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Apostoli Giancarlo

IL DIO DEI CRISTIANI: UNO e UNICO MA NON SOLITARIO


Alcune considerazioni e puntualizzazioni al libro
LA TRINIT, VERIT O FALSIT? Cosa insegnano veramente la storia e le Sacre Scritture?

di Felice Buon Spirito

Mestre 2008

PREMESSA Che siano necessarie, doverose e utili alcune precisazioni per avvisare leventuale lettore della natura e dello scopo di questo elaborato fuori discussione: quanti spiacevoli malintesi si possono evitare! Esso dunque non intende essere n uno scritto polemico, n apologetico1 di nessuna fede e n tantomeno un saggio dimostrativo di dogmi o dottrine. Il suo intento semplicemente analitico: mettere cio sotto la lente di ingrandimento il libro di Felice Buon Spirito, analizzandone citazioni, opere varie, commenti di studiosi, interpretazioni, per misurarne cos lattendibilit e la logica che ne consegue, ovvero la consistenza della sua coerenza interna. Per essere pi precisi loggetto di questa analisi, come emerge anche dal titolo, la dottrina della Trinit (Un unico Dio che sussiste in tre persone: Padre, Figlio e Spirito Santo) che Felice non crede essere biblica ma un residuo delle culture pagane basata su una errata comprensione della scrittura; nel suo libro cercher, ma come vedremo senza riuscirci, di dimostrarlo. Diversamente il nostro elaborato ritiene questo dogma, come la Chiesa ha sempre insegnato e detto, uno dei principali misteri della fede cristiana. Ma, a parte le diverse posizioni di partenza e, comunque sia, a prescindere da esse, durante la lettura del nostro elaborato ci si accorger come la lente di ingrandimento dimostrer inesorabilmente tutta la fragilit e linconsistenza interna dellopera di Felice: le conclusioni alle quali giunge sono smentite dalle stesse opere o citazioni che lui stesso apporta come prove che vogliono fondare e giustificare le sue tesi. Chiediamo anticipatamente scusa qualora il lettore incontrasse espressioni o modi di dire che potrebbero apparire ironici o duri: come gi accennato prima, non sono certamente segno di biasimo per nessuno. Per concludere, teniamo a precisare inoltre che nonostante questo studio, per usare unespressione familiare, sia stato fatto in casa, non perde certo la sua genuinit; infatti con una sufficiente dose di scientificit e sistematicit si cercato di dire in modo semplice e divulgativo ci che difficile e importante, cio lamore di Dio fatto carne e sangue per la nostra salvezza.

Uno scritto o un discorso in difesa di

Allalba del cristianesimo, fin verso gli anni 80, non esisteva il problema di credere ai dogmi: essi non erano stati ancora formulati. Solo negli scritti giovannei, intorno agli anni 80-85, apparve la necessit di credere a uno dei nostri dogmi attuali: Ges Dio2
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Cfr. Marie-Emile Boismard, ALLALBA DEL CRISTIANESIMO, Prima della nascita dei dogmi, PIEMME, Casale Monferrato 2000, 78

LA SANTISSIMA TRINITA E I TESTIMONI DI GEOVA Unit e Trinit di Dio, insieme allIncarnazione Passione Morte e Risurrezione di Ges sono i misteri principali della fede cristiana. Concepiti dalla vita delle primissime comunit cristiane e fissate nelle Sacre Scritture come dato fondante hanno sempre accompagnato lo studio e la riflessione della Chiesa. Certo, non facile ne tantomeno immediato in poche pagine provare a dire qualcosa del mistero trinitario, o cercare di sapere chi Dio e com fatto. Il libro del TdG Felice Buon Spirito3 che ci prestiamo ad analizzare, certamente una buona occasione, seppur con semplicit e discrezione, per potere ma anche dovere presentare alcune considerazioni a riguardo. A prima vista il binomio Trinit - Testimoni di Geova ai pi pu apparire strano e fuori luogo, ma in verit voluto e mirato: i TdG, infatti, pur dicendosi cristiani, ritengono che la Trinit non sia radicata nella Sacra Scrittura, ma al contrario un residuo pagano delle culture precristiane; 4 nella stessa Bibbia, dicono, non compare mai la parola Trinit, e non si parla mai in termini di persona divina, natura o essenza. Vediamo di fare un po di chiarezza. Intanto non basta semplicemente ricordare lorigine extrabiblica di un rito o di una credenza per considerarla di conseguenza incompatibile con la Bibbia; anche il battesimo era conosciuto prima del cristianesimo, cos come i riti della pasqua ebraica provenivano da religioni precedenti. La credenza negli angeli, nella risurrezione o nel giudizio universale erano comuni ad altre fedi; la narrazione della creazione del mondo o del diluvio universale erano antecedenti al mondo biblico e appartenenti a culture molto pi antiche, eppure tutto questo parte della primissima esperienza anche della fede cristiana. Inoltre, se certamente vero che la parola Trinit non compare mai nella Bibbia (anche se questo, comunque, non prova niente), lo del resto anche di altri termini o espressioni che i TdG usano e citano comunemente come corpo direttivo, maresciallo di campo o teocrazia; si intende, come ben sottolineano i Padri della Chiesa, che se anche il termine non si legge tra le righe della Scrittura, essa tuttavia ne talmente impregnata da farne emerge il suo pieno senso e significato. Ad ogni modo, come affronteremo pi approfonditamente in seguito, il termine trinit viene usato sia in Oriente (Teofilo di Antiochia) che in Occidente (Tertulliano) a partire dalla fine del II sec.,
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Felice Buon Spirito, LA TRINIT, VERIT O FALSIT. Cosa insegnano veramente la storia e le Sacre Scritture?, Azzurra7, Gardigiano di Scorz (VE) 2007. 4 Cfr Ragioniamo facendo uso delle Scritture, Roma 1998, 403, 423-424

ma la fede trinitaria un dato consolidato gi nel Credo o Simbolo apostolico, nella liturgia battesimale e nelle formule di invocazione (dossologie) del II e III sec. Era certo comunque che tale dottrina poneva talvolta nuovi problemi, soprattutto in relazione allambiente culturale in cui la comunit cristiana si radicava. Il cristianesimo, come lebraismo, si era situato fin dalle origini in un alveo rigidamente monoteista rispetto a tutte le altre religioni politeiste che lo circondavano; un Dio uno e trino poteva dare facilmente adito a cedimenti politeisti. Daltra parte era esigenza dei cristiani non avere incertezze sullidentit di Ges di Nazaret, Figlio di Dio, la quale poteva risultare solo da una corretta interpretazione dei rapporti trinitari scritturistici. A questo ha pensato la Chiesa nei primi grandi concili di Nicea (325) e di Costantinopoli (381) che hanno risolto le vivacissime dispute trinitarie presentando la fede cristiana ai greci esprimendola nei termini e nei concetti propri della loro cultura pi sofisticata. Poich il loro linguaggio si discostava da quello specificatamente biblico alcuni, troppo frettolosamente come i TdG, lhanno giudicato un tradimento del genuino pensiero cristiano. In verit non c stata lellenizzazione del cristianesimo, ma bens la cristianizzazione dellellenismo. La Chiesa arrivata cos a un dato teologico fondamentale della dottrina trinitaria: in Dio c unUNICA NATURA DIVINA (cio un solo Dio) IN TRE PERSONE (Padre, Figlio, Spirito Santo)
UGUALI

(in quanto alla natura che unica) e DISTINTE (in quanto alla vicendevole e reale

relazione tra queste persone). Natura e persona sono proprio categorie e concetti presi in prestito dalla cultura e dal linguaggio del mondo greco.5 Ma allora la dottrina della Trinit stata inventata dopo? Non stata inventata la dottrina della Trinit, ma stato inventato o meglio elaborato il modo di presentare questa dottrina trinitaria, che doveva essere ben compresa nella cultura propria del mondo greco, senza con questo allontanarsi dal dato biblico. Arriviamo cos ad una prima e chiara conclusione che in seguito riprenderemo: la Trinit un insegnamento biblico, cio si fonda sulla Parola di Dio contenuta nella Sacra Scrittura (Bibbia), che pu essere scoperto con due modalit diverse ma nello stesso tempo complementari, come le due facce di una stessa medaglia. Eccole
PRIMA MODALITA;

quella strettamente biblica - semita, molto pratica, funzionale, nel senso

che la Trinit vista secondo gli effetti che produce nel disegno salvifico attuato da Dio nella storia delluomo; pu rispondere alla domanda: la Trinit che cosa fa? (E chiamata dai teologi Trinit economica)
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Natura o sostanza indicano ci che una cosa e non unaltra; Persona o ipostasi indicano chi qualcuno, lio di un essere, la fonte della decisione e della responsabilit.

SECONDA MODALITA,

quella appartenente alla cultura ellenistica, che trova la sua sintesi nei primi

grandi Concili, attraverso la riflessione teoretica e teologica posteriore. Si serve di elaborati termini e categorie (natura e persona) ed perci pi riflessiva e concettuale perch studia e spiega la Trinit in se stessa; risponde alla domanda la Trinit che cos?, come fatta? (E chiamata dai teologi Trinit immanente). Prima di proseguire, un esempio, forse anche banale, ci pu aiutare a capire meglio queste due modalit di conoscenza: se noi chiedessimo a nostra mamma di spiegarci cosa sia il sale, essa certamente dopo averlo preso dal solito armadietto della cucina, ci farebbe subito notare le sue caratteristiche esterne e visibili (granulosit, durezza, colore , ecc) e determinate sue qualit che rendono saporiti e gustosi i cibi; in questo caso potremmo dire di trovarci nella prima modalit di conoscenza, corrispondente a quella del mondo biblico (il sale visto secondo gli effetti che produce). Diverso invece sarebbe se chiedessimo ad un chimico da laboratorio le stesse informazioni circa lo stesso sale: esso tralascerebbe sicuramente tutte le descrizioni, pur vere, di nostra mamma, per soffermarsi a guardare, analizzare e capire al microscopio come sia fatto il sale in se stesso, cio la sua composizione chimica data da determinati elementi; ecco la seconda modalit di conoscenza, vicina alla cultura greca che pi riflessiva (il sale visto come fatto in se stesso). Come la mamma e il chimico hanno detto la verit sul sale ma da diverse angolazioni e punti di vista, cos anche la Bibbia e la riflessione teologica posteriore hanno detto il vero sulla Trinit, ma chiaramente in modo diverso. Il caso dei TdG che non accettano la formulazione teologica sulla Trinit (UNICA NATURA DIVINA
IN TRE PERSONE)

proprio simile a chi vedesse al microscopio i cristalli del sale da cucina e non

accettasse la relativa formula chimica cloruro di sodio. Limpostazione e le conclusioni a cui arriva Felice Buon Spirito nel suo libro ne sono il tipico esempio.

PRESENTAZIONE Sulla falsa riga del precedente libro di Felice Buon Spirito, La Traduzione del Nuovo Mondo delle Sacre Scritture, MANIPOLATA O TRADOTTA FEDELMENTE?, cos intendo procedere con questo. Come gi accennato, ci si limiter nel limite del possibile, a guardarlo sotto la lente di ingrandimento, anche se non mancheranno delle considerazioni personali, riprendendo e rianalizzando le stesse fonti utilizzate da Felice per controllare la veridicit o meno delle sue tesi e delle sue conclusioni. La vastissima produzione letteraria della WT abbondantemente corredata di citazioni di studiosi molti dei quali provenienti dal mondo cristiano o comunque non apertamente allineati alle dottrine geoviste. Se questo certamente contribuisce a rendere molto pi credibili le loro pubblicazioni, serve anche a nascondere autentici artifici sperimentati e messi in atto per piegare il testo citato alle tesi che si vogliono dimostrare: la tecnica dei puntini di sospensione viene molte volte utilizzata per far dire alle fonti citate esattamente il contrario di quanto effettivamente asseriscono. Mi sono soffermato ad analizzare particolarmente la prima parte del libro, perch attinente ai presupposti e ai pilastri fondanti del tema trinitario che viene affrontato, mentre ho sorvolato nellanalisi dei versetti proposti da Felice, sia perch molti non riguardano il nostro tema, ma soprattutto perch sono gi stati ampiamente trattati nel precedente lavoro. Non potevano mancare alcune delle solite ma importanti raccomandazioni della stessa stampa geovista che ho puntualmente riportato nellintroduzione: sono dei documenti preziosi, anzi fondamentali per lattendibilit e la certificazione di questo elaborato.

INTRODUZIONE
Usate cautela. Ogni evidenza devessere usata onestamente. Non togliete una citazione dal contesto. Accertatevi che ci che dite sia esattamente ci che lautorit citata voleva dire. Siate specifici nei vostri riferimenti6 Accuratezza nelle affermazioni. I testimoni di Geova sono un'organizzazione di verit. Dovremmo voler dichiarare la verit ed essere sempre assolutamente accurati in tutti i particolari. Questo si dovrebbe fare non solo riguardo alle dottrine ma anche nelle citazioni, in ci che diciamo intorno ad altri o nel modo in cui li rappresentiamo, e negli argomenti che implicano dati scientifici o notizie di cronaca. Le affermazioni errate fatte a un uditorio possono essere ripetute e l'errore pu essere ingrandito. Le inesattezze che sono riconosciute da un uditorio suscitano dubbi in quanto all'autorit dell'oratore su altri punti, forse mettendo anche in dubbio la veracit del messaggio stesso7 (il grassetto mio) Pu esistere la falsa religione? Dire e dimostrare che unaltra religione falsa non una forma di persecuzione religiosa per nessuno. Non persecuzione religiosa il fatto che una persona informata smascheri pubblicamente una certa religione indicando che falsa, permettendo cos di vedere la differenza tra la religione falsa e la religione vera. Ma per smascherare e dimostrare che le religioni errate sono false, il vero adoratore dovr usare un autorevole mezzo di giudizio, una norma di valutazione che non possa rivelarsi falsa. Smascherare pubblicamente la falsa religione certo pi importante che dimostrare che la notizia di un giornale falsa; un servizio di pubblica utilit, anzich persecuzione religiosa, ed in relazione con la vita eterna e la felicit delle persone. E tuttavia le lascia libere di scegliere8 Dobbiamo esaminare non solo ci che personalmente crediamo, ma anche ci che insegnato da qualsiasi organizzazione religiosa alla quale siamo associati. Sono i suoi insegnamenti in piena armonia con la Parola di Dio, o si basano sulle tradizioni degli uomini? Se amiamo la verit, non c nulla da temere da tale esame9 Ci che ni come studenti biblici doremmo volere quello che dice il testo greco originale. Solo aendo questo basilare significato possiamo determinare se la Traduzione del Nuovo Mondo qualsiasi altra traduzione della Bibbia giusta n10

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Manuale per la Scuola di Ministero Teocratico, Brooklyn 1974, 155 Manuale per la Scuola..., 110, 10,11 8 Torre di Guardia, 15/6/1964, 368 9 La verit che conduce alla vita eterna, Brooklyn 1968, 13 10 Torre di Guardia 1/6/1970, 340

E con questo spirito ci mi accingo ad analizzare la dottrina della Trinit seguendo come si diceva, il libro di Felice. Partiamo intanto da alcune considerazioni che se per un verso focalizzano legittimamente il tema in questione, dallaltra per fanno emergere una certa confusione a riguardo. Ad esempio, nella prefazione del giornalista e scrittore Umberto Polizzi, mentre si descrive il rapporto tra Ges e il Padre, si legge: Nella sua trattazione [quella di Felice] fa spicco incontrovertibile il commento su una testimonianza di Ges Cristo che proib di usare la parola padre come titolo religioso. In Matteo 23:9, Ges disse: E non chiamate nessuno padre sulla terra, perch uno solo il Padre vostro, quello del cielo. (CEI) Egli, non attribu mai la parola Padre in relazione a se stesso, come vorrebbero alcuni, ma la applic sempre a Dio distinguendosi da Lui.11 Sinceramente non si capisce a chi il giornalista faccia riferimento quando parla di alcuni che vorrebbero attribuire a Ges la parola Padre: chi sarebbero questi alcuni? A scanso di equivoci diciamo subito che nessun trinitario n tantomeno la Chiesa con il suo insegnamento ha mai detto che Ges si sia attribuito il titolo o il termine Padre: nelle Scritture Padre sempre riferito a Dio, e Ges si dichiarato il Figlio del Padre, o il Figlio di Dio, distinguendosi certamente da Lui. Nella formulazione stessa del dogma trinitario, infatti, si fa una chiara distinzione tra la ousa, o sostanza divina, comune al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo, e le hypstasi, che il latino come anche litaliano traducono con persone, che sono tre, distinte ma non separate. Questo semplicemente per dire come molte volte, e nel nostro caso lampante, sia facile per limpostazione geovista generare degli equivoci partendo, appunto, da falsi presupposti pi che da un pensiero critico vero e proprio.12 Se per Umberto Polizzi, in qualit di giornalista e scrittore, non avrei certamente motivo di dubitare della sua professionalit, come teologo e biblista invece, nutrirei sicuramente pi di qualche riserva. Anche nella prefazione di Stefano Pizzorni vengono citati cos due studiosi: Da tempo la maggior parte di biblisti e teologi ben cosciente che la dottrina della trinit non si trova formulata, in quanto tale, nelle scritture. Paolo Gamberini, un teologo gesuita, riconosce che il materiale biblico offre in quanto tale solo una possibilit, non una necessit per fondare una dottrina trinitaria2 e cos Schillebeeckx ci ricorda che i vangeli non parlano di persone in Dio3.
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Felice Buon Spirito, LA TRINIT VERIT O FALSIT? Cosa insegnano veramente la storia e le Sacre Scritture?, Azzurra7, Gardigiano di Scorz (VE) 2007, 5 12 Cfr. Valerio Polidori, I Testimoni di Geova e la falsificazione della Bibbia, EDB 2007, 102

La lista potrebbe continuare, e questi autori, pur restando per lo pi trinitari, riconoscono che non nelle affermazioni bibliche sul Padre, il Figlio e lo spirito che possibile elaborare la dottrina della trinit. Il libro di Felice Buon Spirito ha il pregio di indicarci in che misura questa possibilit scritturale ammissibile, ovvero fino a che punto possibile usare le scritture per sostenere la dottrina della trinit e in che misura essa frutto dellelaborazione di concetti filosofici successivi, estranei alle scritture e allambiente in cui esse furono redatte13 Il lettore che si trova di fronte a questa citazione, indotto a pensare che sia il teologo Gamberini, per giunta gesuita, che il grande Schillebeeckx, ingenerino il dubbio che la dottrina della Trinit non abbia solide radici bibliche, anzi sia ad esse estranea. In verit basta controllare la fonte riportata in un contesto pi ampio per renderci conto che il pensiero dei due studiosi ben diverso; come al solito le parti omesse sono in rosso: 1. LA DOTTRINA DELLA TRINIT COME SUMMA EVANGELII Come i titoli cristologici hanno il compito di far emergere la verit teologica e soteriologia dellevento escatologico dellidentificazione di dio con Ges crocifisso, cos la dottrina della Trinit ha la funzione di narrare vita, passione e morte di Ges di Nazaret come storia di Dio. In quanto summa del vangelo, la dottrina della Trinit pu garantire questa storia da qualsiasi riduzione razionalistica o mitica di Dio. Come gli inni, le omologie e i titoli cristologici hanno essenzialmente un valore salvifico e non meramente definitorio e assertivo, cos anche la Trinit una dottrina che esprime una verit salutare. Il mysterium trinitatis mysterium salutis. La dottrina della Trinit deve essere elaborata non tanto mettendo insieme affermazioni bibliche sul Padre, sul Figlio e sullo Spirito, quanto riflettendo sullesperienza di salvezza in Ges di Nazaret. Teniamo presente che il materiale biblico offre in quanto tale solo una possibilit, non una necessit per fondare una dottrina trinitaria. <I vangeli non parlano di persone in Dio n lo fanno i primi grandi concili cristologici>.1 Lidentificazione di Dio con Ges crocifisso costringe a presupporre una distinzione di Dio in se stesso, in cui Dio non si contraddice ma corrispondenza damore. Se la croce levento fondatore della fede trinitaria, non solo il concetto dellessenza divina non pu essere pi pensato astratto dalla storia dellessere trinitario di Dio, ma lessere trinitario di Dio non pu essere postulato, prescindendo dallesperienza di Ges di Nazaret14 Nellintroduzione, lo stesso Felice Buon Spirito, quando accenna alle dichiarazioni del Consiglio Ecumenico delle Chiese protestanti il quale ricorda come sia importante per la fede trinitaria riconoscere Ges come Dio, scrive:
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Felice Buon Spirito, La Trinit, 7-8 Paolo Gamberini, Questo Ges (At 2,32). Pensare la singolarit di Ges Cristo, EDB, 2007, 257

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La cosa pi strana che anche se tutti credono in Ges come Dio ci sono varie differenze di credi trinitari e di dottrine varie15 In verit non c nulla di strano semplicemente perch non ci sono mai stati n esistono differenti credi trinitari; il credo cristiano della Trinit sempre stato quellunico formulato nei concili ecumenici di Nicea (325) e di Costantinopoli (381), prima attraverso la viva voce della Scrittura, poi con la riflessione teologica dei Padri pre-niceni che nei secoli II e III aveva gi maturato i cardini del sistema trinitario: la divinit di Cristo nella sua parit ontologica col Padre e, sebbene in modo minore, la realt personale dello Spirito.16 Un'altra affermazione a dir poco azzardata che non pu certo passare in sordina la leggiamo nella sezione dove Felice parla del Concilio di Nicea: Verso il IV secolo, Atanasio, Vescovo di Alessandria, sosteneva che Ges e Dio fossero la stessa persona17 Diciamo subito che Atanasio non ha mai n detto n pensato questo, anzi stato un teologo che ha sempre mantenuto il paradosso della rivelazione biblica, la quale afferma che in Dio vi una reale generazione (il Figlio realmente distinto dal Padre contro la posizione sabelliana), senza che questo implichi una divisione di sostanza in Dio il che condurrebbe al politeismo). 18 Linconsistenza dellaffermazione di Felice inoltre confermata dal fatto che qui Felice non cita nessuna fonte, appunto perch non esiste nessuna lettera o scritto che sostenga la sua tesi. Chi invece negava lesistenza propria delle tre Persone divine a favore di un monoteismo radicale (unico Dio/soggetto personale) era leresia trinitaria del monarchianesimo del II e III sec., che si conform nel monarchianesimo adozionista (o adozionismo) e in quello patripassiano (o modalista), per il quale lunico Dio si manifesta in tre modi diversi (Padre, Figlio e Spirito Santo). Il monarchianesimo modalista poi prese anche il nome di sabellianismo, dalleretico Sabellio che presentava lunit e indivisibilit di Dio, formata da una sola persona (ipstasi) e tre diverse forme o modi in cui Dio si manifestava: Padre nellAT, Figlio nel NT e Spirito Santo nella Pentecoste.19 Ci sono inoltre altre considerazioni di Felice pi tecniche e ponderate, che ci aiutano certamente meglio ad entrare nel vivo della questione;

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Felice Buon Spirito, LA TRINIT, 9 Cfr. Valerio Polidori, I Testimoni di Geova, 101 17 Felice Buon Spirito, LA TRINIT, 41 18 Cfr. ATANASIO, Il Credo di Nicea, 38 19 Cfr. LDTE, 673

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LAutore mette, nel suo giusto rilievo, il fatto che Ges fu un vero uomo, per cui sottintende come si pu dire che questo vero uomo fu anche contemporaneamente anche vero Dio?20 Una risposta chiara ed esaustiva la estrapolo dalla terza appendice del libro di Brown, gi molte volte citato dalla stampa geovista: Il lento sviluppo delluso del titolo Dio per Ges richiede una spiegazione Nello stadio pi primitivo del cristianesimo, leredit veterotestamentaria dominava luso di Dio, per cui Dio era un titolo troppo stretto per essere applicato a Ges. Si riferiva strettamente a Colui che in cielo, al quale Ges si rivolgeva come Padre e indirizzava preghiere. Gradualmente (negli anni cinquanta e sessanta?), nello sviluppo del pensiero cristiano, Dio fu compreso come un termine pi ampio 286. Dio si era rivelato in Ges in modo tale che la designazione Dio doveva poter includer sia il Padre che il Figlio287. Lultima letteratura paolina sembra rientrare in questo stadio di sviluppo. Se Rm 9,5 chiama Ges Dio, un caso isolato nel pi ampio ambito delle principali opere paoline, che presentano Ges come Signore e il Padre come Dio. Dal tempo delle pastorali, ad ogni modo, Ges ben conosciuto come Dio-e-Salvatore. Le opere giovannee risalgono agli ultimi anni del secolo, quando luso di Dio per Ges era divenuto comune Nel NT perci non c alcun evidente conflitto tra i passi che chiamano Ges Dio e i passi che sembrano descrivere Ges incarnato come minore di Dio o del Padre289. Il problema di come, durante il tempo della sua vita, Ges potesse essere contemporaneamente Dio e uomo rappresentato, nel NT, non dalluso del titolo Dio, ma da alcuni degli strati pi recenti del materiale evangelico che pongono in evidenza la divinit di Ges anche prima della risurrezione290 Lacclamazione di Ges come Dio una risposta di preghiera e di culto al Dio rivelato in Ges Cos, anche se abbiamo visto che c un solido precedente biblico per chiamare Ges Dio, dobbiamo valutare con cautela questuso allinterno dellambiente neotestamentario. Una ferma adesione ai pi recenti sviluppi teologici e ontologici, che portano alla confessione di Ges Cristo come Dio vero da Dio vero, non deve indurre i credenti a sopravvalutare o a sottovalutare la meno sviluppata confessione neotestamentaria21 Anche il Kelly, abbondantemente citato da Felice, offre una risposta a riguardo: In genere gli scrittori del Nuovo Testamento consideravano Cristo preesistente e tendevano ad attribuirgli un duplice ordine di essere: secondo la carne (kat srka), cio in quanto uomo, e secondo lo Spirito (kat pnema), cio in quanto Dio. Questa formula era cos profondamente conficcata nel loro pensiero che F. Loofs a buon diritto la defin il dato fondamentale di tutto lo

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Felice Buon Spirito, LA TRINIT, 5 Raymond E. Brown, Introduzione alla Cristologia del Nuovo Testamento, Queriniana, Brescia 1995, 188-190

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sviluppo cristologico posteriore. Dato che essa conteneva tutti gli elementi del problema cristologico, dei cristiani non superficiali e riflessivi difficilmente potevano ignorarla22 Ogni persona desiderosa di conoscere la verit dovrebbe esaminare questa dottrina per determinare se conforme agli insegnamenti di Ges Cristo. Questo studio sulla dottrina della Trinit stato preparato proprio a tal fine23 Non possiamo che essere daccordo con Felice. Apprestiamoci dunque ad esaminare, per quanto ci possibile in un modo sufficientemente scientifico, la dottrina della Trinit, determinandone la conformit o meno agli insegnamenti neotestamentari e ai Padri apostolici. Pu essere superfluo ricordare, ma per amor di precisione si ribadisce, che Felice, essendo TdG, non crede che la dottrina della Trinit sia un insegnamento biblico e parte integrante del credo e della fede delle primissime comunit cristiane a cui appartenevano i Padri apostolici. Egli entra subito nel merito, e nella sua disanima analizza giustamente gli scritti di questi primi padri, seguendo sostanzialmente lopera curata da Antonio Quacquarelli I PADRI APOSTOLICI, Collana di testi patristici, Citt Nuova. In sole tre pagine (veramente poche) e con qualche tendenziosa citazione (come spesso capita nella stampa dei TdG) estrapolata ad hoc, liquida il problema, e introducendo pi avanti la sezione degli apologisti dice: Abbiamo visto che i Padri Apostolici non insegnarono la dottrina della Trinit. Che dire degli Apologisti?24 Poco sopra ho parlato di citazione tendenziosa: non vuole essere un gratuito giudizio negativo verso nessuno, e per questo mi accingo subito a dimostrarne la fondatezza. Per esempio, a pag. 25, Felice scrive: In questi scritti [si parla dei Padri], che risalgono alla fine del I secolo e allinizio del II, sembra che non si trovi nessun sostegno per la dottrina trinitaria, a parte qualche raro caso da interpretare. Infatti, molti studiosi oggi insistono nel dire che i P.A. non hanno nella loro mente chiara la dottrina trinitaria. (I Padri Apostolici, Antonio Quacquarelli, Roma, Citt Nuova Editrice, IX edizione (1998); pagg. 9,10) (sottolineatura mia) Perch questa citazione tendenziosa? Per due semplici motivi:

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John N.D. Kelly, IL PENSIERO CRISTIANO DELLE ORIGINI, EDB 1999, 171 Felice Buon Spirito, LA TRINIT, 9 24 Idem, 31

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1) Dalla lettura del Quacquarelli si evince con chiarezza (lo vedremo pi avanti) come la dottrina della Trinit appartenga in pienezza agli scritti e allinsegnamento dei Padri che a loro volta si basavano sullautorit della scrittura; 2) Felice cita fuori contesto il Quacquarelli per avvalere e confermare la sua tesi (si tende cio a portare il lettore a convincersi che anche lo studioso sarebbe daccordo nel ritenere che linsegnamento dei Padri avesse poco o nulla a che fare con la Trinit), mentre questo non ci che esattamente dice il Quacquarelli; Andiamo infatti a leggere in un contesto pi ampio la stessa fonte Affrettatamente molti studiosi oggi insistono nel dire che i P.A. non hanno nella loro mente chiara la dottrina trinitaria. Anzi, aggiungono che confondono lo Spirito Santo col Cristo. Per questo stato coniato un termine che caratterizza tale confusione: la pneumacristologia. Non vogliamo annoiare il lettore con questioni che ci portano lontano dallo spirito dei P.A. i quali ci esortano a non ascoltare le parole inutili25 E chiaro che solo leggendo per intero con le parti omesse in rosso la citazione, si nota come il Quacquarelli non aiuti la tesi di Felice, anzi dice che le conclusioni a cui arrivano alcuni studiosi sono affrettate ben lontane dallo spirito dei Padri, e dunque non corrispondenti al loro pensiero. Non a caso ho riportato allinizio le due fondamentali raccomandazioni del Manuale per la scuola di ministero (che non sono scritti del Vaticano ma della WT), e che tantissime volte sono la prova del nove per confermare o smentire le tesi della stampa geovista. E questo solo un esempio. Prima di proseguire, considerata la tesi di Felice secondo la quale i Padri Apostolici non insegnavano la dottrina della Trinit, vediamo effettivamente cosa dice il Quacquarelli. Dopo una prima zummata dello stesso sul pensiero generale dei P.A., si analizzer la specificit di ciascuno. I PADRI APOSTOLICI I Padri Apostolici sono gli autori cristiani pi antichi i loro scritti hanno un valore inestimabile per la conoscenza della prima e della seconda generazione cristiana Essi sono il documento della potenza con cui la parola di Cristo era entrata nella vita della prima comunit apostolica e sub-apostolica E la teologia di questi Padri vita, fondata su Cristo, amato in modo appassionato Egli il centro del loro discorso. Cristo, la Trinit, la Chiesa, ecco le modulazioni di questa prima letteratura cristiana

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Antonio Quacquarelli, I Padri Apostolici, 9-10

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Non hanno bisogno di costruzioni filosofiche o di grandi ragionamenti, ma di poche riflessioni dellesperienza che ogni giorno essi fanno delle cose che cadono sotto i loro occhi. Invano uno pu cercare una esposizione metodica organica e completa di una dottrina teologica come la intendiamo oggi 1. Nel leggerli dobbiamo anzitutto tener presente lenorme importanza che la sacra Scrittura aveva per loro7 Prendiamo i saluti di Ignazio alle singole chiese. Sono saluti che non hanno nulla in comune con quelli degli autori latini e greci classico-pagani. Essi sviluppano i motivi di gloria che dalla Chiesa particolare passano al Padre e al Figlio e dal Padre al Figlio passano, mediante lo Spirito Santo, alla Chiesa universale Usano termini per indicare lazione tangibile dello Spirito nella comunit, la Chiesa e lopera del Cristo presso il Padre 2. Affrettatamente molti studiosi oggi insistono nel dire che i P.A. non hanno nella loro mente chiara la dottrina trinitaria. Anzi, aggiungono che confondono lo Spirito Santo col Cristo. Per questo stato coniato un termine che caratterizza tale confusione: la pneumacristologia. Non vogliamo annoiare il lettore con questioni che ci portano lontano dallo spirito dei P.A. i quali ci esortano a non ascoltare le parole inutili Contro ogni innovazione che veniva a scardinare dalla base il fondamento della Chiesa si ricorreva alla testimonianza dei P.A. Le insorgenze antitrinitarie, per Basilio Magno, si infrangevano contro lo scoglio dei P.A. Per lui la concezione dello Spirito Santo era ormai divenuta una nozione comune. Egli, nellopera De Spirtu Sancto (29,72), accenna alla dossologia trinitaria di Clemente Romano per dire contro gli ariani quanto fosse vissuto sin dalle origini il principio della Trinit. Molti sono gli elementi che attestano la coscienza trinitaria dei P.A. I P.A. vivono la Trinit che sottesa alla vita della comunit, la Chiesa, e di ogni fedele. Pressante il loro appello nei momenti di crisi, come quello di Clemente Romano Qui la sua dossologia: Vive Dio, vive il Signore Ges Cristo e lo Spirito Santo, la fede e la speranza degli eletti (LVIII, 2) SantIgnazio esorta i Magnesii ad essere forti negli insegnamenti del Signore e degli Apostoli perch tutto possa riuscire bene nella fede e nella carit con il Figlio, con il Padre, e con lo Spirito dal principio alla fine Bisogna essere sottomessi al vescovo e gli uni agli altri, come Ges Cristo sottomesso nella sua umanit al Padre, e come gli Apostoli a Ges Cristo, al Padre e allo Spirito Santo (Magn. XIII, 1-2) Lo Spirito Santo viene ad essere espresso in una di quelle forme spontanee che sono la caratteristica della prosa dei P.A. Si cerca cio una spiegazione sommaria della unit che nel contempo trinit divina. Per Ignazio di Antiochia ogni fedele portatore di Dio, di Cristo e dello Spirito Santo (Efes. IX, 2) Per il Pastore dErma lo Spirito Santo eterno (Sim. LIX [6] 5) santifica la carne, abita nelle anime docili e tranquille (Prec. XXXIV [2] 6) e rifugge da quelle tristi e anguste Ignazio di Antiochia, per la costruzione del tempio del Padre, 15

vede nei cristiani le pietre elevate da Ges con largano che la croce, e con la corda che lo Spirito Santo (Efes. IX, 1) Per luso delle espressioni Cristo che Dio, lo Spirito che Cristo dobbiamo pensare al concetto dellunit divina indissolubile del Padre, del Figlio e dello Spirito, che era chiaro nei P.A. Perci Dio era il Padre, Dio era il Figlio, Dio era lo Spirito Santo, intenti ad una medesima azione di salvezza. Ogni incomprensione in questo senso urta i P.A. Se non dimentichiamo quanto scritto nella Lettera a Diogneto, che Ges Cristo fu mandato come Dio e come uomo tra gli uomini (VII, 4), comprendiamo anche il linguaggio di Iganzio di Antiochia. In una sua dossologia leggiamo: Gloria a Ges Cristo Dio (Smirn. I, 1), e in un altro passo che Ges Cristo, nostra vita inseparabile la mente del Padre (Efes. III, 2) e altrove ancora che la scienza di Dio Ges Cristo (Efes. XVII, 2). Ignazio di Antiochia spiega agli Efesini che nostro Dio, Ges Cristo stato portato nel seno di Maria secondo leconomia divina, nato dalla razza di David e dello Spirito Santo (XVIII, 2)26 Fin qui a grandi linee lintroduzione generale del libro di Quacquarelli; ora vediamo i singoli padri cos come li cita Felice. BARNABA Felice riporta un brano del Quacquarelli dove si accenna alla circoncisione di Abramo che nello spirito prevedeva Ges; questo un esempio di esegesi tipologica in un linguaggio simbolico, che pu far da modello per capire come era intesa allora la Scrittura comune alla cultura dellepoca che a noi ora sfugge.27 In Barnaba c un continuo richiamo alla profezie dellAntico Testamento in diretto riferimento a Cristo: 5. Ancora questo, fratelli miei: se il Signore volle patire per la nostra anima perch, egli che il Signore di tutto il mondo, al quale Dio dopo la creazione del mondo disse: Facciamo luomo a nostra immagine e somiglianza perch toller di patire per mano delluomo? Imparate. 6. I profeti che da lui hanno ricevuto la grazia profeteranno per lui. Egli per abolire la morte e per provare la risurrezione dei morti doveva incarnarsi e soffr Allora manifest di essere il Figlio di Dio. 10. se non fosse venuto nella carne, come gli uomini si sarebbero salvati nel vederlo se non sono capaci di guardare il sole, destinato a scomparire, opera delle sue mani, e fissare gli occhi nei suoi raggi?28

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Idem, vedi copertina, 7-12. 17 Idem, vedi soprattutto VII IX. XII, 196-200; 203 - 205 28 Idem, Lettera di Barnaba V, 192-193

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Anche se non si parla in questa lettera di Ges come Dio n di Trinit, chiara la profonda unit tra Dio, il Padre, e suo Figlio Ges nellopera della redenzione e della salvezza attuata dallincarnazione. CLEMENTE ROMANO Ascoltate il nostro consiglio, e non avrete a pentirvi. Vive Dio, vive il Signore Ges Cristo e lo Spirito Santo, la fede e la speranza degli eletti da Dio sar posto e annoverato nel numero dei salvati da Ges Cristo, per mezzo del quale a Lui la gloria nei secoli dei secoli. Amen.29 Non abbiamo un solo Dio, un solo Cristo e un solo spirito di grazia effuso su di noi e una sola vocazione in Cristo?30 Gli apostoli predicarono il vangelo da parte del Signore Ges Cristo che fu mandato da Dio. 2. Cristo da Dio e gli apostoli da Cristo. Ambedue le cose ordinatamente dalla volont di Dio. 3. Ricevuto il mandato e pieni di certezza nella risurrezione del Signore nostro Ges Cristo e fiduciosi nella Parola di Dio con lassicurazione dello Spirito Santo andarono ad annunziare che il regno di Dio era per venire31 La fede in Cristo conferma tutte queste cose. Egli per mezzo dello Spirito Santo cos ci esorta: Figli, ascoltatemi: vi insegner il timore del Signore32 Bastano solo queste poche citazioni (naturalmente tralasciate da Felice) perch emerga con chiarezza anche in Clemente una marcata coscienza trinitaria: il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo compiono tre attivit distinte sul piano delleconomia divina in relazione agli uomini; certo, se pretendiamo come ritiene Felice, che Clemente si esprima con modi e categorie posteriori e ontologiche (relative al piano dellessere), naturalmente si fuori strada. ERMA Riguardo allopera Il Pastore dellomonimo padre, interessante la citazione di Felice; riporto testualmente: La sua opera, Il Pastore contiene forse qualche elemento che cinduce a ritenere che egli credesse in un Dio trino? Egli Non nomina mai Cristo ma usa i termini Salvatore, Figlio di Dio o Signoree dice che lo Spirito Santo Figlio di Diodice che lo Spirito Santo (78,1) si incarnato. (I Padri Apostolici, Antonio Quacquarelli, Roma, Citt Nuova Editrice, IX edizione
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Idem, ai Corinti LVIII, 1-2 Idem, XLVI, 2 31 Idem, XLII, 1-3 32 Idem, XXII, 1

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(1998); pag. 240). Possiamo fidarci di frasi del genere come quelle appena citate o di quella dove si dice che Lo Spirito Santo Figlio di Dio? (LXXVIII,1) (I Padri Apostolici, Antonio Quacquarelli, Roma, Citt Nuova Editrice, IX edizione (1998); pag. 316)33 Subito dopo lo stesso Felice, parlando sempre di Erma e del suo pensiero circa il Figlio di Dio, cita un altro studioso, il Kelly, scrivendo testualmente cos: A proposito di ci che Erma pensava del Figlio di Dio, John N. D. Kelly scrive: In alcuni brani leggiamo di un angelo, superiore ai sei angeli che formano il consiglio interno di Dio, regolarmente definito <<il pi venerabile>>, <<santo>> e <<glorioso>>. A questo angelo dato il nome di Michele ed difficile sfuggire alla conclusione che Erma vide in lui il Figlio di Dio e lo identific con larcangelo MicheleE pure evidenteil tentativo di interpretare Cristo come una sorta di angelo supremo. (Il pensiero cristiano delle origini, J. N. D. Kelly, Bologna, EDB, 2 edizione riveduta a cura di G. Gramaglia,1984, pagina 119)34 Felice, citando in questo modo lopera Il Pastore, induce il lettore a dubitare fortemente che Erma avesse una forte coscienza trinitaria di Dio, e lo porta a non fidarsi del suo pensiero e del suo insegnamento. Basta per controllare la fonte per scoprire giusto il contrario; riporto in rosso le parti della citazione del Quacquarelli omesse da Felice: Descrive la realt cristologica ed ecclesiale attraverso una simbolica tutta particolare per noi ma che i fedeli dellepoca ben comprendevano. Non nomina mai Cristo ma usa i termini Salvatore, Figlio di Dio o Signore. Non trova termini adeguati per indicare leterna attivit dello Spirito Santo e dice che lo Spirito Santo Figlio di Dio, una terminologia che serve a non separare lo Spirito Santo dal Figlio (59 [6]; 60 [7]). Perci dice che lo Spirito Santo (78,1) si incarnato35 E solo leggendo la citazione per intero che emerge con chiarezza il vero pensiero di Erma: intanto usa una simbologia particolare per descrivere la realt di Cristo che capivano i fedeli dellepoca e non noi oggi; poi se non trova dei termini adeguati per indicare leterna attivit dello Spirito Santo, crede comunque che sia eterno,36 e dunque divino, - come infatti dice qui e anche altrove (Sim. LIX [6] 5; Prec. XXXIV [2] 6); infine dice che lo Spirito Santo Figlio di Dio perch una terminologia che serve a non separare lo Spirito Santo dal Figlio, e giustifica perci che lo Spirito Santo si sia incarnato.

