimentalismi. vero che davanti al tuo giardino le foglie han fatto tanti mulinelli con quella tenera follia ma dappertutto le stagioni hanno un canto e dunque lasciamo stare. Ti scrivo dalla quiete provinciale e fuori i bracci penduli del salice hanno preso quel giallo che tu sai sulle dita pi lunghe ( solo per descriverti l'ambiente). Col mio cervello eternamente in rodaggio ti scrivo l tra cervelli che girano a diecimila giri sui boulevards lungo il pulsare delle tue ambizioni anche per dirti che qui l'uva labbiamo schiacciata ed il mosto fermenta, non temere.

Scent of Italy. Fruit and wine the flask under the overcoat, the ID card the woman who hides the dice. The war is over. I am a child. 2. Now I have reached the age when the asphalt with Most games are prohibited becomes a place of visions: here Charlie Parker plays Un poco loco and on the purple slope the spoil of night turns into stories read in books, phlegm coughed up by the delivery boy on his way to the custom house a forsythia out of season. I know a railwaymans daughter. Our refuge is under the stairs. Our hands burn like snow. Letter to Bruno I am writing to you on this autumn day and I might tell you of the flight of the pheasant the air of All Souls and all that stuff but you say it is simply a matter of priority and so lets forget about these fine feelings. It is true that the leaves in front of your garden have whirled around again and again with a tender frenzy but everywhere the seasons have a song so lets forget about that. I am writing to you about the peace of the countryside and outside the hanging arms of the willow on their longest tendrils have taken on that yellow familiar to you. (thats just to describe the background for you). With my brain being constantly run in at low revs I am writing to you down there on the boulevards amidst all those brains spinning thousands of times to the tempo of your ambitions also to tell you that here weve crushed the grapes and that the must is fermenting, dont worry.

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Gli scomparsi alla memoria di Renato e di Lorenzo

The Departed in memory of Renato and Lorenzo

For a moment they came to see me Sono venuti un momento a trovarmi the friends who had passed away gli amici scomparsi they came into the room together with the shadows sono entrati in camera con le ombre on the curtains the furniture che si posavano sulle tendine i mobili i vestiti appesi. Forse i rumori della giornata di settembre the clothes hung up. Perhaps the echoes of that day in September were still soundingthe scream of the cock ancora echeggiavanoil grido del gallo the horse in the lane the talking il cavallo nel vicolo il parlare of people meeting up after the showers (it seems di chi sincontra dopo gli stratempi (... sembra like another world), perhaps the scents of the village un altro mondo...), forse gli odori del paese were in the airthe hay the tobacco erano nellariail fieno il tabacco under the arches, perhaps the colours lived on sotto i portici, forse i colori vivevano in quel rosa declinante sui tetti: perch essi stavano in the gold fading on the rooftops: because it seemed to me that they were listening and sniffing and watching ad ascoltare a odorare a guardare dai vetri, from the windows. They did not stop smiling mi sembrato. Non hanno smesso il sorriso while you did your homework and meanwhile mentre tu preparavi lesercizio e intanto the memories were gathering like those shadows i ricordi si addensavano come quelle ombre in the room; but after the child with blue shorts nella camera; ma quando arrivato il bambino came in from the house across the way della casa di fronte coi suoi calzoncini blu they went away silently. loro in silenzio sono andati via.
Alberto Nessi (Mendrisio, 1940), dopo aver frequentato lUniversit di Friburgo stato docente di Letteratura italiana a Chiasso. Del 1969 lesordio poetico con I giorni feriali (Pantarei). Ai margini (1975) esce nella Collana di Lugano, la stessa che aveva ospitato Finisterre di Montale e le Ultime cose di Saba. Del 1992 Il colore della malva, (Edizioni Casagrande), mentre nel 2000 esce Blu cobalto con cenere (Edizioni Casagrande). * A Broken Life. Selected Poems (1969-2009) - which will be published by Guernica Editions in 2011 - is the first translation into English of Nessi's poetry. The translator would like to thank the author, Alberto Nessi, and his publisher, Edizioni Casagrande, for their generosity and cooperation. Special thanks to Bob Lowe and Julia Maria Seemann for their support and suggestions. This translation of Alberto Nessi's poetry has won a Translation Grant (CHF 5000) from the Swiss Arts Council (Pro Helvetia).

A singular and serious poet Pier Vincenzo Mengaldo To do justice to a singular and serious poet like Alberto Nessi you have to put aside an education and a taste over-influenced by Symbolism and its consequences. Clearly, Nessi is a different kind of poet, as he himself has proudly pointed out: I dont belong to the category of poets who write for themselves. At first you might classify him as a narrative poet (his prose offers an intriguing comparison; but judging on what has been published it is less significant than his poetry); in terms of themes, he may be classified as a social poet. But it should be noted straightaway that his view of society
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although not oblivious to the class struggle, is not informed by any possibility of historical justice but by a sense that progress marginalises and fragments everything. The roots of his inspiration, therefore, suggest strongly Crepuscular poetry and in particular Naturalistic poetry as Nessis outlook and feelings equate man with nature. These indications give an idea of Nessis cultural standpoint. In contrast to the poets of his generation, he appears to turn, in less modern fashion, to the social; deliberately Nessi has not broken offwith the Swiss-Italian poetry before Orelli. Among Italian poets he reminds one of the narrative poets from Lombardy (significantly, the preface to one of Nessis collections is written by Majorino) and in particular Pagliaranis work from Inventario privato to La ragazza Carlaa collection that particularly struck Nessi, as Nessi himself has admitted. And this is demonstrated in texts such as Appunti per unastoria in Giorni feriali or Dalle sei alle sette in Rasoterra (a self-explanatory title!). Nessis differences from a modern, non-Symbolist poet like Saba, are clear when one considers a poem like Neve (Il colore della malva); in Neve, a list of the usual people and objects, of unpleasant things, is superimposed over Sabas solemn voice, resounding mythically in an everyday context. From the outset Nessi identified themes to which he has remained (perhaps too) faithful. His standpoint moves between a constantly engaged memory (all my past came out to greet me) and the present as seen through the shutters of a window. And his stories: the stories, re-counted as clues, of a left-over life, of the loneliness of the poor and the outcast; of unhealthy boys; of threatened animals; of places where a farming way of life is bled white as a new and sad reality advances (The beautiful things? | I know they exist but I talk about them | privately, in a low voice, a little ashamed). The only thing is that, at the beginning, he often tells us about those themes and those tranches de vie by means of ample descriptions that, yes, are endearing, and very honest indeed, but they are also a bit general, and they struggle to define things with precision (in the countryside the cherry trees wave).He remains sensitive to modes of expression in a way typical of soft hermeticism such that even his grammar echoes this: the grass was light with ranunculi, in the lands, or the reversed analogy of the vaults hollowed by the avalanches of time. But, Nessi readily, as if to liberate himself from these somewhat cloying influences, focuses without distraction on his basic poetic stories with their specific formats such as the themes of going for a walk or travelling. And he develops his own unmistakable and courageous language which, without being utterly cynical, nevertheless defines itself in relation to poetry generated mostly out of pessimism. It is as if the poet wants to keep always at the level of the things he is discussing. In short: verse that is intentionally limited (but without the violence of Cas; a vocabulary that is never precious and that eventually ends up as cautiously low-key; a rare style of metaphor. In other words, the minimum of rhetoric compatible with poetry while the texts seem to be built not so much for their individuation as to be understood in relation to the whole, in their succession, or as a series (from which by the way, makes it difficult for a critic or a reader, to make the choice). What comes to mind is, I would argue, the language of cinema in the hands of a realist. In any case, the latest collection (together with the most recent texts of Una ruvida grazia) shows an interesting development. It seems that Nessi, as never before, is now speaking by subtraction; he is relying on song-like forms such as those of Betocchi

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or Caproni; in other words, especially in the last part, he is more clearly a minimalist. This whets ones curiosity on the future development of this poet and perhaps shows that not even he can always live, as a poet, grounded in despair and without catharsis. But perhaps it also shows that Nessis typical weightiness, the drag of his poetic stories, is not a limit but a deliberate effect of his poetry because it is based on real things. It is reality that weighs one down; it is a broken life that goes on and on.

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Inside the black box. Notes around the editorial manipulation of the Journal of Katherine Mansfield Davide Manenti I am going to talk about the connections between editing and translation, by presenting to you some findings and working hypotheses from my current research project, which focuses on the Journal of Katherine Mansfield. This is like translation an afterlife story. The Journal was in fact published posthumously in 1927, four years after Mansfields untimely death from TB in 1923. The publisher is Constable of London. The editor is John Middleton Murry, Mansfields husband. After this book, Murry edited The Scrapbook of Katherine Mansfield in 1939, and finally a new edition of the Journal in 1954, which incorporated the 1927 Journal to the Scrapbook and also included other previously unpublished material. If you look at the front page of this last edition, you can see that the editor considered it a Definitive Edition. According to Fredson Bowers, a definitive edition attempts (quite simply) to present an established text that, with luck, will never need to be done again in its particular manner, and in all its detail, in the foreseeable future.1 I am not going to discuss this definition which is to my mind quite questionable. What is important is that for many years scholars, critics, publishers, translators and common readers thought of the Journal of Katherine Mansfield in such terms. This book displayed its indefinitiveness only when, with Murrys death, the manuscripts became available for scholarly investigation. To cut a long story short, these revealed that Murry had culled the book from a number of unfinished diaries, 30 notebooks and a huge mass of unbound papers. He omitted a large part of this material even in the definitive edition. He misread intentionally or otherwise. He paraphrased, rationalized, suppressed or watered down embarrassing assertions, joined together separate passages, corrupted entry dates, sometimes rewrote. In his introductions to the different editions Murry always referred to the Journal singular implying that there was such an entity. Far from being a definitive edition, the Journal of Katherine Mansfield turned out to be a case of what Ian Gordon called a brilliant piece of literary synthesis and editorial patchwork.2 Over the past decades, many scholars have pointed out how significant Murrys editing was for the creation of the myth of Katherine Mansfield. Indeed, by his editorial manipulation he concocted the portrait of the most wonderful writer and most beautiful spirit of our time,3 as Murry himself described his late wife. The editor was particularly interested in showing her spiritual side, and this was also what the first reviewers assessing Mansfields life and works wanted to emphasize. I refer in particular to those critics who were the protagonists of the French Catholic literary revival of the Twenties. Here are some expressions used in their hagiographical assessments:
femme de dlicatesse, dadorable puret fminine. [] Elle navait rien de la suffragette. [] Elle semblait venir dune etoile plus belle.4 Ce qui fait mes yeux la valeur sans prix de ces livres, cest lapprofondissement constant dune certaine situation spirituelle.5

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un tre adorable de fracheur, de spontanit, de noblesse, et, en dpit de son mal, de vitalit.6

In authoring Katherine Mansfield, in the shaping of her literary fame, a significant role was played by literary criticism, but literary criticism was profoundly affected by another kind of discourse: that is to say, textual editing. Lets descend, therefore, into the black box of the editorial process. I am going to give you a few examples of editorial intervention. The first one is taken from the 1954 Journal. As I said, in this edition Murry also included some previously unpublished material. Among this material, there is a little notebook that Mansfield began to fill up in 1907, on the occasion of an extensive camping trip in the wild New Zealand region of Urewera. Only a few pages of this notebook ended up into the 1954 Journal, and even this excerpt was corrupted by Murrys mistranscriptions. Some of those are due to his ignorance of New Zealand toponyms, geography and nature: e.g. Rotorua becomes Rotarua, huia feathers (huia being a New Zealand bird) becomes blue feathers, the South Island town of Picton suddenly appears in the North Island (Murry clearly took the word picture for Picton), and so forth. It must be acknowledged, in Murrys defence, that Mansfield handwriting, as Margaret Scott once said, sometimes looks like the seismological chart of an unstable region.7 However, some of Murrys editorial interventions are undoubtedly intentional and profoundly change the perception of the writers viewpoint. Take for example this descriptive passage:
Then I saw the first star, very sweet and faint, in the yellow sky and then another and another, like little lilies, like primroses.8

This is what we read in the published Journal, whereas these are Mansfields actual words:
Then I saw the first star very sweet and faint in the yellow sky and then another & another like little holes like pinholes.9

By replacing the more realistic holes with lilies and pinholes with primroses, Murry offered an anglicised, trite and sentimental version of Mansfield.10 The Urewera Notebook is not the romantic diary of a 19 year old girl, but the notebook of a novice writer, a writer who is exploring not only a wild region of her country, but the resources of language; a writer who is trying to emulate other writers these pages evoke the names of Wilde, Whitman, H.G. Wells and Maeterlinck; a writer who is searching for material for her stories and this notebook would become the primary source for her future New Zealand stories; a writer who is looking, even at this very early stage of her life, for that kind of special prose that she would be able to fully attain in her mature works. And notice the rearrangement of punctuation: Murry, here as in other passages, replaced the dash with the comma, and this is to me a significant revision. A revision that can be seen as a form of rationalization and clarification which are, by the way, two of the twelve deforming tendencies that Antoine Berman singled out in his analytic of translation.11 But in this particular case, the editing of punctuation reveals the principle of Murrys editorial process: this attempt to smooth the irregular, unpredictable surface and rhythm of Mansfields prose is the

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rhetorical attempt to present the image of a plain, straightforward and less contradictory persona and I will come back to this point at the end of my talk. The second element of Murrys editorial policy that I want to pin down has to do with omissions. The omission, for instance, of passages that voice Mansfields sexuality, passages like this one:
And now E.K.B. is a thing of the Past, absolutely, irrevocably. Thank Heaven! It was, I consider retrospectively, a frantically maudlin relationship, & one better ended also she will not achieve a great deal of greatness. She has not the necessary impetus of character.12

In the top margin of this page Murry wrote: I omitted this deliberately. And again:
Do other people of my age feel as I do I wonder so absolutely powerful licentious, so almost physically ill. [] I want Maata. I want her as I have had her terribly. This is unclean I know but true. What an extraordinary thing I feel savagely crude, and almost powerfully enamoured of the child. I had thought that a thing of the Past. Heigh Ho!!!!!!!!!!! my mind is like a Russian novel.13

Sometimes the omissions are more subtle, as this case shows:


As I bent over them [primroses], their weary, pale faces looked into mine with the same depth of wondering, strange, fearful perplexity that I have sometimes seen on the face of a little child.14

In his editing, Murry suppressed one single, crucial, adjective. Mansfield had actually written:
As I bent over them [primroses], their weary, pale faces looked into mine with the same depth of wondering, strange, fearful perplexity that I have sometimes seen on the face of a little dying child.15

This exemplifies how textual manipulation, even the suppression of a single word, can modify our feeling of the text. The image of the dying child casts a gloomy shadow on the whole page and powerfully affects our reading response, whereas Murrys child-like, sentimental version puts the text and its perception under a very different light and tone. Furthermore, the theme of death is obsessively repeated in Mansfields juvenilia to which the quoted text belongs. In Bermans terms, with the qualitative and quantitative impoverishment16 and with the destruction of the underlying networks of signification,17 Murry eliminates a significant tessera for the literary and biographical understanding of the text. I would like to turn now to the first Italian translation, made by Mara Fabietti and published by Corbaccio editore in 1933. We have seen how the watering down of the editorial process produced a falsified image of Mansfield and how this image affected the critical discourse. This kind of process is also at work in the Italian translation, to such an extent that the translation appears, sometimes, an extension of the editorial process. Lets see some examples. Mansfield often inserts French words and expressions into her text with tongue-in-cheek and sometimes satirical purposes. The
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Italian translator most of the time chose to translate French expressions into Italian and in so doing fails to convey the witty timbre of Mansfields prose. What in the English version is expressed with humour comes out dull and flat in the Italian version:
Living as I do in a public house its trs difficile.18 Ma vivere come me, in unalbergo molto, molto difficile.19 I decided to faire les ongles de mes pieds avant mon petit djeunerand did notfrom idleness.20 Ho deciso di mettermi in ordine le unghie dei piedi prima del caffelatte, e non lho fatto per pigrizia.21

In this last example, to the low subject of the English sentence corresponds an amused use of the French, whereas in Italian the convulated expression mettermi in ordine le unghie dei piedi sounds rather clumsy. And I also want you to notice the translation of petit djeuner with caffelatte (milk and coffee: the typical Italian breakfast), a domesticating choice that corroborates the domesticating use of the Italian instead of the French. Sometimes, the omissions are as eloquent as those made in the editing process. Look at this description of a woman:
Her hair was parted down the middle: she had a small, oval face. She was perfectly charming, so set in the window with the shining white of the book. I felt a sort of Spanish infatuation22

For the Italian translator, even a slight allusion as that whispered in I felt a sort of Spanish infatuation is perceived as inappropriate and is therefore painstakingly removed:
Aveva i capelli divisi in mezzo alla fronte; il viso piccolo, ovale. Era davvero incantevole nello sfondo della finestra a contrasto col bianco del libro.23

The rewriting process continues. Finally, I want to turn your attention to the paratext of the Italian translation. The inside cover of the book shows the manifesto of the Collana universale moderna to which the volume belongs. The series claims to address discerning readers, boasting that it will launch unabridged translations of distinguished authors and will not host rewritings and adaptations. Moreover, we are informed that Mansfields Diario lies in the Scarlet section, which comprises Romance, intimist and psychological fiction. I am not going to linger over that proud and with hindsight ironical promotion of unabridged translations. Rather, I would like to consider the classification of the book: despite its self-explanatory genre (Diario), it is released under the label of romance, intimist and psychological fiction. We might have expected a different collocation among the twelve sections: namely within the Ultramarine section, which contains diaries, or within the Green section, assigned to biographical works. This is to me more indirect evidence of the persuasiveness and pervasiveness of the editorial
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discourse: this romantic persona, produced by the editor and corroborated by criticism, subsequently reaches the Italian publisher, who decided to classify the Journal under the label of romance, intimist and psychological fiction. These reflections allow me to put forward two general working hypotheses. The first thing that I want to say is that, if editing is rewriting, rewriting is a narrative, a discourse rhetorically constructed. By editing the Journal Murry created a narrative plot plot being, according to Peter Brooks, the organizing line, demarcating and diagramming that which was previously undifferentiated,24 an intentional structure, goal-oriented and forward-moving,25 the realization of a blocked and resisted desire.26 Furthermore, Murry created an implicit picture of the author a picture that is partial and manipulated, but that for many years has been used in critical discourses as genuine. I employ the notion of implied author as formulated in The Rhetoric of Fiction by the American narratologist Wayne C. Booth.27 According to him, the implied author is the sum of all the choices made by the author. But what happens if the author is dead? Who chooses for her? When the author is dead actually and theoretically there is nothing left to do but re-invent the author. This is precisely what John Middleton Murry did when he invented the Journal of Katherine Mansfield. The problem of authorship leads me to my second hypothesis: editorial practice shares with translation what Lawrence Venuti calls invisibility. As you know, the translators invisibility is a result of a conception of authorship according to which the author freely expresses his thoughts and feelings in writing, which is thus viewed as an original and transparent self-representation, unmediated by transindividual determinants (linguistic, cultural, social) that might complicate authorial originality.28 This idea of authorship carries two implications. The first one is the view of translation as a derivative copy of the original. The second implication entails the status of translators, who attempt to produce the illusion of authorial presence whereby the translated text can be taken as the original.29 I would suggest that it is by virtue of the same idea of authorship that we can talk about the editors invisibility. It is because of the authority of the author as it has been nourished in Western tradition that editors exert their authority, their power. In so doing, editors manipulate the authority of the author to the extent of erasing it. If the editor belongs to those in the middle, as suggested by Andr Lefevre,30 the space of editing seems to me a terrain vague: a space with indefinite boundaries, whose jurisdiction is limitless but not publicly acknowledged, often concealed and generally neglected. Editings scope, according to the publishing custom of our time, is often unnoticed, unmentioned, undeclared. I would suggest that only a collaborative and interdisciplinary approach an approach that recognizes the large overlap of apparently different and distant fields can make editorial domain really visible (or witnessable as recently suggested by John Bryant),31 and make us finally aware of the power that shapes the multiple afterlives of literary texts.

