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Le Opere di Luciano, volgarizzate da Guglielmo Manzi...

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Lucien de Samosate (0125?-0192?). Le Opere di Luciano, volgarizzate da Guglielmo Manzi.... 1819.

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LE

OPERE

DI

LUCIANO

VOLGARIZZATE DA GUGLIELMO MANZI

VOL. I.

s/Lwk

A SUA ECCELLENZA IL STONOR DON FRANCESCO PRINCIPE BARBERINI ec. ec.

DI PALESTRINA

11 re,

primo

componimenlo a luce verso

di questo in testimonio

au/odelV., fu suo Creobpen-

che io mandai

la riverenza mia le fu accolto a darmi

la persona dell' E. e presentatognene, e dispose l'animo

da me intitolato, cortesemente, nuove

pruove di

benevolenza. i miei stesso

sciuti percio blighi, sando

essendo

da quell' ora andato meco

sono .sempl'e in qual

modo dimostrar riconoscenza. modo

potessi E

all' E. dappoidi dimo-

la mia clte non mi

sincera

so altro

irovare

s/r<ij'mi a' beneficii

suoi grato

e riconoscente,

continuando

nel primo

proponimento,

ho vo-

luto cos pur fregiare garizzamento mie nella opere quale

del Nome sua questo Volil quale io tengo si e tra cara, le e

di Luciano, quella die piit

pi

ho consumato la nobilta opere

di tempo e d indegli uomini suole

gegno. E aggiugnere punto nire mente, il piit llosca) cosi

siccome alle

splendore che

ed autorit non possa ve-

io non questo

dubito

in luce quanto ingenuo

lavoro mio

pi splendidasuo, che che e

fregiato e gentile per

del nome spirito nascita essendo

io mi coe

cd insieme

il piit nobile che per

ragguardevole, jno discernimento fessa agli pregio t Lo studj

sicuro

V otti-

suo e per ameni

I' amore

che proil bonsua

possa

conoscerne colla solita nella

accolga

adunque

e cortesia, grazia

e continui

ad avermi

buona

Di

Vostra

Eccell.

Umil.

Dev.

ed

Obbl. z1 nr

Servitor

vero

Mi~MtM~MtMft~M~MM~MJ ~~M)M~M~W~*~*~t<~<~OV~MMM<'

on nissimi, rizzamento vi presento;

senza grave fatica, stato da me compiuto di tutte le Opere

o Lettori questo

umaVolga.che che

di Luciano., ingenuamente

e confessovi

aveami in prima atterrito colt del lavoro, ti de' nostri gua greca,

la lunghezza

e la diffiche molla linameni, e le gra-

se non che ripensando che non conoscono degli studj

Italiani

e che dilettansi di gustare nobilissimo

privi erano zie di questo

le piacevolezze autore,

sono stato fer-

mo nel mio proponimento, o bene preceduto avventura pur veduto la fine.

e ne ho ora o male Non pochi mi han per

in codesto arringo, dalla grandezza

ma spaventati

dell' opera, non le detpi antilingua

ter mai compimento , ca ne abbiamo,

e la traduzione barbara

comeclie

nella

VI e nei modi, fu per ben in Italia quanto nel cinque nel volte riprodotcinquecento, lo

ta colla che desti

stampa con

ci prova

ardore secol

eran letti codi nostra da Loed

componimenti

d'oro

letteratura. nigo, assai stra nato in

Ne fu l'autore in ltalia, lingua

un Niccolo

ma d' origine esercitato,

greea, come

quella

dimo-

il suo Volgarizzamento,

il quale assai rav.. per mandove 1a sconda me cre-

vicinasi all' originale, camentp guasta di buon e alterata ; e la

ma la lezione, testo, . dove

tronca,

ed aggiugnendovisi barbarie della lingua,

venevolezza notata dere che

di sopra, in Luciano si vantano

si pena di molto quelle da que' bellezze

a poter

e quei vezzi, gustato

che 19 hanno

in origine. furono secolo zi, alcuni

Con pi

garbo e con pi leggiadria Dialoghi tradotti in

dei medesimi

a noi pi vicino pur

dal conte Gasparo troppo, che pose

Gozegli ma dira i modi

e si riconosce molta

in iscrivergli chiunque tertamente

natura

e molt' anima, greco;

ha pratica dell'originale che mancano

al traduttore

iVtl <ed il colorito dell' autore., ficilissime, doti a conseguirsi dif-

e che in si gran copia di traduttori

che vanta l'Italia, essa non possiede nei moderni, che nel Davanzati ed faro dotto serne i pregi conto dizio; parola su di altre non in altri persone ben pochi. che hanno Non tra-

Luciano,

essendo

mio .scopo di tesrilevarne punto snl

qui il catalogo, e i difetti; mio,

e molto meno

ne pretendendo a' piu intendenti

ne lascio

il giu-

e siccome so esservi molti, bene, propensi che

che sono, piii errori alcuni la qual ai

che a veder nello scrittore , che vi

a trovare yi saranno Per

sospetto

iroverarino

di -clie ridire che avanti

cosa io vo' pregarli, biasimi, Irano gieci, facciano in tradurre e questo

di venirne

prova delle difficolt nella nostra nostro lingua

s' incongli autori il quale

spezialmente, e beffardo, sovente,

pel suo stile verbj

piacevole assai

e pe' pronon Quanto proa me

che adopera pane per

priamente

ogni dente.

io vi ho speso pvoposto

tutto

il saper mio, con fedelt

e mi sono

di tradurlo

in istile facile

:%ta e piano, do e nulla nulla aggiugnendo, nulla togiieningegnala misura dell'Audi

variando;

Mi sono poscia nella traduzione il colorito

to che apparissono istessa, tore; i modi e soltanto non

ed in fine

attenendomi alla ho fatt scropolo che minutamente

sentenza. le

Cicerone italiane

parole

si conformassero

alle grem' era

che;< Molte annotazioni ajpQ^duto di fate sopra non essendo su tutti parli, e mi sono ho

e mohi comenti

varj di questi DialogMyna tralasciato di qui stamciaper

circoscritto

a preperre a

scrun componimento ischiarimento ,So- die Luciano, ne sono alcuni della

ma picciolo argomento mtena, che vi si non pur

tratta. sono di e

di questi d'altri

scritti cade

e sopra i'dotti

duhbio.,

in quistioue;

io pero, panto

non

riguardando ta leggesi

a cio, nel

ho posto nell' italiano quanpubblicato 1' anno essendo da Federico i J 44? che ho

greco

Reitzio

in Amsterdam seguito, che

fedelmente corretto

questo il testo pi in

si conosca, diviso

ed ho egualmente

tre Volumi

la mia edizioue ,

e mi sono

u contentato, Luciano, memoria passati ne ove dubito di notarlo di cio, anni che non sia opera di

nell' argomento stampato l' Encomio

Fo dipoi avendo nei

perch

in Milano

di Demostedel nostro

( componimento che

graziosissimo

Autore, corretto stampa), s' intende

sar ora riprodotto gofli errori

a suo luogo, accaduti da broda, chinese, nella che che

da alcuni v' ebbe di greco

certo pedante come io di

in un Giornalaccio carte per provarmi

di quel tempo che non poche era

sporc varie quello opera voluto

di Luciano. io avvertirvi, non

Di queste e se per

cose ho

caso questa vostro,

fatica mia non me

incontrasse

il gradimento

ne chiamate ne alle deboli buon volere.

in colpa, e scarse

ma avendo compassioforze, lodate il mio

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NOTIZIE SULLA VITA D I LUCIANO

e punto facile impresa lo scrivere con ordine e con chiarezza la vita di Luciano, poco o nulla sapendosi della sua famiglia, de' suoi Gli scrittori che ne viaggi e della sua morte. Non han lasciato memoria mescolarono colla verita e confusero le azioni di lui molte menzogne, con quelle di altri sofisti o retori, che vivuti essendo in tempi diversi , non ebbero con esso di comune che il nome Degli antichi il solo Suida ne ha pili distintamente ma il parlato ; falso di cui quelle memorie son piene , non permettono che possa farsi di esse alcun caso II Voed altri che in pili moderni tempi ne laterrano, scrissero, alle inezie di Suida ne aggiunsero altre di proprie, ed in maggiori tenebre ed oscurtta ravvolsero questo argomento Bordelozio

in Zuingero , Vossio e Fabrizio dettero di lui piut sincere e certe notizie, ingegnandosi di ricavarIe da quei luoghi delle sue opere, ne' quali fa di se qualche cenno Io seguiro questi scrittori , e mi provero di porre pi acconciamente in ordine cio che hanno Tralasciando percio e 1' anno della essi riportato in confuso. di far nojose quistioni sopra

il giorno sua nascita, seguendo 1' opinione pil ragionevole, nacque egli in Samosata citta della Siria , in vicinanza dell' Eufrate sul imperio di Adriano Poveri, ma onesti, secondo egli stesso ne insegna, i quali non trascurarono erano i suoi parenti , di mandarlo nella fanciullezza alla scuola le lettere. Cresciuto fargli imprender gli anni, ed avendo una zio materno scarpellino o scultore , voile il padre acconciarlo presso di avvisandosi che, se gli venisse fatto di quello, riuscire miglia gegno in quell' arte, sarebbe stato utile alia faed a se stesso Ma avendo esso lo indisposto alla filosofia per quindi necominciamento dello

ed alia eloquenza, ed insdegno quell' arte materiale e meccanica, dispettitosi collo zio, che avealo battuto, rifugiossi di e proposesi fermamente presso la madre, Le ristrettezze non pi seguire tal professione di viper di sua famiglia non permettendogli vere nella sua patria a carico dei suoi parenti , ove si pose a difenandossene in Antiochia , dere le cause nel foro, mestiere che a chi il

XH1 professa suole in ogni luogo ed in ogni tempo se non che disarrecar sempre onori e ricchezze: gustatosi egli tosto dei raggiri degli avvocati e dei litiganti, non continuo lungo tempo in tale di valere assai nella ed accorgendosi credette di professar la rettorica , eloquenza , che per Ie dispute dei sofisti molto era in fiore Per la qual cosa ed onorata a' suoi tempi partitosi dall' Asia percorse le citta della Grecia, e giovane ancora si porto nelle Gallie, ove esercizio, ed ebin quella facolta acquistossi gran fama , Mentre be una folia di ascoltatori e discepoli non trascudipoi si dava egli a codesti studj, rava di profondamente nella liloammaestrarsi sofia, senza la quale conoscea bene che a nulla serviagli la facondia; ed in modo ei approfittonne , che non abbiamo autore di questo temche conosca meglio di lui ogni disciplipo, na piu incognita , e che meglio sopra ogni setta con pi chiarezza e profondita insieme disputi ed argomenti. Dalle Gallie ove, come ossertenne aperta pubblica vammo, scuola, sappiamo ch' ei pass in Italia , e dimoratovi alcun in Grecia e nella Macedotempo, ritornossene ne' quali luoghi pare ei passasse la pi nia, parte della sua vita e vi scrivesse molte delle sue opere E sembra che ritrovandosi in queste provincie, per cornpiacere ad Avidio Cassio, che preposto da Marco Aurelio al governo delle

XIV scrivess legioni di Siria si era a lui ribelkto, nel quale ei piacevolmente bef, egli 1' Ermotimo fartdosi delle diverse sette di filosofia , ha simigljantemente, secondo it parere di alcuni, con amara satira tolto di mira il filosofo mperadore Ed hanno anche altri dubitato con qualche ragionevolezza, che quella Pantea o Abradatea, lodata tanto da lui nelle Immagfni, sta la moglie di Avidio, non essendovi a' tempi suoi altra donna greca di questo nome stata moglie d'imperane pu conghietturarsi che del solo Avidore; ne monudio, della cui moglie ne iscrizioni, ne istorici ci ban conservato memoria. menti, E comech le parole di Luciano, colle quali loda lo imperadore per bonta e mansuetudine di costumi, meglio che a Cassio: convengansi a Marche fosse co, e possa da queste argomentarsi codesta donna la concubina che tolsesi egli per come suo sollievo dopo la morte di Faustina, riferiscono gli scrittori , non pertanto mal convenendosi alla concubina del modesto e filosofo imperadore quel gran eorteggio di eunuchi e soldiremo esser piutdati descrittoci da Luciano, tosto questa una lode sfuggita dalla penna di il lui in lode di Cassio, per seguire anch'egli costume di molti che per vilt od interesse 10dano i principi indegni Morto Avidio Cassio, ritrov Luciano un facile perdono nella clemenza di Marco, che anzi pretendesi da alcuno cbe

xV". fosse egli da lui preposto alio incarico di segretario della Prefettura di Egitto; ma sapendosi d' altronde che egli cio ottenne gi molto veccbio, giova naeglio di credere cbe ci seguisse Altro periglio, ed sotto lo imperio di Commodo assai di questo maggiore, incontro egli per paiv te di Alessandro di Abotono , impostore famoso, che giunto era nella Paflagonia fino a farsi adorare qual dio Imperocch, came egli stesnella vita che ci ha lasciato di quel rjbaldo, andato essendone in PaRagonia nel luoil quale di go ove dimorava esso Alessandro, gi iferamente l'odiava per avere consigliato ,egli il senator Rutiliano di non apparentarsi con lui, voile non ostante pio andarlo a visitare, confidandosi sopra due soldati che il presidente di so racconta Cappadocia suo amico dato aveagli per guardia che lo accompagnassero Talch fino al mare. condottigli seco , ed entratosene nel tempio ove stava Alessandro, gli porse costui subito, com'era suo costume, la rnano perch ei la baciasse; fingendo pero ei c!i farlo gli die' tai morso, che manco poco che non istroppiassegli il braccio Quei ch' eran presenti di gi sdegnati che non avea salujtato 1' impostore come profeta, mal soffrendo allora cotanta audacia, ad alte grida ingiuriaronlo, cbiamandolo sacrilego ed empio; e se racchetati non eran dallo stesso Alessandro, lo avrian fatto in pezzi. Ma1' impostore

xn e dicendo loro, .che avrebbe punito infingendosi, si ritirarono RiEsculapio un tal sacrilegio, masi percio soli, si querelo in principio assai dolcemente della sua inimicizia e del consiglio dato al senator Rutiliano, se aggiugnendo che stato fosse suo amico, molto avrebbe potuto per suo mezzo migliorarsi presso di lui, e facendo mostra di essersi dimenticato del morso, ragiono di altre cose, e separaronsi amici. Ritornato al*l' albergo, ritrovo Luciano molti suoi doni, e sapendo che dovea parlirsi per mare, glj offri anche Alessandro una propria sua barca. Credent do che facesse ci di buon cuore e fosse veracemente seco riconeiliato, accetto quell' offerta veed imbarcatovisi solo con un compagno, dendo il pilo(o piangente che altercava co* re* matori, si credelte perduto, ma fu rassicurato dalla ingenua confessione di quel buon uomo, che dissegli avere ordine da Alessandro di gittarlo nel mare, ma che essendo omai vecchio , e vivuto sempre con onest , ed avendo moglie e figliuoli, non volea imbrattarsi di un omicidio, e percio miselo in terra in sul lido unitamente e furono di la tosto raccolti da al compagno, un naviglio , che ne andava in Bitinia a pagare il tributo ai Romani con alcuni ambasciadori di e cosi pote sario e Eupatore re del Bosforo, salvo condursi in Amastri. La sua natura festelo stevole ed inchinata alle beffe ed alla satira

XVH ed andato inrolgea spesso in si fatti pevicoli, essendo, come ei pure racconta, per godere la di in Olimpia festa che dava di se Peregrino di gi e ritrovatolo incendiarsi, pubblicamente arso , gittato avendo alcuni motti piacevoli contro i discepoli di lui, che si stavano intorno alle ceneri , eorse rischio di essere bastonato da loro. Sono queste le poche notizie che di lui e che d' altronde non si saprebbon da abbiamo, Lo noi, se non ce ne informasse egli stesso della sua morte si tanto difstabilire l'anno ficile della sua nasci ta j ma da quanto quello crequanto pu ragionevolmente conghietturarsi, desi ch'ei morisse vecchissimo negli ultimi an-

ni dello imperio di Commodo Se ci rimanessero tutte le opere che esso scrisse, sarebbe una tal ricerca di molto pi quelle che ci rimangono do menzione della sua et ; la quale ancor mese conservate ci fosglio potrebbe intendersi, sono ancor le opere che rimangono, in quell' oragevole, va alcune in peroccb volte facen-

dine istesso , con che esso le scrisse II che non abbiamo n nei codici, n nelle stampe, e cio vedesi chiaro nella difesa della Vita dei Cortigiani, nella quale afferma di esser vecchissie pure questo Componimento mo , precede 1' Ermotimo , nel quale ei ci dice che avea quaranta anni di et Giovano nondimeno questi ricordi a ricavarne alcun lume, e meglio ancor

XVIII e che dice giovano le persone ch' jegli nomma, o viventi o morte poco avanti di se. E son questi, oltre lo impostore Alessandro ed il cinico di sopra, Peregrino gi da me allegati ApolDe, Celso, Cromio, Erode sofista, e altri molmonatte , Epitteto, ti, pe' quali possiamo con sicurta affermare, cbe sia egli vivuto sotto lo imperio degli Antonini. Pretendesi e do da alcuni ch' ei morisse che lo ha fatto credere di podagra, a molti si e la lonio di Tiana, Arriano

scherzo tragedia sulla Podagra a lui attribuita , di IIl, ma di per fa invenzione non indegno versi poco felici. Altri scrissero con Suida ch' ei dai cani , ma questa favola non avendo appoggio, non merita neppure di essere smentita Quello si certo ch' ei vivette vecmorisse lacerato Nella , e che pass gli anni ottanta e nella Difesua vita prov la fortuna diversa, sa dei Cortigiani ci dice essere stato povero , chissimo ma non in modo dersi tale, d' aver fame, ne pu pur creconsiderando bene la vita che tenne

nella sua gioventu ed i viaggi che intraprese per la vecchiezza, pens meglio, Soprastandogli di procacciarsi dal principe come ei ci accenna, che affauna pensione di piu talenti , piuttosto Ebbe egli moticarsi in esercitare la sua penna glie, e fa menzione nell' Eunuco di un figlillolo, il quale alcuni hanno fatto vivere fino a' tempi deW imperador Giuliano il iflosofo, confondend olo

"XYX del quacon altro sofista dello stesso nome, alcune epistole ed alcune orale rimangono zioni indirizzate a queiF imperadore Quanto alla sua dottrina., le opere che di esso rimangone ci dimostrano tanta sapienza, tanto ingegno, tanta esperienza degli uomini, che si e a parer Hlio-oinon 31 leggier cosa trovarne altrettanto in II suo stile e nello stesso tempo altro scrittore florido e seniplice , qualit fra loro diverse, e perci piii difficili ad essere insieme riunite, - ed ammirasi in lui la eloquenza e la gravita di Platone ternpjrata dai sali e dalle piacevolezze E comech non fosse ei ateniese Aristofane familiari e proprie nascita, seppe rendersi bellezze tutte suoi Dialoghi di di le I

ogni passo lezze; e pue, dirsi che non v' abbia scrittore greco che si faccia leggere con tanto piacere dai suoi lettori, come esso, per la variet degli argomenti e per la festivit con che sono trattati; non desso inferiore a niuno vera e nella filosofia , nell' eloquenza, fedel pittura del cuore e delle passioni degli uomini. Viene ei tacciato dalla pili parte degli scrittori di essere stato uomo alieno da ogni reed empio derisore di ogni morale Cbe ligione, fosse ei nulladimeno affermarsi, tale, non apparendo non puo con certezza ci in niun luogo delle degli e nella antic hi

dei piu puri scrittori di Atene sono si festevoli e si nuovi che ad presentano nuove idee e nuove bel-

XX sue opere, ed i1 uldersi che fa alcuna volta della immortalita non e questo argodell' anima, mento bastante per affermarlo , perocche in cio si vario; e se leggansi i Dialoghi dei Morti , ove vuol conchiudere essere ogni uomo eguale nell' altro mondo, si trover opinione da questa diversa: laonde pud credersi che abbia cio dettanto pi che in ogni suo to per ischerzare; Dialogo, ove si pone in mezzo alcun vizio, sempre vi sta aggiunta la lode della virt . Ne' Diloghi delle Gortigiane non pu negarsi che talvolta apparisca egli un po' scostumato y ma cio non nasce da lui, ma dall' argomento che vi si vedr ch' ei ha tratta , e chi ben li considera, alla virt gli animi delcio fatto per richiamare mentre presentando loro la giovent corrtta; di quelle meschila vita lorda e le gbiottonere ne , pare che debba con facilit ottenersi in un animo pieghevole 1' odio e 1' abborrimento del vi paruto ad alcuni di dargli il nome di e si e pur troppo vero che, bench Epicureo, non professasse egli alcuna particolar setta di 6zio losofia, mostrasi perd sopra ogni altra favorevodella quale ed inclinato a quella di Epicuro, e Ie, dice egli,, amava la virt ed il contegno, ci accadea perch gli Epicurei meno erano impostori egli sodegli altri filosofi, ed odiando era cosi ad essi meno avprattutto F impostura, si L' onest di lui e la sua sincerita verso

XXI manifesta da quanta ei stesso ci narra , che lasei le menzogne e le fraudi, il Poro , detestandone come ei fa sovente , e dal dimostrarsi, nimico Hanno altri avvisato che sia di ogni ribalderia, esso stato cristiano, se fosse stato tale, ma ci aflatto falso, mentre ne avrebbe meglio conosciu-

to i dommi , e non gli avrebbe confusi con quelli de' Giudei, siccome ba ei praticato nel Peregrino, i preti cristiani, chiamando sacerdoti e scribi, ed i vescovi, presidenti della sinagoga. Non fu pero tei loro cotanto nimico , come credonsi moltestimonio ad essi della ti , che non rendesse E per taeere dell' Impostore , ove loro bont. diee, cbe Alessandro allontanava i Cristiani e gli le sue Epicurei che temea che soli scoprissero to che potra ad alcuni anzi ehe lode frodi, sembrar biasimo per vedergli confusi cogli Epicurei, qual piu bel testimonio della virtu e della santit dei Cristiani di pu mai ritrovarsi quello che d' essi ei si racconta nel Peregrino ? tra loro tutti fratelli , dice egli, Reputansi Credono, siccome tra eguali. esser comune ogni cosa, della e dispregiando le ricchezze , jidandosi onesth di ognuno, eitJ che reca, serbano in comune uso. E poco appresso prosiegue, pardi Peregrino, che i Crlando della prigiona stiani non lasciarono nulla intentato per trarvano ogni lolo dal carcere, e che riuscendo ro sforzo, non trascuravan per parte loro nulla

.It al prigionabbisognar potesse e prestavangli ogni servizio con fede e dilicosa , ed era maravigliasd genza grandissima innanzi al car., QLvedere il mattino aspettare di cere alcune veccbierelle vedove co' loro figliuoli , ed anche alcuni, guadagnalisi d dormire nella prigiorimaneansi gionieri, ne con lui, e recavangli a mangiare cibi in abbondanza e tenean tra loro sacri ragiona* menti PQCO dopo ei prende contro di essi il suo stile scherzevole , ma d* altro cusarli, che di sciocohezza, ro que' vizj e quell' empieta, di che gli accusa* e se os con paVano gli altri scrittori pagani; role, che io non amo qui riportare y fare onta al divino nome non puo ace non rimprovera loorfani i prici6 che

di Cristo, disaero pur Tacito e ne si e di loro tanto griSvetonio altrettanto , dato , come contro di lui che dovea pur consiesser non diverso da Tacito e da Svetoe di religione, e che era des$o un pagano e non un cristiano che osava scriLe lodi dipoi che malgravere in cotal modo, do suo dalla verit costretto a tributare ai Cri.

derarsi

nio di educazione

stiani, tanto pill risplendono , quanto escono da una bocca nimica, ed questo il pi gran trionfo ed il testimonio piu verace della simplicit, della purezza e della vera piet dei nostri antichi padri, e dee in noi destare tenerezza insieme ed ammirazione in ripensare quanto onesti

XXIII quanta pietosi , e quanto puri erano quegli uomini, che professavano quella religione purissima e santa, che noi pur professiamo E questo basti su Luciano, dell a vita del quale se non ho dato maggiori notizie , sono almen pago che su i tempi, ne ho brevemente si, ma con pi chiarezza discorso di chi mi ha preced uto. senza fantasticare

IL

SOGNO

DI

LUCIANO

ARGOMENTO

Questo sogno che flnge qui Luciano aver sembra che sia da lui Jatto nella sua puerizia, di quanto ricorda stato composto ad imitazione di Senofonte nel II. Libro dei Detti memorabili I essere avvenuto ad Ercole giovanetSocrate to, al quale apparvero provandosi ciascuna luogo di Senofonte IJili ed eloquenti componimenti gaci di quell et, e come tale no sciuto Luciano per ricavarne nella fine) ( com' esso protestasi la Yolutt, di attrarselo. uno dei pi e la Yirt, E questo nodivini, rimanche lo ha ben coun esempio a favore di

che applicandosi per la miseria -quei giovanetti la filoso/fa, alia ad arti manuali, abbandonano Molte quale sono tratti da un ingegno felice. curiose particolarita ojfreci poi egli sopra la le quali depno essersua vita ed i suoi studii, ci grate, essendo questo il solo luogo ove pi a lungo di ogni altro ha ragionafo di s,

Divenuto gi grandicello, mi era appena shrigato dalla scuola, quando mio padre scandaglio cogli amici queUo che dovesse farmi imparare. Parve ai pi la letteratyra cosa di gran fatica, lunga e Vol .I i

2. dispendiosa troppo, convenevole a fortune splendide e riccbe, e non allo scarso nostro patrimonio, che abbisognava di un pronto soccorso Laddove se imparassi alcun' arte delle comuni, avrei di subito di che sostentarmi con essa, guadagnereimi col tempo il padre, recanle spese e rallegrerei dogli il prezzo del mio lavoro. Si passo quindi a deliberare qual fosse 1Jarte migliore e pi facile ad impararsi, piu confacevole ad uomo lie di pronto guadagno. bero, non dispendiosa, Lodando chi 1' una e chi l'altra, secondo v'era portato dal talento o dalla sperienza, mio padre era presente una rivoltosi al cognato (imperocche zio materno che passava per eccellente scultore ed avea sopra ogni altro fama di ottimo scarpellino ), non giusto, esclamo, che in tua preun' altra arte; ed accennandomi , senza primeggi e fallo direplico: prendilo teco, ammaestralo modellatore e scultore, venire buon scarpellino, difficile, mentre tu ben conosci ch' e d' assai svelto ingegno. Lo argomentava da la cera facea alcuni fantocci che maneggiando alla peggio quando rimaneami un po' di destro n cio saratti cavalli ed ancbe dal pcdante, figurando buoi, tlOmini, e questi sembravano belli al buon padre. Ed avendo prima per essi riscosse dal pedante non cone si allora ne venia lodato, sferzate, poche cepiano da quei modelli ottime speranze ehe avrei in poco tempo imparata 1' arte.

5 adunque che sembro il giorno adatto per incominciare 1' arte fui consegnato allo zio , la faccenda, che anne per mia fe dispiaceami e paz la prendea per un piacevole trastullo, se a mia poMami soverchiare i miei camerati, Tosto sta potuto raffazzonare qualche figuretta Mi avvenne da prima cio e scolpire gl' Iddii. danche avvenir suole ad ogni principiante: avessi

domi lo zio uno scarpello mi coniando di rimche stavasi non curata in una pietra, picctlire il cominciave e bottega, dicendo quel proverbio: ia met dell' opera. Battendo assai forte, per Ia mia inesperienza, Ia pietra si ruppe; lo zio arrabbiato, tolta una frusta, che avea vicina, con maniera poco seducente e garbata alletto i miei principii nell' arte, di modo che mi servirono d' introduzione le lagrime. Mi diedi adunque a fuggire di l e mi salvai in casa; non cessando di lamentarmi cogli occhi pregni di pianto? raccontai della frusta, mostrai le lividure, ed accusando la eccessiva crudelta dello zio , -soggiunsi cite avea cio osato per invidia che io non lo superassi nell' arte. Mia madre incollerita maledisse mille volte il fratello, e, venuta la sera, mi colcai piagnente sieri. e passai tutta Ia ndtte in pen-

Cio che ho raccontato fin qui piacevole e fanciullesco; quelle che ora udirete, sar non dispregeyole e degno di essere attentamente ascoltat*.

4 E per parlaie all' omerica : a me fra '1 sonno , , ., Viz divin sogno per l'ambrosia e si era evidente

venrte della

notte , cbe non lasciavami dubitare

verit, intanloche dopo si gran tempo ho ancora in sugli occbi le figure cbe allora mi apparvero, e mi suonano le parole loro all' orecchia: tantoil tut.. to mi era sensibile, Due donne mani mi tirava ciascuna dalla gran forza e robustezza afferratomi sua parte cbe poco mancava non mi per le con si

e quansquarciassero in quel loro combattimento; do 1' una vincea, e mi avea quasi tutto a se trat, Gridavano tra to, mi ripigliava 1' altra di nuovo 1' una che volea ritenermi come loro amendue, sua cosa, 1' altra cbe pretendea indarno appro* lavo-* priarsi 1' altrui. Era la prima una robusta nella chioma negletta, ratrice, piena nelle mani di calli, con vesti corte e lorde di calce, e ras-r sembrava alio zio quando nettava le pieLre. La seconda era di aspetto bellissimo, onesta nei moLasciarono alla fine elegantemente, in mia balia la scelta di seguire quale di IOIQ E primamente quella rozz.a e ma* piacessemi. scbiuta parlo in tal sentenza Io, o figliuol ca-f vo , sono la Scultura, cbe incominciasti ieri ad irmdi e vestita Tuo non-a e ti sono familiare e parente prendere, no ( qui proferi il nome del padre di mia madre ) ch' era scarpellino, ed amendue gli zii sono per m$ F altra ) se tu vuoj Jodatissimi; ( ed accennando

5 allontanarti dalle ciance e dalle sciocchezze di sarai

costei, e seguir me ed essermi compagno, robustamente riuscirai forte di spalle, educato, non proverai cosa irtvidia, non ahdrai tapinando in paesi stranieri abbahdonahdo i parenti e la patria, e verrai lodato per fatti e non per parole : ne diispregiare in me il poco ornamento della persona o la sordidezza delle vesti: cosi comincio pure quel Fidia che formo Giove, Policleto

che fece Giunone, cosi fu applaudito Mirone ed ammirato Prassitele, ed ora ttitti adorati sono se tu tale divieni, sarai tra tutti gli eogridcli: uomini celebre, Farai felice tuo padre ed inustrerai sopra ogtii altra la patria. Queste ed ala. tre pi cose di gi tra se studiate e composte balbettando barbaramente pronunzio 1' arte, tentando di persuadermi, e non mi ricoido di tutto4 perch mi uscirono le parole per l-maggior parte di E dappoich si quieto, cosi incomincio Paltra: Io sono, o figliuolo, la Dottrina, di gi a te domestica e conoscente, comech non mi abbi in mente. Ti ha posto innanzi costei ogni parte sperimentata. la somma dei beni che acquisterai divenendo sculse non un vile tore; e che altro mai tu sarai, Operaio, che tutte ha Ie speranze rivolt del viver sUo nel travaglio del proprio corpo, vivrai oscuramerite una scarsa mercede, povero di cuore e tutto intento al guadagno non pOfterai utile agli amici, ne timore ai nimici, n6 invidia ricevendo

6 ai cittadimi, sarai in somma un semplice artiere come chiunque altro della plebaglia, pronto sempre ad inchinarsi al pi nobile, a dipendere dai detti suoi, e, vivendo la vita del lepre, ad essere il boccone del piu potente Divieni pur Fidia. o e fa pure cose mirabilissime , tutti lodano l'arte, ma non evvi alcuno dei lodatori, che potendo desideri esserti eguale; jmperocch Policleto ogni modo non sarai che un vile e manuale il vitto colle sue mani, artiere che guadagnasi Che se credi a me, primamente ti mostrer molti e fatti degli antichi, molte imprese ammirande, in di tutti per cosi dire che in farotti capace. Adornerotti poi l'anima, te la principal cosa, di molti cari adornamenti, di temperania, giustizia, pieta, docilit, rettitue fortezza, ed amore delbello, prudenza, dine, loro, seguirai cosi ogni eccellenza, essendo questi i veri e sinceri adornamenti dell' animo. Non ti sfuggira alcuna cosa antica, e saprai -ci che fere ti che anzi specolerai meco 1' avveuisi cpnviene, non esister cosa divina od re, ed nniversalmente umana che in breve tempo io non t' insegni. E tu, che ora sei povero e figliuolo di un uomo di niun conto e che d' imprendere sei poco fa stato consigliato arte si vile, sarai fra poco a tutti e d'invidia; onorato, lodato e gloin te volgeranno gli occhi i di questa veste e ricoperto recitandoti i discorsi

di emulazione rioso per la virt, "nobiIi e i rictbi,

7 a ( accennando quella magnifica ch' essa portava ) te darannosi i magistrati e le presidenze.. E se mai ti convenisse partire dalla patria, non sarai tra ed oscuro, mentre io ti gli stranieri sconosciuto con tali segni, che ciascuno vedendoti marcher a dito, dicentoccher il vicino, e ti mostrer do: egli desso. E se per caso accadesse cosa o ai tuoi amici o all' intiera citd' importanza e parlando per sorte t, tutti a te ricorreranno, ti ascolter il popolo a bocea aperin pubblico, ta, e dalla forza del tuo discorso ti appellerantuo padre. Ed io faro Ho divino e benediranno di te cio che dicesi essere accaduto ad altri uomini che divenuti sono immortali, ch quando la converancora uscirai di vita non mancheratti e ti aggirerai tra i virtuosi. Considera quel Demostene e di chi figliuolo, cosa divenne per me. Considera Eschine, figliuolo di un tamburino, per me onorato da un Filippo. sazione E Socrate tostoch esso da questa Scultura, conobbe il buono e cbe, abbandonatala, educato ancor dei dotti

non senti come da tutti lopresso me riparossi, dato? E che? non curati adunque uomini tali e si fatli, non curate azioni si splendide , discorsi si sapienti, gli onori, ti, la fama di eloquente, e Ia stima di pruindosserai un gonnellino e denza, sdruscito, facendo un mestiero da schiavo, maneggerai vesti si decorose, ta gloria, le lodi, le presidenze, le ricchezze, i magistra-

s stanghe, scarpelli, martelli ed altri ferri, starai umile e a basse sempre coll' occhio all' opera, cose pensando, sarai per ogni cohto un uom vile, non innalzerai mai la tua vista, ne concepirai alcun concetto generoso e magnanimo, penserai come debba riuscirli bene e proporzionata 1' opera manuale, e hon riflettendo mai all' or*namehto ed alla cura di ttia persona, farai pi stima delle pietre the di te medesimo non , Seguendo ella a parlare in tal modo aspettando io il termine del suo discorso mi rizzai e la finii: e spregiata quella brutta e facchi-

alia Dottrina, tornanna, contentissimo mi rivolsi domi allora soprattutto ih meinoria la sferza e Ie gagliarde battiture colle quali onorossi il mio da prima adirossi noviziato Colei abbandonata, e sbatteva le mani, e si mrdeva coi denti, fi. dinalmente quale altra Niobe rirnasa immobile , sembri qui strano di prevenhe Ne vi pietra , star fede al mio racconto, perch i sogni produadunque quelcono maraviglie. Riguardandomi 1' altra disse: ti vo' guiderdbnare della bella e sa4 via giustizia che mi bai fatta; ( e friostran^omi un coccbid con certi alati cavalli simili al Pegaseo ), e ti PJonla, riprese, percio su questo coccbio, faro conoscere quante cose avresti ignorate se mi Posciach fui montato ella mosse guilasciavi. dando, ed io in alto levatb da oriente in occiflente scorgeva citt, popoli, nazioni., e gittava

a tft sulla terra non so quale semenza tnodo di e bench io non mi sappia che si

Trittolemo, fosse quel seme sparse, ricordomi nulladimeno > che gli uomini innalzahdo gli occhi lodavanmi, e che dovumque io volaya ini benedicevano i Dopo partecipe avermi tnostrato tali cose e rendutd di quelle lodi, mi ricondusse non pi ricoperto della veste cbe avea indbssato volando; hria sembravami essert tornato con una pi decente in mio padre e onorevole. Ed ella incontrandosi ehe sopraggiugne a lo arresto, e mostrandogli qua*lo awerti di le e con quali vesti io ritornava, qtiahto poco ihhanzi avea disegnato fare di me * Mi ricordo che io vidi ci6 uscito appeha dala. la puerizia, e per quanto sembrami, ancor turbato clal timore delle sferzale. Raccontandolo dipoi ad altri, non so chi esclam: corpo di Ercole! questo e un ben lungo sogno, ed di genere giudiziale, Soggiunse uh altro: o e inverhal parto di lunghissime notti, come la cohcezione di Ercole. beffarsi o di tre cotti, Crede egli forse

di noi, raccontandoci queste fanciullage quesli sogni, cose gi viete e gini noiturne fuori d'uso? E che scipiti discorsi sono mai questi? Ci prende a caso per altrettanti interpreli di amico, imperocch n& cio che accadeamostrava Senofonte, quando ed altre cose gli in soguo nella casa patema, * phe voi conoscete, o apparia punto impostore sogni? No, mio buon

If) di bagaltelle: anzi facendolo in guerra, in pericolosissimo momento e col nimico alia gola, avea in se tal racconto alcuna utilit. Simigliannarratore temente i giovani Dottrina, io vi raccontai questo sogno, acciocch s' invoglino del meglio e seguano la e maggiormente, se alcuno di loro per

povert si avvilisce e d al peggio, guastando un non ignobile ingegno S' incoragger costui magquesta favola, e gli sara il giormente ascoltando mio un sufficiente esempio, considerando fra se in qual modo seguitai io il bello e desiderai la non cedendo alla miseria che mi slriDottrina, mi congneva; e che se in altro non migliorai, dussi per lo meno qui a voi assai pi illustre di qualunque siasi scultore.