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Felice Buon Spirito, LA TRINIT, 27 Idem 35 Antonio Quacquarelli, I Padri Apostolici, 240 36 Idem, vedi anche LIX [6] 5, 300; XXXIV [2] 6, 274; LX (7), 301; LXXVIII (1), 316

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Circa la citazione del Kelly riguardo a Ges come a un angelo, basta andare a controllare pi ampiamente la fonte alle pagine 118-119 per capire come stanno effettivamente le cose; come al solito riporto in rosso le parti della citazione omesse da Felice: Evidentemente Erma considera tre personaggi distinti: il padrone (cio Dio Padre), il suo figlio diletto (cio lo Spirito Santo) e il servitore (cio il Figlio di Dio, Ges Cristo). Per la distinzione fra i Tre sembra datare dallIncarnazione; come preesistente, il Figlio di Dio identificato con lo Spirito Santo, cosicch prima dellIncarnazione sembrano esservi state soltanto due Persone divine: il Padre e lo Spirito Santo. La terza, il Salvatore o Signore, fu innalzato al loro livello in ricompensa dei suoi meriti, perch ha efficacemente cooperato con lo Spirito preesistente che dimorava in lui. La teologia di Erma, quindi, un amalgama di binitarismo e di adozionismo (sebbene egli abbia fatto il tentativo di conformarsi alla formula triadica accettata nella Chiesa), ulteriormente complicata dal fatto che era attraversata da un complesso didee totalmente diverso. In alcuni brani leggiamo di un angelo, superiore ai sei angeli che formano il consiglio interno di Dio, regolarmente definito <<il pi venerabile>>, <<santo>> e <<glorioso>>. A questo angelo dato il nome di Michele ed difficile sfuggire alla conclusione che Erma vide in lui il Figlio di Dio e lo identific con larcangelo Michele Le testimonianze che possiamo raccogliere dai Padri Apostolici sono scarse, e ci turbano perch sono inconcludenti. La preesistenza di Cristo generalmente era ammessa, e cos pure il suo ruolo nella creazione e nella redenzione: un tema che potrebbe orientare ai paralleli paolini e giovannei e che si accorda bene con la funzione creatrice assegnata alla Sapienza nel tardo giudaismo E pure evidente, come abbiamo osservato nel paragrafo precedente, il tentativo di interpretare Cristo come una sorta di angelo supremo; qui possiamo scorgere linflusso dellangeologia giudaica. Naturalmente non vi alcun cenno alla dottrina della Trinit in senso stretto, sebbene la formula triadica della Chiesa abbia lasciato ovunque la sua impronta37 Intanto dalla citazione completa emerge chiaro il trinitarismo di Erma (come anche la Chiesa accettava), anche se amalgamato di binitarismo e di adozionismo, condizioni del tutto normali considerato il determinato e particolare periodo dove i padri sono chiamati a operare. Il tentativo, poi, di interpretare Ges Cristo come una sorta di angelo supremo, non era certo un ortodosso insegnamento cristiano, ma uninfluenza dellangeologia giudaica; perci questo non pu essere preso a conferma delle tesi di Felice e dei TdG che considerano Ges lArcangelo Gabriele. Dunque, alla domanda di Felice <Possiamo fidarci di frasi del genere come quelle appena citate o di quella dove si dice che Lo Spirito Santo Figlio di Dio? >, si risponde con fermezza che delle

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John N.D. Kelly, Il pensiero cristiano delle origini, 2 ed., EDB, 1999, 118-119

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frasi citate da lui stesso e soprattutto di come le ha citate non c da fidarsi di sicuro! Nulla di pi indicato che le solite preziose raccomandazioni:
Usate cautela. Ogni evidenza devessere usata onestamente. Non togliete una citazione dal contesto. Accertatevi che ci che dite sia esattamente ci che lautorit citata voleva dire. Siate specifici nei vostri riferimenti38 Accuratezza nelle affermazioni. I testimoni di Geova sono un'organizzazione di verit. Dovremmo voler dichiarare la verit ed essere sempre assolutamente accurati in tutti i particolari. Questo si dovrebbe fare non solo riguardo alle dottrine ma anche nelle citazioni, in ci che diciamo intorno ad altri o nel modo in cui li rappresentiamo, e negli argomenti che implicano dati scientifici o notizie di cronaca. Le affermazioni errate fatte a un uditorio possono essere ripetute e l'errore pu essere ingrandito. Le inesattezze che sono riconosciute da un uditorio suscitano dubbi in quanto all'autorit dell'oratore su altri punti, forse mettendo anche in dubbio la veracit del messaggio stesso39 (il grassetto mio)

Essendoci accertati di quello che il Quacquarelli dice veramente, si pu ritenere che anche Erma avesse una chiara e sostanziale coscienza trinitaria di Dio. IGNAZIO DI ANTIOCHIA Con Ignazio si arriva allapice della concezione cristologia espressa dai P.A. Chiara risulta la funzione delle tre Persone nella sua cristologia. Ignazio come insiste sullumanit di Ges Cristo, con termini realistici della vita fisica e vegetativa per richiamare la vera natura della sua carne che la nostra carne (cio vero uomo come noi), cos insiste sulla sua divinit al punto di chiamare Cristo Dio. Parlando della Chiesa Ignazio scrive nel saluto agli Efesini: Iganzio, Teoforo, a colei che stata benedetta in grandiosit che stata scelta nella passione vera per volont del Padre e di Ges Cristo, Dio nostro, la Chiesa degna di essere beata40 Non c che un solo medico, materiale e spirituale, generato e ingenerato, fatto Dio in carne, vita vera nella morte, nato da Maria e da Dio, prima passibile poi impassibile, Ges Cristo nostro Signore41

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Manuale per la Scuola di Ministero Teocratico, Brooklyn 1974, 155 Manuale per la Scuola..., 110, 10,11 40 Antonio Quacquarelli, I Padri Apostolici, Saluto agli Efesini, 99 41 Idem, VII, 2

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Il nostro Dio, Ges Cristo stato portato nel seno di Maria, secondo leconomia di Dio, del seme di David e dello Spirito Santo42 C un solo Dio che si manifestato per mezzo di Ges Cristo suo Figlio, che il suo Verbo uscito dal silenzio43 Cercate di tenervi ben saldi nei precetti del Signore e degli apostoli perch vi riesca bene tutto quanto fate nella carne e nello spirito, nella fede e nella carit, nel Figlio, nel Padre e nello Spirito Siate sottomessi al vescovo e gli uni agli altri, come Ges Cristo al Padre, nella carne, e gli apostoli a Cristo e al Padre e allo Spirito, affinch lunione sia carnale e spirutuale44 Voi siete pietre del tempio del Padre preparate per la costruzione di Dio Padre, elevate con largano di Ges Cristo che la croce, usando come corda lo Spirito Santo Siate tutti compagni di viaggio, portatori di Dio, portatori del tempio, portatori di Cristo e dello Spirito Santo45 Ignazio, Teoforo, a colei che ha ricevuto misericordia nella fede e nella carit di Ges Cristo Dio nostro, che presiede nella terra di Roma il mio saluto nel nome di Ges Cristo, Figlio del Padre. A quelli che sono uniti nella carne e nello spirito laugurio migliore e gioia pura in Ges Cristo, Dio nostro46 E bello per me morire in Ges Cristo Cerco quello che morto per noi; voglio quello che risorto per noi. Il mio rinascere vicino. Perdonatemi, fratelli. Non impedite che io viva, non vogliate che io muoia Lasciate che io sia imitatore della passione del mio Dio47 Gloria a Ges Cristo Dio che vi ha resi cos saggi48 Vi prego di essere forti nel Dio nostro Ges Cristo e in lui rimanete nellunit e sotto la vigilanza di Dio49 Guardatevi dunque da questi. Ci sar possibile non gonfiandovi e non separandovi da Dio Ges Cristo, dal vescovo e dai precetti degli apostoli50 Dio nostro Signore Ges Cristo essendo nel Padre si riconosce maggiormente51

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Idem, XVIII,2 Idem, Magnesii VIII,2, 111 44 Idem, XIII, 1-2, 113 45 Idem, Efesini IX, 1-2 46 Idem, Saluto ai Romani, 121 47 Idem, VI, 1-3, 124 48 Idem, Smirnesi I,1, 133 49 Idem, Policarpo VIII, 3, 143 50 Idem, Tralliani VII, 1, 117 51 Idem, Romani III, 3, 122

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Dopo questo excursus, sufficientemente esaustivo, come pu Felice dire che Ignazio non sostenne la Trinit, o che al massimo credesse in una dualit? LEPISTOLA A DIOGNETO Nella VII sezione dove tratta di Dio e del Verbo, Diogneto scrive: Ma quello che veramente signore e creatore di tutto e Dio invisibile, egli stesso fece scendere dal cielo, tra gli uomini, la verit, la parola santa e incomprensibile e lha riposta nei loro cuori. Non gi mandando, come qualcuno potrebbe pensare, qualche suo servo o angelo o principe o uno di coloro che sono preposti alle cose terrene o abitano nei cieli, ma mandando lo stesso artefice e fattore di tutte le cose lo invi come Dio e come uomo per gli uomini52 Chi fra tutti gli uomini sapeva perfettamente che cosa Dio, prima che egli venisse?... Alcuni affermavano che Dio il fuoco altri dicevano che lacqua, altri che uno degli elementi da Dio creati Nessun uomo lo vide e lo conobbe, ma egli stesso si rivel a noi Avendo pensato un piano grande e ineffabile lo comunic solo al Figlio53 Egli mand il Verbo come sua grazia, perch si manifestasse al mondo. Egli fin dal principio apparve nuovo ed era antico Egli eterno in eterno viene considerato Figlio54 PAPIA DI GERAPOLI Delle opere di Papia ci sono pervenuti solo pochissimi frammenti, che dal punto di vista storico hanno comunque unimportanza enorme per linsegnamento orale dei discepoli degli apostoli. Figura di primo piano, di lui era grande la stima che si aveva, tanto che molti tra i P.A. e non attinsero alle suo opere e rimasero influenzati dalle sue opinioni.55 Il fatto che non dica nulla sulla Trinit non significa che questa non fosse parte della sua fede cristiana. POLICARPO Negli atti del Martirio di Policarpo si legge una preghiera recitata dal martire poco prima di essere arso vivo; riporto testualmente linteressante citazione di Felice nel suo libro: Signore, Dio onnipotente Padre di Ges Cristo tuo amato e benedetto Figlio per il cui mezzo abbiamo ricevuto la tua conoscenzati lodo, ti benedico e ti glorifico per mezzo delleterno e celeste gran sacerdote Ges Cristo tuo amato Figlio. (XIV, 1,3) A luimediante suo Figlio
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Idem, A Diogneto VII, 2-4, 358 Idem, VIII, 1-9, 359 54 Idem, XI, 3-5, 362 55 Idem, 176-177

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lunigenito Ges Cristo. (XIX, 2) (I Padri Apostolici, Antonio Quacquarelli, Roma, Citt Nuova Editrice, IX edizione (1998); pag. 168, 171) Negli scritti di Policarpo troviamo forse qualcosa che sostenga la trinit? No, affatto. Ci che egli dice in armonia con linsegnamento di Ges e dei suoi discepoli e apostoli. Egli distingue chiaramente i ruoli di Dio da quelli di Ges56 Certamente leggendo la citazione di Felice non troviamo nulla che in qualche modo possa sostenere la Trinit, ma se andiamo alla fonte da dove Felice cita, si noter dellaltro che non viene considerato; riporto la preghiera di Policarpo per intero, e come al solito le parti omesse in rosso e in grassetto quelle pi importanti : Signore, Dio onnipotente Padre di Ges Cristo tuo amato e benedetto Figlio per il cui mezzo abbiamo ricevuto la tua conoscenza O Dio degli angeli e delle potenze di ogni creazione e di ogni genia dei giusti che vivono alla tua presenza. 2. Io ti benedico perch mi hai reso degno di questo giorno e di questa ora di prendere parte nel numero dei martiri al calice del tuo Cristo per la risurrezione della vita eterna dellanima e del corpo nella incorruttibilit dello Spirito Santo. In mezzo a loro possa io essere accolto al tuo cospetto in sacrificio pingue e gradito come prima lavevi preparato, manifestato e realizzato, Dio senza menzogna e veritiero. 3. Per questo e per tutte le altre cose ti lodo, ti benedico e ti glorifico per mezzo delleterno e celeste gran sacerdote Ges Cristo tuo amato Figlio, per il quale sia gloria a te con lui e lo Spirito Santo ora e nei secoli futuri. Amen57 Da ci che si legge nella citazione completa emerge con chiarezze la presenza dellincorruttibile Spirito Santo, pregato per ben due volte da Policarpo, ma accuratamente evitato da Felice; un chiaro esempio, visto anche altrove, di una radicata coscienza trinitaria che permeava gli scritti e linsegnamento dei P.A. Dunque, tornando alla domanda di Felice, possiamo dire che certamente, anche dagli scritti di Policarpo, si trova un ampio consenso e sostegno alla Trinit. Il fatto di separare chiaramente i ruoli di Dio e di Cristo, come certificano le scritture e di conseguenza i P.A., riguardano le distinzione delle Persone divine, e non annulla ne contraddice la Trinit che esprime lunit di natura tra le Persone divine stesse. Ancora una volta, ma non sar certo lultima, riportiamo le preziose raccomandazioni:
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Felice Buon Spirito, LA TRINIT, 29 Antonio Quacquarelli, I Padri Apostolici, 168

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Usate cautela. Ogni evidenza devessere usata onestamente. Non togliete una citazione dal contesto. Accertatevi che ci che dite sia esattamente ci che lautorit citata voleva dire. Siate specifici nei vostri riferimenti58 Accuratezza nelle affermazioni. I testimoni di Geova sono un'organizzazione di verit. Dovremmo voler dichiarare la verit ed essere sempre assolutamente accurati in tutti i particolari. Questo si dovrebbe fare non solo riguardo alle dottrine ma anche nelle citazioni, in ci che diciamo intorno ad altri o nel modo in cui li rappresentiamo, e negli argomenti che implicano dati scientifici o notizie di cronaca. Le affermazioni errate fatte a un uditorio possono essere ripetute e l'errore pu essere ingrandito. Le inesattezze che sono riconosciute da un uditorio suscitano dubbi in quanto all'autorit dell'oratore su altri punti, forse mettendo anche in dubbio la veracit del messaggio stesso59 (il grassetto mio)

E oltremodo interessante notare che da questa bellissima preghiera di Policarpo emergono altre verit di fede cristiana rifiutate dalla teologia dei TdG: 1) attraverso la morte fisica si da la possibilit di unimmediata unione con Cristo senza aspettare lultimo giorno 2) la risurrezione alla vita eterna non solo del corpo ma anche dellanima, che dunque non viene annientata e distrutta completamente. LA DIDACH Piccola opera scritta in forma piana e semplice del genere catechetico-precettistico che risente dello stile evangelico e rimane come un unico. Scritto molto antico, composto ancor prima della stesura del vangelo di Giovanni e dellApocalisse, quasi contemporaneo alla redazione dei sinottici. Importante linsegnamento sul battesimo: Circa il battesimo, cos battezzate: dopo ogni premessa, nellacqua viva battezzate nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Se non hai acqua viva, battezza in altra acqua; se non puoi nella fredda, nella calda. Se non avessi n luna n laltra, versa per tre volte sul capo lacqua nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo60 Felice, nella conclusione a conferma della sua tesi, cita ancora il Kelly, che utilizzer subito dopo parlando degli Apologisti. Scrive testualmente:

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Manuale per la Scuola di Ministero Teocratico, Brooklyn 1974, 155 Manuale per la Scuola..., 110, 10,11 60 Antonio Quacquarelli, I Padri Apostolici, Didach VII, 1-2

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Lo storico J. N. D. Kelly, scrive: Le testimonianze che possiamo raccogliere dai Padri Apostolici sono scarse, e ci turbano perch sono inconcludenti Naturalmente non vi alcun cenno alla dottrina della Trinit in senso stretto. (Il pensiero cristiano delle origini, J. N. Kelly, Bologna, EDB, 2a edizione riveduta a cura di G. Garamaglia, 1984, pag. 119)61 Ma andiamo a leggere cosa veramente dice il Kelly a pag. 119 Le testimonianze che possiamo raccogliere dai Padri Apostolici sono scarse, e ci turbano perch sono inconcludenti. La preesistenza di Cristo generalmente era ammessa, e cos pure il suo ruolo nella creazione e nella redenzione: un tema che potrebbe orientare ai paralleli paolini e giovannei e che si accorda bene con la funzione creatrice assegnata alla Sapienza nel tardo giudaismo Naturalmente non vi alcun cenno alla dottrina della Trinit in senso stretto, sebbene la formula triadica della Chiesa abbia lasciato ovunque la sua impronta62 E palese come le parti omesse in rosso allinterno della citazione presentino unaltra veduta rispetto a quella di Felice (la preesistenza di Cristo, il suo ruolo di creatore); se vero, come abbiamo visto precedentemente, che nei P.A. non troviamo, come logico che sia, una dottrina elaborata e concettuale della Trinit, altrettanto vero, come dice lultima parte della citazione tagliata da Felice, che la tipica formulazione triadica ha lasciato ovunque la sua impronta. Lo stesso Kelly poche pagine prima scriveva: Prima di prendere in esame gli autori ufficiali, bene notare quanto fosse profondamente radicato nella tradizione apostolica e nella fede popolare il concetto di una pluralit di persone divine. Il Nuovo Testamento non era ancora strutturato in un canone, me esercitava gi un influsso potente. E noto che le linee di uno schema diadico e triadico sono chiaramente visibili nelle sue pagine. Ci ancora pi evidente in alcuni accenni presenti nella liturgia ecclesiale e nella pratica catechetica quotidiana Le idee implicite in queste primitive formule catechetiche e liturgiche, e nelluso fatto dagli scrittori neotestamentari degli stessi schemi diadici e triadici, rappresentano una fase pre-riflessiva e pre-teologica della fede cristiana. Il che non sminuisce affatto il loro interesse e la loro importanza. Col materiale grezzo provvisto dalla predicazione e dal culto della Chiesa i teologi dovevano poi costruire le loro formulazioni pi elaborate della dottrina cristiana della divinit63 Ancora pi avanti si legge:

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Felice Buon Spirito, LA TRINITA, 29 John N.D.Kelly, IL PENSIERO CRISTIANO DELLE ORIGINI, Giampiero Gramaglia (a cura di), EDB 1999, 119 63 Idem, 111.113

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In genere gli scrittori del Nuovo Testamento consideravano Cristo preesistente e tendevano ad attribuirgli un duplice ordine di essere: secondo la carne (kat srka), cio in quanto uomo, e secondo lo Spirito (kat pnema), cio in quanto Dio. Questa formula era cos profondamente conficcata nel loro pensiero che F. Loofs a buon diritto la defin il dato fondamentale di tutto lo sviluppo cristologico posteriore. Dato che essa conteneva tutti gli elementi del problema cristologico, dei cristiani non superficiali e riflessivi difficilmente potevano ignorarla64 Considerato tutto questo, come pu Felice, introducendo la sezione degli Apologisti, a dire Abbiamo visto che i Padri Apostolici non insegnavano la dottrina della Trinit. Che dire degli Apologisti?65 GLI APOLOGISTI Andiamo allora a vedere cosa dicevano gli apologisti, seguendo proprio il testo di Kelly utilizzato anche da Felice. Completo ed esaustivo circa i rapporti del Padre con il Figlio, e conseguentemente i problemi riguardanti la sua generazione, il capitolo quarto, La Triade divina, pagg. 105-135, ma lo stesso Kelly che ci viene incontro sintetizzando cos il pensiero degli Apologisti: La soluzione che proponevano, ridotta allessenziale, si pu enunciare cos: Cristo, in quanto preesistente, il pensiero o la mente del Padre; in quanto manifestato nella creazione e nella rivelazione lextrapolazione o espressione di questo pensiero66 Ne consegue, dunque, che gli Apologisti, pur essendo tutti ardenti monoteisti decisi fino in fondo a non compromettere questa fondamentale verit,67 dichiaravano che da sempre nel Padre, Dio eterno, ingenerato, cio che contrariamente alle creature non aveva principio, esisteva il Logos, Cristo, come sua intelligenza e pensiero razionale.68 Prima della creazione, dunque, da tutta leternit, Dio aveva la sua Parola o Logos, perch Dio essenzialmente razionale.69 Il fatto che gli Apologisti, nel rapporto tra Dio, il Padre e il Logos, restringessero il termine generazione (coniato solo in seguito per descrivere il suo rapporto eterno con il Padre) ad emanazione, non significa che non fossero consapevoli della sua esistenza precedente. Allo stesso modo, quando Giustino ad esempio parla del Logos come di un secondo Dio, adorato al secondo posto, e tutti gli Apologisti sottolineano che la sua generazione o emanazione deriva da un atto della volont di Dio, il loro scopo non era tanto quello di dargli un posto subordinato, ma
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Idem, 171 Felice Buon Spirito, LA TRINIT, 31 66 John N.D. Kelly, Il pensiero cristiano delle origini, 120 67 Idem, 120 68 Idem, 121 69 Idem, 126

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di difendere il monoteismo, considerato indispensabile. Il Logos manifestato (il Ges della storia, Logos incarnato) deve essere necessariamente limitato ( lessere vero uomo, vera umanit) quando confrontato a Dio Padre stesso; ed era importante accentuare che non vi erano due fonti di attivit allinterno dellessere divino. Il Logos era uno nellessenza col Padre, inseparabile da lui nel suo essere fondamentale, sia dopo la sua generazione che prima: gli Apologisti non si stancavano di ripeterlo.70 Questa la base da cui si parte per rispondere a Felice, come nella sua citazione appena sotto, quando cita Giustino, Atenagora o Taziano: Taziano dice che questo avvenne in seguito, per un atto della volont del Padre, fu generato. (Il pensiero cristiano delle origini, J.N.D. Kelly, Bologna, EDB, 2 edizione riveduta a cura di G. Gramaglia, 1984, pag. 123) Si, il Logos venne in seguito, non da sempre71 Andiamo a vedere cosa effettivamente dice il Kelly riportando in rosso le parti omesse da Felice: Taziano era un discepolo di Giustino e, come il suo maestro, parlava del Logos esistente nel Padre in quanto sua razionalit e che, in seguito, per un atto della volont del Padre, fu generato72 Chi venne in seguito, come risulta chiaro dalla citazione completa, fu il Logos manifestato nella carne, il Logos incarnato cio Ges, che per esisteva da sempre come mente e pensiero del Padre; qui che Felice si inganna. ATENAGORA Sentiamo il Kelly: Atenagora dopo aver affermato che il Dio non originato, eterno, invisibile aveva creato e abbellito per mezzo del Verbo luniverso che realmente governa, prosegue identificando il Verbo col Figlio di Dio Poich il Figlio nel Padre e il Padre nel Figlio per mezzo dellunit e della potenza dello spirito divino, il Figlio di Dio lIntelligenza e il Verbo del Padre. Per rendere pi chiaro ci che egli intendeva, Atenagora dice in seguito che, sebbene il Figlio sia progenie del Padre, non venne mai allesistenza in modo reale, perch Dio, che fin dal principio era intelligenza eterna, aveva in s il suo Verbo eternamente razionale73

CLEMENTE ALESSANDRINO
70 71

Cfr. idem, 126-127 Felice Buon Spirito, LA TRINIT, 36-37 72 John N.D. Kelly, Il pensiero cristiano delle origini, 123 73 Idem, 125

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Scrive Felice: Clemente Alessandrino chiamava qualche volta il Figlio Dio e creatore. Intendeva forse dire che il Figlio fosse lIddio onnipotente o uguale a lui? No. Clemente si riferiva forse a Giovanni 1:3, dove, di Ges, viene detto: Per mezzo di lui Dio ha creato ogni cosa. Senza di lui non ha creato nulla. (TILC)74 Anche in questo caso emerge il problema di fondo di tutta limpostazione cristologia dei TdG: la confusione tra i concetti di persona e di natura. Il fatto che i P.A. o gli Apologisti chiamino alcune volte Cristo Dio o Creatore, non significa che ne identificavano le persone, come se fossero ambedue lo stesso soggetto ( ci che intende Felice), ma semplicemente ne accomunavano la natura. Parlando del Verbo Clemente scrive: La sua generazione dal Padre senza inizio (Il Padre non senza il Figlio; perch oltre ad essere Padre, Egli Padre del Figlio); il Figlio essenzialmente uno col Padre, giacch il Padre in Lui ed Egli nel Padre. Lo Spirito poi la luce che esce dal Verbo, e diviso senza alcuna divisione reale illumina i fedeli. Lo Spirito anche la potenza del Verbo che pervade il mondo e attrae gli uomini a Dio. Abbiamo dunque una trinit che, sebbene presenti dei lineamenti completamente platonici, Clemente identifica senza esitare col teismo cristiano Egli distingue chiaramente i Tre. Laccusa di modalismo, basata sulla mancanza di qualsiasi termine tecnico per indicare le Persone, priva di fondamento. Se sembra subordinare il Figlio al Padre e lo Spirito al Figlio, questa subordinazione non implica alcuna diseguaglianza nellessere, ma il corollario della sua concezione platonica di una gerarchia di gradi75 DIONIGI A dir poco ancora strabiliante il modo di citare il Kelly ad opera di Felice riguardo a Dionigi, vescovo di Alessandria: Dionigi, che fu allievo di Origene e vescovo di Alessandria, fu accusato di negare leternit del Figlio, affermando che il Padre non era sempre stato Padre e che <<il Figlio non era, prima di venire allesistenza>>e) di affermare che il Figlio era una creatura (poema ka ghenetn). Infine, non us mai il termine omoosios76 perch non era scritturistico. (Il pensiero cristiano delle

74 75

Felice Buon Spirito, La Trinit, 31 John N.D. Kelly, Il pensiero cristiano delle origini, 158-159 76 Homoosios una parola composta da homs (= identico, lo stesso) e ousa (= sostanza, essenza)

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origini, J.N.D. Kelly, Bologna, EDB, 2 edizione riveduta a cura di G. Gramaglia, 1984, pagg. 166, 168)77 Il lettore che legge questa citazione, cos come la riporta Felice, portato a credere che Dionigi consideri il Figlio una creatura e dunque non eterno come il Padre, e che non abbia usato il termine omoosios perch non era scritturistico. Andiamo a controllare cosa effettivamente dice il Kelly alle pagine 166-168 e riportiamolo integralmente con le parti omesse in rosso. Il pi noto esponente della tendenza subordinazionista di Origene il suo allievo Dionigi, vescovo dAlessandria. Poco dopo la met del secolo unesplosione di sabellianismo lo indusse a spiegare quella che egli considerava la posizione ortodossa. Non quindi strano, visto che mirava a una confutazione del modalismo, che mettesse in primo piano la distinzione personale tra Padre e Figlio. Il gruppo sabelliano riusc comunque a trovare una delle sue lettere (inviata ai vescovi Ammonio e Eufranore) piena dindiscrezioni. Essi rivolsero un reclamo formale al Papa, che si chiamava anche lui Dionigi, accusando il vescovo alessandrino: a) di fare una netta divisione, che portava alla separazione, tra Padre e Figlio; b) di negare leternit del Figlio, affermando che il Padre non era sempre stato Padre e che il Figlio non era, prima di venire allesistenza; c) di nominare il Padre senza il Figlio e il Figlio senza il Padre, come se non fossero inseparabili nel loro stesso essere, d) di non descrivere il Figlio come omoosios col Padre; e) di affermare che il Figlio era una creatura (poema ka ghenetn), tanto diversa dal Padre nella sostanza quanto lo la vigna dal vignaiolo, la nave dal maestro dascia che lha costruita, ecc. Non vi dubbio che Dionigi abbia usato un linguaggio infelice, in se stesso e nelle sue conseguenze; nel secolo seguente Atanasio cerc di riabilitarlo; ma il parere di Basilio pi attendibile quando osserva che lo zelo antisabelliano aveva portato Dionigi allestremo opposto. Dionigi di Roma scrisse una lettera che, senza citare il nome, in pratica criticava Dionigi dAlessandria, e continuava esponendo una teologia positiva che mostra quanto fosse potente a Roma linfluenza di Novaziano. Il Papa era chiaramente disgustato dalla dottrina delle tre ipostasi, ispirata da Origene, che gli sembrava indebolire la monarchia divina. I teologi alessandrini che linsegnavano erano, a suo parere, virtualmente triteisti che spaccavano lindivisibile unit della Divinit in tre potenze, tre ipostasi assolutamente separate, tre divinit; si deve mantenere ad ogni costo lindivisibilit della santa Monade; quindi il Verbo e lo Spirito devono essere considerati inseparabili dal Dio delluniverso, e devono essere riassunti e raccolti in lui: lidea antica che il Padre onnipotente (nel senso arcaico di Divinit unica) non pu essere mai stato senza il suo Verbo e senza il suo Spirito poich essi appartengono al suo stesso essere. Perci il papa proseguiva
77

Felice Buon Spirito, LA TRINIT, 32

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dicendo che se Cristo nel Padre (cfr. Giovanni 14,11), se Egli il suo Verbo, la sua Sapienza e Potenza (cfr. I Corinti 1,24), deve essere sempre esistito ed blasfemo parlare di Lui come di una creatura o dire che cera un tempo quando non cera. Secondo il Salmo 109,3 (Settanta: Prima dellaurora io ti ho generato dal mio ventre) e Proverbi 8,25 (Prima di tutte le colline egli mi ha generato), la sua origine non era un atto di creazione, ma una divina ed ineffabile generazione. Dionigi dAlessandria prepar una replica minuziosa in cui riesponeva la sua posizione in termini meno equivoci e pi prudenti, pur senza rinunciare alle sue caratteristiche essenziali. Riconosceva spontaneamente che alcune formulazioni e analogie erano scorrette, ma si lament che il suo insegnamento non fosse stato giudicato nel suo assieme. Per riformulare il proprio pensiero adott astutamente il linguaggio del papa. Innanzi tutto egli respingeva laccusa di separare il Padre, il Figlio e lo Spirito. I tre erano ovviamente inseparabili, come dimostrato dai loro stessi titoli: il Padre implica un Figlio, il Figlio implica un Padre, e lo Spirito implica sia la sorgente da cui proviene che il mezzo col quale procede. Anche cos la definizione tre ipostasi deve essere mantenuta in quanto sono tre, se non si vuole che la triade venga dissolta. In secondo luogo egli afferma esplicitamente che il Figlio eterno. Dio era sempre Padre, e perci Cristo era sempre Figlio, proprio come se il sole fosse eterno anche la luce del giorno sarebbe eterna: luna non pu essere concepita senza laltro. Infine affrontando laccusa di non aver adoperato il termine omoosios, Dionigi dAlessandria affermava che il termine non era scritturistico. Per ne accettava il significato, e lo comprovavano le immagini che aveva scelto. Genitori e bambini, ad esempio, sono persone diverse, ma sono omogenee (omoghenis); la pianta, il suo seme e le radici sono diversi, ma sono della stessa natura (omophu). Cos, il fiume e la sua sorgente differiscono nella forma e nel nome, ma sono composti della stessa acqua. Evidentemente interpretava omoosios nel significato di partecipe della stessa natura, in senso generico, come probabilmente faceva lo stesso Origene. Sembra che il suo scopo finale fosse quello di correggere la falsa impressione (come egli la giudicava) che la sua teoria delle tre ipostasi escludesse lessenziale unit dei Tre. Riassunse la sua posizione in una formula equilibrata: Noi due espandiamo la Monade nella Triade senza dividerla (cos egli concede al papa che il Figlio e lo Spirito sono, per cos dire, proiezioni dellindivisibile essenza divina), e riassumiamo la Triade nella Monade senza diminuirla (cio lunione deve essere riconosciuta, ma non a costo di disconoscere la tre Persone). Questo episodio ci d un esempio istruttivo delle linee assai diverse lungo le quali lavoravano i teologi occidentali e orientali. Gli studiosi hanno spesso cercato di spiegare lattrito semplicemente come un malinteso sui termini. Il che, in una certa misura, vero78 (sottolineature mie)

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John N.D. Kelly, Il pensiero cristiano delle origini, 166-169

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E solo leggendo, certo con pazienza, tutto il contesto nel quale estrapolata la striminzita citazione di Felice, che si capisce qual il vero pensiero di Dionigi: proprio tutto lopposto di quello che vuol far crede Felice. Scoppiata una crisi di Sabellianismo,79 il vescovo Dionigi cerc di spiegare quella che per lui era la posizione ortodossa; i sabelliani infatti, con lesasperata accentuazione dellunit divina in uno stretto monoteismo, per forza di cose, spinsero il vescovo a mettere in primo piano la distinzione personale del Padre e del Figlio. Sebbene Dionigi avesse le idee sostanzialmente chiare e ortodosse, non riusc ad elaborarle con un linguaggio adeguato, anzi fu talmente infelice che il gruppo dei sabelliani, trovando alcuni suoi scritti pieni di indiscrezioni, presentarono al papa omonimo precise e circostanziali accuse di cui accenna Felice. Come dice sempre la citazione, il suo zelo antisibelliano lo port ad esagerare dalla parte opposta, dando cio limpressione di separare talmente le persone divine da farne tre divinit che annullavano di fatto lindivisibile unit della Divinit. Richiamato dal papa con una lettera, il vescovo Dionigi riformul nuovamente il suo pensiero ortodosso, utilizzando un linguaggio meno equivoco, pi chiaro ed equilibrato. Il fatto di non aver utilizzato il termine omoosios non significava che Dionigi non credesse che il Figlio non fosse delle stessa sostanza del Padre e dello Spirito; infatti, come dice lui stesso, lo conosceva bene, ne accettava il significato e utilizzava delle immagini da lui scelte come comprova nel suo discorso. Nulla di pi indicato anche in questo caso delle importanti raccomandazioni:
Usate cautela. Ogni evidenza devessere usata onestamente. Non togliete una citazione dal contesto. Accertatevi che ci che dite sia esattamente ci che lautorit citata voleva dire. Siate specifici nei vostri riferimenti80 Accuratezza nelle affermazioni. I testimoni di Geova sono un'organizzazione di verit. Dovremmo voler dichiarare la verit ed essere sempre assolutamente accurati in tutti i particolari. Questo si dovrebbe fare non solo riguardo alle dottrine ma anche nelle citazioni, in ci che diciamo intorno ad altri o nel modo in cui li rappresentiamo, e negli argomenti che implicano dati scientifici o notizie di cronaca. Le affermazioni errate fatte a un uditorio possono essere ripetute e l'errore pu essere ingrandito. Le inesattezze che sono riconosciute da un uditorio suscitano dubbi in quanto all'autorit dell'oratore su altri punti, forse mettendo anche in dubbio la veracit del messaggio stesso81 (il grassetto mio)
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Dalleretico Sabellio di origine libica, assertore di un rigido monoteismo, riteneva la divinit una monade che si manifestava in tre modi diversi, da qui il nome modalismo. Questa eresia dellunione, considerava il Padre, Figlio e Spirito santo un solo prosopon ed una sola ipostasi. 80 Manuale per la Scuola di Ministero Teocratico, Brooklyn 1974, 155 81 Manuale per la Scuola..., 110, 10,11

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GIUSTINO MARTIRE Riguardo a Giustino, partiamo dalla citazione del Kelly che Felice riporta cos: Si, Giustino Martire parla del Logos come di un <<secondo Dio>>, adorato <<al secondo posto>>la sua generazione o emanazione deriva da un atto della volont di Dio (Il pensiero cristiano delle origini, J.N.D. Kelly, Bologna, EDB, 2 edizione riveduta a cura di G. Gramaglia, 1984, pag. 126)82 Si risponde ripetendo ancora alcuni concetti gi ricordati, e andando a vedere prima la pag. 120 e poi cosa dice effettivamente il Kelly a pag. 126, dove Felice estrapola questa sua citazione; La soluzione che proponevano [gli apologisti], ridotta allessenziale, si pu enunciare cos: Cristo, in quanto preesistente, il pensiero o la mente del Padre; in quanto manifestato nella creazione e nella rivelazione lextrapolazione o espressione di questo pensiero83 Ne consegue, dunque, che gli Apologisti, pur essendo tutti ardenti monoteisti decisi fino in fondo a non compromettere questa fondamentale verit,84 dichiaravano che da sempre nel Padre, Dio eterno, ingenerato, cio che contrariamente alle creature non aveva principio, esisteva il Logos, Cristo, come sua intelligenza e pensiero razionale.85 Prima della creazione, dunque, da tutta leternit, Dio aveva la sua Parola o Logos, perch Dio essenzialmente razionale.86 Il fatto che gli Apologisti, nel rapporto tra Dio, il Padre e il Logos, restringessero il termine generazione (coniato solo in seguito per descrivere il suo rapporto eterno con il Padre) ad emanazione, non significa che non fossero consapevoli della sua esistenza precedente. Allo stesso modo, quando Giustino ad esempio parla del Logos come di un secondo Dio, adorato al secondo posto, e tutti gli Apologisti sottolineano che la sua generazione o emanazione deriva da un atto della volont di Dio, il loro scopo non era tanto quello di dargli un posto subordinato, ma di difendere il monoteismo, considerato indispensabile. Il Logos manifestato (il Ges della storia, Logos incarnato) deve essere necessariamente limitato ( lessere vero uomo, vera umanit) quando confrontato a Dio Padre stesso; ed era importante accentuare che non vi erano due fonti di attivit allinterno dellessere divino. Il Logos era uno nellessenza col Padre, inseparabile da lui nel suo essere fondamentale, sia dopo la sua generazione che prima: gli Apologisti non si stancavano di ripeterlo.87
82 83

Felice Buon Spirito, LA TRINIT, 33 John N.D. Kelly, Il pensiero cristiano delle origini, 120 84 Idem, 120 85 Idem, 121 86 Idem, 126 87 Cfr. idem, 126-127