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F. Bowers, Practical Texts and Definitive Editions, 1969, p. 26. I.A. Gordon, The Editing of Katherine Mansfields Journal and Scrapbook, 1959, p. 64.

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J.M. Murry to Lady Ottoline Morrell, quoted in A. Alpers, The Life of Katherine Mansfield, 1980, p. 387. 4 L. Gillet, Katherine Mansfield, quoted in G. Kimber, Katherine Mansfield. The View from France, 2008, p. 190. 5 G. Marcel, Lectures, quoted in G. Kimber, Katherine Mansfield, cit., p. 191. 6 B. Crmieux, Le Carnet de Benjamin Crmieux Katherine Mansfield, quoted in G. Kimber, Katherine Mansfield, cit., p. 194. 7 Quoted in W.H. New, Reading Mansfield and Metaphors of Form, 1999, p. 54. 8 K. Mansfield, Journal of Katherine Mansfield, 1954, p. 24. 9 M. Scott (ed.), The Katherine Mansfield Notebooks, 1997, I vol., p. 136. 10 E. Webby, Katherine Mansfield: Everything and Nothing, 1982, p. 238. 11 A. Berman, Translation and The Trials of the Foreign, 2004. 12 M. Scott (ed.), The Katherine Mansfield Notebooks, cit., p. 103. 13 Ibidem. 14 K. Mansfield, Journal of Katherine Mansfield, cit., p. 2. 15 M. Scott (ed.), The Katherine Mansfield Notebooks, cit., p. 41, my italics. 16 A. Berman, Translation and The Trials of the Foreign, cit., p. 283. 17 Ivi, p. 284. 18 K. Mansfield, Journal of Katherine Mansfield, 1927, p. 86 19 Ead., Diario, 1933, p. 110-11. 20 Ead., Journal of Katherine Mansfield, cit., p. 86. 21 Ead., Diario, cit., p. 111. 22 Ead., Journal of Katherine Mansfield, cit., p. 5. 23 Ead., Diario, cit., p. 22. 24 P. Brooks, Reading for the Plot. Design and Intention in Narrative, 1984, p. 12. 25 Ivi, p. 25. 26 Ivi, p. 26. 27 W.C. Booth, The Rhetoric of Fiction, 1983. 28 L. Venuti, The Translators Invisibility. A History of Translation, 2008, p. 6. 29 Ibidem. 30 A. Lefevre, Translation, Rewriting and the Manipulation of Literary Fame, 1992. 31 John Bryant, Rewriting Moby Dick: Politics, Textual Identity, and the Revision Narrative, 2010.

Bibliography Alpers, Antony, The Life of Katherine Mansfield, Oxford, Oxford University Press, 1980. Berman, Antoine, Translation and The Trials of the Foreign, in L. Venuti (ed.), The Translation Studies Reader, New York, Routledge, 2004. Booth, Wayne C., The Rhetoric of Fiction, Chicago, University of Chicago Press, 1983. Bowers, Fredson, Practical Texts and Definitive Editions, in C. Hinman and F. Bowers, Two Lectures on Editing. Shakespeare and Hawthorne, Columbus, Ohio State University Press, 1969. Brooks, Peter, Reading for the Plot. Design and Intention in Narrative, Oxford, Clarendon, 1984. Bryant, John, Rewriting Moby Dick: Politics, Textual Identity, and the Revision Narrative, in PMLA, 125, 4, October 2010, pp. 1043-1060. Gordon, Ian A., The Editing of Katherine Mansfields Journal and Scrapbook, in Landfall, 13, 1, March 1959, pp. 62-9. Kimber, Gerri, Katherine Mansfield. The View from France, Bern, Peter Lang, 2008. Lefevre, Andr, Translation, Rewriting and the Manipulation of Literary Fame, London, New York, Routledge, 1992.
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Mansfield, Katherine, Diario, Milano, Corbaccio, 1933. ___, Journal of Katherine Mansfield, London, Constable, 1927. ___, Journal of Katherine Mansfield, Definitive Edition, London, Constable, 1954. New, William H., Reading Mansfield and Metaphors of Form, Montreal, McGillQueens University Press, 1999. Scott, Margaret (ed.), The Katherine Mansfield Notebooks, 2 vols., Canterbury (New Zealand), Lincoln University Press, 1997. Venuti, Lawrence, The Translators Invisibility. A History of Translation, New York, Routledge, 2008. Webby, Elizabeth, Katherine Mansfield. Everything and Nothing, in Meanjin, 41, 2, 1982, pp. 236-43.
Davide Manenti is a PhD candidate in Literary Translation Studies in the School of Languages and Cultures, Victoria University of Wellington, New Zealand. His thesis examines the editorial history of the Journal of Katherine Mansfield using Translation Studies and Textual Studies as theoretical framework. This paper was delivered at Writing Past Each Other? Literary Translation and Community. International Conference in Literary Translation (Te Tumu Whakawhiti Tuhinga o Aotearoa / The New Zealand Centre for Literary Translation and Victoria University of Wellington, Wellington, 11-13 December 2010).

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La Libellula recensioni a cura di Michelangelo Fino

Saggi Aldo Putignano, La pi gran gioia sempre allaltra riva. Estetismo e Simbolismo in Gabriele dAnunzio, Caltanissetta-Roma, Salvatore Sciascia Editore, 2010, pp. 125, 14,00 La pi gran gioia sempre allaltra riva il frutto dellintersezione di piani artistici differenti (letteratura e pittura). Un lavoro complesso, condotto con rigoroso spirito critico e con un altrettanto rigoroso metodo filologico, che porta Aldo Putignano a cogliere gli echi della pittura di fine Ottocento (specificatamente di marca simbolista) nelluniverso poetico dannunziano e in Alcyone in particolare. Attraverso lintertestualit e linterdisciplinariet (laddove in maniera davvero originale lautore mette luna di fronte allaltra lopera letteraria e quella pittorica) Putignano ricostruisce i rapporti stretti ma controversi tra dAnnunzio e il movimento preraffaellita, e tra dAnnunzio e il Simbolismo, illuminando le zone dombra che ancora avvolgevano il dibattito critico sullinflusso che la pittura a cavallo tra Otto e Novecento ha sulla poesia dannunziana. Un saggio che ci mostra la poliedricit di un autore capace di sintetizzare armoniosamente le pi diverse tendenze artistiche che segnano il passaggio dal XIX al XX secolo, che interpreta al meglio le esigenze di un Novecento definito come un secolo profondamente infantile (p. 19). Un saggio che, nonostante la variet degli argomenti trattati e la difficolt della materia affrontata, si mantiene coerente e saldo in tutte le sue parti, eludendo il rischio di perdersi in quel labirinto di fitte e nascoste corrispondenze letterarie e pittoriche che affollano la scrittura dannunziana. Assai funzionale, in tal senso, il sistema di riprese interne tra un capitolo e laltro; cos come degno di nota il continuo sforzo dellautore di schierarsi consapevolmemte contro la malsana abitudine dei critici di porsi sul solco del gi detto, per indicare inediti percorsi interpretativi, per proporre coraggiosamente ipotesi nuove, che potrebbero apparire anche azzardate, ma che vengono sempre puntualmente sostenute da una dovizia di dati, di informazioni, di riferimenti e, implicitamente, dallapprofondita conoscenza delle opere prese in esame, presupposto questultimo che parrebbe ovvio, ma che bene rimarcare dal momento che troppo spesso lo si d per scontato, e a torto. In questottica, dunque, le proposte interpretative di Putignano sono davvero interessanti, perch nella loro originalit poggiano su solide basi critiche. Esemplare, ad esempio, il confronto tra dAnnunzio e Klimt, e lipotesi che il pescarese conoscesse direttamente lopera del pittore austriaco e che [n]el caso di Klimt [] si possa parlare di un qualcosa di pi di una semplice comunione (p. 105). Putignano non si limita a confrontare le opere dei due artisti, ma ricostruisce la rete di conoscenze, gli spostamenti, i momenti e le situazioni che avallano la tesi di una conoscenza diretta dellopera klimtiana da parte di dAnnunzio. Nellattenta

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ricostruzione dellambiente in cui il poeta e il pittore operano, lautore sottolinea limportanza degli intermediari, di quei personaggi cio vicini agli artisti che aiutano a comprendere il senso autentico del messaggio poetico o pittorico. Questo spiega lampio spazio concesso a una figura come Angelo Conti, coscienza rivelatrice dellestetismo italiano ed amico carissimo di Gabriele dAnnunzio (p. 43) e limplicita ripresa nel titolo del presente studio di un saggio di Conti, La beata riva, che Putignano pi volte confronta con alcuni testi dannunziani, dando vita ad un originale discorso che si muove tra critica e letteratura; un confronto assai proficuo, perch ci dice molto su alcuni aspetti nascosti dellopera dannunziana e aiuta a capire meglio il rapporto tra il poeta e i movimenti pittorici di fine Ottocento. A conferma della centralit di Conti nellesperienza umana e soprattutto artistica di dAnnunzio e dellimportanza del legame strettissimo tra il Poeta e il Filosofo cos come del loro reciproco influsso, Putignano rinviene tracce rilevanti di tale presenza nella stessa concezione poetica dannunziana, ricordando come fosse lo stesso Conti a rivendicare il suo ruolo, limportanza del suo contributo nella meditazione del Poeta (p. 64), e sottolineando come [m]olte intuizioni dannunziane nascono dal confronto e dal dialogo con la sua coscienza rivelatrice: Il fanciullo, ad esempio, manifesto poetico di Alcyone, non pu non riflettere le considerazioni espresse dal Conti nella seconda parte della Beata riva che esalta, nella maraviglia che propria dei fanciulli la condizione naturale dellispirazione artistica (p. 65). Ma non solo; Putignano ipotizza infatti una presenza reale dellamico allinterno del poemetto Bocca di Serchio, in particolare dietro il personaggio di Ardi che, seguendo un procedimento di associazione sonora analogo a quello che ha portato da Eleonora (Duse) a Ermione, deriverebbe da Ariele lo spirito dellaria nella Tempesta di Shakespeare, nome questo bellissimo e significativo, che Conti aveva scelto per s nella Beata riva (pp. 47-48). E sulla scorta di questa intuizione lautore procede con un serrato confronto testuale tra Bocca di Serchio e La beata riva che autorizza tale suggestiva ipotesi e conferma linflusso che il pensiero del Conti ha avuto sulla poesia dannunziana: La beata riva individua un percorso che la poesia traduce in immagini, tanto che si potrebbe [] frapporre semplicemente parti della lirica e passi del trattato, ricavando da questultimo il sostegno per un sicuro orientamento (p.49). E la figura dellintermediario torna a imporsi, non a caso, nel capitolo finale del saggio, quello dedicato al rapporto dAnnunzio-Klimt, dal momento che [a]nche Gustav Klimt ha [] il suo Angelo Conti, Hermann Bahr, critico di gusti decadenti e direttore della rivista Die Zeit, oltre che animatore del circolo letterario degli Jung Wiener, i giovani viennesi (p. 108). Questa ricognizione dellintreccio critica-letteratura, peraltro, assai funzionale allindagine condotta dallautore sui rapporti tra la pittura e dAnnunzio, il quale, come molti intellettuali dellepoca, fatica ad orientarsi e troppo spesso si appoggia al giudizio del critico (o dellamico pittore, vedi Michetti) per motivare e chiarire il suo (p. 64). In diverse occasioni dAnnunzio dimostra maggior attenzione per le parole dei critici che per le opere (p. 71), come avviene in occasione della morte di Giovanni Segantini, il principale esponente del divisionismo italiano. E sempre Conti individua nel poeta pescarese limmediato continuatore di questa nuova arte della natura (p. 71). Che il rapporto simbiotico Uomo-Natura risenta, nellAlcyone, del dibattito sullopera di Segantini fuori discussione; per acutamente Putignano analizza tale influsso intrecciandolo con leredit michelangiolesca di cui lopera dannunziana serba evidenti tracce. Ne scaturisce un interessantissimo confronto tra larte di Michelangelo in cui

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luomo che domina la natura e sa trarre da essa figure umane, larte di Segantini in cui, seguendo linterpretazione del Conti, la Natura invece a guidare questa sotteranea comunicazione guidando luomo che in essa si annulla e la poesia alcyonia, che funge da ideale ponte di collegamento tra le due concezioni pittoriche, proponendo uninedita e suggestiva conciliazione, che riesce ad aprire il dialogo fra luomo e la natura da ambedue i lati (p. 77). Anche rispetto al debito dannunziano nei confronti dei preraffaeliti, lautore non si limita a registrare gli elementi pittorici del movimento rossettiano riscontrabili nellopera dannunziana, ma intende capire come le dinamiche pittoriche dei preraffaelliti trovino unoriginale traduzione nei versi di dAnnunzio. Si insiste molto, ad esempio, sulluso del colore che con la sua carica simbolica caratterizza il paesaggio dannunziano, paesaggio in cui le scelte cromatiche, lungi dallessere casuali, sono sempre il segno di Altro. Esemplare, in tal senso, la lirica Bocca di Serchio in cui luso simbolico del colore molto marcato [] dal forte carattere allegorico, dove il trapasso metamorfico sempre annunciato da un mutamento cromatico (p. 36). In dAnnunzio, poi, prende forma quel rapporto strettissimo tra simbolo e colore cos tipico dei preraffaelliti: [i]l simbolo nasce da unassenza, un valore perduto e perseguito: questa rievocazione si compie nei preraffaelliti attraverso luso del colore, con una preferenza per le tinte chiare e le trasparenze che simbolicamente alludono alla presenza di Dio (p. 25). Interessante, anche, il confronto tra la Beatrice rossettiana e quella dannunziana. Tra la purezza e linnocenza astratte del dipinto Salutatio Beatricis in terra e lidealizzazione di una donna reale in Beata Beatrix dello stesso Dante Gabriel Rossetti, dAnnunzio opta per una Beatrice che, attingendo parzialmente alluna e allaltra, si colloca oltre: la donna dantesca, ma ritornata viva nel presente dellopera darte, e non si fonde nella figura carnale di Eleonora ma si sovrappone ad essa, annunciando la sua dissoluzione in Ermione, creatura non pi umana ma naturale (p. 57). DAnnunzio riprende in Rossetti un simbolismo di marca prettamente letteraria, che guarda allItalia medievale con quella stessa nostalgia [] con cui altri simbolisti [] rievocano i miti perduti dellantica Grecia. Un simbolismo dunque che reinterpreta la storia pi che aprirsi a mondi nuovi (p. 60). Ma in dAnnunzio forte anche lesigenza di qualcosa di nuovo; di qui il vivo interesse per lestetismo inglese, che tanta parte avr nellopera dannunziana, e lelogio di Keats, indicato quale precursore del nuovo movimento estetico, che prova a libersrsi da quel baco moralista che ha gi corroso lultima generazione romantica (p. 23). Dal punto di vista pittorico tale esigenza si traduce nellaccostamento a soluzioni ben pi estreme e innovative, a un Simbolismo decisamente proiettato verso il futuro. DAnnunzio, sottolinea Putignano, non autore capace di camminare sul vuoto e, in mancanza di un progetto, si affida allo stile, uno stile notoriamente musicale; eppure il poeta, attratto pi dalle arti figurative che dalla musica, guarda alla pittura e al suo contenuto, sempre meno reale, e cerca nuovi modelli da imitare (pp. 92-93). In Alcyone si realizza compiutamente tale spostamento di prospettiva, si fondono archeologia, intesa come scoperta del reale (p. 93), e mitologia, spia di un percorso ultrarazionale e simbolico (p. 93). In tal senso linclinazione mitologica dei pittori simbolisti offre allimmaginario del Poeta una serie di cose da vedere (p. 93). Questo significativo cambiamento nella sensibilit letteraria e pittorica di dAnnunzio spiega laccostamento a un pittore come Gustave Moreau: [i]n Alcyone il classicheggiante simbolismo preraffaellita, una costante dellarte dannunziana, si arricchisce di nuovi