11 CONTRO COLUI CHE TU NEI DISCORSI AVEA DETTO: PROMETEO

SEMBRI

ARGOMENTO che un' Apo questo componimento contro di a/cuni, che da Luciano logia fatta avevano i suoi scritti come mancanti tacciato e lo avevano perci di eloquenza e di grazia, Non come se usasse di uno stiappellato Prometeo, le basso e rimesso; alludendo al fango del quale, secondo le favole dei poeti, servissi Prometeo per comporre V uomo , Avendoci nel Diadi sogno logo precedente parlato sotto finzione e dei suoi studii, ci espodella sua educazione ne ora in questo i modi della sua eloquenza ed il suo scrivere, che vuole usare mostrando il severo di Platone dai sali della temperato commedia ,

--,-f\ffermi tu dunque che sono Prometeo? Se le mie azioni sono ci , o buon uomo, perch di creta, io conosco bene 1' imrnagine, e confesso che le assomigljo, n ricuso di essere apcomeche a me sembri ta creta pellato vasaio, vilissima per essere lo stesso quasi che il fango delle strade. Se di poi innalzando i discorsi miei

11 come artificiosi, infiorare li vuoi col nome di quel dottissimo Tirano, guardati che non sia cio preso per una baia, e che alcuno non dica essere que-1 sta lode un' attica derisiorre. Imperocche ov' mai F artificio in cio che io faccio, o qual ricercata prudenza e sapienza e nei miei scrtj ti ? per me assai che non appaiano del tutto cretosi e degni del Caucaso. Ma con quanto piu di giustizia paragonar potevate a Prometeo voi stessi, che primeggiate nel Foro, incontrando dispute varie! Vive per verit ed animate SO" no le vostre azioni, ed il calore di esse e di fuoCo per Dio; e potra esserne creduto autore .Pro.. meteo, se non vi fosse la differenza, che la mag" gior parte di voi non di creta, fna di oro vi formate i lavori. Noi presentandoci alla moltitudine, ci serviamo di queste declamazioni per mosoltanto alcune immagini; perocch della creta, al modo di chi lavora fantocci, si vale, del resto, le nostre figure come dissi, quest'arte; non hanno moto eguale, n segno alcuno di anima, ma al piu non sono che un semplice trastullo ed Un giuoco di fanciulli. Talch mcomincio a pensastrare re che tu non mi appelli Prometeo, tome quel comico, che tu conosci, chiamava Cleone, dicendo: Cleone dopo il fatto e lo stesso Prometeo E gli Ateniesi istessi io nai penso che riguardando alla Creta ed alla cotlura dei vasi nel fuoco, chiamarono gi Prometei i fabbricatori di form

i3 e di pentole tu intendere e tutti i vasai. Che se ci volessi

ben diritto, le opere nostre sono sto attico motto, perche fragili come le pentoline di coloro , ed ogni piccola pietruzza che vi si getti le spezzer tutte assai leggiermente. Dir foise alcuno per consolarmi, non avere tu assomigliate queste cose a Prometeo, - ohe per lodarle come una novit e come un originale che non ha altre copie, sic* come quegli, non esistendo ancora gli uomini, di e feceli animati, agili a sua invenzione creolli, muoversi e nell' aspetto facendosi in graziosi, omma di tutto architetto coll' opera di Minerva, che soffiava nella creta e rendea quei mo* Cosi dira adunque taluno per ri.. delli animati. e fu per volgere alla, meglio queslo tuo detto: awentura tale la mente tug. in cosi dire, ma in quanto a me, affatto non mi basta che io appavisca far cose nuove, mentre non vi sar persopa che allegame possa una piu antica del mo.. dello noslro, di cui queste sono figlie. Ma se non intendi sanamente che io appariranno eleganti, le abborrisco , pe ho vergogna ed intieramente Ne fo io punto conto della noviti, perocche non essendo belle, io affattole rigetto, e se cosi non pensfissi, mi crederei degno di essere beccato da sedici avolloi, siccome ignorante, ch tanto pi le cose sono deformi, quanto alli novita congiungono

col tuo Prometeo, hai archeggiato e bene hai morso, servendoti di que-

Y4 la sconvenevolezza, Tolomeo di Lago recato a* vendo in Egitto due novit, cio un cammello battriano tutto nero ed un - uomo di due colo* ri, il quale, avea met della persona bianchissima e met negrissima, adunati gli Egiziani in teatro , mostro loro molte altre maraviglie ed in ultimo queste, il cammello cio e Is uomo mezzobianco. Goloro alla vista del cammello e poco manco che dal ventarono, i fuggissero, bench fosse quello tutto di oro col freno pieno adornato e listato di porpora, di gioie, prezioso arredo di Dario o Ciro <0 Cambise. devano, mostro. Alia vista poscia dell' uomo i pi si ried aItri n5 aveano ribrezzo come di un ToloPer la qual cosa comprendendo si spatimore non

meo cbe poca lode ne avea da loro, e che gli le novit e che giudiEgiziani non ammiravano cavano ai termini del bellu e del giusto, fe' condurre via quelle cose, n piu ebbe in pregio Vuomo come da prima. II cammello si mori di poi non curato, e regalo il doppio uomo a Tespide suonatore di flauto che avea ben sonato, mentre bevea. ga delle cose Io temo adunque che non avvenmie come del cammello in Egit-

soltanto gli uommi il freto, di cui ammiravano no e la porpora, amenperocch quantunque due sieno ottime, non bastano a farle belle la Commedia ed il Dialogo, se la composizione non acconsente e non e fatta secgndo le regole. Puo

15 stravaganil quale za, come quel tristissimo Cavalcentauro, che ce ne se prestar dobbiamo fede ai dipintori, mostrano le gobbe e le grinze, non e per certo Ma ma anzi bruttissimo Un grazioso animale, di due belli cavare puossi dal composto F ottimo, come il dolcissimO dalla mistione del, mele e del vino? Io credo che si: non pertanto non ardisco affermare che i miei componimenti non sieno tali, che anzi temo che non ne guasti il meNe la Comscolalo la bellezza di ciascheduno, ed il Dialogo furono in principio compaquest' ultimo in casa gni ed amici. Imperocche e nei passeggi facea con pochi le sue dispute, e la prima, dandosi tutta in preda di Bacco, aggiravasi nei teatri, scherzava e insieme facea rimedia dere, e piena di motti e scurrilit sica del flauto. Ed alcuna volta, anapesti, seguiva la muusando 1 versi nascere e vero da due bellezze una

scherniva i compagni del grandemente e scorbacchiavali come specolari e caDialogo, ed avea soltanto gionatori di vane sublimit; a cuore di beffarsi di loro, e servendosi di queora li mostrava cammilicenza, nanti per 1' aria e conversanti colle nuvole, ora misuranti i salti delle pulci, dimostrando cosi che con quelle loro sublimit non concludevano II Dialogo poi tenea serissime dispute, fllosofando sulla natura e sulla virtu, talche ne avvena di loro come dei rnusici avviene, quando nulla. sta baccanale

i6 doppiamente .passano per tutti i tuoni dall' \cutQ E pure ahbiamo noi osato riunire al saavissirno, insieme e rassettare queste cose tra loro diver$issime, e non facili punto a convenire tra lora. temo non appaia che io abbia fatto Nulladimeno e mcosa simigliante a questo tuo PrometeQ, scolato col maschio la femmina, per cui ne deva pagare la pena; o non si creda, piuttostQ che io abbia forse ingannato gli ascoltatori apponendo loro soltanto ossa ricoperte di polpa, vo' dire un riso comico ricoperto di gravit filosofica; perocch quanto al furto ( per cui questo Iddio ne sono ben lontano, e nol tva* ten conosciuto ) verai E dove mai di per certo nelle mie cose se io non mi so chi mai compopoi io ruberei, nesse simili Pictocampte e Capricervi ? Cosa ain cio ch dunque debbo fare ia? Perseverare scelsi una volta; proprio mentre il cambiare sentenza i: di Epimeteo e non di Prometeo,

!7 NIGRINO 0 I COSTUMI DEI FILOSOFI

ARGOMENTO Descrivonsi i costumi in questo Dialogo la vita ed

i veri coi paragonando e proponendo filofalsi per modello Nigrino, di poi riprende Amaramente sofo platonico, i corrotti costumi dei tempi suoi qui Luciano e rinfaccia loro fasto ai Romani eccessLvo, la loro arroganza ed il descrivendone con molta ed alcon si-

dei Filosofi,

i conviti, elcganza tri intertenimenti. curt se nella guaci sene beffe.

i corteggi, le feste Non pu affermarsi

lode di Nigrino e dei veri sedella filosofia abbia esso preteso di far-

EPISTOLA A NIGRINO LUCIANO 4 NIGRINO SALUTE

Civette cennando

ad Atene, doversi ridere

acdice il proverbio , di chi ne portasse in

cosi pure io se per quel luogo ove abbondano: voglia di far pompa della forza della mia eloquenza, scriven do un libro, lo mandassi incorrerei in questo ridicolo e farei Vol. I. 2 a Nigrino, veramente

i8 Volendo nulladimeno mostrarti viaggiare civette un mio parere e corne ora la penso, non poco stato essendo tocco dai tuoi discorsi, sfuggiro che la pure quel detto di Tucidide, giustamente rende audaci, e circospetti la dottriimperizia 7ia, perocch chiaro che non la sola imperi cagione zia, ma anche la voglia di ragionare di questa audacia. Sta sano ec. AMICO E LUCIANO Di qual modo ne sei tornato ghlio fio e superbo, che non degni guardarci, ne conversare con noi, ne farci parte come per lo passato dei tuoi discorsi, e sei improwisamente Amico. cambiato del tutto, stranamente divenendo ve e rispettivo ! sarebbemi sapere la cagione di questo fribile procedere. Luciano. veramente tuo alto ed insofgracaro di

amico, se non la felicit Luc. Inaspettatamente io ne vengo a te divenuto avventuroso e beato e, per dirtelo ad uso tre volte felice. Am. Corpo di Ercocomico, le! e come? e si tosto? Luc. II fatto cosi. AJTL. Ma di gnazia mi di la cagione di tua gonci ralfiezza, acci non del tutto confusamente possiamo conolegriamo, ma piu diligentemente scerlo, ascoltandone me? non ti sembra le circostanze. per Dio! Luc.

o mio Null' altra, Am. Cbe mai dici ?

E coche

cosa. mirabile

19 di servo io sia libero, e di povero veracemente Am, Granricco, e di scemo e pazzo prudente? di cose da dovero, ma io non capisco chiaramente che cosa ti vuoi tu intendere con cio Luc. allacitta Tu sai che io me ne andai direttamente per trovare alcuno oculista, perch davami gran Questo io lo so bene, e desiderava che ti abbattessi in alcun pratico. LllC. Stabilito anche avendo di abboccarmi con Nigrino, filosofo platonico, che non avea noia il dol ore dell' occhio. Am, veduto da lungo tempo, levandomi di buon mattino mi portai alia sua casa, e battendo all' uscio ed avendomi annunziato il fanciullo, salii, ed entrando sapienti. Eravi di poi nel mezzo una certa tavola, sulla quale erano espresse alcune figure di geometra, ed un globo formato di canne, fatto, come sembrava, ad imitazione del mondo Abbracciandomi quindi emi domand come la passasgli tenerissimamente si, ed avendolo io di ci pienamente appagato, mostrai anch' io voglia di essere ragguagliato dei fatti suoi, interrogandolo se avea fermato di torverso la Grecia. Incominciando egli a parlare ed a spiegare su cio i suoi concetti, asperse i suoi detti di dolcezza si fatta che dimenticare faceami, se mai ve ne furono, le sireTrasse ne, gli usignuoli ed il loto di Omero. di poi il suo ragionare alle lodi della filosofa e nare nuovamente Io ritrovai con un libro tra mani, torno molte immagini di antichi ed avea all' in-

%o che da quella ne nasce, beffandosi di quei che il volgo reputa beni, come la ricchezza, la gloria, il regno, gli onori, 1' oro, Ie e le rimanenti cose, che sono ai piu, porpore della Ed ed erano allora anche a me , di ammirazione. io, ricevendo i detti suoi forte addentro nell' animo, ne fui tocco noscea me stesso to. per modo che pi non ricoe mi pentia interamente rapiEd ora dolendomi che si tacciassero per valibert

ne quelle cose che state mi erano carissime, come 1' argento e la gloria, poco manla ricchezza, ed ora cava che non piagnessi il loro abbandono; tali cose vili e ridicole, mi rallegrasembrandomi va, come se di nuovo dalla tenebrosa aria della tornassi a vedere una grandispassata mia vita sima luce. Talche con esempio non piii inteso, e la sua infermit, risenta essere stato F animo pi intelligente, parendomi per ignoranza cieco sino a quel giomo. Ne vennon jii finalmente a quei termini, nanzi ti querelavi, perocche sento gonfio ed innalzato e pensar pi non posEd aweggomi che ne avso a niuna bassezza. viene a me dalla filosofia quello che soffrirono dal vino la prima volta che ne bevvero; gl'Indiani mentre essendo calidi di natura e beendo a iodi subito ad imperversare, sa, incominciarono ed il vino fece lor fare pazze il doppio che agli altri. Nella stessa guisa pure io sono pei suoi dei quali poco indai discorsi di lui mi curato 1' occhio

21 discorsi fuori di me ed ubhriaco. Am. Manon pare ora a me che tu la faccia da ubbriaco, ma Ed io, s* possibile da uomo sobrio e prudente vorrei ascoltare quel discorso: n credo ti sia lecito privare chi lo desidera, e specialmente se e

Rallequesti amico e di tali cose amatore. Luc. grati, o valentuomo, perocch secondo quel detto - di Omero tu ecciti chi spontaneo si affretta: e se non mi avessi prevenuto, io pregato ti avrei di ascoltarne la recita: e vo' che tu misii testimonio presso il mondo, che non sono pa~zo senza ragione , ed il trarmi i suoi detti replicate volte a memoria divenuto per me un familiare esercizio; e se niuno mi si offre, pure solo tra me stesso li vo ripetendo le due e tre volte. E siccome gli amanti bench non abbiano presenti i fanciulIi, recansi a memoria i fatti e le parole di quelli, e come se presenti fossero ingannano con tali ed havvi alcuni, intertenimenti la loro malattia; che si pensano ancora convivere con quelli, e di cio che lor pare udire, come di cosa veramente detta, si godono, e volgendo la mente al passato non d loro noia il presente; cosi ancor io benche non presente il filosofo, raccogliendo e ripensando sovente meco i discorsi che allora udii, ne riEd in somma trassento non piccolo refrigerio. portato in tenebrosa notte per oscurissimo pelago, mi affiso in questo come in una face e credo quell' uomo presente a tutte le mie azioni,

4a a me le sue cose: sempre recitante , ed alcuna volta quando vi ho pi fiso il pensiee ro, mi sembra vedere la sua stessa persona, 1' eco della sua voce mi risuona all' orecchio, mentre, secondo quel detlo del comico, lascia veramente egli un aculeo negli ascoltanti. Am. Cesda tanti preamboli e va da sa, o smiracolato, principio raccogliendo i suoi detti, ne mi ammazzare colle digressioni. Luc. Tu parli saviamente, mami bisogna cosi fare, perocch vedesti mai, o amico, per Dio! attori o comici o tragici, di quei che straziano il componimento, essere pessimi accolti coi fischi e cacciati in fine pur dai teatri, bench i drammi il pi delle volte in regola e ne abbiano ancora riportato ma? Am. Molti ne ho veduto di questi , che monta? Luc. Temo che nell' imitare cose non ti sembri io affatto vadano la palma cio queste raccoze Id ascolto

ridicolo, zandone alcune senz' arte, e per la debolezza del1' ingegno mio guastando i conceiti di lui, ti vega condannare lo stesso dramga poi costretto ma Di che in quanto a me non dorrammi, ma mi reputer infelicissimo, se per colpa mia come E per restrignersconcio cada pure 1' argomento.

mi, ti ricordo cio solo, che il poeta e innocente di ogni colpa, sedendosi lontano dalla scena e in cio che si fa sul non frammischiandosi punto teatro. Vo* tentativo, fare io solo alla presenza tua questo e provare, se la memoria mi assiste,

23 ad essere buon al rimanente tragedie. commediante, non saro diverse se ti sembro perocche quanto dai messi delle dir male alcuna

Talch

cosa, abbi sempre e detta dal poeta mi dovr Am.

questo tuo prologo cammma secondo tutte le forme rettoriche e manca solo che tu vi aggiunga che il discorso non fu lungo; che tu non ne vieni studiato per ragionare e che sara stato meglio ascoltarlo dalla sua bocca; perch6 tu non puoi ridirne che peche cose e quanTu stai per te bai potuto ritenerne a memoria. tutto questo, ma con me cio non aggiugnere per fa tuo conto di esserti pienamente a farti mentre io sono apparecchiato spiegato, afesta ed applaudirti. Se poi vai indugianda, mesteri; vr a noia la tua recta e fischierotti. Luc- Per ed anverit volea io dire cid che hai ricordato, cora che io non adoprero, come quegli, un discorso o seguiro, essendo le qualit mie troppo deboli. N attribuire a lui per niun modo il discorso, se mai io simigliassi a quei commedianti i quali, rappresentando molte volte il perCreonte od Ercole, sonaggio di Agamennone, con vesti dorate e con isguardo feroce, aprendo una gran boccaccia, parlano poi con voce bassa e sottile e quasi donnesca, e pi sommessamente di una Polissena e di un' Ecuba. Accio misurato

punto Bene per Dio!

in vista quella essere migliore con altri modi, e cosi non rammaricare se tu mi fischii

2ft adunque io non sembri avere assunto naggio non fatto sul mio dosso vo' che teco parli la nuda e sola perdecoro, sona mia, che cosi, se mai io cadessi -f non ca-* dr pur meco 1' eroe che io rappresento. Ain. Non la finira, o buon Dio! adunque mai oggi Luc. quest' uomo colle scene e colle tragedie ? fine e mi volgero a quel discorso. II co* mineiamento pertanto di esso fu una lode della Far e degli uomini abitanti in Atene, che si pascono di povert e di filosoa e che non amano vedere alcuno dei cittadini e degli stra-* nieri sforzarsi di portare il lusso in citt. Talche capitando fra loro alcuno preso da tal passione, lo trasformano a poco a poco in altro uomo, insela virt e facendolo vivere illibatagnandogli mente naroso, Ricordava il quale, e con gran codazzo di piaggiatori, ri* apparato crecoperto di vesti dorate ed a mille colori, destare ed ammirazione essere tenuto di se in tutti come beato, omicciatolo. i citquando Si acnona tal proposito un certo de* venendo in Atene con grande Grecia un persoe ne sporchi il

dea tadini

non appara che un povero cinsero percio ad ammaestrarlo,

in modo

dimeno occulto ed onesto, perche non paresse cbe gli fosse vietato il vivere a senno suo in libera citt. Ed essendo molesto i servi, gni, tempestando non so chi sotto voce, tro spingendo al muro, nei ginnasii e nei bae chi veniagli incon-

25 quasi volesse nascondersi in atto di ritirarsi per ucci-

di venire e' teme, disse, fergli luogo, so mentre si lava: eppure regna un' alta pace nfel bagno e non vi bisogno di esercito t cosi la verita, colui ammaestravasi. Lo spogliarono ancora di quella veste a mille coed assai civilmente beflori e di quelle porpore, Ascoltando dicevafandosi della foschezza di quei colori, no: giunta primavera; oh il bel pavone ch' e a noi venuto! forse questo un abito di sua E cosi di lui si ed altre simili cose madre, la quantita degli anelora notando beffavano, del capo ed ora la sua Ii, ora 1' acconciatura e '1 suo Iusso Laonde in poco intemperanza ed ammaestrato tempo divenne savio; popolarmigliorato di molto si diparti. Non vergognano di poi punto di confessare la povert; e raccontavami intorno a cio un certo grido, che affermava avere esso udito universalment sparmente, So nei giuochi panateni; restato un certo cittadino clie stato essendo e condotto aral Giudice alio spettacolo con si commossero e proclamando

dei giuochi, perche assisteva una veste a colori, gli spettatori ed intercedevano grazia per lui; il banditore che avea violato

la legge col venire ai giuochi in si fatta veste, gridarono tutti ad una voce quasi apparecchiali che convena di avere indossata tal veste per non perdonargli averne altra. Queste cose ei lodava ed in oltre

a6 la liberta che vi si gode, Ia frugalit del vitto, 1' ozio e la quiete, beni presso loro comuni. Dimostrava di pi che la conversazione di quegli era fatta per la filosofia e che valea a conservare puri i costumi, e che ad un uomo maturo e che sapea spregiare le ricchezze e che uomini volea vivere la vita che secondo il bello della ivi si mena dalle natura , convenientissima ricchezze era Per e

chi poi abbagliato misura le felicita e non avendo

dall' oro ama le porpore

mai gustato in pratica la lihert, e non conoscendo la verit fu sempre educato nella servit e nella cortigianeria; e per chi dando lo spirito in preda a tut-

e dalla potenza, non ha indipendenza

te le volutt, si posto in mente di servire ad esse sole, amando di andare intorno alle mense , al vino, pieno sempre d' impod' inganni e nienzogne; e per chi si festure, licita di udire il dolce scontro degli stromenti ed il soave suono della lira ed i canti lascivi; alle donne ed conve pure a tali uomini medesimamente Perocch nientissimo il vivere di quella citt. di ci che pi amano ripiene sono le strade tutte e le piazze, e da tutte le parti entra in loro il pel piacere, come per gli occhi , per le orecchie, naso, per la gola e per i genitali; e cosi scorrendo questo perenne ed impetuoso torrente, aperte gli e cosi fa impeto 1 arimangono tutte le strade, lo spergiuro colla rimanente varizia, l'adulterio,

27 dei piaceri. E sommessQ per ogni dove 1' animo, si traggono via il pudore, la virt e 13 il luogo giustizia; e rimanendo cosi abbandonato schiera e ripieno sempre di sete, fiorisce di molte vogle hestiali. Tale e di simiglianti comodi maestra ei citta. Io adunque, disse, tostodimostrava quella che ritornato di Grecia, stava per giugnere in questo luogo, soprastando domandai ragione a me stesso della tornata mia, e recitai quel verso di Omero luce del sol lassando, o meschin, Perch, cio la grecia e quella felicita e libert, ne venissi per udire i tumulti di qui, gl' impostori, i desinari, gli adulatori, gT inchinj ai superbi, gli Qrnicid e l5 espettazioni dei testamenti e le E che pensi di fare, quando finte amicizie. ne puoi da qui dipartrti, ne giovarti di tali cae siccome si dies stumi? Cosi consigIiandomi, di Ettore che il sottraesse Glove dai dardi, dal* la strage, dalla pugna e dal sangue, cosi facendo io di me stesso, starmene in ca- deliberai sa; ed eleggendomi questa vita che ai pi sem* bra timida e donnesca, ragiono colla verit, col? la filosofa e con Platone; e collocandomi quasi in un affollato teatro, di leggieri contemplo dat* P alto gli avvenimenti, alcuni dei quali porgonmi assai risp e diletto, compromettere viene di poi fare 1' encomio dei mali, non credere esservi maggiore esercizio di virtu o poterci fare ed allri gK scorgo possono ogni onest'uomo tali che Se comr

*8 pi vera esperienza dell' animo quanto in questa citt pei modi con che vi si vive. Perocch non e lieve cosa il resistere a tante voglie, a tanti spettacoli e a tante lusinghe che per ogni dove ti attraggono e ti ri tengono; ed di necessita imitare Ulisse e navigare oltre a questi incentivi, non pero colle mani legate, ch saria troppo cosa, ne colle orecchie turate di cera, ma sciolto ed ascoltante, e coll' animo sollevato alla verit. E necessario ancora ammirare la Hlosocon si fatte pazze, e spregiafia, paragonandola re questi beni della fortuna, come riguardando in una scena e in un dramma di molti personaggi, dei quali T uno di servo di viene padrone , un altro contro di ricco povero ed un altro all' indi povero satrapa e re, e di questi chi e arnico, chi inimico, chi bandito. Ed e queattesto al certo gravissimo, che quantunque sti la fortuna istessa che ella si prende giuoco delle cose umane, quelle nulla di fermo coloro e confessi o di certo, non esservi nulladimeno in dura

che ogni giorno ci veggono, ambiscono le xicchezze e la possanza e camminano tutti pieni di vane speranze. Vo' ora esporti cio che ti accennai sul ridersi di ci che avviene, e sollevarsene l'animo. Perocche e come non appariranno riche fanno mostra delle porquei ricchi, i diti pieni di anelli, pore e che allungano spacciando un mondo di fraschere ? e qual cosa dicoli

29 * bavvi di costoro pi nuova, che salutano chiunque incontrano con voce altiui, e si avvisano rendere felici solamente cogli sguardi; e perfino le adorazioni queste Persiani, ma conviene inchinarsi loro assai dappresso e coll'animo avvilito e dimostrante la sofferenza del corpo baciare il petto o la destra: invidiosa vista a coloro che non hanno tal sorte. II superbo intanto lungo tempo si offre agl' inganni, ed io commendo la piacevolezza di coloro, che non ci ammettono a baciare loro la bocca. Del quelli che gli adulano e riveriscono , sono pi degni di riso, levandosi a mezzanote cacte e percorrendo la citta tutta in giro, ciati fuori dai servi, sostengono sentirsi dire cani ed adulatori ed altre simili garbatezze. Ed il prelpio di quel penoso girare e una malaugurata cerimanente na, mentre mancagione per essi dimoltimali, e parlando giando e bevendo pi del dovere, oltre il bisogno, finalmente e ripieni si partono, liial sopportando e maledicendo quella cena accusano 1' alterigia o la sordidezza del padrone, e la pi parte di essi o vomita nei vicolj o combatte avanti i bordelli. Ed alcuni giacendo la giornata nel letto, danno occasione di correre ai medici; ed e cosa novissima il vedere qualche altro che nemmen ammalato pu star quieto. Io di poi jeputo di gran lunga peggiori gli adulatori degli si permettono i pil famosi tra loro? ne si fanno da lungi, secondo il costume dei -

* DO adulati, essi la cagione del loro 01'la loro ricchezza, col logoglio dare 1' oro e coll' affollarsi la mattina ai portoni per salutarli quando escono quasi come signori. Or domando io se con ci possano questi penperche sono coll' ammirare sare giustamente? Che se per comune volere si scordassero pur un poco di questa servit volontaria, non ti credi per avventura che, cambiato i ricchi stessi a ricercare modo, ne verrebbono i poveri ai loro usci, per non lasciare la loro felicita spettatore e testimonio, e fuori di ogrri uso la bellezza delle senza ed inutile tavole e la

grandezza delle abitazioni ? perocch non amano Ie ricchezze, non sono per quelle se estimati felici: e ci fa si che, se non si trova chi le ammiri, si credano di niuna utilit dai padroni le case, gli ori e gli avorii. Bisogna adunque in tal modo umiliarli ed awilire cosi la pocol dispregio della rictenza loro, fortificandosi chezza. Ora colle adorazioni li menano ad imbelle pazzire. E che uomini idioti e che apertamente confessano 1' ignoranza loro facciano simili cosoffribile; ma che cose, crederiasi giustamente loro, che fingono flosofa, ardiscano cose pill di queste ridicole e disoneste, cio e in vero dolentissiE di qual animo credi tu che io mi stia, quando veggo alcuno di costoro , e spezialmente se sia un po' avanti cogli anni, mischiato colla turba degli adulatori. seguire i magistrati a modo di apparitore, mo

51 e conversare tra tutti con coloro che a cena lo invitano

distinto

Sommamente costoro biando

e piu notevole per le vesti ? quindi mi arrabbio perche non cam-

di veste, non recitano egualE di vero qual mente te parti tutte del Dramma. che li agguagli in cio che fanno alle v'e adulatore mense? riempionsi di cibo non meno di quelli, ed

si levano gli ultimi ubbriacansi pi sfacciatamente; di tutti e vogliono portar via pi degli allri; e spesse volte havvene alcuni dei pi garbatelli che di cantare. Queste cose schernon arrossiscoho .zevoli andava e ricordava soegli annoverando prattutto coloro che filosofano a prezzo e pongono la virt in vendita come al mercato; e chiatoaVa botteghe e taverne le scuole di costoro, che chi volea insegnare il dispregio delle ricchezze, dovea prima di ogni altro mostrarsi In se stesso dimosuperiore ad ogni guadagno. avvisando strava ra: poi egli di praticare e non solo conversava cosi senza caricatusenza prezzo con chi ma si prestava volentieri a chi ed interamente era avverso le dispregiava a desiderare 1' al-

ne lo ricercava, ne avea bisogno ricchezze

; e tanto

trui, che neppure curava le cose proprie che andavano in perdizione: a tal che avendo un podere non molto lungi dalla citt, e' non vi era andato da molti anni; ed affermava non essere di sua propriet, volendo intendere, per quanto io credo, con cio che tali cose in natuja non appartengono

32 a nessuno, ma ricevendone soltanto l'uso per leg6ge e per successione, non ne siamo che posseditori temporarii per uno spazio non certo; e che altri ricevendole similmente da noi, ne gode sotto lo stesso titolo. E deono anzi prestare queste cose a chi voglia imitarli non piccoli esempii, come la frugalit la modestia vesti del vitto, la regola degli esercizii, della persona, Ia mediocrit delle 1' aggiustatezza costumi seco pensieAvvertiva coloro dei

e soprattutto ri e la docilita dei che conversavano

lui che non indugiassero a fare il bene, come fanno i pi che prefeste e sofiggonsi di farlo a certe determinate nelle quali protestano di non mentilennit, re e di operar bene : ed era chiaro che r ardore suo non curante d' indugio dannava con cio quei filosofi che figuransi rendere virtuosi i giovani coll' accostumarli a soflrire molti come praticano taluni, cessit, che si leghino, altri col frustarli, ed i piu diAssai screti col radere loro la cute con ferri. prima estimava egli doversi cacciare nell2animo loro questa durezza ed insensibilit: propongonsi di ammaestrare deono parte all' animo, parte mini, riguardar al corpo, e parte ancora all' etjt ed ai modi della prima educazione, per non incorrere nella tacEd cia d'imporre cose al di sopra del possibile. affermava che molti erano morti per avere cosi e quei che nell' ottimo gli uotravagli e necol comandare