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Giustino altrove cos si esprime: Egli, che anteriormente era Logos, e talora apparve in sembianze di fuoco, talora in modo incorporeo, infine per volont di Dio divenne uomo per il genere umano. Egli preesisteva in quanto Dio e fu fatto carne della Vergine, perch nacque come uomo. La sua incarnazione comportava lassunzione della carne e del sangue, e Giustino insiste nonostante lo scandalo che causava nei critici giudaici sulla realt delle sofferenze fisiche del Messia. Ma Ges non cess di esistere come Verbo perch era veramente, al tempo stesso, Dio e uomo88 Anche questa citazione di Taziano illustra il pensiero di Giustino: Taziano era un discepolo di Giustino e, come il suo maestro, parlava del Logos esistente nel Padre in quanto sua razionalit e che, in seguito, per un atto della volont del Padre, fu generato89

GREGORIO TAUMATURGO Cos Felice cita il Kelly riguardo a Gregorio Taumaturgo: Gregorio Taumaturgo (morto nel 270 circa), lapostolo del Ponto, alloccasione parlava volentieri, nello stile di Origene, del Figlio come di una <<creatura o cosa fatta >> (ktsma; pohma)sostiene che <<vi un solo Dio, Padre del Verbo vivente. (Il pensiero cristiano delle origini, J.N.D. Kelly, Bologna, EDB, 2 edizione riveduta a cura di G. Gramaglia, 1984, pag. 165) Si, per Gregorio Taumaturgo, Ges, il Verbo era una creatura90 Anche in questo caso il lettore chiaramente indotto a pensare che Gregorio Taumaturgo considerasse Ges una semplice creatura, e che Dio fosse solo il Padre del Verbo; andiamo alla pag. 165 e leggiamo con le parti omesse da Felice in rosso: Gregorio Taumaturgo (morto nel 270 circa), lapostolo del Ponto, alloccasione parlava volentieri, nello stile di Origene, del Figlio come di una <<creatura o cosa fatta >> (ktsma; pohma). Per il suo insegnamento esplicito, che leggiamo nel suo credo, sostiene che vi un solo Dio, Padre del Verbo vivente generatore perfetto del perfetto generato vi un solo Signore, unico dallunico, Dio da Dio, stampo e immagine della Divinit, Verbo efficace E vi un solo Spirito Santo, che ha la sua sussistenza da Dio ed reso manifesto dal Figlio nel quale rivelato Dio Padre, che sopra tutto e in tutto, e Dio Figlio, che attraverso tutti. Vi cos una Triade perfetta nella Triade non vi nulla di creato o di servile, nulla di portato allesistenza come se prima non esistesse e poi vi fosse introdotto. Cos il Figlio non mai stato privo del Padre n lo Spirito del Figlio91
88 89

Idem, 179-180 John N.D. Kelly, Il pensiero cristiano delle origini, 123 90 Felice Buon Spirito, LA TRINIT, 34 91 John N.D. Kelly, Il pensiero cristiano delle origini, 165-166

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Come fa a dire Felice che per Gregorio Taumaturgo Ges il Verbo una creatura? Lascio ancora al lettore le importanti raccomandazioni:
Usate cautela. Ogni evidenza devessere usata onestamente. Non togliete una citazione dal contesto. Accertatevi che ci che dite sia esattamente ci che lautorit citata voleva dire. Siate specifici nei vostri riferimenti92 Accuratezza nelle affermazioni. I testimoni di Geova sono un'organizzazione di verit. Dovremmo voler dichiarare la verit ed essere sempre assolutamente accurati in tutti i particolari. Questo si dovrebbe fare non solo riguardo alle dottrine ma anche nelle citazioni, in ci che diciamo intorno ad altri o nel modo in cui li rappresentiamo, e negli argomenti che implicano dati scientifici o notizie di cronaca. Le affermazioni errate fatte a un uditorio possono essere ripetute e l'errore pu essere ingrandito. Le inesattezze che sono riconosciute da un uditorio suscitano dubbi in quanto all'autorit dell'oratore su altri punti, forse mettendo anche in dubbio la veracit del messaggio stesso93 (il grassetto mio)

IPPOLITO Lo stesso dicasi di Ippolito che cos viene citato seguendo sempre il Kelly: Secondo Ippolito, quando Dio volle gener il Verbo servendosene per creare luniverso (Il pensiero cristiano delle origini, J.N.D. Kelly, Bologna, EDB, 2 edizione riveduta a cura di G. Gramaglia, 1984, pag. 140)94 Ecco la fonte completa di parti mancanti in rosso: Secondo Ippolito, quando Dio volle gener il Verbo servendosene per creare luniverso, e la sua Sapienza per abbellirlo o ordinarlo. Tuttavia, pi tardi, avendo di mira la alvezza del mondo, Egli rese il Verbo, sino allora invisibile, visibile nellincarnazione. Accanto al Padre (cio alla Divinit stessa), vi era un altro (at parstato teros), una seconda Persona (prswpon), mentre lo Spirito completava la Triade. Ma se tre sono le Persone rivelate nelleconomia, di fatto vi un solo e unico, perch il Padre che comanda, il Figlio che ubbidisce e lo Spirito Santo che ci fa comprendere Il Tutto il Padre e il potere che ha origine dal Tutto il Verbo. Egli la mente del Padre Perci tutte le cose sono mediante Lui, ma Egli solo dal Padre. Analogamente, sottolineando che la generazione del Verbo ha luogo come e quando il Padre vuole, Ippolito non
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Manuale per la Scuola di Ministero Teocratico, Brooklyn 1974, 155 Manuale per la Scuola..., 110, 10,11 94 Felice Buon Spirito, LA TRINIT, 34

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intende subordinarlo al Padre (giudicato secondo i modelli postniceni, il suo linguaggio ha un accenno subordinazionista), ma attirare lattenzione sullassoluta unit della Divinit, poich questa volont del Padre di fatto non altro che il Verbo stesso95 Credo non sia necessario nessun ulteriore commento alle gi chiare e precise parole di Ippolito, debitamente tralasciate per ovvi motivi da Felice, che ne completano e chiarificano la sua striminzita citazione. IRENEO Il Kelly presenta una trattazione completa di Ireneo da pag. 130 a pag. 135. Per amor di brevit presento solo alcuni concetti chiave che da soli bastano per stravolgere tutto il pensiero e le conclusioni di Felice: [Ireneo] saccostava a Dio da due direzioni, considerandolo sia come Egli esiste nel suo essere intrinseco, sia in quanto si manifesta nell economia (cio nel processo ordinato) della sua automanifestazione. Dal primo punto di vista Dio il Padre di tutte le cose, ineffabilmente Uno, pur contenendo in s, dalleternit, la sua Parola e la sua Sapienza 96 Perci Ireneo poteva affermare che proprio in forza dellessenza e della natura del suo essere non vi che un solo Dio, mentre al tempo stesso, secondo leconomia della nostra redenzione, vi sono sia il Padre che il Figlio, sia lo poteva aggiungere facilmente lo Spirito97 Ancor pi degli Apologisti egli mette in evidenza la coesistenza del Verbo con il Padre da tutta leternit Egli afferma perci che il suo Verbo e la sua Sapienza, suo Figlio e il suo Spirito sono sempre con Lui Dice che la Sapienza [di Dio], e cio il suo Spirito, era con Lui prima che il mondo fosse fatto98 Cos il Verbo e lo Spirito collaborarono allopera della creazione, quasi fossero, per cos dire, le mani di Dio99 Naturalmente il Figlio pienamente divino: Il Padre Dio, e il Figlio Dio, perch tutto ci che generato da Dio Dio. Anche lo Spirito sebbene Ireneo non lo designi mai esplicitamente come Dio era certamente considerato divino, perch Spirito di Dio, che sgorga sempre dal suo essere. Qui dunque abbiamo la visione di Dio dIreneo, la pi completa e anche la pi esplicitamente trinitaria prima di Tertulliano A causa dellaccento posto sull economia, tale tipo di pensiero stato definito trinitarismo economico. La definizione adatta e conveniente purch non si ammetta che il riconoscimento e la preoccupazione di Ireneo per la Trinit rivelata nell economia glimpediva di riconoscere anche il misterioso essere tre-in-uno, della vita interiore della Divinit.
95 96

John N.D. Kelly, Il pensiero cristiano delle origini, 140-141 Idem, 130 97 Idem, 131 98 Idem, 132 99 Idem, 133

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Il punto cruciale della grande immagine esemplificativa che, come i suoi predecessori, egli adoperava, e cio quella di un uomo dotato di funzioni intellettuali e spirituali, doveva mettere in luce, per quanto in modo inadeguato, il fatto che vi sono reali distinzioni nellessere immanente dellunico Padre indivisibile e che mentre queste si manifestavano pienamente soltanto nell economia, esse per esistevano effettivamente da tutta leternit100 NOVAZIANO Scrive Felice: Secondo Novaziano lunica e sola Divinit il Padre, autore di tutte le cose; ma da lui, <<quando Egli volle fu generato un Figlio, la sua Parola>>. Inoltre, lo Spirito SantoNovaziano lo considera il potere divino (che opera nei profeti, negli Apostoli e nella Chiesa, ispirando e santificando), ma non fa menzione della sua sussistenza in quanto Persona. (Il pensiero cristiano delle origini, J.N.D. Kelly, Bologna, EDB, 2 edizione riveduta a cura di G. Gramaglia, 1984, pagg. 156,157)101 Vediamo il Kelly: Secondo Novaziano lunica e sola Divinit il Padre, autore di tutte le cose; ma da lui, quando Egli volle fu generato un Figlio, la sua Parola. Questo Verbo non una semplice voce, senza alcuna entit ma ha una propria sussistenza, perch una seconda Persona Poich il Padre sempre il Padre, egli deve avere sempre avuto un Figlio Egli sottolinea la comunanza dellessere tra il Padre e il Figlio. Il Figlio Dio in quanto deriva il proprio essere dal Padre, e la Divinit gli stata trasmessa dal Padre; tra loro vi una communio substantiae Egli diverso dal Padre soltanto come Figlio (e deve il suo essere interamente al Padre), nella natura divina non vi divisione. La teologia novaziana dello Spirito Santo rudimentale, e Novaziano lo considera come il potere divino (che opera nei profeti, negli Apostoli e nella Chiesa, ispirando e santificando), ma non fa menzione della sua sussistenza in quanto Persona102 La citazione completa fa emergere il vero pensiero di Novaziano, che smaschera palesemente ci che invece voleva far credere Felice. ORIGENE

100 101

Idem, 134-135 Felice Buon Spirito, LA TRINITA, 35 102 John N.D. Kelly, Il pensiero cristiano delle origini, 156-157

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Anche per quanto riguarda Origene, Felice cita del Kelly solo alcune righe della pag. 164. A ben vedere il Kelly stesso ne presenta ampiamente la figura da pag. 158 a 165; riporto solo alcune sue riflessioni lasciando al lettore la lettura pi completa. Intanto bene ricordare che Origene nel tentativo di comprendere e di spiegare la sua fede cristiana in Dio uno e trino, era stato notevolmente influenzato, come altri, dal platonismo medio allora di moda ad Alessandria.103 Parlando del Figlio dice: Essendo al di fuori della categoria del tempo, il Padre genera il Figlio con un atto eterno cosicch non si pu dire che vi era quando non era Secondo Origene, il Padre, il Figlio e lo Spirito sono tre Persone. Laffermazione che ciascuno dei Tre una ipostasi distinta da tutta leternit e non solo come per Tertulliano e Ippolito in quanto manifestata nell economia, una delle caratteristiche principali della sua dottrina e proviene direttamente dallidea di generazione eterna.104 Quindi pur essendo realmente distinti, da un altro punto di vista i Tre sono uno Di per s, pensieri di questo tipo difficilmente rendono giustizia a tutto linsegnamento di Origene imperniato sul fatto che il Figlio era stato generato, non creato dal Padre Egli deriva da Lui come la volont dalla mente, che non subisce alcuna divisione in questo processo Lunit tra Padre e Figlio corrisponde a quella tra la luce e il suo splendore, tra lacqua e il suo vapore. Differenti nella forma, entrambi condividono la stessa natura essenziale105 Arriviamo cos alla citazione di Felice che dice: Si, secondo quanto citato prima, Origene rileva che San Giovanni definisce volutamente il Figlio semplicemente qej, e non qej. In rapporto al Dio delluniverso egli merita un grado donore secondario<<non dovremmo pregare un essere creato, neppure Cristo, ma solo il Dio e Padre delluniverso, che lo stesso nostro Salvatore pregava>>. (Il pensiero cristiano delle origini, J.N.D. Kelly, Bologna, EDB, 2 edizione riveduta a cura di G. Gramaglia, 1984, pag 164)106 Se andiamo a controllare il Kelly riportando le parti omesse in rosso, scopriremmo veramente il particolare contesto nel quale inserita la citazione e di conseguenza il pensiero di Origene, cos come dimostrano le varie considerazioni sopra riportate: In un ambito pi limitato, limpatto col platonismo si manifesta nel generale subordinazionismo che ha una presenza massiccia nello schema trinitario di Origene. Il Padre, come abbiamo visto, il solo atqej; Origene rileva che San Giovanni definisce volutamente il Figlio semplicemente qej, e non qej. In rapporto al Dio delluniverso egli merita un grado donore secondario
103 104

Idem, 158 Idem, 160 105 Idem, 161 106 Felice Buon Spirito, LA TRINIT, 36

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<<non dovremmo pregare un essere creato, neppure Cristo, ma solo il Dio e Padre delluniverso, che lo stesso nostro Salvatore pregava; se si prega Cristo, Egli trasmette la preghiera al Padre107 TAZIANO La stessa citazione di Taziano, riportata da Felice, risulta pesantemente strumentalizzata a descapito delleternit del Verbo. Abbiamo gi affrontato la questione della sua natura e generazione da parte del Padre, ma questa citazione merita attenzione; scrive Felice: Taziano dice che questo avvenne in seguito, per un atto della volont del Padre, fu generato (Il pensiero cristiano delle origini, J.N.D. Kelly, Bologna, EDB, 2 edizione riveduta a cura di G. Gramaglia, 1984, pag 123) Si, il Logos venne in seguito non da sempre108 Vediamo invece cosa effettivamente dice il Kelly: Taziano era un discepolo di Giustino e, come il suo maestro, parlava del Logos esistente nel Padre in quanto sua razionalit e che, in seguito, per un atto della volont del Padre, fu generato109 E chiaro che leggendo per intero la citazione, il pensiero di Taziano cambia completamente: il Logos in quanto razionalit (pensiero) del Padre non pu che esistere da sempre come il Padre; solo in seguito che fu generato. TEOFILO DI ANTIOCHIA Circa la generazione e il rapporto tra il Padre e il Figlio, lo stesso discorso vale per Teofilo che viene citato cos da Felice: Parlando del Figlio di Dio, Teofilo dice che quando Dio volle creare ci che aveva progettato, gener e produsse (gnnhse proforikn) questo Verbo, primogenito di tutta la creazione.. (Il pensiero cristiano delle origini, J.N.D. Kelly, Bologna, EDB, 2 edizione riveduta a cura di G. Gramaglia, 1984, pag 124) E logico che dal momento che uno generato e prodotto ha per forza di cose un inizio110 Vediamo la fonte orginale e leggiamola pi ampiamente con le parti omesse in rosso: Trattando della figliolanza del Logos, Teofilo aggiunge: Egli non figlio [di Dio] nel senso in cui poeti e romanzieri raccontano le nascite di alcuni figli di di, ma piuttosto nel senso in cui la verit parla della Parola come eternamente immanente nel seno di Dio. Infatti, prima che ogni cosa venisse allesistenza, Egli lo aveva avuto come suo consigliere, come sua intelligenza e suo
107 108

John N.D. Kelly, Il pensiero cristiano delle origini, 164 Felice Buon Spirito, LA TRINIT, 36 109 John N.D. Kelly, Il pensiero cristiano delle origini, 123 110 Felice Buon Spirito, LA TRINIT, 37

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pensiero. Ma quando Dio volle creare ci che aveva progettato, gener e produsse (gnnhse proforikn) questo Verbo, primogenito di tutta la creazione. [Dio] perci non svuot se stesso della sua Parola, ma avendola generata, rimane sempre unito ad essa111 Cos il pensiero di Teofilo chiaro: Cristo in quanto eternamente immanente in Dio preesistente, perch il pensiero o la mente del Padre; in quanto manifestato nella creazione e nella rivelazione lextrapolazione o espressione di questo pensiero. Viene cos stravolto il pensiero e la conclusione di Felice. TEOGNOSTO La striminzita citazione di Felice ci richiama ad un controllo pi approfondito: Di Teognosto, capo della scuola catechetica di Alessandria, si dice che Egli definiva il Figlio una creatura. (Il pensiero cristiano delle origini, J.N.D. Kelly, Bologna, EDB, 2 edizione riveduta a cura di G. Gramaglia, 1984, pag 165)112 Ecco cosa scrive il Kelly: Egli definiva il Figlio una creatura e ne limitava lattivit agli esseri razionali, ma affermava anche che la sostanza del Figlio (osa) non era derivata dal nulla, ma dalla sostanza del Padre, come lo splendore dalla luce o il vapore dallacqua. E proprio come lo splendore e il vapore non sono n identici al sole o allacqua n diversi da loro, cos la sostanza del Figlio non era n identica n diversa da quella del Padre; Egli era un efflusso della sostanza del Padre, che nel processo non sub alcuna divisione113 Anche in questo caso il vero pensiero di Teognosto contrasta con ci che Felice dice e vuole trasmettere. TERTULLIANO Felice, per citare Tertulliano, non utilizza il Kelly ma altre opere che se controllate riserverebbero certamente non poche sorprese. Mi soffermo comunque sul Kelly visto che la fonte pi utilizzata per la nostra ricerca. Come Ippolito anche Tertulliano dava grande importanza al monoteismo cercando di confutare il dualismo gnostico, sebbene avesse in seguito dovuto subire laccusa di politeismo in ambienti ove era fiorente il modalismo. Innanzitutto aveva il concetto di un Dio che esisteva dalleternit nella sua solitudine senza eguale, pur avendo immanente in s, indivisibilmente uno con Lui, in analogia con le funzioni intellettuali
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John N.D. Kelly, Il pensiero cristiano delle origini, 124 Felice Buon Spirito, LA TRINIT, 37 113 John N.D. Kelly, Il pensiero cristiano delle origini, 165

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delluomo, la sua ragione o Verbo. Infatti Tertulliano afferma che prima di tutte le cose Dio era solo, ed era per s il mondo, il luogo ed ogni cosa. Tuttavia era solo nel senso che non vi era nulla di esterno a lui. Ma anche allora non era realmente solo, poich egli aveva con s la ragione che egli possedeva entro se stesso, vale a dire la propria Ragione. Inoltre Tertulliano, pi di tutti i suoi predecessori, mette in luce lalterit o individualit di questa ragione immanente o Parola con la quale ha ragionato dalleternit e che costituisce un secondo oltre a Lui stesso. E poi c lo Spirito, rappresentante o delegato del Figlio; ha origine dal Padre per mezzo del Figlio. Anchegli una persona, cosicch la Divinit una trinit (trinitas: Tertulliano il primo ad utilizzare questo termine). I tre sono veramente distinti numericamente, e possono essere contati tanto da poter affermare che la Trinit rivelata nella economia non era in alcun modo incompatibile con lessenziale unit di Dio; esprimeva lidea in modo caratteristico affermando che Padre, Figlio e Spirito sono uno nella sostanza. Tertulliano dice ancora: Dio il nome per la sostanza, cio la divinit, e il Verbo una sostanza composta di spirito, di sapienza e di ragione. Quindi quando parla del Figlio come essere della stessa sostanza del Padre, egli intende dire che condividono la medesima natura o essenza divina, e, in realt, poich la Divinit indivisibile, sono di unico essere identico.114 La conclusione di Felice a pag. 39 uninsieme di varie citazioni, per la verit molto difficili da reperire. In attesa di poterne consultare e controllare qualcuna, soffermiamoci sulla seconda: Un enciclopedia cattolica osserva che Nella Scrittura non c nessun termine col quale le Tre Persone Divine vengono indicate insieme. Il termine [tras] (del quale il latino trinitas una traduzione) si trova per la prima volta verso il 180 d.C. in Teofilo di Antiochia. . . . Poco tempo dopo compare in Tertulliano nella forma latina trinitas. (The Catholic Encyclopedia, cit., vol. XV, p. 47) In questa citazione Felice, dopo i puntini di sospensione, ha omesso qualcosa di importante: ...Lui parla de "La Trinit di Dio [il Padre], la Sua Parola e la Sua Saggezza" ("Ad Autolico"., 11, 15 P. G., VI 1078). Il termine pu, naturalmente, essere stato in uso prima del suo tempo. Poco tempo dopo compare in Tertulliano nella forma latina trinitas115 Dalla parte omessa si capisce che Teofilo aveva ben chiaro cosa volesse intendere per tras. (La Trinit, il Padre, il Figlio -Parola- e lo Spirito Santo Saggezza-). Inoltre, la fonte non esclude che abbia acquisito la dottrina da altri, n che Tertulliano non l'abbia insegnata!

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Cfr. Idem, 138-144 The Catholic Encyclopedia, cit., vol. XV, 47

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Felice, proseguendo, in poche pagine (41-47) parla del Concilio di Nicea e conseguentemente del credo Niceno; a riguardo vorrei far notare alcune considerazioni: 1) Presentare in poche pagine, e ancor pi in modo molto succinto, la storia e lo svolgimento di un Concilio come quello di Nicea veramente molto difficile, anche in considerazione del fatto che non n possediamo gli atti. 2) Iniziando poi, come abbiamo gi visto, con una falsa affermazione di ordine dottrinale di capitale importanza circa i rapporti tra Dio Padre e il Figlio Ges,116 che tra laltro era il problema di gran lunga pi spinoso, non aiuta certo a mettere a fuoco la situazione 3) Mescolare o raggruppare a modo di copia incolla diverse e isolate citazioni su un tema cos complicato come fa Felice, crea confusione e disinformazione nel lettore; ma vediamo cosa dice Felice le sue parti sono in corsivo . Nel 325 E.V. fu convocato a Nicea da Costantino stesso un concilio di vescovi In verit, molto probabilmente, stato lamico e consigliere vescovo Ossio di Cordova a suggerirgli lidea di un concilio, che si pot certamente realizzare grazie allappoggio logistico dello Stato romano. Durante il concilio limperatore Costantino, notando che i trinitari erano in maggioranza, prese le parti di Atanasio. Perci, le credenze di Ario furono dichiarate eretiche Che i trinitari, o meglio i padri conciliari come li chiama Atanasio, fossero in maggioranza un dato di fatto, ma che per questo Costantino prese le loro parti non assolutamente vero. Costantino sostanzialmente si limit ad assistere al Concilio e diede il suo assenso dopo le discussioni dei padri, anche perch non aveva la competenza necessaria per affrontare con i vescovi quelle discussioni teologico-bibliche, nonostante era gi avviato alla conversione al cristianesimo. Le credenze di Ario furono dichiarate eretiche perch contrarie alla testimonianza della Scrittura e alla fede cristiana. Si, Nicea raprresent in effetti lopinione di una minoranza solo una minoranza assunse una posizione dottrinale chiaramente formulata in contrapposizione allarianesimo, anche se questa minoranza riusc a raggiungere il suo obiettivo A questo punto si nota una certa confusione: mentre sopra Felice dice che i trinitari sono la maggioranza tanto che Costantino st dalla loro parte, qui dice invece che Nicea rappresenta una minoranza in contrapposizione allarianesimo; quale sar la verit? Cosa interessante, non fu presente lallora papa, Silvestro I. Davvero strano per una cosa di cos
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Vedi pag. 9 La cosa pi strana che anche se tutti credono in Ges come Dio ci sono varie differenze di credi trinitari e di dottrine varie

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grande importanza E vero che non era presente papa Silvestro I, ma aveva mandato i suoi due legati pontifici, i presbiteri Vito e Vincenzo Dopo mesi di discussioni, Costantino decise a favore dei Trinitari. L Encyclopaedia Britannica dice che: Intimoriti dallimperatore, i vescovi, con due sole eccezioni, firmarono il credo [niceno], molti contro la propria inclinazione.. (Vol. 6, pag. 386) questa fonte per poter controllare) In verit leresia ariana fu condannata allunanimit dai padri conciliari, e come si ricordava prima Costantino non decise a favore di nessuno, ma in un certo senso ratific le decisioni e le conclusioni de padri stessi. Dopo tutto questo strano collage, Felice continua: Perci, c da chiedersi se Nicea sia stato un bene o un male per i credenti. Qualcuno pensa che quando accettiamo per fede che Ges Dio, come stato proclamato a Nicea, rimane ancora una domanda: fin dove e in che modo questa confessione contenuta nel NT?... i Padri conciliari a Nicea erano preoccupati di non poter rispondere ad Ario con categorie puramente bibliche ci sono degli studiosi non liberali che non tentano di confutare la divinit di Ges, ma che sono peraltro insoddisfatti della confessione nicena di Ges come Dio, perch sono incerti che questo corrisponda al linguaggio biblico. (Introduzione alla Cristologia del Nuovo Testamento, Raymond Brown, Editrice Queriniana (1995) pagg. 168, 169)117 Questa citazione estrapolata da una delle ultime appendici del libro di Brown, e si intitola I cristiani del Nuovo Testamento chiamavano Ges Dio? E indubbio che questo modo di citare induca il lettore a considerare che la confessione di Ges come Dio sia estranea alle scritture e perci non sia biblica. Basta avere la pazienza e la volont di leggere per intero la fonte originale nel suo contesto per accorgerci del vero pensiero che lautore vuole trasmetterci; come al solito riporto in rosso le parti omesse da Felice Terza appendice (Non sono in possesso di

I cristiani del Nuovo Testamento chiamavano Ges Dio?


La terza parte di questo libro ha esaminato come i cristiani del NT associassero momenti particolari della vita di Ges a designazioni/titoli, che aiutavano ad esprimere la sua identit o il suo ruolo nel piano di Dio. Alcune di quelle designazioni rappresentano una cristologia alta (pp. 10-11, supra), specialmente Figlio di Dio e Signore. A causa della funzione svolta nella storia del
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Felice Buon Spirito, LA TRINIT, 41

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cristianesimo, comunque, una designazione o titolo merita una particolare attenzione, poich nei tempi successivi al NT il dibattito si stabilizz sulla questione se Ges fosse Dio. Al Concilio di Nicea (325 d.C.) si confess che il Figlio Dio e non una creatura: Dio vero da Dio vero. Il riconoscimento che questa fede ancora il segno distintivo del cristiano si trova nella confessione di Amsterdam del Consiglio Mondiale delle Chiese, che ha affermato che il Consiglio Mondiale composto da Chiese che riconoscono Ges Cristo come Dio e salvatore. Eppure, quando accettiamo per fede che Ges Dio, come stato proclamato a Nicea, rimane ancora una domanda: fin dove e in che modo questa confessione contenuta nel NT? Uno sviluppo dalle Scritture a Nicea, almeno nella formulazione e nei modelli di pensiero, deve essere riconosciuto da tutti. Di fatto i Padri conciliari a Nicea erano preoccupati di non poter rispondere ad Ario con categorie puramente bibliche236. Inoltre, dal tempo di Nicea, c stato un preciso progresso da un approcio pi funzionale a Ges ad un approcio ontologico237. Prima di questo sviluppo qualera latteggiamento degli autori del NT nellattribuire a Ges il titolo Dio? Linchiesta comprender un esame di passi scelti del NT, la cui interpretazione in alcuni casi altamente controversa. Nonostante gli sforzi per rendere intellegibili ai lettori che non conoscono il greco le possibili interpretazioni di tali passi, a volte lesposizione apparir pi complessa di quanto non lo sia stata finora. Per questa ragione ho scelto di porre questo materiale in unappendice238. Da quanto detto finora, dovrebbe risultare ovvio che latteggiamento del NT nei confronti della divinit di Ges molto pi generale dello scopo della presente appendice, sia nei termini di ci che Ges pens di se stesso, sia nei termini di ci che i suoi discepoli pensarono di lui. Anche se scoprissimo che il NT non chiama mai Ges Dio, ci non significherebbe necessariamente che gli autori del NT non considerassero Ges divino. C molto di vero nellopinione di Atanasio secondo cui la definizione di Nicea, per cui Ges Dio e non una creatura, riassume il senso delle Scritture; si pu dedurre perci che non dipendente da alcuna affermazione della Scrittura 239. Ci nonostante, stabilire che dei passi del NT hanno consentito lo sviluppo delluso di Dio riferito a Ges importante per diversi motivi. Primo: ci sono degli studiosi non liberali che non tentano di confutare la divinit di Ges, ma che sono peraltro insoddisfatti della confessione nicena di Ges come Dio, perch sono incerti che questo corrisponda al linguaggio biblico118 Poi lo stesso Brown continua la sua trattazione elencando altri motivi che certificano e giustificano nel NT luso del titolo di Dio per Ges.119 Per quanto riguarda la trattazione di Felice sul credo Niceno di pag. 43 e ss del suo libro, una parola
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Raymond E. Brown, Introduzione alla Cristologia dl Nuovo Testamento, Queriniana, Brescia 1995, 168-169 Cfr pag. 10

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va detta; senza entrare nel merito cerco di sintetizzare al massimo la questione. Felice per screditare i padri conciliari e di conseguenza il valore del Concilio attribuendo loro la colpa di aver snaturato la vera fede cristiana a vantaggio delle diverse filosofie pagane e idolatriche insiste e rimarca che A) lespressione omoosios (stessa sostanza) non scritturale e dunque non corrispondendo al vero linguaggio biblico si allontana dalla fede cristiana B) stata voluta e inserita nel credo per un espresso desiderio dell imperatore Costantino: ingerenza nefanda dello stato che conferma ancora una volta che le scelte religiose o di fede erano ancora troppo dipendenti dalla filosofia e dal potere politico. C) i padri conciliari a Nicea erano condizionati da presupposti ideologici nella formulazione del credo e si sono allontanati dalla purezza della vera fede. Si risponde dicendo che A) Anche se omoosios non corrisponde a un linguaggio biblico contiene il significato e il senso delle scritture, come spiegava Atanasio B) Si enfatizzato il ruolo di Costantino al Concilo: stato il vescovo Osio di Cordova, suo amico e consigliere a suggerire lutilizzo di questo termine e comunque Costantino stesso si era preoccupato che venisse inteso nel modo corretto. C) i Padri conciliari dovevano tramandare e spiegare la fede cristiana in una cultura e societ di estrazione greca con altre categorie che non erano specificatamente bibliche. A conferma di quanto detto, basta leggersi con la dovuta calma e tranquillit gli stessi libri citati da Felice (ma non solo qui anche altrove nel suo lavoro), Atanasio, Il Credo di Nicea, Citt Nuova, e John N. D. Kelly, Il pensiero cristiano delle origini, EDB; molto chiari e lineari affrontano tra le altre cose, tutti i temi e le questioni che riguardano il Concilio di Nicea, il prima, il durante e il dopo. Anche le ultime citazioni di pag. 47, in verit, riguardano un altro particolare aspetto del termine omoosios (della stessa sostanza120) considerato dai Padri conciliari, cos che possono venire comprese solo se inserite in un determinato contesto.

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Abbiamo gi visto che homoosios una parola composta da homs (= identico, lo stesso) e ousa (sostanza, essenza). Gli studiosi della storia dei dogmi si sono chiesti se Atanasio avesse inteso lidentit di ousa come identit numerica (unica e medesima lo si dice della Trinit) o identit specifica (quella comune a pi, come per esempio agli esseri umani). Molto probabilmente Atanasio per quanto riguarda la ousa della Trinit la intese come unit numerica; questo per non fu neanche preso in considerazione nel Concilio di Nicea, ma fu oggetto di discussione solo dopo.

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IL PADRE, IL FIGLIO e LO SPIRITO SANTO Felice, al termine della sua disamina sul Concilio di Nicea e sul credo che ne seguito, prima di analizzare diversi passi biblici in rapporto al mistero trinitario, parla in tre pagine distinte in modo superficiale e impreciso del Padre del Figlio e dello Spirito Santo, senza per approfondirne ne svilupparne i loro reciproci rapporti. Riguardo a questo riporto una citazione gi utilizzata da Felice sebbene parzialmente, che colpisce nel segno perch inquadra bene la dottrina della Trinit in rapporto al Padre al Figlio e allo Spirito Santo, partendo dallindispensabile esperienza storica di Ges di Nazaret: Come i titoli cristologici hanno il compito di far emergere la verit teologica e soteriologia dellevento escatologico dellidentificazione di dio con Ges crocifisso, cos la dottrina della Trinit ha la funzione di narrare vita, passione e morte di Ges di Nazaret come storia di Dio. In quanto summa del vangelo, la dottrina della Trinit pu garantire questa storia da qualsiasi riduzione razionalistica o mitica di Dio. Come gli inni, le omologie e i titoli cristologici hanno essenzialmente un valore salvifico e non meramente definitorio e assertivo, cos anche la Trinit una dottrina che esprime una verit salutare. Il mysterium trinitatis mysterium salutis. La dottrina della Trinit deve essere elaborata non tanto mettendo insieme affermazioni bibliche sul Padre, sul Figlio e sullo Spirito, quanto riflettendo sullesperienza di salvezza in Ges di Nazaret. Teniamo presente che il materiale biblico offre in quanto tale solo una possibilit, non una necessit per fondare una dottrina trinitaria. <I vangeli non parlano di persone in Dio n lo fanno i primi grandi concili cristologici>.1 Lidentificazione di Dio con Ges crocifisso costringe a presupporre una distinzione di Dio in se stesso, in cui Dio non si contraddice ma corrispondenza damore. Se la croce levento fondatore della fede trinitaria, non solo il concetto dellessenza divina non pu essere pi pensato astratto dalla storia dellessere trinitario di Dio, ma lessere trinitario di Dio non pu essere postulato, prescindendo dallesperienza di Ges di Nazaret121 Bene e con chiarezza ha ricordato Gamberini che la dottrina della Trinit si elabora partendo dallesperienza storica di Ges di Nazaret, che esperienza di salvezza e di comunicazione principalmente tra lui e il Padre e tra di noi.

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Paolo Gamberini, Questo Ges (At 2,32). Pensare la singolarit di Ges Cristo, EDB, 2007, 257

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IL DIO DI GES CRISTO

Pu emergere a questo punto una domanda fondamentale per il nostro cammino: Il NT salvaguardia la fede in Jahw, il solo, vero e unico Dio che nella storia ha liberato e seguito da vicino il suo popolo, e si fatto conoscere attraverso i suoi prodigi? In altre parole, c una continuit tra lAntico e il Nuovo Testamento? La lettera agli Ebrei per esempio (ma non solo) ci ricorda che i profeti nellAT e Ges nel NT rivelano lo stesso e unico Dio: cambiano i messaggeri (coloro che ascoltano), ma non il messaggio (Dio stesso)! La fede cristiana da parte sua ritiene da sempre che Dio almeno una parola labbia detta in modo definitivo, e che per di pi essa sia una parola personale, il Logos per eccellenza, Ges di Nazaret, il crocifisso risorto: non tanto le sue parole sono parola di Dio, ma lui stesso, in quanto persona e in quanto storia la Parola di Dio, Dio stesso che parla; gi il grande vescovo Ignazio di Antiochia allinizio del II sec. lo espresse molto bene: Egli la sua parola uscita dal silenzio.122 La vera novit cristiana nella comprensione di Dio sta nellaverlo essenzialmente correlato a Ges Cristo. Ci sono molte formule che affermano la fede neotestamentaria nellunico Dio e Signore: 1. q - is ho thes (un solo Dio) Rm 3,30; 1Cor 8,4-6; Gal 3,20; Ef 4,6 2. mno o qej - mnos ho thes (unico Dio) Rm 16,27; 1Tm1,17; Ap 15,4 Per la fede dei cristiani la vita eterna consiste nel conoscere il solo e vero Dio (Gv 17,3); Paolo ai cristiani di Tessalonica ricorda di fondare la loro fede nellunico vero Dio e di aspettare il ritorno del suo Figlio. Paolo chiama il vangelo da lui predicato il vangelo di Dio perch Dio lautore e contenuto dello stesso (Rm 15,6; 1Tess 2,2-9). Ora il Dio del vangelo che Paolo e gli evangelisti annunciano il Dio del Nostro Signore Ges Cristo, come dicono gli Atti (At 2,39; 3,13); il Dio dei Padri e Dio Nostro, si rivela adesso il Dio e Padre del nostro Signore Ges Cristo (Rm 15,6; Ef 1,3). Giovanni nel suo vangelo lo dice senza mezzi termini: Dio nessuno lo ha mai visto, ma lunigenito Figlio ce lo ha manifestato (1,18). Cos san Paolo, un colto giudeo educato nella pi strettissima osservanza della legge dei padri, nel saluto conclusivo della Seconda lettera ai Corinzi, pone ogni cosa al punto giusto: La grazia del Signore nostro Ges Cristo, lamore di Dio, e la comunione dello Spirito santo, siano con tutti voi (13,13); esso non parte dallalto, da Dio, secondo una linea discendente, ma dal basso, da Ges Cristo perch lui la chiave di lettura che ci permettere di arrivare a capire chi il Dio della nuova fede.
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Ai Magnesii 8,2

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Lesperienza di Mos e dei patriarchi insegna che la fede delluomo biblico era radicata nella storia di una famiglia, di un clan, di un popolo. E il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, il Dio dei vivi e non dei morti, concetto ripreso da Ges nella famosa discussione con i Sadducei quando doveva difendere la fede nella resurrezione, per ribadire che le persone del passato non sono finite nel nulla, poich Dio stesso la loro vita (cfr. Mt 22,32). Ges stesso nel vangelo di Giovanni si pone scandalosamente in rapporto diretto e addirittura di precedenza con Abramo affermando: Prima che Abramo fosse io sono (8,58) equiparandosi cio a Dio stesso. Perfino nel giorno di Pentecoste Pietro proclamer solennemente ai giudei: Uomini dIsraele, il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, il Dio dei nostri Padri ha glorificato il suo servo Ges, che voi avete consegnato e rinnegato di fronte a Pilato (At 3, 12.13), ribadendo che la resurrezione di Ges interessa ed in continuit con la storia del popolo di Israele. Lenigmatica e solenne espressione che leggiamo nellApocalisse Colui che era, che e che viene (1,4.8; 4,8; 11,17; 16,15) richiama questa linea di sviluppo nella prospettiva della fede ebraica nel Dio della storia, nel Dio che era nel passato in Egitto per liberare il suo popolo attraverso il mar Rosso e per attuare le sue promesse nel tempo avvenire; Giovanni sa bene che il Dio di questa definizione legato alla persona e al destino di Ges Cristo, di cui lautore della lettera agli Ebrei sottolinea che lo stesso ieri, oggi, e nei secoli (13,8). Sulla stessa linea di una continua-discontinuit, lautore della lettera agli Ebrei apre il suo scritto proprio cos: Dio, che nel tempo antico molte volte e in diversi modi aveva parlato ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente in questi giorni ha parlato a noi per mezzo di uno che Figlio, che costitu erede di tutte le cose e per mezzo del quale cre l'universo (1,1-2) In sostanza, ci che gli antichi profeti hanno fatto nei confronti della storia dIsraele e delle sue tappe maggiori (Abramo e i patriarchi, Mos e lesodo, Davide e la monarchia, lesilio babilonese), i primi cristiani lo hanno fatto a proposito di Ges e della sua vicenda (terrena e ultraterrena); l che hanno visto ancora una volta allopera il Dio dei Padri che portava a compimento ci che precedentemente aveva iniziato. Partendo dallesperienza storica di Ges di Nazaret e considerando tutta una serie di elementi, se da una parte pu emergere chiaramente la continuit del Dio di Ges con il Dio di Israele, altrettanto chiaramente dallaltra si denota la discontinuit con la fede tradizionale del suo popolo. Ecco allora lelemento specifico e fondante del monoteismo cristiano: 47

La fede cristiana abbraccia quel Dio concreto che Ges Cristo ha rivelato come suo Dio e Padre.