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temi e colori che non possono non risentire dellinfluenza della pittura simbolista del tempo e in particolare di Gustave Moreau (p. 94). Putignano mette a confronto le prove artistiche dei due e sottolinea come, anche quando non possibile riscontrare alcuna diretta trasposizione di opere di Moreau nei testi dannunziani (p. 96), notevoli siano le concordanze tra i due artisti. Non manca poi un riferimento alla pittura di Arnold Bcklin, nelle cui opere sono rinvenibili elementi tipici della poesia dannunziana: lo stesso sfondo vivo, la stessa aria, la stessa atmosfera. Confronto, questo, reso stimolante dalla considerazione che dAnnunzio critica piuttosto aspramente la pittura dellartista svizzero. Ciononostante limpressione di una comune visione non si indebolisce (p. 100). Una stroncatura che fa il paio con lassoluto silenzio dannunziano nei confronti di Klimt, che pure, come detto, senzaltro presente nella poesia di dAnnunzio. Il percorso seguito da Putignano, gi estremamente ricco di spunti e di riflessioni, non si ferma comunque qui. Lautore, infatti, dopo aver disegnato un quadro esaustivo dei rapporti tra dAnnunzio e la pittura del suo tempo, indagando i reciproci apporti, conclude il suo lavoro ponendo due interessantissimi interrogativi che rappresentano la summa della sua indagine critica e che, nello stesso tempo, aprono nuovi stimolanti scenari interpretativi. Se infatti il poeta si dimostra ricettivo come pochi, pi moderno di altri, pi pronto a recepire nella sua opera istanze e figure che gran parte dei suoi interlocutori fatica ad accettare e comprendere (pp. 119-120), anche vero che dAnnunzio sembra non abbandonarsi completamente al nuovo, o meglio, a soluzioni pittoriche, e pi in generale, artistiche estreme: dAnnunzio ancora troppo legato al valore figurativo del simbolo [] in questo residuo figurativo, che permane anche nelle opere pi affini al gusto simbolista, possiamo cogliere non solo un superamento della maltrattata figura umana di Moreau, quanto un avvicinamento alla pittura dei secessionisti dAustria (p. 105). Questo discorso investe la concezione stessa dellarte dannunziana che, almeno in parte, resta ancorata a istanze pi tradizionali di ascendenza propriamente verista. A pi riprese, nel corso di questo studio, si evidenzia il perdurare nellopera dannunziana di metodi e dinamiche tipici del Verismo, che rappresenta il punto di partenza del percorso artistico dannunziano e che, evidentemente, il poeta pescarese non abbandoner mai completamente. Nel poeta sembra prendere forma uno scontro, nel segno per del bilanciamento e dellequilibrio, tra il desiderio assoluto di libert creativa e un forte margine di resistenza rispetto alle innovazioni pi profonde (p. 21). Il fascino della poesia dannunziana scaturisce anche da questa costante tensione tra poli artistici diversi e programmaticamente antitetici. Nellesteta, nel decadente, nel simbolista dAnnunzio resiste pervicacemente il verista: non una scorza o un residuo, ma un tratto originario di cui pure egli avverte e dichiara i limiti, ma cui allo stesso tempo non vuole, non pu rinunciare, per lasciarsi sedurre del tutto da altri orientamenti che pure meglio rispondono alla sua sensibilit artistica (p. 80). Ebbene, Putignano scorge in questa impossibilit-incapacit di scrollarsi del tutto leredit verista unoccasione mancata, un freno al libero sfogo della fantasia, alla dirompente libert espressa compiutamente soltanto nellAlcyone, unebbrezza mai pi sentita, una parentesi felice (p. 122). Si pu allora intuire quale sia la risposta alle domande con cui il saggio enigmaticamente si chiude: Quanto pesa quel fondo verista cui egli rimane arroccato tutta la vita? Quanto poco stato appagato il bisogno del sogno? (p. 122). Michelangelo Fino

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Enzo Lauretta (a cura di), Quel che il teatro deve a Pirandello, Pesaro, Metauro Edizioni, 2010, pp. 223, 20,00 Nato ad Agrigento nel 1867 e morto a Roma nel 1936, Luigi Pirandello indubbiamente un personaggio controcorrente, rivoluzionario, molto importante, davvero epocale nel panorama culturale contemporaneo. Nel 1934 riceve il premio Nobel per la letteratura. Ma a cominciare dallinizio degli anni Venti che il suo pirandellismo diventa una moda e un fenomeno culturale in Europa e in altri paesi del mondo. Con Sei personaggi in cerca dautore ed altri drammi svolge un ruolo di straordinario rinnovamento del teatro anche con lazione parlata del suo personaggio filosofico e con gli strumenti dellumorismo, presenta un nuovo modo di far teatro tanto che eclissa i modi convenzionali di far teatro, proprio mentre sulla scena europea fioriscono nuove correnti artistiche, le esperienze delle avanguardie. Infatti parecchi studiosi (come ad esempio R. Brustein e G. Livio) sostengono che linfluenza di Pirandello sul teatro contemporaneo sia incalcolabile. Egli ha influenzato scrittori italiani e stranieri di ogni formazione, di ogni generazione, di ogni tipo dispirazione, inclusi giovani scrittori dei nostri tempi. La sua presenza si fa sentire costantemente, anche negli scrittori che pur avendo dichiarato apertamente i loro precursori e i loro maestri, non hanno mai menzionato il nome di Pirandello, come se volessero celare una loro importante fonte. La critica si occupata ampiamente del rapporto tra Pirandello e le correnti avanguardistiche del primo Novecento dal Futurismo allEspressionismo, al Surrealismo. E si occupata soprattutto dellinfluenza della drammaturgia pirandelliana sul teatro contemporaneo, mettendo a confronto il teatro di Pirandello con quello di moltissimi drammaturghi, Rosso di San Secondo, Massimo Bontempelli, Diego Fabbri, Sartre, Unamuno, Lorca, ecc. Su questa linea di critica comparata si muovono la maggior parte dei diciassette saggi raccolti in questo volume, presentati al quarantasettesimo convegno internazionale di studi pirandelliani, tenutosi ad Agrigento la prima settimana del dicembre 2010. Certi saggi sono meditati, penetranti, originali, altri lo sono meno anche perch non rimangono fedeli n al tema del convegno n al loro intento, sono fuorvianti. Ci sono quelli che si sforzano di trovare nellopera di questo o di quel drammaturgo tracce di elementi pirandelliani, e risultano poco convincenti. Per lo pi sono saggi che esaminano, anche con rigore e con approcci diversi, punti di contatti, linee, presenze, parentele, affinit, comunanze, familiarit, echi, reminiscenze, somiglianze e differenze, vale a dire tanti motivi che tracciano o formano il rapporto di Pirandello sia con correnti davanguardia del Novecento, dal Modernismo al Futurismo, dallEspressionismo al Living Theatre, sia con parecchi drammaturghi contemporanei, italiani e stranieri: F.T. Marinetti, Rosso di San Secondo, Anton Giulio Bragaglia, Thornton Wilder, Ugo Betti, Eduardo De Filippo, Pier Paolo Pasolini, Giovanni Testori, Henry Bernstien, Harold Pinter, Witold Gombrowicz, ecc. Per lo pi sono saggi che valutano e mettono in risalto come nelle opere di questi drammaturghi vive, consciamente o inconsciamente, il fantasma di Pirandello, impronte, echi, idee, tante cose che sono il fulcro dellarte pirandelliana. Per cui spesso danno ampio spazio ai temi che riguardano il problema della personalit, le crisi, le scissioni e le moltiplicazioni dellio, sempre alla ricerca di se stesso; la ricerca delloltre che secondo qualche studioso si esprime anche con il gesto del suicidio; lo schema dellinchiesta inquisitrice alla maniera di Cos se vi pare o del Berretto a sonagli che si ripresenta anche nei drammi di Betti; il sentimento della maternit o della ricercata

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paternit che invade anche certi drammi di Testori; la funzione di vedersi vivere e della maschera; la filosofia della relativit di ogni cosa; le forme della pazzia che se in Pirandello appare una malattia sociale in un altro drammaturgo pu apparire una condizione del vivere (p. 69); la costruzione della scena, della didascalia e del dialogo che pu articolarsi anche con toni e linguaggi diversi; le forme della contraddizione che vengono ad esprimere un tragico umorismo; il processo della creazione artistica come unavventura fantasticamente misteriosa tanto che il personaggio fantasma appare vivo, in carne e ossa non solo al suo creatore, che vuole vivere nel regno dellarte o come attore, e che viene a controllare la scena e lo stesso autore, come suggerisce anche Pinter: la posizione dellautore alquanto bizzarra [], ti rendi conto di avere tra le mani persone in carne e ossa, dotate di volont e sensibilit proprie (p. 132); e qualche critico ha affermato con acutezza che Pinter ha estremizzato il metodo di Pirandello. Non ci sono personaggi in cerca dautore, nei suoi drammi, ma attori in cerca di personaggi (p. 125); gli argomenti del teatro dello specchio o del teatro nel teatro che immettono nellhumus della metascrittura, della metateatralit, della metaletteratura; la matassa dei contrasti specialmente tra arte e vita, tra realt e illusione, tra essere e apparire; la figura dellattore o del personaggio attore; il triangolo damore, magari quello formato da due amici che condividono la stessa donna, e ha portato Roberto Alonge a discutere della donna dei sensi e dei deliri fantasticamente omosessuali in alcuni drammi pirandelliani (ad es. Alluscita, Tutto per bene, Il gioco delle parti) che, in questo, si avvicinano e trovano convergenze con Mel ed altri drammi di Bernstein; la funzione dellarte-poesia nella nostra societ, e cos Fabio Pierangeli valuta con acribia linfluenza dei Giganti pirandelliani su certi drammi di Testori. Mentre si analizzano questi e altri motivi, la maggior parte dei saggi evidenziano che i drammaturghi approdano a un pirandellismo proprio ed originale, teso allo sperimentalismo dei procedimenti, dei piani narratologici, dei mezzi della scrittura, come ad esempio mostra lopera di San Secondo, di Testori, di Pinter. Per esempio, il pirandellismo di Eduardo De Filippo esaminato con perspicacia ermeneutica da Andrea Bisicchia:
Il pirandellismo diventa puro pretesto fino a trasformarsi in eduardismo, ovvero in una maniera di accostarsi alla vita pi attenta ai particolari umani, in una ricerca scrupolosa di tutti quei sentimenti che si agitano dentro noi. Mentre Pirandello tende allassoluto, alla definizione, al geometrismo puro, Eduardo ricerca il particolare, la dimostrazione e lo svolgimento. Se la logica pirandelliana porta alla dialettica, a una realt che incarnata nel discorso o nelle contraddizioni sofistiche, si caratterizza per continue fratture e contraddizioni, che hanno come fine lo smascheramento, la logica eduardiana aspira alla ricerca di una comprensione umana, di quella solidariet che i tempi sembrano aver distrutto. Il processo che dal pirandellismo porta alleduardismo, si pu sintetizzare nella formula: dalla ricerca dellidentit alla ricerca della solidariet. (p. 74)

Franco Zangrilli Piero Meli, Luigi Pirandello. Pagine ritrovate, Caltanissetta-Roma, Salvatore Sciascia Editore, 2010, pp. 149, 14,00 Di tanto in tanto appare qualche testo che riporta alla luce opere di Pirandello pubblicate, durante larco della sua vita, per la prima volta su riviste e quotidiani pi o meno importanti. Anche questo testo di Meli raccoglie opere ritrovate: una scena del

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secondo atto di Vestire gli ignudi (la prima avviene al teatro Quirino di Roma, il 14 novembre 1922, con gran successo di pubblico e di critica), recensioni a testi di poesia e di critica per lo pi di amici, il racconto Natale al polo, e modificazioni e varianti importanti (p. 114) di tre novelle I pensionati della memoria, Come gemelle, Zuccarello, distinto melodista. Di capitolo in capitolo il materiale presentato da Meli con un discorso puntiglioso, minuto, accurato, dal taglio storico-biografico, ricco di note, di informazioni e interpretazioni, tesso a correggere sviste, inesattezze, ed errori commessi da critici, biografi, e curatori delle opere di Pirandello attraverso gli anni (ad es. Lo Vecchio-Musti, Taviani). Di particolare interesse uninedita Intervista a Pirandello in cui non accetta di parlare di Freud quando gli viene suggerito dallintervistatore, ma parla apertamente di un amore infantile per una certa Elvira, che potrebbe anche essere pi semplicemente uninvenzione del Pirandello, unoccasionale bugia da offrire allintervistatore; oppure, chiss , potrebbe essere davvero il primo amore, svelato in un momento di spontaneit, di sincerit (p. 12); delle impressioni ricevete dalla lettura di Marco Polo; dei suoi sogni che allegorizzano una realt triste e lugubre, dai quali forse origina il suo temperamento artistico di scrittore umoristicamente fantastico: Io ho sognato una volta, da bimbo, gli amori di due crisantemi. Ho sognato che due di questi fiori cos composti nella loro malinconia, si amassero sino a diventarne pazzi e ad accapigliarsi comicamente nella loro spasmodica passione. Chi sa che il mio amore e la mia arte non sieno nati da quel primo sogno? Che tutta la mia arte non sia altro che unorgia di cristiani impazziti (p. 15). Infatti varie recensioni ripescate dallo studioso evidenziano che Pirandello un vorace lettore degli scrittori e dei poeti del suo tempo, inclusi quelli stranieri che legge anche in traduzione italiana quale Walt Whitman; che segue le opere sperimentali di scrittori dispirazione fantastica e non fantastica dandone giudizi di valore: Carlo Baudelaire in Francia pubblica i Petits pomes en prose. Primo, se non minganno, in Italia, U. I. Tarchetti scrive in prosa i suoi Canti del cuore, ma non fanno molto buona prova (p. 68); che spesso mentre parla degli altri scrittori sta parlando di se stesso, cio sta chiarendosi idee e motivi di scrittura, e rilevandosi ora un critico fantastico sui generis ora un critico che sa adornare il discorso con eloquente retorica ora un critico sarcastico e pungente. Di particolare interesse anche la ricostruzione che Meli fa della polemica sorta tra Pirandello e la vedova del suo amato amico Luigi Capuana. Adelaide BernardiniCapuana scrive una lettera aperta sul Giornale dItalia il 21 novembre 1922 in cui accusa il Pirandello della commedia Vestire gli ignudi di aver plagiato la trama dun racconto del marito, Dal taccuino di Ada, della raccolta Il braccialetto, del 1898: Oggi ch venuta fuori la commedia Vestire gli ignudi, Capuana non qui per dire qualcosa di simile; ma il suo spirito mi suggerisce di pregarla a confessare che qualche volta fa comodo plagiare i morti e passare sul cuore dei vivi (p. 50). La novella di Capuana tratta di una giovane governante che sperimenta varie disavventure e una profonda delusione damore, tanto che medita il suicidio. La novella si ispira a un fatto di cronaca molto diffusa dalla stampa nellestate del 1895; inoltre ha profonde radici autobiografiche dato che la protagonista del Dal taccuino di Ada la giovane Bernardini la cui vicenda di aver tentato il suicidio tocca lanziano scrittore Capuana che le scrive e poco dopo diventa sua moglie. In un primo momento Pirandello non risponde allaccusa della Bernardini, ma poi risponde con un intervento su LEpoca del 22 novembre 1922, dichiarando di aver attinto a una vicenda di cronaca assai conosciuta e discussa con gli amici del cenacolo romano: vecchi amici, tra i quali

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mi caro ricordare Lucio DAmbra, Ugo Fleres e il maestro Saya (p. 40). Meli suggerisce che laccusa motivata dai risentimenti della Bernardini verso Pirandello. Infatti i loro rapporti non erano buoni. Non solo perch Pirandello non vede di buon occhio il matrimonio tra la giovane Adelaide e lanziano amico. Ma anche perch la vede una donna stupidissima e vana (p. 43). Anche questa situazione gli riconferma che commediaccia buffa e atroce questa vita nostra (p. 43). Ed pienamente consapevole che a volte costretto a farne parte. Come quando, non certo per spontaneo desiderio o ammirazione, ma per intervento dellintimo amico, viene a recensire due volumi di poesie della Bernardini. La prima recensione pubblicata su Ariel il 22 maggio 1898 e firmata con lo pseudonimo di Prospero, la seconda su Il Marzocco l8 luglio 1900 e firmata con le sigle L.P.. In ambedue le recensioni Pirandello, non volendo deludere lanziano amico, si sforza a celare la sua scarsa ammirazione per la vena artistica bernardiniana ed a metterne in risalto accenti originali (p. 60). E poi il resto ovviet, imbellettatura, se non fosse per il solito colpo dala, lo scatto dorgoglio dello scrittore agrigentino, a pescare limmancabile pagliuzza (p. 61). Il testo del Meli utile anche agli studiosi che si interessano dello studio delle varianti, di certi aspetti della vita di Capuana, del poeta messinese Edoardo Giacomo Boner, dello scrittore calabrese Giuseppe Mantica, della storia letteraria della Sicilia. Scritto con un linguaggio limpido e scarno, riconferma la tesi che chi scrive difficile non mai profondo e chi scrive semplice sempre profondo. Franco Zangrilli Antonio Baldini Ardengo Soffici, Carteggio 1917-1961. Pesaro, Metauro Edizioni, 2009, pp. 191, 25,00 Le nuove tecnologie hanno portato la societ postmoderna ha fare grandi passi in avanti e al tempo stesso hanno messo in crisi o annullato costumi, tradizioni, culture. Con i satelliti planetari e con internet oggi linformazione viaggia in tutti gli angoli del villaggio globale, in modo spaventoso e vertiginoso, quasi con la celerit del fulmine, del raggio di luce. Da tempo ci siamo abituati a inviare e a ricevere la notizia flash, a consumare i messaggi lampanti, siamo diventati veri e propri drogati della e-mail, della chat, della teleconferenza, del messaggino, del telefonino, degli strumenti di una informazione che disinforma. Larte, inclusa quella che sgorga dalla penna del giornalista o da altre forme mediatiche, non nasce da un tipo di scrittura(rappresentazione) che si affida alla fretta, allimmediatezza, alla spontaneit, nasce da quella che si abbandona al ripensamento. Con le nuove generazioni si sta perdendo sempre pi labitudine di mettere sulla carta con cura sentimenti, memorie, pensieri, stati danimo, ecc.; la passione di scrivere con il pensativo sentire, per dirla con Borges; la poesia della confessione, del diario, dellepistola. Non si avranno pi i carteggi di una volta utilissimi per meglio capire gli aspetti storici, psicologici, biografici, la personalit di ogni giorno e professionale, umana e artistica di scrittori, intellettuali, giornalisti, cineasti, di uomini di cultura di ogni tipo. Ed ecco che si accoglie con gioia Il Carteggio Antonio Baldini Ardengo Soffici 1917-1961, curato con attenzione da Marta Bruscia, che ne fa una bella Introduzione e lo adorna di una dovizia di note che commentano, spiegano, e presentano anche concisi profili biografici. un testo di grande importanza per farci comprendere i retroscena di parecchi eventi del panorama culturale del Novecento, tanti aspetti di