33 senza ragione operato ed uno 10 stesso ne vidi avendo presso quelli il cattivo, cbe assaporato di subito irretostoche ascolt la vera dottrina, vocabilmente da coloro fuggendosi, a lui se n'ancosa il vedere com' ei d, ed era maravigliosa tratteneasi 1' avea racconcio E questi lasciando, i tudi poi sopra altre persone ed annoverava multi i teatri , citt, le gare dei cittadini, i nomi dei cail circo, le statue dei cocchieri, esvalli ed i discorsi sopra questi nei vicoli, della sendo per verit grande la pazzia pei cavalli ed essendone di essa presi molti uomini di valore e di conto. Dopo di questo incomincio un altro dramma sopra i funerali ed i testamenti, ed aggiunse che una sola voce i Romani in tutta la vita pronunciavano vera, quella cio, che nei testamenti non fosse loro tolto il dire la verit. Non potei in oltre rattenere quando e' diceva che credevano costoro seppellire seco 1' ignoranza loro e confessavano collo scritto la loro imhecillit, essendovi alcuni che volevano che si abbruciassero coi loro corpi le vesti ed altre cose che avevano tenute in vita in gran pregio, altri che alcuni loro servi ed altri che si presenti fossero alla sepoltura, di fiori, standosi cosi fino nella morte istessa fuori di cervello. Conghietturava pertanto da ci che guardavano fosse fatto e vedea dopo la morte che vita questi menassero, essere appunto questi coloro, che a caro prezao Vol. I. 3 coronassero le urne le risa,

54 comprano i cibi, che mischiano nei conviti il vino col croco e gli aromati, che bevono gli unguenti e che nel mezzo inverno si riempiono di rose, amandole quando sono rare e fuori di teme dispregiandole come vili quando sono di po, e mordeva in tal stagione e secondo la natura: modo coloro, che non sanno neppure usare dei piaceri, ed in quelli stessi pecano, e ne confondono i termini, e danno liberamente 1' animo in preda ad ogni sorta di volulta e, come dicesi nelnon curano enlrare te tragedie e nelle commedie, per le porte. Appellava pero egli questo il solecismo del piacere. Seguiva poi Io stesso argomento, imitando cosi alla buona le parole di Momo ; imperocche siccome colui riprendeva lo Iddel toro, perche non avcagli poste le corna dinanzi gli occhi, cosi egli si querelava dei coronati che non conoscevano il luogo delle dio artefice corone, dicendo che se dilettava loro l'odore delle rose e delle viole, sembrava pi acconcio che s' incoronassero sotto del naso, che cosi venendo all' insu, pi facile col mezzo di quel veicolo il risentirne piacere E si rideva pure di coloro che pongono nei conviti certa cura stral'odore ordinaria di sapori e diceva che coe apparecchio di confetture; storo in grazia di lieve e passeggiero piacere si e soggiugnea che per davano troppo incomodi; quattro dita che appena aggiunge la pill lunga ed amano nei cibi variet

35 gola di un uomo incontravano tanti travagli e fatiche; perocche ne avanti di mangiare non ritraggono alcun piacere da quei cibi comprati con tanto prezzo, ne dopo mangiato ne aveano altro compenso se non quello, che si trae dai pi vili. Non vi rimanea adunque che quel momentaneo piacere, che non meritava essere comperato a prezzo si caro Ed aggiugneva che non era meravigliato che facessero tali cose coloro, mentre conoscevano i veri piaceri che a larga mano ministra la filosofa a quelli che amano di carsi. Ricordava quindi molte cose su cio avviene non somfatiche

nei bagni, la moltitudine dei seguaci, l'orgoglio di quei che appoggiansi ai servi e quasono sulle braccia Ed una cosa si trasporlati egli odiasse, nella citt free nei bagni assai in uso, cio di alquentissima, cuni che si fanno precedere dai servi, i quali deono gridare ad alta voce che si guardino innanzi i piedi se v' e un po' di terreno o rilevato o mancante a passare, ricordando ad essi cio che e veramente piacevole, come dee camminarsi. E soprattutto sembrava te meraviglie perch ancora mangiando non si servissero di altra bocca o di altre mani, ne dell' ahrui orecchio ascoltando , quando in piena salute bisogno avevano per vedere , degli ahrui occhi, e non avevano ribrezzo sentire te voci, che usano cogli uomini infelici privi della vista: e cio Soffrono in pieno giorno i pi distinti faceasi

36 Dimostrando ei queste ed altre simili cose, pose fine al discorso. Io lo ascoltava in silenzio pieno di meraviglia, temendo che si tacesse. Quando poi fece pausa mi venne allora il male dei Feaci, perocch, fissatolo in volto, mi ristetti assai tempo, e preso da confusione e quasi convulso, mi sentii tutto di sudore bagnato, e vomi ringoiava le parole e non Ie lendo parlare, potea proferire, mi mancava la voce, mi balbettava la lingua, e finalmente scoppiai in un pianto. Ne mi aveva il suo discorso tocco come suol dirsi leggiermente ed estrinsecamente , ma lasciae per to mi aveva una piaga mortale e profonda, modo quel discorso era librato, che siami lecito il dirlo, mi pass la stessa anima. Ora, se punto a me conviene l'entrare in discorsi filosofici, ecco ci che giudicai intorno alle dette cose. Sembra a me, che 1' anima di un uom dabbene simile sia ad un bersaglio tenero e molle , ed esi quali hanno riservi nella vita molti saettatori, piene le faretre di varii discorsi di ogni sorta , dei quali pero non tutti bene saettano, perocch alcuni troppo intenti alle corde lo fanno con pi impeto dei dovere, e bench questi per retta via le saette loro non vi rimantocchino il segno , e del la forza ma penetrando colpo per gono , passando innanzi, lasciano solamente forato 1' animo dalla ferita. Altri da questi tutto diversi per debolezza e per mancanza di forze non giungono della citt.

a1 segno Ie saette loro, ma mancando loro, - detto, la forza si rimahgono il piu delle volte alla met della via; e se pure vi giungono , nonch fare una profonda ferita, appena al di fuori

37 come

leggiermente lo toccano, perche non furono scoccate con valida fbrza. Ma chi buon saettatomira re e simile a questo nostro primieramenle il bersaglio s' o troppo tenero ov-r attentamente al saettante, vero impenetrabile imperocche vi" sono dei bersagli da non poterli ferire. Veduto che ha ci, intinta la saetta non di veleno, come la tingono gli Sciti, ne di oppio, come i Cretesi, ma cospersala un poco di farmaco tra e soave ei giustamente saetta. Ed il colpo sospinto con quella giustezza di forza e penetrando a quei termini che dee, vi rimane e vi gilta assai medicina, la quale spargendosi all'inmordente e quindi gli ascoltorno cinge tutto lo spirito; tanti e piangono e si rallegrano come a me stesso avvenuto, scorrendomi la medicina all' inE mi sovviene di quel verso torno dell' animo di Omero: ne venga si, che luce all'uom imperocche come quelli che ascoltano una tromba frigia non tutti infuriano, ma quelli solo che colti da Rea all' ascoltare del suono si ricordano cio ch' hanno sofFerto, cosi quelli che ascoltano i filosofi, non tutti partonsi inspirati e feriti, ma soltanto quelli che hanno per natura qualche Saetta

33 attinenza bili colla filosofia. Am. Grandi, ammiraee

cose hai tu, o sozio, narrate, mi hai riempiuto colle tue verita di dolcezza

e divine

talche alla tua recita io era commosdi nettare, so, ed ora che ti taci rattristomi e, per usare le tue parole, io mi sento ferito. Ne ti meravigliare, mentre tu sai che quelli che son morsi da non solo arrabbiano essi, ma si becani rabbiosi "ne se mordono altri in quella mama, questi putrasferendosi medesimare diventano furibondi, mente la infermita in altri col morso e si proConfessi adunque anche paga all' infinito. hue. Am. Aff che si, e pregoti, tu questa mania? che pensi a qualche medicina comune. Luc. Sar adunque necessario fare come Telefo. Am. Che cosa intendi con cio? hue. Andarcene che ci risani. dal feritore e richiederlo

J0 GIUDIZIO DELLE ARGOMENTO k questo ComponiFestivo e piacevolissimo nelmento scritto a modo di azione giudiziale, la quale il Sigma accusa il Tau di violenza e di Era un vezfurto per avergli tolte molte parole il Tau in luogo zo presso i Greci di adoperare del Sigma in alcuni vocaboli, e sembra che tale uso fosse assai trascorso ai tempi di Luciano e, in pedanteria come avvenir suole, , degenerato onde egli si fa a deriderlo : e dopo aver provato conche questa letterab ingrata alia pronunzia, chiude ch' degna di ogni castigo, e che non sa trovarsene altro maggiore di quello, che si rimanga nella forma tata sotto l'arconte sua stessa. L'azione f) intenAristarco Falereo , il qualr che si tolse tanta licenza nei VOGALI

fu un grammatico poemi di Omero, che a suo senno leva via quei vcrsi, che non credea che fossero di lui, talchtt ne abbiamo tuttora il dettato di appellare Aristarchi i censori noiosi. La diversita delle due nella tradulingue fa s), che non si risentano ztone tutti gli equivoci che formano il bello di come impossibile questo Componimento, il quale ad esse re tradotto avrei 10 volentieri lasciato fuori, se avessi potuto farlo senza tradire il mio che si quello di presentare trw proponimento, dotto quanto in greco rimane di questo Autore.

ffO Sotto 1' arconte Aristarco Faiereo il giorno sette di ottobre il Sigma fe' citare il Tau davanti le sette Vocali, per azione di violenza e di spogTio, affermando, che rubavagli tutte le voci che proferisconsi con doppio Tau

o Giudici Vocali, cacciandosj Fintantoche, ove non dovea, si prevaleva questo Tau delle cose mie, non ccedendomi io di molto ingiuriato, sopla cosa, e con quella moportai pazientemente destia cbe voi sapete e che io praticar soglio colle altre sillabe, mi tacqui; venuto per ora essendo ad un eccesso di avidita e di pazzia, che non contento di quello che io pi volte dissimulai, tenta sforzi pi grandi, la necespit istessa costrignemi ad accusarlo avanti di voi che ci onoscete We piccolo timore io provo per queste soverchierie , perocch, aggiugnendo sempre ingiurie sopra ingiurie, fa prova di cacciarmi del tutto di casa mia, e se io me la passo in silenzio, amendue corro rischio di non essere pi noverato tra le lettere e di non servire che ai numeri adunque giusto che non solo voi, che or giudicate, ma le altre lettere eziando si guardino dalle sue insidie, perocch se si permette a chiunsua que ne ha talento di far violenza fuori della classe, e non vi opponete voi a cio ( senza le quali nulla si scrive ), non veggo in qual modo. possano conservare le rimanenti classi i lor diritti J

41 secondo quei principii, coi quali furono ordinate. Dommi nondimeno a credere che non verrete voi mai a questi termini di negligenza e d'incuria che sopportar vogliate cose non giuste; e se il campo non lo abbandonero voi abbandonerete E piacesse al certo io, a cui fatto il torto pure delle altre lettere fosse ad opestata repressa tostoch6 incominciarono anrare contro le leggi, che non combatterebbe che ora il Lambda col Ro disputando sulle voci cielo che l'audacia il Gam~xi'aw pis, e KepuXukyict;ne contrasterebbono ma ed il Cappa, ne sarebbono tante volte venuti quasi alle prese l nel pUrgo sulle parole e yvxipccTwv; e si sarebbe pur restato queXVltfHf sto Gamma di combattere col Lambda toglienla parola f~oyif; dogli, anzi piuttosto rubandogli, di far tumulti controle leggi, essendo bella ed ottima cosa che si stia ciascuna nella classe che ha sortito, tai confini proprio di chi giacch l'oltrepassare E quel primo che stabili rompe ogni giustizia. tra noi queste leggi, o siasi l'isolano Cadmo o Palamede di Nauplio o Simonide, secondo altri che a lui danno tal briga, definirono questi non solo la classe, nella quale a ciascuna lettera stabilito il suo posto, e quale dee essere prima e ma conobbero ancora la qualit quale seconda, e Ia potenza di ciascuna di noi; ed a voi, o Giudici, attribuirono il primo onore, perch potete e non avrebbono osato le altre lettere

42 rendere suono da per voi stesse. Posero dopo vot te mezzo-vocali, perche per essere udite del vostro aiuto abbisognano Alle rimanenti poi, che non possono per se formare voce, destinarono un ultimo luogo, e conviene che questo gli conserviate voi, o Vocali, secondo le leggi. Questo Tau adunque che io non posso appellare con piu tristo nome che col suo proprio; e che, se affe di Dio! non gli si unissero appariscenti Vocali (parlo Ion), non se ne udira pur novella, ha pur costui osato pili di ogni altro farmi forza e ingiue tenta cacciarmi dai verbi e dai nomi riarmi, patrii due di voi buone ed dell'Alfa e dell' Upsi-

ed espellermi medesimamente dalle congiunzioni e dalle proposizioni, di modo che non

posso io soffrire pili oltre ingordigia si sfacciata. E per tempo ch'io vi dica su quali prin* cipii fondato egli ci ardisce. Viaggiando io un giorno in Cibelo, il quale e ragionevole Castello e, com' fama, colonia degli Ateniesi, e se* guendomi il fortissimo Ro, tra i miei vicini il migliore, torcemmo alla volta di un poeta di commedie, che si appellava Lisimaco, di razza per quanto appariva beozio, ma che credea meglio farsi tenere per ateniese Presso questo ospite io mi avvidi dell' avarizia del Tau. Perocche quando si sfogava con pochi a dire rerrccpocKovrci,privandomi dei miei parenti io estimava esser ci una consuetudine delle lettere insieme educate. Usurpandosi

43 di poi il ~Tnpepov e simili voci, ed affermando essere sue proprie, lo ascoltava pazientemente, perma dapche non curava quelle voci granfatto; da questi suoi primi conati poiche imhaldanzito os dire xot<r>rtTspov, Ttrrocv, e sfaccia, tamente mente pronunzio mi arrabbiai non si leggierficeaiXirTtxv , e sdegnai, temendo che col

tempo anche E per Giove

in TKac. AOM non si convertisse vi supplico che per me afflitto e

privo di aiuto vi moviate a giusta ira, mentre non e pi lieve e ordinario pericolo il mio; che oltre all' avermi spogliato delle lettere a me parenti e congiunte, strappommi per cosi dire di mezzoal xi<1(JO! ch'elo(la gazza), Anzi quace uccello a me caro, e nomollo ei mi avea tolto anche ~<pxa<roc(colombella) e seno anche

e xo&eutpoi( merli) contro 1' oviwxi ( anitre ) A se attiro in oltre ancor pinione di Aristarca. non poche pehicraxi (api) ; e venendo nelPAttica si tolse via senza autorit T'WTTQV ( Imetto) , e cio al cospetto vostro e delle altre sillabe. Ma a che rammento io queste cose? Non mi scaccio forse daIF intera Qajaxhl x ( Tessaglia ) , volendo che si di.ca QVTTXXIX ? e non sono io affatto escluso dal SxXxaau (mare)? Ne dalle otuthoi ( bietole) degli orti pur si astiene, talch J come suo l dirsi, non mi rimarr nemmeno w<<cratxKof stesse attestar ( un piuoIo). V oi potets

44 in non fat- rAale.4 che mi imperocche ne acCusai giammai lo Zeta, tolse ery.etpdySov (lo ^meraldo ), anzi tutta ^fjtupva CSmi.,ne) ; ne lo Xi, che pur mi ruppe vtxcreiv avvdriKw (ogni pallo) coll'aiuto di Tucidide. Vuolsi quanto guarcUnga poi perdonare al Ro, mio vicino, che essendo infermiccio abbia piantato presso di se i miei puppi'm ( mirti ), e, preso com' alcuna volta dalla mebmcola, capo) consideriamo Tau mi abbia pure percosso wi ~xoppns (sul Eccomi quale io mi vanto di essere. Ma come sia di viblenta verso te altre lettere, natura questo, da nessuna 10 sia lettera

eziando

e per tacere del Delta, del Theta astenendosi; e dello Zeta, ha fatto egli torto a tutti gli elementi delle lettere. Ma chiaminsi qui le stesse iI lettere ingiuriate: o Giudici Vocali, ascoltate, che dice: Rub a me la mia Vdfx';<< Delta, e in sua vece vuole che ( perfezione) tv<rt\txelots ci ch' ad ogni legge contrario. la il Theta dicasi Ecco

che piagne e che si svelle dal capo i capelli, stato essendo privato della sua xO. e lo Zeta, che ha perduto i XoxvvSti ( zucca ), suoi copi^etv e , talche e' non pu adesso nemmeno

Chi sopypt(&tV ( aprir becco ). porter mai queste cose, e qual pena sar bastante per questo sceleratissimo Tau? E non solo offende costui la famiglia degli elementi suoi '-..on.. giunti, ma scagliasi in questo modo pur contro

45 che snodino rettamente gli uomini coll'impedire o Giudici, il parlare degli le lingue. E appunto, uomini mi fa sovvenire della yhuastts (lingua), perche pure da questa cacciommi, e di yxicaet fa yKurrct. O Tau, vera infermit della lingua! Ma ritorniamo di nuovo alla difesa degli uomini, che avea incominciata, imperocch egli si sforza con N.catene quasi e con lacci di torcere e sparpagliare la loro voce, talche uno veggendo una bella coecco balza fuoii sa, e volendo xcthvy appellarla, il Tau, e il costringe a dire ~rxhot: tan to egli da per tutto. Dovr pronunvuol signoreggiare ciare un altro KbMyM e costui, ch' ve(tralcio) ramente 'Tp.ov( un misero ), cambia il x.iip. in 'T^p.ct. Ne fa solo ingiuria agli uomini vulgari; ma ancora a quel gran re, a cui e fama eedesse il mare e la terra, egli tende insidie per fargli cambiare la sua nalura, ed essendo ~KOpos. lo tramuta in rvpos ( formaggio) : cosi (Ciro) offende gli uomini nelle voci. Come poi non gli offende nelle opere? Si lamentano dessi e pian-gono il loro destino, e sovente bestemmiano Cadmo perch intromise questo Tau nella razza delle lettere , perocch seguitando i tiranni il corpo di lui ed imitandone la figura, accomodarono poscia i legni in consimile forma e ne fabhricarono un supplizio; e da questo maladetto ordigno ne nacque un maladetto nome In grazia

46 dunqne di tutto cio di quante morti estimerete voi essere degno cotesto Tau? Io per me credo che, poich' egli stesso fu della croce il costruttore e da lui la denominarono gli uomini, debba questa a buon diritto essere riserbata abbia egli la pena nella al solo Tau, siccbe sua stessa figura.

47 TIMONE 0 L'ODIATORE DEGLI UOMINI.

ARGOMENTO per la sua ritrosia fu dagli Atecio odiatore deniesi appellato {.l-'(}'<<V,sprv']f"OS, di conversare con fuggiva gli uomini, perche Timone eccettuato il solo chicchessia; vita che menava era da bestia a cibavasi gnuno; di cose vilissime e dicesi Alcibiade. La e non umana, e rigettate da o-

e privati inche nei pubblici ancora solito era di rallegrarsi. fortunii Narra Suida che stato essendo sepolto dopo morte sulla riva del mare, a poco a poco fu il di lui sepolcro accerchiato cosi la ptovvidenza separato vivendo. dalV acque, che si stesse permettendo ancor. morto

che tanto aveva odiato dagli uotnini, dice il prealSopra la sua sepoltura, che leggevansi i seguenti versi: legato Suida, Vissi tapino, infermo e con afFanno: non cercar, ma va in malanno. Simili a questo Timone sembra che voglia Luciano con questo Dialogo far comparire coloro, gono Timone i quali barbari dalle ricchezze divensopraffatti ed insolenti. Finge percio questo da prima ricco, e di poi per la sua II nome

48 bonth seria. rele, caduto in grandissima miLo che saputosi da Giove per le sue queche viene in prinmandagli la Kicchezza, da lui, ma poscia allettato dispregiata del tesoro si lascia piegare, grandezza e liberality

cipio dalla e diviene

e caccia orgoglioso ed impertinente, via ognuno, volendo che la ricchezza sua ahIlia a servire a lui solo. Piacevolissima la introduzione degli adulatori rtella fine del Diae mordace satira dei logo, ed una piecante costumi degli uomini. Questo componimento

che racehiude, di sana filoper li sentimenti, si uno dei pile sofia e per le piaceJolezze, del nostra autore. festevoli ed insieme JilosoJici

Parlano

TIMONE, GIOVE, MZRCURIO,RICCHEZZA,

POVERTA', GNATONIDE,FILIADE, DEMEA, TlUSIC^E J BLEPSIA

comGiove amichevole, ospitale, pagnevole, domestico, celeste, presidente alii giuraIenti, annuvlatore, folgorante, tonante, e in qualunque altro modo ti appellano gl' msensati poeti, spezialmente quando si trovano impacciali nel verso, perocch6 allora colla schiera dei nomi tuoi sostieni il verso cadente e riempi il vuoto del ritmo, ove ora sta il risonante tuo tuono, lo stridente fulmine e la terribile ed ardente Tim. O

49 bene adunque pur chiaro che tolto il fvacasso delle parole, non sono tutte queste cos~ che mere sciocchezze ed un fumo veramente poetico. Le si decantate armi tue, che da lungi e si prontamente non so in qual modo ferivano, saetta? ne andarono, e sono assiderate per guisa che pi in se non conservano la minima fkvilluzza Talch gli spergiudei malfattori. ri temeriano piuttosto un putido stoppino di lufulmine domatore cerna che lo sfolgoreggiante che non iscagli contro del mondo, sembrando loro che lizzi, dei quali non temono n6 la fiamma ne ii fumo, ne credono rita che di esserne imbrattati riportarne altra feEcdi fuliggine d' ira contro

coti la cagione perche os Salmoneo tuonare contro di te, ed a credersi ch' essendo egli uomo audace ed ardente, di leggieri s' inanimisse contro un Dio nello sdegno si freddo. E dormi di poi di modo, che pare abbi masticato mandragora, non udendo gli spergiuri, ne ponendo mente alii malfuttori, perche non vedi che con occhi cispicosi come i vecchi e sei grosso di campane Eppure quando eri giovane, eri puntiglioso e focosissimo nell' ira, e molte cose operavi contro i ribaldi e gl' ingiusti, ne mai facevi tregua con essi, e pronta sempre avevi la saetta e lo scudo in azione. Risuonavano i tuoni e strisciavano i fulmini come per segno di scaramuccia, i tremuoti erano frequenti, la neve sembrava, Tlul. I. 4

5o palle e pietre la grandine, e per parlarti il verO con dispiacere, erano le piogge violente e grandissime, ed ogni goccia di acqua parea un fiume; intantoch al tempo di Deucalione in un attimo si sommerse ogni cosa, ricoperto essendo tutto dalle acque, ne si salv che un piccolo cas., soncello, che approd al monte Licori, che ave-

va in se rinchiusa una piccola scintilla della razza umana, perche nascessono da quella tristizie maggiori. Sei tu di poi trattato veramente dagli uomini la tua trascuraggine, nessuno ti fa sacrifizii, ne ti porge corone se non qualche vincitore dei Giuochi olimpici, che fa cio non perch lo creda necessario, ma per seguire un vecchio costume, e tra poco, o valoroso Iddio, spogliandoti di ogni onore ti ridui ranno come Saturno. Tralascio di ricordare quante volte hanno spogliato i tuoi tempii e si sono perfino provati di metterti le mani addosso nei Giuochi olimnon bai pici; e tu che appellato sei altitonante, nemmeno risvegliati i cani ne chiamati i vicini, i in tuo aiuto sorprendessono sacrileghi pronti a fuggire. Che anzi tu, o magnanimo, nomato uccisore dei giganti, sostenendo colla destra un fulmine di dieci cubiti, placido ti sedevi, mentre coloro ti tosavano i ricci acci accorrendo d'oro. Quando adunque cesserai, o ammirando Iddio di non far conto di queste cose, e quando farai vendetta di somiglianli scelleratezze? Quali secondo si merita

5i e quali Deucalioni bastanti sarebbono a E per tacere le tanta insolenza degli uomini? comuni co&e, e venendone ai particolari miei, io che ho esaltato tanti Atemesi, e di povdrissimi gli ho fatti l'icchi, e sovvenendo a chiunque as aveva bisogno ho largamente sparso le mie Fetonti licchezze in feenefkio degli amici, dappoich sono per cio divenuto povero, non sono pi conosciuche per to da loro, n piu quelli mi gnardano, e che dai lo innanzi mi riverivano ed adoravano, miei cenni indovinavano andando i miei desiderii. Che se per la via mi scontro in alcuno di loro, non curandomi mi passano innanzi come ad una colonna di antico sepolcro gittata in terra dal tempo, ed havvene alcuni che vedendomi da estimando di velungi voltano per altra strada, dere inme, benefattore cbe fui per la innanzi il saltatore e loro, un orribile e malaurato spettacolo. Vessato adunqne da tanti mali mi sono ridotto in queste estremit, e cinlomi questa PCIliccia lavoro la terra, ed essendo mercenario per quattre soldi, vo' ora filosofando con questa solitudine e con questa zappa. Ed in questo solo credo essere mjgliorato, che pi non veggo molti immeritamente esaltati, perch6 mi saria tal vista di pi cordoglio. Scuotiti pero, o figliuolo di Saturne e di Rea, da questo dolce e profondissimo sonno, mentre dormito hai pi che non feee Epimnide, risuscita la lua saetta dia nuoyo;

52 ed accendendola Etna, e facendo un gran fuoco, fatti scorgere nello sdegno per quel robusto e giovane Giove, quale, se non mentiscoti dimostrano le favole, no, che di te e della sepoltura tua si narrano dai Cretesi. Gio. Chi o Mercurio, costui che gracchia mai, alle radici del monte Imetto nelFAttica, si forte pieno nel monte

di sucidume, inculto, e cinto di pelli, e parmi che standosi a capo chino zappi la terra? Questo pettegolo ed au dace dee senza duhbio e&sere filosofo, perocche non si scaglieL-ebbe altri contro E che non di me con si empie parole Merc. conosci pi, o padre, Timone di Echecratide colittese ? egli si desso che molte volte ci banchetto con abbondevoli sacrifizii e che, non ha guari ricco, tante volte quante eravamo soliti celebrare la tua festa, sacrificava cento bovi. Gio. Ohi! qual cambiamento! questi e quell' uomo quel ricco che aveva tanti amici? qual disgrazia mai gli avvenuta, che ora e si squalcome aplido, 'misero e prezzolato lavoratore, dabbene, ? Mere. Lo pare da quella zappa che ha in mano ha condotto in questi termini, a parlarli improla sua bont, la sua cortesa e la priamente, sua compassione verso tutti i bisognosi, owerp la per usare parole pi vere., la sua ignoranza, ed il suo poco giudizio verso sua dabbenaggine, gli amici, non conoscendo che dava a mangiare il sub ai corvi ed ai lupi. Che anzi essendo mangiato

:),') il fegato da tanti avoltoi, davasi a rredere che fossono suoi amici e benevoli e che di vivere alper amore di lui si compiacessono al meschino le sue spalle. percio costoro fino Spolpandolo anche la midolla, lo alle ossa, e succhiatagli hanno di poi lasciato secco e tagliato dalla cima ne ed ora pi nol conoscono, fino alla radica, e perche mai? per non "si degnano di guatarlo: dargli il minimo soccorso ed aiuto. Per tale cagione lo vedi colla pelliccia e colla zappa, abbanlavora la donata avendo la citt per vergogna, contro i malvagi, terra per vivere, sdegnandosi che, divenuti ricchi pei suoi benefizii, ora superne curansi piu di sapebamente il dispregiano , re s' egli ancora si appelli Timone. Gio. Non e ne da per certo questo uomo da dispregiarsi , e meritamente 1' infelice dorrebabbandonarsi, besi, se noi fossimo simili a quei ribaldi adulatori, non curando un uomo che in nostro onore ha bruciato sopra gli altari tanti grassi pezzi di capre e di tori, di modo che parmi ancora risentime 1' odore sotto del naso. Ma te grandi brie pel grande strepito deghe che mi assediano, gli spergiuri e dei violenti e dei ladri, e per timore dei sacrileghi, i quali sono in si gran nuche non mero, e dai quali difficile guardarsi, gli occhi, lungo tempo che io non rivolsi lo sguardo sull' Attica; e spezialmente da che la filosofa e le dispute hanno cola ti lasciano voltare

;',fa. incominciato. uomini Imperocche insieme e gridando, combattendo quegli non si possono udi-

in tanto che o conviensi sedere re te preghiere; colle orecchie turate od essere consumato dal frastuono di coloro che parlano di virtu, di cose Per la qual incorporee e di altre sciocchezze. cosa non ho io potuto attend ere a nulla, ed ho dimenticato Timone, uomo per niun conto dispregeyoJe. Per, o Mercurio, togliendp teco la e la RicRicchezza, vattene a lui incontanente, chezza guidi seco il Tesoro, e rimangansi amenne si partino si tosto, due presso Timone, benefit: per sua bont gli cacci egli di casa. Delibedi poi suir ingratitudine che verso di lui e ne paghehanno dimostrato quegli adulatori, ranno il fio, quando avro rassettato un po' il fulmine, al quale sonosi spuntati e rotti due raggi, allorche con pi forza del solito Io scagliai reremo il sofista Anassagora, che persuadeva agli scolari suoi che tutti noi Iddii punto non esisliamo; e non lo potei di poi colpire perch Pecontro riclc gli pose innanzi la mano, e la saetta fuori di ogni credenza percosso avendo nel tempio di lo arse, e vi manco poco che Sar non si spezzasse affatto tra quelle pietre. pena per essi il vedere Timone poi bastante tra le ricchezze. Merc. Vedi che pur giova il gridar forte, e 1' essere temerario e noioso, non solo a coloro che dicono la loro ragione, ma a quelli Castore e Polluce,

rr :,0, ancora che fanno pregbiere agl' Iddii. Ecco che Timone di povero diverr ricco, avendo col suo pregare libero e clamoroso rivolto Giove verso di lui Che se stato fossesi quieto a zappare col capo chino, non curato zapperebbe egli ancora. o Giove, non vo' andare da coRicch. Maio, stui, Gio. E perche, o buona Ricchezza, quanPerche mi ha indo io tel comando ? Ricch, e in mille parti giuriato e posto fuori di casa, mi ha squarciato, comech io l'amassi da padre, e mi cacciava colla forca, come fanno coloro che gittano via per essere di parassili quelli che adunque da lui di nuovo data in mani di adulatori, e di puttane? Mandami, o Giove, a sappiano di tal dono esserti grati e il fuoco Ritornero

ne facciano stima, i quali mi desiderano ed avrannomi cara. Questi uccellacci marini lascia si stiano colla loro povert che antepongono a noi, ed accattando da quella la pelliccia e la zappa, contentinsi i tapinelli di guadagnare quattro soldi e non gittino cosi scioperatamente via i doni di dieci talenti. Gio. Non ne fara pi di queste Timone verso di te, perche bastantemente stato ammaestrato dalla zappa e se i suoi lombi ; non sono impenetrabili al dolore, converr ti preE tu mi sembri essere asponga alla povert. sai brontolona, che ora accusi Timone di averti e lasciatati andare attorno libeaperte le porte ramente, e non ti ha tenuta rinchiusa ed in gelosia.