Dio e Padre di Ges


Ges ci ha rivelato il Dio unico, e ha lavorato per edificare il suo Regno: ma di chi parla Ges quando parla di Dio? A chi intendono riferirsi gli autori neotestamentari quando scrivono ho Thes (il Dio con larticolo)? Quando parla del Dio unico, il Dio dIsraele, Ges gli applica spesso il nome di Padre e si pone in un specialissimo rapporto con Lui, anzi esclusivo, come Figlio suo. Tre aspetti della vita di Ges confermano la peculiare caratteristica di questo rapporto: la sua preghiera, le sue parole e la sua prassi. La preghiera strettamente intima e personale con il Padre; In quello stesso istante Ges esult nello Spirito Santo e disse: Io ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, che hai nascosto queste cose ai dotti e ai sapienti e le hai rivelate ai piccoli. S, Padre, perch cos a te piaciuto (Lc 10,21; Mt 11,25); Io e il Padre siamo una cosa sola (Gv 10,30); Tolsero dunque la pietra. Ges allora alz gli occhi e disse: Padre, ti ringrazio che mi hai ascoltato. Io sapevo che sempre mi dai ascolto, ma l'ho detto per la gente che mi sta attorno, perch credano che tu mi hai mandato (11,41-42) Cos parl Ges. Quindi, alzati gli occhi al cielo, disse: Padre, giunta l'ora, glorifica il Figlio tuo, perch il Figlio glorifichi te (17,1); E ora, Padre, glorificami davanti a te, con quella gloria che avevo presso di te prima che il mondo fosse (17,5) Io non sono pi nel mondo; essi invece sono nel mondo, e io vengo a te. Padre santo, custodisci nel tuo nome coloro che mi hai dato, perch siano una cosa sola, come noi (17,11) E diceva: Abb, Padre! Tutto possibile a te, allontana da me questo calice! Per non ci che io voglio, ma ci che vuoi tu (Mc 14,36) Ancora: Padre, perdonali, perch non sanno quello che fanno (Lc 23,34) Padre, voglio che anche quelli che mi hai dato siano con me dove sono io, perch contemplino la mia gloria, quella che mi hai dato; poich tu mi hai amato prima della creazione del mondo. Padre giusto, il mondo non ti ha conosciuto, ma io ti ho conosciuto; questi sanno che tu mi hai mandato (Gv 17, 24-25) Ora l'anima mia turbata; e che devo dire? Padre, salvami da quest'ora? Ma per questo sono giunto a quest'ora! Padre, glorifica il tuo nome. Venne allora una voce dal cielo: L'ho glorificato e di nuovo lo glorificher! (Gv 12, 27-28) 48

Bisogna poi rilevare il modo con cui Ges parla abitualmente di Dio come Padre prescindendo da una personale associazione con i discepoli: parlando a loro o alla gente non dice mai il NOSTRO Padre, bens il Padre vostro (Mt 5,16; 5,45; 5,48; 6,4; 6,8.15; 10,20.29; 23,9. Lc 6,36; 12,30.32; Mt 5,16.45.48; 6,1.14.26.32; 7,11; Mc 11,25; Lc 11,13). il loro Padre , (Mt 13,43) il Padre tuo (Mt 6,4.6.18). Anche linvocazione aramaica Abb = pap, riportata da Marco, permette di intravedere loriginalit e lessenza stessa del suo rapporto con il Padre; mai nessun ebreo si era permesso di rivolgersi a Dio come un fanciullo si rivolge a suo pap, al suo babbo, con la stessa semplicit, la stessa intimit e lo stesso abbandono fiducioso. Inoltre nella lingua aramaica questo termine non viene mai usato in senso figurato, ma sempre in senso reale, per indicare il padre naturale o adottivo. Anche nella prassi emerge un profondo nesso esistente tra lui e Dio come Padre. Nella classica parabola lucana del figlio prodigo, per esempio, non si parla in astratto della paternit di Dio, ma Ges stesso la racconta per giustificare il proprio operato: quello cio di far capire come Dio stesso agisca attraverso lui per cercare e trovare i suoi figli perduti.

Ges il Figlio di Dio Padre


Un particolare tipo di paternit di Dio nel NT riguarda il suo specialissimo ed esclusivo rapporto con Ges Cristo come Figlio suo. La rivelazione di Dio Padre per opera di Ges Figlio riveste una dimensione del tutto nuova e inattesa. Si deve subito scartare in toto la serie delle tre possibili forme di parallelismo figlio di Dio offerte dalla storia delle religioni nelle quali non possibile catalogare Ges. La prima annoverabile in quella categoria di persone che chiamiamo mitologiche come gli eroi nella grecit (figli di un dio e di una donna mortale) e gli angeli in Israele; 123 che poi non sia etichettabile come eroe risulta in generale dal fatto che connotato da una dimensione ben precisa (non tiene quindi il paragone per esempio con Ercole, di cui pur si legge in Ovidio che era illustre prole di Giove (Metamorfosi IX, 229) e che alla sua morte sulla pira il Padre onnipotente tra le profonde nubi e lo port tra gli astri radiosi (ivi, 271s); in particolare, va detto che il concepimento verginale di Ges n proclamato da tutti gli scrittori neotestamentari (per esempio sia Paolo che Giovanni e Marco lo ignorano) n inteso da chi lo tramanda (Matteo e Luca) come un intercorso sessuale tra un dio e una donna mortale (visto che per essi si tratta di Dio stesso). La seconda quella dei cosidetti uomini divini nella grecit e dei giusti in Israele: egli infatti non si presenta propriamente come dio n semplicemente annoverabile tra i giusti osservanti della Torh (legge) mosaica. I casi di Empedocle, Pitagora e Platone ne sono una conferma. Quanto al
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Che non sia un angelo fin troppo chiaro (secondo Felice e gli altri TdG Ges larcangelo Gabriele; ne parla alla pag. 495 ss; in questo elaborato il tema non viene approfondito)

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pi recente Apollonio di Tiana, seconda met del I sec. d.C., basta vedere ci che ne scrive Filostrato, Vita di Apollonio 1,6: I suoi conterranei dicono bens che Apollonio figlio di Zeus, ma linteressato si dice figlio di Apollonio (trad. it. di D. Del Corno, Adelphi, Milano 1978, 65). La terza categoria dei figli di Dio, anchessa incompatibile con Ges, quella dei sovrani che godono della regalit, o almeno non quelli di ambito ellenistico-pagano, venerati come dei accanto ad altre divinit. Infatti, da una parte, i racconti di miracolo che lo riguardano non solo non esprimono tuta la sua identit ma forse neanche quella pi tipica, e daltronde lappellativo thos, dio, a lui attribuito, tardivo e raro e comunque implica una partecipazione allunico Dio; dallaltra egli dimostra una notevole libert nei confronti della legge mosaica, tanto da non poter apparire tout-court come un semplice giusto. Diverso il caso del Messia davidico come re dIsraele la cui filiazione divina solo in apparenza pu essere lunico parallelo possibile per Ges; infatti da una parte il concetto di filiazione divina di Ges non inteso in senso terreno-politico (vedi le categorie del profeta e del figlio delluomo per giunta sofferente!), ne solamente riducibile ad una semplice adozione (come avviene nei testi ebraici per il Messia), ma inteso in un senso molto pi forte. Tra tutti i figli di Dio Ges afferma una sua relazione propria, esclusiva, con questo Padre, lui non un figlio di Dio come lo siamo tutti noi, ma il Figlio a un titolo esclusivamente personale. La sua filiazione unica: Figlio di Dio per natura, noi siamo figli adottivi di Dio, per grazia, per partecipazione. Questa distinzione sottolineata anche nelle parole di Ges Risorto alla Maddalena: Io salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro (Gv 20,17). Un passo di fondamentale importanza Mt 11, 25-27, dove si capisce perch Ges possa dire Abb rivolgendosi a Dio: Tutto mi stato dato dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare. Il Padre e il Figlio vivono in una comunione di conoscenza reciproca ed esclusiva da cui sono esclusi gli altri. Questa conoscenza fondata sulla originalit singolare, unica, della loro relazione reciproca di paternit e di filiazione. Ges ha la consapevolezza di avere una conoscenza di Dio perfettamente identica a quella che il Padre ha di Lui, che quindi di natura divina e che suppone anche un carattere divino. Ci si spiega con il fatto che lui e soltanto lui il Figlio. E soprattutto nel vangelo di Giovanni, chiamato anche vangelo del Padre che lidea di paternit attribuita a Dio raggiunge il suo vertice: 10, 14-15 (il buon pastore), 17,3 (la vita eterna consiste in questa conoscenza) e 17,25-26 (la conoscenza del Padre per opera di Ges). Riguardo al titolo Figlio di Dio rivolto a Ges, Felice per la prima volta cita un libro, ALLALBA
DEL CRISTIANESIMO, prima della nascita dei dogmi, di uno dei pi noti biblisti a livello mondiale,

il padre domenicano Marie-Emile Boismard, che in effetti ci riporta con i piedi per terra 50

ridimensionando il significato di questo titolo nei confronti di Ges contro le esagerazioni di coloro che, come dice, si sono spinti troppo forzatamente oltre il dato biblico. Si gi citata allinizio del nostro studio una sua chiara riflessione che arriva nel cuore del problema. Dal momento che verr citato parecchie volte da Felice nel corso del suo libro a conferma e sostegno delle sue tesi, (in sostanza per darsi ragione), necessaria a riguardo una importante premessa: lo studioso Boismard un padre domenicano e noto biblista, e dunque certamente non allineato alle posizioni di Felice e dei TdG in materia di fede cristiana; le citazioni fatte da Felice nel suo libro dunque, se non debitamente inserite nel contesto e nel pensiero generale dello studioso, potrebbero risultare fuorvianti per qualsiasi lettore che le accostasse cos di primo acchito al discorso della divinit di Cristo o al mistero della Trinit. Avremo modo di notare in seguito qualche esemplificazione. Ma vediamo, a riguardo del titolo Figlio di Dio, come viene citato da Felice il Boismard: Giovanni stesso ha riconosciuto che il titolo <<Figlio di Dio>> non aveva un significato trascendente; si tratta solamente di una filiazione adottiva, come in Salmo 2,7: un <<semplice titolo messianico>>Cristo stesso avrebbe dichiarato alle autorit giudaiche che il titolo <<Figlio di Dio>> non aveva valore trascendente: rivendicare questo titolo non significava bestemmiare. (AllAlba del Cristianesimo Prima della nascita dei dogmi. Marie-Emile Boismard (2000) Edizioni PIEMME; pagg. 68, 154)124 Cos recita la testuale citazione di Felice, che induce il lettore a pensare che il Boismard ridimensioni di molto la figura e la persona di Ges, negandogli la sua trascendenza e attribuendogli solamente una filiazione adottiva nei confronti del Padre; ma basta controllare il libro di Boismard per notare alcune importanti omissioni, che come al solito sono riportate in rosso Nel suo vangelo (10, 31-36) Giovanni stesso ha riconosciuto che il titolo <<Figlio di Dio>> non aveva un significato trascendente; si tratta solamente di una filiazione adottiva, come in Salmo 2,7: un <<semplice titolo messianico>>Interrogando il vangelo di Giovanni, specialmente il suo prologo (1,1-18), arriveremo a dei risultati pi positivi. Secondo Giovanni 10, 31-36 Cristo stesso avrebbe dichiarato alle autorit giudaiche che il titolo <<Figlio di Dio>> non aveva valore trascendente: rivendicare questo titolo non significava bestemmiare. E la ragione per la quale, nel suo vangelo, Giovanni preferisce dare a Cristo il titolo di Unigenito (monogens), che non d adito ad alcuna ambiguit. Questo titolo si legge precisamente nel prologo del vangelo, ai versetti 14 e 18125

124 125

Felice Buon Spirito, LA TRINIT, 51 Marie-Emile Boismard, ALLALBA DEL CRISRTIANESIMO, 67,68. 154

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Intanto si nota come la citazione, o meglio le citazioni del Boismard a cui fa riferimento Felice riguardano Gv 10, 31-36 (che Felice naturalmente evita di ricordare) e non il vangelo nella sua totalit. Inoltre, il Boismard si soffermato solamente sul significato del titolo di Figlio di Dio attribuito a Ges, ma non ha messo in discussione ne la sua trascendenza ne il suo essere divino: infatti proprio perch il titolo Figlio di Dio di per s non indica necessariamente una filiazione naturale, come ricorda la nota della BG in Mt 4,3, ma pu benissimo comportare una filiazione adottiva, come ricorda chiaramente Boismard, Giovanni chiama Ges l Unigenito (anche qui citazione evitata da Felice) togliendo cos ogni ambiguit circa la sua divinit. Ecco altri passaggi di Boismard: Ma Giovanni IIb va pi lontano: bisogna credere anche che Ges il Figlio Unigenito di Dio. Questo titolo implica la fede nella sua divinit (Giovanni 1,1. 14; 20,28)126 Dunque per Giovanni il Logos Dio. Di conseguenza, se parte del termine attraverso il quale Filone designa il Logos, Primo-Generato (protognes), lo trasforma in Unigenito (monognes), espressione che introdurr ai versetti 14 e 18 del prologo (si veda anche 3,16.18 e 1Giovanni 4,9) e che evita tutto il riferimento al resto della creazione127 Il vangelo di Giovanni si attiene, dunque, alla tradizione biblica, secondo la quale questo titolo, lo stesso rivendicato da Cristo, non implica un significato trascendente. Ma poich Giovanni crede che Ges sia Dio, preferisce chiamarlo l Unigenito (Giovanni 1,14.18; 3,16-18; si veda anche 1Giovanni 4,9), titolo che non pu essere rivendicato da un uomo che sia solo tale128 Tornando al particolare rapporto tra Ges e il Padre, egli si presenta anche come un tuttuno nellazione e nellessere con il Padre: Le opere che io compio nel nome del Padre mio, queste mi danno testimonianzaIo e il Padre siamo una cosa sola (Gv 10, 25-30). E per questo che i Giudei cercavano di ucciderlo, perch lui essendo un uomo chiamava Dio suo Padre e si faceva uguale a Dio (cfr. Gv 5,18 e 10,33). Anche Gv 14, 9 -11 sottolinea come Ges non sia semplicemente unito moralmente al Padre, ma sia un tuttuno con Lui nellessere. Ges dice a Filippo: Non credi che io sono nel Padre e il Padre in me?Io sono nel Padre e il Padre in me Perci colui che vede il Figlio vede il Padre: Chi ha visto me ha visto il Padre. Ecco il pieno significato della paternit divina: Dio Padre perch possiede un Figlio unico, da tutta leternit; cos, nel rivelarsi essenzialmente come Figlio di Dio, Ges rivela, per il fatto stesso che Dio essenzialmente il Padre, suo Padre.
126 127

Idem, 79. 106 Idem, 112 128 Idem, 85

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Per il cristiano, dunque, la paternit di Dio non si misura pi primariamente in rapporto alluniverso o a un popolo specifico, ma in rapporto a Ges Cristo, la cui filiazione unica definisce Dio stesso.

Lo Spirito di Dio condiviso da Ges Cristo


Basta sfogliare un qualsiasi dizionario biblico per renderci conto di come la realt dello spirito attraversi tutta la storia della salvezza, passando per Mos e i profeti fino a giungere a Ges di Nazaret e alla sua intera vicenda. E evidente per questo che si presentino una veriet di significati e di comprensioni dello stesso che vanno dalla forza o potenza di Dio a una vera e concreta realt personale, indipendente nella volont, nelle decisioni e nelle azioni. Gi il giudaismo contemporaneo alle origini cristiane conosceva una serie di ipostasi divine o attributi personificati che, distinguendosi dai vari esseri angelici non ritenuti propriamente divini, manifestano i diversi modi di rapportarsi di Dio nei confronti dell uomo: sono la Parola, la Sapienza e lo Spirito. La riflessione cristiana attribu le prime due direttamente a Ges Cristo (basti pensare alla Parola personale del prologo del vangelo di Giovanni, e alla Sapienza ordinatrice e creatrice del cosmo nella Lettera di Paolo ai Colossesi 1,15-20).129 Di particolare interesse lo spessore semantico, unico nel suo genere, che la Bibbia riconosce allo Spirito risaltandone la sua qualit di natura divina: litaliano spirito infatti viene dal latino spiritus che maschile, ed ha il corrispettivo nellebraico rach che femminile e nel greco pnema che neutro, cosicch parlando dello spirito si potrebbero usare indifferentemente i pronomi egli, ella, esso.130 E chiaro che non tutte le volte dove si parla dello spirito nella sua relazione con Dio (ma anche quando si parla dello spirito delluomo), detto che si tratti sempre di una persona, mentre certo che si ha a che fare almeno con una sua personificazione letteraria; lo spirito infatti presentato come soggetto di svariate azioni, ingrediente principale nei pi disparati momenti e forme dellintervento divino, associato particolarmente ad alcuni tipi di persone. La cosa pi interessante e importante da notare che lAT considera sempre lo spirito come una propriet esclusiva di Dio, perch unica la sua origine e unico il suo elargitore. Ed a questo proposito che, sulla base del NT, si deve constatare una delle pi originali novit della fede cristiana: accanto a Dio trova posto un nuovo possessore dello spirito e quindi un suo nuovo elargitore nella persona di Ges Cristo. Ma qui necessario distinguere bene le cose per rispondere adeguatamente a Felice.

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Ci sar modo nel corso del lavoro di analizzare tutti questi particolari passi (Gv 10, 25-30; 5,18 e 10,33; Col 1,15-20) per largomento in questione. 130 Riguardo allutilizzo del pronome personale maschile greco kenoj egli/quegli per pnema spirito che di genere neutro, si affronteranno alcuni testi del vangelo di Giovanni.

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Collocandosi da un punto di vista non speculativo bens storico-salvifico, i primi scritti cristiani non disquisiscono su un possesso ab eterno dello spirito da parte di Ges a livello disincarnato, ma narrano concretamente lincontro tra di loro prima nel momento del Ges storico poi in quello del Ges glorificato. La vita di Ges particolarmente piena dello spirito come testimoniano molto bene i sinottici e anche lo stesso Giovanni, anche se nel quarto vangelo che emerge un pi ricco e profondo insegnamento pneumatologico anche in questa prima fase.131 In effetti il rapporto di Ges con lo spirito non differisce molto da quello dei grandi protagonisti del passato israelitico, essendo sostanzialmente una forza che lo assiste dallesterno. E da notare anche che i racconti evangelici, come in genere nellAT, parlano sempre di discesa dello Spirito sopra Ges, mai dentro. Solo con la Pasqua, e qui arriviamo alla pi importante caratteristica dello Spirito intimamente connesso con Ges risorto, avviene che lo Spirito di Dio o Spirito Santo diventa effettivamente e pienamente condiviso da lui: Ges, come gi si accennava, non pi tanto un fruitore passivo dello Spirito ma ne diventa elargitore attivo. Giovanni lo dice chiaramente quando riporta le stesse parole di Ges secondo cui dal suo seno sarebbero scaturiti fiumi dacqua viva: Questo egli disse riferendosi allo Spirito che avrebbero ricevuto i credenti in lui: infatti non c'era ancora lo Spirito, perch Ges non era stato ancora glorificato (7,39); Dopo aver detto questo, alit su di loro e disse: Ricevete lo Spirito Santo (20,22); Infatti colui che Dio ha mandato proferisce le parole di Dio e d lo Spirito senza misura (3,34); Innalzato pertanto alla destra di Dio e dopo aver ricevuto dal Padre lo Spirito Santo che egli aveva promesso, lo ha effuso, come voi stessi potete vedere e udire (At 2,33). La sua identit di Risorto strettamente correlata dalla sua capacit di donare lo Spirito Santo. Anche Paolo in molte sua lettere parla indistintamente di Spirito del Figlio (Gal 4,6), Spirito di Cristo (Rm 8,9) o Spirito di Ges Cristo (Fil 1,19): una prima novit consiste appunto nellattribuire lo Spirito a Ges, diversamente dalla tradizione dIsraele che non conosceva unattribuzione diretta dello Spirito al Messia. Inoltre le formule Spirito di Dio o Spirito Santo sono tradizionali in Israele e nel giudeo-cristianesimo, ma lattribuzione diretta della Rach al Figlio di Dio come Cristo-Messia inedita e ancor pi per il fatto che questi titoli sono attribuiti a un uomo come Ges crocifisso e risorto.
131

Solo un accenno. Per esempio Gv 4,23, la frase adorerete il Padre in Spirito e verit, va intesa non tanto nel senso di un mero culto interiore quasi che chiami in causa una certa razionalit, ma nel senso che il culto reso a Dio devessere animato dal suo Spirito, che nel contesto giovanneo richiama la necessit della rivelazione portata da Ges. Anche i discorsi dellultima Cena dei cap. 14-17 viene sottolineato un particolarissimo rapporto tra lo Spirito (di cui detto pure che procede dal Padre 15,26) e Ges: Ges stesso, per esempio, ricorda che la sua partenza addirittura necessaria perch lo Spirito possa manifestarsi (16,7) e che venendo porter con se nientaltro se non ci che riguarda Ges stesso (16,14); pi volte si parla dello Spirito di verit detto anche Paraclito che in greco significa letteralmente ad-vocatus, dunque assistente, garante, protettore. Lo stesso titolo dato a Ges risorto in 1Gv 2,1, per dire che se noi pecchiamo egli prende le nostre parti presso il Padre.

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Paolo in 1Cor 15,45, in riferimento a Gn 2,7, ritiene Cristo Spirito vivificante in quanto con la sua resurrezione acquisisce una nuova funzione salvifica, e lo colloca sullo stesso livello soteriologico di Dio stesso, al quale solo secondo la Bibbia, appartiene la capacit di dare la vita (cfr. 1Re 5,7; Nem 9,6; Sl 70,20; Ql 7,12). Per il cristiano dunque lo Spirito non solo semplicemente una personificazione, n appartiene a un Dio disincarnato, ma ben cosciente che non esiste da solo perch condiviso da Ges Cristo e in base a questa condivisione a due ne fa emergere la personalit; come tra il Padre e il Figlio, cos tra lo Spirito e il Figlio: non pi possibile pretendere di rapportarsi allo Spirito senza coinvolgere la persona e la vicenda di Ges Cristo, e viceversa entrare in comunione con Cristo senza necessariamente diventare partecipi del suo Spirito (2Cor 5,17). Linsistenza di Felice sullidea dello spirito solo come una semplice forza o potenza fuori posto: il semplice fatto di citare dizionari biblici, come per esempio alle pagg. 53-54 del suo libro, in modo parziale per riportare solo ci che fa comodo segno di poca seriet. Scrive Felice: Il semplice fatto che allo Spirito venga attribuita unattivit intellettuale (per es. parlare, ispirare, suggerire, ecc.: At 8, 29; Rm 8 6-9) non sufficiente a farci concludere che si tratti di persona: personificazioni simili sono frequenti nella Bibbia. (Dizionario dei concetti biblici del Nuovo Testamento (1991) a cura di L. Coenen, E. Beyreuther e H. Bietenhard EDB; pagg. 1780,1781)132 Certamente vero ci che scrive Felice, ma altrettanto vero quello che poco dopo lo stesso dizionario riporta letteralmente e che Felice appositamente omette: 6) Lo Spirito di Dio come persona La personalit divina dello Spirito santo invece chiaramente affermata nei passi in cui viene nominato accanto al Padre o insieme con Cristo Signore, per cui il concetto di personificazione letteraria sarebbe un controsenso Ma soprattutto nel quarto vangelo che lo Spirito santo viene descritto nei contorni di una persona divina, distinta da Padre e dal Figlio Abbiamo quindi, nel quarto vangelo, tutto un insieme di elementi da cui risulta in modo chiaro che lo spirito di Dio o di Cristo persona133 Lo stesso dicasi del McKenzie citato cos da Felice: Lo spirito di Yahweh o lo spirito di Dio (Elohim) una forzalo spirito di Elohim una forza neutrale o indifferente, e lo spirito di Yahweh una forza che compie le opere di Yahwehla forza che ispira la profeziaE la forza creatrice di YahwehRiepilogando, nellAT lo spirito, in origine vento e soffio, concepito come una divina entit dinamica con la quale Yahweh realizza i suoi
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Felice Buon Spirito, LA TRINIT, 53 DCBNT, 1794-1795

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finiRimane comunque impersonale. (Dizionario Biblico (1981) J.L. McKenzie; pagg. 946,947)134 Lo stesso dizionario parlando dello spirito nel NT dice: La teologia dello spirito diventa ancora pi elaborata ma non ancora sistematica E evidente che la formula battesimale di Mt 28,19 si allontana in modo sorprendente dagli usi accennati; ed possibile che questo versetto, come altri in Mt, rappresenti una forma di fede pi evoluta. Lelencazione delle tre persone sotto il nome forse la pi esplicita enunciazione del carattere personale dello spirito in tutto il NT Qui (come in Mt 28,19) troviamo una elencazione di Ges, Dio ( = il Padre) e lo Spirito (2Co 13,13) che supera lidea comune dello spirito in Paolo e offre la possibilit di intravedere che la nuova vita in ultima analisi opera di una realt personale, come le azioni creative e salvifiche del Padre e di Ges. Come si osservato il nome stesso di spirito e il carattere della realt e delle opere dello spirito esigono che noi allarghiamo la nostra idea della personalit divina In Gv lo spirito appare soprattutto come Paracleto, spirito di verit Qui forse una realt personale distinta asserita pi esplicitamente che altrove nel NT. Il Paracleto condivide le sue funzioni con Ges, ma la distinzione tra i due sembra evidente135 Anche la citazione del Boismard, cos com riportata da Felice da adito solo a una mezza verit; scrive Felice: S, Nella Bibbia lo Spirito non mai concepito come una persona, ma semplicemente come la manifestazione della potenza di Dio. (AllAlba del Cristianesimo Prima della nascita dei dogmi. Marie-Emile Boismard (2000) Edizioni PIEMME; pagg. 145, 146)136 Certo, Boismard st parlando delle tradizioni giudaiche e ricorda come nella Bibbia, affrontando la questione in modo generale, lo Spirito non sia stato considerato una persona (cos sempre nellAT) ma una forza o la potenza del Signore. Ma ricorda anche che dopo ulteriori sviluppi si giunti ad una nuova comprensione della fede Prima che la fede in un Dio-Trinit si radichi bisogner attendere che questa filiazione venga concepita come naturale, che si faccia di Cristo qualcuno uguale a Dio. Certamente ci non avvenne prima della fine del primo secolo. E necessario aspettare ancora perch si concepisca lo Spirito come una persona e non pi solo come la potenza di Dio137

Crisi del monoteismo138


134 135

Felice Buon Spirito, LA TRINIT, 54 DBMK, 948. 950-951 136 Felice Buon Spirito, LA TRINIT, 54 137 Marie Emile Boismard, ALLALBA DEL CRISTIANESIMO, 157

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E certo che la fede cristiana sembra aver messo in discussione il cardine della fede di Israele: lo stretto monoteismo. Ed proprio nei confronti di questo cardine che emerge lorigine della fede trinitaria cristiana. Il dato primario della nuova confessione che fin da subito, cio a partire dal terzo giorno, fu chiaro e tipico per i cristiani che Ges era stato associato alla signoria di Dio, chiamato e riconosciuto Signore, appellativo non riferito ad altri se non al Dio trascendente come era per la fede ebraica. Un unico titolo dunque designa insieme Dio e un uomo, per di pi un crocifisso risorto. Lelezione del
pnema alla Triade divina fu un fatto secondario, non perch fosse meno

importante, ma perch avvenne in un secondo momento. Ma andiamo ad un testo molto significativo di Paolo: E in realt, anche se vi sono cosiddetti di sia nel cielo sia sulla terra, e difatti ci sono molti di e molti signori, per noi c' un solo Dio, il Padre, dal quale tutto proviene e noi siamo per lui; e un solo Signore Ges Cristo, in virt del quale esistono tutte le cose e noi esistiamo per lui (1Cor 8,5-6). Ci che di fondamentale colpisce di questa confessione di fede la distinzione netta tra un solo Dio e un solo Signore. A monte di questa formulazione c sicuramente quella della tipica fede israelitica dello emc: Ascolta, Israele: il Signore nostro Dio un Signore unico139 (Dt 6,4). Ebbene il testo paolino disgiunge ci che qui strettamente unito, anzi sovrapposto come equivalente, cio i due titoli di Dio (Elohm) e di Signore (Adonay). Per Israele, lunico Dio anche il solo Signore e, viceversa, lunico Signore anche il solo Dio. I cristiani, invece, mentre mantengono lunicit di Dio come Padre, distinguono da lui Ges Cristo come Signore. Non che essi rifiutino al Dio della tradizionale fede ebraica il titolo di Signore, tuttaltro, visto che il NT lo impiega molto in questo senso, ma essi ora lo attribuiscono indifferentemente a lui e a Ges risorto, e non certo perch egli lo abbia conquistato con la forza, come la mitologia greca narra nei suoi
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Da un punto di vista religioso lespressione sta ad indicare lesistenza di un unico Dio (mnos, unico, thos, Dio), in contrapposizione al politeismo (adorazione di pi divinit). Considerando le cose in ordine al cristianesimo, vanno individuati altri due livelli: il monoteismo biblico (la fede del popolo dIsraele) e il monoteismo trinitario, cio in che senso la peculiarit del cristianesimo sia quella di essere il monoteismo dellUni-Trinit. E importante considerare che nel periodo storico dello origini cristiane, detto del Medio Giudaismo, compreso tra il III sec. A.C. e lanno 70 circa del I sec. d.C., la fenomenologia religiosa del momento presentava una variet di tipologie tanto diversificate da rendere pressoch impossibile parlare di ortodossia dominante, cos che il concetto di monoteismo sembrava valere pi a livello teorico e verbale che non di esperienza religiosa vissuta di fatto sul piano pratico e sociale (cfr. LEXICON, Dizionario Teologico Enciclopedico, 679). 139 La doppia ricorrenza del titolo Adonay, Signore, solo la pronuncia corrispondente al tetragramma sacro del nome di Dio scritto Yhwh, e pu essere tradotto in modi diversi: il Signore nostro Dio, il Signore uno solo, oppure il Signore nostro Dio, il Signore solo oppure, come si reso qui, il Signore nostro Dio un Signore unico.

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innumerevoli racconti, ma in quanto Dio stesso che fa dono del nome che al di sopra di ogni altro nome a Ges in forza della sua morte in croce (cfr. Fil 2,9), associandolo con se alla propria signoria e accogliendolo alla propria destra, non come ospite estraneo della propria divinit, bens come suo compartecipe sullo stesso piano. Con ci che abbiamo detto finora si sono intravisti i fondamenti della fede nella Trinit. Le formule binitarie e in seguito trinitarie140 a cui si accennato, documentano la fluidit non della fede, ma della sua espressione che oscill fino al decisivo Concilio di Nicea dellanno 325. La fede, infatti, che sta sempre al di l delle parole, tipica del cristianesimo fin da principio e ne costituisce uno dei capisaldi.141
CONTROESAME DI ALCUNI PASSI BIBLICI PRESI IN CONSIDERAZIONE DA FELICE IN ORDINE ALLA TRINIT

Lanalisi di 650 passi biblici occupa la parte pi consistente del libro di Felice: ben 483 pagine. Ma ci che stupisce maggiormente, a parte il considerevole numero di pagine, la scelta dei diversi versetti biblici. Gran parte, infatti, sono autentici specchietti per le allodole in quanto hanno poco o nulla a che fare con la dottrina della Trinit. Tra i versetti meno indicati sono tutti i passi antico testamentari, perch la Trinit verr rivelata solo in pienezza nel NT; gran parte delle considerazioni e delle conclusioni di Felice dunque, non sono pertinenti, anzi contribuiscono a creare ancor pi confusione soprattutto in chi poco o male informato. Riguardo a questo vorrei aprire una parentesi. Quando ho iniziato a leggere le considerazioni e i commenti di Felice a questi passi antico testamentari, mi sono sembrati subito una forzatura. Notando poi che lo stesso Felice non segnalava nessuna citazione a riguardo, gli chiesi per e-mail se ci che scriveva fosse tutta farina del suo sacco. Mi rispose segnalandomi alcuni siti web dove aveva attinto tali informazioni142 http://www.gotquestions.org/Italiano/Bibbia-Trinita.html http://www.paroladidio.com/public/phpbb3/viewtopic.php?f=11&p=757
http://www.la-bibbia.it/modules.php?name=News&file=article&sid=156

Da una rapida consultazione credo si tratti di siti cristiani evangelici (o comunque delle Chiese riformate) che commentano e riprendono argomenti biblici e dottrinali. Parere strettamente
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Il gi citato Boismard preferir parlare pi precisamente di formule ternarie, pi corrispondenti alla mentalit cristiana dei primissimi anni dopo la resurrezione di Ges; le formule trinitarie sono gi il frutto di unelaborazione posteriore della fede. 141 Cfr. Romano Penna, Il DNA del Cristianesimo, cap. V Il Dio per noi, 154-196 142 Per seriet e scientificit avrebbe comunque dovuto citarli lui nel suo libro.

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personale: ricordo, come gi accennato prima, che trattandosi di passi veterotestamentari, tali commenti mi sembrano troppo possibilisti in favore della Trinit, andando a spingersi oltre il messaggio del dato biblico. Sono comunque interessato e aperto a qualsiasi chiarimento a riguardo, soprattutto, per capire meglio, ascoltando il parere di coloro che trattano di esegesi biblica. Non verranno analizzati tutti i passi presi in considerazione da Felice, in quanto molti sono gi stati trattati nel suo primo libro e conseguentemente ripresi nel mio precedente lavoro; mi limiter piuttosto ad alcune novit (poche per la verit), o a riprendere qualche passo particolare per ribadirne limportanza o per approfondirne il discorso. Vediamo subito degli esempi: GENESI 1,1 Nel principio Dio cre i cieli e la terra. (NR) Felice scrive: La Parola Dio in questo passo traduce la parola ebraica Elohm che il plurale di elhah (dio). I sostenitori della Trinit interpretano questa forma plurale come una prova della Trinit, come se in Dio ci fossero pi persone143 Non c nessuno studioso trinitario ne nessun dizionario biblico che ritiene la forma plurale Elohm come prova inconfutabile per dimostrare la Trinit: mi sembra unautentica forzatura che vada oltre il dato biblico e ingeneri una certa confusione.

GENESI 1,26 Poi Dio disse: Facciamo lumanit a nostra immagine, a nostra somiglianza Riporta Felice: Dalla parola facciamo i trinitari deducono e affermano a voce alta che qui dichiarata la Trinit di Dio in pi persone,144 e ancora: Per farci unidea come anche i trinitari stessi abbiano le idee confuse al riguardo dobbiamo notare i seguenti commenti: 145 seguono poi alcune citazioni di versioni bibliche.

143 144

Felice Buon Spirito, LA TRINIT, 56 Idem, 57 145 Idem, 57

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Anche in questo caso nessun trinitario si basa sul plurale facciamo per fondare la dottrina della Trinit, ne tantomeno lo afferma a voce alta. Sono affermazioni gratuite di Felice che vogliono solo alimentare dubbi. Una risposta pertinente ed equilibrata credo sia quella della CON citata da Felice in modo parziale. Vediamo come al solito prima la citazione di Felice poi quella con le parti omesse in rosso: Facciamoquesto plurale pu indicare una deliberazione di Dio con la sua corte celeste. (CON)146 26 Facciamo questo plurale pu indicare una deliberazione di Dio con la sua corte celeste E comunque opinione dei Padri della Chiesa cristiana che questa espressione lasci intravedere in Dio una pluralit di persone, ma tale interpretazione non fu mai ritenuta vincolante sul piano teologico147 Ecco come stanno le cose: il verbo facciamo lascia solamente intravedere in Dio una pluralit di persone, secondo unopinione dei Padri mai reputata vincolante sul piano teologico. In effetti lo conferma anche lo stesso Ravasi, citato sempre da Felice, dicendo che si trattava di un dialogo di tutta la corte celeste; ecco come viene riportata da Felice la citazione di Ravasi e poi quella originale con le parti omesse in rosso: Facciamonon solo un plurale maiestatico, cio di solennit, n unallusione alla TrinitSi tratta, invece, di un dialogo che coinvolge tutta la corte celeste. (La Bibbia per la Famiglia (1993) G. Ravasi)148 Facciamo lumanit, che non solo un plurale maiestatico, cio di solennit, n unallusione alla Trinit come volevano i Padri della Chiesa (la Trinit verr rivelata solo nel Nuovo Testamento). Si tratta, invece, di un dialogo che coinvolge tutta la corte celeste149 Conclusione: 1 Nessuno studioso dichiara che qui si afferma la Trinit di Dio in pi persone; 2 si fa riferimento o a Dio e alla sua corte celeste, oppure al fatto che si supplisce la 1 persona singolare che non esiste con limperativo plurale, procurando uno sdoppiamento della propria personalit (vedi NA e altri); 3 Non c nessuna confusione a riguardo, ma solo la puntualizzazione che la dottrina trinitaria affonda le sue radici nelle scritture neo-testamentarie, ed ha solide basi bibliche.
146 147

Idem, 57 CON, 24 148 Felice Buon Spirito, LA TRINIT, 57 149 La Bibbia per la Famiglia, Gianfranco Ravasi (a cura di), San Paolo, Milano 1993, 10

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GENESI 3,22 Poi Dio il SIGNORE disse: Ecco, luomo diventato come uno di noi, quanto alla. (NR) Scrive Felice: Qui detto che la Trinit chiara in quanto Dio dice: come uno di noi.150 Ma chi ha detto che qui la Trinit chiara? Solo Felice e gli altri TdG; altro esempio di forzatura del dato biblico. GENESI 11,7 Scendiamo dunque e confondiamo il loro linguaggio, perch luno non capisca la lingua dellaltro! (NR) Dice Felice: Stessa tattica, cio, quella di dimostrare la Trinit con la parola plurale Scendiamo151 Veramente la stessa tattica solo quella di Felice che, come anche in questo caso a mio avviso, si spinge oltre il dato biblico; vedi Gn 1,26. Lo stesso dicasi per Gn 18,1.19,29 dove si narra lapparizione di Jahve accompagnato da 2 o 3 uomini che secondo 19,1 sono due angeli; Felice ancora una volta dice che secondo i trinitari, questo racconto nel quale si parla di alcuni angeli che visitano Abrahamo dimostrerebbe la Trinit. Essi affermano che Dio apparve ad Abrahamo (18:1) e tre uomini sono in piedi accanto a lui (18:2) e secondo loro indica che Dio tre persone152 Siamo allo stesso punto: nessuno studioso ritiene che questo incontro dimostri la Trinit. Certamente molti Padri, come solitamente accadeva quando rileggevano lAT alla luce del Nuovo, nellesperienza di questi tre uomini ai quali Abramo si rivolge al singolare, hanno intravisto un simbolo del mistero della Trinit la cui rivelazione per era riservata al NT. ESODO 3:2-15 L'angelo del Signore gli apparve in una fiamma di fuoco in mezzo a un roveto. Egli guard ed ecco: il roveto ardeva nel fuoco, ma quel roveto non si consumava.
150 151

Felice Buon Spirito, LA TRINIT, 59 Idem, 59 152 Idem, 62

61

Mos pens: Voglio avvicinarmi a vedere questo grande spettacolo: perch il roveto non brucia? Il Signore vide che si era avvicinato per vedere e Dio lo chiam dal roveto e disse: Mos, Mos!. Rispose: Eccomi! Riprese: Non avvicinarti! Togliti i sandali dai piedi, perch il luogo sul quale tu stai una terra santa! E disse: Io sono il Dio di tuo padre, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe. Mos allora si vel il viso, perch aveva paura di guardare verso Dio. Cos esordisce Felice introducendo il famoso brano dellincontro tra il Signore e Mos nel roveto ardente: Anche di questo racconto si pensa che si parli della Trinit153 Ma chi lo pensa? Questo passo non ha nulla a che fare con la Trinit, ma presenta piuttosto una teofania, cio una manifestazione di Dio. Il punto della questione riguarda in generale il concetto di angelo come messaggero, ma particolarmente quello dellangelo del Signore. Vediamo alcune note: 3,2 langelo del Signore: Dio stesso, sotto la forma in cui appare agli uomini. Cf. Gen 16,7+154 LAngelo del Signore che in alcuni passi chiamato pure lAngelo di Dio (Gn 21,17; 31, 11) non va concepito come un essere da porsi a fianco di Dio, quanto piuttosto come il suo rappresentante sulla terra, perch non di rado il racconto biblico tradisce lintervento stesso di Dio (v. 4; 16, 10.13; 31, 11.13)155 2. Questo uno dei testi certi nei quali langelo di Jahve si identifica con la sua stessa divinit: Dio in quanto si manifesta (cfr 6,7-17)156 Langelo del Signore indica Dio stesso157 Angelo dellEterno: Ogni angelo mandato da Dio per compiere una particolare missione pu essere chiamato angelo dellEterno (2 Sa. 24.16; 1 Re 19.5-7). Quando per la Scrittura nellAntico Testamento parla dellAngelo dellEterno, non si tratta di un semplice angelo mandato da Dio, ma di una vera teofania, cio di una manifestazione di Dio stesso, in cui lAngelo dellEterno si presenta come distinto e uno con lEterno ( Es. 3.2-6)158 Nei testi pi antichi dellAntico Testamento, quando si dice Angelo del Signore (o, talvolta, Angelo di Dio) si indica probabilmente Dio stesso in quanto entra in relazione con luomo159
153 154

Idem, 65 BG, 132 155 CON, 84 156 GA1, 162 157 CEI, 48 158 ND, 371 159 TILC, 1746

62

Nei testi antichi langelo di Jahve Jahve stesso che si manifesta (Gen 16,7+; cf. Mt 1,20+); in tempi pi recenti, la trascendenza divina stata messa in risalto distinguendo fra Jahve e il suo angelo160 L angelo del Signore nei testi antichi (Gn 16,7+) rappresentava inizialmente Jahve stesso. Distinto sempre pi da Dio, a motivo del progresso registrato dallangelologia (cf. Tb 5,4+), egli rimane il tipo del messaggero celeste161 MESSAGGERO 1. AT angelo del Signore (Gn 16,9ss; 22,11.15; Es 3,2) = personificazione di Dio in forma umana, attenuando cos ci che lApparizione di Dio stesso poteva avere di troppo materiale 2. NT Angelo del Signore = personificazione di Dio, come nellAT (Mt 1,20; 2,13; 28,2 At 5,19; 8,26; 10,3; ecc)162 Tutte queste indicazioni rispondono pi che sufficientemente alle considerazioni di Felice.