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come si costruisce lautoritratto (e anche unauto-biografia sui generis), e soprattutto lintenso rapporto tra due rilevanti scrittori ed animatori della cultura letteraria, Baldini e Soffici. la partecipazione alla prima guerra mondiale, dove Baldini viene motivato a registrarne la tragedia in un testo dal titolo ironico Nostro purgatorio ed ferito durante un bombardamento, che fa nascere la loro fraterna amicizia. Attraverso gli anni lamicizia si approfondisce con il lavoro letterario nellambiente romano e fiorentino, con la difesa dei valori di certe tradizioni, con le affettuose attenzioni alle vicende familiari e anche ai figli che crescono e alle malattie delle mogli, con la manifestazione di reciproca stima. Infatti luno segue lo sviluppo letterario dellaltro con grande ammirazione e cura, si leggono, si commentano, si criticano a vicenda, ma trapelano maggiormente i giudizi di valore e gli elogi alle rispettive opere man mano che vengono alla luce, si lamentano quando non sono accolte con entusiasmo dalla critica e attaccano i critici che non ne colgono lessenza e ne danno spiegazioni ermeneutiche fuorvianti; a proposito di Nostro purgatorio Soffici dice: un libro magnifico scritto da un artista di primordine: un libro italianissimo e degno di stare accanto ai migliore del genere nella storia (p. 12), e continua il panegirico anche mentre fa la stroncatura:
sai che ho una fede assoluta nel tuo genio e che amo molto tutto quello che fai [] Io ti considero uno fra i pi competenti in Italia a giudicare delle cose letterarie. E il giudizio di un ottimo scrittore la pi grande prova per un altro scrittore. In Italia, non solo ma nel mondo, la mancanza di gusto, lignoranza e limbecillit sono ormai giunte a tale [] che non si sa pi cosa pensare della critica e neanche della letteratura. (pp. 29, 122-123)

A volte i due amici, che si guadagnano il pane facendo i giornalisti, si fanno critici duri degli scritti dei colleghi e anche a riguardo di quelli che appaiono sulla Ronda: il peggio mi paiono gli scritti di Bacchelli [scrive Baldini], specie quella lungagnata inutile e grottesca dellAmleto sciupato (p. 20) o dei loro libri che mettono insieme senza criteri artistici (p. 36), e del pubblico dei lettori, come fanno notare anche varie missive di Soffici: il pubblico italiano ancora pi portato verso la cretineria e il farabuttismo dei porci meneghini (p. 34). La corrispondenza che concerne la collaborazione ai quotidiani e periodici del regime, evidenzia che per sopravvivere devono scrivere con garbo e giusto equilibrio nei confronti di certi argomenti o di certi personaggi; un atteggiamento comune tra i tanti giornalisti che non condividono lideologia fascista, come illustrano gli scritti giornalistici di Buzzati, di Landolfi, di Piovene, ecc. Il mestiere di scrittore-giornalista porta presto Baldini ad apprendere che il mondo empito di gente con la quale difficilissimo andare daccordo (p. 3). Questo lo induce a dimettersi dalla direzione della Ronda cui teneva tanto fin dalla nascita (pp. 14-15): sappi che io sono uscito dalla Ronda per incompatibilit di carattere (p. 24); Era una disgrazia se tu continuavi in quella e tale scelta condivisa da Soffici accademia che non era fatta punto per te [] Tu non hai nulla da dividere con quella gente, e ti baster seguire liberamente il tuo genio per trionfare (pp. 25-26) ; a smettere la collaborazione a vari quotidiani, a fondare periodici di suo gusto ed ideale, a lavorare nella redazione di riviste vicine alla sua indole come la Nuova Antologia. Vicende analoghe sono sperimentate da Soffici. Certe situazioni infelici precipitano i due amici nel baratro dello scoramento, tanto che vengono a sentire il comune sentimento di repulsione, di rigetto e di odio per ci che sta a cuore e vivono, cio larte dello scrivere: lo scrivere [dice Soffici] divenuto per me pi che mai una pena
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acerbissima (p. 9). Nel carteggio ritorna limmagine di un Baldini che trova felice rifugio nella solitudine della casa di campagna perch profondamente insoddisfatto, disgustato, e deluso della sua attivit di promotore culturale, di scrittore e di giornalista, che non desidera pi scrivere e far parte del mondo degli uomini di cultura: sono sempre pi felice di essermi allontanato da tutta codesta canaglia letteraria e giornalistica [], canaglia letteraria, artistica, giornalistica ecc. [] Io sono felice di stare senza toccar penna [] La letteratura mi disgusta sempre pi (pp. 61-62, 85); e si rivela un allontanamento alimentato dai suggerimenti di Soffici che vive gli stessi sentimenti negativi verso luniverso cultural-letterario: meglio che tu esca di codesta galera bordello del giornalismo: ed io far il possibile per aiutarti [] Mi d un tal disgusto dello scrivere che la solo idea di pigliar la penna in mano mi ripugna (p. 78), un disgusto che lo consolida unanima gemella di Baldini, ma che supera abbracciando il pennello, lo sfogo della pittura. E ritorna limmagine di un Baldini che molto preoccupato nel mandare avanti il lavoro redazionale, nel raccogliere i pezzi per il prossimo fascicolo, nel sollecitare i collaboratori; che non vede di buon occhio certi scrittori e ama registrare disparati fenomeni sociali e culturali: per esempio, nota come il teatro di Pirandello precipita. Il pubblico non ne vuol sapere, e tira gi unaria di morte (p. 91) e come lItalia in crisi, sdoppiata in due campi, classici e romantici, passatisti e futuristi, palleschi e piagnoni (p. 96); che nutre un profondo sentimento pessimistico, anche a riguardo delle misteriose leggi che regolano la storia delle nazioni (p. 151). Nel Carteggio i due amici si confessano tanti altri segreti, disappunti, amarezze, come gioie, piaceri, amori, tanti sentimenti e pensieri; e parlano di tante altre cose: per esempio, dei propri libri in progresso o che stanno per uscire, di possibili incontri, della pittura contemporanea al punto che qui si impone la voce del Soffici pittore, dei pittori e dei letterati di epoche diverse stimati o poco apprezzati nei riguardi di una conferenza di Velery su Baudelaire, Baldini afferma che fu molto banale (p. 52) , degli amati amici quali Cecchi, Vallecchi, Prezzolini, Papini, Ungaretti, dei luoghi prediletti del paese, di argomenti che sembrano tacciare i lineamenti della storia non solo del giornalismo contemporaneo. Franco Zangrilli Francesca Petrocchi, Le parole della musica. Letteratura e musica nel Novecento italiano, Bologna, Archetipolibri, 2009, pp. 177, 14,00. Le parole della musica un denso saggio sullinscindibile rapporto tra letteratura e musica nel nostro Novecento. Il libro strutturato in quattro capitoli, gli ultimi due dei quali hanno gi trovato spazio in pubblicazioni precedenti, ma vengono qui riproposti rivisti e ampliati sulla scia delle suggestioni musicali ricercate dallautrice attraverso lanalisi delle fonti documentali: la terza pagina dei quotidiani depoca e i ricchi carteggi ed epistolari intercorsi tra alcuni esponenti della cultura musicale e letteraria italiana degli inizi del Novecento. Il percorso proposto dalla Petrocchi, fatto di tappe non sempre strette dal vincolo di necessit, contribuisce a delineare un orizzonte culturale (la cui estensione cronologica, oltre a poche eccezioni, si limita al primo trentennio del Novecento) entro il quale prese vita un dibattito teorico ed estetico che notevoli consonanze e linee di tangenza presenta con quello aperto in campo letterario (pp. 16-17). Questo lavoro si inserisce cos in un ramo della comparatistica

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relativamente nuovo per lItalia, i cui studi umanistico-letterari sono rimasti ancorati a lungo ad una prospettiva troppo rigidamente storicistica. Sfogliando le pagine del libro vengono a delinearsi, da un lato, gli interessi e le aspirazioni musicali di alcuni rappresentati del nostro Novecento letterario (Cardarelli, Barilli e Ungaretti); dallaltro invece, attraverso le confessioni nascoste tra le righe dei carteggi, emergono i vezzi letterari di alcuni dei pi importanti musicisti italiani dellepoca (Pizzetti tra tutti). I primi tre capitoli sono incentrati sulla particolare figura di Bruno Barilli, eclettico intellettuale del Novecento, di cui la Petrocchi traccia, di volta in volta, i diversi profili artistici: ora critico musicale, ora compositore, ma anche scrittore riconosciuto e apprezzato dalla civilt letteraria dellepoca. Lautrice, analizzando le sue collaborazioni come cronista musicale per i maggiori periodici del Novecento (la Ronda, il Tempo, il Resto del Carlino), ricostruisce il modus operandi dello scrittore-giornalista Barilli, fatto di giudizi non estemporanei o, appunto, "occasionali" ma covati dal critico-musicista e fermentati dalla sua stessa passione (p. 49). Bench lattenzione sia spesso rivolta alle aspre stroncature che il critico riserva alla produzione musicale del suo bersaglio preferito (il pianista e compositore Alfredo Casella), la Petrocchi riesce comunque a far emergere le importanti riflessioni estetiche, frutto del vivace dibattito giornalistico dellepoca: le considerazioni sui legami tra la poesia simbolista e la musica di Debussy, per esempio, inducono il critico e musicista Giannotto Bastianelli a rilevare che il concetto di forma non va preso in particolare dalle singole arti, ma dovr essere a priori e diventare concetto universale di forma (p. 27). Si passa poi, nel secondo capitolo, alla trattazione della produzione teatrale del compositore Barilli; dopo aver dato spazio alle opinioni del critico riguardo la crisi del teatro italiano, ancora una volta lautrice giunge, partendo dallanalisi (anche librettistica) del dramma lirico in un atto, con "parole e musica" di Barilli (p. 81) intitolato Emiral (1924), a considerazioni che vanno al di l del dato occasionale, per caricarsi di una valenza storico-critica che sottolinea quanto [i]l "ritorno" al passato [] era ormai divenuto la parola dordine di tutto il sistema delle arti (p. 91), a riprova di una costante osmosi tra le diverse discipline artistiche, anche nel segno del rappel lordre. A rafforzare questa linea, la Petrocchi riporta alcuni interventi di Vincenzo Cardarelli che, scendendo pi volte in campo a sostegno della produzione musicale e letteraria dellamico Barilli, rende pi solide (ma anche meno riconoscibili, perch le une fuse nelle altre) le linee di tangenza tra musica e letteratura. Proprio attraverso la penna cardarelliana si delinea il profilo del compositore Barilli che professa artisticamente il pi cordiale tradizionalismo e parallelamente dello scrittore Barilli duna meticolosit notarile (p. 93). ancora Cardarelli che, insieme a Enrico Falqui, si fa promotore della prosa musicale barilliana; luno richiamando lattenzione di Emilio Cecchi sulla marcatura letteraria (p. 116) degli scritti di Barilli, laltro proponendo linclusione di Delirama (1924) nellantologia degli anni Trenta Scrittori Nuovi, curata dallo stesso Falqui in collaborazione con Vittorini. In chiusura la Petrocchi inserisce il capitolo La musica delle parole. Ildebrando Pizzetti e Giuseppe Ungaretti: da Fedra a La Piet, il pi convincente e interessante sotto il profilo letterario, capace, da solo, di rendere equilibrato un lavoro apparentemente troppo proiettato verso la dimensione musicale. Lautrice ricostruisce, avvalendosi della corrispondenza quasi del tutto inedita tra il compositore e il poeta, [l]a rete delle convergenze al centro dei rapporti parola poetica e musica, linguaggio poetico e linguaggio musicale (p.153), fondamentali per lattivit artistica e per il

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confronto diretto tra i due importanti rappresentanti del nostro Novecento. La sublimazione del valore estetico della parola allinterno del dramma, sostanziata dalla profonda "saldatura tra parola e suono" (p. 150) indusse Pizzetti, dopo la famosa collaborazione con DAnnunzio, prima a divenire librettista di se stesso e poi a cercare un sodalizio con il giovane Ungaretti, impegnato sul fronte parallelo di scavo e ricerca del valore musicale intrinseco alla parola poetica. Questo confronto, di cui la parola poetica appunto protagonista assoluta, offre molteplici spunti di riflessione: se il parlatore musicale (p. 139) compie unopera di sottrazione e di depauperamento della parola, al fine di evocarne con la musica i significati pi reconditi e profondi, Ungaretti, un Debussy poeta (p. 155), la sceglie, sovraccaricandola di significati. Lequazione perfetta significato/significante perde, alla luce di tali considerazioni, un assetto preciso e si piega alluso: nel caso pizzettiano la parola si fa significato, offrendo alla musica la possibilit di completare, aggiungendo ad essa valore significante, la relazione semiotica; viceversa nella poesia ungarettiana, proiettata verso il raggiungimento di una "seconda acustica", la parola che si fa significante, lasciando alla musica semplicemente il ruolo di forma, pura ma indispensabile, evocatrice dei meccanismi semiologici. Il libro si chiude offrendo al lettore una parte significativa, ancorch poco studiata, della nostra storia culturale: lelegante e quasi sussurrata corrispondenza tra Pizzetti e Ungaretti, accomunati da unestenuante ricerca della "musica delle parole". Alessandra Iannarelli Dario Tomasello, Un assurdo isolano. Il teatro di Spiro Scimone e Francesco Sframeli, Roma, Editoria & Spettacolo, 2009, pp. 160, 16,00. Un assurdo isolano. Il teatro di Spiro Scimone e Francesco Sframeli la prima monografia critica dedicata interamente alla compagnia teatrale messinese composta da Spiro Scimone, attore-autore, e Francesco Sframeli, attore-regista (in realt dirige solo due, La busta e Pali, delle sei pices). Il volume di Dario Tomasello presentato di recente nel cartellone della retrospettiva Monografie di scena con cui il romano Teatro Valle ha omaggiato i due siciliani nasce, come rileva il suo autore, dalla necessit di chiarire il carattere straordinario dellinvenzione teatrale di Spiro Scimone e Francesco Sframeli (p. 9). Il critico, soffermandosi sui punti nevralgici del lavoro effettuato dal duo, ne ripercorre lopus, secondo un criterio tematico pi che cronologico. Si parte dunque dal debutto degli attori, avvenuto a Taormina nel 1994 sotto il magistero di Carlo Cecchi che cura la regia di Nunzio, da subito caso nel panorama della nuova drammaturgia italiana, per poi inoltrarsi in materia, snodando unanalisi distribuita in cinque sezioni: Quando il teatro fa testo: le origini del caso Scimone Sframeli; Il nascondiglio delle parole: Nunzio e Bar; Giochi di societ: La festa e la busta; Una preghiera incredula: Il cortile e Pali; Ritorno alla tradizione. Lo studio, attraverso linterrogazione diretta dei testi e losservazione delle modalit attoriali, mostra una equilibrata distribuzione dellocchio critico sia sul significato sotteso nel testo, che si s-vela allo spettatore durante la straniante e assordante messinscena non mancando di unattenzione particolare al dato linguistico sia sulla performativit: dinamica del corpo sulla scena, attualizzazione e, appunto, dinamizzazione fisica dei testi. Tomasello, scendendo nei meandri testuali e in quelli interattivi della rappresentazione teatrale, individua un possibile dialogo delle opere di

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Scimone con la tradizione antropologica siciliana e persino con una letteratura dello Stretto: il pessimismo tragico riguardo allineluttabilit della sopraffazione intimamente legato ad uno status mentale siciliano fortemente codificato dal punto di vista letterario (p. 88). Come se lesperienza scritturale scimoniana fosse una monade di un macrocosmo letterario, storico-politico e antropologico che trova il suo epicentro nellimmaginario di un luogo destinato a costituirsi sulla rimozione identitaria (p. 9) quale appunto Messina. In realt, nei drammi di Scimone e Sframeli la citt natale non mai espressamente nominata, n si pu affermare che la citt peloritana sia la location in cui si realizzerebbero le vicende immaginate dallautore siciliano: i personaggi scimoniani sembrano uomini senza terra, in esilio in ogni luogo. Ma Messina presenza resa viva, pulsante, come puntualmente nota Dario Tomasello, mediante lutilizzo della sua lingua che diviene lidioletto delle prime prove drammaturgiche: Nunzio e Bar. Il dialetto messinese, scrive lo studioso, permette ai due artisti di scoprire la fisionomia dellassurdo nelle piaghe ben riposte di una sicilianit popolana e popolare (p. 23). Invero proprio la lingua che domina lorizzonte dellassurdo: la scelta di una certa lingua corrisponde, infatti, ad una precisa poetica, e lassurdo, definito giustamente da Tomasello isolano, in quanto si caratterizza per la posizione liminare, lungo i bordi, com tipico di unesperienza attoriale e drammaturgica di frontiera (p. 15), ricalcato dalla lingua isolana che gli presta voce e diremmo corpo. Difatti la dimensione dellassurdo si connota di una peculiare vocazione materica, viscerale, sospesa tra atterrita tentazione ad uno stupefatto silenzio e orrorosa deflagrazione isterica (p. 20), annientando, aggiungiamo noi, le distanze fra finzione e realt, fra lio e luniverso, perch come afferma Camus ne Il mito di Sisifo lassurdo dipende tanto dalluomo quanto dal mondo, ed per il momento, il loro solo legame. Sempre in linea con lo svisceramento di questi elementi di poetica teatrale, Tomasello evidenzia come la conclamata funzione beckettiana, cui stata ricondotta larte dei due siciliani, rischi di appiattirne la produzione. Gli stilemi beckettiani certo patenti, sono visibili a prima vista (va da s, Samuel Beckett uno dei numi tutelari dei due attori, ma non il solo, si potrebbero citare, come Tomasello cita, altri nomi), per, ad una pi attenta e rigorosa indagine, si intravede il superamento dellarchetipo beckettiano. In Scimone e Sframeli, c, insieme ad un acuto sondaggio del mondo presente, unattenzione stringente alla cronaca, che intercetta brandelli di una pi che plausibile realt (p. 112). Allinterno del fare drammaturgico dei due messinesi, un altro tassello rilevante, un vero punto di snodo rappresentato da La festa. Con la terza opera siamo di fronte alla prima autentica svolta della scrittura scimoniana, capace di passare da movenze di sapido realismo alle rarefatte atmosfere di un raggelato disagio (p 71). Ne La festa si verificano due mutamenti importanti che marcheranno i successivi lavori: cambiano sia il registro linguistico, ora utilizzato litaliano venato da una partitura dialettale, sia il numero dei personaggi. Nella pice assistiamo allo smantellamento del rapporto io-tu con linserimento di un terzo attore nello spazio scenico, dove tuttavia persistendo le aure claustrofobiche, i confini appaiono ancora pi angusti. Infine un aspetto degno di considerazione, su cui si sofferma lo studioso, lincontro di due corpi, di due soggetti: attore-autore Scimone, attore-regista Sframeli. infatti il corpo, materia prima di ogni arte performativa, primo portatore del soggetto. Lincontro dunque si traduce e si realizza come comprensione e compenetrazione accanto e dentro latto squisitamente attoriale, perch la costruzione della strategia