56 Eppure altre volte eri tu adirata contrd dei ric* chi, dicendo che ti tenevano serrata con chiavi, con sigilli e con catenacci, che non potevi pur mettere il capo fuori alla luce, e meco ti querelavi ch' eri soffocata nelle tenehre, e che avevi attratte le dita pel continuo contare, e minacciavi di volertene fuggire da coloro avendone il destro. In somma ti sembrava dolorosissima cosa d' inzitellire qual' altra Danae in un talamo di rame o di ferro, nutricata dagli occhiuti e maliAggiungni pedanti del computo e dellausura. gevi di poi che operavano costoro fuori di ragioperche amandoti eccessivamente e potendoti godere non ne avevano il cuore, ne osavano appagare le loro voglie, essendo padroni di te, ma ti serbavano attentamente vegliando , e non rine, mai gli occhi dal sigillo e dal cateestimando di ricavare bastante vantagnaccio, gio dal possederti non solo col non goderne essi, ma coll'impedire che potessono altri goderti; siccome in alcuna stalla veggiamo fare al cane, che non mangiando esso la biada, non ne lascia e ti ridevi pur mangiare al cavallo affamato; muovendo e ci che vedi loro ch' erano scarsi e tenaci, ramente era nuovo, ch' erano di se stessi gelosi; che un cattivello di sere non sapevano intanto vidore o scalco o maestro di casa rubacchiandodel mialla barba di soppiatto, gozzovigliava gli sero e dolente padrone che consumavasi l'intiera

51 flotte numerare 1' ilsiire al fioco lume che da Un sitibondo stoppino tramandava una lucernetta Come adunque non sei tu di bocca strettissima. Ora ingiusta, che querelandoti per lo innanzi di i1 quale fa tutto si fatte cose, incolpi Timone, il contrario? Ricch. Se piaceti esaminare la verit vedrai che giustamente io da amen due sono perocche questa prodigalita di Timoaggravata, io 1' ascriveva a poca cura ne ragionevolmente ed amore di toe; ed all' incontro coloro che mi tenevano serrata sotto chiave nella osciirila, procurando che io divenissi pi grassa , pi palFuta, e pi corpulenta , ne toccandomi essi, ne metin luce perche niuno mi vedesse, pazzi io gli reputava ed iniqui, che, non avendo io fatta loro alcuna ingiuria, mi tenevano tra tanti ceppi rislretta a marcire, e non sapevano che tra poco se ne andrebbono e mi avrebbono lasciata ad tendomi che per me diventerebbe beato. Non lodo adunque io coloro, ne questi altri che sono verso di me si servizievoli, ma quelli si bene che ottimamente nendomi domivia. ve, se con misura, non tedel tutto ristrelta, n del tutto gittan! o GioImperocche considera per Dio prendesse uno per legittima moglie una donna e bella, e di poi ne la guardasse, mi sanno usare altro

giovane ne n' avesse affatto gelosia, lasciandola and are a suo piacere il giorno e la notte, e conversare con chi ne ha voglia, e la conducesse ajizi egli

58 medesimo ed aprendo le porte facesalFaduIterio, se esso stesso il rufliano col chiamare la gente, si parrebbe mai che l'amasse costui? Io sono certa,o Giove, che tu che sei stato molte volte innamorato dirai che no Se di poi altri menasse una donna libera in matrimonio per p rocrearne figliuoli legittimi, e non toccasse poi egli la vigorosa e bella che altri pure la guarfanciulla, ne permettesse dasse, e rinchiudendola lisse vedova e sterile; dimostrandolo amarla, la secchezza chi non direbbe che inzitelpretendesse ed affermasse quindi di dal colore del volto, daldelle carni e dagli occhi incavati, essere

che propazzo costui, crear dovendo figliuoli e godere del matrimonio, mandasse in perdizione una si bella ed amabile donzella, quasiche nutrisse in tutto il corso della sua vita una vittima a Cerere? Di questo io pur che sono da alcuni indegnamente mi querelo, presa a calci, spogliata e gittata via, e sono da altri tenuta tra ceppi come uno schiavo fuggitiGio. E a che sdegnarti per costoro ? non vo stanne portano eglino per avventura la pena, done alcuni a bocca aperta ed asciutta vicino ah 1' oro, ne mai come Tantalo bevendone ne mane ad altri venendo rubato il cibo dalgiandone, Ma vanJa gola, come a Fineo dalle Arpie? ne oramai di buona voglia che ritroverai Timone migliorato di senno Ricch. Eh si rimarr giammai , che cerca consumarmi, egli come un cestello

59 dal quale io esco come vi entro , foracchiato, mentre dubita che troppo crescendo io non lo Talch parmi d' infondere 1' acqua nel affoghi? il tempo, perch vaso delle Danaidi, perdendo e prima che l'acqua vi entri il fondo non tiene, si sparge fuori , essendo piu larga l'uscita che l'entrata. Gio. Or via se non turer egli con diligenza e'se ne riquei buchi, uscendone tu prestamente, marra colla feccia del vaso, ritornandone alla pelliccia e alIa zappa. Or andate intanto ed arricchio Mercurio, di condurmi telo, e tu ti ricorda, al ritorno i Ciclopi dell'Etna, acciocche aguzzino e rassettino la mia saetta, che ho bisogno di atostoch sar bene appuntata Merc. doperarla, o Ricchezza; ma che e, che tu zopAndiamone, che olpichi? non mi sapea, o donna dabbene, tre all'essere cieca fossi ancora zoppa. Rieck. Io non lo sono sempre, o Mercurio , ma quando debbo andare ad alcuno mandata da Giove, non so per qual modo mi sento essere stanca e zoppa, talche a fatica arrivo al termine del mio ed il pi delle volte essendo io per cammino, via, chi mi aspetta s' invecchia Quando poi debbo partirmi, allora io volo e sono pi veloce degli uccelli; ed appena data la mossa, sono io gi proclamata vincitrice?, e giungo si prestamente alla meta che se ne accorgono appena gli Merc. Non dici tu il vero, spettatori perocche io potrei nominarti molti, i quali non aveano

6o ieri neppure un soldo, ed in un subito sono divenuti oggi ricchi, e con gran pompa si fanno portare in un cocchio di avorio, e non aveano pur un asino per lo innanzi di proprio, ed or vanno attorno le dita, se stessi gno vestiti di oro e di porpota, e credo che non possano ricchezze tutto con anelli ala persuadere non siano un sf-

altro, o Mercurio, perch in questi casi non vado io co' miei piedi , ne mandata da Giove, ma mi spedisce a loro rlutone, essendo ancor egli datore di ricchezze e splendido donatore, come il suo nome stesso dimostra. Quando adunque convienmi passare dall' uno all' altro, mi cacciano allora nei testae cosi mi menti, e mi sigillano accuratamente , e mi portano da un luogo con facilita, all' altro. Intanto il morto giace in alcun oscuro luogo della casa, coperto dalle ginocchia in su levano intorno le combattendogli gatte; mentre gli speranzati mi attendono in piazza a bocca aperta, che sembrano tanti rondinile ali ed il becco aspettino la ni, che battendo con vecchio lenzuolo, Quando poi e tolto via il sjgillo, rotto il riconosciuto per filo ed aperto il testamento, o nuovo padrone o un parente o un adulatore uno zanzero favorito fino da fanciullo, e che ha madre. le guance tuttora senza peli, e cosi per le molte e diverse contentezze che porse al morto da giovanetto, ne riceve ora il valente uomo si degna

che quelle Ricch. Questo

6i mercede. Siasi poi chiunque di costoro, afferrandomi col testamento sen corre via, e dove prima o Tibio, ora e appellavasi Pirria, o Dromone, e lae Protarco, chiamato Megacle, Megabizo, scia gli altri stupefatti e guardantisi in volto per che dopo e veramente addolorati, maraviglia, aversi ingoiato una esca non piccola sia loro scappato dall' amo un tonno si grosso. Gittandomisi adunque tutto addosso questo uomo grossolano e di perduta speranza, che teme ancora le catene, e tiene tese le orecchie per timore che non e che adora il sopravvenga alcuno e lo batta, forno come fosse un tempio, in poco tempo diviene tanto insolente, che non puo pi vivere see frusta i co persona, ed ingiuria i cittadini, servi compagni per far prova se gli permesso di farlo. E cosi si comporta, nnch s'imbatte in qualche puttaneUa, o che s' innamora di caovvero dassi in preda agli adulatori, i quali. giurano che e pi awenente di Nireo, pi nobile di Cecrope e di Codro, pi savio di yiisse e pill. ricco di sedici Cresi insieme; e spaccia cosi il mescbino in un attimo la roba che procacciossi a sudori con mille spergiuri e con mille frauvalli, di e rapine. Merc. Tu parli schietto e dici le cose come le avvengono, ma quando ne vai tu coi tuoi piedi, in qual modo essendo cosi cjeca ritrovi la via o come riconosci quelli a' quali Giove ti marida. giudicandoli degni di arricchire?

62 Rieck. E credi tu che io gli ritrovi ? Merc. Per Dio! credo bene che no, imperocche, non curato Aristide, non ti attaccheresti a Callia od Ipponico. ed a molti altri Ateniesi, che non vagliono pure un quattrino. Ma in qual modo ti contieni quando sei mandata? Ricch. Io vo cercando in qua in l finche mi abbatto a caso in alcuno, e colui che il primo duce via e rende a non isperato ha questa ventura mi conte grazie, Merc. guadagno. o Mercurio, del adunque Giove

credendo ingannato , ch' egli giudica degni o buon meritamente, sono cieca, mandami si trovano

coloro , E di essere ricchi. Ricch. Dio; che sapendo che io a cercare uomini che non

che tu arricchisca

nel mondo, e che e gia lungo teme sono si rari che po che piu non ne nascono, una lince. non si leggiermente gli discernerebbe Ed essendo nelle citt i buoni malvagi in gran numero, te mi abbatto in questi ultimi ed incappo nei 10ro lacci. Merc. Ma quando poi tu gli abbandoni, in qual modo, non sapendo la strada, ti fuggi cosi TeIocemente? la vista Ma mi di di pi, di gambe, Ricch. acutissima In questo e velocissimi solo caso ho io i piedi. Merc. essendo tu cieca, e si pallida e tarda che in te hanno fiso ed i pocbissirni, pi facilmengirando,

in qual maniera poich conviene dirlo,

hai tanti amatori, lo sguardo e si estimano felici di poterri avere, e se nol possono rinunziano alla vita? E ne ho

63 di te, che non pochi si imbertonati non avendogli tu pur voluti guatare una volta si sono da pietre altissime vedendosi dispregiati Del rimanerile gittati nel profondo del mare. io so bene che tu stessa confesserai che costoro eonosciuti sono pazzi furiosi, che si disperati si mostrano E credi tu che mi vegper tale amante. Ricch. falto di sono e cieca quale zoppa gano eglino gli altri difelti ? AIerc. E perche no, o Ricchezza, se pur eglino non sono tutti ciechi? ma la ignoranRicch. Non ciechi, o dabbene, e con tutti za e P inganno, che banno occupato ogni cosa, adombrano pur essi. Ed io ancora per non paal volto rere poi deforme del tutto, adattandomi una mascherina vezzosa, mi adorno di oro e di e mi cingo vesti varie e diverse, talche immaginandosi eglino di vedere una naturale belgemme, e se non mi possono avere, lezza, imbertonansi, menano smanie. Che se mi mostrasse alcuno ad essi nuda stessi, me e si sozza. Merc. Ma che quando hanno arricchito maschera del tutto, confesserebbonsi ciechi essi di cosa si deforper essersi innamorati donde ne avviene tolto Ia. e ti hanno

dal volto, si rimangono pure in errope, e chi volesse toglierla loro perderebbono anziil capo che cotal donna, mentre non pare credibile, ehe vedendo tutto ci che tu dentro occulti, non si accorgono che la bellezza tua e finta? Ricch. Quando uno mi ha una volta aperto la porta e ricevuto

64 in casa, vi entrano occultamente in mia compagma la mollezza, la superbia, l' ignoranza, l'arroganza, l'insolenza, la fraude e mille altre di queste galanEd avendo allora 1' uomo oppresso 1' aniterie mo da queste passioni, ammira cio che non dee e desidera cio che dovrebbe fuggire, ammirare, e rimanesi soprattutto stupefatto di me, che sono la madre di tutti i malanni, che sono meco entrati lasciarmi tura. in casa Merc. e piuttosto che per corteggiarlo, andare sosterrebbe qualunque disavvenCome sei leggiera , e difficile ad o Ricchezza, essere ritenu-

lubrica, fuggitiva in te niuna presa, ma svita, non presentando sciolando non so in che modo per le dita come al contrario della poF anguilla e il serpente, vert, che e vischiosa e di facile presa, e presenta mille rampini in ogni parte del cQrpo, dai afferrato, quali chi se le accosta e immantinente Ma menne puo da essi svincolarsi si facilmente tre noi una cosa stiamo cianciando dimenticato abbiamo di somma importanza. E quale? Ricch. Merc. Non abbiamo con noi menato il Tesoro, il Ricch. Non ti dar quale era il piu necessario pensiero di ci, perche io lo lascio sempre sotterra, quando ne vengo a voi, e gli comando di starsene dentro e tenere non aprire ad alcuno ce mia. Merc. Entriamo tu mi siegui tenendoti e di porta chiusa, se prima non ode la vola adunque nell' Attica, e finche al mio mantello ,

65 Ricch. Tu giugniamo alla solitudine di Timone. a portarmi per mano, pefai bene, o Mercurio, rocche se tu mi lasciassi, io forse errando mi abbatterei o in Cleone. alla prima o in Iperbolo, Ma qual suono e questo che pare di un ferro battuto su una pietra? Merc. Egli Timone che

presso qui zappa un campicello montuoso e pieno di pietre. Per dio! e vi e seco la Povert, la Sapienza, la Fortezla Fatica, la Costanza, za e la schiera tutta che si sta sotto le bandiere tuoi. della Fame, assai Ricch. Andiamcene piu animosa dei lanzi

o Mercurio, perocch di glorioso per noi con un uomo circondato da tale esercito. Merc. Giove ha pensato divert Pov, Dove so, e non dobbiamo noi impaurirci. conduci, o Mercurio, costei, che tieni per mano? Merc. Timone. Siamo noi man dati da Giove a questo Pov. E come mandasi ora la Ricchezil quale avendo io preso meco guadandolo in custodia alia Fi(osofa fatto uomo degno, costumaIn tale modo adunque sono io Poda voi, che non credete di farmi l'ho

adunque prestamente, noi nulla non tenteremo

za a Timone, sto dalLusso, ,d alia Fatica contata to e dabbene? vert torto

col pretendere di togliermi il solo bene, che io ho di costui, il quale, essendo per me divenuto virtuoso, riprendendoselo ora nuovamente e consegnandolo all' Arroganza e alVOrgoglio lo far divenire come da prima molle, Yol. I. 5 la Ricchezza

C6 insensato e dappoco, e mel rendera poscia com' una veste vile e stracciata. Merc. Tale, o Poverta, il volere di Giove. Pov. Vommene, e voi, Sapienza e Fatica, mi seguite colle compapresto costui qual buona compagne. Conoscer gnia e qual' oltima maestra abbia perduto in me. che mentre mi stava seco lui, stato e sempre sano del cerpo e savio di mente, vivendo da uomo ne attendendo ad altro, e riguardan-f dabbene, do ogni altra cosa come superflua ed inutile. ad esso. Tim. Merc. Sen vanno; avviciniamoci Chi siete voi, o maladetti, e che venite a far qui ad annoiare un lavoratore salariato ? Ma non partirete con risa ch' io vi conosco per quei ribaldoni che siete, e vi acconcero io bene con queste pallottole e con questi sas&i. lYTerc. Ristatti, o Timone, e non trarre, perche tu non percuoteresti uomini, come credi, mentre io sono Mercurio e costei e la Ricchezza, e ci manda Giove che ha udito il tuo prego, laonde accetta la felicita te, e le ricchezze, e lascia Ah piangerete voi pure, benche perche io e uomini d chiunque ciare bene i travagli. Tim. Iddii vi vantia-

e Iddii odio egualmente, ella siasi codesta cieca la vo' accon-

l'artiaio con questa vanga. Ricch. moci, o Mercurio, per dio, non vedi che cestui ed io temo che non assalito dalla malinconia? Non ci faccia egli alcun brutto scherao. Merc. ti spoglia di tanta essere, o Timene, intrattabile,

61 e, distese le mani, ricevi la asprezza e rusticita, buona ventura, divieni ficco di nuovo, ed il primo di Atene, ed essendo solo beato non curare Non ho io bisogno di pi quegl' ingrati. Tim. la zappa mi voi, non mi date percio noia: bastante nessuno inumano ! detti ? Jleco io di Giove crudi e austeri Era pur ragionevole che tu odiassi gli uomini , dai quali hai sofferti tanti torti, ma non dei odiare gl' Iddii, che prendono Cura di te Tim. io rendo, o Mercurio, grandissime grazie a te e a Giove della vostra premura, ma questa riechezaa io non la voglio Merc. E perch? Tim. Perche fummi .questa irwpas&ato eagione di milte- mali, dandomi in preda agli adulatori e suscitandomi mille insidiatori ed invidiosi, esponendomi all'odio e corrompendomi coi piaceri e colle delizie, e finalmente la traditora e spe/giura ahbandonommi in un subito. A1 contrario la otlima Povert. mi ha lenuto esercitato con travagli 10e sempre ha trattato meco con verit e lihert, ed insegnandomi a dispregiare le cos~ superflue, col travaglio mi ha aomministrato il necessario, ponendo la speranza del viver mio in me medesimo, col mostrarmi quali suno le vere ricdiezae, ehe non possono perdersi ne n per timor di per lusiogke di adulatori, bustissimi e pienamente sono felice, se ricchezza, Eh come Ie' si mi si avvicina. Merc.

63 ne per furia di popolo, ne per decalunniatori, creto di senato, ne per violenza di tiranno. Cresciutomi adunque colle fatiche il vigore, industriosamente e non vedendo questo terreno; alcuno dei mali, ch.e sono nella cilt, con questa quanto giorvanga mi procaccio tanto di pane, nalmente mi basta: per la qual cosa ritornati indietro, o Mercurio , e riconduci a Giove la Ricch a me era bastante che facesse egli chezza, lagrimare tal sorte, ti tagliati tutti gli uomini o buon uomo, per piangere, Non parlare di perocche non sono tute lascia poi questo sdeMerc. coltivo

e ricevi la Ricchezgno e queste fanciullaggini, i doni di Gioza, mentre non deono dispregiarsi ve Ricch. Vuoi tu, o Timone, che io ti dica senzach ti corrucci meco s' io le mie ragioni, parlo? Tim. Di su, ma senza digressione e proemii, come fanno quei maladetti oratori. Purch sieno brevi, io sopporlero te parole tue in grazia Ricch. Sana pur di qui presente ragione che io a lungo parlassi, assai lunga stata essendo 1' accusa tua contro di me ; e considi Mercurio che se io, come tu di', feciti ingiuria alcuna, ti sono pur stata cagione di tanti beni, siccorone ed altre delicome onori , presidenze, celebrazie. Per me sei stato in ammirazione, e se tu hai softo ed estimato dagli uomini, dera ferto danno pevole, dagli adulatori non ne sono io cole sono piuttosto stata io ingiuriata da te

69 mi hai in questa parte, perch si svergognatamente prostituita ad uomini scellerati che ti abbagliaEd d' insidie. vano con lodi e ti circondavano hai pur finalmente detto che io ti ho tradilo ace ingannato, quando potrei io meritamente cusare te di questo, essendo stata io cacciata da te per ogni modo e tirata col capo gi dalle E perche. mai in luogo della delicata finestre. veste ti ha la venerahile Poverta cinta intomo questa pelliccia? Mercurio qui presente e di poi testimonio di qual maniera ho pregato io Giove, perche non mi mandasse piu a te, che mi ti sei Guarda ora, o mostrato tanto inimico. Merc. che gi si e cambiato Timone, sicRicchezza, che sta di buon animo e restati seco; e tu, o e tu, o Ricchezza, Timone, continua a vangare, venga il Tesoro sotto dov' egli zappa, che chiamandolo ti ascolter, Tim. Conviene ube ed arricchire di nuovo : bidirti, o Mercurio, chi potrebbe fare di versamente quando lo vogliono Ma guarda in quanti malanni un'altra gl'Iddii? volta mi fai imbattere, essendo finora felicissimamente vivuto, ed ora acquistando tanta quantit di oro, bench fatto non abbia alcun male; sar nondimeno vessato da mille pensieri. Merc. o Timone, come, Sopportalo, per amor mio Gh ti sappia si duro ed insopportabile; sopportalo per far crepare d'invidia quegli adulatori, ed intanto me ne volero io in cielo dall' Elna fa che

70 Ricch. Come pare ei se ne ando, e lo comprendo dal movimento delle ali; tu intanto rimani qui, che io andandomene manderotti il Ehi dico, TeTesoro, anzi seguita a zappare, soro di oro , ubbidisci a questo Timone e lasciati togliere da lui Spingi la vanga, o Timone, piu addentro che puoi, ch io me ne parto. Via su, o vanga, or ti conviene essere gagliarda in affaticarti in cavar fuori di sotO miracoloso Giove o amici terra il Tesoro , o Mercurio Guadagnino, donde ne Coribanli, venne tanto oro? Saria mai questo un sogno ? mentre temo che risvegliandomi non ritrovi car* boni ; ma pur si e questo oro battuto, rosseggiante, pesante e nell'aspetto dolcissimo. z i O soavissimo dono ai mortali, Oro, che chiaro splendi qual fuoco '* ( Di notte e giornol. Vieni, o amabilissimo ed amicissimo. Comincio ora veramente a credere che Giove si convertisse in oro, imperocche qual donzella non spalancberebbe il seno per ricevere si bello amante che O Mida o Creso o Offerte piovesse dal tetto? voi siete ora un nulla in paragone di Timone, e neppure il re di Persia da para gonarsi alla ricchezza di lui. O vanga, o pelliccia carissima, faro ottimamente offrendovi ora al Dio Pane ed io cornprero tutto questo terreno e fab- bricher una torre sopva questo Tesoro che sia di Delfo, Tim.

71 sofficiente ad albergate me solo, e vo' che dopo Sia ferihoite questa sia pure la mia epoltura. ma deliberazione ed ultimo codicillo, fintanto io vivero, di non miscbiarmi piu con persona, non conoseere pi alcuno e dispregiare mici, gli ospiti, icompagni, Faltare Comricordia saranno per me favole e scherzi muoversi per lagrime, aiutare per preghiere sari per me una ingiustizia ed una contravvenzione degli usi. La vita mia sara solitaria come quel2a dei lupi, e l'unico mio amico sara Timone; ed tutti gli altri mi saranno nimici ed insidiatori, il conversare con essi sar per me un sacrilegio. E se mi accader per me un giorno di vedere infausto, ta dagli uomini alle statue di bronzo o di pietra, ne ricevero ambasciadori da loro, ne far treLa solitudine sar il confine tra noi. Trigua bu, popolo, cittadinanza e patria istessa sono nomi freddi e di niun val ore per me, e gli stimo ambizioni di uomini pazzi Solo Timone sia rienon si faccia stima di alcun altro, vivasi un sol uomo, sara e non far differentutti; gli adella mise-

co,

egli solo da per se stesso in delizie lungi dagli adulatori e dalle lodi com prate. Egli solo sacrifichi agl' Iddii ed egli solo festeggi lontano da tutti e non abbia finalmente legge di morire si dia la mano destra egli solo e si ponga la ghirlanda sul capo. II nome suo carissimo sia quello alcun confinante che accadendogli o vicino. Sia

7* Ie qualit dei ciostadegli uomini; mi suoi 1' asprezza e la rusticita , la inumanit e ta iracondia. E vedendo alcuno in punto di essere arso dal fuoco e che ne preghi smOrzar" 10, lo smorzero colla pece e coll'olio. E se d' inverno sar trasportato via alcuno dal flume e mi stender le mani perche io to ritenga, lo som, accio non possa mergero nelle acque pel capo di nuovo rialzarsi. Tale asino d in parete e tal Propose questa legge Timone di cratide colittese, vot nell' adunanza to Timone. Tutte queste cose sieno decreti si osservino. Avrei intanto severantemente riceve. Eche* istesso e perdi nimico

piacere che fosse nolo ad ognuno che 10 sono strandco, perche gli sia cio come di forca. Ma cosa questo eh come si toslo! Corrono per ogni dove ansanti e pieni di polvere ; io non so come abbiano annasato quest' oro. Ma che fare al pre* sente, o montando su questo abituro cacciargli o contravvenire tutti coi sassi lirando dall'alto, per questa sola volta alia legge con essi abboccandomi, percb vedendosi dispregiati maggiormen-4 te se ne addolorino? Mi par questo migliore consiglio, sicche riceviamoli, aspettandogli qui. Ma F adulatore vediamo chi il primo di tutti Gnatonide, il quale poco fa, domandandogli io una mi porse un laccio, benche pi rimunerazione, volte abbia votati in mia casa bariJi intieri di vino. Ma ben fece a venirne perche piangera prima

73 di tutti. avrebbono Gnat. Non dicea io bene, che non dirrtetiticato quel galantuomo gl'Iddii di Timone! Ti saluto, o bellissimo o dolcissimo soavissimo degli amici abbeveratore Timone, tra tut* Tim. Ti venga il canchero, o Gnatonide,

ed il pi scelleti gli avoltoi il pi divoratore rato tra gli uomini. Gnat. Tu se' sempre su te burle; dove si pranza? sono venuto a cantarTim. Se ti un ditirambo nuovamente composto. io mi ti avvicino ti faro cantare una elegia al suono di questa vanga. Gnat. Che questo, o Timone? tu mi batti? chiamo Ercole in testimonio e ti do querela di ferita avanti all' Areopago Tim, Se tu t' indugi anche un poco mi darai querela di morte Gnat. Nol fare per dio! e sanami piuttosto un po' d'oro. questa ferita, spargendovi Tim. Ed ancor ti ristai? sopra Gnat.

Men parto, poich di buon uomo sei divenuto si mancino. Tim. Chi e questo calvo che viene innanzi? Questi Filiade, ribaldissimoadulatore. Costui ebbe da me una possessione intiera, ed alla figliuola donai due talenti per premio delle,

sue lodi, perche, io e tacendosi tutti, cantando stralodommi ch' era io piA egli solo, giurando soave dei cigni; di poi essendo io ihfermo, non si tosto mi vide andare a lui per richiederla di qualche soccorso, minacciommi il valentuomo di battermi. conoscete Fil. 0 uomini Timone! senza vergogna, or voi ora e tornato Gnatonide

74 amico e compagno di bere, ma e stato cotesto tn" grato trattato com'ei meritava. Noi, bench antichi compagni , concittadini e familiari, ci comportiamo nientedimeno modestalnente, perche non sembriamo venirne fuori di tempo. Buon di, o signor mio; guardali da questi perfidi adulatori, i quali sono tanti corvi, che non si curano di altro che della tua mensa. Non bisogna credere adalcu* no di costoro; sono tutti tristi ed ingrati: io recandoti un talento perche potessi usarne nei tuoi biessendo gi qui vieisogni, seppi in cammino, no, che sei in grande e ricco stato; vengo adun* que per consigliarti, benche tu, essendo savissimo, non abbisogni dei miei discorsi, e possa consigliare anche Nestore. Tim. ma ti avvicina, ! sta mia vanga. Fil, O uomini o Filiade; Saviamente, acciocche io ti accarezzi con quemi ha rotto la nu*

ca questo ingrato, perche io consigliavagli il bene. Tim. Ecco che ne viene terzo l'oratore Demea, portando nella destra un decreto e vantandosi mio parente. Io pagai al Comune per costui sedici talenti; era gi stato condannato e posto in catene non potendo pagare, ed io muovendomi a Non a guari toccogli in compassione Lo liberai. sorte di distribuire il donativo alia Tribu erettiade, ed io facendomi innanzi per avere la parte mia, disse che non mi conosceva per cittadino. Dem. Ti saluto, o Timone, ornamento di tua famiglia, colonna degli Ateniesi e propugnacolo

75 gi assai tempo che il popolo ma ascolragunato e i due consigli ti aspettano, che ho io scritto per te : ta prima il decreto, di Echecratide colittese, Timone Dappoich ma di specchiata uomo non solamente virtu, savio e che non ha pari in tutta la Grecia, verso la citt molti beneha sempre praticato vincitore fizii ed t stato nei giuochi olimpici della Grecia. nella lotta e nel corso con una pugna, intiera e due polledri in un solo giorcarretta E come ? se io non fui mai a vedeno. Tim. re i giuochi olimpici? Dem, Non importa tu li alle vedrai un'altra te di queste a pro della patria presso di Acarne samente e tagliato a pezzi due schiere di Peloponneche io per non aver armi sii. Tim, Guardati volta, e buono di aggiungere molcose; che ha combattuto genero-

non fui posto nel ruolo. Dem. Tu parli modestamente di te, ma saremmo noi ingrati a non ricordarci di te Di poi scrwendo decreti e coneserciti non poco giovo sigliando e conducendo alia repubblica Per tutte queste cose piace al senato ed al popolo ed agli Eliei delle Tribii in particolare ed a tutti uniuersal mente che debbasi innalzare a Tinone una statua di oro presso quella di Minerva , nella Rocche abbia il fulmine nella destra ed i ca, raggi sctte sul capo. Sia di poi egli coronato corone di oro , e tale coronazione con sia ed alle Tribu

76 dai IlU()..,itragici nellefeste di Biicm. pubblicata che si celebreranno quest' oggi per onore di lui. Demea, parenPropose questo decreto l'oratore te prossimo e discepolo di Timone, perocche k Timone ottimo oratore e sa fare qualunque egli vuole. Questo il decreto fatto per te, io volea di poi anche condurti il figliuolo mio, che dal tuo nome ho nominato Timone. Tim, E in qual modo, o Demea, che per quanto io mi sappia, tu non prendesti mai moglie? Dent. Io la torro piacendo a Dio l'anno venturo, e procurero di avere figliuoli, ed al primo ne nasceTim; r, che sia maschio, porro nome Timone. Ma io non so se tu pi torrai moglie, riceVen' do da me si fatta mazzata. Dem. Ohim e che questo? tenti di divenire tiranno e batti gli uomini liberi, non essendo a diritto ne libero ne cittadino: ma pagherai ben tosto il fio di questo e di altri delilti, come pure di avere incendia0 ribaldone, to la Rocca. Tim. nella Rocca chiaro ad onon v' e neppure fuoco acceso ; Dem, Tu sei gnuno che tu sei un calunniatore. ricco, perche hai sconficcato 1' Erario. Tim. Cio che tu narri non verisimile, perche Dem. Sara non 1' Erario punto sconficcato. divenuto di poi, e tu hai tutto cio ch' era l dentro. Tim. Prendine adunque anche un' altra. Dem. Ahime le mie spalle! Tim, Non gridare sconficcato che ti misuro la terza, perocch sarei veramente cosa

77 , se avendo senz' armi tagliato a peznon potessi anzi due schiere di Lacedemoni , nientare uno scelleralo omicciattolo ; ed avrei varidicolo vinto in Olimpia alle pugna e alla lotta Ma chi e quest' altro ? pare Trasicle il filosofo: certamente egli e desso a quella lunga barnamente ba ed a quei ciglioni distesi: viene tra se bore scuotene guata gigantescamente, bottando do le chiome rea e Tritoni sopra dipinti la fronte rassembra da Zeusi. Costui quei Boche sem,

si nel portamento bra nell' aspetto si temperato, avea una mattigrave e nel vestire si modesto, na disputato assai sulla virtu, biasimando coloro che compiaccionsi galit. Essendosi delle voluu, e lodando la frudi poi lavato ne venne a cena, posto il fanciullo una gran tazza, grado amante

della purita, quasi bevuto avesse l'acqua di Lete, dimostrava effetti contrarii alle parole della mattina, abbrancando le vivande come un uccellaccio di rapina, ed urtando il vicino coi gomiti , imbrodolandosi tutta la barba e cibandosi a grugno basso a modo dei cani, quasi sperasse di trovare la virtu nel fondo dei piatti: e perch non vi restasse un po' di savore, raschiava diligentemente le scodelle col dito; sernricercando inutilmente pre le vivande tolte di tavola, bencbe solo si avesse innanzi una focaccia ed un porco intiero , e secondo e proprio dei golosi e degl' insaziabili,

ed avendogli perocche in sommo

78 ubbriacandosi e sollevandosi, non solo saltava e eantava, ma andando in furia dicea ad altrui villania; e col bicchiero in mano assai chiacchierava, e soprattutto sulja temperanza e sulla modestia, cosi comportavasi cotto dal vino, ridicolosamente balbettando Finalmente fu da alcuni portato via dal convito di peso, mentre con amendue le mani afferrato avea una suonatrice di flauto. Quando poi egli sobrio, non la cede ad alcuno per menzogna, avarizia ed audacia; e spezialmente adulatore sfacciato, prontissimo a sperLa fraude gli va innanzi e la imprudengiurare za lo siegue. In somma egli si un uomo molto astuto e sottile e perfettarnente doppio Egli dunque dee piangere, perch6 la sua bont e tutta finta. Qual meraviglia che ne sei venuto, o Trasiele, si tardo ? Tras. Io non ne vengo a te per la cagione che ne sono venuti tutti questi altri, i quali sono accorsi sulla speranza delle ricdell' argento e dell' ora e degli splenchezze , didi pranzi, col mostrarsi fervidi adulatori verso di te che sei uomo semplice e che volentieri fai agli altri parte del tuo Tu sai bene che basta a me pel mio pranzo un pezzo di biscotto e che per me giocondissima vivanda il timo con un poco di cinnamomo; e quando voglio gozzovigliare, vi pongo una pizzicata di sale, e mi porge il bere la fontana dalle nove cannelle Queslo mantello stfacciato mi e piu caro di qualunque

79 porpora, e Foro nonlo tengo in piil valore del!e pietruzze che si trovano nel lido. In grazia adunque di te solo mi sono qui portato, perch non ti lasciassi vincere da questa malvagia e traditora ricchezza, la quale molte volte stata a mali. E se vuoi fa* molti cagiona d'intollerahili re a mio senno, gittala tutta nel Sendo per nulla necessaria all' che pu conoscere le ricchezze Non gittarla per in alto mare, mare, non esuomo dabbene, della Filosofia.

ma deponila in presenza di me solo un poco lungi dai flutti , dove ti giunga l'acqua fino alIa cintola. E se tu falla meglio, spargila per quanto vuoi far cosi, puoi fuori di casa e non ritenerne presso di te neppure un quattrino , e distribuiseila a tutti coloro che ne banno bisogno, a cbi cinque dramroe, a chi una mina, a chi mezzo talento. E se tra questi ci sia alcun filosofo, dovr averne giuparte doppia e tripla. Quanto a me, mentre io non domando per me, ma per sovvenirne i compagni miei, baster che tu mi empia codesta sacca che non porta pi di ottocento libre. Conviene che un uomo filosofo sia misurato e modesto, e che non desideri al di la della sacca. sicle. Tim, Lodo ma innanzi la tua modestia, della sacca lascia o Trache ti stamente

riempia il capo di pugni e ti misuri un po' colla vanga. Tras. 0 governo popolare! o leggi! battuti siamo da un ribaldaccio in una citta

8o Ache ti corrucci, o buon Trasicle ? ti ho per avventura mal misurato? Io ti aggiugner adunque altre quattro canne oltre la solita mi, libera! Tim. questo che io veggo? ne vengono molti insieme, Blepsia, Lachete, Gnifone ed un intero stormo che vogliono piangere. Ma ormai tempo di lasciare riposare la vanga, che dee omai e raccogliendo quantit di ben essere stanca, pietre montare su questo sasso, e scagliarle lo^ ro addosso come una grandine. Blep. Non trarre, o Timone , che noi cen pavtiamo. Tim. Non sura pero senza sangue e ferite. Ma cos'e

81 L' O LA ALCIONE

TRASFORMAZIONE.