160 161

BG, 2342 Idem, 2086 162 LTBG, 144-145

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ISAIA 6,3 Luno gridava allaltro e diceva: Santo, santo, santo il SIGNORE degli eserciti! Tutta la terra piena della sua gloria! (NR) Secondo Felice, per i trinitari questa una delle pi chiare allusioni al mistero della Trinit, in quanto viene detto un Santo per ogni persona divina163 Ma dove sono qui le persone divine? Si st parlando del Signore degli eserciti! Siamo nellAT dove la stretta fede monoteista di Israele non dava spazio a nessuna idea di persone divine allinterno della divinit. ISAIA 6,8 Poi io udii la voce del Signore che mi diceva: Chi mander? e chi andr per noi? Ed io dissi: Eccomi, manda me. (DI) Dice Felice: Per i trinitari questo passo dimostrerebbe la pluralit di Dio in riferimento a s stesso con le parole mander che un singolare e per noi che un plurale164 Questo un altro caso dove i Padri, interpretando le scritture, hanno trovato un indizio che facesse pensare alla Trinit, ma non che addirittura dimostrerebbe la pluralit di Dio in se stesso. Lo conferma lo stesso GA2 citato anche da Felice ma in modo incompleto; vediamo prima la sua citazione poi quella completa con le parti mancanti in rosso: il pluralesi spiega con lassociazione dei Serafini oppure come semplice plurale di maest. (GA 3Vol)165 Il plurale, che fu gi interpretato come un altro indizio del mistero della Trinit, si spiega con lassociazione dei Serafini oppure come semplice plurale di maest. (GA 2Vol)166

163 164

Felice Buon Spirito, LA TRINIT, 69 Idem, 70 165 Felice Buon Spirito, LA TRINIT, 70 166 GA2, 588

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ISAIA 9,6 Poich ci nato un fanciullo, ci stato dato un figlio; e il dominio principesco sar sulle sue spalle. E sar chiamato col nome di Consigliere meraviglioso, Dio potente, Padre eterno, Principe della pace. (TNM) Felice ritiene che per i trinitari, questo passo indica la divinit di Ges in quanto chiamato con i titoli di Consigliere meraviglioso, Dio potente, Padre eterno e Principe della pace167 I titoli in questione riguardano la cerimonia di incoronazione del re, e sono titoli richiesti dal protocollo reale che gli si davano nella presa di possesso. Non sono dunque direttamente riferiti a Ges Cristo n tantomeno parlano di lui. Ci che conta, piuttosto, limportante significato messianico delloracolo di Isaia riferito in senso pieno a Ges che non viene preso in considerazione da Felice (come del resto anche di altri oracoli o promesse messianiche), sminuendone cos di molto la sua figura. Per precisare non soltanto il luogo, ma anche il significato profetico del ministero di Ges fin dallinizio, solo Mt cita Is 8,23-9,1, modificando per notevolmente il testo. Queste parole danno a tutto il vangelo di Matteo una sua impronta: in Galilea Ges si rivolge a quelle trib del popolo maggiormente minacciate dalla notte pagana, come era stato Israele da parte degli Assiri. In questo modo il suo ministero viene a contatto con tutte le nazioni (28,19). Mentre altri si ritirano nel deserto (per es. la gente di Qumran o Giovanni il Battista) oppure concentrano la loro attivit a Gerusalemme, Ges, lEmmanuele annunziato dal profeta (Is 7,14; 8,8.10), sceglie la Galilea delle genti che Mt ricorda continuamente nel corso del suo vangelo (cf 2,22; 3,13; 4,23.25; 28,16)168 Mt 4,15-16 vede nella proclamazione del regno di Dio fatta da Ges in Galilea, il compimento di questa profezia. Il passaggio repentino in questo versetto da una visione di rovine alla promessa di una restaurazione, prepara la via alloracolo seguente, uno dei passi messianici pi importanti del VT. Loracolo stato inserito nella liturgia cristiana di Natale, e riguarda un brano liturgico preso da una cerimonia di incoronazione del re. Loccasione ribadiva la promessa di unalleanza eterna con Davide rinnovando le speranze in un futuro re ideale che avrebbe realizzato perfettamente lideale dinastico, e non dunque nessun particolare re storico, ma appunto il re davidico ideale, lEmmanuele di 7,14, ultimo rappresentante della discendenza di David e non al prossimo re che sarebbe salito sul trono di Giuda. La tradizione cristiana allunanimit ha visto in Cristo la realizzazione di questa promessa169
167 168

Felice Buon Spirito, LA TRINIT, 71 TOB, 2185 169 Cfr. GCB, 350

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Il resto delle considerazioni di Felice in quelle pagine sono parole in pi. ZACCARIA 11,12- 13 Poi dissi loro: Se vi pare giusto, datemi la mia paga; se no, lasciate stare. Essi allora pesarono trenta sicli d'argento come mia paga. Ma il Signore mi disse: Getta nel tesoro questa bella somma, con cui sono stato da loro valutato!. Io presi i trenta sicli d'argento e li gettai nel tesoro della casa del Signore. (CEI)

In questo caso il passo di Zc 11,12-13 ripreso da Mt 27,9-10 come al solito per dimostrare ai suoi lettori (ebrei convertiti al cristianesimo) che in Ges si compiono le antiche promesse essendo veramente il Messia predetto dagli antichi profeti. Basta leggere la stessa citazione del GA2 (il GA 3Vol un errore di stampa) riportata da Felice anche se in modo incompleto, oppure di altre: 27,10 Jahve lamentava di aver ricevuto dagli israeliti, nella persona del profeta Zaccaria, un salario irrisorio; la vendita di Ges per lo stesso misero prezzo sembra a Mt realizzare la profezia170 12-13. Trenta sicli erano il prezzo di uno schiavo (Es 21,32): il popolo non apprezza lopera del profeta, cio di Dio. Mt 27,9-10 applica questa profezia al tradimento di Giuda171 Il discorso dunque non lidentificazione delle persone del Signore Ges con il Signore, Jahve (come invece credono erroneamente i TdG vedi subito dopo il caso di Mt 1,21), ma lapplicazione dei riferimenti messianici a Ges Cristo tramite la rilettura dellAT alla luce del NT. MATTEO 1,21 Essa partorir un figlio e tu lo chiamerai Ges: egli infatti salver il suo popolo dai suoi peccati (CEI) Dato che Ges, nome proprio molto noto in Israele, significa il Signore salvezza, o Signore, salva!, il fanciullo sar Dio venuto tra gli uomini (vedi Mt 1,23) per liberare dai peccati il proprio popolo, cio Israele. Anche Felice dice sostanzialmente questo, ma con una imprecisione di fondo:

170 171

BG, nota a Mt, 2151 CEI, 960

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Dite agli smarriti di cuore: Coraggio! Non temete; ecco il vostro Dio, giunge la vendetta, la ricompensa divina. Egli viene a salvarvi. (Isaia 35:4; CEI) Cos, dato che il nome Ges, in ebraico Iehoshua, vuol dire: Geova salva (LU), per i trinitari Ges Geova172 Per i trinitari (come li chiama Felice) Ges non Geova, o meglio Jahve, ma il Figlio di Jahve; sappiamo infatti come i primi cristiani hanno da sempre ritenuto il Dio dei Padri, come il Dio e Padre del Signore Ges Cristo: che Ges sia Dio fuori dubbio, ma non nel senso che sia la stessa persona di Javhe o di Geova, perch sono due persone differenti. Non si tratta dunque di identificarne le persone, come se fossero una sola vedi Gv 10,30, ma di accomunarne la natura. MATTEO 3,16-17 E Ges, tosto che fu battezzato, sal fuor dellacqua; ed ecco, i cieli gli si apersero, ed egli vide lo Spirito di Dio scendere in somiglianza di colomba, e venire sopra di esso. Ed ecco una voce dal cielo, che disse: Questo il mio diletto Figliuolo, nel quale io prendo il mio compiacimento. (DI) Abbiamo qui il modello ternario che pi di ogni altro si accosta alla formulazione trinitaria, poich contiene, implicitamente, la menzione del Padre, esplicitamente quella del Figlio e dello Spirito. Ma ancora assente il mistero della Trinit come sar definito pi tardi. Infatti la voce celeste una dichiarazione di adozione, e non di filiazione naturale, come riconosce la nota della BG su Matteo 4,3 (p. 2091): Anche al battesimo (Matteo 3,17) e alla Trasfigurazione (17,5) tale parola non implicherebbe da sola pi che un favore speciale accordato al Messia-Servo. E un primo passo verso il mistero trinitario ma non ancora la Trinit Verosimilmente il mistero della Trinit stato elaborato a partire dalla narrazione del battesimo di Cristo. Ma non si potr precisare fin quando non si sar compreso che Ges era Figlio di Dio, non solo in senso di unadozione divina, ma in quello di una filiazione naturale. Ci non si potuto fare che alla fine del primo secolo, come abbiamo visto nel precedente capitolo sulla divinit di Cristo173 Il pensiero di Boismard semplice e chiaro: lelaborazione del modello ternario della narrazione del battesimo di Ges, il primo passo verso la definizione del mistero trinitario che sar formulato solo pi tardi verso la fine del primo secolo.

172 173

Felice Buon Spirito, LA TRINIT, 83 Marie-Emile Boismard, ALLALBA DEL CRISTIANESIMO, 153-154

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Non si tratta dunque di vedere la Trinit, come ritiene Felice, ma dei fondamenti scritturistici di base che serviranno per la successiva sistematizzazione della fede. Sostanzialmente lo stesso concetto espresso dal Dizionario Biblico di Herbert Haag citato da Felice a pag. 86 del suo libro. MATTEO 11,2-6 Giovanni intanto, che era in carcere, avendo sentito parlare delle opere del Cristo, mand a dirgli per mezzo dei suoi discepoli: Sei tu colui che deve venire o dobbiamo attenderne un altro?. Ges rispose: Andate e riferite a Giovanni ci che voi udite e vedete: I ciechi ricuperano la vista, gli storpi camminano, i lebbrosi sono guariti, i sordi riacquistano l'udito, i morti risuscitano, ai poveri predicata la buona novella, e beato colui che non si scandalizza di me. (CEI) Felice per questo versetto cita la nota di GA3; riporto testualmente la sua citazione e subito dopo quella completa con le parti mancanti in rosso: Ad ogni modo la scrittura abbastanza chiara. Colui che deve venire una espressione ricalcata sul V.T. (cfr. 21,9; 23,39) e in quel tempo apertamente riferita al Messia aspettato. (nota in GA 3Vol174 Questo c. [capitolo] affronta pi direttamente il problema della messianicit e della divinit di Ges, che si imponeva sempre pi allattenzione dei suoi ascoltatori Colui che deve venire una espressione ricalcata sul V.T. (cfr. 21,9; 23,39) e in quel tempo apertamente riferita al Messia aspettato Il Battista pi di un profeta che vede di lontano latteso: il precursore che lo addita presente e al quale Dio aveva riservato un annuncio messianico (v. 10 con la citaz. di Mal. 3,1, che parla di una via da aprire dinanzi a Dio, qui identificato con Ges).175 MATTEO 28,19 Andate dunque e fate miei discepoli tutti i popoli battezzandoli nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo (NR) Riguardo al passo in questione, Felice ritiene che sia uno dei cavalli di battaglia utilizzato dai trinitari per confermare la dottrina della Trinit, in quanto si parla delle tre persone divine unite dal nome. Avremo modo pi avanti di affrontare pi approfonditamente questo aspetto e precisare il discorso di Felice.

174 175

Felice Buon Spirito, LA TRINIT, 90 GA3, 41-42

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Di particolare interesse la sua citazione del libro di Boismard, Allalba del Cristianesimo: Felice riprende il commento dello studioso al passo matteano, ma come spesso capita lo cita fuori contesto, tanto che al lettore mascherato il vero pensiero della fonte citata. Basti ricordare solamente che la comprensione odierna del mistero della Trinit cos come lo ritroviamo nelle formulazioni dogmatiche da Nicea in poi (ununica sostanza in tre persone), o per usare le parole del Kittek citate da Felice una trinit dellunit,176 non certo quella che potevano avere gli apostoli, Paolo e i primi cristiani del NT. E questa laffermazione di fondo del Boismard, che invece Felice non prende in considerazione. Ma, mi ripeto ancora una volta, lo vedremo con pi calma in seguito. GIOVANNI 9,38 Allora egli disse: <<Io credo, Signore!>>; e lador. (ND) Questo un altro passo che i trinitari usano astutamente per cercare di dimostrare che Ges Dio177 Non ritorno sul tema adorazione riservata a Ges nel NT perch gi abbondantemente trattato. Ricordo solo che la questione non riguarda tanto le possibili e legittime traduzione di proskunw (proskyno adorare, prostrarsi, omaggiare, inchinarsi), ma tutto il contesto neotestamentario nel quale si riferisce la proskynesis. Infatti lo stesso Wikenhauser pur avendo scritto che egli si prostra dinanzi a lui per rendergli omaggio e non per adorarlo come la NM, crede ugualmente in Ges come vero uomo e vero Dio, perch condivide la stessa natura divina del Padre. Cos anche il Nolli, citato da Felice Molti traducono signore con la s minuscola. Allora egli esclam: <<credo, signore!>>. E si prostr davanti a lui. (Evangelo secondo Giovanni, a cura di G. Nolli (1986) Libreria Editrice Vaticana NVB)178 crede allo stesso modo nella divinit di Ges. E quegli diceva: Credo, Signore, e gli si prostr (GA3) 38. Il verbo gr. tradotto prostrarsi indica in Gv. ladorazione cultuale (4,20-23; 12,20)179 Dove poi Felice veda tutta questa astuzia dei trinitari per dimostrare che Ges sia Dio, lo sa solo lui. ROMANI 10,13
176 177

Cfr. Felice Buon Spirito, LA TRINIT, 99-100 Idem, 121 178 Idem, 121 179 GA3, 247

69

Afferma infatti la Bibbia: Chiunque invocher il nome del Signore sar salvato (TILC) Felice cita cos la nota di Rm 10,13 che richiama la profezia di Gioele 2,32: Invocare il Signore riconoscere implicitamente la propria insufficienza e la sua qualit di donatore e salvatore. (GA 3Vol)180 Ma sufficiente controllare la fonte citata per capire come stanno veramente le cose; come al solito le parti omesse da Felice sono in rosso: Invocare il Signore, o (come dice la citazione di Gioe. 2,32) il nome del Signore che la stessa cosa (il nome se miticamente espressione della natura dellessere), riconoscere implicitamente la propria insufficienza e la sua qualit di donatore e salvatore; quindi una professione di fede (cfr I Cor. 1,2). Paolo applica a Cristo (v.12) il titolo di Signore che il testo di Gioele e tutto il V.T. adoperano come designazione di Jahve; lopera di Cristo infatti la stessa opera di Dio; la nuova alleanza in continuit dellalleanza antica181 Limportante, dunque, come dice chiaramente il GA nella parte della nota appositamente tagliata da Felice, lapplicazione a Cristo (v.12) del titolo di Signore che il testo di Gioele e tutto il V.T. adoperano come designazione di Jahve; alla domanda trabocchetto di Felice: Chi dunque il Signore invocando il cui nome si salvati? E Ges o Dio stesso?182 si risponde: tutti e due! In rapporto a questo passo, Felice rimanda anche a 1Cor 1,2; vediamo cosa dice lo stesso GA3 in nota: Santo sinonimo di cristiano (cfr. 6,1s.) e i cristiani sono appunto coloro che invocano il nome del Signore N. Ges C., cio, riconoscono Ges come Dio, poich nellA.T. invocare il nome di Jahve significava pregare e adorare Iddio

180 181

Felice Buon Spirito, LA TRINIT, 162 GA3, 556 182 Felice Buon Spirito, LA TRINIT, 162

70

GIOVANNI 8,59 Raccolsero allora i sassi per scagliarli contro di lui, ma Ges si nascose e usc dal tempio. (MAR) Ecco cosa dice Boismard nel contesto del rapporto tra Ges ed Abramo In 13,19 Ges dice ai suoi discepoli: Ve lo dico fin dora, prima che accada, perch, quando sar avvenuto, crediate che Io Sono. Ges aveva usato un linguaggio analogo con i Giudei (8, 24-28), dicendo anche a loro: Prima che Abramo fosse, Io Sono (8,58). In questultimo testo, Ges afferma la sua preesistenza, e lespressione Io Sono evoca il Nome divino rivelato a Mos in Esodo 3,14. Dunque, per essere salvati occorre credere nella divinit di Cristo183 Non per nulla i giudei raccolsero dei sassi per scagliarli contro di lui. GIOVANNI 10,30 <<Io e il Padre siamo una cosa sola>>. (CEI) Intanto ricordo subito come non sia assolutamente vero che la traduzione CEI siamo una cosa sola, sia tradotta e interpretata male, come invece ritiene Felice, a motivo dei pregiudizi trinitari, ma una legittima versione del greco n smen; la stessa KIT riporta linglese one (thing) uno (cosa). Altri riportano altrettanto legittimamente un'altra traduzione siamo uno, ma il senso non cambia. Si sono forse sbagliate tutte le altre versioni che riportano una cosa sola o sono mosse anche loro da pregiudizi trinitari? siamo uno IBE, GA, NVP, NR, RL, ND, BLM, RI, CON, GL, LB, NIV una cosa sola TOB, CEI, GCC, PIB, TILC, NA one (thing) - uno (cosa) KIT Vediamo come viene citato il Wikenhauser la frese sottolinea in maniera diretta soltanto l'unit del volere e dell'agire. (LEvangelo secondo Giovanni A.Wikenhauser (1974) Morcelliana; pag. 282)184 Riportiamo ora la citazione completa con le parti omesse in rosso:

183 184

Marie-Emile Boismard, ALLALBA DEL CRISTIANESIMO, 71 Felice Buon Spirito, LA TRINIT, 246

71

La frase io e il Padre siamo una cosa sola (nota che non dice: siamo una sola persona) il modo pi chiaro e perspicuo di esprimere il pensiero, che a Giovanni familiare, dell'unit che unisce il Padre e il Figlio; un'espressione perfettamente parallela ricorre in 1,1 (e Dio era il Verbo). Per essere esatti, si deve dire che la frase sottolinea in maniera diretta soltanto l'unit del volere e dell'agire, per cui le parole di Ges sono da mettersi sulla stessa linea di 5,19 s., 8,16,10,15,12,44 s.; per questa unione di volont e di azione poggia sull'unit di natura. Come si vede, l'unit del Padre e del Figlio non si riduce ad una pura unione personale o ad una unit morale, ma di ordine metafisico. Padre e Figlio, per quanto distinti come persone, sono per identici nella natura, nel volere e nell'agire185 (sottolineature mie) Anche il Grande Commentario Biblico viene citato cos: il Padre e il Figlio sono una cosa sola quanto al pensiero, la volont e lazione. (Grande Commentario Biblico, Raymond E. Brown, Joseph Fitzmyer, Roland E. Murphy (edd.), Editrice Queriniana, Brescia 1973)186 Ecco la citazione completa con le parti mancanti in rosso: Io e il Padre siamo una cosa sola: Ora il Padre e il Figlio sono una cosa sola quanto al pensiero, la volont e lazione (cfr. v. 17 sopra; 5,19s.; 8,16). Tale unione presuppone quella ancora pi essenziale in cui Gv parla in 1,1; Ges non afferma semplicemente che egli e il Padre sono daccordo, ma che sono una cosa sola (hen)187 Anche questa citazione completa smentisce lidea espressa da Felice. Stesso discorso per il Nolli citato cos: uno: uno, una cosa sola (neutro), non una persona sola (maschile)". (Evangelo secondo Giovanni a cura di G. Nolli (1987) Libreria Editrice Vaticana)188 Solo chi si prende la briga di controllare, potr scoprire che anche questa citazione amputata nasconde molto altro n uno: uno, una cosa sola (neutro), non una persona sola (maschile). smen... Frase molto usata nelle prime discussioni sulla SS.Trinit. Contro chi intendeva una persona sola sta il verbo al pl siamo (smen); per chi intendeva un'unit morale soltanto (possibile anche se il Figlio fosse inferiore al Padre o anche un semplice uomo) sta il neutro n una cosa sola189
185 186

LEvangelo secondo Giovanni. Tradotto e commentato da Alfred Wikenhauser, Morcelliana, Brescia 1974, 282 Felice Buon Spirito, LA TRINIT, 247 187 GCB, 1409 188 Felice Buon Spirito, LA TRINIT, 247 189 Nolli, Evangelo secondo, 397. Il commento del Nolli indicato proprio ai TdG, che reputano lunione del Padre con il Figlio solo come una semplice unit morale.

72

In tutta sincerit, dopo la lettura completa di queste citazioni, per evitare giudizi che forse potrebbero risultare troppo pesanti, lascio parlare le loro raccomandazioni
Usate cautela. Ogni evidenza devessere usata onestamente. Non togliete una citazione dal contesto. Accertatevi che ci che dite sia esattamente ci che lautorit citata voleva dire. Siate specifici nei vostri riferimenti190 Accuratezza nelle affermazioni. I testimoni di Geova sono un'organizzazione di verit. Dovremmo voler dichiarare la verit ed essere sempre assolutamente accurati in tutti i particolari. Questo si dovrebbe fare non solo riguardo alle dottrine ma anche nelle citazioni, in ci che diciamo intorno ad altri o nel modo in cui li rappresentiamo, e negli argomenti che implicano dati scientifici o notizie di cronaca. Le affermazioni errate fatte a un uditorio possono essere ripetute e l'errore pu essere ingrandito. Le inesattezze che sono riconosciute da un uditorio suscitano dubbi in quanto all'autorit dell'oratore su altri punti, forse mettendo anche in dubbio la veracit del messaggio stesso191 (il grassetto mio)

GIOVANNI 14,26 Ma il Consolatore, lo Spirito Santo, che il Padre vi mander nel mio nome, egli vi insegner ogni cosa e vi far ricordare tutto quello che vi ho detto. (EP 70)

A proposito dello Spirito Santo, contrariamente a quanto ritiene Felice, non c nessuna obiezione da parte di nessuno perch si debba scrivere Spirito Santo con le maiuscole per poterlo riconoscere come la terza persona della Trinit. Inoltre non vero, come dice Felice, che tutti quelli che credono nello Spirito come la terza persona della Trinit utilizzino le maiuscole, mentre chi non ci crede impieghino le minuscole.192 Emblematico nel nostro caso, il Nolli citato da Felice, che pur credendo nella personalit e divinit dello Spirito Santo, proprio in Gv 14,26 scrive spirito santo in minuscolo. Nelle note del v. 26 infatti dice: t pnema apposiz. semplice (che aggiunge al nome una determinazione ulteriore): nome sostant comune concreto alito, spirito193
190
191

Manuale per la Scuola di Ministero Teocratico, Brooklyn 1974, 155 Manuale per la Scuola..., 110, 10,11 192 Cfr. Felice Buon Spirito, LA TRINIT, 259 193 Nolli, Evangelo secondo, 555

73

t gion artic determ nom sing in posiz oppositiva, perch ripetuto due volte La posiz appositiva dellartic (ripetuto due volte) fa dellintera espressione come il nome personale dello Spirito Santo, sulla linea di quello di Padre e Figlio194 Si ribadisce che, come ben ricorda anche lo stesso Felice, siccome gli antichi manoscritti non avevano le maiuscole, il loro utilizzo in una qualsiasi traduzione moderna in italiano come anche in altre lingue, non ha valore teologico (come nel nostro caso determinare o meno la personalit dello Spirito Santo): piuttosto Felice che strumentalizza le minuscole spirito santo di alcune traduzioni cattoliche e protestanti per difendere a senso unico la sua posizione. Per quanto riguarda il pronome personale kenoj in rapporto allo Spirito, riporto testualmente la considerazione di Felice con la quale termina il suo commento: merita senza dubbio unanalisi Che lo spirito santo non sia una persona anche dimostrato dal fatto che kenoj usato in riferimento a cose. Questo evidente in Luca 10:12 dove si dice che: in quel (ken) giorno vi sar minor severit per Sodoma, che per codesta citt. (Evangelo secondo Giovanni a cura di G. Nolli (1987) Libreria Editrice Vaticana). Si, ken riferito a giorno, il quale non una persona. Similmente in 1 Giovanni 5:16 viene detto: Se uno vede il suo fratello commettere un peccato che non meni a morte, pregher, e Dio gli dar la vita: a quelli, cio, che commettono peccato che non meni a morte. V un peccato che mena a morte; non per quello (kenhj) che dico di pregare. (LU). In questo caso, kenhj usato in riferimento al peccato. Ma il peccato non certo una persona, come non lo lo spirito santo195 (sottolineature mie) Francamente un ragionamento del genere lascia sbalorditi: due sono le ipotesi; 1) o Felice veramente convinto di quello che dice e crede in buona fede che sia la cosa giusta, oppure 2) pur sapendo di sbagliare crede di avere a che fare con determinati lettori che bevono tutto senza informarsi o controllare Personalmente sono fermamente convinto della numero 2. Stupisce non poco, infatti, che Felice non sappia (o faccia finta di non sapere) che in greco esistono genere (femm. masch. neutro), numero (pl. sing.) e caso (nom. gen ecc.); kenV di genere femminile perch mrv (giorno) in greco femminile, cos come marta (peccato) di genere femminile al quale corrisponde il femminile kenhj. Siccome si tratta di greco, non centra nulla il riferimento di kenoj a cose piuttosto che a persone, ma sono fondamentali i generi a cui si riferisce. Il fatto che ci si riferisca molte volte allo Spirito che neutro con il maschile kenoj (egli-lui) significa che si vuol dare allo Spirito una personalit definita. Ecco perch molte traduzioni rendono
194 195

Idem Felice Buon Spirito, LA TRINIT, 261

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con il maschile egli, che si usa per le persone, anzich con il neutro quello che sarebbe preciso se ci fosse il pronome neutro ken. mas. kenoj egli- lui fem. ken essa - lei
Dobbiamo esaminare non solo ci che personalmente crediamo, ma anche ci che insegnato da qualsiasi organizzazione religiosa alla quale siamo associati. Sono i suoi insegnamenti in piena armonia con la Parola di Dio, o si basano sulle tradizioni degli uomini? Se amiamo la verit, non c nulla da temere da tale esame196

neutro ken quello/quella cosa

RIVELAZIONE 1,8 Io sono lAlfa e lOmega, dice il Signore Dio, Colui che , che era e che viene, lOnnipotente! (CEI) Questo il primo versetto di Rivelazione197 (o Apocalisse) preso in esame da Felice. Si notano dei titoli (ma non sono i soli) che vengono attribuiti in questo libro sia a Dio Padre che a Ges Cristo. Secondo Felice, invece, tali titoli sono applicabili solo al Padre, Dio e non a Ges. I molti altri passi citati in seguito da Felice vogliono confermare proprio questo. Prima di zummare qualche versetto, riporto in proposito il pensiero di alcune fonti autorevoli: Il Vivente ( zn: 1,18): proprio di Dio,198 il titolo il Vivente viene dato anche a Cristo in base alla sua resurrezione. Il primo e lultimo, lalfa e lomega (g emi prtoj ka scatoj, t Alfa ka t W: 1,17; 2,8; 22,13): detti di Dio (cf 1,8; 21,6), questi titoli vengono trasferiti a Cristo che, in rapporto col mistero pasquale, indicato come allinizio e alla conclusione della serie omogenea rappresentata dalla storia della salvezza199

196 197

La verit che conduce alla vita eterna, Brooklyn 1968, 13 Etimologicamente la parola apocalisse viene dal greco 'apokluyij (apokalypsis) che significa rivelazione; diventata, nella Chiesa primitiva, il termine tecnico per designare la manifestazione gloriosa di Cristo alla fine dei tempi. 198 Vivente (4,9.10; 7,2; 10,6; 15,7): sulla linea dellA.T. si indica Dio che nella pienezza della vita supera ogni elemento umano, ogni limitazione di tempo (IL MESSAGGIO DELLA SALVEZZA 8, Opera Giovannea e lettere cattoliche = CORSO COMPLETO DI STUDI BIBLICI, Elle Di Ci, Leuman 1990, 388 199 IL MESSAGGIO DELLA SALVEZZA 8, 390

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Gli attributi di Dio nellAT, specialmente quelli dinamici, vengono riferiti a lui [in Ap]: egli il primo e lultimo, lalfa e lomega (1,7; 2,8; 22,13): si trova allinizio e alla conclusione della serie omogenea della storia della salvezza200 8. Alfa e Omega: Espressioni equivalenti, il primo e lultimo, il principio e la fine, riappaiono in riferimento a Dio (21,6) e a Cristo (1,17; 2,8; 22,13). Is (41,4; 44,6; 48,12) aveva gi affermato che Dio era il primo e lultimo, il creatore e la fine di ogni cosa. Sotto linflusso ellenistico il valore simbolico dellalfabeto fu gradualmente assimilato dal giudaismo; la prima lettera associata allultima significava totalit201 Qui [in 1,8] il testo obbliga ad affermare che Dio che parla, come certamente in 21,6; mentre, in 22,13 la stessa parola viene evidentemente messa in bocca a Cristo202 LAlfa e lOmega: prima e ultima lettera dellalfabeto greco (21,6; 22,13), trasposizione nel Cristo di una qualit di Dio, principio e fine di tutto (Is 41,4; 44,6; cf. 1,17; 2,8)203 Cf Is 49,2; Eb 4,12 ove la stessa espressioni applicata a Dio. Qui designa Cristo, come in Ap 2,8 e 22,13204 Dio non pi semplicemente leterno, ma colui che viene. E come non tener presente che il participio <<il veniente>>, qui applicato indiscutibilmente a Dio, connota generalmente il Figlio, soprattutto nella letteratura giovannea, e particolarmente nellApocalisse? Bisogna dunque concludere che, fin dallinizio del libro, quando per la prima volta il nome segreto di Dio viene rivelato, tale nome prende una risonanza cristologica. Questo cristocentrismo, o pi esattamente questo teocentrismo cristologico, una delle grandi costanti dellApocalisse205 ALFA E OMEGA Sono la prima e lultima lettera dellalfabeto greco. Citate insieme, queste due lettere alludono a Dio: principio e fine di tutta la realt. Nel Nuovo Testamento, questa qualit divina viene riferita a Ges Cristo: Io sono lAlfa e lOmega, dice il Signore Dio, colui che , che era e che viene (Ap 1,8)206 Ecco la prima volta di Cristo, che segna il punto culminante della visione. Ritroviamo laffermazione in 2,8 e 22,13, associata in questultimo testo ad altri titoli: Alfa e Omega, principio e fine.
200 201

NDTB, 92 GCBQ, 1444 202 LApocalisse di San Giovanni, traduzione e commento di, 38 203 BG, 2627 204 TOB, z), 2872 205 LApocalisse di San Giovanni, traduzione e commento di, 29-30 206 Enciclopedia del Cristianesimo, 44

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Alfa e Omega erano titoli di Dio stesso in Ap 1,8. NellApocalisse la coppia primo e ultimo si trova sempre riferita a Cristo. Tuttavia lespressione evidentemente presa da testi come Is 44,6 e 48,12, dove si tratta di Dio. Questo transfert cristologico non ci stupisce pi207 [22,13] v. 13. Tre coppie di titoli cristologici. Alfa e Omega, inizio e fine sono predicati di Dio stesso in 1,8 e 21,6 In compenso, si applicano a Cristo i titoli di primo e ultimo, in 1,17 e 2,8. Si tratta di quasi sinonimi. Linteressante che, ancora una volta, il nostro autore insiste sulla qualit e sul ruolo veramente divini di Cristo208 LApocalisse riferisce a Cristo gli attributi di Dio nellAT. Egli il primo e lultimo, lalfa e lomega (1,7; 2,8; 22,13)209 Ges sentito e pensato al livello di Dio Gli attributi di Dio nellAT, specialmente quelli dinamici, vengono riferiti a lui: egli il primo e lultimo, lalfa e lomega (1,7; 2,8; 22,13): si trova allinizio e alla conclusione della serie omogenea della storia della salvezza Con ci si manifesta come equivalente a Dioe gli compete il titolo divino Signore dei signori (17,14; 19,16)210 C un contatto letterale con Is 44,6: cos dice Iahv ebath: io sono il primo e io sono ultimo (e con Is 48,12) Iahv visto qui soprattutto nella sua trascendenza che supera le vicende delle cose. In Ap 1,8 Dio detto alfa e omega; lo stesso titolo applicato a Cristo in Ap 22,13.211 La formula il Primo e lUltimo (ho prtos kai ho schatos) si trova solo come autoqualificazione di Cristo glorificato (1,17; 2,8; 22,13). Si rif alla dizione ebraica degli attributi divini, presente nel Deuteroisaia (41,4; 44,6; 48,12) Unaltra espressione, simile quanto al contenuto, : io sono lalfa e lomega (alfa la prima lettera e omega lultima) e anche: io sono linizio e la fine (22,13). Il trasferimento di questi attributi divini al Risorto indica che Cristo stato innalzato a dignit divina e ha assunto compiti di creatore e di perfezionatore212 [Ap 21,6] Io sono lalfa e lomega, il principio e la fine: laffermazione precedente viene motivata: la realizzazione delle promesse di Dio garantita dal fatto che proprio Dio e Cristo: cf 22,13 sta allinizio e alla conclusione della serie omogenea della storia della salvezza213

207 208

LApocalisse di San Giovanni, traduzione e commento di, 60 Idem, 707 209 LDTE, 824 210 NDTB, 92 211 IL MESSAGGIO DELLA SALVEZZA 8..., 409 212 DCBNT, 694 213 IL MESSAGGIO DELLA SALVEZZA 8..., 448

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Si sa che il tipico ritratto di Ges impiegato per ben 28 volte da Giovanni nellApocalisse reca le sembianze misteriose di un agnello. Particolarmente eloquente il passo in cui la metafora compare per la prima volta: E vidi in mezzo al trono un agnello ritto in piedi come sgozzato (5,6). Il trono quello di Dio, semplicemente detto altrove il Sedente (4,2), ed paradossale che, essendo gi occupato da lui, si dica che ciononostante lAgnello vi sta proprio nel mezzo, a esprimere una vera e propria sovrapposizione. Alla fine del libro avverr unaltra identificazione di questo genere, quando si prospetter la futura citt della Gerusalemme celeste in cui scompariranno le distanze (il mare che sta davanti al Trono scomparir): Il trono di Dio e dellAgnello sar in mezzo a lei e i suoi servi lo adoreranno; vedranno la sua faccia e porteranno il suo nome sulla fronte (22,3-4); qui bisogna notare che le espressioni col pronome singolare i suoi servi, la sua faccia, il suo nome sostituiscono i pi esatti i loro servi, la loro faccia, il loro nome, visto che il testo parla di due esseri, Dio e lAgnello: si vede bene perci che la logica della fede supera la stessa grammatica214 [Ap 5,1-14] a colui che siede sul trono e allagnello: V. 7,10. Come la dossologia offerta tanto a Dio quanto allAgnello, cos la regalit e il dominio appartengono indistintamente al Padre e a Cristo (3,21).215 Nuovo nel N.T. il fatto che accanto a Dio come destinatario della proskynesis adorante sta ora in primo luogo il Cristo innalzato (come risulta in modo particolarmente chiaro, ad es., in Apoc. 5,13s.; Lc. 24,52) Nel N.T.Il proskunen riservato a Dio e allAgnello NellApoc. luso di proskunw ha due punti centrali: ladorazione di Dio e dellAgnello nella liturgia celeste (4,10; 5,14; 7,11; 11,16; 19,4)216 La NM in Ap. 5,13s, ha tradotto proprio cos: A Colui che siede sul trono e allAgnello siano la benedizione e lonore e la gloria e il potere per i secoli dei secoli. E le quattro creature viventi dissero: Amen! e gli anziani caddero e adorarono Queste considerazioni, sicuramente pi che esaustive, fanno emergere due errori di fondo dellimpostazione e del pensiero di Felice, tipico della cristologia geovista: 1) Nel nostro caso i titoli Alfa e Omega Primo e Ultimo (diversamente da Felice che li vuole riferiti solo al Padre), come confermano tutti questi studi e anche altri, vengono indistintamente applicati a Dio Padre e al Figlio Ges: segno che, come si gi ricordato, dato primario della nuova confessione che fin da subito, cio a partire dal terzo giorno, fu chiaro e tipico per i cristiani che Ges era stato associato alla signoria di Dio, chiamato e riconosciuto Signore, appellativo non