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della compagnia messinese si deve, in egual misura, tanto al genio visionario di Scimone, quanto allintelligenza carnale di Sframeli (p. 9). Questo movimento circolare costituisce lestetica pi autentica della drammaturgia dei due artisti. Nelle ultime pagine del libro lanalisi drammaturgica proposta da Dario Tomasello si arricchisce ulteriormente attraverso alcune fotografie degli spettacoli della compagnia e uninedita intervista ai due attori che confessano come il loro sia un teatro della disperazione e della necessit ineluttabile di riferirla: moriremo raccontando questa disperazione (p. 149). Deborah Dolci AA. VV., Nominativi fritti e mappamondi. Il nonsense nella letteratura italiana. Atti del convegno di Cassino, 9-10 ottobre 2007, a cura di Giuseppe Antonelli e Carla Chiummo, Roma, Salerno editrice, 2009, pp. 342, 29,00. Addentrarsi nellenigmatico universo della letteratura che non ha senso (p. 192) significa esporsi a un duplice rischio esegetico: quello legato alla difficolt di delimitare i confini di un genere di per s borderline e quello ben pi radicale che impone di fare i conti con le potenzialit e i limiti della critica letteraria tout court. La consapevolezza che la scienza del nonsense pu dare come risultato il nonsense della scienza (p. 10) deve allora valere da stimolo per affinare gli strumenti interpretativi in direzioni inedite o inconsuete, come del resto autorizzato dal confronto con una materia almeno in apparenza ben poco ortodossa. In questa prospettiva si situano i quattordici saggi raccolti nel volume Nominativi fritti e mappamondi: altrettante tappe di una ricognizione storico-critica nel panorama del nonsense italiano, a partire da quel Burchiello ufficialmente riconosciuto come capostipite del genere ed esplicitamente omaggiato nel titolo dellopera. La successione cronologica degli interventi lascia gi emergere, nella sua linearit, alcune questioni di tutto rilievo. sintomatico, ad esempio, che il secondo contributo del volume rechi un titolo come Preistoria (mancata) del nonsense nella poesia medievale italiana: le peculiari problematiche interpretative poste dalla tradizione del nonsense italiano sembrano risiedere, da un punto di vista storiografico, nella stessa oscura gestazione dellesperienza burchiellesca, nellimpossibilit cio di rintracciare, in ambito due-trecentesco, precedenti analoghi a quelli rappresentati dalle fatrasies oitaniche o dalle resveries occitaniche (Berisso). Non sorprende inoltre che, lungo un arco temporale compreso tra Dante e Scialoja, lunico secolo sfuggito al vaglio critico sia proprio il Settecento, prevedibilmente poco incline alle corbellerie (p. 21) e ai metodi irrazionalmente coerenti (o coerentemente irrazionali) tipici della letteratura nonsensical. Corbellerie o, per dirla col Chersino richiamato da Crimi, sensate dicerie (p. 159)? Lelemento pi caratteristico del nonsense sembra essere proprio lambiguit; unambiguit che tocca vari livelli e che emerge in filigrana dalla lettura del volume. La letteratura che non ha senso accoglie tutto e il contrario di tutto: poesia e prosa, istanze popolari ed elitarie, fedelt estrema alla lettera del testo e invenzione linguistica a un tempo esuberante e calcolata; e ancora, paralogismi pseudofilosofici e prototipi di linguaggi infantili o meglio, parafrasando il titolo di una raccolta di Antonio Porta, modell[i] di bambini per linguaggio (p. 304); controsensi umoristico/parodici e sovrasensi drammatici (i funerei presagi condensati da DArrigo nella parola

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sdillabrata, segno, per Cedola, di un inequivocabile negativo ontologico, p. 264). Il nonsense pu essere comportamentale (il tragico straviamento narrato nellHorcynus Orca, ma anche, sul versante comico richiamato da Guaragnella, lingenuit metafisicamente folle degli stolti di Basile, p. 133) oppure tutto interno alle strutture logico-sintattiche (la frattura della coesione testuale cui allude Serianni, p. 318); risultato di una giocosa crittografia per iniziati o riflesso di ben pi oscuri condizionamenti politico-ideologici (di qui, secondo Iermano, la valenza etica del surrealismo di Zavattini); fino a diventare, al suo massimo grado di lucida astrazione, opportunit per un paradossale dialogo dei massimi sistemi (meta)letterari (p, 283). E si potrebbe anzi dire che proprio lomonimo racconto di Landolfi, con la sua invenzione di una pseudolingua poetica (p. 280) condivisa da due interlocutori e poi da entrambi dimenticata, illustri in maniera emblematica lambivalenza radicale del nonsense, tra apertura a un possibile senso e sua mancata decifrazione, tra arguta dissacrazione di topoi critico-letterari ed esaltazione genuina delle potenzialit della letteratura (pu una lingua immaginaria avere la stessa dignit estetica di una lingua reale?). evidente che il piano del divertissement, pur rappresentando un punto di partenza pressoch obbligato, viene puntualmente trasceso, in direzione di un ultrasenso del nonsense (p. 303) suscettibile delle pi svariate interpretazioni. Se persino nella sua accezione pi elitaria il nonsense non si esaurisce nel gioco manieristico e iper-raffinato dellautocitazione (come dimostrato dalla Chiummo nel suo contributo su Bronzino), in un contesto come quello della nascente societ di massa sar destinato, a maggior ragione, a caricarsi di valenze ulteriori, oltrepassando addirittura i confini dei generi istituzionali. In unet di sperimentalismi letterari e di messa in discussione dei tradizionali sistemi conoscitivi, neppure la cosiddetta poesia seria, da Montale a Caproni, potr sottrarsi alla logica nonsensical del calembour, alla predilezione per le figure di reversibilit e coincidentia (p. 299). Di fronte a uno scenario cos variegato e a una tale stratificazione di livelli di lettura, si sarebbe tentati di affermare che esistono tante scienze del nonsense quanti sono gli esempi oggetto dindagine, e che pertanto ciascuno di essi vada affrontato da una peculiare prospettiva metodologica. Ecco allora che un approccio di tipo comparatistico si riveler il pi adatto a evidenziare la funzione anti-pedantesca (p. 110) del nonsense nellambito del Manierismo artistico e letterario; daltro canto, il tentativo di prescindere da categorie critiche eccessivamente rigide dar luogo alle approssimazioni al nonsense teorizzate da Afribo e allindividuazione di una sorta di climax antimimetica dei linguaggi nonsensical (la distinzione tra gerghi, grammelot, prelingue e pseudolingue suggerita da Baglioni). Ma il sospetto che per misurarsi con un simile (non)genere sia preferibile, per cos dire, stare al suo gioco, resta pur sempre legittimo: la creazione di un sonetto simil-burchiellesco proposta da Zaccarello a partire da citazioni eterogenee vale, a un tempo, come illustrazione dei meccanismi lucidamente criptici del nonsense e insieme in perfetta coerenza con la materia trattata come sconfinamento ludico (p. 63) di chi scrive. Su una linea non dissimile, e allaltro capo della cronologia, la puntuale analisi della poesia di Scialoja condotta da Serianni si conclude con laffermazione che, al di l dellindividuazione di significati nascosti e di plausibili strategie compositive, proprio nel libero gioco linguistico sta il fascino d[i quella] poesia (p. 324). Al termine della lettura, si comprende che il fascino del gioco sta tutto nella sua logica obliqua e paradossale. Il nonsense creazione di parole nuove, o di nuove combinazioni di parole; le parole creano le cose e dunque dilatano i confini del mondo

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esistente: ne deriva lidea di una letteratura-mondo potenzialmente illimitata, vicina tanto alla ricercata visionariet di Borges quanto alle storie senza coda della narrativa infantile. E forse il merito maggiore di questo volume proprio quello di ricordare allappassionato di letteratura che le parole esistono, prima di ogni altra cosa. Elisa Palmigiani Cesare Cavalleri, Persone & Parole/4. Milano, Edizioni Ares, 2008, pp. 222, 13 Come i tanti libri di Cesare Cavalleri, anche il presente lavoro mostra la sua profonda cultura, oltre alla sua grande umanit. Contiene una breve presentazione di Dino Boffo che mette in risalto le doti del giornalismo di Cavalleri. Raccoglie gli scritti che egli ha pubblicato settimanalmente sul quotidiano cattolico Avvenire, nella rubrica persone e parole, dal 2003 al 2007. Non sono scritti di facile classificazione, anche se fanno sentire qua e l il piglio di unironia riflessiva e sottile. Stesi con uno stile scarno, cristallino, ricco di espressioni aforistiche, sembrano articoli con tagli variegati, sociologici, storici, filosofici, filologici, ecc.; pezzi biografici, commemorativi, diaristici, recensionistici, persino di fine critica letteraria, come quando si discute delle opere di una sterminata galleria di scrittori antichi e moderni (ad es. Shakespeare, Tolstoj, George Sand, Virginia Woolf, Rimbaud, Cardarelli, Savinio, Borges, Montale, Flaiano, Kundera), molti dei quali sono intimi amici e che vengono ricordati con affetto e tenerezza (ad es. Lina Angioletti, Raffaele Crovi, Don Maurizio); apologhi, elzeviri, brevi componimenti di natura varia, dalla cronaca di viaggio a quella che traccia la storia di tanti aspetti della pop culture, della canzone(-musica) italiana, delle vicende di San Remo, dellimportanza di un drappello di cantanti quali Nilla Pizzi, Lucio Battisti, Madonna (Ciccone); storielle molto estrose, ora bizzarre ora grottesche, ora tragicomiche, sempre attente e scrupolose nel mostrare le incredibili realt dei nostri tempi e nel commentare lattualit, incluso il problema della scuola; raccontini stesi con un stile narrativo che accattiva e coinvolge il destinatario, soffusi di accenti lirici, come quelli che descrivono il paesaggio milanese, o quelli in cui lautore narra in prima persona vicende memoriali di amici scomparsi, tante esperienze di vita personale ed autobiografica, come quando racconta il dolore di vedere morire la vecchia madre. Molti pezzi nascono dallosservazione indagatrice della nostra societ postmoderna, una societ dellapparenza, superficiale, materialistica, vuota, che da tempo si sta spogliando delle tradizioni (inclusa quella dei riti funebri), naviga nel gran mare della decadenza, priva di direttiva morale e dei principi evangelici. Questo traspare anche quando si parla del comportamento dei giovani, del loro modo di nutrirsi di una cultura bassa, di vestirsi e di trasformarsi con tatuaggi, piercing, e pettinature straordinarie, di seguire le mode del giorno, come quella di possedere lultimo modello del telefonino o delliPod; i giovani che non possiedono una coscienza storica, n la cercano nei libri n sanno dove stanno andando, oramai i giovani non sanno quasi niente di tutto (p. 26), anche perch crescono nelle mani di una cattiva maestra, la televisione. Sia la cronaca sociale che quella di costume fanno sentire lamarezza e lincredulit di un intellettuale che si formato e vive i valori evangelico-cattolici. In tanti scritti traspare la voce morale di Cavalleri, tesa a rievocare personaggi di grandi virt e fede, a richiamare il fratello uomo a riflettere sul degrado della realt odierna e a rimettersi sulla dritta via. Cavalleri non accetta tante cose della nostra societ postmoderna che sempre pi sprofonda nei labirinti della globalizzazione, neanche

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come essa tratta in modo indecente i meno abbienti, emargina, sfrutta e vittimizza in tanti modi i pi deboli, anche i fanciulli e i vecchi. A volte polemico, altre volte provocatorio, altre volte adopera differenti strumenti per stimolare e far riflettere il lettore-destinario, anche sul fatto che oggigiorno lunica cosa che viene presa sul serio la frivolezza (p. 89). Molti di questi pezzi prendono lo spunto dallosservazione dello scrittoregiornalista di un oggetto o di una persona magari mentre si in treno o si cammina per le strade di Milano; dal ritrovarsi testimone oculare di avvenimenti esistenziali, come una ragazza tutta assorta a meditare i recenti acquisti; dalla riflessione di un film appena visto; dalla lettura di questo o quellarticolo in riviste e quotidiani soprattutto italiani, francesi, anglosassoni, americani, o dalla lettura di un testo di storia, di filosofia, di psicologia, di statistica, di mediologia, di religione, di tanti libri di discipline e campi diversi: Cavalleri ne discute come uno che ama coltivare il giardino della conoscenza e adoperare gli strumenti della critica, tanto che spigliatamente si avventura a fare elogi e stroncature, a correggere difetti e sbagli, e sempre documentandosi con calzanti ed estese citazioni. I pezzi che compongono questo volume non sono slegati. Essi sono uniti da tanti motivi. Sono uniti dal vivo impegno del Cavalleri di osservare, di analizzare e di criticare la realt dei nostri tempi; di fare sottili interpretazioni di tante cose, dai profili biografici di persone note o meno note alle idee sostenute da certi filosofi, intellettuali; di largire giudizi estetici Larte nasce sempre da un ripensamento. La spontaneit un risultato, non un punto di partenza (p. 36) e di valore anche a proposito di certe mode che muoiono appena nascono, del contenuto di un sito internet, del linguaggio (mal)usato dai giovani, per non dire di quelli usati dai media, inclusa la carta stampata, composti di forestierismi, di neologismi, di vocaboli i cui significati vengono distorti, facendoli passare da unaccezione di valenza positiva a una negativa. Cavalleri, anche per essere stato un critico televisivo per parecchi anni, osserva con approccio indagatore, vigile e critico della caotica realt mediatica. I suoi scritti ritornano con una certa frequenza a parlare degli strumenti della comunicazione e del potere mediatico. Spesso si ha limpressione che sviluppi un singolare discorso metagiornalistico. Loperare dei media non visto di buon occhio, anche perch essi invece di elevare spiritualmente, inquinano lanimo e la mente del ricevente di veleni, di sciocchezze, di trash. Divulgano uninformazione leggera, inutile, che disinforma, e molte volte addirittura comunicano notizie sbagliate e irreali, e di solito non imparano dagli errori commessi, come lannunciare la morte di un personaggio importante ma che in realt vive godendo ottima salute, un caso che capita non solo a Mark Twain ma anche a Claudia Cardinale. E si considerano i tanti modi in cui essi raccolgono e trasmettono, confezionano, selezionano, manipolano, e distorcono le notizie: quasi infiniti sono i modi di disinformare, perch linformazione sempre a senso unico: il giornalista a selezionare le notizie ed sempre lui a scegliere le parole e le immagini che pi gli conviene (p. 30), o come essi mescolano fatti veri e fatti non veri, realt e fiction. Lautore consapevole che una societ senza una seria informazione senza opinioni, non una democrazia dinamica, come un corpo languente, esangue. La televisione, secondo Cavalleri, non pi a servizio della notizia ma del giornalista che deve apparire: i telegiornali non ci danno pi informazioni perch i loro servizi servono solo a dare visibilit e quindi fama a giornalisti e giornaliste (pp. 28-29); i programmi di spettacolo sono realizzati con lintento di creare conduttori che diventano miti popolari, i divi della societ globalizzata, i programmi culturali sono ridotti al

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banale infotainment, i talk show hanno conduttori istrionici che sanno nascondere lipocrisia e sfoggiare la saggia stupidit la stupidit una delle cause principali del male del mondo (p. 43). Franco Zangrilli Franco Zangrilli, Pirandello postmoderno?, Firenze, Edizioni Polistampa, 2008, pp. 103, 12,00 Leggendo le pagine iniziali di questo studio originale, e il fatto stesso che Zangrilli riesca ad essere originale parlando di Pirandello costituisce di per s un grande merito, si subito in grado di dare una risposta alla domanda posta dal titolo: Pirandello senzaltro postmoderno, anzi Pirandello si pu considerare uno dei padri del postmodernismo. Superando agevolmente gli ostacoli posti da unaccezione quantomai vasta e difficilmente classificabile (il postmodernismo appunto), lautore traccia un percorso ben definito che segue le impronte lasciate dal mito nella sterminata produzione pirandelliana. Pirandello un postmoderno per la presenza costante del mito allinterno delle dinamiche narrative e poetiche della sua opera, ed postmoderno anche e soprattutto per linstancabile lavoro di rivisitazione, di contaminazione e di attualizzazione cui il mito sottoposto; procedimento questo che ha valenze molteplici (artistica, sociale, antropologica e culturale) e che di fatto una lezione ben assimilata dagli scrittori postmoderni che attingono allimmenso serbatotio dei miti []. Da Pirandello imparano a usare i miti tradizionali per spiegare la realt dei nostri giorni (pp. 30-31). Nellottica zangrilliana, dunque, al Pirandello creatore di realt e di mondi, cio allartista fascista (secondo una definizione, tanto ambigua quanto affascinante, dello stesso drammaturgo) si aggiunge il Pirandello myth maker (p. 31) che, soprattutto nellultima stagione creativa, attualizza il suo mito, traducendolo in ideale, sogno, utopia (p. 32): il mito diviene allora lennesimo strumento demiurgico a disposizione dellautore per condurre una drammatica speculazione conoscitiva (p. 32). E anche a questo nuovo uso del mito, piegato a esigenze propriamente gnoseologiche, si rifanno gli scrittori postmoderni. Lo studio denso e serrato di Zangrilli procede, dopo questa efficace premessa chiarificatoria, allanalisi di alcuni drammi pirandelliani: La nuova colonia, Lazzaro e I giganti della montagna (cui viene dedicato un approfondimento maggiore). Opere della maturit (non che le precedenti appartengano a una fase immatura, semmai prematura), opere in cui il mito centrale e assume sfumature e connotazioni di volta in volta diverse. Lanalisi di questi lavori condotta sempre sul filo dellintertestualit e questo spiega i continui riferimenti alla produzione novellistica e saggistica dello scrittore agrigentino, ma anche, a un livello ulteriore, le corrispondenze individuate rispetto a testi e autori del passato (come la Bibbia), ripresi pi o meno consapevolmente da Pirandello. Ma seguendo la struttura aperta, stratificata e polisemica dei drammi pirandelliani, Zangrilli si spinge oltre, individuando suggestive connessioni con gli autori italiani e stranieri del postmodernismo (Tabucchi, Franchini, Bonaviri, Calvino, Borges, Mrquez), che fanno di Pirandello un anticipatore delle istanze culturali, sociali e antropologiche del secondo Novecento, punto di riferimento imprescindibile per il postmodernismo: Se Pirandello uno scrittore allavanguardia anche per luso originale che fa del mito, e se vero, com vero, che il postmodernismo un fenomeno artistico che esiste e che inizia a nascere attorno agli