ARGOMENTO Questo Dialogo attribuito teneo e Laerzio testimoniano filosofo accademico, za dallo stile duro e senza e severo a Luciano, Aessere di Leone tale testimonian-

chiaro scorgesi non essere di lui. Avrei tralasciato tradurlot ma, come ho gia detto nella Prefazione, prodi dare quanto si legge nelposto essendomi r Edizione greco-latina di Amsterdam di Femi forza di non mancare a Retzio, e lo stesso avvsrra di quanto ho promesso, molti altri componimenti, che bench leggansi derico e nei Codici di Luciano, non sono di lui. Comechb di poi sia questo compoun bellissimo nimento di altri, nondimeno nel quale magnificamente si disputa Dialogo, sulla did' Iddio, potenza e sulla grandezza mostrando Socrate che a Dio ogni cosa possibile e che noi non possiamo percepire coll'intelletto le cagioni delle operazioni di lui, e che la forza istessa dclla natura, la quale e d'assai a lui inferiore, sembra a noi, che ogni cosa misuriamo dai sensi, operare in alcune cose l' impossihile. L' occasione del Dialogo Vol. I. 6 nell' Edizioni

82 tolta dal canto dell'Alcione, uccello marino, e la disputa che di questo ucceldalla favola, lo raccontano i poeti. - SoCRATE. CHEREFONTE o Socrate, che ne vieQuesta voce, ne a noi dall' alto del lido e da quel promone chi mai quetorio quanto soave all'udito! sto animale che cosi favella, perocch quei che non hanno voce ? Socr. un vivono nell'acqua uccello marino, o Cherefonte, che nomasi Alcione, assai tristo e doloroso, del quale hanno gli uomini finto un'antica favola, e dicono che essendo questo gi donna e figliuola di Elleno, per amichevole trachinio desiderio dell'astro piangendo la morte di Ceice Lucifero giovane suo mariCher.

to, avvenente figliuolo di avvenente padre, per non so che volere divino sopravvenendole te aIi, volasse a modo di uccello in sul mare in cerca di lui, dappoich, peregrinato avendo tutta la terra, non lo avea potuto trovare. Cher. E dun que l'Alcione questo, di cui parli? Io non avea mai per lo innanzi udito la sua voce e mi giunse nuova del tutto, e manda fuori questo animale un Ma mi di, o Socrasuono veramente lugubre Non grante: quanta e la sua grandezza? Socr. de, ma grande e il premio che ricevette dagli Iddii per l'amore maritale, imperocche quando fa

85 il nido, chiamansi nel mondo alcionii quei giorni, che nel mezzo inverno sono notevoli per la Non com' spezialmente serenit, quest' oggi sened il mare vedi come il cielo e sereno, e simili per cosi dire ad za flutti ed in calma, il Cher. Dici bene, uno specchio? imperocche lo alcionio e ieri essere sembra d' oggi giorno Ma per gl' Iddii ! conviene poi fu egualmente le donne che anticamente o Socrate, credere, divenissero uccelli, e gli uccelli donne? mentre le cose sia questa la pi. imdi cio che possibile. Socr. Carissimo Cherefonte, si puo e non si pu sembxiamo noi essere del tutto giudici incompetenti, perocche giudichiamo parmi che di tutte ch' ignorante , la possibilila umana, e cieca; e molte cose appariscono a menzognera noi difficiIi, che in fatto sono facili, e facili le difficili. Ed a molti cio accade per ignoranza, secondo ed a molti per fanciullezza di mente Imperocche sembra veramente ogni uomo essere fanciulessendo breve in lo, comeche sia ben vecchio; ogni et e simile alla infanzia la vita dell'uomo. E chi mai, o buon uomo, non conoscendo le forze degl' Iddii e dei Genii, sar buono a dire come .possono o no esistere queste cose? Vedesti, o Cherefonte, qual era lo inverno tre giorni fa; e se lo ricordi fra te, ti verra ancor timore di quei tuoni, di quei fulmini e di quel grande, impeto dei venti, pei quali creduto avrebbe

Si ognuno che dovesse tra poco la terra tutta cadere. E pure in poco di tempo qual meravigliosa diversita non offre la sereni t e la quiete presente del cielo! Quale adunque tu stimipi difo da quello sconvolgimento ficile impresa e da dai quali sembrava appena potere quel turbini, la terra, renderla ora tutta tranquilla sfuggire o trasformare in piccolo uccellino e serena, una donna ? sanno E che? Se i fanciullini tra noi che la creta o la cera, modellare, prendendo di leggieri di quella stessa materia fanno e rinatura; e non crederemo che a Iddio, e tanta potenza che possiede tanta eccelnon punto paragonabile aiqueste cose uno scherzo ? tutto il cielo ti

fanno molte forme di differente lenza le forze nostre, sieno tu indieare Potrestimi sembri

E chi degli uomimaggiore cio ed a spieni, o Socrate, verra a comprendere garlo coi detti, perocche non questa cosa da E non vediamo di poi poterne discorrere? Socr. che paragonandosi gli uomini insieme offrono gran di forze e di debolezza, perocch P eta dell' uomo paragOnata ai fanciulli lattanti, nati. di cinque o dieci giorni, presenta una notevole difdifferenza fePnz di debolezza e di forze in quasi tutte le azioni della vita ed in tutte quelle arti che compionsi o col cbrpo o colla mente, le quali e chiaro-che non pbssono neppure cadere in pensiero, come gia ho detta, ai teneri fanciulli. Quanto.

quanto di te? Cher.

85 hnmensamente la robustezza e la forza di un sol fache ne vincerebbe uomo adulto gli supera, cilmente egli solo molte migliaia! L' et bisognosa di tutto ed incapace di operare sovrasta dal Si grancominciamento agli uomini per natura de percio essendo, come apparisce, la differenza tra uomo e uomo, cosa estimeremo noi che tutto insieme il cielo sernbri paragonato alle nostre forze a coloro che valgono a contemplarlo ? Apparira forse ragionevole a molti cne quanto la grandezza del mondo supera e di Cherefonte, tanto ancor za, la sapienza e lo ingegno colt nostre. Adunque ed a la forza di Socrate di ragione la potenne sopravanzi le fate ed a me e ad al-

tri molti simili a noi molte cose sono impossibili, che ad altri riescono del tutto facili, come trombettare a chi non trombetta, e leggere e scrivere a chi illetterato e non conosce i modi cosa nientemeno difficile quandell'eloquenza to degli uccelli far donne, e delle donne uccelli. La natura' accogliendo in un alveare un animale senza piedi e senz' ali, adattandogli e piedi ed ali, e riabbellendolo con molta variet e bellezza di colori produsse l'ape, sapiente fattrice del mele divino; e dagli ovi muti ed inanimati molte razze produce di uccelli, di pesci, e di rettili, adoperando a cio com' tradizione, la savia opera del grande etere. Essendo adune noi mortaIi que si grandi le forze degl'Iddii,

Su ed inetti, e che non possiamo non solo scorgere le grandi, ma neppure le piccole cose, e che ci tapiniamo anche in molte di quelle che ci accadono da vicino, non varremo certo pusilli a parlare ne degli alcioni, ne dei La tradizione della tua favola, quale a rosignuoli. noi la lasciarono i nostri padri, tale la tramanai miei figliuoli, o lugubre uccello, e sovente celebrero il santo e cordiale amor tuo verso dero il marito; edalle consorti mie, Santippe e Mirtoide, narrando assai cose di te, raccontero pue farai ricfevuto liai dagl' Iddii. re quale onore il medesimo. Cher. Cio o Cherofonte, tu ancora, o Socrate, ed i tuoi detti doppiamente esoil .no a ravvicinarsi insieme i mariti e le mogl; Socr. Saluta adunque Alcione: e omai e decevole, tempo che da Falerico ci avviamo verso la citt. senza indugio. Cher. Andiamone con sicurezza affatto

81 PROMETEO O IL CAUCASO

ARGOMEMV i poeti , favoleggiano e sacrificadi Iapeto di Titano, fu figliuolo to avendo a Giove due tori, nascose sotto la Prometeo, secondo pelle delC uno tro le carni , egli scelsesi dio per simile quella delT aled ojfertane a Giove la scelta , le ossa Talchb sdegnato lo Idle ossa e sotto

ni , ma fu meteo. che anim con esso V uomo, che fabbricato avea di terra Giove, scoperto il fura Mercurio di legare Prometeo to, comando con catene di ferro sul Caucaso, monte di e mand poi un' aquila e due avoltoi Seizia, a pascersi argomento dulit dei del suo fegato. da questafavola, Togliendo bejfasi Luciano della cre-

tolse il fuoco gli uomifrode, di nuovo rubato nel cielo da Pro-

che prestavano fede a siGentili, Nel comporre codesto Dialogo pamill inezie re avesse egli in mente la tragedia di Eschilo il Prometeo sembra che perocch legato, ne abbia tenze, egli qui riportate Ie pi belle sen-

88 PROMETEO MERCURIO, VULCAIVO, ) Merc. Ecco o Vulcano; qui il Caucaso, ove ci converr legare questo sventurato Titano; cerchiamo pertanto una qualche roccia adattata e che sia senza neve, accio le catene vi reggano piu tenacemente e sia egli vislo pendente o Mercurio, peda ognuno. Vule. Cerchiamola, rocch non conviene porlo in croce, ne in luogo basso ed ottuso, ove possano aiutarlo gli uomini modellati da lui, ne in sull' ultime cime, che sia invisibile a quei di sotto Ma se ti pare sospendiamolo qui in mezzo sopra questo profondo colle braccia distese dall' uno all' altro laDici bene: queste pietre sono scoscese ed inaccessibili, e dall'una e l'altra parte leggiered il sasso di sotto si rimente si abbassano, stretto che appena vi si pu reggere in punta di piedi, e questa 6 una croce che sernbra propriato. Merc, mente fatta al caso nostro Non indugiare adune salisci, e ti presta ad esseque, o Prometeo, re inchiodato alia roccia. Prom. Deh, o Vulcaabbiate compassione di me che no, o Mercurio, senza colpa sono infelice. Mere. Tu di' , o Prometeo , che ci muoviamo di te a compassione, acsoffriamo cio non obbedendo al comandamento, di poi noi in tua vece la pena; e che? Non parti il Caucaso bastante , che ne capirebbe inchiodati

89 e tu, Via su, stendi la destra , la inchioda e batti. forte il martelo Vulcano, lo Qua l'altra : rinserra bene anche questa. Sta Tra poco volera 1*aquila che dee a meraviglia in manchi nulla si accio il guiradergli fegto, anche altri due derdone Saturno del tuo bello e savio modello. Prom. 0 che soffro io sveno Iapeto o Terra , Merc, turato, nulla commesso avendo di male! o Prometeo, Nulla di male hai commesso, che, delprimamente affidata essendoti la distribuzione

e con tanta frode la fale carni, si ingiustamente cesti, che prendendoti per te 4e pill belle, ingannasti Giove colle ossa. coperte di bianca care mi ricordo bene dei detti di Esiodo tilagine, su eio. Modellasti di poi gli uomini animali acE linalmencortissimi e specialmente le donne te rubasti il fuoco, preziosa propriet degl' Iddii, e lo desti agli uomini. Ed avendo commesso tanti mali, affefmi di essere legato a torto? Prom. E' mi sembra, o Mercurio, che tu secondo il poeta incolpi un uomo senza colpa, e proferisei a mio svantaggio cio, per cui sarei io degno di essere alimentato nel Pritano, se si. rendesse giustizia. mi diChe se tu ne hai agio, volentieri fendero teco dalle accuse, e ti mostrerp che ha Tu Giove ingiustamente giudicato contro di me ,

se' garrulo ed usato alle triche del foro; pero prendi la difesa di lui, e prova che fe' giustampnte a crocifiggermi presso queste porte caspie nel

go Caucaso, a perche fossi spettacolo miserissimo tutti gli Sciti. lJilerc. Questo contradditorio , o sar inutile e non servira a nulla, Prometeo, ma pure di su, perocch ci converr rimanere qui lintantoche volera 1' aquila che dee aver cura del tuo fegato. In questo mezzo che noi aspettiamo non sara male che impieghiamo il tempo , ad udire un poco sofisticare, mentre tu sei in Prom. Primieogni discorso bene addestrato ramente di tu adunque, Mercurio, ed accusami con quanta forza tu sai, ne dimenticare alcuno dei diritti del padre tuo , ed io scelgo te, o VulVulc. Oibo ! Sappi che cuno, per mio giudice. mentre rugiudice accusatore, bando tu il fuoco mi lasciasti freddo il cammino, Prom. Or via, divisa 1' accusa, tu paila del furto, e Mercurio mi accuser della creazione dell' uomo essere parlaVulc. Mercurio parlera per me, tori invincibili. io non sono tagliato pei discorsi forensi, mentre mi travaglio sempre intorno il cammino, ed in queste cose egli assai piii di me sofficiente ed esperto Prom. Io non mi credea che volesse Mercurio parlare del furto, ne rinfacciarmi tal cosa, essendo Ma se anche su questo egli dell'arte. e ormai o figliuolo di Maia mi vuoi attaccare, , Convertempo che incomincii 1' accusa. Merc. rebbe, o Prometeo, compilare un ben lungo della distribuzione mendue artisti e sembrate e delle carni: siete aamendue io ti saro anziche

91 diseorso, e sofficientemente essersi preparato contro le azioni tue; bastera nonGlimeno accennare per ora soltanto i capi dei -tuoi Ideliui, che avendotu presieduto alia divisione delle carni, serbasti le piu belle a te siesso ed ingannasti il re ; dei quali non vi era gli uomini, a lo e rubando a noi il fuoco, portasti bisogno; loro E parmi per tutte queste cose tu non comprenda quanto stato verso di te G iove clemenche modellasti te e benigno. Se tu di poi negassi di averle commesse , converr farsi da capo e tessere un lunso discorso e tentare che per quanto sia possibile si dicbiari la verit: se di poi affermi di aver carni, di aver trovato il modo di fabbricare gli uomini e rubato il fuoco, e non vi gitsei da me bastantemente accusato ; tero piu parole, mentre parrebbe che io volessi fatto la divisione delle Prom. scherzare , sieno uno scherzo affermando Se queste cose che hai detto lo vedremo fra poco, intanto tu essere bastanti le allegate, tente-

r per quanto posso sgombrarle, e primamente ascolta in sulle carni; e corpo del cielo! in riandare tai accuse mi viene vergogna di Giove ch' e di natura si rimesso e meschino, che perch nella porzione sua ritrovo un piccolo ossicino, mandi percio al martorio uno , ch' pur vecchio non pi ricordevole dell' alleanza, ne pi Iddio, riflettendo alla cagione dello sdegno, e quanto sia puerile 1' adirarsi e arrabbiarsi che non abbia egli

9* ricevuto la porztone piu grossa. E queste si fatte trafelarie di tavola io avviso , o Mercurio, che non istia bene averle in memoria, e che se pure siasi peccato porne varne tra piatti debba tenersi per giuoco, e delo sdegno nello stesso convito. II conserodios

e tenere ricorpensare all'ingiuria do del passato non si conviene agl' Iddii, ne aziorie da re Imperocch s.e si tolgono dai con-

viti simili sollazzi di burle; di scheizi e di riche la uhbriachezza, sa, non vi rimarra altro la voracit ed il silenzio, cose funeste e non liete e che mal si confanno ad un convito. Laonde non avrei mai io immaginatd che se ne fosse Giove ricordato il giorno di poi e molto meno che si fosse di questo tanto sdegnato, e si stimasse <3i sofferto torto si grave, perche dipartendo alcuno le carni fatto avesse prova per ischerzo se chi scegliea sapea conoscere il meglio. Figue il fatto anche pi grave, rati, o Mercurio, averne a Giove la minor parte, ! bisognava adunque ma toltala tutta; e che mai mischiare cielo per cio. come dice il proverbio, alle alle catene, e terra, pensare al Caucaso, che non avessi io dato croci, spedire aquile e fare il fegato a pezzi ? diIntendi bene che queste cose pienamente mostrano gran debolezza di mente in chi si e leggerezza nell' ira. irragionevolezza sdegna, un intiero E che avrebbe mai fatto perdendo hue, se per pochi pezzi di carne s' infuria in tal

93 di poi mostransi in si fetti casi che parrebbe che dopiu ragionevoli gli uomini, .vrehbono essere piu. degl' Iddii portati allo sdementre non bavvi alcun di loro cbe congno; le cardanni il cuoco alia croce, se cuocendo modo? Quanto il dito ne abbia gustato un po' di alcun pezsugo e ne abbia anche assaggiato e se pure si sdegnano, zo, ma perdonangli : la fmiscono al pill con qualche pugno o con ni, immersovi al supplizio sopra le carni, per le quali, se lo a me, assai Veniam_Qne n"& pill a lui vergognosa l'accusa. ora a parlare del modello col quale io formai questo una doppia ac.., gli uomini, e presentando in qual paute pi cusa, io non so, o Mercurio, mi volele colpevole , se in quella che non convema affatto formare meglio come erano 1' altra che convena gli uomini e Iasciargli terra informe, ovvero pel nelqualche guanciata, to da essi alcuno e non per questo mandaE questo basti

ma in tutto altro formargli, diverso modo di quello sono , Io parler insiemee piimieramente mente sopra amendue, mi sforzer di mostrare che avendo avuto gli uomini vita, non da ci venuto alcun danno agl' Iddii, dappoich e stato cio ad essi di pil vanche se fosse taggio e guadagno universalmente la terra rimasa e deserla e non abitata dagli - uo.. mini. V' era adunque anticamente (imperocch sara con ci pi facilmente chiaro se io ho evrato

94 fabbricando gli uomini ) v' era dico la sola celeed era la terra un non so ste razza degl' Iddii, che d' incolto ed informe, tutto pieno di boschi e di solitudini

Non vi erano ne altari, ne tempii degl' Iddii , 516 statue, ne idoli, n altre cose si con fatte, quali di gi per ogni dove appariscono somma diligenza onorate A me che sempre conal comune, e vo scanla potenza degl' Iddii, e di far che abbiasi ogni cosa bellezza e decenza, venne in pensie.ro che saria ottima impresa, se togliendo un pochettino di creta composti avessi alcuni animali, che nelle forme modellati fossono sirnili a noi; imperocch io avvisava che mancasse alcuna cosa agl' Iddii, non avendo conessere trario, pel quale chiaramente apparisse essi assai pi beati, e percio volea che questi ma d' al tronde fossono prudenfossero mortali, e sapessono ben distinguere 1"ottimo Per la qual cosa, secondo il discorso del poeta, mied ammollatala modellai schiata acqua e terra, e chiamai Minerva perche mi aiugli uomini, tissimi nell' opera. Queste sono le grandi cose che e vedi poi Al ho io commesse contro gl' Iddii, della creta feci animali e gran danno, nerch tasse diedi moto a cio ch' era immobile; xjuesto gl' Iddii rneno che Iddii, in terra alcuni animali mortali; imperocche Giove si adira come se per la razza degli uomini e sono per perch esistono .siglio alcuna cosa utile di accrescere dagliando

95 se pure" per avventura non teme che congiurino di ribellarsi contro di lui e che come i giganti non Ma e chiaro, o Merfacciano guerra agl'Iddii. curio, che in nulla ne da me ne dalle mie azioni siete stati ingiuriali e dimoslralo se pur puoi nella minima cosa, che io tacerommi e confessminuito avessero di condizione gl' Iddii; sero di essere comprenderai se agl' Iddii, terra solitaria di colti navigli, E giustamente gasligato da voi essere queste cose piu vantaggiose considererai non piu essere la

tempii, bocche degli uomini per tutte le vie e per tutte te piazze il nome di Giove. Che se per me solo mi fossi creato tal bene, ben mi si converrebbe la taccia di avaro , ma non ne ho io forse fatti voi tutti partecipi ? E non si vedono anzi per , di Apollo, e tuoi, o ogni luogo tempii di Giove e niuno se ne incontra di mio? OsserMercurio, va adunque in qual modo io sia pronto sul mio , e come avvilisca ed inganni il comune, Ma dammi , o Mercurio, ragione di cio, e considera fra te stesso se si dia alcun bene, sia o possessione o artifizio, che niuno lo vegga, niuno 10 lodi, e sia similmenle caro a chi lo possiede. E a che mai io dieo cio? perch, non crea.ti gli uomini, rimanevasi senza testimonii la bell ezza dell' universo.

e deforme, ma riabbellita di citta, e di bellissime piante, il mare pieno di le isole abitate, per ogni dove feste, e risuonare nelle sacrifizii ed altari ,

96 E come vorremmo abbondare quando non essendovi saremmo noi per quelle onorati, da adoperarle in persona minore tenderemmo dendo che tanto di molte ricchezze , chi le aminirasse, non ne ne avremmo di noi, ne infeIicit, non veImperoc-

quale fosse la nostra a chi far parte dei beni nostri ?

il grande apparisce esser grande quanto si misura col piccolo E voi che per questa m'avete onorarmi, politica dovevate posto in croce e tal mercede avete renduta alia mia preper voi Ma tu affermi che vi sono tra gli uomini dei rnalvagi, che commettono adulterii, che fanno guerra, che si sposano le sorelle e mura ai genitori, come se fra di noi non vi fosse dovizia di simili vizii, ne per cio incolpiamo il cielo e la terra che ne ha creati Agche insidiano giugnerai per avventura ti converr imbarazzarti che per amore di loro di molte brighe; adireil pastore di possedere it deve aver cura.

rassi adunque anche gregge del quale per necessita Saragli dito, vole non mo

e vero cio faticoso, ma gli sar pur gratal cura gli offre non ispiaceperche E noi di poi che faremmo , occupazione avendo nulla che fare? e non ci annoieree ad instandoci oziosi a bere il nettare

Ma quello che soprattutzupparci di ambrosia ? to mi cuoce si , che maledicendo la creazione le delle donne, degli uomini e spezialmente amate di poi, ne tralasciate di calare in terra ora

97 sotto forma di tori, ora di satin ed ora di con di far non e quelle isdegnate gni, non dirai che medesimamente E gl' Iddii portava che si facesseno gli uomini, ma che cideimdo-

veano formarsi in modo di verso e non a noi sima qual altro miglior modello potea miglianti; io proprmi di questo, che io mi so essere bello perfettamente ? E che? convena forse fabbricare un animale avrebbe ri ? E non vi andarne e selvaggio, e che non vi ne sacPificato, ne tributati gli altri onopur voi quando vi offrono i cento buoi , mostrate schizzinosi, se pur vi convenga all' Oceano tra i divotissimi Etiopi, e crocifiggete me che vi sono cagione di tanferoce

di poi ti onori e di tante viltime.

E ci basti sopra degli uomini; e se vi pare veniamone al fuoco ed a questo detestatissimo furto. E per gl'Iddii! non t' infingere, ma mi rispondi, abbiam noi forse nulla perduto di questo fuoco, dappoiche e presso gli uomini? dirai certo che no, imperocche questa materia di tal natura, che non bench altri ne tolga una por, pu venir meno un luzione, non isinorzandosi per accendervi me E non e altro che invidia il proibire 1' uso a chi ne abbisogna di quelle cose, delle quali a voi non ne viene alcun danno, ed essendo Iddii, vi e forza esser benefici e larghi ne' doni, e non essere affatto invidiosi. Se io rubando tutto questo fuoco, portato lo avessi in terra e non Vol. I 7

98 non vi avrei pur fatto lasciato , gran torto, mentre voi non abbisognate di esso, perche ne avete freddo, ne cuocete Fambrosia, ne avete necessita d' una luce artefatta Agli uomini poi il fuoco necessario a molte faccende, e piu di ogni altro ne' sacrifizj per dare il luogo a scolare il grasso, per far fumare lo incenso e per brugiare in sull' altare le carni; ed io vi del fumo, e vi riescono dolveggo ghiottissimi cissime queste vivande, quando per esso innalzato ne penetra il grasso fino nel cielo. dunvostri contraria. que questa accusa a' desiderii Mi meraviglio in oltre, perche non avete proibito al sole d'illuminargli, essendo questo un fuoco pi divino ed ardenle, e come non lo accula vostra propriet. Ho detsiate di rubacchiarvi se parvi che abbia to , o Mercurio e Vulcano: che io mi riprendete ed emendate, mal detto, far di nuovo le mie difese. gieri il contrastare rimanente rallegrati, tato le tue parole, ti avrebbe mandato Non e si legcon un si valente sofista. Del Mere. cbe non abbia Giove ascolimperocche io veggo bene che a roderti sedici gl'intestini di fare la tua difee mi sorprende non abbi antine avessi nulla

mentre colla vista avoltoi, sa, 10 hai fieramente ingiuriato ; di poi che essendo tu indovino , veduto

questo supplizio. Prom. Lo sapea, o Mere so ancora che io debbo poscia essere curio, sciolto, e ne verr fra poco di Tebe un tuo arnico

99 quell' aquila che tu dici che dee voCosi sia, o Promelare contro di me Merc. teo, e desidero vederti sciolto, e seduto di nuovo a mensa insieme con noi, ma con condizione che saetter che tu non distribuisca sicuro mi che io seder le carni. a mensa Prom. Stanne e Giove con voi,

per una non discioglier Merc. E quale? non ti rincresca

felicit. piecola di dircela. Prom.

ma non mi conConosci, o Mercurio, la Tetide viene il parlare e giovami meglio tenere il secreda to, accio mi serva di prezzo per riscuotermi Tienlo adunque in te poiquesta pena. Mere. ch dee giovarti; e noi andiamcene, o Vulcano, ornai avvicinasi l' aquila. Tu ti soimperocche stieni da forte, e ti auguro che tosto giunga quel saettatore tebano che teste ricordavi, acci ti liberi dalle rosure di questo uccello.

100 DIALOGHI DEG..L' ARGOMENTO I Dialoghi che seguono sti ed infernali racchiudono vole che si leggono su tale mero degl' Iddii in brevita celele fain OIDDII

e negli altri Poeti greci. sono feQuanto questi son brevi, altrettanto slevoli e pieni di eleganza e semplicit, e semin iscribra che il proponimento di Luciano verli sia stato di heffarsi, non solo di Ome-

argomento epici e tragici

che spacciato aveano codeste ro e dei Poeti, ma si bene della Religione favole, pagana, che le ammetteva Non discostandosi egli dal il tragico al cosuo stile sc herzevole riunisce rrdco, e co' ITtotti e colle lnente pure va mescolando stramenti di seria filosofia PROMETEO I. o Giove, che gravemente ho patito. Giov. Tu di, che io ti sciolga, quando converrebbe legarti con pi pesanli catene, e gittarti sul capo tutto il Caucaso, e non solo farti rodere il fegato da sedici avolloi, ma Prom. Scioglimi, tactapiacevolezze savissimi ammae-

E GIOVE

10L pur gli occhi, avendo modellate le hestie umane simili a noi, rubato il fuoco e fabbricate ancora le donne, e di pi ingannatomi delle car'ni col presentarmi nella distribuzione cararli mentre ossa ricoperte di grasso, per guardavi te Ie parti migliori; ed hai dopo tutto cio fiato di parlare? Prom. E che? non ne ho io pagato tanto tempo in sul il fio pendente bastantemenle Caucaso e pascendo col fegato questa aquila, il piu Giov. Questo non rapace di tutti gli uccelli ? neppure il minimo di cio che tu dovresti sofferire Prom. Non mi scioglierai , o Giove, senza io t'indicher una importanmercede, perche tissima cosa Giov. Tu vuoi , o Prometeo, menarmi in galea senza biscotlo? Prom. E qual tu sai bene dove posto guadagno trarreine ? il Caucaso, n ti mancheranno catene se io ti Giov. Dimostra giuoco con qualche gherminella. prima, qual'e questa cosa si necessaria che vuoi darci per prezzo Prom. Se io ti diro ove ora tu vai, saro poi creduto da te indovinando soVai pra altre cose. Giov. E perche no? Prom. a giacerti colla Tetide. Giov. Tu Fbai indoviche verranne da questo? nata, imperocche sembra che tu parli il vero. Prom. Non giacermentre ingravidanti, o Giove, colla Nereide, do far il suo parto contro di te cio che tu osasti contro Saturno. Giov. Vuoi dire che mi converra cadere dal soglio? Prom. Non ppssa

102 o Giove , accader tal cosa, ma questo concio ti minaccia. Giov. Diciamo adgiungimento dio adunque alla Tetide, ed in grazia del tuo mai, avviso scioglieratti Vulcano.

GIOVE

ED AMORE II.

Am.

na, o Giove; il senno Giov.

mi perdovia, se io ho maneato, io son fanciullino e non ho tutto o Amore, che fanciullino, di lapeto, e perche non hai ne ti fa como do esser creduto Tu

sei pi antico canuti ne barha

essendo un astuto vecchione? Am. Ma bambino, in che vecchio come dici ti offesi, che pensi legarmi con ceppi? Giov. E' ti par cosa da nulla, o scellerato, il farmi satiro, toro, oro, cigno ed aquila ? non questo insultarmi ? Non avere di pi indotta niuna donna ad amarmi , mentre per te non mi giacqui giammai dolcemente con e nascondermi. niuna, e convienmi mascherarmi Ed intanto amano esse il toro ed il cigno, e se veggon me, muoiono di paura. Am. Giustamente, o Giove, perocch essendo mortali non possono sopportare 1' aspetto tuo. Giov. E -come adunque ne avviene che Apollo amato da Giacinto e da Branco? Am. Ma Dafne lo fugge, benche senza barba e con lunghi capelli. Se vuoi

r* loD lo ed amalo non iscuotere essere vagheggiato ma fatti pi acescudo, ne strignere il fulmine, all' intorvole nell' aspetto co' capelli inanellati no, e ponendone parte sotto il cappello ti cingi una calzati scarpe dorate, porpora, ed cammina a passi di timpani e di cornamuse, allora vedrai che ti seguiranno pi Menadi che veste di -

Bacco. Giov. No certo: sono io ben lontano di ed amato Am. far cio per esser vagbeggiato meritre non vuoi amare, , Adunque tu, o Giove Giov. Non lo , tutto cio assai lieve cosa laonde trovami una io vo' amare, via pi espedita, ed a questo patto ne anderai libero nondimeno

GIOVE

E MERCURIO III.

o Mercurio, l bella fiConosci, gliuola di Inaco? Mere. Quale? intendi forse di Io? Giov. Quella non piu fanciulla, ma giovenca. Merc. Cio prodigioso; e come le avvenne? Giov. Giunone gelosa l'ha trasformata, ed ha pur macchinato contro la sventurata un altro infortunio, ponendo a guardia di lei un certo pastore pieno di occhi, appellato Argo , il quale sempre vegliando fa pascere la giovenca. Merc. Cosa dunque dobbiam fare? Giov. Volartene in

Giov.

io4 Nemia ove pascola Argo, ed ammazzafolo, con-* ducendo Io pel mare in Egitto, fanne Iside; 6\ sia per l' avvenire Iddia a quegli abitanti, faccia straripare il Nilo, mandi i venti, e salvi i naviganti GIOVE e GANIMEDE IV. , eccoci gUbt ove dovevamo; baciami ormai, e co$i t*avvedrai che io non ho piu il rostro adunco, n te unOrs, quale ti apparii sembranTu eri poco fa uomo non aquila quando volando mi rapisti di mezzd al mio gregge, e come adunque ti venner queste ali che gi sembravi tutt' altro ? Giov. Cone non sono io me? ben vedi, o giovanetto, uomo ne aquila, ma sono il re di tutti gl' IdGan. che a voglia mia muto sembianza. dii, Cosa di! sei tu quel Pane? ma perch non hai la zampogna, le corna e le gambe pelose? Giov. Quello solo adunque tu stimi Iddio ? Gan. Sened a lui sacriifchiamo un capro inza,dubbio, alla spelonca ove esso risietero, conducendolo di Tu poi mi sembri essere un rubatore uomini * Giov.. Mi di, non udisti tu mai il none mai vedesti in sul Gargavo me di Giove, de. gbie acute, n le ali, do un uccello Gan. Giov. o Ganimede w

105 e tonandi lui piovoso , folgoreggiante esser coo magnanimo, te? Gan. Tu affermi, lui che spargesti non ha guari sopra di noi moled abiti in che dicesi romoreggi ta grandine, alto, ed a cui il padre sacrfic un ariete ? E in o re deche mai ho io peccato che mi rapisti, abbandi gi i lupi, sorprendendole gl' Iddii ? Giov. E che disfatte avranno le pecore donate, r altare e importa a te delle pecore divenuto immortale Gan. Gome? non mi rifatto nostro compagno? porterai adunque tu oggi in sull' Ida ? Giov. No certo la. altrimente Can. mi sarei invano II padre mi cerchera mi ander in collera e buscher per avere abbandonato di Dio fatte aquie non trovandodelle mazzate

potr quello vederti ? io ti prometto derlo, e se tu mi ci condurrai che sacrificheratti un altro eapro pel mio riscatto. Abbiamo quel grande di tre anni, che conduttore

il gregge. Giov. E come Gan. Desidero io di ve-

del gregge Giov. Quanto sei semplice e buono, o fanciullo, e veramente in tutto fana tutte ciullo! Ma d un addio, o Ganimede,

queste cose, e ti dimentica del gregge e dell' Ida, sei tu gi celeste, e sarai al padre imperocch ed alla patria cagione di molti beni; in luogo del latte e del cacio mangerai l' ambrosia, e beverai il nettare, e questo mescendo, lo porgerai non saposcia a noi altri, e cio che pimonta, rai altrimenti ma immortale , e ti faro uomo,

106 e. sarai in somma comparire bellissima Stella, beato. Gan. Ma se mi vien voglia di giuocare, chi giuocher meco? nell' Ida v' erano molti del Giov. Giuocher tempo mio. qui teco questo Amore, ed avrai divizia di aliossi. Statti pero di buona voglia ed allegro, e non desiderare niuna delle cose di gi. Gan. Perche io vi sia di alcun vantaggio converr che ancor qui mi facGiov. Oibo, ciate pascere il gregge. ed avrai piere, mescerai il nettare mensa. Gio non parmi difficile, so bene come si dee mescere il latte Gan. dall' alto la coppa. Giov. Guarda! ricorda del latte e credesi servire Questo il cielo, il nettare. Gan. te? desidererai rommi farai il copcura della perch io e riversar di nuovo si ad uomini.

e noi, come dicevati, beviamo pill dolce, o Giove, del latGiov. Lo saprai fra poco, e gustatolo non pill il latte la notte ? forse Gan. E con chi dormicon questo Amore mio io non ti rapii per altro Gan. Solo non potevi

Giov. Oibo; compagno? che per dormirmi teco

starti, che t' e pi dolce il dormirti meco ? Giov. tu se' tale e si bello. Si, o Ganimede, perche Gan. E che mai gioveratti la bellezza pel soni che no? Giov. Trae seco una soave dolcezza, Gan. piu grato va col padre, corrucciavasi il mattino 10 rende Ma quando io dormimeco, e raccontava il sonno, dimenandoforte sognando;

che io rompeagli mi, dandogli de' calci e parlando

107 talch molte volte mandavami dre a dormir colla macome tu di, mi rapiSe percio adunque, alsti, fa che quanto prima mi ponga in terra, io trimente avrai che fare vegliando, perocch Giov. Ci fanon poco noierotti col dimenarmi. cendo mi sarai pi caro, mentre vegliando ti abGan. Tu il probraccero e bacero pi volte. Giov. Vetu bacia ed io dormirommi. verai; dremo allora cosa dovrem duci, o Mercurio; mortalit sar nostro prima come fare, ora tu tel cone quando avr bevuto 1' imtu

coppiere, insegnandogli dee porgere il biccbiere. E GIOVE V.