214 215

Romano Penna, IL DNA DEL CRISTIANESIMO, 144 GCBQ, 1450 216 DENT II, 1163

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riferito ad altri se non al Dio trascendente come era per la fede ebraica. Un unico titolo dunque designa insieme Dio e un uomo, per di pi un crocifisso risorto. 2) Il fatto di poter applicare indistintamente a Dio Padre e al Figlio Ges i medesimi titoli con tutto ci che ne consegue,217 non implica, come erroneamente pensa Felice e i TdG, far diventare il Signore Dio e Ges una medesima persona, ma significa uguagliarne la natura, lessere. Sentiamo Felice in proposito: Indicano le parole Io sono il Primo e lUltimo che Ges Cristo lIddio Onnipotente?218 No di certo! E chiaro che Ges e Dio rimangono sempre due soggetti distinti, ma vengono collocati sullo stesso piano; vedi note 198-200. Ancora Felice: In questo passo [Ap 22,13], Dio pure chiamato il Primo e lUltimo, espressione che in Rivelazione 1:17, 18 riferita a Ges. Anche lespressione apostolo riferita sia a Ges Cristo che a certi suoi seguaci. Ma questo non dimostra che siano la stessa persona. (Ebrei 3:1)219 Stesso discorso di prima: non si tratta di identificare le persone o i soggetti, ma di uguagliarne la natura. MATTEO 2,2, 8,11 Dov' il re dei Giudei che nato? Abbiamo visto sorgere la sua stella, e siamo venuti per adorarlo 8 e li invi a Betlemme esortandoli: Andate e informatevi accuratamente del bambino e, quando l'avrete trovato, fatemelo sapere, perch anch'io venga ad adorarlo. 11 Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, e prostratisi lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. (CEI) Si gi affrontato nel precedente lavoro la questione delladorazione rivolta a Ges. Si ribadisce solo che a prescindere dalla traduzione di proskunw adorare, rendere omaggio, mentre nelluso linguistico extra biblico il suo significato andava dalladorazione fino alla semplice dimostrazione di stima, nel NT viene mantenuta sempre laccezione religiosa del verbo. Abbiamo gi ricordato che il problema di fondo riguardo alla traduzione di questo verbo, non va cercato, come ritiene Felice, in un determinato contesto nel quale si svolge la prosknesij, ma nel

217

Come ad esempio attribuire il titolo dio a Ges, non implica far diventare Dio Padre e il Figlio Ges la stessa persona, ma significa che pur nella distinzione delle loro persone, sia il Padre che Ges condividono la stessa divinit. 218 Felice Buon Spirito, LA TRINIT, 185 219 Idem, 198

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destinatario che Ges Cristo: in tutti i casi infatti che proskunw si riferisce a lui, viene sempre reso dai TdG render omaggio, mai neanche una volta adorare. E bene ricordare che esiste il verbo prospptw prospipt, prosternarsi, prostrarsi, cadere ai piedi di, che diversamente da proskunw, nel NT non usato come termine tecnico per esprimere latto della preghiera e delladorazione, bens designa turbamento oppure improvviso sbigottimento o costernazione. Ricorre 8 volte e precisamente in Mc 3,11; 5,33; 7, 25; Lc 5,8; 8,47; 8,28; Mt 7,25 e At 16,29.220 In tutti questi casi la KIT rende prospptw con linglese to fall, cadere, abbassarsi, crollare, scendere. Ecco come rende in italiano la NM in tutti i passi dove compare: Mc 3,11 prostravano davanti 5,33 cadde davanti 7,25 si prostr Lc 5,8 cadde alle ginocchia 8,47 cadde davanti a lui 8,28 gli cadde davanti Mt 7,25 si riversarono At 16,29 cadde davanti a GIOVANNI 5,19 Ges rispose e diceva loro: <<In verit, in verit vi dico: il Figlio non pu fare nulla da se stesso se non ci che vede il Padre fare. Ci infatti che fa lui, lo fa ugualmente il Figlio (NVB) Prima di iniziare ad affrontare la questione posta da Felice, cos da poterla analizzare meglio, ho ritenuto opportuno ampliare la citazione, riportando sempre la versione NVB (da me diversamente indicata con NVP) dal v. 17 al 20. Questo perch il cuore del problema non , come invece reputa Felice, nel confronto tra moiwj similmente/ugualmente del v. 19 e soj uguale/pari del 18 (come vedremo dopo), ma da tutto il contesto dove si parla del rapporto tra il Padre e il Figlio; particolarmente rilevante il v. 17 17 Ma Ges rispose loro: Mio Padre allopera fino ad ora ed anch'io sono allopera. 18 Per questo i Giudei cercavano ancor pi di ucciderlo, perch non solo violava il sabato, ma diceva che Dio era suo Padre, facendo se stesso uguale a Dio. 19 Ges rispose e diceva loro: In verit, in verit vi dico: il Figlio non pu fare nulla da se stesso se non ci che vede il Padre fare. Ci infatti
220

Cfr DENT, 1166

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che fa lui, lo fa ugualmente il Figlio. 20 Il Padre infatti ama il Figlio e gli mostra tutto ci che egli fa, ed opere pi grandi di queste gli mostrer, in modo che voi ne rimaniate stupiti (NVP) Ecco alcuni commenti esustivi: 17. il Padre mio opera sempre: Tale affermazione presuppone lo sfondo della speculazione rabbinica sulla natura di Dio Si ammetteva unanimemente che lantropomorfismo del racconto della Gn 2,2s. secondo il quale Dio si ripos nel giorno di sabato, non doveva essere preso nel senso di una reale interruzione dellattivit creatrice di Dio, in quanto il mondo cesserebbe di esistere. Perci, come il Padre continua ad agire senza essere legato alla legge del sabato, proprio cos, dice Ges, avviene anche per il Figlio. Laffermazione dei sinottici (Mc 2,12 parall.) secondo la quale il Figlio delluomo padrone anche dal sabato corrisponde a questa linea. 18. non soltanto violava il sabato, ma chiamava Dio suo Padre, facendosi uguale a Dio: Gli oppositori di Ges interpretano giustamente questa affermazione come una sua rivendicazione di essere il Figlio del Padre in un senso tutto particolare. Identificando la sua opera con quella di Dio, egli si dichiara uguale a Dio. Dal loro punto di vista monoteistico ci non poteva implicare che un dualismo nella divinit. 19. il Figlio da s non pu fare nulla se non ci che vede fare dal Padre: Non va qui eliminata laffermazione implicita di subordinazione interpretando le parole di Ges come riferite unicamente alla sua natura umana. Ci addosserebbe allevangelista la responsabilit di aver detto una banalit. Mancherebbe anche di cogliere una profonda intuizione della cristologia giovannea. Ges, piuttosto, intende qui affermare con insistenza lassoluta armonia che esiste tra lattivit del Padre e quella del Figlio, il che, ovviamente, esige radicalmente unidentit di natura; in 16,12 ss., si utilizza lo stesso processo per precisare la relazione che esiste tra lo Spirito Santo e il Figlio. Tuttavia, in tutto il vangelo, la trinit non viene mai presentata e trattata come una tesi di teologia astratta; se ne parla sempre dal punto di vista della sua rilevanza funzionale per la soteriologia. Da questo punto di vista il Figlio - che sia Dio che Uomo -, si trova nel mondo per compiere lopera del Padre ed esclusivamente lopera del Padre, cio quella di portare agli uomini la vita che la sua stessa persona. La teologia cristiana pi tardiva eviter qualsiasi deduzione di superiorit di una Persona della Trinit nei confronti delle altre e parler di tutte le azioni ad extra come di azioni comuni a tutte e tre le Persone, azioni cio, che non coinvolgono la stessa relazione trinitaria interna. Giovanni non contraddice questa dottrina, ma neppure ce la presenta sotto questa visuale cos distaccata. Se Ges avesse detto apertamente ai Giudei che egli era uguale a Dio li avrebbe confermati nella loro convinta conclusione che egli stava parlando di due dei.221

221

GCBQ, 1393

81

17-18 Dio opera sempre, anche di sabato (in che senso cfr. Gen., 2,2, nota), e non osserva il sabato a quel modo che pretendevano i rabbini; e Ges pure, ad imitazione del Padre suo, opera sempre. Rivendicando questa sua parit col Padre, Ges afferma di essere Dio uguale a lui e di essere il suo vero figliuolo, avendo la stessa natura divina. Cos infatti compresero le parole di Ges i Giudei, e lo accusarono di bestemmia. 19-20 Ricevendo dal Padre la stessa natura divina, che principio della comune attivit, Ges compie le stesse opere del Padre, ha lo stesso potere e potrebbe compiere opere ancora pi meravigliose agli occhi degli uomini222 Si epurato cos che pur nella distinzione delle persone e dei ruoli, Ges e il Padre si trovano sullo stesso livello e conpartecipano della medesima divinit. Ecco risolto il tutto. Felice invece, esulando completamente da questo, ritiene il Figlio inferiore al Padre e conseguentemente non Dio, giustificandosi dicendo di essere di fronte ad una manipolazione del termine moiwj: Questo pu essere descritto come un tentativo di manipolazione che riguarda la parola ugualmente, che altri traducono anche con allo stesso modo, esattamente, come lui, ecc., la quale traduce il greco moiwj. Molti, per far credere che Ges sia Dio, traducono in questi modi, o addirittura eliminano tali parole invalidando la parola di Dio223 Felice ricorre subito ad un esempio, citando lInterlineare del Beretta (IBE) che a suo giudizio opera tale falsificazione, perch mentre sotto al greco rende giustamente moiwj con similmente, nella colonna a lato invece, erroneamente, dice lui, scrive ugualmente; Subito dopo infatti continua: La maggior parte dei vocabolari della lingua greca, danno similmente, come prima definizione della parola greca moiwj, a conferma del fatto che questa parola designa principalmente qualcosa di simile, ma non perfettamente uguale. [sottolineature mie] Per la parola uguale, esiste in greco un altro termine: soj.224 In sostanza, dice Felice, Ges dal momento che non pu far nulla di ci che non lo veda fare dal Padre, fu un suo perfetto ritratto sotto tutti gli aspetti, e non Dio stesso, come vorrebbero far credere coloro che traducono con uguale; Ges allora sarebbe principalmente simile e non uguale al Padre.225 A parte il ragionamento non pertinente, ulteriormente opportuno far notare ulteriori elementi.
222 223

PIB VIII, I Vangeli, 309-310 Felice Buon Spirito, LA TRINIT, 234 224 Idem, 234 225 Idem, 235

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1) Anzitutto molti traducono allo stesso modo, anche, ugualmente, parimenti, fa esattamente ci che vede fare non certo per far credere che Ges sia Dio, come ritiene Felice, ma semplicemente perch esatto tradurre cos; lo confermano le molte versioni citate sotto: anche il figlio le fa allo stesso modo (lett. ugualmente) NOLLI quello che egli fa, anche il Figlio lo fa TOB, BG, CEI, GCC questo anche il Figlio similmente fa CON, il Figlio similmente lo fa GA3, RL le fa ugualmente anche il Figlio ND, NR, TILC, NVP, IBE le fa, allo stesso modo, anche il figlio NA quello che vede fare dal Padre, lo fa parimenti il Figlio RI, PIB ma fa esattamente ci che vede fare dal Padre BLM 2) In secondo luogo Felice non dimostra che la maggioranza dei vocabolari greci (non sono citati ne quanti ne quali siano) danno similmente come prima definizione di moiwj; da alcuni citati sotto risulterebbe il contrario: ugualmente, allo stesso modo DENT similmente, allo stesso modo, cos anche Buzzetti in egual modo, maniera, che Rocci similmente, parimenti, ugualmente, allo stesso modo GIMontanari in modo uguale a, ugualmente, cos come Liddell e Scott ugualmente, in modo uguale Zanichelli-Romizi Anche la KIT nel greco interlineare riporta linglese likewise che significa similmente, allo stesso modo, parimenti, cos pure Interessante questo commento soj, uguale Esso significa soprattutto equivalente, ma finisce facilmente per concordare col significato di moiwj I due passi dimportaza teologica per soj, pongono Ges in relazione con Dio. In Gv. 5,18 i giudei, a causa del suo operare in giorno di sabato, rinfacciano a Ges di farsi uguale a Dio. Con ci non sintende lunit e la comunione di Ges con Dio, con cui Ges risponde nei vv. 19 ss., ma si vuol dire che egli si pone accanto a Dio come equivalente, in quanto con una pretesa di salvezza agisce contro un comandamento di Dio. Questo stesso significato di equivalente a (cio accanto) Dio avr sa qe in Fil. 2,6.226

226

DENT, 1775-1776

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1CORINZI 12, 4-6 Vi sono poi diversit di carismi, ma uno solo lo Spirito; vi sono diversit di ministeri, ma uno solo il Signore; vi sono diversit di operazioni, ma uno solo Dio, che opera tutto in tutti. (CEI) Questo passo di 1Cor 12, 4-6, come tanti altri, offrono la possibilit di precisare il pensiero di Boismard citato, anche qui, da Felice in modo tendenzioso. La sua citazione presa dal cap. 6 IL
MISTERO DELLA TRINIT.

Riporto subito la citazione di Felice per poterla poi confrontare con leffettivo pensiero di Boismard I modelli ternari non possono essere considerati come un segno che Paolo credesse nel mistero della Trinitnotiamo che lordine nel quale sono menzionate le diverse persone varia secondo il testo e non corrisponde a quello della TrinitIn queste formule Paolo non menziona il Padre, ma Dio. Bisogna concludere che esse escludono tutti i riferimenti al mistero trinitarioNei modelli ternari, invece, il Signore (o il Cristo) e lo Spirito, sono distinti da Dio; sono, per cos dire, giustapposti al Dio unico, non fanno parte di Dionei modelli ternari citati sopra, il Signore non considerato come Dio, e ci esclude tutte la allusioni al mistero della Trinit cos come sar formulato pi tardi. (AllAlba del Cristianesimo Prima della nascita dei dogmi. Marie-Emile Boismard (2000) Edizioni PIEMME; pagg. 149-151)227 Riassumo brevemente e nella sua essenzialit il pensiero di Boismard per poter poi inserire e confrontare la citazione di Felice. Il mistero della Trinit costituisce uno dei principali dogmi cristiani. I cristiani come gli Ebrei e i musulmani riconoscono che c un solo Dio, ma allinterno di questo Dio, gli stessi cristiani affermano lesistenza di tre persone: Il Padre, il Figlio e lo Spirito. Il mistero consiste pertanto in questa triplicit nellunit. Questo ha fatto si che Ebrei e Musulmani abbiano accusato il cristianesimo di aver abbandonato il monoteismo tradizionale per la fede in tre dei. Ma cosa ci dicono le origini cristiane? Ges, innanzi tutto, poi i primi cristiani, hanno creduto in questo mistero trinitario, cio di un solo Dio in tre persone? Notiamo subito che questa distinzione in Dio fra sostanza (unica) e persone (tre) suppone una filosofia greca (e non semitica) molto elaborata. Di conseguenza lecito aspettarsi che lelaborazione del mistero trinitario non si sia effettuato che tardivamente, nella Chiesa. Lo stesso passo trinitario di Mt 28,19 dove si trova il comando di Ges di andare a fare discepole tutte le genti battezzandole nel nome del Padre del Figlio e dello Spirito Santo certamente tardivo perch non risale a Ges, ma verr utilizzato nella prassi catechetica-liturgica delle prime
227

Felice Buon Spirito, LA TRINIT, 165-166

84

comunit probabilmente verso gli anni 80.228 Inizialmente, anche dalle testimonianze degli Atti e di Eusebio di Cesarea, si veniva battezzati nel nome di Ges e non nella formula tradizionale matteana. In questo senso tale formula non costituisce una prova certa della fede in Dio-Trinit, cio di un solo Dio in tre persone. Boismard, di conseguenza, dice che le formule molto frequenti in Paolo dove compaiono indistintamente e in diverso ordine Dio, il Padre, Ges e lo Spirito, a torto vengono considerate spesso a supporto della fede nel mistero della Trinit. Gi nelle tradizioni giudaiche erano presenti delle formule a tre termini, uno dei quali Dio, ma non nascondevano nessuna allusione al mistero della Trinit: per questo che gli studiosi le chiamano formule ternarie e non trinitarie. Seguono una serie di testi che esplicano proprio questo (Baruc 4,22, Isaia 1,7; 42,1, Salmi 17,21). Ritornando a Paolo i suoi modelli ternari si legano spesso al rito del battesimo, come ad esempio quello di 1Cor 6, 9-11 O non sapete che gli ingiusti non erediteranno il regno di Dio? Non illudetevi: n immorali, n idoltri, n adlteri, n effeminati, n sodomiti, n ladri, n avari, n ubriaconi, n maldicenti, n rapaci erediteranno il regno di Dio. E tali eravate alcuni di voi; ma siete stati lavati, siete stati santificati, siete stati giustificati nel nome del Signore Ges Cristo e nello Spirito del nostro Dio! A questo punto continuo ad esporre il pensiero di Boismard, ma citandolo testualmente e riportando come al solito le parti in rosso omesse da Felice: saranno proprio quelle che faranno piena luce Presenteremo fra un istante il perch i modelli ternari non possono essere considerati come un segno che Paolo credesse nel mistero della Trinit, cos come lo concepiamo oggi: un solo Dio in tre persone Ecco altri modelli ternari che si incontrano in Paolo. Vi inseriamo il testo di 2 Tessalonicesi 2,13, anche se lautenticit paolina di questa lettera contestata: 2Corinzi 13,13: La grazia del Signore Ges Cristo, l'amore di Dio e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi. Filippesi 2,1: Se c' pertanto qualche consolazione in Cristo, se c' conforto derivante dalla carit, se c' qualche comunanza di spirito, se ci sono sentimenti di amore e di compassione []. 1Corinzi 12, 4-6: Vi sono poi diversit di carismi, ma uno solo lo Spirito; vi sono diversit di ministeri, ma uno solo il Signore; vi sono diversit di operazioni, ma uno solo Dio, che opera tutto in tutti.

228

Vedi nota a Mt 28,18 in BG

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2Tessalonicesi 2, 13-14: Dio vi ha scelti come primizia per la salvezza, attraverso l'opera santificatrice dello Spirito e la fede nella verit, chiamandovi a questo con il nostro vangelo, per il possesso della gloria del Signore nostro Ges Cristo. Innanzitutto notiamo che lordine nel quale sono menzionate le diverse persone varia secondo il testo e non corrisponde a quello della Trinit. Se Paolo pensava ad una formula trinitaria, perch non ha rispettato questordine, almeno in 2 Corinzi 13,13? In seguito notiamo che alcune di queste formule non parlano di Padre o di Figlio; se Paolo pensava al mistero della Trinit, non avrebbe introdotto uno di questi in almeno una delle due formule? Ma occorre spingersi oltre. In queste formule Paolo non menziona il Padre, ma Dio. Bisogna concluderne che esse escludono tutti i riferimenti al mistero trinitario. Secondo questo mistero le tre persone Padre, Figlio e Spirito sono concepite nello stesso seno di Dio; esse non sono distinte da Dio. Nei modelli ternari, invece, il Signore (o il Cristo) e lo Spirito, sono distinti da Dio; sono, per cos dire, giustapposti al Dio unico, non fanno parte di Dio. Questo ci viene confermato dalla doppia confessione di fede che si legge in 1 Corinzi 8,6: per noi [c] un solo Dio, il Padre, dal quale tutto [proviene] e noi [siamo] per lui; e un solo Ges Cristo, in virt del quale [esistono] tutte le cose e noi [esistiamo] per lui Se ne pu concludere che, nei modelli ternari citati sopra, il Signore non considerato come Dio, e ci esclude tutte la allusioni al mistero della Trinit cos come sar formulato pi tardi229 E solo leggendo la citazione con le parti omesse in rosso che si capisce il vero pensiero di Boismard; ma sufficiente la prima riga della citazione di cui sopra per centrare la questione: Presenteremo fra un istante il perch i modelli ternari non possono essere considerati come un segno che Paolo credesse nel mistero della Trinit, cos come lo concepiamo oggi: un solo Dio in tre persone Si, sia Paolo che gli apostoli come i cristiani della prima ora, non credevano certo al mistero della Trinit come lo concepiamo noi oggi, cio un solo Dio in tre persone, per due semplici ragioni: Primo perch la distinzione in Dio fra sostanza (unica) e persone (tre) suppone una filosofia greca (e non semitica, alla quale loro appartenevano) molto elaborata e a loro estranea. Secondo perch di conseguenza lelaborazione di questo mistero si effettuato tardivamente, nella Chiesa, precisamente al Concilio di Nicea nel 325, quando loro naturalmente erano gi da tempo nella gloria del Signore.

229

Marie-Emile Boismard, ALLALBA DEL CRISTIANESIMO, 149-151

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GIOVANNI 1,1 In principio era il Verbo, il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. (CEI) Di questo particolare passo stato gi detto moltissimo. Lo stesso Felice riprende praticamente il medesimo materiale del suo precedente libro La Traduzione del Nuovo Mondo. Manipolata o tradotta fedelmente? Mi soffermo solo sul modo in cui viene citato da Felice il Boismard: credo sia una delle pi palesi dimostrazioni di disonest nei confronti del lettore. Ecco la testuale citazione Secondo linno primitivoil Logos era stato creato da Dio e, dunque, non era DioEra il primo nellordine delle creature. (AllAlba del cristianesimo Prima della nascita dei dogmi. MarieEmile Boismard (2000) Edizioni PIEMME; pag. 155)230 Da questa citazione il lettore capisce che il Logos di cui parla Giovanni, cio Ges non Dio perch stato creato da Dio e dunque appartiene alle creature; e questo sarebbe confermato dallo studioso domenicano Boismard un antentico scoop! Ma basta andare a controllare direttamente la fonte per rendersi conto che il Boismard afferma giusto il contrario di ci che Felice vuole far credere; ecco la citazione con le parti omesse in rosso Secondo linno primitivo, che riprendeva le speculazioni di Filone dAlessandria, il Logos era stato creato da Dio e, dunque, non era Dio. Ma Giovanni IIb corregge questa idea aggiungendo la frase del versetto 1c. E il Logos era Dio. Peraltro, secondo Filone, il Logos, creato da Dio ma per mezzo del quale tutto stato creato, aveva il titolo di primo generato (protogens). Era il primo nellordine delle creature. Giovanni IIb non pu riprendere questo titolo, perci lo cambia con Unigenito (monogens), il quale evita ogni riferimento al resto della creazione. In seguito nella finale, Giovanni IIb ci dice che questo Unigenito si trovava nel seno del Padre (e non nel seno di Dio). Abbiamo gi tutti gli elementi che permetteranno di formulare i primi due articoli della fede trinitaria: non v che un solo Dio, ma in questo Dio occorre distinguere il Padre e il Logos da lui generato231 Solo chi non ha sottomano o non ha letto il libro di Boismard pu essere tratto in inganno dalla citazione di Felice: quando lo studioso francese parla dellinno primitivo si riferisce a quello del filosofo ebreo Filone dAlessandria nato verso il 20 a.C. e non a quello dellevangelista Giovanni. In quell inno egli considerava le speculazioni tipiche dei libri sapienziali sulla sapienza, secondo le quali Dio avrebbe creato il mondo in due tempi: prima creando il Logos, attraverso il quale poi ha creato tutto il resto. A questo punto interviene levangelista che, non potendo accettare questa idea,
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Felice Buon Spirito, LA TRINIT, 228 Marie-Emile Boismard, ALLALBA DEL CRISTIANESIMO, 155

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come dice la citazione chiaramente evitata da Felice, aggiunge la frase e il Logos era Dio correggendo linno. Infatti, la frase e il Logos era Dio introduce una contraddizione non solo nel testo dellinno primitivo ma anche nella fede dello stretto monoteismo ebraico di un unico e solo Dio: come possibile che il Logos sia allo stesso tempo distinto da Dio, poich era presso di lui, ed uguale a Dio? E esattamente questa la caratteristica della fede cristiana: non v che un solo Dio, ma in questo Dio occorre distinguere il Padre e il Logos da lui generato. Pi tardi si riconoscer la personalit specifica dello Spirito.232 Nulla di pi indicato della famose raccomandazioni
Usate cautela. Ogni evidenza devessere usata onestamente. Non togliete una citazione dal contesto. Accertatevi che ci che dite sia esattamente ci che lautorit citata voleva dire. Siate specifici nei vostri riferimenti233 Accuratezza nelle affermazioni. I testimoni di Geova sono un'organizzazione di verit. Dovremmo voler dichiarare la verit ed essere sempre assolutamente accurati in tutti i particolari. Questo si dovrebbe fare non solo riguardo alle dottrine ma anche nelle citazioni, in ci che diciamo intorno ad altri o nel modo in cui li rappresentiamo, e negli argomenti che implicano dati scientifici o notizie di cronaca. Le affermazioni errate fatte a un uditorio possono essere ripetute e l'errore pu essere ingrandito. Le inesattezze che sono riconosciute da un uditorio suscitano dubbi in quanto all'autorit dell'oratore su altri punti, forse mettendo anche in dubbio la veracit del messaggio stesso234 (il grassetto mio)

GIOVANNI 1, 3-4 Tutte le cose sono state fatte per mezzo di lui (la Parola), e senza di lui nessuna delle cose fatte stata fatta. 4 In lui era la vita, e la vita era la luce degli uomini. (ND) Per quanto riguarda questo versetto credo sia opportuno considerare lespressione di' ato (per mezzo di lui), cio sulla Parola come causa o mezzo della creazione; lo stesso Felice che si chiede La Parola il Creatore o colui per mezzo del quale furono create tutte le altre cose?235

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Idem, 108-113. 154-157 Manuale per la Scuola di Ministero Teocratico, Brooklyn 1974, 155 234 Manuale per la Scuola..., 110, 10,11 235 Feliec Buon Spirito, LA TRINIT, 230
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E chiaro che Felice ritiene la Parola (Ges) un semplice agente intermedio, il mediatore della creazione, attraverso il quale il Padre Dio ha creato tutte le cose. Per poter rispondere adeguatamente e fare un po di chiarezza bene ribadire la natura del Verbo (Parola-Logos) cos chiaramente presentata da Giovanni nel prologo del vangelo. Dato che si gi ampiamente affrontato la questione nel precedente studio, richiamer solamente lessenziale. Il termine greco logos ha a che fare con la mente, un prodotto della mente, del pensiero; lidea, il concetto, il frutto dellattivit mentale che dice le cose dopo averle conosciute. Logos dunque, anche se impreciso, pu essere detto parola in quanto espressione di un concetto, cio di una parola mentale, detta o espressa. Il senso completo del greco logos, infatti, pensiero interiore manifestato. Ges , questo vuol dire Giovanni il concetto che si forma nel Padre mentre contempla se stesso (i greci dicevano interiore o proferito); generato (per modum intellectus dice la nostra teologia), ricevendo lesistenza eterna come quella del Padre, e della stessa natura. Il logos il pensiero stesso di Dio e dunque Dio egli stesso. Detto questo, come risposta alla domanda di Felice, credo sia ottima la considerazione del Nolli di' una delle 17 preposiz. proprie del NT, voluta dal genit (e allora significa attraverso, durante, per mezzo di). Esprime qui la collaborazione pi stretta, senza dire con ci che il logos sia un semplice strumento: Egli collabora senza cessare di essere Dio236 Il verbo venne preso dal Padre come modello nel creare tutte le cose; non semplicemente per mezzo o attraverso di lui dunque, ma modellate su di lui.237 I numerosi e svariati tentativi di ricostruzione di questo inno al Logos concordano tuttavia sugli enunciati, deducibili dal testo stesso, che riguardano il percorso redentore di Cristo: nella sua preesistenza eterna (v. Ia) e nella sua unione personale con Dio (vv. Ib.2) il logos svolge un ampia attivit causale di creazione (v. 3) e una funzione salvifica238 Negli scritti di Filone ricorre frequentemente il termine in questione e al Logos anche attribuita unattivit mediatrice nella creazione. Il Logos filoniano tuttavia un mediatore divino subalterno e simboleggia le forze divine esistenti e operanti nel mondo; questi dati che caratterizzano linsegnamento di Filone sul Logos differenziano nettamente il concetto di Logos dello scrittore ebreo alessandrino da quello del prologo giovanneo; per levangelista infatti il Logos non soltanto divino ed mediatore nella creazione, ma il Logos stesso Dio e con Dio-Padre coopera alla creazione239
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Nolli, Evangelo secondo Giovanni, 2 Cfr. Gino Bressan, Fragmenta ne pereant. Minuzie di filologia biblica, Roma 1995, 15 238 DENT II, 209 239 IL MESSAGGIO DELLA SALVEZZA 8, 165

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La stessa citazione del Wikenhauser ad opera di Felice parziale e relativa perch non fa comprendere in pienezza il vero pensiero dello studioso; la riporto letteralmente Il v.3 descrive il <<Verbo>> come mediatore della creazione del mondoSi noti come non si dica <<da lui>>, ma <<per mezzo di lui>>; vuol dire che il <<Verbo>> non il creatore o la causa prima240 Ecco ora quella pi completa con le parti omesse in rosso e Dio (= predicato) era il Verbo il solo senso plausibile da attribuire a questa formula quindi il seguente. Il Verbo fin dalleternit possiede insieme con il Padre, e con lui partecipa dellunica natura divina. Unaffermazione tanto alta non mai stata fatta circa la sapienza il v. 2 sintetizza le tre asserzioni del v. 1. Il Verbo che era Dio, gi allinizio, quando il mondo fu creato, ossia prima di ogni inizio, era presso Dio. Questo viene in pari tempo a dire che esso eterno ed increato. Il v. 3 descrive il Verbo come mediatore della creazione del mondo. Qui si afferma, in forma positiva e negativa, che tutto quanto esiste al di fuori di Dio (= il mondo, v. 10) fu creato per mezzo del Verbo. Si noti come non si dica da lui, ma per mezzo di lui; vuol dire che il Verbo non il creatore o la causa prima di quanto stato fatto, ma il mediatore della creazione del mondo Nulla detto sul modo con cui questa attivit di mediatore vada concepita241 Come dice Wikenhauser, il Verbo eterno ed increato, e dunque il fatto che sia mediatore o strumento del Padre nella creazione non significa renderlo secondario o inferiore al Padre. Ad esempio, uno studente per mezzo del suo pensiero, la mente, che scrive un tema o produce delle idee: certamente il suo pensiero non un semplice strumento o qualcosa di estraneo a lui, ma essenzialmente lo stesso studente autore di ci che produce. GIOVANNI 1,14 E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi vedemmo la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verit. (CEI) Felice si domanda: Chi che si fece carne e venne nel mondo? Dio, direbbero i trinitari242 Ad essere precisi, un trinitario ben informato non direbbe Dio si fatto carne, ma piuttosto, come ricorda Giovanni, il Verbo si fatto carne: a lgoj srx gneto (kai o lgos sarx

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Felice Buon Spirito, LA TRINIT, 231 Alfred Wikenhauser, LEVANGELO SECONDO GIOVANNI, Morcelliana, Brescia 1968, 61-62 242 Felice Buon Spirito, LA TRINIT, 232

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eghneto). Certamente di conseguenza sapendo che il Verbo Dio come il Padre, non teologicamente errato dire Dio si fatto carne;243 comunque unespressione che va spiegata. Riguardo poi alla gloria come di unigenito a cui accenna Felice, si gi detto, ma ancora una volta bene ribadire la contraffazione della citazione del Nolli. Felice scrive testualmente Nella prima parte di questo versetto abbiamo il termine greco j, il quale ha valore comparativo o di paragone. In parole povere, jindica una semplice somiglianza. (Evangelo secondo Giovanni, a cura di G.Nolli (1986) Libreria Editrice Vaticana)244 Andando a controllare, si nota che il Nolli, invece, dice proprio tutto il contrario; come sempre la citazione completa con la parte omessa in rosso forma avverb del pron rel che perci mette in relazione, con varie sfumature, ci che segue a ci che precede: indica una semplice somiglianza, spesso soltanto tale per giudizio soggettivo come; ha anche valore di congiunz subordin temporale non appena, quando. Qui non indica paragone (non comparativo), ma diventa modo per affermare che la persona possiede in alto grado la qualit di cui si tratta ( confermativo): quale primogenito, nella sua qualit di245 Dalla citazione completa emerge limpido il pensiero del Nolli: j qui non indica paragone (non comparativo), ma diventa modo per affermare che la persona possiede in alto grado la qualit di cui si tratta ( confermativo): quale primogenito, nella sua qualit di. In parole povere non indica per niente una semplice somiglianza! Mi spiace dirlo, ma sono sempre pi convinto che Felice non agisca in buona fede e sia profondamente scorretto nei confronti dei suoi lettori ignari di venire imbrogliati.
Usate cautela. Ogni evidenza devessere usata onestamente. Non togliete una citazione dal contesto. Accertatevi che ci che dite sia esattamente ci che lautorit citata voleva dire. Siate specifici nei vostri riferimenti246 Accuratezza nelle affermazioni. I testimoni di Geova sono un'organizzazione di verit. Dovremmo voler dichiarare la verit ed essere sempre assolutamente accurati in tutti i particolari. Questo si dovrebbe fare non solo riguardo alle dottrine ma anche nelle citazioni, in ci che diciamo intorno ad altri o nel modo in cui li rappresentiamo, e negli argomenti che implicano dati scientifici o notizie di cronaca. Le affermazioni errate fatte a un uditorio possono essere ripetute e l'errore pu essere
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Di questo studio si vedano ad esempio i vari riferimenti ai Padri apostolici e agli Apologisti. Felice Buon Spirito, LA TRINIT, 232 245 Nolli, Evangelo secondo Giovanni, 13 246 Manuale per la Scuola di Ministero Teocratico, Brooklyn 1974, 155

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ingrandito. Le inesattezze che sono riconosciute da un uditorio suscitano dubbi in quanto all'autorit dell'oratore su altri punti, forse mettendo anche in dubbio la veracit del messaggio stesso247 (il grassetto mio)

Anche la traduzione NM e simili non rendono il senso del testo greco perch trasformano laffermazione in paragone: il rapporto che intercorre tra la Parola e il Padre paragonato a quella tra un figlio unigenito e suo padre; ma quale gloria tale o speciale potrebbe mai avere un normale figlio da parte di suo padre? Non come, ma davvero. Luso di j come particella comparativa frequente con sfumature diverse Ma altrettanto certissimo un altro uso, anche presso i classici, di j: introduce la caratteristica qualit di una persona, cosa, azione, cui si fa riferimento nel contesto (Bauer-Arndt, Lexicon)Tale uso si ha anche in ebraico con il ke come, in tal caso dai grammatici definito ke veritatis ( il come della realt ): Diedi il governo a perch (cos giustamente, CEI; ebr. ke in quanto) uomo fedele (Ne. 7,2); ecc. In casi simili litaliano come certo non pertinente, perch suggerisce solo una somiglianza, mentre si tratta di realt248 Laffermazione giovannea che il Logos si fatto carne contiene lidea portante di tutta la cristologia e ad essa si far continuamente appello per la fede in Ges realmente Dio e realmente uomo (cf 1Gv 4,2-3)249 Sentiamo ancora Boismard ampiamente citato da Felice: Per Giovanni il Logos Dio. Di conseguenza, se parte del termine attraverso il quale Filone designa il Logos, Primo-Generato (protognes), lo tasforma in Unigenito (monognes), espressione che introdurr ai versetti 14 e 18 del prologo (si veda anche 3,16.18 e 1Giovanni 4,9) e che evita tutto il riferimento al resto della creazione Il logos di Dio si incarnato in Ges. Dunque Ges pu identificarsi a Dio. Il ritmo del prologo del vangelo si ritrova in questa affermazione che Giovanni IIb mette sulle labbra del Cristo: Sono uscito dal Padre e sono venuto nel mondo; ora lascio di nuovo il mondo, e vado al Padre (Giovanni 16,28). Quandegli ci parla, lo fa in quanto Logos di Dio incarnato: Io dico quello che ho visto presso il Padre (8,38; anche 1, 18). La personalit di Ges-uomo si nasconde dietro quella di Ges-Logos di Dio. Ma poich questa parola Dio (1,1), anche Ges Dio, poich egli si identifica in qualche modo al Logos di Dio (1,14). Vedendolo risorto, Tommaso potr esclamare: Mio Signore e mio Dio. E,

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Manuale per la Scuola..., 110, 10,11 Gino Bressan F.D.P., FRAGMENTA NE PEREANT, minuzie di filologia biblica (a cura dellIstituto Teologico Don Orione Roma, Roma 1995, 39-40 249 IL MESSAGGIO DELLA SALVEZZA 8, 153

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alla fine della sua prima lettera (dello stesso autore di Giovanni IIb), Giovanni potr scrivere. Noi siamo nel Dio vero e nel suo figlio Ges Cristo; egli il vero Dio e la vita eterna.250 La conclusione a cui arriva Felice Si, il Verbo, lunigenito Figlio di Dio si fatto carne, non Dio,251 dunque erronea perch incompleta e va precisata cos: Si, chi si fatto carne non Dio Padre, ne lo Spirito Santo, ma il Verbo, lUnigenito Figlio di Dio. Ma siccome abbiamo visto che il Verbo Dio come il Padre, si pu benissimo dire, come ricordavo allinizio, che Dio ha assunto carne umana. GIOVANNI 1,18 Dio nessuno lha mai visto: proprio il Figlio unigenito che nel seno del Padre, lui lo ha rivelato. (CEI) Ultimo del prologo giovanneo, il v. 18, di densa portata teologica, riprende a parlare di Ges come monogenj qej, unico, ultimo e totale rivelatore del Padre. Felice invece sposta la sua attenzione sullespressione che nel seno ( n ej tn klpon) di secondaria importanza a cui arriveremo solo in seguito. La tradizione manoscritta di questo versetto presenta tre principali letture considerate dagli studiosi 1) [] monogenj qej lunigenito Dio252 (con o senza articolo) la lettura originale, criticamente pi valida e certa perch ha minori probabilit di essere stata manipolata. Offerta dai codici migliori, compresi i papiri Bodmer (P66 e P75), attestata da Ireneo, Clemente Alessandrino e Origene, non tradisce intenti polemici e, come si accennava, per la sua elevatezza teologica di conseguenza in armonia con il contesto. 2) monogenj j il Figlio unigenito che la lettura della Volgata, (qui anche della CEI) essendo molto pi chiara e naturale, stabilendo un parallelo con lespressione nel seno del Padre e ricorrendo in altri testi giovannei, sembra essere una lettura derivata. 3) monogenj Unigenito, lettura poco seguita che ritiene appunto il semplice sostantivo, conforme alla designazione del Logos che si ha al v. 14. La completa mancanza di attestazione in copie greche del vangelo la rende molto incerta.253
250 251

Marie-Emile Boismard, ALLALBA DEL CRISTIANESIMO, 112-113 Felice Buon Spirito, LA TRINIT, 232 252 E la lettura critica appoggiata anche dalla NM; la traduzione di dio in minuscolo, quantunque teologicamente non cambi il senso, comunque segno di inferiorit divina del logos rispetto al Padre, tipico dellimpostazione filosofica medio-platonica aggiornata e riveduta poi dalla cristologia geovista. (Vedi per es. Paolo Gamberini, Questo Ges. Pensare la singolarit di Ges Cristo, tesi XII, EDB 2007, 167 253 Cfr. IL MESSAGGIO DELLA SALVEZZA 8, 157-158; Vedi anche Raymond E. Brown, Introduzione alla Cristologia, 174-175

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Come allinizio, cos anche alla fine, Giovanni indica la natura divina dellUnigenito, il quale dunque lunico a poter vedere Dio in maniera totale. Appunto perch Giovanni dice che Ges nel seno del Padre e non di Dio, conferma la caratteristica della fede cristiana come ricorda Boismard, citato a sproposito da Felice; eccola di seguito S, Ges si trovava <<nel seno del Padre>> (e non nel seno di Dio). (AllAlba del Cristianesimo Prima della nascita dei dogmi. Marie-Emile Boismard (2000) Edizioni PIEMME; pag. 155)254 Ecco invece la citazione completa del Boismard che sostiene proprio tutto lopposto di ci che vuol far intendere Felice Secondo linno primitivo, che riprendeva le speculazioni di Filone dAlessandria, il Logos era stato creato da Dio e, dunque, non era Dio. Ma Giovanni IIb corregge questa idea aggiungendo la frase del versetto 1c. E il Logos era Dio. Peraltro, secondo Filone, il Logos, creato da Dio ma per mezzo del quale tutto stato creato, aveva il titolo di primo generato (protogens). Era il primo nellordine delle creature. Giovanni IIb non pu riprendere questo titolo, perci lo cambia con Unigenito (monogens), il quale evita ogni riferimento al resto della creazione. In seguito nella finale, Giovanni IIb ci dice che questo Unigenito si trovava nel seno del Padre (e non nel seno di Dio). Abbiamo gi tutti gli elementi che permetteranno di formulare i primi due articoli della fede trinitaria: non v che un solo Dio, ma in questo Dio occorre distinguere il Padre e il Logos da lui generato. In seguito sarebbe stato sufficiente fare dello Spirito una persona distinta da Dio (non era cos nellAntico Testamento) per ottenere la Trinit255 Anche per quanto riguarda laffermazione che nel seno del Padre, al di la delle diverse sfumature interpretative, sostanzialmente si pu riassumere cos Nel seno del Padre: lespressione metaforica non indica contenenza, bens intimit; Dio unigenito (cio lUnigenito che Dio) penetra tutta lintimit del Padre e ne conosce pienamente il mistero; egli infatti presente nel Padre ab aeterno (che : designa una presenza permanente)256 In conclusione, il punto centrale ancora una volta appositamente evitato da Felice, non lespressione nel seno del Padre, ma la persona di Ges, indicato da Giovanni come il Dio Figlio unico del Padre. GIOVANNI 17,3 Questa la vita eterna: che conoscano te, lunico vero Dio, e colui che hai mandato, Ges Cristo.
254 255