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anni Trenta, allora si deve considerare questo scrittore uno dei padri pi illustri della poetica postmoderna (p. 44). La nuova colonia, in cui prevale la tematica del mito sociale (p. 32), serba evidenti tracce bibliche: personaggi, vicende e immagini restituiscono, trasfigurata, latmosfera del testo sacro. E cos, nel processo di redenzione cui sono sottoposti alcuni personaggi pirandelliani, si scopre che il Currao incomincia ad assumere laspetto del nuovo Adamo mentre la Spera da prostituta, da Maddalena peccatrice e penitente, diventa serva-madre di tutti (p. 34). Il viaggio intrapreso dai protagonisti verso lisola si configura quale itinerario verso la terra promessa (p. 34), ma il recupero dellEden perduto, ripercorrendo in chiave moderna litinerario biblico, destinato al fallimento: il paradiso terrestre si trasforma inevitabilmente in selva oscura, simbolo ampiamente sfruttato dagli scrittori contemporanei per rappresentare la societ postmoderna. Infine, limmagine dellacqua marina, autentico leitmotiv del dramma pirandelliano, che percorre lopera fino allannegamento finale (p. 38), sancisce il legame con la Genesi e con il suo apparato mitico, simbolico e allegorico. Dalla Nuova colonia al Lazzaro, caratterizzato invece dalla tematica del mito religioso (p. 39). Seguendo il percorso interpretativo suggerito da Zangrilli, interessante notare come i due drammi traccino percorsi speculari ma inversi: nella Nuova colonia la tematica del mito sociale conduce allinterno di un terreno religioso, mentre nel Lazzaro la tematica del mito religioso proietta il lettore entro le mura domestiche, allinterno di quel nucleo primo della societ (la famiglia), che in Pirandello e negli scrittori postmoderni appare come un luogo di contrasti e disaccordi, un ambiente infernale (p. 39). Anche nel Lazzaro si assiste a una rivisitazione del sistema mitico-archetipico dei testi sacri che accompagnata da un uso ricco e puntiglioso del plurilinguismo (p. 42): ancora elementi di contatto con la riscrittura del mito operata dalla letteratura postmoderna (Doni, Pomilio, Puppa). I giganti della montagna , secondo Zangrilli, lopera che meglio rappresenta le istanze del postmodernismo. Il dramma, ultimo e incompiuto lavoro di Pirandello, tematizza il complesso rapporto arte-vita, e si presenta a un tempo quale summa dei motivi pirandelliani e innesto di nuovi elementi. In questo dramma Zangrilli scorge pi evidenti affinit con la produzione novellistica pirandelliana degli anni Trenta, la cosiddetta fase surreale, e in generale con le novelle e i drammi precedenti senza i quali Pirandello non avrebbe potuto scrivere I giganti (p. 46). Il motivo di fondo dei Giganti non di per s inedito: lutopistico desiderio di evadere da una realt opprimente e asfittica. La novit consiste nelloriginale procedimento di autocitazione, di autoreferenza, di intertestualit (p. 47). A diferrenza delle prove precedenti, il Pirandello postmoderno dei Giganti non metabolizza e rielabora i testi del passato letterario, ma procede a una rivisitazione del suo stesso materiale: una sorta di mise en abyme, di Pirandello in Pirandello che sembra ricalcare la fortunata formula del teatro nel teatro. I giganti della montagna appare quale fucina inesauribile di temi e aspetti del postmodernismo: la descrizione della didascalia che parte dalla focalizzazione del fisico per illuminare il lato psicologico (p. 48); linvito allo spettatore-lettore a ricomporre la frammentazione della rappresentazione (come nel Pendolo di Foucault di Eco); la stessa architettura dellopera, in cui si intrecciano una serie di questioni cronotopiche e nel cui macro-testo lautore incastona una serie di micro-storie, nelle quali si filtrano miti e archetipi di varia natura, tutti mezzi narrativi riscontrabili in gran parte della creazione letteraria e filmica postmoderna (p. 50) come in Libra di De Lillo

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e The public burning di Coover; la presenza della storia trasfigurata in un eterno presente attraverso la dimensione mitica e archetipica, attraverso la mitizzazione di fatti ed eventi appartenenti alla quotidianit; lattenzione per una cronaca che Pirandello raccoglie dalla vita quotidiana per innalzare al livello mitico-simbolico (p. 54), mediante un processo di rielaborazione che anticipa analoghi procedimenti di scrittori postmoderni come Borges ed Eco. E postmoderno , nei Giganti, anche luso originalissimo e creativo delle fonti che permette a Pirandello di collocarsi o forse di disegnare per primo la corsia creativa dellarte postmoderna, attuando nuovi paradigmi del pastiche e dellintertestualit (p. 61). Anche un tema centrale della scrittura pirandelliana, quale la malattia e la nevrosi, funzionale alla ridicolizzazione della scienza medica, ricorre in autori postmoderni quali Buzzati, Tabucchi e Nove. I giganti della montagna, peraltro, radicalizza ed esaspera elementi chiave dellarte pirandelliana: il relativismo della realt, la mancanza di identit e il rapporto tra artista e societ (aspetti che ritornano con insistenza in Franchini, Siti e Covacich). Il sostrato favolistico, mitico e simbolico cos tipico della scrittura pirandelliana (si pensi ai versi di Scamandro, Mal giocondo e Pasqua di Gea, a novelle come La favola del figlio cambiato e Lo storno e lAngelo Centuno o ancora al personaggio di Sidora nel romanzo Lesclusa) trova nei Giganti la sua pi compiuta e originale espressione; unoriginalit che, ad esempio, riscontriamo nella resa cinematica della materia artistica. Nella centralit discussa e controversa del mondo cinematografico Zangrilli individua un altro significativo punto di contatto tra Pirandello e il postmodernismo: lo stile cinematografico efficacissimo nel rappresentare i misteri del sogno, i lampi, le apparizioni, tutta la realt magico-favolosa del regno di Cotrone (p. 83). Pirandello, in fondo, egli stesso un mito (letterario), perch condivide con il mito una trasversalit cronotopica. Assimilando la prerogativa del mito di essere variamente presente nel corso dei secoli e in contesti culturali differenti, lautore agrigentino riesce ad innestare nei suoi drammi emblemi, archetipi, e miti di culture e civilt lontane nel tempo e nello spazio (p. 42). Allo stesso modo Pirandello contamina esplicitamente e implicitamente le esperienze letterarie dei suoi contemporanei e dei suoi successori: una presenza varia e perenne (come recita il titolo di un altro studio zangrilliano) non dissimile da quella presenza del mito, altrettanto varia e costante, riconoscibile nel primo come nellultimo Pirandello. Michelangelo Fino Romanzi Vincenza Alfano, Via da l. Napoli, Boopen LED, 2010, pp. 169, 12,00 Nata a Napoli nel 1966, Vincenza Alfano ha collaborato a diversi volumi antologici con racconti e poesie. Con Via da l ci d il romanzo desordio. Sembra collocarsi nel clima del postmodernismo per trattare una serie di argomenti relativi alla nostra societ sempre pi sprofondata nel cuore dello smarrimento, della violenza, della decadenza; per svilupparsi con uno stile che fa uso del linguaggio terso e alquanto mediatico, che asciutto, chiaro, scorrevole, ricco di connotazioni e di messaggi, di una sottile ironia che sa farsi tagliente, e che in modo inaspettato a volte si abbandona a mutamenti verbali, specie dal passato al presente; per possedere una struttura che incorpora la conversazione telefonica, la mimesi dei video games che si ritrova alla fine

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di ogni capitolo (dei trentacinque che compongono il romanzo), missive, ossessivi ritornelli, detti ed espressioni di valenza simbolica che impartiscono alla diegesi il ritmo epico. narrato in terza persona, ma qua e l fa sentire la voce morale dellautrice extradiegetica, soprattutto attraverso le movenze dello stile interrogativo o del discorso indiretto libero. In sostanza si sviluppa in misura lineare, anche se nella narrazione abbondano le tecniche del flashback (che conducono la protagonista a rievocare i fantasmi del passato, a richiamare oniricamente lincontro con il marito Lucio e aspetti della sua giovinezza, a ricordare la dolorosa esperienza della perdita della madre, i rapporti damicizia, ecc.), dello spostamento, della sospensione, per non dire delle tecniche che oppongono scene contrastanti, idilliche ed elegiache, o che funzionano da rispecchiamento della vicenda della protagonista (come quelle in cui agisce Eugenia: dapprima in un paesaggio marino edenico fa il bagno con la figlia che sembra una piccola Venere, e poi viene sulla spiaggia con un figlioletto paralitico, molto malato), che espongono in misura spezzettata anche lasciando e riprendendo i personaggi dellazione, che sono di natura cinematica nellandare avanti ed indietro nel tempospazio, che sfruttano il racconto del racconto (come quando in un intero capitolo si espone il rapporto damore tra Maria e Sergio, o in un altro capitolo si rappresenta la fuga di Salvatore e Rosanna dai quartieri spagnoli e il fallimento del loro matrimonio perch Salvatore cade nelle mani della malavita), che talvolta danno limpressione di creare la digressione, la divagazione, la stonatura. Ma poi ci si accorge che tutto viene cucito armoniosamente dalla penna magica della scrittrice che conosce molto bene i meccanismi dellarte del narrare. Il romanzo ambientato a Napoli, una citt amata ed odiata al tempo stesso da molti scrittori partenopei. Essa si eleva a simbolo delle grandi metropoli del mondo, tutte pi o meno con gli stessi problemi e guai, sprofondate nellambito della fatiscenza e del degrado, dove regna la miseria, la violenza, la criminalit organizzata, si svolge la commedia tragica della vita. Dallapertura che mette in medias res se ne fa un ritratto icastico, documentaristico, molto conciso. Spesso ricorre la descrizione della Napoli inferno: lillegalit [] diffusa come un cancro [] La paura padrona assoluta della citt. Le strade appaiono uguali dal centro alla periferia. La vita di un uomo non vale nulla, ai bambini si chiede di scendere in guerra contro il mondo che li ha fatti nascere dallinferno della povert e dellignoranza. I giovani fanno i galoppini e vendono la morte ad altri giovani (p. 8). Napoli sembra un rinnovato archetipo dellimmagine della doppiezza, con una faccia bella da una parte e brutta dallaltra. La prosa si colorisce di squarci lirici quando Alfano descrive vari aspetti idillici del suo paesaggio: il clima mite, il mare, il Vesuvio, ecc. La trama sembra attingere alla cronaca che giornalmente domina i telegiornali e le pagine dei quotidiani e periodici, in particolare a quella del mondo dellinfanzia che vittimizzato dal mondo degli adulti belluini. Tratta la tragedia di un fanciullo di cinque anni, Mattia, che a un tratto si rinchiude in se stesso, cessando di parlare, di giocare, di amare (p. 9). Una vicenda che, grazie alla tensione connotativa, va oltre i confini del micro-cosmo partenopeo assumendo rilevanti caratteri duniversalit, e attorno alla quale si innestano spigliatamente una miriade di temi dattualit e sociali: per esempio, i matrimoni daffari che nascono senza amore [], come avviene tra la gente dellaristocrazia arroccata nei suoi privilegi, che attraverso unioni di casta crede di preservarsi dal contatto con la gente comune (p. 23); il marcio del mondo degli uomini di affari, come illustra la figura di un imprenditore onesto trascinato nella disgrazia o un

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agente darte molto sfingeo che cerca di truffare un caro amico; i mali che soffocano il vivere cittadino, dal traffico impazzito ai rifiuti della spazzatura, dallinefficienza dei politici ed amministratori locali allinquinamento, di cui si fanno descrizione soffuse anche di ironia semiseria: la primavera inoltrata aveva diffuso i suoi umori per le vie della citt soffocata dai gas, laria, bench satura di benzine e con livelli dozono inconfessabili, poteva sembrare profumata (p. 74); la stampa che manipola linformazione al punto di far circolare notizie inesatte e distorte, di disinformare. I genitori del piccolo, Carmen e Lucio, non accettano laccaduto, immediatamente si attivano per comprenderne la causa. Ma il romanzo dominato soprattutto dalla figura della madre che d vita a unazione complessa anche perch vuol essere un viaggio nel male oscuro della societ contemporanea. una ricerca affannosa, dolorosa, inquietante. quella di una madre che nel momento della crisi si ritrova sola, logorata dalla pena e dalla rabbia di vedere il figlioletto inabissato nello stato dellanormalit, di una malattia che nessuno riesce a comprendere, inclusi gli specialisti della psichiatria e della psicologia, e che vuole conoscere la verit dei fatti. Esercitando lattivit dellinsegnante, Carmen anche una madre spirituale che attentamente cura e si occupa dei suoi allievi. Lepifania di una madre con un figlio paraplegico non pu non approfondire la sua sofferenza ed animare la sua ricerca che la contraddistingue dal carattere del napoletano che abbraccia la sua croce, la rassegnazione e la fatalit. Sembra un nuovo mitologema delleroina, inquieta e ostinata, che si propone di sfidare il destino avversario, che vuole comprendere lincomprensibile, i mostruosi misteri della vita quotidiana. Se Mattia e la sua malattia simboleggiano lenigma, Carmen leroina che aspira a risolverlo. Portando Mattia a fare una visita medica, concede alla scrittrice la possibilit di dipingere un ritratto negativo del mondo della sanit e dei suoi rappresentanti, a cominciare dal nome saturo di sarcasmo di un rinomato neuropsichiatra, il professor Meneintendi, che infine viene assassinato dal padre perch, secondo lui, ha assassinato il figlioletto. Un mondo corrotto, falso, ipocrita, attento pi alle apparenze che alla sostanza delle cose (e quando Mattia viene portato in un ospedale a Milano, si suggerisce che non c una grande differenza tra la sanit del Sud e quella del Nord Italia). La stessa cosa traspare dalla rappresentazione di altri organi ed istituti sociali. In queste situazioni il lettore si accorge che la forza interiore di Carmen, che uno specchio distorto della scrittrice, si indebolisce, si intride dello scoramento e dellincertezza, e talvolta viene soggiogata da un pessimismo che mentre fa perdere la fiducia in tutto e in tutti, la anima nellandare avanti, nel continuare la spasmodica ricerca. Anche quando tocca il fondo e viene a conoscenza che il marito la tradisce con lamica del cuore, Carmen raggruppa le intime energie e si mostra determinata nel suo obiettivo di riavere un figlio sano. Onde la sua indagine sembra rasentare lazione poliziesca e sorretta dalla speranza, parola chiave di parecchie scene, che si traduce in forza spirituale, in viscerale passione di cogliere il male di Mattia:
spiava ogni suo gesto, ascoltava ogni suo respiro, aspettava di sentire le sue scarse parole, quasi biascicate, spesso senza senso, ma, qualche volta, inaspettatamente, puntuali e pertinenti. Scavava nei suoi occhi diventati indecifrabili, nellespressione del suo volto, nelle incomprensibili dinamiche dei suoi giochi. Aspettava che affiorasse di l lindicibile segreto, che lo teneva segregato dalla vita. (p. 25)

Pi la ricerca va avanti pi si complica, anche perch Carmen riceve lettere anonime che in modo sibillino si riferiscono alla vicenda di Mattia, e vede il figlio nel
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milieu scolastico angariato, umiliato, emarginato, vittimizzato dalla crudelt di altri bimbi, onde la scrittrice con stile ora allusivo ora realistico viene ad enfatizzare gravi problemi della nostra scuola, dal bullismo allincompetenza degli insegnanti che non si curano affatto dei loro allievi, del loro lavoro: Carmen capiva bene che le maestre svogliate, stanche, in fondo mal pagate, non avrebbero investito energie in una causa che si considerava perduta gi in partenza [] Lo avrebbero abbandonato a se stesso e lui si sarebbe dovuto arrangiare a fronteggiare da solo le sue difficolt (p. 52). La sua disperazione si acuisce al punto che porta a riflettere su tante cose, a fantasticare stranezze, e persino a contemplare di suicidarsi con Mattia, unazione liberatoria che richiama le continue vicende di cronaca dei genitori che, soffocati tanti problemi economici, sociali, esistenziali, psicologici, si tolgono la vita assieme ai figli, sani o handicappati che siano. In varie circostanze sostenuta sia dalla terapia dello scrivere un diario sia dallarma della preghiera, la fede alleggerisce la sofferenza mentre alimenta lillusione del miracolo. In questa madre lillusione di riavere il figlio come era una volta diviene unossessione patologica, non diversa da quella di chi ha un figlio lontano in guerra o di chi si rifiuta di accettare la sua morte, come mostrano certi racconti di Pirandello e di Buzzati. La sua illusione la spinge anche a trovare la certezza nellincertezza. Nello scioglimento Carmen e il lettore apprendono che la tragedia di Mattia avviene un giorno quando, trovandosi a scuola, con i compagni vien portato dallinsegnante a fare la ricreazione in un bosco, che nelle fiabe di ogni tempo sempre simbolo del mistero e dellorrore, e l in una parte isolata viene violentato da un mostro, un maniaco perverso (pp. 161-162). La chiusura ad accentuazione assume i contorni della favola, in cui si presenta anche il rifacimento del personaggio aiutante o se si vuole dellangelo che viene a salvare, come evidenzia loperare perspicace di Marco, un amichetto di Matteo, che porta allarresto del mostro. Una favola che enfatizza la guarigione di Mattia: stava meglio, sempre meglio [] In qualche modo ce laveva fatta [] Restava ancora una cicatrice invisibile, una traccia indecisa, insondabile. Ma se ne sarebbe andata via anchessa prima o poi, lentamente (pp. 164-165), e quindi una weltanschauung ottimistica dellautrice. Franco Zangrilli Dino Simonelli, LOmicidio Cuocolo. Napoli, Boopen LED, 2010, pp. 183, 13,00 Ambientato a Napoli nei primi anni del Novecento, Lomicidio Cuocolo il racconto di una citt e dei suoi avvenimenti. Citt intesa non gi o perlomeno non solo come agglomerato urbano, quanto piuttosto come luogo di appartenenza identitaria, teatro di eventi, laboratorio attraverso il quale le persone diventano personaggi. Dino Simonelli presenta un intreccio narrativo interessante, alimentato da una trama che mescola i fatti e le storie dei protagonisti riuscendo in tal modo a dare forma e consistenza agli scenari descritti nel libro. Lomicidio dei coniugi Cuocolo, Gennaro e Maria, lepisodio che fa da sfondo a tutto il racconto: una cornice che avvolge e tiene in s gli avvenimenti descritti; punto di partenza e passaggio fondamentale di molte delle storie dei protagonisti. Come quella di Cesare Ruberti, integerrimo Ufficiale dellArma trapiantato al sud da Torino, che svolge con scrupolosa attenzione le indagini convinto di dover adempiere ad un compito tanto nobile quanto indispensabile, quello di sconfiggere la camorra: una guerra santa e noi la combatteremo e la vinceremo come