GIUNONE

o Giove, hai qui portato quel giovinetto frigio, che rapisti in sull' Ida, ti dai di me pochissima cura. Giov. E che? o che ti vien pur di questo, gelosia, Giunone, tanto temperato e modesto ? io mi credea che tu fossi difficile sol colle donne; le quali hanno la mia pratica. Giun. Non ben fatto, ne conviensi a te, che sei il signor degl' Iddii, abGiun. Da bandonata me, che ti sono sposa per legge, scendere in terra a rimescolarti or con questa e or con quella, cambiandoti in toro, in satiro e in oro; tuttayia quelle rimangonsi in terra, ma questo

che tu,

io8 dell' Ida, che volando rapisti, o generosissimo Iddio , a parole coppiere sene sta seco Eri tu poi poi? ed in fatto pesa al mio capo si scarso di coppieri, e si riposavan forse stancbi Ebe e Vulcano? Tu non prendi mai jl cbierc da lui, se non lo hai prima baciato presenza di ognuno', e ti questo bacio pill ve del nettare, di modo che non avendo per la sete, molte volte richiedi bicalia, soanulfanciullo

il bicchiere prendendo le resti, accio esso pur beva, e cosi ponendovi sua labbra, tu baci insieme e bevi E poco fa tu re e padre di tutti, e che hai barba si velo scudo ed il fuhnine, ti seneranda, deposto devi giuocando con esso. Crediti per avventura e che io non vegga tulte queste cose? Giov. E qual delitto , o Giunone, di e di baciare infra il bere un si bel giovinetto bearsi insieme del bacio e del nettare P Se io che una sola volta ti baci, tu pil gli permetter non mi riprenderai che io stirni migliore il bacio del nettare. Giun. Questo un parlare da io non saro pazza a questo segno di dissoluto : accos.tare le labbra a questo Frigio si azzimato Giov. Non dir male de' gusti miei , e barbaro, o nobilissima. Questi sdolcinato, molle? Ma io vo' misurar le parole per non Giun. Anzi sposati seco irritarti maggiormente. lui per farmi piacere; ricordati pero quanto io e si molle. di starti nascoso

bere, e .nel here bevi in modo che ve ne

109 sia stata pel naso in grazia' di questo Giov. Che si, e' bisognava piuttosto coppi ere farci mescere dal tuo figliuolo Vulcano, zoppo, di ritorno dall' incudine e dal pien di fuliggine, cammino, prendere il bicchiere dalle sue dita, ed menata al questo mezzo e baciarlo, troppo soavemente nol quale tu che sei madre, che gl' imbratta la faccia baci per la fuliggine asTi parrebbe ci cosa piacevole ? Importando abbracciarlo in saissimo che questo coppiere sia non disdicevorimandisi le alIa mensa degl' Iddii Ganimede e troppo puin sull' Ida, imperocch lito, ha le dita di rosa e con troppa grazia porsoe, cio che pi ti addolora, ge il bicchiere, Giun. Ora, no i suoi baci piu dolci del nettare o Giove, Vulcano per te zoppo, e non sono di nuovo ed e pieadattate Ie- sue dita pel tuo bicchiere, no di fuliggine, e ti pute il vederlo, da che l'lda Per lo innanzi non allevotti questo bel ricciutello vedevi tu questi difetti, e la fuliggine ed il cammino non impedivano che tu bevessi da lui. Giov. da o Giunone, che angustiarti e colla gelosia mi accresci 1' amodi ricevere il bicchiere da un fatti mescere dal figliuolo, e il bicchiere a me

Non fai altro, per te stessa,

porgerai si solo, e ad ogni porgere due volte mi bacia, quando mel porgi pieno, che quando il riprendi

re, e se ti duole si bel fanciulIetto, o Ganimede, tu,

110 Non lagrimare perocche per questo , n aver paura-, piangera chi vorr darti noia GIOVE E GIUNONE VI. o Giove, che tu Issione, Questo vedi, di qual vita lo stimi? Giov. Ei si , o ed un buon comGiunone, un uomo servizievole, pagno di tavola, ne si starebbe tra noi, se fosse indegno della nostra mensa. n' indegno, come commettitore Giun. E pure di gravissima da noi. ingiuria , per la quale dee allontanarsi Giov. E qual5 e questa ingiuria, perocch6 io credo che si convenga saperla anche a me. Giun. Giun. im-

Si e tale ci che oso, che io mi v.ergogno di dirlo. Giov. Dei anzi per cio maggiormente pale ribaldere tentate da lui. Ricerco egli Jesare per avventura alcuna? imperocche parmi questa che tu vergogni di dire. Giun. quella cattivit, Me stessa, o Giove, e non altri, e da lungo Io da prima ignorava perch mi guartempo dava sempre fiso sospirando e piangendo, e quando dopo bevuto porgea io il bicchiere a Ganie' domandava di bere in quello, e prenmede, den dolo lo baciava ed accostavaselo agli occhi e di nuovo guardavami. Tali smorlie pareanmi

Ill amorose , tuttavfa io per vergogna mi tacqui teco, che si sarebbe egli rimaso da quecredendomi con sta follia. Ma da che ha osato stimolarmi ed in lagriparole, io lasciandolo imbertonato me, turaimi le orecchie per non udire le sue riPensa e venni a palesartelo balde preghiere , tu ora a vendicarti di lui. Giov. O scellerato ! me stesso, e fino al talamo di Giunone ? si e per tal modo costui ubbriacato di nettare ? noi cagione di ci, che, amando ma siamo gli uomini senza misura, fatti gli abbiamo nostri comse bemensali Dee adunque perdonarsi loro, contro vendo celesti la stessa nostra non bevanda e vedendo le bellezze pi da essi vedute in terda amore e bramino di goderne. che un non so che di violento, comanda agli uomini, ma talvolGiun.

ra, sien presi Ed 1' amore non solamente

Di te pienamente padrone, e ti conduce e ti mena, come si dice, pel naso, e se' tu un trastullo ed una possessione di Amore, ed ora mi accorgo che cerchi perdonare ad Issione in grazia della consorte di lui, colla quale hai pi volte commesso adulterio , e ti partori Piritoo, Giov. Tu ricordi se, che io feci, scherzando, Vuoi poi sapere come io la ancora quelle costandomi in terra

ta anche a noi stessi.

penso d' Issione ? punirlo noi vo' affatto, ne cacciarlo dalla mensa , amando egli poiche sarebbe un tratto incivile, di cuore, come tu di, piangendo e gravementc

112 soffrendo Giun. E come, o Giove? Io temo non dica qualche ribalderia. Giov.

che tu pure Oib! lVTo faremo mile a te, gliando egli, la porteremo soddisfatto lanno

una effigie di nuvole tutta sie quando sar finito il desinare, vecome

dee credersi, per 1' amore , a colcarsi presso di lui, ed avr cosi fine il suo dolore colla credenza di aver i suoi desiderii a chiunque innalza se stesso. GiOfl. Portalo alcun Issione essere fatta Venga il mai desiderii suoi sopra o Giunone, in pace, da questa finzione, Giun. Ma nuvola Giun,

che non verratti giacendosi sembrero

male

con una io cotesta

miglianza sar non la intendi

nuvola, e per la soGiov. Tu a me villama.

a verso, ne la nuvola perocch ne tu nuvola, ed il solo Issar mai Giunone, Sic come tutti sione sar lo ingannato Giun. tornandone cosi in gli uomini sono sboccati, terra, vanterassi per avventura ad ognuno di escon Giunone e di esser cognato sersi giaciuto di Giove; ed aggiugneravvi e quelli crederanselo , non avuto a far colla nuvola. che io 1' amo, che abbia sapendo pure Giov.

tal sorte , sar cacciato infelice ad una ruota, si girer sempre con quella, e pagando il fio del suo amore soffrir eterna pena questa Giun. grave Per tanta vanagloria non sar abbastanza

di Se parlera all' inferno e legato 10

Ila I APOLLO E VULCANO VII. Vedesti, o Apolline, il figliuolo teste partorito da Maia quanto si e bello; e come sorride a tutti ed annunzia di essere qualche gran cosa di buono? Ap. Si certo dee esmentre sere questo fanciullo un gran portento , Vulc. per accortezza e pi veccbio di Iapeto. col Ma a chi mai potra farla, essendo ancora a Nettuno, a guscio jn capo? Ap. Domandane cui rubd il tridente, a Marte, a cui di soppiatto trasse la spada dal fodero, per non dirti di me, disarmato da lui delle saette e dell'arco. Yule. Tanto ha saputo far quel fanciullo nato di poco, e che appenapotea muoversi nelle fasce? Ap. Proverailo, 0 Vulcano, se solamenta ti si accosta. Vulc. Ei gi mi fu presso Ap. Eh bene hai tu tutti i tuoi ferri o niuno te ne manca? o Apolline. Ap, Ma guarda con pift diligenza. Vulc. Per Dio! non veggo il martello Ap. Lo vedrai forse nelle fasce del fanciullo. Vulc. cosi lesto di mano, come se avesse studiato il furto nell' utero Ap. Non lo ascoltasti , che muovea la boccuccia e dicea non so che facezia; e vuole anche servirci e jeri provocato avendo Cupido alla lotta, faNiuno, cendogli la gambetia rd. i. lo capovolt 8 immantinente, Vulc. -Vulc.

114 e menlre Ventre 10 Iodava della vfttoria ed ah.. rubolle i1 canestro t ed a Giove che

bracciavalo, rideva, lo scettro ; e se non fosse il fulmi ne stato pesante ed ardente, si sarebbe tolto pur quello Vulc. A tuo detto e questo tin fanciullo as-

sai pronto Ap. Non solo questo, ma e ancora Vulc. E qual musico. prova hai di cio? Ap. Ritrovato avendo una tartaruga morta, forrrio di quella una lira, fattiv i suoi manipoli* adornatane la cima, postivi i registri, e sottoposto il ponticello , e tirate le sette corde, suona assai o Vulcano, e con tale armona , soavemente, che ne viene invidia a me stessd, che da tanto tempo mi esercito colla chitarra; e diceva Maia, che non dimora egli la notte suI cielo, ma per ne va gi nello inferno; e ruba cio che gli viene a mano , e fornito di ali si fatto una bacchetta di mirabil potenza, colla quale conduce le anime, e mena via i morti. Vulc. Gliela ricomben ha ne dett'io per trastullo Te Ap. ad fatto hai col Bene martello Vule. pensato io vo a ricuperarlo, se, come di, avvertirmene, curiosit ritrovasi tra le fasce.

n r> VULCANO VIII. Io son ho a fare, o Giove? con una scure si venuto come mi comandasti bene aflilata, che se occorre, taglia ad un colpo Giov. Bene sta, o Vulsolo pure una pietra cano, adunque l'alza e spaccami il capo in due Vulc, Cosa Vule. Tu vuoi tentare se io sia pazzo ? parti comandami cosa da dovero debbo fare. Giov. ti dico il capo, e Se non vuoi persuaderti, proverai ora per la prima volta il mio E spaccalo pure di gran cuore, e non sdegno t' indugiare, mentre io mi sento morire per le doglie, che mi lacerano it cervelIo. Vule, GuarDividimi o Giove, che non facciamo una zappata > n6 potratti far perche la scure e assai affilata, come fapartorir senza sangue, e raccoglierti , dati, rebbe o Vulcano, Giov. Ferisci, con fiducia, che so ben io Come dee finir la faccenVulc. A malincorpo, da ma pur ferirotti, daptuoi. poich conviene obbedire ai comandamenti Chi e questo! una fanciulla armata! avevi; o Giove, un gran male nel capo; con ragione per eri di mal umore, avendo pregna la zucca di una vergine viva, ed in oltre armata, e nascondevi non un cervello, ma un accampamento Ma la fanciulla fa d' armi, scuote lo scudo, vibra Lucina. E GIOVE

ii 6 l'asta e s'infuria, e, cio che e notabile, in un momento e pienamente bella e matura Ella bionda e 1' adorna il cimiero o GioPregoti, ve, che in grazia di aveiti fatto qa levatrice mi

o Vulcasposi a lei. Giov. Cio che domandi, no, non possibile, perche ella si vuol sempre rimaner vergine, e quanto a me io non voglio imbarazzarmene. Vulc, T'ho io espressoil mio volere, sar mia cura, ed io la ragGiov. Se cio ti riesce, fallo pure, ma giugner, io so bene che mai si compieranno i tuoi desiderji E MERCURIO IX. Nett. ve? le, Mere. nunziami Si entrare da Giopuo, o Mercurio, Almeno anNett. No, o Nettuno Merc, Dicoti che lo avr a mae parMerc. il rimanente

NETTUNO

a lui

non tempo di vederlo imperocch largli. Nett. Ma si sta forse con Giunone? No :

vi dentro ma vi e peggio. Nett. Capisco; ma sta incoMerc. Ganimede Neppur cio, cio che tu Nett. Veramente modato di salute ha del meraviglioso Merc. ma il fat to e tadirlo, o Nettuno, Vergognomi Ie. Nett. Con me che sono zio non dei avere l'iche ha Non e molto, o Nettuno, guardi. Merc. dici , o Mercurio ,

U7 e di chi era egli ci era adunque per lo innanzi ascoso pregno ? che fosse egli di amendue i sessi, ed il suo corpo non ci dette alcun segno di gonficzza. Mere. partorto. Nett. Dici bene; perch non ingravido in quella parte. Nett. Intendo, partori di nuovo pel capo, come fe' di Minerva, mentre ha un capo preMere. No ; portava il fanciullo di Segnevole A meraviglia! ilnobimele nella coscia..Nett. lissimo ha un fecondissimo utero e sparso in ogni Ma chi mai qaesta Semele ? parte del corpo ed una delle figliuole di Cadmo, Merc, Tebana, e giacendosi egli seco lei, la impregn. Nett. E di poi partori, o Mercurio , in vece di lei? Mere. Si certo, comeche la cosa sembri impossibile ; mentre insidiando G iunone a Semele, che tu sai quanto gelosa, la persuase a domandare a Gioye, ne. che ne venisse a lei col tuono ed il fulmiEi pertanto andovvi col fulmine, ed are Semele fu morta dal fuoco. Ed se la casa, allora mi comando di tagliare il ventre alla donna, e di portargli il felo non ancor ben mature di sette mesi ; io cosi feci, ed esso aprendosi la coscia ve lo pose a maturare , ed ora nel terzo mese lo ha partorito; ed ancor debole pei dolori del parto. Nett. E il bambino ov' egli r mai? Merc. Portatolo in Nisa, lo consegnai alle nnfe che lo allevassero, nomatolo Bacco. Nett-: Egli si adunque padre e madre ad un tempo E come mai

118 istesso di questo Bacco. Merc. Cosi pare, ma io vado a portargli 1' acqua, ed a fare gli altri servigietti , che si costumano colle partorienti. MERCURIO X. Mere, ne domani, O Sole, ne l'altro che ne oggi, dice Giove, tu te n' esca , ma che ti ed in questo tratto di tempo ED IL SOLE

rimanga dentro, sia una lunga notte, talch le ore possano scioe tu smorza il fuoco e riposati gliere i cavalli; Sol. Quale inaspettata nodopo tempo si lungo o Mercuvit mi sei tu venuto ad annunziare , rio? e che? sembra forse che abbia io errato nel ed abbia protratto le ore al di la dei limiti, che ora meco sdegnato pensa di fare la notte tre volte maggiore del giorno? l'usata via, di tutto questo, ne cio durera sempre, ma lo fa solamente perch gli abbisogna una notte che sia ad esso pi comoda. Sol. Ma dove egli si trova, e da qual luogo ti ha egli tal cosa? Merc. Dalla spedito ad annunziarmi Beozia , o Sole, dalla moglie di Anfitrione, colla quale si giace. Sol. Forse perche l'ama, non Non gli sembra bastante una sola notte? Merc. per questo, ma perche da questo congiugnimento conviene ne nasca un certo Iddio grande Mere. Nulla corso

"9 e non e cio affare da ed insigne per gagliarde, Sol. Abbiasi pur disbrigarsi in una sola notte ci fine felice; ma, poich siamo soli, non accaal tempo di Sadevano tali cose, o Mercurio , turno, ne dormivasi mai quegli fuori del letto di Rea, n lasciando il cielo andavasi a giacere in Tebe; ma il giornQ era giorno, e ritenea la notte la sua misura secondo le stagioni, ne v' era nulla di nuovo e fuor d' ordine , ne si sarebbe egli giammai rimescolato con una femmina morOra per una miserabile femminetta conviene porre il mondo sossopra , ed i cavalli col riposo diverranno meno agili, e la via si far difficile., non essendo battuta per tie giorni, e vigli uomini tra te tenebre, e trarranno dagli amori di Giovef il bel frutto di sedersi in questa lunga oscurita , aspettando che abbia egli formato questo campione che dici. Merc. Taciti, o Sole, acciocche dal parlare non te ne nasca Io andandone dalla Luna e dal Sonno, annunziero ad essi ci che Giove mi comando , cioe che quella lentamente discorra , ed il Sonno che non lasci gli uomini, perche non si accorgano che vi sia stata una notte si lunga, danno vrannosi infelicemente tale

la ft VENERE E LA LUNA XI. Ven. C he e ci che di te dicesi, o Luna, ne venghi in Caria fermi il tuo cril quale essendo ed alcune volte

che quando so per vagheggiare cacciatore Lun. te ne discendi

Endimione, si dorme al sereno,

anche a lui in mezzo al cammino?

o Venere, il figliuol tuo, che Domandane, n' la cagione Yen. Ohime ! quanto si e desso e cosa mai non os pur contro di me insolente! che gli sono madre, ora menandomi in sull' Ida in grazia del troiano Anchise , ora in sul Libano per quel giovinetto di Assiria, del quale facendo poi divenire amante Proserpina , tolsemi la met dell'amore? Talch pi volte lo minacciai , che se non si ristasse da si fatte burle, gli avrei io spezzato l'arco e la faretra , e tarpatogli le ali; e gli detti perfino in sul culo con una e non so comprendere, come allora ciabatta, pel timore, siasi di poi in poco di tempo dimenticato ogni cosa. Ma, mi di, e bello Endimione ? perocch nella disgrazia raccomandandosi cio una consolazione. sembra del tutto Lun. A me, o Venere , bello, e maggiormente quando, tesi dorme, una la veste, sopra pietra gittata nendo a sinistra i dardi, che quasi cadongli lentamente di mano , e facendosi graziosamente col

121 sopra del capo corona al rolto, ed in preda tutto del sonno tramandando AIsoavemente col respiro un fiato di ambrosia. lora io me ne calo senza rumore, e mi tengo in sulle punte dei piedi per tema che risvegliandobraccio destro al di ma tu ben sai il rimanente, si non si spaventi; e che posso mai io aggiugnerti sopra cio, se non che io muoio d' amore ? VENERE ED' AMORE XII. Che x -'

fai mai tu, o figliuolo Amore? io non parlo di cio che accade sul mondo, e di quante cose persuadi agli uomini di commettere o per loro stessi o per altrui , ma di quello che osi nel cielo IL Tu fai vedere Giove sotto mille diverse forme, mutandolo secondo a te pare DPVn. portuno e sforzi via dal cielo la Luna., il Sole a. dimenticare alcuna volta il suo corso per intrattenersi e tracon Climene, lasciando ci che insolentemente Tu ti conduci

operi contro di me con Qgni confidenza, perch6 mai, o audacisin capo a Rea gi vecchia e masimo, ponesti dre di tanti Iddii di desiderare quel giovinetto di Frigia? Ora ella in furie per te, ed attaccati (gi i leoni, e toltisi in compagna i Coribanti pazzi da per loro stessi) , sen va vagando

12a ella urla per chi si taglia i cubiti colla Ati, e dei Coribanti cbi colle chiome sparse si lancia furioso spada, verso del monte, chi suona col corno, chi fa ribombare i timpani, e cbi scuote i cembali, di modo che tutto 1' Ida e ripieno di strepiti e di Mi viene assai timore da queste cose pazzie. ti ho ( mentre, bencb tu sia un gran malanno, pur partorito), di se comandi e temo che Rea infuriata e fuori a questi Corihanti, che ti prendano e ti facciano a pezzi , e ti gettino ai leoni Tale la mia paura, ti veggo in mentre Am. Rassicurati, o madre, pericolo. perocch io son familiare agli stessi leoni, e molte volte montando loro in sulla groppa, e tenendoli per la giubba gli guido, ed essi mi fanno festa, e se pongo cano. loro la mano in bocca dolcemente la lecQuanto poi a Rea, essendo tutta intenta ad Ati, non ha tempo di pensare a me Ma in che mai io pecco di poi, se dimostro quali sono le cose belle? rimanetevi voi dal desiderare il bello, e non incolpatene perci me. Vuoi tu forse, o madre, non amar piu Marte, ovvero che piu non t' ami egli? Ven. Come sei tremendo e ad ma ti ricorda alcuna volta i ognun superiore! miei detti intorne dell' Ida: e dolorosamente

120 GlOVE, ESCULAPIQ XIII. di Giov. Cessate, Q Ercole ed Esculapio, rissare tra voi a guisa degli uomini, mentre ci e una indecenza ? e mal si conviene alia mensa degl5 Iddii. Erc, Ma vuoi tu, o Giove , che quer si giaccia al di sopra di me ? sto awelenatore Si bene, essendo io migliore. Ere, E in che mai, o stupido? forse perche Giove ti fulmino e ora a forza di preghieper le tue ribalderie, re sei di nuovo trasportato all'immortalita? Esc. Esc. il fuoco ti sei tu dunque dimenRinfacciandomi ticato , o Ercole, che ardesti in sull' Oeta? Ere. -Noi non siam vissuli egualmente del pari, essendo io figliuolo di Giove , e travagliato essendomi in purgare la terra, in combatter le fiere, e punire gli uomini violenti. Tu sei un raccoglitore di radiche ed un ciarlatano, e non se' huo.. no che ad apprestare medicine agli uomini infermi, e non ti sei mai mostrato per uomo. Ere. Parli assennato, perche io ti guarii i segni delle scottature, quando qua su ne venisti me?ao brudalla camicia e dal giato col corpo malinenato fuoco, Io se non altro non ho poi servito come tu, n ho pettinato in Lidia la lana vestito di porpora, ne fui battuto da Onfale colla ciabatta di DID, n preso da malinconia hq ammazzato ED JERCOLE

124 la moglie e i figliuoli. Err. Se nonHnisci d'inconoscerai ben tosto quanlo ti giovi giuriarmi, mentre sollevandoti colle braccia l'immortalit, ti rovescer col capo all'ingi dal cielo, ed in che neppur Peone potr rlsanarti la maniera, rottura del capo. Giov. Finitela dico. ne turbate la nostra tranquillit, altrimente vi-caccero amendue di poi convenevole, o che si giaccia Esculapio al di sopra di Ercole, te, essendo pur morto avanti di te MERCURIO ED APOLLO XIV. Merc. ne? Merc. Ap. Che Sono, cera che hai, o Apollio Mercurio, infelice in amore. brutta dal convito.

Degna cagione si e questa al certo di ratma in che sei infelice? duolti ancora tristarsi; di Dafne?

Ap. Wo; piango 1' amato Lacone di Oebalo Merc. Ma , mi di, che e forse morto Giacinto ? Ap. Si certo Merc. E l''avvenuto per mano di chi, o Apolline? E chi v' ebbe mai si inimico d' amore per uccidere quel bel giovanetto? Ap. Io stesso 1' ho fatto. Merc. Aduntu sei pazzo furioso? Ap. Io que, o Apolline, non lo sono, ma mi accadde una disgrazia inio bramo sentirla. Merc. E come ? volontaria. Ap. Imparava egli a giuocare alia palla, ed io

125 insierne con lui; quel maladetto vento di Zefiro , che mal gli colga, lo amava da lunnon esso soppero, tempo pure; dispregiato go mentre io sollevai portando quell' avvilimento, come solea in alto la palla, egli forte sofhando dal Taigeto, con quanta violenza pot la spinse m' esercitava in capo al fanciullo, talch dalla piaga ne usci molto sangue, edil fanciullo incontanente mori; ed io mi vendicai al momento di Zefiro, saettandolo , e to inseguii fino al monte mentre fuggiva Al fanciullo di poi innalzai un sepolcro in ove colpillo la palla, e dal sangue Amicle, di lui ne feci nascere in sulla terra un fiore, il pi soave, o Mercurio, ed il pi vigoroso di tutt' i fiori, e che contiene in se alcune lettere in adunque che senza ragione io mi sia tristo 0 Merc. E via, o Apolline, "non sapevi tu, che avevi un amante mortale ? laonde essendo morto, non dei addolorartene MERCURIO ED \POLLO XV. zoppo ed artiere Questo meccanico si sposato, o Apolline, le pi belle, come sono Venere e la Grazia. Ap. una felicita del destino, o Mercurio, ne tanto io me ne meraviglio, quanto che possano esse sopportare Merc. Vulcano lode del morto Parti

1 26 di giacersi, con lui, e soprattutto vedendolo groiidante di sudore, tutto incurvato sulla fornace , con molta fuliggine in sul volto; e pure essendo tale selo abbracciano e baciano e si giacciono seco. Merc. Di questo anche io me ne sdegno, e gliene ho invidia. Tu, o Apolline, ti pettini, suoni la chitarra, ed assai insuperbisci per la bellezza, lirai ciamoci ed io egualmente per la pulizia e per la e intanto quando ne andiamo a letto giacsoli.

Ap. Io per verita son poco tae di due che amai spegliato a fare alPamore , cialmente, Dafne e Giacinto, questa mi fugge, ed ha in odio di tal sorte, che desidero piutarbore; quegli si mori dalla palla, ed ora in vece di loro non ho che corone. ma non Merc. Io m' ebbi una volta Venere, e dicesi Ap. M' noto, che ti partorisse 1' Ermafrodito: ma mi di, se 10 sai., come non ha gelosa Venere della Grazia, n la Grazia di essa? Merc. Perche, o Apole Vequella giacesi con esso in Lenno, in cielo, e di poi dessa imbertonata di Marte , e molto e imbarazzata presso di lui, talE credi ch poco si cura di questo fabroAp. line, nere tu, che Vulcano si sappia coteste cose? Mere. ma non puo far nulla contro un Sicuramente , si sta quiegiovane robusto e soldato, sicche to, e minaccia soltanto contro loro certi lacci , e di sorprendergli con una rete nel letto. Ap. ist bene il vantarsi. tosto divenire

127 Nol so , ma vorrei bene anch' io esser pt'eso in tat modo. GItJNONE E LATONA XVI. o Latona, Giun. T u , ve dei figliuoli assai belli. hai partorito a GioLat. Non tutti, o

Giunone, gli possiamo partorire simili a Vulcano. Giun. Questi e vero che e zoppo , ma per altro e pur buono a qualche cosa , ed essendo ottimo artiere ci ha riabbellito il cielo, e sposossi con Venere, ed e riverito da essa. De' tuoi 6a sproposito gliuoli, 1' una di essi mostrandosi maschia ed alpestra ; andatane finalmente in Iscizia si sa ognuno come si cibi dopo ammazzati gli ospiti , imitando gli Sciti divoratori degli uomini; Apollo di poi presume di sapere ogni cosa, di suonar la chitarra, e fare il medico e saettare, lo indovino; e messe su botteghe di profezie in si giuoca di chi Detfo, in Claro ed in Didimo, lo interroga, cose dubbie e ritorte rispondendo ad ogni parte della domanda, accio lo inganno sia Senza pericolo. E quindi se ne arricchisce, essendo mold i semplici cb si presentano per esser beffati. Nulladimeno conoscono bene i pi savii le sue imposture; ignorava che avrebbe ed egli stesso indovino ucciso il suo bello colla

128 palla, ne profelizzo che lo arrebbe Dafne fuggito, bench ei sia si vago, ed abbia chioma si bella. Per la qual cosa io non veggo per qual verso ti possa tu vantare pi di Niobe della bellezza della tua prole Lat. Intanto questi figliuoli , e la ucciditrice degli ospiti, ed il falso inio so bene che ti fa noia di vedergli tra gl' Iddii, e spezialmente quando lodata questa ed ammirato per la bellezza, quello da tutti , quando suona la chitarra alla mensa. Giun. Mi vien daridere, o Latona; che quegli ammirato, dovino, da Marzia, vinto da lui nella musica, se le Muse voluto avessero giudicar rettamente? Non pertanto quello sventurato ed ingiustamente condannato ingannevolmente tanto poscia perito. Quella tua vezzosa zitella, si bella, che tostoch si accorse di essere stata veduta da Atteone , temeudo che il giovanetto non palesasse la sua bruttezza gli attizzo conpoi di dire, che se fosse Lat. Tu, ella vergine, non farebbe la levatrice se' molto arrogante , o Giunone, perche sei moglie di Giove e regni con lui, e percio mordi senza timore. Ma fra poco ti vedr pianger di tro i cani Tralascio nuovo, quando terra trasformato andrassene egli lasciandoti, in toro od in cigno in sada stato scorticato

1"29 APOLLO E MERCURIO XVII. Ap. Di che mai ti ridi, o Mercurio ? Merc. Perch ho veduto, o Apolline, una cosa veramente da ridere. acciocch io teco Ap. Raccontala ancora Marte ne rida. Merc. e stata sorpresa, con Venere giacendosi e Vulcano gli tiene in-

? Per Dio ! mi sieme legati. Lip. In che modo Era lungo temnarri una piacevql cosa. Merc. ch' ei aveva fiupo, secondo io m' immagino, tato cotesta accomodate e dava loro la caccia, talch avendo alcuni lacci invisibili intorno tresca

al letto, se n' era poi andato alia fornace a fare Ie sue faccende; allora Marte entrandosene, come credeva, nascosamente, fu veduto dal SoMontati adunque in Ie, che lo disse a Vulcano. sul letto, mentre fra le piume giuocavano alle braccia furono avviluppati dai lacci, e sop ragVulcano. Venere intanto gianse immantinente nuda, e non avendo con che coprirsi era piena di rossone. Marte da prima tent di fuge sperava di rompere i lacci; quando di qire, si volse a poi si accorse che ci era impossible, pregare. Ap. Fini adunque che Vulcano gli sciolse ? Merc. Oibo, ha chiamati gl'Iddii, e mostr loro 1' adulterio. Eglino nudi amendue con viso basso, legati insieme, arrossiscono, e questo Vol 1. y essendo

150 mi e sembrato dolce quanto se foss'io spettacolo stato di quel fatto parlefice. Ap. E non vergognasi egli cotesto fabro di mostrare le sue corna ? Merc. Per niente, di loro Io poi, purche quei presenti si ridan se bisogna confessarti il ve-

con ro. invidiava a Marte non solo Faduhcrio una bellissima Iddia, ma ancora di essere allacciato insieme con essa. Ap. A questa condizione ti faresti adunque legare ancor tu? Merc. E nol vorresti ? Ma ne vieni innantu, o Apolline, zi e riguarda , ed assai loderotti, se, vedendo, non avrai to stesso mio desiderio.

GIUNONE

E GIOVE

XVIII. mi vergognerei, d Giove, di avere un figliuolo cosi effemminato, e cosi ubbriaco* sotto la mitra , ne, che colla chioma rassettata sen va per lo piu in compagnia di donne furioIo se, e pi di loro cascante di vezzi, va saltando dei timpani e delle coral suono dei cembali, nette, e somiglia a tutt'altri che a te, che gliMa costui con questa - mitra sei padre. Giov. e piu delle donne cascante di vezfemminile, della Lidia; o Giunone, zi s' impadroni, pt eare la Tracia; e di abitanti Trnolo, assoggettossi gli con questo esercito dennesco nelle e portandosi Giun.