Felice Buon Spirito, LA TRINIT, 233 Marie-Emile Boismard, ALLALBA DEL CRISTIANESIMO, 155 256 IL MESSAGGIO DELLA SALVEZZA 4, 894

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(CEI) Il modo con cui Felice affronta il versetto in questione, ci offre la possibilit di fare emergere in tutta la sua limpidezza la solita tattica geovista: far credere al malcapitato lettore il contrario di quanto effettivamente la fonte o le fonti citate (come in questo caso) dicono. Vediamo subito cosa scrive Felice Questa una chiara affermazione della differenza esistente tra Dio e Ges E chiaro che dato che Dio ha mandato Ges, egli non pu essere lo stesso Dio che manda il Figlio257 Certamente che chiaro! Riconoscere Ges come Dio non significa identificarlo con la stessa persona del Padre: si ricorda che non si tratta di medesime persone ma di comune natura. Continua Felice: In pratica, questo passo, mostra che, mentre Ges era associato a Dio ed era chiamato Signore o mediatore, cera una forte tendenza a riservare il titolo Dio al Padre, che lunico vero Dio. (Introduzione alla Cristologia del Nuovo Testamento, Raymond Brown, Editrice Queriniana; pag. 172)258 Qui Felice cita lo studio di Brown che ricorda come generalmente si riservi nel NT il titolo di Dio al Padre; ma riservando il titolo Dio al Padre, Brown non dice che si esclude Ges dalla divinit. Infatti solo andando a controllare la citazione per intero con le parti omesse in rosso che si capisce il vero pensiero di Brown Questi passi associano strettamente Ges, il Signore, a Dio, il Padre (e talvolta anche allo Spirito); perci sono molto utili nella discussione dellatteggiamento del NT nei confronti della divinit di Ges, nonch delle radici neotestamentarie della successiva dottrina della Trinit. Comunque, per i nostri scopi, essi mostrano che, mentre Ges era associato a Dio ed era chiamato Signore o mediatore, cera una forte tendenza a riservare il titolo Dio al Padre, che lunico vero Dio.259 Subito dopo Felice continua citando il Boismard In sintonia con il pi rigido monoteismo giudaico, Ges riconosce che non c che un solo vero Dio; quanto a lui, non che il suo inviatoGiovanni 17,3 rifiutava lattribuzione a Cristo del titolo di <<Dio>>Il <<vero Dio>> unico, e Ges non che il suo inviato. (AllAlba del Cristianesimo Prima della nascita dei dogmi. Marie-Emile Boismard (2000) Edizioni PIEMME; pagg. 80, 101, 102)260
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Felice Buon Spirito, LA TRINIT, 408-409 Idem, 409 259 Raymond E. Brown, Introduzione alla Cristologia, 172 260 Felice Buon Spirito, LA TRINIT, 409

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Anche in questo caso se andiamo a controllare la citazione del Boismard a pag. 80 la prima che Felice cita notiamo che inserita nel capitolo 4 riguardante la DIVINIT DI CRISTO, dove lo studioso domenicano presenta cos la questione appositamente tralasciata da Felice: ci sono nella Chiesa primitiva due correnti contrapposte, una che ritiene Cristo Dio e laltra semplicemente un uomo. La prima prende conferma dalla fine della prima lettera di Giovanni: E noi siamo nel vero Dio e nel Figlio suo Ges Cristo: egli il vero Dio e la vita eterna (1Giovanni 5,20), e laltra appunto dal nostro testo Gv 17,3: Questa la vita eterna: che conoscano te, lunico vero Dio, e colui che hai mandato, Ges Cristo. Da qui la citazione incompleta di Felice che sopra abbiamo scritto. Boismard conclude dunque dicendo Secondo una, Ges Dio. Secondo laltra, Ges non che un uomo. Questa constatazione invita a domandarci se il Cristo fu ritenuto Dio fin dagli albori del cristianesimo, o se questa convinzione non fosse il risultato di una riflessione cristologica di cui sarebbe possibile ricostruire le singole tappe261 Boismard dellidea che ci fu un continuo sviluppo in questo senso fino al successivo e pieno riconoscimento della divinit di Cristo. Andando poi nella seconda e terza parte della citazione di Felice vista sopra, quella delle pagg. 101102, vediamo cosa Boismard dice. Riporto la citazione integrale con le parti omesse da Felice in rosso La tradizione giovannea ha sempre creduto nella divinit di Cristo? Possiamo dubitarne per le seguenti ragioni. Pi sopra (pp. 80-82) abbiamo visto che il testo di Giovanni 17,3 rifiutava lattribuzione a Cristo del titolo di Dio: La vita eterna conoscere te, unico vero Dio, e colui che hai inviato, Ges Cristo. Il vero Dio unico, e Ges non che il suo inviato. Questo versetto fu inserito successivamente nella preghiera che Ges pronuncia in 17, 1-24, e d lidea di una lotta di retroguardia dello schieramento giudeo-cristiano, secondo il quale affermare che Ges fosse Dio contraddiceva il fondamentale monoteismo della fede giudaica. Affermare che Ges era Dio equivaleva, si pensava, a cadere nel politeismo.[262] Non ci sarebbe pi un solo Dio, ma due Di. Probabilmente per protestare contro questo sviluppo cristologico che alcuni membri del circolo giovanneo si sono separati. Questo scisma attestato da 1Giovanni 2,18-23; citiamo integralmente il testo:

261 262

Marie-Emile Boismard, ALLALBA DEL CRISTIANESIMO, 81 E proprio quello che ancora oggi pensano i TdG.

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18 Figlioli, questa l'ultima ora. Come avete udito che deve venire l'anticristo, di fatto ora molti anticristi sono apparsi. Da questo conosciamo che l'ultima ora. 19 Sono usciti di mezzo a noi, ma non erano dei nostri; se fossero stati dei nostri, sarebbero rimasti con noi; ma doveva rendersi manifesto che non tutti sono dei nostri. 20 Ora voi avete l'unzione ricevuta dal Santo e tutti avete la scienza. 21 Non vi ho scritto perch non conoscete la verit, ma perch la conoscete e perch nessuna menzogna viene dalla verit. 22 Chi il menzognero se non colui che nega che Ges il Cristo? L'anticristo colui che nega il Padre e il Figlio. 23 Chiunque nega il Figlio, non possiede nemmeno il Padre; chi professa la sua fede nel Figlio possiede anche il Padre.

Coloro che si sono separati negano che Ges sia il Cristo; negano anche il Padre e il Figlio. Questa duplice negazione esplicita un po pi lontano, in 5,5: E chi che vince il mondo se non chi crede che Ges il Figlio di Dio? Evidentemente questultima espressione va necessariamente compresa in senso trascendente. Dunque coloro che hanno lasciato il circolo giovanneo rifiutano di credere nella divinit di Cristo. Facciamo particolare attenzione a due espressioni presenti nel testo appena citato. I veri discepoli conoscono la verit (v. 21) perch hanno ricevuto lunzione che viene dal Santo (v. 20, si veda anche v. 27), cio che viene dallo Spirito Santo 18.
BG su 1Giovanni 2,20) (Come nota correntemente la

Si comprende, allora, il modo in cui bisogna interpretare la frase che Giovanni

attribuisce a cristo in Giovanni 16,12-13. Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento no siete capaci di portarne il peso. Quando per verr lo Spirito di verit, egli vi guider alla verit tutta intera. Lo stesso Ges non ha potuto rivelare ai suoi discepoli che era Dio, essi non avrebbero potuto comprenderlo. Ma lo Spirito di verit glielha fatto capire pi tardi. Lo sviluppo cristologico elaborato dal circolo giovanneo non viene dagli uomini, ma dallo Spirito di verit. Dunque alcuni membri di questo circolo hanno avuto torto nel separarsi. Sono degli anticristi che rifiutano la verit insegnata dallo Spirito263 Credo che la fatica imposta al lettore nel seguire tutta la citazione abbia comunque fatto emergere il vero pensiero contestualizzato del Boismard diametralmente opposto a ci che Felice vorrebbe far credere.
Usate cautela. Ogni evidenza devessere usata onestamente. Non togliete una citazione dal contesto. Accertatevi che ci che dite sia esattamente ci che lautorit citata voleva dire. Siate specifici nei vostri riferimenti264

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Marie-Emile Boismard, ALLALBA DEL CRISTIANESIMO, 101-103 Manuale per la Scuola di Ministero Teocratico, Brooklyn 1974, 155

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Accuratezza nelle affermazioni. I testimoni di Geova sono un'organizzazione di verit. Dovremmo voler dichiarare la verit ed essere sempre assolutamente accurati in tutti i particolari. Questo si dovrebbe fare non solo riguardo alle dottrine ma anche nelle citazioni, in ci che diciamo intorno ad altri o nel modo in cui li rappresentiamo, e negli argomenti che implicano dati scientifici o notizie di cronaca. Le affermazioni errate fatte a un uditorio possono essere ripetute e l'errore pu essere ingrandito. Le inesattezze che sono riconosciute da un uditorio suscitano dubbi in quanto all'autorit dell'oratore su altri punti, forse mettendo anche in dubbio la veracit del messaggio stesso265 (il grassetto mio)

GIOVANNI 20,17 Ges le disse: <<Non mi trattenere, perch non sono ancora salito al Padre; ma v dai miei fratelli e d loro: Io salgo al Padre mio e Padre vostro, Di mio e Dio vostro>>. (CEI) Sono le parole rivolte da Ges dopo la sua resurrezione a Maria Maddalena che presa dallo stupore si era buttata ai piedi di Ges. Felice si chiede Ges riconosce Dio essere il suo Dio e Padre. Come pu essere Dio uno che ha un Dio sopra di lui? Ges disse inoltre v dai miei fratelli. Dio non ha fratelli, ma figli.266 Venendo meno lABC della teologia cristiana (i concetti di natura e persona, vera umanit - vera divinit) sono facili queste considerazioni, anche se vero che questo passo inserito nel particolare contesto della teologia giovannea. Ges non dice Padre nostro n Dio nostro perch quantunque il Padre di Cristo e dei cristiani sia unico e identico, la relazione differisce in quanto il cristiano acquista la sua figliolanza attraverso lunico Figlio che la possiede per diritto, essendo lUnigenito Figlio. Come vero uomo, dunque, Ges pu dire mio Dio e non nostro Dio, cos come Figlio Unigenito pu dire Padre mio e non Padre nostro Siccome si tratta di Ges che il Figlio, fratelli si riferisce ai discepoli. Vedi Mt 28,10; Mc 16,7. Si voluto vedere in questo messaggio una distinzione tra la filiazione divina di Ges, il Figlio unico, e la filiazione dei fedeli. N Giovanni, n altri nel Nuovo Testamento mettono in dubbio la differenza tra la filiazione di Ges per natura e la nostra filiazione per grazia (1,13). Non questo il contenuto essenziale del messaggio affidato a Maria di Magdala. Il suo scopo non di far sapere ai discepoli che essi sono figli adottivi, ma di rivelare loro che sono ormai divenuti veramente figli,
265 266

Manuale per la Scuola..., 110, 10,11 Felice Buon Spirito, LA TRINIT, 411

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che il Padre di Ges divenuto veramente loro Padre Ecco perch il nome di fratelli dato loro soltanto ora; ora essi sono, con lui, figli del Padre e vivono della vita divina, di cui Ges divenuto la prima sorgente (14,19)267 Un altro studioso dice Respingo lopinione che in questo passo Ges stia facendo unaccurata (e teologica) distinzione tra la sua relazione al Padre e la relazione dei suoi discepoli al Padre, cio tra la sua naturale filiazione e la loro pi larga filiazione/adozione, ottenuta mediante il battesimo. Questo passo va interpretato sullo sfondo della teologia giovannea: lascensione, di cui Ges sta parlando in 20,17, condurr a quel dono dello Spirito (20,22; anche 7,38-39) che rigener i suoi discepoli dallalto (3,3) e li render figli di Dio (1,12). Cos il Padre di Ges diverr il Padre dei discepoli ed essi diverranno fratelli (e sorelle) di Ges268 Felice cita il Boismard, che, in questo passo, fa notare le sue perplessit circa il valore assoluto del titolo Figlio di Dio attribuito a Ges Giustamente Boismard domanda: Come ci si pu fondare su questo testo per sostenere che Ges avrebbe dato al titolo <<Figlio di Dio>> <<il valore pi alto di una filiazione propriamente detta>>, visto che, in questo stesso vangelo, Cristo afferma il contrario? (AllAlba del Cristianesimo Prima della nascita dei dogmi. Marie-Emile Boismard (2000) Edizioni PIEMME; pag. 84)269 Al lettore il dubbio ingenerato dalla citazione rimane, anzi non trova soluzioni plausibili; ma solo controllando cosa effettivamente dice il padre domenicano si imbocca chiara luscita. Poco dopo infatti lo studioso risponde cos Il vangelo di Giovanni si attiene, dunque, alla tradizione biblica, secondo la quale questo titolo, lo stesso rivendicato da Cristo, non implica un significato trascendente. Ma poich Giovanni crede che Ges sia Dio, preferisce chiamarlo l Unigenito (Giovanni 1,14.18; 3,16-18); si veda anche 1Giovanni 4,9), titolo che non pu essere rivendicato da un uomo che sia solo tale270 Perch Felice lascia allo scuro di queste informazioni i suoi lettori?
Usate cautela. Ogni evidenza devessere usata onestamente. Non togliete una citazione dal contesto. Accertatevi che ci che dite sia esattamente ci che lautorit citata voleva dire. Siate specifici nei vostri riferimenti271

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Henri van den Bussche, GIOVANNI, 640 Raymond E. Brown, Introduzione alla Cristologia, 171 269 Felice Buon Spirito, LA TRINIT, 411 270 Marie-Emile Boismard, ALLALBA DEL CRISTIANESIMO, 85 271 Manuale per la Scuola di Ministero Teocratico, Brooklyn 1974, 155

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ROMANI 9,5 de quali sono i padri, e de quali uscito, secondo la carne, il Cristo, il quale sopra tutti Iddio benedetto in eterno. Amen. (DI) Affrontata gi ampiamente la questione di Rm 9,5 nel precedente studio, si aggiunge solo un commento alla citazione del padre Boismard ad opera di Felice; la riporto integralmente per confrontarla poi con la fonte originale Se si vuole riferire la dossologia a Cristo, ci si scontra con dei problemi insormontabili che sono stati notati ormai da molto tempo. Altrove, Paolo attribuisce sempre a Dio le dossologie, e non a Cristo (Romani 1,15; 11,36; 2Corinzi 11,31; Galati 1,5, Efesini 3,21, Filippesi 4,20; vedi anche 1Timoteo 1,17) la formula benedetto (sia) non si riferisce ad altri che a Dio (2Corinzi 1,3; 11,31; Efesini 1,3; si veda anche 1Pietro 1,3) Poich Dio il Dio di Cristo, il Cristo non pu essere conosciuto come DioE perch questa fraseologia complicata, cos inusuale nel suo modo di scrivere? Gli sarebbe bastato scrivere: il quale benedetto [] in eterno, come in 1Corinzi 11,31, senza aggiungere il titolo di Dio, poich il solo fatto di riferire a Cristo la dossologia classica era sufficiente a caratterizzarlo come DioNon solo Paolo non dice mai che Cristo Dio, ma suppone anche che egli non sia Dio. (AllAlba del cristianesimo prima della nascita dei dogmi. Marie-Emile Boismard (2000) Edizioni PIEMME; pag. 132)272 Ecco la citazione ampliata cos come si legge nel libro del Boismard La dossologia di Romani 9,5 uno dei testi pi controversi del Nuovo Testamento, dato il suo impatto cristologico: riguarda Cristo, la cui divinit sarebbe implicitamente affermata, o Dio? Sono state sostenute entrambe le opinioni, con predominanza della prima Se si vuole riferire la dossologia a Cristo, ci si scontra con dei problemi insormontabili che sono stati notati ormai da molto tempo. Altrove, Paolo attribuisce sempre a Dio le dossologie, e non a Cristo (Romani 1,15; 11,36; 2Corinzi 11,31; Galati 1,5, Efesini 3,21, Filippesi 4,20; vedi anche 1Timoteo 1,17) La formula benedetto (sia) non si riferisce ad altri che a Dio (2Corinzi 1,3; 11,31; Efesini 1,3; si veda anche 1Pietro 1,3) Poich Dio il Dio di Cristo, il Cristo non pu essere conosciuto come Dio. Perch Paolo avrebbe ripreso questa formula stereotipata per applicarla a Cristo, se voleva attribuirgli il titolo di Dio? E perch questa fraseologia complicata, cos inusuale nel suo modo di scrivere? Gli sarebbe bastato scrivere: il quale benedetto [] in eterno, come in 1Corinzi 11,31, senza aggiungere il titolo di Dio, poich il solo fatto di riferire a Cristo la dossologia classica era sufficiente a caratterizzarlo come Dio. Infine, ed lobiezione pi solida, nellepoca in cui scriveva la sua lettera ai Romani, Paolo poteva credere che Cristo fosse Dio? Se la nostra analisi precedente
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Felice Buon Spirito, LA TRINIT, 278

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stata seguita si converr che ci impossibile. Non solo Paolo non dice mai che Cristo Dio, ma suppone anche che egli non sia Dio E verosimile che allinizio delle sue argomentazioni Paolo dica loro che Cristo Dio? I Giudei avrebbero considerato questa frase come unintollerabile bestemmia. Allora bisogna accostare la dossologia a Dio? Ma in tutte le altri parti le dossologie si riferiscono a colui che nominato nel contesto immediatamente precedente, in questo caso, perci, a Cristo. Daltra parte non si vede come costruire la frase in modo logico. La maniera pi semplice sarebbe quella di mettere un punto dopo il quale al di sopra di tutto e fare della dossologia propriamente detta una frase indipendente. Dio (sia) benedetto in eterno. Ma in tutte le altre parti, nellAntico Testamento, nel Nuovo, come negli scritti semitici, il soggetto posto sempre dopo laggettivo verbale e deve essere preceduto dallarticolo E se, invece, mettessimo un punto dopo secondo la carne? La dossologia diventerebbe molto pi complessa e ci si scontrerebbe con le stesse obiezioni elencate nel caso precedente. La sola soluzione che ci sembra possibile quella di ammettere che questa dossologia non sia paolina, ma fu aggiunta da un discepolo di Paolo al momento delledizione della lettera273 E palese la differenza tra le due citazioni: mentre la prima quella di Felice creata ad arte per giustificare lunidirezionalit di una determinata tesi (il titolo Dio pu essere attribuito solo a Dio) avvallata per di pi dallo studioso citato, laltra di pi ampio respiro, presenta la panoramica generale della questione e soprattutto delucida il vero pensiero dello studioso citato: 1) la tesi di fondo del Boismard non verte sulla dimostrazione se Cristo sia Dio o no come invece vorrebbe far credere Felice (che sia vero uomo e vero Dio per la fede cristiana e per Boismard scontato) 2) il titolo Dio si pu comunque applicare sia a Cristo che a Dio Padre, ma con una predominanza per Cristo 3) nellepoca in cui scriveva la sua lettera ai Romani era inverosimile che Paolo potesse applicare a Cristo il titolo di Dio 3) considerata la particolare euloghia (benedizione) che ci si presenta, non corrispondente in toto alle classiche regole della benedizioni, si ritiene possibile che sia stata aggiunta da un discepolo poco prima delledizione della lettera. Vediamo un altro passaggio dove Felice cita Introduzione alla Cristologia del Nuovo Testamento di Raymond E. Brown:

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Marie-Emile Boismard, ALLALBA DEL CRISTIANESIMO, 131-133

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Alcuni studiosi affermano che in questo passo Paolo identifica Ges come Dio, ma, lobiezione pi forte a questinterpretazione che mai altrove Paolo parla di Ges come Dio. (Introduzione alla Cristologia del Nuovo Testamento, Raymond E. Brown. Editrice Queriniana. Pag. 179.)274 Come gi accennato, questa citazione si trova nella terza apendice dellIntroduzione alla Cristologia, dove lautore analizza alcuni passi che con pi o meno sicurezza attribuiscono il titolo di Dio a Ges, tra i quali figura quello di Rm 9,5. Poco prima della sua striminzita citazione, Felice omette di riportare ci che Brown dice testualmente (come al solito le parti omesse sono in rosso): (b) Un punto fermo pu essere messo alla fine, dopo per sempre e una virgola dopo carne. Tutte le parole dopo carne quindi costituiscono una preposizione relativa, riferita a Cristo, cos: il Cristo secondo la carne, il quale sopra ogni cosa Dio benedetto per sempre. Questa interpretazione significherebbe che Paolo chiama Ges Dio. Da un punto di vista grammaticale questa la migliore lettura. Anche la sequenza contestuale eccellente; infatti, dopo aver parlato della discesa di Ges secondo la carne, Paolo ora enfatizza la sua posizione come Dio. Lobiezione pi forte a questinterpretazione che mai altrove Paolo parla di Ges come Dio 263 Personalmente sono incline, per la prova grammaticale, a favorire linterpretazione (b), secondo la quale il titolo Dio dato a Ges. Non si pu per rivendicarne pi che la plausibilit275 (sottolineature mie) La citazione completa inoltre rimanda, come si vede, alla nota 263 che dice: In ogni caso dovremmo notare che un argomento basato sulluso o sul non uso paolino del titolo Dio per Ges cosa diversa dalla pretesa che Paolo fosse cos imbevuto di monoteismo giudaico da non aver potuto pensare a Ges come a Dio. Una tale pretesa suppone che Paolo non avrebbe potuto trovare il modo di conciliare due verit. Anche se usa una terminologia diversa, non c dubbio che Paolo credesse alla divinit di Ges (in categorie di preesistenza): Fil 2,5-6; 2Cor 8,9276 Sostanzialmente le strade dei due studiosi citati si incrociano. Dalla citazione, infatti, emerge chiaramente che lobiezione pi forte di cui parla Brown (cio che Paolo altrove non parli mai di Ges come Dio), data appunto dal fatto che nel NT il titolo di Dio riservato quasi esclusivamente al Padre, e non che Paolo ritenga Ges solo un semplice uomo negando la sua divinit: questo fuori discussione.

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La Traduzione del Nuovo Mondo, 394 Raymond E.Brown, Introduzione alla Cristologia del Nuovo Testamento, Queriniana, Brescia 1995, 179 276 Idem, 179

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2CORINZI 13,13 La grazia del Signore Ges Cristo, lamore di Dio e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi. Amen. (ND) Non mi soffermo su questo versetto gi precedentemente affrontato, se non per riprendere la citazione di Felice su Boismard Ad ogni modo, i modelli ternari non possono essere considerati come un segno che Paolo credesse nel mistero della Trinitnotiamo che lordine nel quale sono menzionate le diverse <persone>> varia secondo il testo e non corrisponde a quello della Trinit. Se Paolo pensava a una formula trinitaria, perch non ha rispettato questordine, almeno in 2 Corinti 13,13?. (AllAlba del Cristianesimo prima della nascita dei dogmi. Marie-Emile Boismard (2000) Edizioni PIEMME; pagg. 149,150)277 Ci troviamo nella sezione dove Boismard accenna ai modelli ternari in Paolo, precisamente da pag. 147 ss. A pag. 149 incontriamo la citazione di Felice che come si vede dai famosi puntini di sospensione interrotta. Segno evidente che una parte della citazione stata tralasciata. Confrontiamola ora con la citazione completa con le parti mancanti in rosso Presenteremo fra un istante il perch i modelli ternari non possono essere considerati come un segno che Paolo credesse nel mistero della Trinit, cos come lo concepiamo oggi: un solo Dio in tre persone Innanzitutto notiamo che lordine nel quale sono menzionate le diverse <persone>> varia secondo il testo e non corrisponde a quello della Trinit. Se Paolo pensava a una formula trinitaria, perch non ha rispettato questordine, almeno in 2 Corinti 13,13?278 Come si nota proprio la riga tralasciata stravolge completamente ci che voleva trasmettere Felice al lettore e fa chiarezza sul pensiero di Boismard: Paolo, dice lo studioso, non poteva credere al mistero della Trinit cos come lo concepiamo noi oggi, cio un solo Dio in tre persone: chiaro, quella formulazione si coni solo pi tardi dopo lunga riflessione biblico-teologica utilizzando categorie di pensiero e termini che non sono strettamente semitici ma di influsso greco che Paolo chiaramente non conosceva n poteva capire in quel senso. La stessa citazione infatti continua dicendo Ma occorre spingersi oltre. In queste formule [formule ternarie] Paolo non menziona <<il Padre>>, ma <<Dio>>. Bisogna concluderne che esse escludono tutti i riferimenti al mistero trinitario. Secondo questo mistero le tre Persone <<Padre>>, <<Figlio>> e <<Spirito>> sono
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Felice Buon Spirito, LA TRINIT, 285 Marie-Emile Boismard, AllAlba del Cristianesimo, 149-150

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concepite nello stesso seno di Dio; esse non sono distinte da Dio. Nei modelli ternari, invece, il Signore (o il Cristo) e lo Spirito, sono distinti da Dio; sono, per cos dire, giustapposti allunico Dio, non fanno parte di Dio Se ne pu concludere che, nei modelli ternari citati sopra, il Signore non considerato come Dio, e ci esclude tutte le allusioni al mistero della Trinit cos come sar formulato pi tardi279 Boismard ribadisce come ci sia stato nel tempo un continuo sviluppo della comprensione della fede che, partendo anche (ma non solo) da questi riferimenti ternari ha portato pi tardi alla formulazione del mistero della Trinit; di questo, scorrettamente, neanche un minimo accenno da parte di Felice
Usate cautela. Ogni evidenza devessere usata onestamente. Non togliete una citazione dal contesto. Accertatevi che ci che dite sia esattamente ci che lautorit citata voleva dire. Siate specifici nei vostri riferimenti280 Accuratezza nelle affermazioni. I testimoni di Geova sono un'organizzazione di verit. Dovremmo voler dichiarare la verit ed essere sempre assolutamente accurati in tutti i particolari. Questo si dovrebbe fare non solo riguardo alle dottrine ma anche nelle citazioni, in ci che diciamo intorno ad altri o nel modo in cui li rappresentiamo, e negli argomenti che implicano dati scientifici o notizie di cronaca. Le affermazioni errate fatte a un uditorio possono essere ripetute e l'errore pu essere ingrandito. Le inesattezze che sono riconosciute da un uditorio suscitano dubbi in quanto all'autorit dell'oratore su altri punti, forse mettendo anche in dubbio la veracit del messaggio stesso281 (il grassetto mio)

MARCO 1,11 E venne una voce dal cielo, dicendo: Tu sei il mio diletto Figliuolo, nel quale io ho preso il mio compiacimento. (DI) In riferimento al battesimo di Ges nel fiume Giordano, questo passo non viene commentato da Felice se non indirettamente, con un lapidario Vedi Matteo 3:16, 17 che naturalmente vado a controllare qualche pagina dietro. Si legge testualmente Una voce dal cielo, quella di Dio, dice che questuomo suo Figlio, ed Egli lo ha approvato. Cosa pensarono gli ascoltatori? Sicuramente non pensarono che Ges fosse Dio. Poteva Dio compiacersi di s stesso?282
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Idem, 150-151 Manuale per la Scuola di Ministero Teocratico, Brooklyn 1974, 155 281 Manuale per la Scuola..., 110, 10,11 282 Felice Buon Spirito, LA TRINIT, 351
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Certamente non pensarono che Ges fosse Dio ma, se non altro, il Figlio; e questo non perch Dio non possa compiacere se stesso; il testo infatti dice chiaramente che Dio, il Padre, compiace proprio s stesso nel Figlio prediletto Ges: cos la voce dal cielo, avvertita da ascoltatori evidentemente molto pi attenti di Felice. Comunque sia, andiamo piuttosto a sentire cosa dice il citatissimo Boismard (questa volta non interpellato) riguardo a questo passo; riporto la citazione nelle sue parti fondamentali Secondo Marco 1,10-11, appena fu battezzato da Giovanni nel Giordano, Ges riemerse dallacqua e in quel momento: <<vide aprirsi i cieli e o Spirito discendere su di lui come una colomba. E si sent una voce dal cielo: Tu sei il Figlio mio prediletto, in te mi sono compiaciuto>>. Abbiamo qui il modello ternario che pi di ogni altro si accosta alla formulazione trinitaria, poich contiene, implicitamente, la menzione del Padre, esplicitamente quella del Figlio e dello Spirito. Ma ancora assente il mistero della Trinit come sar definito pi tardi E un primo passo verso il mistero trinitario ma non ancora la Trinit Verosimilmente il mistero della Trinit stato elaborato a partire dalla narrazione del battesimo di Cristo. Ma non si potr precisare fin quando non si sar compreso che Ges era Figlio di Dio, non solo in senso di unadozione divina, ma in quello di una filiazione naturale. Ci non si potuto fare che alla fine del primo secolo, come abbiamo visto nel precedente capitolo sulla divinit di Cristo283 (sottolineature mie) Ogni ulteriore commento credo si possa ritenere certamente superfluo. MARCO 10,18 Ges gli disse: Perch mi chiami buono? Nessuno buono, tranne uno solo, Dio. (TMN) Anche di questo passo emerge la solita tendenziosit da parte di Felice sia nel modo di citare lo studioso domenicano, che di affrontare in generale la questione. Inserito in una sezione dal titolo IL
VANGELO DI MARCO commentato con altri due testi: 9,22-23 (la guarigione di un bambino

epilettico) e 13,32 (lora della fine del mondo). Ecco cosa scrive Felice Boismard giunge alla conclusione che Spiegando la risposta di Ges si ottiene: Dio solo buono e, poich non c che un solo Dio, io non sono Dio perci tu non hai ragione di chiamarmi <<buono>>. (AllAlba del Cristianesimo Prima della nascita dei dogmi. Marie-Emile Boismard (2000) Edizioni PIEMME; pag. 90)284
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Marie-Emile Boismard, AllAlba del Cristianesimo, 153-154 Felice Buon Spirito, LA TRINIT, 371

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Lultima parola della citazione <<buono>>, rimanda nel libro di Boismard alla nota 7 (evitata da Felice) che dice: Dunque, ci che Ges vuol dire in Marco 10,18 : avete torto se voi pensate che io sia (essenzialmente) buono, perch io sono un uomo come voi, e nessun uomo (essenzialmente) buono. Dio solo (essenzialmente) buono285 Ges, o meglio levangelista Marco mette in bocca a Ges una puntualizzazione: la bont per essenza solo Dio; luomo, come in questo caso Ges, buono solo per partecipazione.286 Lo stesso quando si dice che Dio amore, da intendersi Dio amore per essenza. In Dio tutto essenza. Poi continua esaminando gli altri due casi sopra accennati e conclude cos Cosa concludere da questi testi? Quando Marco li scriveva non poteva avere in mente una dualit di personalit in Ges: luna divina e laltra umana. O Ges era Dio apparso in forma umana, o non era che un uomo. Poich Marco fa parlare Ges come parlerebbe un uomo, significa che lo considera come un uomo, e non come Dio9.287 La nota in calce 9 della stessa citazione dice: I teologi spiegano che in questi testi Ges parla in quanto uomo e non in quanto Dio. Questa distinzione sarebbe valida per gli ultimi due testi, ma non per il primo: Ges nega di essere Dio Levangelista Marco st dicendo di considerare Ges come uomo, ma non st negando che sia Dio. RIVELAZIONE 1,4-6 Giovanni alle sette Chiese che sono in Asia: grazia a voi e pace da Colui che , che era e che viene, dai sette spiriti che stanno davanti al suo trono, 5 e da Ges Cristo, il testimone fedele, il primogenito dei morti e il principe dei re della terra. A Colui che ci ama e ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue, 6 che ha fatto di noi un regno di sacerdoti per il suo Dio e Padre, a lui la gloria e la potenza nei secoli dei secoli. Amen. (CEI)

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Marie-Emile Boismard, AllAlba del cristianesimo, 90 Uno dei casi diametralmente opposti a questo nei confronti di Ges Col 2,9, dove si dice che in Cristo abita corporalmente tutta la pienezza della divinit-deit; qui Cristo non partecipa solamente della divinit di Dio Padre, ma come presente stabilmente in lui tutta lessenza di Dio, la deit piena. Per questo la NM non pu che tradurre in lui dimora corporalmente tutta la pienezza della qualit divina; ma una certa qualit divina possibile attribuirla per partecipazione anche allessere umano. 287 Marie-Emile Boismard, AllAlba del Cristianesimo, 91

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Qui si parla di due personaggi, Dio e Ges Cristo, e Giovanni li distingue chiaramente. Dio Colui che , che era e che viene, infatti, la Bibbia applica solo a lui queste parole, mentre Ges il testimone fedele, il primogenito dei morti e il principe dei re della terra.288 Cos scrive Felice allinizio del commento a questo versetto. Non ritorniamo sui titoli che nellApocalisse vengono riferiti sia a Dio Padre che a Ges (e qui Felice si sbaglia): ne abbiamo gi abbondantemente parlato, ma in sintesi riporto solo un commento a riguardo Dio non pi semplicemente leterno, ma colui che viene. E come non tener presente che il participio <<il veniente>>, qui applicato indiscutibilmente a Dio, connota generalmente il Figlio, soprattutto nella letteratura giovannea, e particolarmente nellApocalisse? Bisogna dunque concludere che, fin dallinizio del libro, quando per la prima volta il nome segreto di Dio viene rivelato, tale nome prende una risonanza cristologica. Questo cristocentrismo, o pi esattamente questo teocentrismo cristologico, una delle grandi costanti dellApocalisse289 Sappiamo gi inoltre che il fatto di distinguere chiaramente Dio e Ges non preclude la sua divinit. Felice continua scrivendo che anche se si volesse usare questo passo a dimostrazione della Trinit, si deve tener conto che lordine delle <<persone>> non corrisponde a quello della Trinit. La menzione del Padre assente ed rimpiazzata dalla formula <<Colui che , che era e che viene>>, la quale sviluppa la rivelazione del nome di Dio fatta a Mos in Esodo 3,14. Infine la menzione dei sette spiriti presenti davanti al trono di Dio non pu fare allusione allo Spirito Santo, che, peraltro, sarebbe qui distinto da Dio. (AllAlba del cristianesimo Prima della nascita dei dogmi. MarieEmile Boismard (2000) Edizioni PIEMME; pag. 152)290 Riportiamo per intero, con le parti omesse in rosso, la citazione del Boismard e confrontiamola con quella di Felice appena citata Come nelle formule precedentemente analizzate, lordine delle <<persone>> non corrisponde a quello della Trinit. La menzione del Padre assente ed rimpiazzata dalla formula <<Colui che , che era e che viene>>, la quale sviluppa la rivelazione del nome di Dio fatta a Mos in Esodo 3,14. Infine la menzione dei sette spiriti presenti davanti al trono di Dio non pu fare allusione allo Spirito Santo, che, peraltro, sarebbe qui distinto da Dio. Siamo in presenza di un modello ternario attestato nella letteratura giudaica, non di una eco del mistero della Trinit291

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Felice Buon Spirito, LA TRINIT, 481 LApocalisse di S. Giovanni, traduzione e commento di, 29-30 290 Felice Buon Spirito, LA TRINIT, 481 291 Marie-Emile Boismard, AllAlba del Cristianesimo, 152

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Boismard st continuando ad analizzare le diverse formule ternarie, come abbiamo visto prima, che non riguardano il dogma della Trinit come verr sistematizzato pi tardi. Ci non significa che lo stia negando, come invece pu emerge dalla sua citazione incompleta. RIVELAZIONE 3,14 <<E allangelo della chiesa in Laodicea scrivi: queste cose dice lAmen, il Testimone fedele e verace, il Principio della creazione di Dio. (ND) Anche di questo passo si abbondantemente parlato. Sappiamo comunque che il punto centrale non tanto la traduzione di rc (legittimamente reso con capo, re, principio, principe, mezzo o strumento), quanto il soggetto a cui si riferisce, Ges Cristo: considerata ed epurata la sua natura di Logos eterno ed increato di Dio, cadono tutte le preoccupazioni di Felice. Recupero solamente una citazione di Boismard che testualmente leggo cos nel libro di Felice Boismard, uno dei pi noti biblisti a livello mondiale, in un suo studio afferma che il Cristosapienza non Dio poich stato creato da Dio (Apocalisse 3,14, Colossesi 1,15). (AllAlba del cristianesimo prima della nascita dei dogmi. Marie-Emile Boismard (2000) Edizioni PIEMME, pag. 135)292 Cosa potr mai capire il lettore da questa citazione? Che Boismard, uno dei pi noti biblisti a livello mondiale (come tiene a puntualizzare Felice), crede che Ges sia una creatura e non Dio. Ma basta controllare la fonte per renderci conto del contrario; riporto in rosso le parti omesse che chiarificano il pensiero del padre domenicano Anche secondo Giovanni, come secondo Paolo, Dio ha creato il mondo per mezzo del suo Logos (1, 1ab.3) o attraverso la sua sapienza (1Corinzi 8,6), Logos o sapienza che in qualche modo sidentificano a Cristo. Ma, come nei libri sapienziali e in Filone dAlessandria, il Cristo-sapienza non Dio poich stato creato da Dio (Apocalisse 3,14; Colossesi 1,15). Solo al termine di questa evoluzione, non prima degli anni 80, Cristo sar identificato a Dio: in Giovanni 1,1c, il quale aggiunge la frase e il Logos era Dio al testo primitivo; ed in Tito 2,13, il quale reinterpreta 1Timoteo 2,5 aggiungendovi laffermazione che il Cristo nostro grande Dio e salvatore. Secondo Giovanni 16, 12-13 questo approfondimento cristologico si sarebbe effettuato grazie allo Spirito di verit293

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Felice Buon Spirito, LA TRINIT, 335 Marie-Emile Boismard, ALLALBA DEL CRISTIANESIMO, 135

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Boismard quando parla del Cristo-sapienza creato da Dio, si stava riferendo ai libri sapienziali e agli scritti del filosofo ebreo Filone dAlessandria, e non certo al prologo del vangelo di Giovanni.
Usate cautela. Ogni evidenza devessere usata onestamente. Non togliete una citazione dal contesto. Accertatevi che ci che dite sia esattamente ci che lautorit citata voleva dire. Siate specifici nei vostri riferimenti294 Accuratezza nelle affermazioni. I testimoni di Geova sono un'organizzazione di verit. Dovremmo voler dichiarare la verit ed essere sempre assolutamente accurati in tutti i particolari. Questo si dovrebbe fare non solo riguardo alle dottrine ma anche nelle citazioni, in ci che diciamo intorno ad altri o nel modo in cui li rappresentiamo, e negli argomenti che implicano dati scientifici o notizie di cronaca. Le affermazioni errate fatte a un uditorio possono essere ripetute e l'errore pu essere ingrandito. Le inesattezze che sono riconosciute da un uditorio suscitano dubbi in quanto all'autorit dell'oratore su altri punti, forse mettendo anche in dubbio la veracit del messaggio stesso295 (il grassetto mio)

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Manuale per la Scuola di Ministero Teocratico, Brooklyn 1974, 155 Manuale per la Scuola..., 110, 10,11

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RIVELAZIONE 5,8; 5,12-14 I quattro viventi e i ventiquattro vegliardi si prostrarono dinanzi allAgnello (EP 66); Lagnello che fu scannato degno di ricevere potenza e ricchezza e sapienza e forza e onore e gloria e benedizione. 13 E ogni creatura che in cielo e sulla terra e sotto la terra e sul mare, e tutte le cose [che sono] in essi, udii che dicevano: A Colui che siede sul trono e allAgnello siano la benedizione e lonore e la gloria e il potere per i secoli dei secoli. 14 E le quattro creature viventi dissero: Amen! e gli anziani caddero e adorarono. (TMN) Si gi ampiamente trattato nel precedente lavoro il tema delladorazione rivolta a Dio e a Ges; si aggiungono solamente altre considerazioni Particolarmente eloquente il passo in cui la metafora [lAgnello] compare per la prima volta: E vidi in mezzo al trono un agnello ritto in piedi come sgozzato (5,6). Il trono quello di Dio, semplicemente detto altrove il Sedente (4,2), ed paradossale che, essendo gi occupato da lui, si dica che ciononostante lAgnello vi sta proprio nel mezzo, a esprimere una vera e propria sovrapposizione296 a colui che siede sul trono, e allAgnello: V. 7,10. Come la dossologia offerta tanto a Dio quanto allAgnello, cos la regalit e il dominio appartengono indistintamente al Padre e a Cristo (3,21)297 Ladorazione sale da ogni parte, anche dai posti pi inaspettati (cf. Is 38,18). La dossologia si rivolge insieme a Dio e allagnello, indicando, al termine della liturgia dei capitoli 4 e 5, che appunto questo il messaggio centrale della celebrazione298 Nuovo nel N.T. il fatto che accanto a Dio come destinatario della proskynesis adorante sta ora in primo luogo il Cristo innalzato (come risulta in modo particolarmente chiaro, ad es., in Apoc. 5,13s.; Lc. 24,52) Nel N.T.Il proskunen riservato a Dio e allAgnello NellApoc. luso di proskunw ha due punti centrali: ladorazione di Dio e dellAgnello nella liturgia celeste (4,10; 5,14; 7,11; 11,16; 19,4)299 La NM in Ap. 5,13s, ha tradotto proprio cos: A Colui che siede sul trono e allAgnello siano la benedizione e lonore e la gloria e il potere per i secoli dei secoli. E le quattro creature viventi dissero: Amen! e gli anziani caddero e adorarono.