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abbiamo combattuto e vinto quella contro il brigantaggio. E se sar necessario mettere tutta la citt in galera, metteremo in galera tutta la citt! (pag. 53). Ad aiutarlo il suo attendente, Felice Ammaturo, maresciallo napoletano con un carattere diametralmente opposto, abituato agli affanni e alle preoccupazioni di una citt difficile da decifrare. Le figure di Ruberti e Ammaturo hanno tratti comuni e il racconto della loro vita fa da pendant allevolversi del caso Cuocolo, crescendo dintensit emotiva con lo scorrere del tempo: entrambi sono Carabinieri; entrambi rappresentano lo Stato in un posto, la Napoli di inizi Novecento, in cui non si sa bene cosa possa significare la parola Stato; entrambi troveranno lamore e si sposeranno (luno con la bella Rosalba, laltro con Margherita, zia di Rosalba); entrambi avranno un ruolo importante nel caso Cuocolo. Ciononostante, le diversit dei due personaggi descritti da Simonelli si manifestano in tutta la loro evidenza via via che il racconto prende corpo, come a voler fotografare una sensibilit diversa che, lungi dallessere classico stereotipo, sottolinea la differenza culturale, sociale, quasi antropologica tra i due uomini: Capit, andiamoci piano, vediamo di procedere con calma. [] Vedete: quella, la camorra, come linfluenza di stagione: noi sappiamo che ogni anno arriva e sappiamo pure che ce la dobbiamo pigliare. [] Limportante fare in modo che rimanga solo influenza, che la febbre non salga troppo e non si trasformi in qualcosa di peggio (pag. 54). Da questo punto di vista i ruoli sono quasi capovolti e pi volte, nel corso del racconto, il lettore ha come limpressione che la ragione stia nelle parole e nei comportamenti del Maresciallo piuttosto che del suo Capitano. L dove questultimo interpreta il ruolo di Carabiniere inflessibile e ligio al dovere, infatti, Ammaturo svolge la sua professione con seriet, sebbene sia conscio che a volte bene chiudere un occhio; mentre Ruberti non godr in pieno dei piaceri del matrimonio con la bella Rosalba preferendole spesso lArma, il Maresciallo condurr una vita coniugale appagata e felice; l dove il Capitano vede nel caso Cuocolo e nel relativo processo il trionfo della giustizia e la fine della camorra, Ammaturo manifesta tutto il suo scetticismo, la sua disillusione e una certa insofferenza per lingenuit del suo superiore. Giacch, se lomicidio Cuocolo rappresenta come detto lo sfondo di tutto il racconto, il processo ai capi della camorra accusati di essere i mandanti e gli artefici dellefferato delitto certamente il suo punto focale, lepifenomeno attraverso il quale lautore spalanca la finestra sulla citt e i suoi personaggi, le abitudini e le loro ipocrisie, gli inganni ma anche una diffusa, spontanea generosit. attraverso i numerosi personaggi che affollano il processo, infatti, che Simonelli riesce in maniera abile a far emergere i tratti caratteriali delle persone pi controverse ed ambigue (lo strozzino imprenditore, il prete colluso, il camorrista galantuomo, la Frangesa) alimentando tale ambiguit con una narrazione semplice e diretta, fatta di dialoghi brevi, scarni, che tanto spazio lasciano ai dubbi e alle smentite. Forte, nel racconto, la presenza quasi scenica della citt che d risalto emotivo allo svolgersi degli eventi e al trascorrere del tempo: Era marzo, oramai. Sui carrettini agli angoli delle strade lodore delle fave annunciava la primavera e un venticello lieve portava, salendo lungo i vicoli, su, fino al Vomero, il profumo della salsedine [] Per strada le pagliette avevano gi sostituito le bombette (pag. 81). Il lettore, di primo acchito, potrebbe avvertire lesigenza, in alcuni punti del romanzo, di apparati esplicativi che aiutino la comprensione delle voci dialettali, ma questa prima impressione destinata a svanire rapidamente, poich il contesto possiede una sua meditata autosufficienza che agevola la comprensione di termini appartenenti

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alluniverso linguistico-culturale partenopeo. Ci che emerge con decisione e chiarezza la capacit dellautore di dar vita alle pagine del romanzo; la forza evocativa dei luoghi, degli odori, dei paesaggi urbani descritti nel racconto; la continua tensione tra il vero e il falso mescolando elementi di fantasia alla vita di personaggi storici reali (il poeta Di Giacomo, il grande Caruso e perfino S. Giuseppe Moscati, medico dei poveri). Lo stile del romanzo vivace e ironico, ricco di riferimenti e di connotazioni caratteriali particolareggiate che descrivono in maniera esaustiva lo stato danimo dei personaggi e che consentono allautore di articolare il testo in maniera diversificata. In alcune pagine, poi, possibile scorgere perfino i tratti della commedia scarpettiana: Eccellenza, [] io la camorra non lho mai conosciuta! Che cazzecco io, io non ho fatto niente! Io sono solo un povero prete, un pastore danime! Io ho a che fare solo con le anime!. Laneme e chi t muorto! comment qualche maligno tra il pubblico (p. 119). Il processo ai mandanti dellomicidio Cuocolo non spegne i dubbi e le incertezze sullidentit dei responsabili ma alimenta al contrario una scia di rimorsi, mezze verit e meschinit che si protrarranno per molti anni e che si mescolano con la vita dei personaggi del libro in ununica soluzione di continuit. Enricone, il pentito Abatemaggio, Maria Stendardo, Don Ciro, la Frangesa, Antonio Campilongo sono tutti attori comprimari di una vicenda dalle tinte poco chiare, che amalgama le loro vite legate a doppio filo dalla comune vicinanza al mondo della Onorata Societ e che stanno l a testimoniare la condizione di un modo di vivere che non sentito come inopportuno o come illegale ma, pi semplicemente, come necessario o tuttal pi normale. La narrazione, spesso, assume movenze caricaturali e macchiettistiche, seguendo una logica che accomuna autore e personaggi: non prendersi e non prendere tutto troppo sul serio, in virt di uno sguardo disincantato e realistico, ironico e divertito su unumanit tragicomica, su una realt che a un tempo dramma e commedia. Uno spaccato su un mondo lontano pi di un secolo, i cui contorni tuttavia sono facilmente rinvenibili nella realt di oggi. Ogni parola, ogni suono, ogni locuzione verbale ci restituisce una citt e un tempo che forse non esistono pi, ma che rivivono, perfettamente intatti, nella mente e nella penna di chi li racconta. Paolo Panaccione Paolo Zanotti, Bambini bonsai, Milano, Ponte Alle Grazie, 2010, pp. 229, 17,00 Il bello delle parole che possono voler dire molte cose ma in fondo significano proprio quello che sono e, allora, i bambini di Zanotti sono bonsai proprio perch come le piante giapponesi crescono in un vaso: bonsai vuol dire per met vaso, contenitore, per met coltivare, educare. Viaggiano tra sognato e reale e si confondono in una realt sognante che ha, a tratti, lodore alcolico di una grappa di carrubo (p. 27) che potrebbe richiamare il sogno indefinito dellessenza di finocchio dei Fiori Blu di Queneau. Il protagonista di questa storia un bambino, Pepe, che partendo dallagglomerato (il riciclato cimitero monumentale di Staglieno, a Genova), dove vive con un padre mezzo uomo mezzo cyborg e una madre andalusa (bella e volubile), ripercorre il racconto di unesperienza e recupera quel mondo perduto che linfanzia in un mondo ormai perduto davvero perch stravolto dai cambiamenti climatici. Chiamati da una pioggia che ha valore iniziatico, libert, desiderio di conoscenza e davventura, i bambini di solito alle prese con un sole rovente si muovono un po come pirati, ormai senza mare, con gli adulti che compaiono come

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figure secondarie e come figure-altre: li pensavo lontanissimi, perch si sa che per i bambini gli adulti appartengono a un altro spazio, a un altro tempo, insieme agli stegosauri e agli iguanodonti (p. 35). Tempi e spazi perduti fanno da sfondo alla storia dei Bambini bonsai, con luoghi che sono corpo e che inghiottono come loblio se vero che i cancelli hanno le fauci (p. 87) e che i rumori rimbombano in una smisurata volta toracica di asfalto e cemento (p. 94), in un mondo finito che divora perch non cessa mai di finire. La vicenda narrata consegnata a una scrittura tonda, mite, senza spigoli; lautore scrive con uno stile che frutto di cure meticolose, senso estetico e pazienza, tuttaltro che provvisorio, posato e pesato, mai pesante. La sintassi fluida, lapparato lessicale piuttosto ampio e tradizionale sono funzionali a una scrittura intesa come la bellezza che riordina il caos e il terrore che in realt racconta: unillusione pensare che una barriera di azzurro simulato basti a proteggerci dagli sconquassi che avvengono l fuori (p. 13). Il romanzo stesso potrebbe essere un bonsai, forse nello specifico, un bonsai litterati: si dice che siano quelli pi eleganti e che simulino un albero nato in un luogo scomodo, per esempio un luogo spesso colpito da fulmini o eventi atmosferici. O ancora potrebbe essere un mondo non pi mondo, in cui si vive in quello che un tempo era un cimitero, solo uomini e statue, solo uomini e pietre, senza animali. Gli animali, infatti, sopravvivono solo nelle tante similitudini a effetto, ferine e spesso specificamente feline mentre in realt elettrico e teso come la diffidenza dei gatti (p. 12); mi adesc come si fa con il soriano pulcioso ma fiero (p. 32) o in qualche metafora usata da Zanotti che caratterizza i suoi personaggi, le azioni e le situazioni col piglio di un appassionato biologo (biologo di una vita che non c pi): non pi tricheco ma bradipo si aggrappava alla poltrona del nostro soggiorno (p. 27); raggiunsi la casa quasi in volo, falco pellegrino in picchiata orizzontale mi tuffai dentro (p. 80); avanzammo con la sicurezza rettilinea della scolopendra che punta la fessura (p. 104). Il mondo animale ormai solo retorica e ha lasciato spazio a quello inanimato dei monumenti funebri, spogliati della malinconia, con la morte stessa che non fa pi paura, o almeno non come un tempo: era come se non fossi interessato, o trovassi che il fatto di vivere in un cimitero ci esimesse dal morire (p. 43), per un lutto ormai ri-elaborato, che ospita vita ma che in un caso resta specificamente perdita, continua a far male, quando Pepe trova, tra le tante statue, quella degli innamorati (p. 42), perch forse quella qualcosa che non muore mai, neanche quando non c pi. Eppure la rielaborazione del lutto non implica limmunit dal rimpianto, quello del romanzo , infatti, un mondo che interamente nostalgia che ne ho anzi solo nostalgia (p. 13) col suo non-essere-pi, filtrato dagli occhi degli uomini e delle statue, parallele e mai goffe, con le loro iridi bianche, spettatrici mute di uno spettacolo in cui a recitare sono rimasti in pochi. La scena di Zanotti, posta alla giusta distanza romanzesca dal mondo doggi, un gioco di memoria e dimensione onirica, di esperienze sognate e di pagine del vissuto che iniziano a essere raccontate a una bambina che si chiama Sofia (non a caso) e che inizia a sapere, a conoscere appunto; un quadro di nostalgie bianche giustapposte a figure colorate dai loro sentimenti e dal loro essere: la zia Incarnazione che rossa e verde, poi blu quando inizia a rimpiangere, poi violetto che in lei era sempre stato il colore della nostalgia (p. 43). I colori filtrano i sentimenti e colorano il mondo disegnato da Zanotti che si fa concreto visivamente, scolpito e pluridimensionale ma anche fonosimbolico: toc, toc del martello e il ron, ron della sega (p. 25); unf, unf

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ansimava (p. 23), il ronron di Primavera (p. 99). Il dettato attraverso la voce di un narratore che profeta del passato ti racconter; evocher (p. 11) consegna un romanzo di formazione e regala frasi dal sapore aforistico ma mai sentenzioso: prendere atto che a ogni nuova tappa occorre rinunciare ai privilegi di quella precedente (p. 162) o ancora perch quando una cosa scompare non ci vuol poi molto a dimenticarsi che esistita (p. 34). Il tema del ricordo corre tra le pagine del romanzo, tra i ricordi di chi ha paura che i giorni fuori dallagglomerato siano rimasti impigliati nei cancelli, segnati da un confine che non ammette passaggi. forse osmotica, invece, la conoscenza, specie quando si spinge troppo oltre o subisce influenze forti, cos la zia Incarnazione si raccomanda: solo stai attento a non esagerare, esiste sai un confine tra lamore e la troppa erudizione (p. 36). osmotica, mediata e parziale: mediata come quella che Pepe ha del mondo animale, mediata dai media e dai programmi-natura; parziale, perch la conoscenza non mai un intero, la abitiamo sempre a sprazzi, forse, come Sofia ha fatto coi suoi mondi. Sofia una delle figure femminili che compaiono nel romanzo, la pi importante, la bambina condannata a uninterminabile infanzia senza infanzia (p. 200). Le tre protagoniste, tre figure figurali, sono lo specchio di tre diverse concezioni del sapere, di tre diversi approcci alla conoscenza: Petronella (di pietra come le statue) che col suo fare calcolatore incarna il sapere che seduce, un sapere parco di istintivit; Primavera col suo sapere immediato e bambino e poi Sofia che il sapere stesso: quello cercato, desiderato a lungo, poi raggiunto e subito perso ma che resta come chiave per capire. Per capire che linfanzia finisce e che una bambina bonsai non la si pu sradicare (p. 229). Tamara Baris Natale Caruso, Nelle braccia del tempo, Firenze, LAutore Libri, 2010, pp. 192, 14,40 Nelle Braccia del tempo un romanzo intimo e profondo, toccante e amaro. Una saga familiare in cui si rispecchiano la storia dellItalia nella Seconda Guerra mondiale, il destino degli emigranti del Sud e la nuova vita del sogno americano. un lungo racconto alla scoperta delle origini, in una ricostruzione storico-geografica esposta con passione e dinamizzata dalluso del dialetto, di proverbi ed espressioni tipiche che aprono ad una vena ironica e vivace, capace di sdrammatizzare anche gli eventi pi tragici. una storia di incontri e di destini sovrapposti, in cui lautore scruta con tenacia desideri, ambizioni, inquietudini e presentimenti dei vari personaggi, mentre lironia nasconde il pensiero pi profondo, serbatoio di immagini e ricordi, che non distorce la realt ma la carica di esperienza. Caruso d spazio alla memoria, alla soggettivit, alle testimonianze ed esperienze private. struggente la nostalgia per la vita passata, che non si trasforma per in momento di rimpianto, ma in occasione di emozioni e sentimenti. E la scrittura diventa il linguaggio di quel mondo solo apparentemente lontano, perch come in uno specchio la tradizione si riflette nella modernit e il passato nel momento vivo: Andava chiusa nel vecchio scialle della nonna, sotto il quale portava strette le fotografie dei suoi cari morti. [] Era un essere inseguito dagli elementi del tempo, dai capricci degli uomini. [] Era al di fuori delluniverso, un essere vagante nello spazio planetario, ignorato e non visto da nessuno, pur essendoci (p. 33).