10 L Indie vinse gli elfefanti , e ridusse in suo potere e condussesi prigione il re che quella regione, per poco fecegli fronte. E tutte queste cose ei le fece saltando e menando la danza, e facendo ubriaco. come dici, e fu-

so di mazze di edera, rioso; e se alcuno os d' ingiuriarlo col biasimare i suoi riti, fu subitamente punito, legane facendolo fare a pezzi dalla dolo coi tralci, madre, come un cagnuolo. Ti paiono qneste non valorose

E se prove e non degne del padre? pure havvi in esse un po' di scherzo e di pompa, non possono fargli torto, considerando quale ei sarebbesi sobrio, essendo tale briaco. Giun. Sembrami che tu ancora loderai il suo trovato della vile e del vino, e cio vedendo cosa operano i bevitori cadenti, trasportati ad ingiuriarsi ed affatto impazziti dalla bevanda. Ed Icario stesso, a cui da prima egli regalo il suo traJcio, uccisero i concolle vanghe, pagni istessi di bere, percuotendolo Giov. Cio che tu dici non monta un frullo, perche ne il vino, ne Bacco fan queste cose, ma il bere moderato, ed il riempirsi oltre il convenevole di pretto vino. Chi beve con metodo, ne diviene pi allegro e piacevole. N cio che avvenne ad Icario sar mai tentato da alcuno in altro bevitore. Ma tu mi sembri, o Giunone, esser presa da gelosa, e che condanni per la ricordanaa in Bacco le migliori di Semele. doti

15. VENERE ED AMORE XIX. Yen. Donde mai sottomettendoti ne awiene, tutti gli altri Iddii, o Amore, che. siccome Gio-

ve, Nettuno, Rea, e me tua madre Apolline, ti astieni dalla sola Minerva, ed per lei smorzata la tua face, vta la faretra di saette, Q tu sei senz' arco, ne sai mirare nel segno? Am. Io la temo, o madre, perocch burbera, severa e maschia del tutto, e quando disteso 1' arco men vado a lei, collo scuotere T elmo spaventami, ed incomincio mi cadono Marte Am. i dardi di mano. terribile, eppure la cresta dela tremare, e Yen. Era anche e vincesti.

il disarmasti

mi chiama ed Ma quegli spontaneamente invita; Minerva mi guarda sempre con occhio torvo, e se io gli svolacchio un po' intorno accostando un tantino la face, ella esclama: se mi ti ti vo' infilzare colla appressi , corpo del padre! lancia, o afferrarti pel piede, e precipitarti nel o con ambe le braccia ti far a brani, Tartaro, e cogli oce molte altre si fatte cose minacciami, chi mi fa paura, e nel petto porta un visaccio si brutto con una chioma di serpenti, che ne rie spauracchiomi, grandissimo, e quando la veggo, me ne fuggo. Yen. E come tu, che. non temi il fulmine di Giove, hai spavento, sento io timore

135 E percome dici, di Minerva e della Gorgone? ch mai sono di poi anche le Muse al coperto dei dardi tuoi e delle tue ferite? scuotono forse pur esse le creste e mostrano le Gorgoni? Am. Rie semspettole, o madre, perche sono reverende, e si esercitano a cantare, pre van meditando ed io indolcito dai versi sovente stommi con esse, Yen. Meniamola buona pure di queste per ma Diana perche non la ferisci ? la reverenza, Am. Non per altro, se non perch fuggendo spei monti non posso si tosto raggiugnerla-, ed ha di Ven. E quapoi certo suo particolare amorazzo. Ie, o figliuolo? Am. La caccia dei cervi e dei che per prenderli e saettarli gl' insecerbialti , gue, ed tutta dedita a questo. Del rimanente il fratello di lei, bench arciere ancor esso e da Ven. II so bene, o figliuolo , lungi saettante che molte volte lo hai saettato. IL GIUDIZIO

DELLE

IDDIE

GtOVE, MERCURIO, GlUNONE, MINERVA, VENERE PARIDE O ALESSANDRO Giov. Preso, o Mercurio, questo pomovattene in Frigia dal figliuolo di Priamo bifolco ( e' sta ai pascoli del Gargaro in sull' Ida) e diraigli: o Paride, dappoiche tu se' bello ed espertcL in amore, comandati Giove di giudicare quaF e

154 la pi bella delle Iddie. Quella che vincer la gara, in premio abbiasi il pomo. Ma ormai ora che ne andiate voi stessi dal giudice; io rinunzio a questo ministerio, amandovi tutte del pari, e se fosse possibile, vi vedrei con piacere tutMa siccome per necessity concete vitloriose. che una di voi sia pi bella, sarei in odio alle rimanenli. che sono la pi parte, non sono percio io giudice conveniente, e questo giovane e di razza dal quale ne andate, fiigio, e di poi reale, e parente di questo Ganimede; ne lo credera niuno insemplice e montanaro, Yen. Quanto a me, degno di questo spettacolo. dendo

o Giove, se ci dai per giudice lo stesso Momo, io me ne vado alia mostra con confidenza, peMa conviene l'occh chi potr mai biasimarmi? che anche a quest' altre non dispiaccia costui. o Venere, se Giun. Non temiamo noi punto, pure si desse 1a scelta al tuo Marte, ed accettiamo qualunque ei siasi cotesto Paride. Giov. Ed cosa a te, o figliuola, piace egli egualmente? L' arrossire dici? volti la faccia ed arrossisci ! in si fatte cose e proprio di voi altre zitelle: tute quelPartitene adunque, tavia tu acconsenti. vinte, non si sdegnino contro del giudice, ne facciano male al giovanetto, imperocch non possihile, che possiate tutte esle di voi saranno Parliamoci dirittamen~er bene del pari. Merc. voi mi io sar il conduttoi e: te per la Frigia,

,. 1 JO e statene di buon animo; seguite con prestezza, io conosco Paride, egli e bel giovane ed amoreggiatore, ed e tagliato a posta per giudicare tali Ven. Tutcose, e non giudicher egli malamente. to ci che dici mi assai caro, mentre avremo un giudice giusto, ma si e egli senza moglie, o fa vita COB qualche donna? Merc. libero affatto, o Venere. Ven. Che mi di! Merc. Vuolsi che si stia seco lui certa donna dell' Ida di ragionevoli forme, e del resto rozza e propriamente montanara; mae' par ch'egli poco la curi; ora perche mi domandi cio? Ven. Tel domandava per discorso. Jlliller. Male fai le parti di ambasciaintendendotela con colei tore particolarmente Merc. Non temere, o Minerva, che nonsi tratta di voi se questo Pasolo, , e domandavami E a che fine riride senza moglie. Miner. cio con tanto ma mi asicnto, aso e non per rnalizia. Merc. Nol so, impegno? che me lo aveva domandato a

cercare

non ha Miner. Dunque moglie? Merc. Pare che no. Miner. Ila egli desiderio di cose belliche ed e amante di gloria, o interamente non so bifolco? Merc. Per verit che essendo ma pu conghietturarsi , dirtelo, desiquando gli avvenga combattere, giovane, deri e voglia essere il primo. Pen. Vedi, che io non ti aCCQSO, n<? mi richiamo di te, che privatamente di Gnre parli con lei, perocche non 6 proprio Ella mi ha l'essere ritrosa. Merc.

156 domandato collera; tutta schiettezza cose, sicche non andare in ne ti credere meno di lei, se io con le stesse

ho ad essa risposto. Ma ima-nto colle chiacchiere abbiamo avanzato cammino, e ci siamo non poco allontanati dalle stelle, e l'Ida e lutto il Gargagi veggo distintamente Io stesso Paride voro, e se non m' inganno, stro giudice. non loscorgo. alia sinistra, lato, ove vedi Giun. dici? Dove si e egli ? io ancora Mere. Guarda, o Giunone, col non sulla cima del monte, tna daI una spelonca con del bestiame Giun.

Io non veggo questo bestiame. Merc. Che non vedi alIa dirittura quasi del mio dito alle rupi, ed verga in mamandra non

quelle vacche, ch' escono di mezzo uno che si sta in sullo scoglio colla accid la no, che va restrignendole Giun. Ora lo veggo, si disperda?

quello. Merc. desso di certo. se vi pare, discendiamo mo vicini alla terra, ed andiamcene a piedi per non ispaventarlo vodi sopra. Giun. Dici landogli improvvisamente ed ora che siamo inole cosi facciamo, bene, andare innanzi e fartrate tocca a te, o Venere, mentre ben ci pare che tu debba ci la strada, essere pratica, essendovi tante volte discesa ad Anchise, come conta la fama. Yen. che tu mi metta ro, o Giunone, Merc. Adunque vi condurro io che tato assai 1' Ida, quando Giove era Poco mi cuin novelle ho frequeninnamorato

s' egli e pur Ma poiche sia-

131 e sovente vi venni mandel giovanetto Troiano, e quando dato da lui ad osservare il fanciullo; ei fecesi aquila, io volava insieme con lui ed alleggerivagli il peso: e se ben mi ricordo, il rapi su questa pietra, volandogli Giove di dietro, ed afferrandolo assai leggiermente colle unghie, e col che aveva in terostro prendendogli il cappello sta, si lev in alio il fanciullo molto turbato , riguardava verso lui. Alche gli era cadulora io raccolsi la zampogna, ta per lo spavento Ma il giudice e omai qui o bifolpresso, per facciamogli motto. Salute, co. Par. Anche a te, o giovane; ma perche ne che col collo inchinato vieni qui a noi, e dove conduci coteste femminon paiono fatte per he, che essendo si belle, aggirarsi in su i monti? Mere. Queste non sono o Paride, G iunone, Minerva, Tuvedi, e Venere, ed io sono Mercurio mandato da Giove ne impallidire , e pon giu ogni timore, mentre non vi nulla di sinistro, e comandati Giove di essere giudice della bellezza di esse, dicendo che te ne rimette il giudizio per essere tu dotto nelle cose di amore: leggendo poi il pomo, saprai il premio della ga* ra Par. Dammelo che io lo veda; dice: abbialo la piii bella. Ed in qual modo o Mer, curio mio signore, potro io, essendo rozzo e mordi uno spettacolo meraviglioso, tale, giudicare ed al disopra delle forze di un bifolco? Ad essere Ma non tremare donne.

i38 giudici di queste cose pi adatti sono i gentilotti della citt. Quanto a me sapro per avventura secondo 1' arte, se una capra o una giodivisare, venca pill bella deIFaltra. Queste mi sembrano si possa rivolgere lo sguardo dall' una all' allra, perocche non si leggieri il distaccarlo , ma dove prima si fiso, ivi rimanesi, ed encomia quella che e se fa passaggio ad un' altra, gli presente , vedendola pur bella, ei si ferma, ed e poi tratto dalla vicina. In somma mi trovo abbagliato all\ vista della bellezza loro, e mi sento tutto confuso, e mi duole di non essere come Argo e di non , poterle guardare con ogni parte del corpo. Parmi se daro a, rettamente, adunque che giudichero il pomo, aggiungendovisi ancora, che questa e sorella e moglie di Giove, e quelle figliuole: lo che non poco di difficolt accresce al giudiCio io lo so bene, ma tu non puoi zio. Merc. tutte ricusarti, ve. Par. di Giotale essendo il comandamento Almeno, o Mercurio, procura di perquelle due che rimarranino vinte, che non meco, e che credano che solamente tutte belle del pari, e non so come

suadere si sdegnino

gli occhi miei abbiano errato. Mere. Cosi promet tono di fare; ma e ornai ora che tu compia il e che potr mai avgiudizio. Par. Tentiamolo; mi convien sapeve, se venirne ? 1\1a, primamente sar bastante il vederle come si stanno, o se pep fare un pi severo esame debbano spogliarsi.

139 Ci dee cssere in libert del giudice; laonCio che vode comanda quello che vuoi. Par. Adunque vi spoglio? vo' vederle nude. Merc. gliate, e tu guarda, ed io mi rivolgo. Vena A maraviglia, o Paride, ed io mi spogliero la prima , e cosi conoscerai che io non solamente ho Merc. ne che mi levo in superbia te braccia bianche, per avece gli occhi bovini, ma per esser egualmente bella in ogni parte della persona. Miner. Non si dispogli ella, o Paride, la prima, se non ha avanti deposto il cestello, perche incantae non dotrice, e potra affascinarti con quello, veva poi venirne cosi adornata, ne impiastrata di belletto, come una puttana, ma nuda e sempliee dimostrare le sue bellezze. Merc. Del cestello hanno ragione; pero lo deponi Ven. E perche ancor tu, o Minerva, levandoti il cimiero non mostri il capo nudo, ma scuoti te creste ed atterrisci il giudice, e temi che non ti preferisca, e che nulla ti giovino gli occhi azzurri senza la vista di quello spauracchio? Miner. Guarda che mi tolgo via V elmo. Vem. Ed io ancora depongo il canestro. Giun. Or via spogliamoci. Par. O Giove prodigioso, quale sqave e bello spettacolo! quale si e mai cotesta vergipe! pome in quella riluce un non so che di r-egio e di venerevole e veramente degno di Giove! come teneramente guarda quest' altra, e con quanta grazia amprosamente sort!de Ver me gi , ne

140 ho abbastanza di felicit. Ora, se vi piace, io vi vo' vedere ciascuna particolarmente, perch ora mi trovo incerto, e non so dove rivolgere 10 avendo gli occhi per ogni dove offusguardo, scati. Ven. Facciamo a suo modo. Par. Allontanatevi dunque amendue, e tu, o Ginnone, rie quando mi avrai diliRimango, gentemente osservata, devi ancora considerare se ti parran belli i donativi, che da me avrai per darmi il tuo voto o Paride, se Imperocch, giudicherai che io sia la piu bella, sarai signore di tutta l' Asia. Par. Io non mi lascio vincere dai doni ora ti scosta, e faro io cio che mi ; Eccoparr. Accostali tu, o Minerva. Miner. mi a te; e se tu, o Paride, mi giudicherai bele la, non avrai mai la peggio nelle hattaglie, vincerai sempre e sarai per me buon guerriero e trionfatore. Par. A me, o Minerva, nulla importa della guerra e delle battaglie, imperocch, come vedi, si sta ora in pace la Frigia e la Lidia, ed senza guerra lo imperio del padre mio. non ti sar perSta per di buon animo, che cio fatto torto, mentre io non giudico per doni; chk ma ormai ti rivesti, e ti riponi i1 cimiero, ed e ora che ne venio ho veduto abbastanza, Ven. Eccomi vicina a te, ed osserga Venere. in ogni parte, e non aver vami diligentemente fretta, ma ti ferma su ciascun membro. Ascolta di poi se ti fa piacere cio che vo' dirti. lungo mani. Giun.

14* tempo, che vedendoti io giovane e bello, e tale cbe io non ne conosco di simile che se ne #11 evi nella Frigia, ti tengo avventuroso per la. belche non lasciando tu lezza, ma mi rammarico, questi scogli e queste rupi non ti viva nella citE t, e perda la tua bellezza nella solitudine. qual bene ti viene da questi monti? serve forse la tua bellezza a cotesti buoi? Sana pur convenevole, che tu avessi gi preso donna, ne questa rozza o villana, quali sone le donne delo Corintia, ma di Grecia o Argiva, o, l'Ida, come si Elena giovane e bella, ed Spartana, e ci in niun modo inferiore a me di bellezza, cbe pi monta assai, esperta in amore. Se questa ti vedesse pure una sola volta, io so bene che abbandonando ogni sua cosa, e dandosi in tuo Non poter ti seguiria e verrfa a starsene teco pu essere che tu non abbi udito parlare di lei. Per nulla, o Venere, e volentieri ora ti se bene me ne informassi. Ven. Ella ascolterei, figliuola di Leda, di quella bella, alIa quale ne vol Giove in forma di cigno Par. Quale si mostra all' aspetto? Ven. Bianca e simile al cigno che l'ha generata, di poi molto morbida, coPar. me nutrita nell' ovo , ed ama nuda 1' esercizio e la lotta, ed stata si ambita, che vi stata guerra per lei, avendola Teseo rapita ancora immatura. Tostoche poi fu in et da marito, tutti i pi ragguardevoli Achei Ie- se dichiararono

i 4-i e fa prescelto Menelao della famiglia Se tu vuoi, io trattero per te coteste Pelopida. notze. Par. Cosa di, le nozze di una maritata ? Ven, Tu sei giovane e rozzo; so bene io come amanti, conciene Come ? maneggiare la faccenda. Par. bramo saperlo ancor io. Ven. Tu viaggerai come per vedere la Grecia, e venendone in Lacedembne, sarai veduto da Elena. Sar allora mia cura farla innamorare di te e farti seguire. Par. che abbandonando il impossihile, marito voglia navigare in compagna di un barbaro e forestiero Ven. Statti pur tranquillo su cio, questo figliuoli, l' Amore e la Dolcezza, i quali io daiotti amen due accio ti sieno scorta nel viaggio; ed Amore insinuandosi e la Dolcezza tutto in lei forzeralla ad amare, aggirandosi intorno a te, ti rendera come se stessa, desiderato ed amabile. Io ancora saro presente e preghero le Grazie che ci accompagnino, e cosi tutte insieme la persuaderemo. Par. Come si finiranno coteste cose, o Venere , si e incerto; nulladimeno io amo gi Elena, e, non so e navigo diritin che modo, mi pare vederla, tamehte in Grecia, e vo' peregrinando in Isparta, 6 ritorno avendo meco la donna, e mi duole che di presente non faccio tutto cio che dio Paride, se priTu non devi amare, tna non mi concedi il premio della gara, e dovendoti io essere mezzana e fattrice di questo co Veh. mentre ho io due bellissimi Parmi

145 matrimonio e per me decoroso il comparirvi vite festeggiare insieme la vittoria e le noz-

toriosa, ze, ed in poter tuo di comprarti con questo porno la bellezza e la sposa. Par. Io temo, Trnore, che mi dimentichi dopo il giudizio Ven. Se vuoi

mi obblighero con giuramento. Par. Non occorVen. Si, solo di bel nuovo. re, promettimelo di darti Elena per isposa e che ella ti prometto ed io saro pt-eseguir e verranne teco in Frigia, E condure maneggero ogni cosa. Par. raivi ancora 1' Amore la Dolcezza, e le Grazie ? , Yell. Non dubitare che mi faro seguire ancora sente dal Desiderio e dall' Imeneo. io ti do il pomo, Aquesti patti e tu sotto questi il ricevi. E MERCURIO XXI. Mar. o Mercurio, in qual modo Udisti, e ridicolo ci minaccio Giove, dicendo : di mandar gi dal cielo una ad essa vi sforzerete a e se appresso; non solo lever Par.

MARTE

superbo se mi viene talento

catena, voi attaccandovi vi travaglierete invano a tirarmivi vorr al contrario tirarla

in alto voi, ma anche e la terra Ascoltasti di poi pure le altre cose. Quanto a me, che egli paragonato in partrcolare a ciaseuno di noi sra il pi forte e potente, non mi oppongo;

a me, il mare insieme

i44 ma non vo' poi persuadermi, che sia superiore a lutti noi msieme, e che non possiamo trasciAbjiarlo, afferrando il mare e la terra. Merc. bi giudizio, o Marte, mentre non e sicuro il parlar di tal sorte, e da queste chiacchiere ce ne potria venir danno. Mar. Credi tu forse che io mi vada sfogando con tutti? mi ti sono aperto come amico, perche so bene che non se' linguacciuto, ma non voglio nasconderti cio che mi sembro pi da ridere in quel minacciare, perocche dopo che Nettuno, Giunone e Minerva tentarono di prenderlo e di ei divenne per lo spavenlegarlo insidiosamente, to di mille colori, e pur non erano che tre soli. a compassione non chiamava in di lui aiuto il centomano Briareo, saria stato legato col tuono e col fidmine. Ripensando a tai cose, non posso tenermi di non ridere di quei belli suoi paroloni. Mere. Abbi giudizio, sta cheto, perocch n a te sicuro il parlare in tai modo, ne a me l'ascoltarti. PANE E MERCURIO XXII. - Pan. trettanto Merc. Alo padre Mercurio. Salute, a te , ma come sono io tuo padre? Pan. cillenio? Merc. Si certo. E sa Tetide mossa mi ricordo che non molto

PJon sei tu Mercurio

145 ma come sei mio figliuolo ? Pan. no natoti d'innamoramento. Merc. sarai Sono adulteriPer Dio! lo

di capre, di qualche becco stupratore pee rocche essendo mio, come avresti le coma, e quelle gambe quel naso con quella barbaccia, torte e caprine colla coda sopra le natiche? Pan. cadono non tanto Tutte queste beffe, o padre, in derisione

di me, tuo figliuolo, quanto tua, che Io ne sono inhai tal gerrne e tal figliuolanza. nocente. Mere. Ma mi d: chi mai la tua madre? to a fare Perch6 io non con capre gesti con capre , ma per caso ti sovviene di aver sforzato una fanciulla libera in Arcadia ? Ne qui serve che ti morda il dito e che ti dicervelli a pensare : io parlo di Penelope Mere. E come mai in luogo me ti ha ella partorito no? Pan. Ti rispondero mi disse, figliuola d' Icaro. a mi ricordo di avere avuPan. Tu non ti congiun-

di assomigliarti

con quell' aspetto capricolle parole istesse che

via dall' Aicadia : quando mi mando io Penelope spartana sono tua madre , Figliuolo , e tuo padre lo iddiQ Mercurio figliuolo di Maia e di Giove, ed accio non ti rammarichi di esgambe di capra, sappi che con me, per quando tuo padre si congiungeva nascondersi trasformavasi in becco, e per questa cagione sei nato di aspetto caprino, Merc. Per Dio ! che or ben mi rammento di aver fatto qualche cosa di simile. Or adunque io che mi tengo Vo\ I. uj ser cornuto e con

146 ancora sbarper la bellezza, essendo e saro oggetto bato, Sard chiamato tuo padre, ad ognuno di fisa per la belt della prole? Pan. Non avrai, o padre, ad arrossire per me, perch6 io sono musico, e suono la zampogna per e Bacco non sa vivere senza di me, eceellenza, e mi ba fatto suo familiare e compagno di tire se darai un' ocso, e gli fo da capo-coro, chiata a' numerosi bestiami che io possedo presso Tega legrarti ha guari unito essendomi agli Ateniesi, mi comche in premio del portai in guisa in Maratona, mio valore mi fu assegnata 0na spelonca sotto la Rocca; e venendo in Atene conoscerai quanto v' grande il nome di Pane Mere. Ma mi di, o Pane ( poich parmi cosi d' appellarti ): hai tu gi preso moglie? Pan. No , o padre, pere non mi soddische io sono assai lussurioso , faccio giacendo con una sola Mera. M' immagino che te la farai colle capre? Pan. Tu ti fei beffe di me , ed io mi giaccio con Eco e con Piti e con tutte le nnfe di Bacco, e fanno esse Mere. Mi farai tu, o fia gara per avermi gliuolo, una grazia la prima volta che te ne doo padre, e fammiti ed abbracciami intendere. Merc. Appressati, ma guardati di cbiamarmi pi." amichevolmente, woe, quando altri ci ascolti. mando? Pan. Comandami, e Partenio, avrai ben ragione di ralRegno di poi su tutta 1' Arcadia, e non da tahto

147 APOLLINE E BACCO

XXIII. diremo, o Bacco, che AmoApol. Come e Priapo sieno fratelli nati di re, Ermafrodito essendo tanto diversi nell'auna stessa madre, spetto e ne' costumi ? imperocch l'uno e bellise cinto di potenza non picsimo e saettatore , 1' altro mezzo uomo e mezcola a tutti comanda; che diflizo femmina di forme si ambigue, se donna o fanciullo; quel Bac. Priapo poi e maschio anche piu del dorere Non fartene, o Apolline, niuna meraviglia, mentre non e Venere cagione di cio, ma i padri diversi che gli han generati, nascendo molte cil cosa 1' affermare utero e da un solo padre chi maschio e chi femmina come voi Apol. Si; ma noi siamo simili ed abbiamo le stesse voglie, Bac. Quanto all'arco periti essendo nell'arco. volte da un medesimo siamo d' accordo, ma non si conforma, o Apolline, che Diana ammazzi gli ospiti presso gli Sciti, e che tu facendo l'indovino sani gPinfermi. Apol. E credi tu che mia sorella si compiaccia degli Sciti ? Essa anzi odiando quelle uctostoch alcun cisioni, si di gi apparecchiata, Greco ne ander nella Tauride, a navigarsene con esso lui Bac. Ella non fara che bene; ma ritornando a Priapo, ti vo' contare una cosa

1r.8 poco fa accadutami in Lampsaco. Passando io per quella citt egli m' accolse e mi volle seco ad albergo; e, finito il convito, avendo ben cioncato il valentuomo in sulla mezza notte si alz, ma mi vergogno di dirlo. Apol. Cbe? ti tento? Bac. L'hai indovinata. Apol. E tu che facesti? Apol. Ben facesti Bac. Non altro che riderne. a non mostrarti ritroso e selvatico , perocch era da perdonargli se ti tentava, essendo tu bello. Bae. Per la stessa ragione corri rischio, o Apolline, ancor tu; e cosi ricciuto e bdlo qual sei, Priapo ti assalir anche non ubbriaco Apol. Ei guarderassene bene, o Bacco, perch cosi ricciuto so maneggiare ben l'arco MERCURIO XXIV. o madre, nel cielo alcun Merc. Havvi, Dio che sia pi infelice di me? Mai. Non parE come in tal modo. Merc. lare, o Mercurio, non parlero avendo tante faccende, travagliandomi solo, ed adoperato essendo in tanti diversi incarichi ? che la mattina, , mi appena mi levo la mensa e dopo aver conviene apparecchiare , devo preparato e disposto tutto per l'assemblea, presentarmi a Giove, giornata le ambasciate e portare nel corso della di lui di sopra e di sotto, E MAIA assai ridicola

i \9 e subito ritornato re 1' ambrosia, cella polvere indosso apprestae avanti ne venisse questo copdi fresco, dovea anche mescere

piere coniprato E cio che pill mi insoffribile, solo il nettare. convetra tutti gl'Iddii non dormo la notte, fare il nendomi condurre le anime a Plutone, pedante ai morli, ed esser presente al giudizio; ed aggirandomi il giorno ne' teatri, facendo il come se messo, ed ammaestrando gli oratori, sono costretto a diqueste fatiche non bastassero, videre le mie occupazioni intanto i figliuoli di Leda l'inferno faccende. ed I necessario di miserabili Ed pure co' morti si stanno il giorno alin cielo come a lor pi ace, ed a me in queste ogni giorno occuparmi figliuoli di Semele e di Alcmena, nati siedonfemminette, spensieratamente

si a mensa ed io figliuolo di Maiae di Atlante, , loro faccio il maestro di casa Ed ora venendone di Sidone dalla figliuola di Cadmo, ove spedimmi a vedere come si porti quella fanciulla, non lasciandomi nemrnen respirare, spedimmi di nuovo in Argo a visitar Danae, e di poi m' ingiunse cbe passando per la Beozia dessi un' occhiata ad Antiope, Talch mi son perduto di speranza affatto, e se mi si desse la scelta, dimanderei volentieri di esser venduto, come praticano nel mondo i servi, che hanno cattivo padrone. Mai. Levati dal capo, o figliuolo, cotali fantasie, perocche dovere che tu ti presti ai

15o comandamenti del padre, essendo giovane; ed ora avendoti egli spedito, affrettati verso Argo e verso la Beozia, accio tardando , non ti sia data la frusta, perocch gli amanti sono collerici GIOVE ED IL SOLE XXV. hai mai fatto, o malvagio Tia rovina in terra ogni cotano , che hai mandato sa, affidando il carro ad uno stolido giovanetto, Giov. Cosa che spignendosi vicino a terra la brugio in parte, e parte, allontanandosene, per mancamento ed in somma di calore ne fe' perire di freddo; vi turbo per modo e pose a soqquadro ogni conon lo avessi rosa, che se io avvedendomene vesciato col fulmine, non vi sarebbe rimaso nepA tale e si valenpure il segno degli uomini. la guida del carro Sol. Ho errato. o Giove, ne andare in collera se io cedetti alle incessanti preghiere del figliuolo, non credendo mai che ne nascesse dante cocchiere avevi tu affidato Giov. Non conoscevi quanta dilino si grave e che genza era necessaria per quella faccenda, se per poco si fosse scostato dalla via era spacciato del tutto ? non conoscevi 1' ardore dei cavalli, a' quali bisogna reggere il freno con forza , che pi non ubbidiscono, se rilasciasi, siccome

r or a costui, che trassero or a dritta, a sinistra ed ora al contrario del relto cammino, portandolo a basso ed in alto a loro piaccavvenne egli forza di ritenergli ? Sol. Io sapevami tutte queste cose, e percio non mi piegava a confidargli un tale incarico: finalmente vinto dalle sue lagrime e dalle istanze delre, non avendo Climene, salito sopra il mio carro lo avvertii come bisognava guidarlo, quanlo lilasciare le redini, e come innalzarsi e tornar di nuovo a discendere , ed in che modo esser semIa madre i e non abbandonare pre padrone della guida, cavalli in loro bala, Essendo esso fanciuilo, standosi sopra tanto fuoco, e rignardando in quella immensa profondit, come e da credere, s'intimori, ed i cavalli accorgendosi che io non v' esi gettarono fuori ra, dispregiato il giovanetto, di strada e fecero tutto quel danno. Esso, caternendo di dutegli Ie guide, com' e verisimile, non cadere, si tenea forte al cocchio Ma ora ei ne soffre la pena, ed a me e bastante, o Giov. Ti par Giove , il dolore avere osato tai cose? Nondimeno ma se per 1' avvenire commetterai bastanle dopo io ti perdono: un simil fal-

tali ministii, limmantinente lo, ed adopererai t' avvedrai quanto il fulmine sia pi potente del tuo fuoco Le sorelle seppelliranno colui presso I' Eiidano ove cadde do sopra di lui lagrime dal carro, di eleitro e piangenpel dolore

l.ri in pioppi. Tu raccomodando il tuo carro ( al quale rotto il timone e spezzata una delle ruote ), attaccati i cavalli, riprendi di nuovo il tuo corso, qeste cose. APOLLO e tienti a mente tutte tiasformerannosi

E MERCURIO XXVI.

Q o Mercurio, dirmi, Apol. Sapresti quale di questi sia Castore e quale Polluce? io per me non so discernergli. Merc. Quello che ieri conversava con noi era Castore, e questi Polluce Apol. Come gli riconosci, essendo simili afha in questi, o Apolline, sul volto i segni delle ferite, che riporto dagli avversarii, giuocando alle pugna, e specialmente dei colpi che gli die' Bebrice d' Amico navifatto? Merc. Perche gando con Giasone L' altro non ha verun seed ha la faccia pulita ed intatta Apol. gno , Mi ti confesso obbligato per avermi insegnato codeste marche, perocche del rimanente son simie li ed hanno mezza porzione di uovo ciascuno, la stella di sopra, la freccia in mano, ed il cavallo volte io appellava Castore Polluce, e Polluce Castore Ma mi di: donde nasce che non si stanno amendue qui con noi, ma vicendevolmente ora l'uno di essi si morto, ed ora si bianco: talch molte

153 Fanno cio per l'amore fraterno, imperocch essendo necessario che uno dei figIiuosi li di Leda morisse e l'altro fosse immortale, sono cosi divisi l'immortalit. Apol. Questo cone Iddio? Merc. perche, come io cresiglio non parmi assennato, do che ne abbiano gran desiderio, non possono vedersi insieme, essendo l'uno tra gl' Iddii e 1' altro tra i morti. Ma intanto io faccio l'indoesvino, Esculapio medica, tu insegni la lotta, sendo ottimo in tale esercizio, Diana fa la mammana, e ciascun di noi ha una qualche professione vantaggiosa o agli Iddii o agli uomini, e questi soli si stanno colle mani a cintola, ed essendo grandi e grossi, senza travaglio siedonsi a mensa Merc. Hanno inconibenza di servire a Nettuno pel mare, e vedendo i nocchieri travagliati dalla tempesta, sedendosi sopra la nave, salvarne i naviganti. Apol. Questa che tu m'accenni, o Mercurio, si un' arte ben buona ed assai salutare. e di cavalcar

i54 DIALOGHI MARINI

) Nnn dwersa

ARGOMENTO dai

precedenti, per quello si la materia di quespetta agli argomenti, sti Dialoghi, perocchk ancor essi tratti sono da Omero e dai poeti tragici, e risentono medesimamente Trattano credere dimostrare e festivita. eLeganza talchb da quasi tutti di amori, che abbia voluto Luciano con cio che tutto cio che ha moto nel monla stessa

do, inchinato principalmente sia sopra ogni altra ajfezione al piacere e all' amore. I persoche pur qui introdunaggi di poi degl' Iddii, su tai face, "i son posti per piacevoleggiare comech foss' egli dispregiatovole; mentre, re di ogni me appare non era volutta setta di filosofia, da molti luoghi dalla conondimeno, delle sue ope re,

alieno

pel sommo videnza degV Iddii DORIDE

che aveva la epicurea, dei beni, e negava la prov-

E GALATEA I.