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Il DNA del Cristianesimo, 144 GCBQ, 1450 298 LApocalisse di Giovanni, traduzione e commento di Pierre Prigent, Borla, 1985, 207 299 DENT II, 1163

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E bene ricordare che nel NT esiste il verbo prospptw (prospipt), prosternarsi, prostrarsi, cadere ai piedi di, che designa turbamento oppure improvviso sbigottimento o costernazione, e non usato come termine tecnico per esprimere latto della preghiera e delladorazione, come proskunw. Ricorre 8 volte e precisamente in Mc 3,11; 5,33; 7, 25; Lc 5,8; 8,47; 8,28; Mt 7,25 e At 16,29.300 In tutti questi casi la KIT rende prospptw con linglese to fall, cadere, abbassarsi, crollare, scendere. RIVELAZIONE 22,13 Io sono lAlfa e lOmega, il primo e lUltimo, il principio e la fine. (CEI) Anche per quanto riguarda i titoli in questione, ne abbiamo gi ampiamente trattato nel precedente studio, ma molto interessante unaffermazione di Felice circa questo passo In questo passo, Dio pure chiamato il primo e lultimo, espressione che in Rivelazione 1:17, 18 riferita a Ges. Anche lespressione apostolo riferita sia a Ges Cristo che a certi suoi seguaci. Ma questo non dimostra che siano la stessa persona. (Ebrei 3:1)301 Si nota una chiara incongruenza: qui Felice dice che lespressione primo e ultimo riferita anche a Ges in Ap 1,17-18,302 mentre nel suo precedente libro LA TRADUZIONE DEL NUOVO MONDO,
MANIPOLATA O TRADOTTA FEDELMENTE? nel commento ad Ap 1,11 scrive testualmente

Alcuni trinitari citano questo passo per cercare di dimostrare che Ges Dio. Questa espressione ricorre nella DI e in poche altre vecchie traduzioni bibliche. Lespressione non inclusa nella stragrande maggioranza delle traduzioni bibliche moderne. Essa non trova alcun sostegno nei pi antichi manoscritti greci. Tale interpretazione basata su tardi manoscritti che sono stati trovati difettosi a causa di scribi troppo zelanti nel voler applicare il titolo lAlfa e lOmega, il primo e lultimo a Ges Cristo303 In questa citazione invece dice tutto il contrario: i titoli lAlfa e lOmega, il primo e lultimo sono stati applicati indebitamente a Ges da scribi troppo zelanti; in sostanza sono dei falsi. Ma allora ci si chiede: questi titoli sono applicati o no anche a Ges Cristo nella Scrittura? Credo che questo modo di fare sia segno di poca seriet ed onest.

300 301

Cfr DENT, 1166 Felice Buon Spirito, LA TRINIT, 198 302 Oltre ad Ap 1,17-18 ricordato da Felice, anche 2,8 e 22,13 attribuiscono questi titoli a Ges. 303 La Traduzione del Nuovo Mondo, 796

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Anche nella loro stampa, precisamente nel libro Rivelazione mentre attribuiscono Ecco, vengo presto Io sono lAlfa e lOmega 304 (Ap 22, 12-15) a Geova in persona, tre pagine dopo, lo attribuiscono a Ges: Sia lui che Geova Dio stesso ribadiscono pi volte il fatto che essi vengono presto, e Ges qui lo ripete per la quinta volta (Rivelazione 2:16, 3:11; 22:7, 12,20)305 LAlfa e lOmega: prima e ultima lettera dellalfabeto greco (21,6; 22,13), trasposizione nel Cristo di una qualit di Dio, principio e fine di tutto (Is 41,4; 44,6; cf. 1,17; 2,8)306 ALFA E OMEGA Sono la prima e lultima lettera dellalfabeto greco. Citate insieme, queste due lettere alludono a Dio: principio e fine di tutta la realt. Nel Nuovo Testamento, questa qualit divina viene riferita a Ges Cristo: Io sono lAlfa e lOmega, dice il Signore Dio, colui che , che era e che viene (Ap 1,8)307 LApocalisse riferisce a Cristo gli attributi di Dio nellAT. Egli il primo e lultimo, lalfa e lomega (1,7; 2,8; 22,13)308 Ges sentito e pensato al livello di Dio Gli attributi di Dio nellAT, specialmente quelli dinamici, vengono riferiti a lui: egli il primo e lultimo, lalfa e lomega (1,7; 2,8; 22,13): si trova allinizio e alla conclusione della serie omogenea della storia della salvezza Con ci si manifesta come equivalente a Dioe gli compete il titolo divino Signore dei signori (17,14; 19,16)309 Il primo e lultimo, lalfa e lomega ( prtoj ka scatoj, t Alfa ka t W: 1,17; 2,8; 22,13): detti di Dio (cf 1,8; 21,16), questi titoli vengono trasferiti a Cristo che, in rapporto col mistero pasquale, indicato come allinizio e alla conclusione della serie omogenea rappresentata dalla storia della salvezza310 C un contatto letterale con Is 44,6: cos dice Iahv ebath: io sono il primo e io sono ultimo (e con Is 48,12) Iahv visto qui soprattutto nella sua trascendenza che supera le vicende delle cose. In Ap 1,8 Dio detto alfa e omega; lo stesso titolo applicato a Cristo in Ap 22,13.311 La formula il Primo e lUltimo (ho prtos kai ho schatos) si trova solo come autoqualificazione di Cristo glorificato (1,17; 2,8; 22,13). Si rif alla dizione ebraica degli attributi divini, presente nel Deuteroisaia (41,4; 44,6; 48,12) Unaltra espressione, simile quanto al
304 305

Rivelazione, il suo grandioso culmine, 316 Idem 306 BG, 2627 307 Enciclopedia del Cristianesimo, 44 308 LDTE, 824 309 NDTB, 92 310 IL MESSAGGIO DELLA SALVEZZA 8, 390 311 Idem, 409

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contenuto, : io sono lalfa e lomega (alfa la prima lettera e omega lultima) e anche: io sono linizio e la fine (22,13). Il trasferimento di questi attributi divini al Risorto indica che Cristo stato innalzato a dignit divina e ha assunto compiti di creatore e di perfezionatore312 In verit come riconoscono le scritture e tutti gli studiosi, il titolo divino Io sono lAlfa e lOmega, il Primo e lUltimo nellApocalisse si applica indistintamente sia a Dio Padre che a Ges, a significare che lo stesso Ges posto sul medesimo piano di Dio Padre, e non che siano la stessa persona come ritiene Felice ma che nessuno a mai rivendicato. Nulla a che vedere dunque con vecchi manoscritti trovati difettosi a causa di scribi troppo zelanti nel voler applicare il titolo lAlfa e lOmega, il primo e lultimo a Ges Cristo.313 Casomai questa la scusa di Felice e dei TdG per tentare di oscurare la divinit di Cristo. Per quanto riguarda la CONCLUSIONE di Felice al suo libro, riporto le parti salienti che ne sintetizzano il pensiero Si, gli Israeliti erano monoteisti, come anche i primi cristiani. Essi non credevano affatto in una Trinit composta da pi persone. Credendo in essa di diventa politeisti o meglio, triteisti. La Trinit, come abbiamo appurato, una falsa dottrina che nacque da una cattiva interpretazione delle Scritture La dottrina della Trinit non ha senso alcuno, anzi, crea forti dubbi in molti. Io spero di essere stato capace a spiegare bene questo argomento cos controverso che va avanti da secoli, anche se Subito dopo la risurrezione di Cristo, gli apostoli non credevano ancora che Ges fosse Dio, essi non avevano alcuna nozione del mistero della Trinit. (Allalba del cristianesimo Prima della nascita dei dogmi. a cura di Marie-Emile Boismard (2000) Edizioni PIEMME; pag. 5). Basare una falsa credenza come la dottrina della Trinit su un libro come la Bibbia, che la parola di Dio, molto pericoloso, specialmente sapendo che la parola Trinit non esiste in essa. Voglio dire, se si suppone che la Trinit una dottrina cos importante per definire la divinit di Dio, non pensate che dovrebbe esistere almeno una volta questa parola nella Bibbia? Continueranno i trinitari a credere il contrario dopo la lettura di queste pagine? Credo che molti, purtroppo, continueranno a crederlo. (2 Corinzi 4:4) Spero che a qualcuno possa intanto sorgere il dubbio su questa misteriosa dottrina, mentre gli si aprono gli occhi e possano cambiare idea al riguardo.314 (sottolineature mie) Al termine di questa nostra analisi le parole di Felice ci lasciano, a dir poco, sbigottiti. Dato che gli abbiamo gi ampiamente risposto nel corso del lavoro, in tutta sincerit lasciamo senza nessun risentimento un nostro fraterno commento: chi dovrebbe veramente aprire gli occhi e cambiare
312 313

DCBNT, 694 Cfr. La Traduzione del Nuovo Mondo, 796 314 Felice Buon Spirito, LA TRINIT, 513

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idea non sono certo coloro che credono nella Trinit, ma piuttosto tanti TdG, e non solo, che vengono sistematicamente lasciati alloscuro di tutto, e a loro possiamo solo ripetere le parole di Giovanni Se rimanete fedeli alla mia parola, sarete davvero miei discepoli; conoscerete la verit e la verit
vi far liberi

(8,31-32).

Altrettanto illuminante la prefazione del libro di Boismard, dalla quale Felice ha estrapolato la sua citazione nella conclusione; riportiamo integralmente parte di essa, come sempre con le parti omesse in rosso Questo volume ha per titolo: Allalba del cristianesimo. La nascita dei dogmi. Per alba del cristianesimo, intendiamo i primi cinquantanni che seguirono la morte di Cristo, vale a dire, approssimativamente, gli anni 30-80. Quanto ai dogmi, ecco la definizione che ne da il vocabolario: Argomento dottrinale stabilito o considerato come una verit fondamentale, incontestabile (in una religione, una scuola filosofica). Nella Chiesa, la formulazione di gran parte dei dogmi stata precisata attraverso definizioni conciliari. Dunque, i dogmi a cui crediamo non sono nati dalloggi al domani insieme al cristianesimo. Subito dopo la risurrezione di Cristo, gli apostoli non credevano ancora che Ges fosse Dio, essi non avevano alcuna nozione del mistero della Trinit, n supponevano che la morte del loro maestro avesse un valore redentivo. Questo fatto viene ammesso da quasi tutti i teologi moderni. Si pone allora una questione inevitabile: in quale momento sono nati i principali dogmi della Chiesa e come si sono progressivamente formati? E a questa duplice domanda che il presente volume cercher di dare una risposta. Il nostro intento rimane limitato, nel senso che abbiamo volontariamente ristretto il nostro studio ai testi del Nuovo Testamento e a quelli dellAntico Testamento nella misura che essi li preparano e chiariscono. Abbiamo voluto restare nel periodo da noi chiamato l alba del cristianesimo. E chiaro che, menzionando per esempio il dogma della Trinit, sarebbe stato necessario completare i dati neotestamentari ricordando tutte le controversie che hanno preceduto il concilio di Nicea, nel 325, il quale ha condann definitivamente larianesimo. Tali studi sono stati gi fatti e noi non vi aggiungeremo nulla. Tuttavia, il genere dindagine che stiamo per intraprendere, comporta un rischio che un certo numero di esegeti e di teologi, anche con esperienza, non hanno sempre saputo evitare. Pi o meno coscientemente, si spesso voluto trovare nel Nuovo Testamento il maggior numero di testi possibile che, si pensava, potessero confermare la fede attuale della Chiesa. Oppure, per presentare il rischio da un altro punto di vista, i testi del Nuovo Testamento spesso sono stati interpretati supponendo, a priori, che i loro autori condividessero la nostra attuale fede. Diamo solo due esempi. Noi crediamo che Ges sia Dio, e questo uno dei dogmi fondamentali della Chiesa. E pensabile che Paolo non avesse gi condiviso la nostra fede? No, riteniamo. Dunque, allorch si 114

vede Paolo designare il Cristo come il Figlio per eccellenza, si sar indotti a interpretare questo titolo nel senso duna filiazione naturale e quindi divina e non nel senso duna filiazione adottiva, come viene supposta dal Salmo 2 al v.7. Allo stesso modo crediamo che Dio, che unico, sussista in tre persone: Padre, Figlio e Spirito. E il dogma della Trinit. Questo dogma ci sembra talmente essenziale che difficilmente si pu ammettere che Paolo labbia ignorato. Di conseguenza, quando Paolo chiude la sua seconda lettera ai Corinzi, scrivendo. La grazia del Signore Ges Cristo, lamore di Dio Padre e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi (2 Corizi 13,13), saremo indotti a scorgervi una formula trinitaria a conferma che Paolo credesse come noi, al mistero della Trinit. Qualcuno ci accuser di aver minimizzato il senso di un certo numero di testi, mentre, secondo noi, vero il contrario: il loro senso stato spesso maggiorato da molti commentatori o teologi315 E palese per tutti che laffermazione di Boismard citata da Felice, Subito dopo la risurrezione gli apostoli non credevano ancora che Ges fosse Dio, inserita in tutto il contesto della prefazione presenta un significato sostanzialmente diverso da quello che voleva far apparire Felice: il fatto che Subito dopo la risurrezione gli apostoli non credevano ancora che Ges fosse Dio non significa che col passar del tempo in seguito non lo avessero ritenuto tale; infatti ci poi avvenuto grazie alle nuove comprensioni e sviluppi della fede cristiana. Questo appunto ci che Boismard vuole dirci. Ovviamente lo studioso e noto biblista domenicano non ritiene, come Felice, che la dottrina della Trinit sia una falsa credenza basata incompatibile con la Parola di Dio, ma ci ricorda solo il suo sviluppo allinterno dellesperienza e delle riflessione delle prime comunit cristiane. CONSIDERAZIONI DI ALCUNI STUDIOSI SULLA TRINIT Se i lettori hanno compreso gli ultimi tre capitoli, saranno in grado di vedere come le affermazioni nicene si collocano veramente nella direzione del NT La dichiarazione cristologia di Nicea fedele allorientamento principale della cristologia del NT Mi sia permesso far osservare il modo in cui le affermazioni di Nicea e di Calcedonia (che ho analizzato evidenziandone la fedelt alle linee neotestamentarie di sviluppo) siano funzionali e, secondo un linguaggio comune, pertinenti316

315 316

Marie-Emile Boismard, ALLALBA DEL CRISTIANESIMO, 5-7 Raymond E.Brown, INTRODUZIONE ALLA CRISTOLOGIA, 142. 146. 148

115

Asse portante di questo corso di cristologia la centralit dellevento concreto di Ges di Nazaret crocifisso e risorto per la comprensione sia dellidentit di Cristo (vero Dio e vero uomo), sia dellidentit di Dio come essere relazionale (unitrino)317 Parlare di Trinit cercare le parole umane meno imperfette possibili per esprimere la realt (storicamente incontrata nella rivelazione neotestamentaria) dellunit nella diversit di Dio Padre, del Figlio Ges Cristo Parola eterna del Padre, e dello Spirito santo dono eterno del Padre nel Cristo Risorto: una realt ben testimoniata dalla Scrittura, visibile soprattutto nella vicenda pasquale, e vissuta con intensa partecipazione nella liturgia e nella vita cristiana. Unautentica teologia trinitaria cos un tentativo di rispettare i dati del NT, interpretandoli senza svilirne il contenuto318 La testimonianza neotestamentaria rimane normativa per la successiva penetrazione del volto cristiano di Dio. Non si pu fare a meno di essa, nel senso che non se n pu prescindere e che occorre sempre farvi riferimento per approfondire il suo contenuto inesauribile Lapprofondimento e la riflessione sul mistero di Dio come Trinit devono essere sempre condotti allinterno di questa polarit: da una parte, il riferimento normativo alla rivelazione escatologica di Ges Cristo che ci consegnata nel Nuovo Testamento; dallaltra parte, la docilit agli impulsi dello Spirito che ci fanno continuamente penetrare sempre pi a fondo nella ricchezza di questo mistero319 Quanto pi Israele riflette sulla sua esperienza di Dio, tanto pi chiaramente riconosce che Dio rimane un mistero. Sono Dio e non uomo, si dice in Osea (11,9). Lalterit assoluta permane anche laddove Dio si incarna in Ges Cristo ed entra nella storia umana320 IL DISCORSO DI GES INTORNO A DIO Nel messaggio del vangelo Ges si riferisce al Dio che si rivelato nellAT servendosi delle pi svariate immagini (Padre premuroso, lamico soccorrevole, il padrone di casa che si occupa di tutti, un giudice amorevole). Rivolgendosi a Dio nel Padre Nostro, Ges usa comunque limmagine pi audace e nello stesso tempo pi rivoluzionaria; gi nei primi tempi Israele aveva definito Dio come il proprio Padre (in ebraico abbinu, parola molto solenne, grave e distaccata). Ma Ges fa un passo avanti: non ricorre a questo termine ma a quello aramaico molto pi confidenziale e caldo, abb: padre mio. E questa una novit assoluta. Non si trovano paralleli nella religione ebraica,
317 318

Paolo Gamberini, Questo Ges, (retro copertina) Umberto Proch, Dizionario dei termini Biblico-Teologici. Linguaggio religioso e linguaggio corrente, ElleDiCi, Leumann 1994, 196 319 Piero Coda, Dio Uno e Trino. Rivelazione, esperienza e teologia del Dio dei cristiani, San Paolo, Cinisello Balsamo 2000, 153. 155 320 Josef Imbach, COME LEGGERE E CAPIRE LA BIBBIA, introduzione esegetica, Citt Nuova, Roma 1992, 125

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di questo modo di rivolgersi a Dio. Rispetto e intimit si fondono in questo termine che in italiano possiamo rendere con la parola del linguaggio quotidiano e familiare pap, babbo mio. Dire abb non significa certamente che dobbiamo immaginarci Dio come un essere maschile. Gi nellAT insieme ai suoi caratteri paterni emersero anche quelli materni: il Dio dellAlleanza, per esempio, si definisce in Osea come colui che nutre il popolo che a sua volta viene definito figlio (Os 11,1-4). In Geremia si legge che Dio chiama il suo popolo con materno atteggiamento, figlio caro e fanciullo prediletto, amato con viscere di misericordia (Ger 31,20). In questo contesto emerge una domanda: Ges parla sempre e solo di Padre, e lo Spirito Santo? In effetti lo Spirito santo non trova quasi posto nella predicazione del Ges terreno. Daltro lato, per, tutti gli autori neotestamentari comprendono la vita di Ges in chiave messianica, come opera dello Spirito. Essi tuttavia non sviluppano ancora una dottrina nel senso del successivo dogma della Trinit (un Dio in tre Persone), m si limitano a una considerazione e a una presentazione delle cose nellottica della storia della salvezza: Dio si fa visibile nel Figlio Dopo la morte e la resurrezione di Ges, la giovane Chiesa si rende conto che egli presente in mezzo a lei in modo nuovo: una presenza che viene sperimentata quale opera dello Spirito di Dio. Questo Spirito lo Spirito di Ges321 Con ci che abbiamo detto finora si sono intravisti i fondamenti della fede nella Trinit La fede nella Trinit di Dio, daltronde, conobbe uno sviluppo della propria espressione. Mentre sono frequenti formule binitarie le formule trinitarie esplicite sono rarissime negli scritti del Nuovo Testamento documentano la fluidit non della fede ma della sua espressione. Si pu ben dire che lespressione oscill fino al decisivo Concilio di Nicea dellanno 325, ma la fede, che sta sempre al di l delle parole, tipica del cristianesimo fin da principio e ne costituisce uno dei capisaldi322 8) La Trinit. Il NT non conosce il termine trinit applicato a Dio. Tuttavia parla spesso distintamente del Padre, del Figlio di Dio e dello Spirito Santo; vi si trovano pure formule gi fisse, a tre membri, e riferite a Dio (cf. soprattutto 1Cor 12,4-6; 2Cor 13,13). La triade Padre, Figlio e Spirito santo compare in modo esplicito soltanto nella formula battesimale di Mt 29,19. Il cosiddetto comma johanneum (1Gv 5,8), che un aggiunta assai posteriore (VI sec.), contiene la triade Padre, Parola e Spirito santo. In Ef 4,4ss troviamo un ampliamento della formula triadica, in cui per lasse portante sempre dato dalla triade lunico Dio, lunico Signore e lunico Spirito. Gal 1,4ss non presenta una formula vera e propria; per lesposizione dellazione salvifica di Dio mette in luce i
321 322

Cfr Idem, 125-126 Romano Penna, Il DNA del Cristianesimo. Lidentit cristiana allo stato nascente, San Paolo, Cinisello Balsamo, 2004, 192. 195-196

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tre membri della triade nel loro vero rapporto: Dio invia dapprima il Figlio, e poi lo Spirito del Figlio, per continuare in terra la sua opera. Abbiamo anche formule a due membri, in cui viene espresso principalmente lintimo rapporto intercorrente tra il Padre e il Figlio. Un solo Dio, il Padre, e un solo Signore, Ges Cristo (1Cor 8,6); Un solo Dio e un solo mediatore tra Dio e gli uomini (1Tim 2,5). A tal proposito dobbiamo menzionare anche Mt 23, 8-10, dove Ges ricorda ai discepoli che essi hanno un solo maestro (cio Ges) e un solo Padre nei cieli. Tutte queste affermazioni sottolineano, ad un tempo, lunit e la diversit tra Dio e Cristo; Dio comunque sempre sul gradino pi alto, principio e fine di ogni discorso. Esiste unintima relazione tra Cristo e lo Spirito santo. In 2Cor 3,17 Paolo arriva a dire che il Signore lo Spirito. Nel vangelo di Giovanni lo spirito si presenta con una certa autonomia personale (Stauffer, ThW II, 108). La sua azione per strettamente legata al Cristo elevato (egli prender del mio: Gv 16,14). Tra Cristo e lo Spirito intercorre una relazione reciproca. Anche in questo caso, tuttavia, non sono ancora fissati i principi dogmatici. Non deve quindi stupire se in 1Gv 2,1 detto che Cristo funge da paraclito presso il Padre, anche se lo Spirito chiaramente concepito come distinto da Cristo e a questi subordinato. Tutto ci sta a dimostrare che il cristianesimo primitivo non possedeva ancora una dottrina trinitaria gi pienamente elaborata. A ci contribuir la riflessione di fede delle successive generazioni di credenti323 La pretesa ellenizzazione del cristianesimo La decisione conciliare di adoperare il termine homoosios parve ad un certo numero di vescovi orientali una deplorevole e pericolosa concessione fatta alla cultura greca, una specie di tradimento della eredit biblica. Infatti, perla prima volta, un termine non presente nella Bibbia faceva il proprio ingresso nella redazione di un documento dottrinale della Chiesa. La dottrina cristiana, a Nicea, si era forse compromessa con la filosofia ellenica pagana? Veramente, la nozione ci consostanzialit, ossia di identit di sostanza o natura, era gi stata impiegata, prima di Nicea, in Occidente: Tertulliano, scrivendo in latino, parlava gi di unit di sostanza a proposito del Padre e del Figlio; questa terminologia si trovava inoltre in Egitto. I cristiani viventi nella cultura greco-romana erano portati del tutto spontaneamente a esprimere il contenuto della loro fede con le parole che conoscevano, che leggevano o che ascoltavano nellambiente. Nessun tradimento, in questo, ma semplicemente un normale fenomeno di traduzione. Il cristianesimo, daltra parte, un continuo lavoro di trasmissione e di traduzione, cominciato con gli evangelisti, che tradussero in greco le parole di Cristo pronunciate in aramaico
323

DCBNT, 498-499

118

Se i vescovi del concilio di Nicea scelsero il termine homoosios fu perch la crisi tra arianesimo e ortodossia si era costituita ed espressa nellambito della lingua greca, attraverso uno slittamento semantico disastroso, dovuto agli equivoci di forme principali greche. Leresia ariana aveva consistenza reale solo se espressa in greco, solo se messa in rapporto con il pensiero ellenico: perci, per combatterla, bisognava attaccarla sul suo terreno. Era necessaria una risposta energica, appropriata, adeguata veramente allo scopo: utilizzazione della cultura greca, ma al servizio dellortodossia. I vescovi del concilio, inoltre, non si comportarono affatto alla leggera, come se li spingesse un irragionevole desiderio di novit, perch non ci fu nessuna novit effettiva. Essi, in realt, non fecero che sanzionare ufficialmente il valore di uno sforzo di lunga durata, iniziato almeno due secoli prima dai teologi, per fondare una teologia cristiana viva e robusta, chiarendo il dato rivelato con la riflessione teologica e spesso con laiuto della filosofia Questo ci che la Chiesa ha sempre fatto: servirsi dei dati e delle ricerche della filosofia per esprimere il contenuto della fede, senza mai tradirlo. La filosofia bene intesa e accuratamente controllata pu rendere la teologia pi feconda, ma certo non pu in alcun caso sostituirla. Non la filosofia che fonda la teologia, ma la Rivelazione che giudica le filosofie324 Riportiamo da una rubrica di teologia on-line, Il teologo risponde, la domanda di un lettore e la conseguente risposta dellesperto; ci sembra chiara ed esaustiva: La Trinit: tre persone uguali e distinte Perch diciamo, parlando della Santissima Trinit, che il Figlio procede dal Padre e lo Spirito Santo procede dal Padre e dal Figlio? Non sono forse uguali le tre persone divine? O gerarchico, come la Chiesa, anche Dio in se stesso? Carmine Caiazzo Risponde padre Athos Turchi, docente di filosofia Eliminiamo subito la terza domanda: in Dio non c gerarchia perch non c subordinazione di ruoli come invece c nella chiesa. La Trinit infatti un solo e unico Dio, e non tre individui (Gv 10,30). Nella seconda domanda il lettore ha dimenticato di aggiungere a uguali e distinte, altrimenti se fossero solo uguali non sarebbero 3 ma una sola entit. Il distinto giustifica il procedere da. E veniamo al nocciolo del problema.
324

AA.VV., 100 PUNTI CALDI della storia della Chiesa, Paoline, Roma 1982, 65-67

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Il tema di quelli sensibili perci precisiamo i termini. Del Figlio non appropriato (anche se forse non sbagliato) usare il termine procede perch il credo ci fa dire: generato. Dunque il Figlio generato e lo Spirito procede. Questo lo riprendiamo da Ges che si considera Figlio (Gv 5,18), mentre dello Spirito dice che inviato sia dal Padre (Mt 10.20) che da lui stesso (Gv 16,7): lo Spirito di entrambi. E cerchiamo di capire. Dio unico e unica la sostanza (natura), ma questa - secondo il nostro credo - non qualcosa di monolitico, bens di molteplice-dinamico, ossia di 3 relazioni che noi chiamiamo persone divine. Dio Padre, Figlio e Spirito. Ora in che rapporto stanno tra loro? Dato un padre esso sar relativo a un figlio, e il rapporto di generazione che conclude alla stessa natura, senn se il figlio fosse stato di diversa natura avremmo avuto un atto di creazione. Il Figlio essendo della stessa natura del Padre anchesso Dio a pieno titolo, altrimenti sarebbe unaltra cosa, e pur avendo la medesima natura non si isola dal Padre, ma col Padre e lo Spirito costituisce lunica natura di Dio. Dice S. Agostino nel De trinitate (V,5) che la distinzione (personale e non individuale) tra Padre e Figlio dovuta al fatto che il Padre genera il Figlio eternamente e viceversa il Figlio eternamente generato dal padre. Per questo mai si identificano e mai si diversificano, ma stanno eternamente tra loro distinti in una interminabile generazione. Pi complicato parlare dello Spirito. Mi rifaccio sempre a S. Agostino. Questi dice che il termine Spirito si comprende meglio se lo intendiamo come dono, concetto usato da Ges (Gv cc.15-16). Lo Spirito sarebbe il dono di Dio che fa partecipi altri della comunione divina. Per cui in quanto dono lo Spirito una specie di ineffabile comunione tra il Padre e il Figlio (V,11). Esemplifichiamo: io parlo con un amico di teologia, e estendiamo e facciamo partecipe un terzo del discorso, gli facciamo dono di un tema teologico che procede da me e dallamico. Lo spirito insomma nel concetto di Agostino la comunione, lamore tra Padre e Figlio che essi reciprocamente si fanno, ma che costituisce una unica relazione - lo Spirito -, e da essi si distingue come dono delluno verso laltro. E siccome di entrambi dono reciproco, da essi procede, sia come ipostasi (persona) divina, sia come Spirito partecipato agli uomini. Ges - per completezza della terza domanda - parla del Padre come pi grande (Gv 14,28) non perch sia anteriore o diverso o pi onnipotente, ma perch relativamente alla generazione e processione il Padre detto prima del Figlio e dello Spirito. Solo logicamente anteriore per il linguaggio umano. Dunque il Figlio non procede, ma generato e non creato come dice il credo, e lo Spirito procede dal Padre e dal Figlio come loro intima cor-relazione325

325

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TRINIT. I. Questo termine nel linguaggio cristiano e conforme alla teologia cattolica, riferendosi cio a Dio uno nellessenza (Essere assoluto, natura, sostanza) e trino nelle Persone (Essere relativo, Relazioni sussistenti, Propriet ipostatiche), designa il mistero pi augusto e fondamentale del cristianesimo, quello che lo differenzia da tutte le altre religioni, anche monoteistiche 2. Il mistero della Trinit di Dio fu ignorato da tutta la gentilit, n pu trovare nelle mitologie pagane riscontro o traccia di vera somiglianza, sebbene anche in queste alcuni osservatori superficiali, apologisti esagerati o filosofi tradizionalisti, quali lo Chateaubriand, il Lamennais, il Bonnetty, abbiano preteso di scoprire indizi di una primitiva rivelazione della Trinit Ma questa un ipotesi insussistente, che trascura affatto lelemento essenziale della questione, il carattere proprio della Trinit cristiana, e le sue relazioni con la fede monoteistica di Israele. Che se anche il popolo dIsraele non ebbe la rivelazione esplicita del mistero, ne venne tuttavia ricevendo successivamente qualche lume o accenno, almeno di ombra o figura della realt come quelle di Dio padre, dello Spirito, della Sapienza preesistente a tutte le cose create, che appare sussistente come quale ipostasi divina. E se dai Giudei anteriori alla rivelazione cristiana venne identificata con la Legge, da S. Paolo (Colossesi, I, 15; e pi di proposito in Ebrei), dai primi apologisti della fede contro i gentili e i Giudei, e dai difensori dellortodossia contro gli eretici, massime nella controversia ariana, fu applicata al Verbo, Figlio di Dio, coeterno e consustanziale al Padre. N questa dottrina si pu confondere con la teoria di Filone di Alessandria circa il logos, da lui concepito come un intermediario fra Dio egli uomini, destinato a riempire la distanza infinita che li separa,ma non increato come Dio, n creato come noi; un essere mitico, dunque, meramente subalterno e oggetto di speculazione filosofica, non di fede religiosa,non persona viva ed operante, come Cristo Ges, Verbo di Dio fatto uomo, e Salvatore del genere umano, quale ci rappresentato, per es., nel prologo del IV Vangelo. Che se alcuni cristiani, massime alessandrini, e anche qualche dottore come Origene, non si guardarono sempre da infiltrazioni della filosofia di Filone, si che queste diedero poi fomento allarianesimo sorto appunto in Alessandria, ci fu per un abbaglio di pochi e per lo pi involontario, siccome dovuto allincertezza dei termini non ancora fissati, e certamente opposto alla pi schietta tradizione; giacch gli scrittori apostolici prima, e poi i Padri susseguenti sorti a impugnare larianesimo, non discesero mai a compromessi dottrinali, anche quando dal linguaggio corrente, ispirato da quella filosofia umana, ritrassero qualche termine, metafora o nozione da esprimere o chiarire le verit della rivelazione cristiana. Tuttavia anche questa rivelazione, succeduta alla lenta preparazione giudaica, fu graduale e progressiva; e ci, col successivo svolgersi della cognizione e penetrazione maggiore della verit dogmatica, da luogo alla storia del dogma, cominciando dalle prime origini cristiane326
326

Enciclopedia Italiana, Giovanni Treccani, Rizzoli, Milano 1937, (TOPO VED), 351

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ESEMPLIFICAZIONI DI CITAZIONI FALSIFICATE Nel suo Dizionario Biblico il gesuita John L. McKenzie dice: La Trinit delle persone allinterno dellunit di natura definita in termini di persona e natura, che sono termini filosofici greci; essi infatti non appaiono nella Bibbia. Le definizioni trinitarie sorsero come risultato di lunghe controversie nelle quali questi termini, e altri come essenza e sostanza, furono erroneamente applicati a Dio da alcuni teologi. Cittadella Editrice, 1973, trad. di Filippo Gentiloni Silveri, p. 1009327 Da questa citazione il malcapitato lettore (soprattutto se TdG) sar portato a credere che perfino il gesuita Mc Kenzie non sarebbe daccordo con la dottrina trinitaria dal momento che egli sembrerebbe non approvare riguardo a Dio luso di termini (persona e natura) assenti dalla Bibbia in quanto sono termini filosofici greci (e sappiamo bene come il TdG consideri le filosofie umane il prodotto di uomini imperfetti, influenzati dagli spiriti demoniaci).328 sembra ammettere che proprio la dottrina sulla Trinit sia nata come il risultato di lunghe controversie (il McKenzie invece afferma che, non la dottrina, ma le formule di definizione, cio la formulazione, la presentazione precisa di quella dottrina, furono precedute da lunghe controversie) sembrerebbe ammettere - soprattutto - che quei termini, persone e natura, erroneamente applicati a Dio non andavano assolutamente daccordo con la realt di Dio, non lo riguardavano e con ci non dovevano essere usati. Chi ha gi sperimentato linaffidabilit delle citazioni fatte dal CD riscontrer che il pensiero dellautore non citato per intero ma stato interrotto in un punto ben studiato, adatto a suscitare proprio limpressione di incompatibilit tra quei termini e Dio. Ecco infatti la citazione del dizionario del McKenzie nella sua completezza con le parti in rosso omesse da Ragioniamo: La Trinit delle persone allinterno dellunit di natura definita in termini di persona e natura, che sono termini filosofici greci; essi infatti non appaiono nella Bibbia. Le definizioni trinitarie sorsero come risultato di lunghe controversie nelle quali questi termini, e altri come essenza e sostanza, furono erroneamente applicati a Dio da alcuni teologi. Laffermazione definitiva di trinit di persone e unit di natura fu dichiarata dalla chiesa come lunico modo corretto in cui si potessero usare questi termini329
327 328

Ragioniamo, 1989, 404 Idem, 52 ss 329 John L. McKenzie, Dizionario Biblico, Bruno Maggioni (a cura di), Cittadella 1973, 1009

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Ora si che il contesto completo e il pensiero chiaro: il McKenzie vuol dire che c un uso scorretto ed uno corretto nellapplicare a Dio quei termini; luso scorretto attuato da alcuni teologi ha provocato le lunghe controversie. Queste sono finite quando la Chiesa ha indicato lunico modo corretto di applicarli, che consiste cio nellabbinare trinit con persone, e unit con natura.

CONCLUSIONE
Conoscendo queste cose, che farai? E ovvio che il vero Dio che il Dio di verit e che odia le menzogne, non guarder con favore quelli che aderiscono alle organizzazioni che insegnano falsit. (Salmo 31:5; Proverbi 6:16-19; Rivelazione 21:8) E, realmente, vorresti ancora associarti con una religione che con te non stata sincera?330

ABBRAVIAZIONI E SIGLE DBMk DBM DENT DNT DBS DBH DTBT NDTB DCBNT LDTE PDB GCB RTB LTB GLNT CBL Dizionario Biblico Mckenzie Dizionario Biblico Miegge Dizionario Etimologico del Nuovo Testamento Dizionario del Nuovo Testamento Dizionario Biblico di Spadafora Dizionario Biblico Haag Dizionario dei Termini Biblico-Teologici Nuovo Dizionario di Teologia Biblica Dizionario dei Concetti Biblici del Nuovo Testamento Lexicon Dizionario Teologico Enciclopedico Piccolo Dizionario Biblico Grande Commentario Biblico Rivista di Teologia Biblica Lessico dei termini biblici Grande Lessico del Nuovo Testamento di Kittel Commento alla Bibbia Liturgica

330

Equesta vita tutto quello che c?, Brooklyn 1975, 46

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VERSIONI BIBLICHE UTILIZZATE NA RL RI ND Fulvio Nardoni (c) Riveduta Luzzi (p) La Sacra Bibbia Ricciotti (c) Nuova Diodati (p)

TILC Interconfessionale in lingua corrente

GCC La Bibbia Gesuiti Civilt Cattolica (c) BLM La Bibbia in lingua moderna (p) NR GA NVP BG CEI PIB LB NIV TOB GL Nuova Riveduta (p) La Sacra Bibbia Salvatore Garofano (3 volumi) (c) Nuovissima Versione dai testi originali Paoline (c) La Bibbia di Gerusalemme (c) Conferenza Episcopale Italiana (c) Pontificio Istituto Biblico (c) The Living Bible (p) The Niv Study Bible (c) Traduction Oecomenique de la Bible The Greatest is Love (p)

CON Bibbia Concordata

TESTI CRITICI KIT IBE NAT The Kingdom Interlinear Translation of the Greek Scriptures Nuovo Testamento Interlineare di Piergiorgio Beretta testo NVP Nestle-Aland Nuovo Testamento Greco-Italiano di B. Corsani e C. Buzzetti

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