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Nelle braccia del tempo un grande affresco che diventa spazio narrativo di Finalmente i russi cessarono di penetrazione del dolore e del male dellesistenza sparare. Il cielo torn al suo chiarore serale, la neve era ancora bianchissima. Gli ufficiali davano ordini e disposizioni: Seppellite i morti. Occupatevi dei feriti cui si unisce una incessante vena di speranza, anche nei momenti pi toccanti: Una voce familiare, una voce che sapevo di conoscere [] Tanu, cugino Tanu, rispondi, sei tu Tanu? (p. 64). Ma anche un romanzo dettagliato e minuzioso sulla vita delle donne. Donne forti, che portano sulle spalle il peso della tragedia, delle difficili dinamiche familiari, dei conflitti inevitabili con i figli, delle menzogne e dellamore. Donne capaci di riallacciare legami, di richiamare affetti; donne tenaci, sconfitte (spesso) ma mai dome, che sfidano la vita, limpatto con la guerra, la crescita della propria femminilit, la tirannia dei parenti, per imporre i propri valori, per ottenere lindipendenza, che libert di idee e di sentimenti, per combattere per la propria vita e per quella degli altri: Mena era una fonte inesauribile di consigli. [] Era s, una giovane dal passato travagliato, per non le aveva lasciato quelle indelebili ferite che si manifestano in chi ha avuto uninfanzia infelice. Mena aveva sempre qualcosa di positivo da dire (p. 41). Nelle braccia del tempo invita insomma a riflessioni sullapparente fragilit femminile che si trasforma, di fronte alle esigenze della vita, in capacit di lottare, di gettarsi con coraggio nelle situazioni pi difficili, con eroismo silenzioso e privo di qualunque spettacolarit. Il racconto ci immerge in immagini depoca, foto virate seppia, facce bagnate dalla pioggia o rese quasi irriconoscibili dalla miseria. Caruso con il suo linguaggio semplice ed efficace ci fa vivere e respirare insieme a quegli uomini e a quelle donne, ci fa sentire lodore della terra, il profumo caldo e zuccheroso di dolci appena sfornati, il calore dei braceri: La gna Mena aveva anche un debole per i dolci. [] stava giornate intere a sbucciare mandorle, a sbattere, a mescere uova [] a infornare napoli, torroncini, firringozza, teste di turchi, ossa dei morti, uccelli pasquali e altre specialit dolciarie (p. 46). Ogni anima di questo romanzo ci vicina, ci assomiglia, ci viene incontro. E ci sentiamo coinvolti dalle loro voci, travolti dalle loro storie, dalle loro situazioni drammatiche o felici, dalla loro fragilit che scopriamo essere la nostra. E attraverso la rielaborazione di modelli e canoni della tradizione letteraria, Caruso propone un romanzo di sentimenti con una prosa che esprime al meglio la realt sociale della Sicilia e degli italiani in terra dAmerica, mediante il filtro interpretativo della storia recente e passata. Lautore, in virt di una costante interazione tra spazi narrativi, fatta di intrecci e sovrapposizioni, crea una inscindibilit fra momento letterario e momento esistenziale, fra tempi lirici e resa del vero. Il romanzo accompagnato da unappendice di immagini e da note che in realt sono un piccolo dizionario italiano/siciliano di preziosissimo uso. Nelle braccia del tempo anche un omaggio alla terra natale di Caruso, un ricordo felice e mai nostalgico di quella famiglia patriarcale, cos unita da risultare come ununica entit: E nel tempo a venire, di una vita rimasta a galleggiare dentro e fuori quello spazio vuoto, dietro quelle imposte verdi, divennero evocazione di memoria patriarcale, anche per coloro che giammai le mura di quella casa sul piano del Fondaco avessero varcato (p. 173). Mariaclara Menenti Sergio Saggese, Il grido del gatto, Napoli, Boopen LED, 2009, pp. 126, 12,00

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Il grido del gatto, primo romanzo di Sergio Saggese, una storia di cupa disperazione, un piccolo viaggio nei meandri e nella complessit della mente umana, un cammino tortuoso lungo la sottile linea di confine tra follia e saggezza, dove lautore si muove con maestria e agilit, alternando uno stile chiaro e diretto ad una prosa colorita, ironica e pungente, per sfociare a tratti nel sarcasmo pi crudo. La storia si sviluppa su un duplice piano narrativo: presente e passato. Il presente Flavio, il passato suo padre Sandro Salemi; un presente e un passato che sintrecciano, si sovrappongono fino a confondersi nella vita di Flavio, protagonista del romanzo. Si ha la sensazione che ancor prima di vivere la sua di vita, Flavio debba far luce su quella del padre morto suicida; debba rivivere attraverso il romanzo della sua vita - una sorta di diario scritto a margine dei libri che ha letto - la vita del padre; debba scoprirne i segreti, carpirne i pensieri, le osservazioni, le riflessioni, per conoscerlo meglio di quanto non abbia fatto in vita, per riappacificarsi con lui e chiedergli aiuto allo stesso tempo, attraverso il medium dei libri: Chiusi gli occhi, ci misi dentro la faccia, sniffai. Respirai tutta laria che potei nellangolo formato dalle pagine. [...] Sentivo il viso come tra due mani di carta. Accarezzami pap... implorai, bagnando i fogli. (pp. 46-47). Lespediente metaletterario trovato dallautore (la lettura del romanzo di suo padre da parte di Flavio) fa progredire lazione in una duplice direzione: il romanzo non ha una trama principale e un subplot, bens due plot complementari e interconnessi in un rapporto simbiotico necessario alla progressione dellazione; il tutto narrato con uno stile leggero e sofferto al tempo stesso, dove risalta, nei quindici capitoli che compongono il libro, una numerosa schiera di brillanti aforismi. Flavio un moderno Amleto che, come il personaggio shakespeariano, deve far luce sulla morte del padre, un gesto che grida vendetta; ma la vendetta di Flavio non arriver per restituire dignit al padre dinanzi ad una Napoli grigia e cupa; non arriver nei confronti della madre adultera; non arriver per il piccolo fratello Enrico, affetto dalla sindrome del cri du chat (grido del gatto), morto in un rogo causato dalle candele poste ai lati del letto; non arriver per sua zia, sorella di Sandro Salemi, anche lei morta suicida dopo aver confessato al figlio ormai adulto, dato in affidamento alla nascita, di essere la sua madre biologica; non arriver se non davanti a se stesso e al lettore, che non potr far altro che assistere, impotente, a questa corsa verso lautodistruzione, di padre e figlio, che coinvolge e affascina il lettore, compagno di Flavio nella spasmodica ricerca dei volumi, una volta appartenuti al padre, che sua moglie aveva prontamente venduto dopo la sua morte. Inizia cos la vicenda, attraverso una ricerca che ha come scopo quello di far emergere dalle pagine dei suoi libri la personalit profonda, complessa e turbata di un uomo al limite tra follia e saggezza: Credo fosse abbastanza pazzo da essere un saggio, e abbastanza mio padre da passarmi tutte quante le sue tare, compreso il suo grido, quello di cui parla tanto (pp. 56-57). Una ereditariet, genetica e caratteriale, responsabile della sindrome di Enrico causata dalla perdita del braccio corto del cromosoma 5, che genera alterazioni fisiche e cerebrali, ritardi nello sviluppo, e, soprattutto, il flebile vagito dei neonati che ne sono affetti, molto simile al miagolio di un gatto. questo il vero dramma di un uomo schiacciato dal senso di colpa che finir per divorarlo come un cancro dallinterno: Aveva con la colpa un rapporto centripeto, diceva. I sensi di colpa gli andavano contro fino a coincidere col senso di se stesso. Doveva essere orribile (p. 60); un uomo ossessionato dalla paura di aver trasmesso ai figli un malessere esistenziale inguaribile: La vita come malattia (p. 81).

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Parallelamente alla storia del padre, si sviluppa la storia di Flavio, innamorato di Ele, una ragazza tanto femme fatale nel rapporto che ha con lui, quanto fragile e sensibile nella relazione travagliata che intrattiene col Professor Nugnes. Ele domina la scena nella vita di Flavio fin dal pranzo in cui il protagonista realizza di essersi innamorato di lei: Non so perch, non so cosa mi prese, ma so che stato da quel momento che ho cominciato a considerarla diversa, ad apprezzarla. stato da quel momento che... che me ne sono innamorato. [...] Che fosse bella lo sapevo. Quel che non sapevo era quanto lo fosse per me, cosa questa difficile da spiegare, e quanto fossero belli anche i suoi occhi per me. (pp. 39-40); ed anche la figura femminile dominante nel romanzo, grazie alla sua intrigante e proteiforme personalit. Flavio sembra essere totalmente sotto il controllo di Ele, fino al punto di tirare fuori dai guai Nugnes, suo antagonista, coinvolto in una storia di droga, per il solo volere della ragazza. Nonostante la narrazione in prima persona, si ha la sensazione che lautore abbia utilizzato la ragazza per parlare della sua Napoli e dei suoi abitanti; sono frasi, quelle pronunciate dalla ragazza, che suonano come sentenze lapidarie, quasi a voler esprimere quel rapporto travagliato che molti scrittori vivono con la citt partenopea; un brindisi che sa di amara sofferenza: Alla pi grande razza di bastardi incivili, maleducati e vigliacchi del mondo! (p. 37). La Napoli descritta da Saggese non quella che abitualmente vediamo alla ribalta della cronaca, e nemmeno quella vivida e pittoresca alla quale siamo abituati, ma - piuttosto - si tratta di una citt artefatta, grigia, cupa, quasi quanto un fondale di un palcoscenico al buio; un catalizzatore di morte che finir per inghiottire anche Ele, che, dopo aver scoperto di essere malata di cancro, si getter dal palazzo davanti a Flavio e Nugnes, incapaci di aiutarla a morire, ad emanciparsi dalla vita (p. 92). Ele vola gi come un angelo con le ali spezzate, dalla droga, dal cancro, dalla vita, dalla sua fragilit. Flavio riduce in fin di vita Nugnes e finisce in galera, autoaccusandosi anche dellomicidio di Ele, rivelando la verit solo a Tiziano, il suo amico di sempre. Un epilogo amaro che non lascia spazio alla speranza; per Flavio non esiste salvezza: la sua vita, pi che delle sue esperienze, stata segnata dalla morte degli altri. Vivr per sempre con la verit chiusa nella sua cella, nella sua mente, proprio come il suo grido: Il mio non come quello di Enrico. muto. E ce lho serrato dentro, e sento che mi sale in gola e che si agita, ma che non ne esce, perch non mai stato capace. E allora il mio corpo lo sento come la prigione di un urlo. (p. 121). Roberto Tirelli

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Chi scrive nel numero 2 - Lo spazio come tempo narrato e narrante: geografia e dimensione storica in letteratura
Luigi Ernesto Arrigoni si laureato in Lettere Moderne presso lUniversit degli Studi di Milano e ha conseguito il Dottorato di Ricerca in Teoria e Analisi del Testo presso lUniversit degli Studi di Bergamo. I suoi ambiti di ricerca comprendono la ricezione moderna dei classici, le forme di interazione fra letteratura e arti visive, la metrica novecentesca e la caratterizzazione dellOriente nella letteratura italiana. Ha scritto contributi per le riviste Acme, Elephant & Castle, Ol3Media, Rivista di Letteratura Italiana e per la miscellanea Uso, riuso e abuso dei testi classici (LED, 2010). Ha partecipato nel giugno 2010 al convegno della MOD La citt e lesperienza del moderno. Beatrice Barachetti studentessa di Filologia Moderna presso lUniversit Cattolica del Sacro Cuore di Milano, ha conseguito il Master of Arts in Western Literature presso la Katholieke Universiteit Leuven. Ha collaborato alla catalogazione delle carte di Mario Apollonio presso il Centro di Ricerca Letteratura e Cultura dellItalia Unita dellUniversit Cattolica e si occupata degli scrittori Pasquale Maffeo e Pier Vittorio Tondelli. Ilaria de Seta ha studiato allUniversit di Napoli Federico II (Laurea e Dottorato in Letteratura Italiana) e allUniversity College Cork (Mphil in Italian Studies). Si specializzata nellindagine dello spazio biblioteche, dimore, conventi, paesaggi nel romanzo dellOttocento e del Novecento. stata borsista dellIstituto Italiano per gli Studi Storici con una ricerca su Borgese: libri di viaggio, diari e rapporti con Croce. Ha presentato i risultati delle sue ricerche a numerosi convegni di studi internazionali e ha pubblicato recensioni, articoli e saggi in italiano e inglese su Dante, Borgese, Tozzi, Pirandello e Tomasi di Lampedusa. In Irlanda ha insegnato lingua e letteratura italiana presso UCC, Cork Institute of Technology, Dante Alighieri Society e Istituto Italiano di Cultura, Dublin. Attualmente insegna allUniversit di Liegi. Gerhild Fuchs docente e ricercatrice di letteratura italiana e francese allIstituto di lingue romanze dellUniversit di Innsbruck. Ha pubblicato un libro su Baricco (Alessandro Bariccos Variationen der Postmoderne, Knigshausen & Neumann 2003) e saggi anche su altri autori della letteratura italiana contemporanea (Celati, Cavazzoni, Benati, Malerba, Vassalli, Maraini), sulla letteratura francese e italiana del Settecento (Laclos, Diderot, Goldoni), sul film e sulla trasposizione cinematografica di opere letterarie (Pasolini, Bertolucci, Frears). Sta preparando una monografia (in lingua tedesca) su Concezioni spaziali nella narrativa italiana contemporanea sullesempio della pianura padana. Clodina Gubbiotti ha insegnato in qualit di Lecturer e assistente di lingua presso il Dipartimento di Italianistica dellUniversit di Edimburgo, dove ha anche concluso il suo dottorato di ricerca scrivendo una tesi sulla neoavanguardia italiana. Ha pubblicato sulla poesia e la fiction di Nanni Balestrini. Si interessa di poesia concreta e visuale, e di teorie e pratiche dellavanguardia novecentesca.
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Luca Lenzini (si veda Redazione) Rossana Lista dottoranda in Letterature Comparate (Universit di Bologna), collabora alle riviste Discipline Filosofiche, La Nuova Informazione Bibliografica, Parol, Glaux. Pubblicazioni: Quale etica per lo storico?, Discipline Filosofiche n. 1 (2006); Pratiche di senso e di scrittura in Heart of Darkness, ivi, n. 1 (2008); Memoria e testimonianza nella rappresentazione storica e documentaristica: i passi di Paul Ricur in Valzer con Bashir, ivi, n. 1 (2010); Tra phon semantik e eikn: duplicit teologica della parola, Parol, n. 19 (2009); Cura di R. Koselleck, Storia. La formazione del concetto moderno (Bologna, Clueb, 2009); Lo spazio come immobilit del tempo ne Il Gattopardo in Il Gattopardo nel flusso del tempo. Il romanzo di Tomasi e il film di Visconti, a cura di B. Maj (Clueb, 2010); The Last Crusade: lAlleanza fra fatti e verit, Glaux, 2010. Inge Lonslet is senior Lecturer in Italian at Lessius University College (University of Leuven) and the University of Antwerp. She completed her Ph.D. on the notion of time in contemporary Italian Literature, Gli orologi molli: la narrativa italiana contemporanea e la conoscenza del tempo (1998). She published several articles on various authors and co-edited Piccole finzioni con importanza. Valori della narrativa italiana contemporanea (1994) and Noir de noir (in press). Barnaba Maj (si veda Redazione) Francesco Muzzioli (si veda Redazione) Mirella Scriboni ha insegnato italiano in varie universit estere (Sydney, New York, Alessandria dEgitto, Galway). Si occupata di scrittura e pubblicistica di donne tra Ottocento e Novecento, e di donne e antimilitarismo. Tra le sue pubblicazioni: introduzione e cura delledizione italiana di Cristina Trivulzio di Belgiojoso Emina (Ferrara, Tufani,1997), Un principe curdo (Tufani,1998), Le due mogli di Ismail Bey (Tufani, 2008); Un mestiere da donne. Racconti gialli di scrittrici dell800 (Tufani, 1996); Immaginimemoria di Alessandria dEgitto in Ungaretti (e dialogo con Kavafis), in L. Incalcaterra McLoughlin (a cura di), Spazio e spazialit poetica nella poesia italiana del Novecento, Leicester: Troubador Publishing, 2005; Abbasso la guerra! Voci di donne da Adua al primo conflitto mondiale(1896-1915), Pisa, BFS edizioni, 2008. Salvo Torre (si veda Redazione)

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Norme redazionali Gli autori sono pregati di attenersi scrupolosamente alle norme redazionali elencate qui di seguito, sia per gli scritti in lingua italiana che per quelli in lingua inglese. Proposte che non seguano queste norme non verranno considerate. Si ricorda inoltre di usare il sistema automatico di Windows per la creazione delle note a fine articolo.

CRITERI REDAZIONALI Software: larticolo deve essere inviato in una versione recente di Word per Windows. Caratteri: Il corpo del testo va in Times New Roman 12. Margini e spazi: tutti i margini devono essere di 3cm e lo spazio interlinea di 1,5. Ogni capoverso va rientrato di 1. Note: Tutte le note devono apparire alla fine dellarticolo ed avere numerazione progressiva con esponenti di nota in numeri romani. Non prevista la presenza di note a pi di pagina. Lesponente di nota va collocato dopo eventuali segni di interpunzione. Per le indicazioni bibliografiche in nota seguire le seguenti indicazioni: N. Cognome, Titolo, anno, p. Citazioni: se inferiori a due o tre righe, le citazioni andranno nel corpo del testo fra virgolette basse (). Nel caso di citazioni pi lunghe, esse andranno fuori testo, senza virgolette, in Times New Roman 11, rientrate di 1 e giustificate. Le citazioni interne ad unaltra citazione richiedono luso delle virgolette apicali doppie (). Quando si cita la stessa opera gi citata alla nota immediatamente precedente ma luogo differente, usare ivi e il numero di pagina. Per indicare il medesimo luogo dellultima citazione usare Ibidem. Quando invece si cita una nuova opera dello stesso autore citato nella nota precedente, usare, in tondo, Id. o Ead. (per il femminile). Accenti e virgolette. Usare laccento allinterno della parola esclusivamente nei casi in cui si pu incorrere in ambiguit di significato (ancra, ancora). Per la maiuscola accentata usare la forma e non E. Le virgolette alte singole () si usano per enfatizzare, in via prudenziale e spiegazioni di significato. Corsivi: evitare corsivi enfatici. Vanno in corsivo tutte le parole straniere non stabilmente in uso nella lingua italiana. Date: secoli e decenni vanno indicati per intero con liniziale maiuscola (il Novecento, gli anni Novanta, ecc.)

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Indicazioni bibliografiche: Tutte le indicazioni bibliografiche sono da riportare nelle note finali (e non allinterno del testo). Nelle note inserire solo i dati essenziali, mentre i dati completi andranno nella bibliografia finale. Per la bibliografia, seguire le seguenti indicazioni: Monografie: Cognome, Nome, Titolo, Citt, Editore, data. Saggi da rivista: Cognome, Nome, Titolo del saggio, in Titolo della rivista, annata, numero, anno, pp. Saggi da volume miscellaneo: Cognome, Nome, Titolo del saggio, in Cognome, N. e Cognome, N. (a cura di), Titolo del volume, Citt, Editore, data, p. Volumi miscellanei: Cognome, Nome (a cura di) Titolo del volume, Citt, Editore, data; trad. it. di Cognome, Nome, Titolo italiano, a cura di Cognome, Nome, Citt, Editore, data. Citazioni dal web: Indicare, dove possibile, autore, titolo, sito, data del documento, URL, data dellultima visita: Cognome, Nome, Titolo del documento, in Titolo della rivista/sito, data, <http://www.inirizzo URL per intero> (data dellultima visita). Per volumi successivi di uno stesso autore si usi ______, Titolo, Citt, Editore, data. Per opera citata si usi cit.

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