Dor. giadro

che questo lego Galatea, Dicesi, pastore siciliano impazzisca di amore per

i55 Non beffartene, o Doride, che qualunE che que ei siasi, figliuolo di Nettuno. Dor. importa? fosse egli pur iigliuolo di Giove, garebbe per cio meno ruvido, non avrebbe un sote. Gal. lo occbio e non apparirebbe forse jl pi deforme degli uomini? credi tu che alia bellezza inGal. Non desso poi si rufluisca la stirpe ? vido, come tu spacci; e se e brutto e selvaggio,

e coIl' oonon pertanto .e pieno di robustezza, 'Ohio chegli adorna la fronte, ci vede nientemeo Gano che se ne avesse due. Djor. Sembra, latea, cfye: tu tenghi Polifemo non per amante , ma per amato, lodandolo in questa guisa. Gal. Non per amato, ma non posso per verun mod<J sopportare questi vostri scherni; e parmi che voi da invidia, perche egli nel pascor lare il gregge scoprendovi da una vedetta scherzare in sul lido alle radici dell' Etna, ove tra il monte ed il mare distendesi il lido., non fece punto a voi mente, ed io tra tut,te gli sembrai la pi bella, ed a me sola rivolse 1' occhio Questo e cio che vi duole, essendo una prova, che io sono migliore di voi e pil degna di amore 1' essere voi state non riguardate. Dor. Veramente sei da invidiare per eseere paruta bella ad un pastore privo della vista; e di che altro poi fuori della sola biancbezza pote egli lodarti? Ne e da meravigliare s'avendo sempre l'occhio al latte ed al cacio, avvisa esser belle quelle siate mosse

*r l;) Del rimanente, assomigliano. le tue bellezze, quando il mare si e in calma specchiati da qualche scoglio nell' acqua, e vedrai che non hai altro che un hel candido, il quale non e lodato, se non vi si mischia un poco di rosso Gal. Intanto io cosi tutta bianca m' ho iion vi ha niuna e di voi amalore, che sia lodata ne da pastore , ne da barcaiuolo. Polifemo olcotesto cose che a queste se vuoi conoscere

ne da nocchiero, tre altri pregi pur musico. o Dor. Chetati, che lo udimmo cantare quando poco Galatea, fa ti si appressava Amor di Venere! parea un asino che ragghiasse : ! un e qual lira ei s' avea cranio di cervo spolpato , le corna del quale gli ed avendovi servivan di manichi, soprapposto il suo giogo vi avea tirati dei nervi senza porvi nessun registro, ed alzando egli la voce ed accompagnandosi con quello stromento udivasi un' armonia cupa e stonata, talche non potevamo rattenere le risa al di lui canto amoroso; ed Eco non istessa, ch' si corriva con chi ragghia, e vergognavasi di comparire voleagli rispondere, imitatrice di un cantore si aspro e ridicolo. Portava di poi questo caro amante tra le braccia un ed ispido come lui. E chi non t' invidierebbe, o Galatea, un tale amante? Gal. che il tuo sia piu bello , Mostrami , o Doride, e piu valente nel canto, e sappia meglio suonar orsacchio ruvido la lira Dor. Io non ho amatore, ne fo pompa

i57 E questo Ciclope, quale di essere vezzeggiat. un pessimo odore di becegli si , tramandante coco, divoratore di carni crude, e mangiatore, me dicono, dei forestieri, che capitano alia sua casa, sia per te tale, e sia pure riamato da te. CICLOPE E TNETTUNO 11. CicL P adre, scellerato ospite, cosa ho io sofferto da questo mi acceco che ubbriacandomi, dormiva? Nett. E cbi mentre CicL Da

sorprendendomi ha cio osato, o Polifemo ?

prima ei appellavasi Niuno , quando poi fuggi e fu al coperto dei colpi, chiamossi Ulisse. Nett. Intendo chi dici: da che rinavigava quell" Itacense Troia: ma come ardi tanto , non essendo egli Cicl. Io preso avea nell' antro, punto animoso? ritornando dal pascolo, non pochi che insidiavae no al gregge, e dopoch' ebbi posto la sbarra alla porta ( ch' una gran pietra che tengo ) , ed ebbi acceso il fuoco ponendo su un albero che portava dal monte, sembrava che tentassero di nascondersi. Io allora afFerrandone alcuni, per essere essi ladroni, contera giusto, me gli Intanto questo astutissimo sia Niuno, mangiai o sia Ulisse, mi die' bere una medicina mescolata, soave e di buon odore, ma traditora e

!~8 perniciosissima. Imperocch appena bevutala mi parve che ogni cosa mi girasse attorno e la spelonca andasse sossopra, e non essendo pi in me, finalmente caddi in profondissimo sonno un troncone ed affuoEgli allora appuntando candolo in cima, accecommi nel sonno, e da quel o Nettuno Nett. tempo in poi io sono cieco, Si profondamente adunque, ofigliuolo, dormivi, che non ti risvegliasti mentre accecavati ? Ed in qual modo poi fuggissene Ulisse , mentre mi la pietra dalla pare che non potea rimuovere porta? Cicl, La tolsi via io stesso per prenderlo meglio nell' uscire, e sedendomi presso la porlasciando pasta, cacciava colle mani distese, sate al pascolo soltanto il bestiame, e comandando al caprone tutto cio che gli bisognava faComprendo corne, senza ti scappo sotto questo : ma bisognava gridar forte e chiamare in aiuto contro di lui gli altri Ciclopi. Cicl, Chiamaili, o padre, e vennero, e domandatomi il nome del traditore, io diceva che era Niuno, talch credendo essi che io fossi pazzo se ne partirono, e cosi col nome uccellommi quello scellerato, e cio che Nett. la pil m' ha trafitto si , che rinfacciandomi mia disgrazia, aggiunse: non varr a sanarti nepo fipur Nettuno tuo padre. iVett, Consolati, che io vendicherotti di lui, e gli faro gliuolo, conoscere che quantunque io non valgo a curare re in mia vece te ne accorgessi,

i*9 la perdita dell'occhio; dipende tuttava da me l'annichilire e il salvare i naviganti, ed egli aneor naviga ALFEO E NETTUNO III. Nett. Donde ne avviene, o Alfeo, che sonel mare non t'imrnischi col-

lo tra tutti cadendo

come costume degli allri fiumi c la salsedine, ti riposi, ne spargendoti ma standoti fermo in sul mare, e conservando la tua dolcezza, puro ed immacolato per non so qual modo ti sommergi nel fondo come le anatre sorgendo quindi come pare, a rivedere la luce? Alf. una galanterfa amo laonde non mi mortificare, tanrosa, o Nettuno; to pin che tu ancora assai volte se' stato amante. Nett. E donna, e i merghi ; e in altro luogo torni

o ninfa, o Alfeo, la tua ao piuttosto alcuna delle Nereidi ? Alf morosa, una fonle, o Nettuno, Nett. Ed in qual terAlf. isolana di Sicilia, e l'apAretusa. Nett. Io conosco questa Areanzi assai limpida e die riluce la sua acqua socome un argento. Alf. Come ben

ra essa scorre?

pellano tusa, e non h brutta, scorre in luogo puro

pra la ghiaia conosci questa fonte, o Nettuno! io adunque vommene a lei, Nett. Vanne, e sii feliee in amore,

160 ma famnii ancor di questo capace : come tu, essendo Arcade, vedesti Aretusa cbe sta in Siracusa? Alf. Tu rattieni, o Nettuno, il mio ardore con domande che non sono al caso. Nett. Hai ragione: affrettati verso la tua diletta, ed emergendo dal mare, mescolato di concerto alla fonte, formate una istessa acqua. MENELAO E PROTEO IV. Men. Che tu, o Proteo, divenga acqua, non e poi si sfrano perche sei marino; albero, ti si jfuo passare; ne pure affatto incredibile in leone, ma che si possa dare ~~ti trasfbrmi che divenga fuoco, ed abiti il mare, di questo Hai meraviglio e non posso crederlo. Prot. Non o Menelao, che io vi divengo. meravigliartene, Men. L' ho veduto io stesso; ma mi sembra (sia detto con tua pace) che tu in questa cosa vi un po' d' impostura, e che inganni gli occhi dei riguardanti, non divenendo tu affatto tale. Prot. E quale inganno pu esservi in un fatto si manifesto? non lo hai tu veduto cogli stessi - tuoi occhi in. quante forme cangiaimi? e se non ed una m' hai fede, e parti ci una impostura metta che ti abbaglia la vista, quandoio saro la mano, divenuto fuoco accostaci , o valoroso, fantasia

161 ed allora sta, conoscerai se sembro tale solo alla vi-

ovvero se valgo anche a brugiare. Men. non sicuro. o Proteo, Questo esperimento, o Menelao , cbe tu non abbi Prot. Sembrami, giammai veduto il polpo, e che ignori la natuII polpo io 1' ho vera di questo pesce. Men. duto; ma volentieri ne la natura. Prot. vicinasi colle vischiose imparero da te a conoscerA qualunque pietra esso ave vi distende le branche, ed attaGcavisi sue spire, comparisce quella sie mutato il colore, egli imita lo sco-

cosi a' pescatori e non in tutto alia pietra. Men. veduto assomigliando asSon belli conti, ma il tuo, o Proteo, sai meno credibile. Prot. Io non so, - o Menelao, dendo a cui mai sii per prestar fede, non creagli stessi occhi tuoi. Men. Per vedere, ho veduto; ma e un po' troppo prodigioso, cbe 1' acqua e il fuoco divenghino una stessa cosa. PANOPE E GALENE V. Pall. cbe fece mente, ieri la Discordia F acesti o Galene, a quello in Tessaglia in un

mile a lui, glio, e si nasconde

pranzo, perch essa non fu chiamata al convito ? Gal. Io non mangiai insieme con voi, perch Nettuno mi comando che custodissi il mare in Vol. I. 11

1'61 fcalmd* Cosa fece adunque la Discordia non h16 vitata ? Pan. Tetide e Peleo se ne andavano . da Anfitrite e Nettuno. Innozze accompagnati tanto la Diseordia non veduta pote fare fcon facilit , perch ed altri ballavano, ed altri erano intenti ad Aed alle Muse che pollo che suonava la chitarra, in mezzo alia mertcantavano, gitto, 0 Galene, sa utl bellissimo pomo tutto d' ore), sul quale era scritto : Abbialo la Bella. Questd rotolando quasi lo fosse a bella posta, perVenne dove gia Avendolo preso Mercurio, dopo ebbe spiegato lo sCritto, noi Nereidi ci tacemmo, impercche non ci doriVeEsse contrastavania parlare, presehti le Iddie cevansi Giunotre, Venere e Minerva e credeva ciascuna che suo fosse no tra loro, E se Giove non le spartiva la cosa sajl- pomo fino alle mani Egli adunque disse: io non faro giudizio di cio (bench esse ptein lna andatene tend evano cb'ei giudicasse), i1 quale come sull' Ida al figliuolo di Priamo, rebbe andata amatore della bellezza pi bella, E che fecero , o Panope, io credo vannosi all' Ida saprA ben distinguere la. e non giudicher al certo male Gal. le Iddie? Gal. Fino Pan. Oggi da ora ti da niuno, ed il alcuni bevevano;

dico, che, a meno che il giudice non sia privo della luce degli occhi, non vincera nessun' altra al paragone di Venere

l65 TRITONE, MTTUNO, VI. Ne viene, o Nettuno, ogni giorno A far acqua in Lerna una donzella, la pi fresca , piacevole e bella che io mi sappia aver veduto o per avventura si & Net. E libera. giammai. quatche serva, poich6 dici che viene a fare acqua? Trit. Per nulla. Ella si e una delle cinquanta Trit. ed appellasi Amimone; pefigliuole di Danao, rocch 1' h interrogala sul nome e suUa famiglia. Danao alleva duramente gna loro i mestieri manuali, e le accostuma cosi ad esser le figliuole; insele manda a far acqua, forli e pazienti.. da Argo fino AMIMONE

Net. Fa sola tutta la lunga strada a Lerna? Trit. Sola, ed Argo come sai assai assetato, talche sovente le conviene fare acqua Net. 0 Tritone, cio che m' hai detto della fan* ciulla m' ha non poco turbato, laonde andiamone a lei. Trit. Andiamone, che di gi e tempo del fare acqua , e dovrebbe a quest' ora essere a mezza la strada di Lerna. Net. Attacca dunque il cocchio: se perdesi legare al timone i cavalli, ne, recami anzi un delfino cavalcando vi gingnero pi questo dei pi solleciti. Tartiamoci , e tu, pero troppo tempo a ed a porlo in ordiche dei piu veloci, Trit. Vedi: presto. Net. A meraviglia nuotami accanto,

o Tritone,

lii4 gionti in Lerna io -m~ appiattero in alcun luogo, e tu va spiando quando ti Trit. Ella ti si pare che ella sia per arrivare. Net. Bella, o Tritone, avvicina. e vezzosa fanAmim. ciulla i ma conviene ce la prendiamo O uomo, perche mi rapisci e dove mi conduci? sei corsaro , e sembri spedito di Egitto dalTrit. io chiamero il padre. Sta lo zio, sicch Amim. cbela, o Amimone, ch' egli Neituno. Cosa forza, na, ti di di Nettuno ? e mi trascini che ho da morire perche sul mare? o uomo, mi fai ahi me meschie tostoch saremo

Non teaffogata! Net. che non t'avverr. nulla di male, che anmere, col tridente quello zi percuotendo scoglio, ove si spingono i flutti, farovvi scaturire una fonte, che sar appellata col nome tuo, e sarai avventurata , e sola delle sorelle non porterai 1' acqua dopo morta.

NOTO

E ZEFFIRO VII.

Not. duce

ginata ma , o Noto; allora per non era giovenca, fanciulla e figliuola del fiume Inaco; ora Giunoche ne ingelosita r ba fatta tale, accorgendosi

o Zeffiro, che congiovenca, Quella Mercurio per mare in Egitto, stata sverdi lei da Giove imberlonato Zeff. Cosi

li.i l'amava. Not. Amer ura egli anGiove troppo che la vacca? e perci la Zeff. Sicuramente, che manda in Egitto, ed a noi ha comandato, ella trapassa il mare nuotandw, teniamo i flutti tranquilli , essendo ella pregna; partorir ed essa ed il parto saranno Iddii. Not. cola, Iddia una vacca? Zeff. E qual o meraviglia, Noto? ai presiedera ed a suo pianaviganti e sar nostra padrona, cere ci permetter e ci proibira il respiro. Not. Come padrona , conviene adunque, o Zefliro, che noi la rispettiamo , e ce la rendiamo affedisse Mercurio, zionata. discesa e Zeff. Ma ecco che ormai arrivata in terra. Guarda che di gi non cammie secondo fitch

na pi con qualtro piedi, e Mercurio rizzandola 1' ha fatta tornar di nuovo una bellissima don na. Queste , o Zeffiro, sono cose veramente meiavigliose. Ne andarono le corna, la coda ed i piedi bovini, ed una amabil fanciula Mercurio, che si trase di giovane ha fatlo il viso di cane ? mutato, Zeff. Non ricerchiamo pili oltre, sa bene egli cosa si fare Not.

Ia. Ma cosa avvenne

i66 NETTUNO e DELFINO VIII, lodo 2. o Delfini, cbe sempre siete stati amanti degli uomini, ed anticamente prendendo il fanciullino d'Ino portastelo all' Istmo, caduto essendo colla madre dagli scogli di Scida Metimna ro, ed ora tu prendendoti suonator di chitarra lo portasti in Tenaro stessi ornamenti quel cogli ne lo abbanNet. Vi

e colla cbitarra, donasti sul punto di perire per la scelleraggine de' nocchieri. Pelf. Non U meravigliare : o Net* tuno, se facciamo bene agli uomini, perocch6 di uomini siamo divenuti pesci Net, E ne ho percio sdegno con Bacco, cbe vincendovi in mare vi trasform, quando dovea sotamente signoreggiarvi come pratico gi cogli altri. Ma naf1' accaduto ad Arione. Delf. rami, o Delfino, Io credo cbe Periandro assai si compiacesse di lui pel diletto che ne avea dall' eccellenza dell' arte Arricchito percio egli essendo dal tirannos sua gli venne voglia di navigare in Metimna sua patria per far mostra di sue ricchezze; e salito sopra una certa barca di malvagi uomini, ed avendo voce di portare molto oro ed argento, tostocbe gionsero in mezzo all' Egeo, que' marinai gli furono addosso Egli allora disse loro ( perocch notando io yicino alia barca ascoltava

167 che cosi permettetemi parvi, poiche cosa) : ogni e cantata che io mi rivesta de' miei ornamenti, da me stesso gitteromavr una lamentazione , mi nel mare indossatosi I nocchieri le sue vesti gliel concedettero, assai sonoramente ed can-

to, e cadde nel mare sicuro di perire in poco e portandolo sill mio dordi ora. Io prendendolo lodevole il Net. so to condussi a Tenaro. tuo amore alia musica, e gli rendesti cede di averlo ascollato. E NEREIDI IX. stretto nel quale cadde la fanQuesto e voi, eiulla, sia da essa appellato Ellesponto , o Nereidi, prendendone il cadavere, lo portate nella Troade, acci sia seppellito dai paesani. Ner. E non egli meglio, o Nettuno, che sia sepNet. pellita in questo istesso mare al quale die' il nome? imperocch ci vien compassione di lei pei mali che sofferse dalla matrigna Net. Cio, o ne d'altronde e diAnfitrite, non e permesso, cevole che si giaccia sotto F arena, sicch come ho detto si seppellisca nel Chersoneso E sar per lei sollievo non piccolo, che avven fra po* co ad Ino la stessa cosa, e perseguitata da Atamante si precipitera col figlmoletlo in braccio degna merr

NETTUNO

i<5B le rocce di Citerone sporacque, laddove Ner. Per far piacere a Bacco gono in mare converracci salvare pur quella, perocch Ino fu sua balia Net. Essendo si malvagia, veramente non converrebbe , ma dall' altra parte , o Anfitrite, re Bacco Ner. non merita Ma donde che gli sia fatto dispiaceavvenne che costei cadde nelle

dal montone, ed il fratello Frisso sen passa senza pericolo ? Net. Non e strano, perche essendo egli giovane fatto puo sostenerne la velocit ed il movimento; essa per debolezza di et montata essendo sopra una vettura non usata, e rinella immensa profondita, stupefatta guardando insieme ed atterrita rapidit del volo, na del montone, colle quali teneasi forte, cadNer. Dovea la madre Nefele de nelle acque mentre cadea. Net. Il dovea, soccorso, ma il destino 6 assai pi potente di Nefele. darle IRIDE E NETTUNO X. isola errante, o Nettuno, stacsospinta dai flutti ancora va e girandole il capo per la staccatesele le mani dalle cor-

Irid. cata dalla

Questa Sicilia, nuotando. Dice Giove che la fermi, e la pone fa che stabile e con profonde ghi in vista, radici si arresti ed apparisca in mezzo alF Egeo,

169 Net. Cosi perocch cosi servira a qualche cosa adesfarassi, o Iride, ma a quale uso servira alla luce, e non piu nuotando ? so emergendo Irid. Conviene che vi partorisca Latona, la quale gi si trova oppressa dai dolori del parto il cielo per partorirvi ? e s' esso non basta 4 non neppure tutta la terra capace a ricevere il suo parto. Irid. No, o Nettuno , perch Giunone con gran giuramento ha costretto la terra a non prestar luoNet. E come? e questa isola che non go a Latona da partorire , era ancora in vista, sola non ha giurato Net. o isola, ed emergi di Fermati , Comprendo nuovo dal fondo , ne vagar pi, ma ferma rie ricevi, o avventurosissima, due figliuomanti, i pi belli degli Iddii E voi , o in essa Latona, e tutto sia Tritoni, trasportate tranquillo. E a quel dragone, che or le pone terrore, i fanciulli appena nati faranno subito pagar la la madre E tu annunpena, e vendicheranno zia a Giove, che tutto ben preparato e che Delo si ferma e che venga Latona e partorisca. XANTO ED IL MARE XI. Xan. o Mare, che crudamenle mie ferite Mar. Che li del fratello non le basta

Accoglimi, te ho palito, e smorza

tjo e questo, o Xanto, e chi ti brugio ? Xan. Vulcano Infelice! sono stato tutto brugiato ed ardo Ma per qual cagione ti gitto il tuttora. Mar. fuoco? Xan. In grazia del figliuolo di Tetide , egli. i Troiani, ed io rac, non per questo si ristette dalcomandandomegli 1' ira, che anzi impedimmi co' cadaveri il corperocch-ammazzando so, laonde avendo io compassione di que' mescbinelli straripai col desiderio o di affogarlo, perch almeno temendo, lasciasse in pace quella gente. Allora Vulcano che per avventura era Ii presso , preso come io credo quanto fuoco havvi nell' Etna ed in ogni altro piu ardente luogo , lo gitto contro di me , e brugiando gli olmi ed i salci cosse gli sventurati pesci e le anguille, ed avendo tutto arso, poco mancato che non m'abbia Sei torbido, interamente vedi come io son concio E tu di poi dalle scottature. Mar. seccato

e bollente ; n cio o Xanto, ripienO essendo del sangue dei cameraviglia, Ed daveri , e brugiato come dici dal fuoco giusto, o Xanto, che cio siati avvenuto per esil mio nipote Non rammenXan. tavi tu ch'era egli figliuolo della Nereide? Non dovea avere io adunque compassione de' miei Mar. E non dovea Vulcano mevicini Troiani? serti levato contro desi marnente M di Tetide? aver compassione di Achille figliuo-

171 DORIDE E TETIDE XII, Tet. Hp che piangi, o Tetide? Don, Di veduto, o Doride, una bellissima fanciulla ripen sta da,I padre entro una cassa con un fanciulliE comando il padre po nato da essa di fresco la cassa, a' nocchieri, che prendendo quando si saranno allargati da terra, ia gittino in mare , peich l'infelice perisca insieme col fanciullo Dor. E la cagione, o sorella., perocche tu gembri essere bene informata di tutto? Tet. Acrisio, il padre di lei, essendo bella, la conservava vergine, ringhiusa avendola in un gahinetIo non saprei dirtene il vero, ma to di brqnzo dicono che Giove fattosi oro le piovesse addosso dal tetto, Essa ricevendo nel suo seno il il padre , fluido Dio, ingravido, Avvedutosene e credendo che vecchio aspro e geloso , infu, fosse stata vi tuperata da alcuno, appena partoDor. E cosa faceva rito, la caccio nelia cassa Tet, ella, 0 Tetide, quando ve l'acconciarono ? Stavasi raccolta ed in silenzio di se, o Donde, e solo con molto e portava in pace la pena, ch'era pianto mostrando al nonno il bambino, non fosse fatto morire E bellissimo, supplicava quegli intanto non conoscendo il pericolo sorrideva alla vista del mare. Mi si empipno gli occhi

172 di lagrime a raccontartelo Dor. Ed hai fatto Tet. piangere ancor me; ma sono poi morti? No , la cassa va ancora nuotando intorno di SeriDor. E perch adunfo, e vivi gli custodisce nelle reti que non la salviamo, sospignendola di cotesti pescatori di Serifo? Essi ticandoli fuori e Tet. Dici bene , gli salveranno vedendogli, facciam cosi, perche non perisca essa e questo bel fanciullino.

NETTUNO

ED ENIPEO XIII.

Enip.

alla mia bella sotto il mio aspetto bai vituperata la fanciulla, ed essa credendosi soffrirlo da me Net. E , ti si presto volentieri. eri tu pigro ed orgoglioso , perche , o Enipeo, teco ogni giorno una fanciulla che conversaudo si bella, e vedendola ti comperire d' amore, piacevi del suo dolore. Ed essa ne andava insulle tue ripe, ed entrando nelle tue acque, e lavandovisi facea voti per posCone tu t' inritrosivi con lei sederti, Enip. venia adunque per questo che tu mi rubassi il mio amore, ed essendo Nettuno, comparissi Enipeo per ingannare Tiro semplice fanciulla ? tanto errando mesta

( perocche do improvviso

cose son queste, convien dire la verit )

Belle

o Nettuno, Tu arrivan-

175 Net. ingelosisci , o Enipeo, stato essendo prima superbo, e Tiro non ha sofferto niun male, da te credendo essere stata sverginata Enip. Tardi dicestile perocch partendo, all'opposto , ed che tu eri Nettuno , cio che assai addolorolla, io pi ingiurjato sono, che bai goduto in vece mia, Tutto e sparsa l'onda purpurea che insieme vi copriva, per me ti giacesli colla fanciullar Net. Perch non te' ne curavi, o Enipeo TRITONE E LE NEREIDI XIV. Trit. daste fece o Nereidi, che manfigliuola di Cefeo, non alia fanciulla , come voi vi cre-

Quel mastro, contro Andromeda

niun male

Ner. E per madete, ed anzi egli stesso peri no di chi, o Tritone ? forse Cefeo allettandolo coll' esca della fanciulla lo assali e lo uccise, lendendogli insidie con molte forze? Trit. Oibo. o Ifianassa, credo che conosciale Perseo, che gittato nel mare quel fanciullino di Danae, dal nonno insieme alla madre dentro una cassa, Voi, voi lo salvaste avendo compassione di loro Ifian. Mi sovviene di chi dici, e non e strano che omai sia giovane e valoroso e di bell' aspetto Trit. Egli uccise il mostro. IJian. ne, o Tritone, imperoccbe E per qual cagionon pare che si

174 converiga clie ei ci renda tal premio di averlo salvato? Trit. Io vi raccontero come si passo tutta la faccenda t Andavasene egli .contro le tale impresa per coGorgoni, dovendo compiere mandamento del re, pervenuto essendo nell'Africa ove quelle dimoravano. E come, o Ifian. altri Trorie, andavane solo, e noil conduceva cammino non praticabile. compagni? quel Trit. Andovvi per aria adatlate aVehdogli Minerva Certe ali. Tostoche adunque gionse alia loro dimora, dormendo queile, come jo m' imma*gino, troncato egli41 capo a Medusa se ne fuggi via volando Ifian. E come la vide non essenda visibili, e vedeiidosi, non si vede poi niuna altra tosa? Trit. Minerva gli pose avanti lo scudo ( cosi e io r udii poco fa raccontare ad Andromeda come vi dico, presento Ella adunque, Cefeo.) agli occhi suoi come in uno specchio r immagied ne suo scudo, di Medusa nel risplendente riallora presale egli la chioma colla sinistra 1' immagine, colla destra, ove tenea guardando e se ne volo priuna falce, troncolle la testa, ma che si risvegliassero le sorelle. E dappoiche gionse in quella spiaggia dell' Etiopia volando vicino a terra vide Andromeda inchiodata ed esposta su certo scoglio eminente, e di qual bellez! mezza nuda, e colle chiome sparse za per Dio E da priche le s'intrecciavano tra le mammelle. il destina dilei domandolle ma compassionando

JL * 17:) ed in poco teinpo la cagione di quel supplizio , salvar la fandi lei, convenendogli imbertonatosi e quando ne venne 10 ciulla, penso di aiutarla, il spaventoso mostro per divorare Andromeda, mostrandogli in sasso Quegli mori, Ia Gorgona, trasformavalo e divennero pietra molte parti di esso che veduto avevano la Gotgona Sciogliendo egli allora la fanciulla dai lacci, presala per mano la sostenea ed aiutava a discendere dall' aspro scoglio, e celebra ora le nozze in casa di Cein Argo tra poco Per la qual feo, e condurralla cosa in luogo della morte ha ritrovato Andromeda un maritaggio non comune. Ner. Quanto a me poco importami l'avvenuto, perche la fanciulla non aveaci offeso , ma la madre ringalluzzita riputaVasi esser piu bella di noi Dor. Come madre, sarebbesi percio doluia della figliuola. Ner. Non ricordiamo che piu, o Doride, una donna si sia per leggierezza innalzata su la sua condizione ; ne ha bastantemente ella pagaloil fio col timore sostenuto per la tiOra rallegriamoci delle nozze gliuola barbara giovane pendente dall'alto coll'una ciava colpi di falce, e coll' altra mano gli lan-

176 ZEFFIRO E NOTO XV. Zdf: To non ho mai veduto in sul mare, da che sono e respiro, una pi. magnifica pompa Non la vedesti tu, o Noto? N.t. Qual' e chi la questa pompa che tu dici, o Zeffiro, menava? spettacolo, Not. Era do scorsi un giocondissimo Zeff. Hai perduto e non ne vedrai pi il somigliante. affaccendato nel mar rosso, e soffiantutta

la parte dell' India verso il marej percio io non conosco ci di che tu parli. Zeff. Tu conosci Agenore di Sidone? Not. Chi? il padre di Europa ? E che percio ? Zeff. ApNot. Per avvenpunto di lei io vo' raccontarti tura che Giove era innamorato della fanciulla : di questo lunga pezza che io sono informato. ascoltane Zeff. Sapevi adunque un tal intrigo; le conseguenze. alcune prendendosi Europa compagne discesa Giove trasfbrmatosi a giuocare in sul lido. in toro giuocava tra loro, bellissimo , perche era perfettamenera e con dolin sul lido, si arrischi Eu-

comparendo te candido, colle corna ben torte, cissimo aspetto Saltellava adunque e dolcemente talche muggiva, di cavalcarlo Appena vi 'fu

essa montaropa rivolsesi 'ta 3 che Giove rapidamente correndo a nuotare al mare, e gittandovisi comincio

177 Europa atterrita da simil falto, colla sinistra teneasi alle coma per non cadere e colla de-sh'a rattenevasi i veli scossi dal vento. Not. maHai veduto, -o -Zeffiro , questo gradevole la torio spettacolo di Giove notante, .portando sua diletta Zeff. Ci che di poi segui assai o Noto, il mare in imperocche pi piacevole, un subito abbasso le sue onde, e divenuto trane una pianissima superficie, quillo sembrava noi tutti standocene spettatori Amori svolazzando in ozio, non eravamo dell' avvenuto e gli seguivamo che Gli

che toccavano in sul mare, appena le acque culle punte dei piedi, portando facelle accese, cantavano insieme inni di i cavalcavano emergendo delfini , e mezze nude la pi parte applaudivacon ogni altra mano, e la razza dei Tritoni Le Nereidi rina che non sia all'aspetto terrible , carolavano tutte intorno alla fanciulla. E Nettuno salito in sul carro, avendo a lato Anfitrite, allee faceva strada al nogramente gli precedeva tante fratello E iinalmente due Tritoni portavano Venere seduta entro una conca, che spargeva sopra la sposa ogni sorta di fiori. E lutto ci si fece dalla Fenicia fino in Creta. Ma da che gionse all' isola non fu visto pi il toma Giove prendendola ro, per mano condusse nella spelonca assai arrossita Europa dittea, nel volto e cogli occhi bassi, perocch6 sapeva Vol. L la nozze

178 perch vi era condotta Noi intanto il facendo mare. impeto chi qua e chi la Not. O avventuratissimo turbavamo

Zeffiro, quale spettacolo ! Ed io intanto vedeva i Griffi, gli Elefaned i Negri ti

17J DIALOGHI DEI MOKTI

ARGOMENTO Nel tempo stesso i composti furono pare lo sieno stati ani quali hanno fine dicomsembrano quelli che

degl' Iddii dei Morti, laddove verso, perchk questi posti a solo oggetto di riso, insegnano ed ammoniscono con savu e serii ammaestrae viventi llllJntl, Personaggi noti all' istoria precedenti che questi

a' tempi che vi furono dettati vi s' introducolLO, e vi si mostra che nel mondo di la non vi k distinzione tie per re, ne per grandi, n ma che tutti sono eguali e distinper ricchi, ti soltanto dalle buone o ree operazioni. Lulo inferno, come colui nulla credea alC immortalit delV anima, tendesi che abbia qui parlato da beffe, come pur fa filosofi quando loda i costumi ciano descrivendo che presic-

de' veri

per stato sia il vero suo Qualunque di esser letscopo, meritano questi Dialoghi ti, e sotto il velo delle piacevolezze rinchiudono il pi bel trattato di morale, che posche la nascita o le ed orgogliosi.

sa offrirsi a giovanetti, ricchezze rendono vani

IfJo DIOGENE E POLLUCE I. ti commetto, tostoche Polluce, Diog, 0 sarai uscito ( parmi che ti tocehi domani a tornare a vivere) vedendo quel cane di Menippo, ch lo ritroverai in Corinto o net al Craneo, Liceo ove si ride dei filosofanti tra di loro, gli dica: Menippo, gene, che se sei sazio di riderti mondo, ne venghi in inferno, disputano ti comanda Diodelle ch vi cose del troverai che

k qui il maggiori cagioni di ridere, perocch tuo ridere incerto , non conoscendo ruomo eie che possa accadergli dopo la vita, e colaggi come ora fo io: e non rifinirai mai di ridere, i satrapi ed tanto piu quando vedrai i ricchi, i tiranni scersi umili e senza distinzioni non riconoche al solo pianto, e nel ricordarsi i fatti Gli rimondani si vengon menoed inviliscono.

di queste cose e gli aggiungi che venga colia sacca piena di lupini, se ritrovasse qualche cena di Proserpina preparata , qualche ovo purincato o altra cosa di simile ne, io riferiro queste cose, bene il suo aspetto. Diog. un vecchio calvo, che porta un mantello pieno di buchi, che sono esposti a qualunque vento, e che e formato di pezzi di panno di colori diversi 0 Diogema convienmi saper Poll.

E' sta

i8t si beffa di e gagliarciamente ridendo, Poll. A questi quei superbi e bugiardi filosofi. Diog. Vuoi chesegni sar facile il riconoscerlo. anche per quei fiti aggiunga una commissione sempre losofi? Poll. Di pure che la eseguir volentieri. che la adunque ammoniscigli Diog. Seriamente finiscano di dare in bagattelle, sopra rissando ogni cosa ed a farsi le corna gli uni agli altri , e a tessere

coccodrilli, per imporre a chi inseMa gnano con simili dubbie interrogazioni. Poll. condannando la loro filosofia mi diranno che io Diog. Di loro allora da mia parte che piangano. Poll. Cosi dixo loro, o Diogene. Diog. Ai ricchi di poi, o dilettissimo ci da mia Pollucidino, annunzia sono illetterato e non filosofo? o pazzeroni, parte: a che, guardate voi l' oro ? da per v.oi stessi coi ealcoli a che vi tormenlate delle usure, ammassando talenti quando poi vi conviene tra poco quaggi con un soldo? Poll. Riferiro loro ancor questo. Diog. Dirai di pi a quei forti ed avvenenti, come a Megillo di Corinto ed al lottatore Dache presso noi non valutansi ne i capelli biondi, ne i dolci e neri occhi , ne il orido aspetto , ne i nervi ben tesi, ne le spalle ma tutto si e polvere e cranii spogliati robuste, di ogni bellezza. Poll. Volentieri dir pur questo ai belli ed ai forti. Diog. Ed ai poveri, che v~ mosseno, ne sono molti, o Spariano , .e che IDal sopportano sopra venir talenti,

182 quella faccenda e si querelano che non piangano, e racconta della povert, di loro la eguaglian-

za di quaggi, fe che anche essi vedranno quelli che ora son ricchi non essere a miglior parE se ti pare, rinfaccia a mio notito di loro. degenerazione. Poll. Non te la prendere , o Dibgene, coi Lacedemonii , che lo non voglio sofFrirlo; circa agli altri io eseguiro le tue commissioni. Diog. Lasciamo a coloro benzato. andar questi , poich cosi vuoi, e tieni i discorsi, 'dei quali io l* ho incomme ai tuoi Lacedemonii la" loro

PLUTONE

o CONTROMENIPPO

CRESO, PLUTONE,MENfPPO, MIDA, SARDANAPALO II. cb^ o Plutone, N bn sopportiamo, laonquesto cane di Mienippo abiti qui con noi, de mandalo in qualche attro luogo, o noi ce TIe Cres. E che male vi fa., essendo coCres. Quando noi piangemo e me voi morto? deRe cose di sopra, cosospiriamo ricordandoci andremo. Plut. me Mida dell' oro, ed io tlei tesori, landoci schiavi, te cantando della lussuria, Sardanapalo ci deride e schernisce, appeled alcune volimmondezzai, i nosrtri pianti; in -fine ci t;

turba

i85 noiosissimo che diPlut. Senti, o Menippo, o Plutone, cono? Men. vero, perocch io gli odio come vili e perduti uomini, ai quali non essendo stata bastante una mala vita, ancor morti ricordano le cose di sopra que a dar loro dolore. Plut. Rallegromi adunNon e necessario , la privazione di

bastantemente addolorandogli non piccole cose. Men. E che,

tu pure impazi loro sospiri ? aisci, o Plutone, approvando Plut. Non gli approvo, ma non voglio che tuFrimultuate tra voi Men. O mal vagi Lidii, gii ed Assirii. mettetevi in capo che io non vi lascer mai in pace , e dovunque ne andrete, vi e ridendo seguiio per darvi noia, cantando Men. Cres. Non si chiama questo ingiuriare ? No che non lo e, ma ingiurie eran quelle, che voi facevate, credendovi degni di essere adorati , insolentando contro gli uomini liberi, ne mai ricordandovi che dovevate morire. Ora adunCres. que che avete tutto perduto, piangete. o Iddii , e quante e quali riccbezPur troppo, ze ! Mid. Ed io quanto oro! Sard. Ed io quanti piaceri! Men. Ah cari! seguitate, piangete pure che io vi canter a doppie note replicatamente: Conosci te stesso, ed il mio canto far un bel concerto coi vostri lai.

,8, iMLiMFI Ov ANi 1L0C0 III. o Trofonio ed Anfiloco. es. Men. Voi , sendo morti, non capisco corne siete onorati con templi, e passate per indovini, ed i pazzi degli uomini vi tengono per Iddii. Anf. Non ne siamo noi cagione se quelli per istoltezza credono tai cose dei morti. Men. Ma non le crederebbono, se voi in vita stati non foste impostori , spacciando che conoscevate l'avvenire e che potevate risponderne a chi ve ne interrogava. Trof. o Menippo, si rispondere saprassi bene questo Anfiloco cosa sul conto suo. Quanto a me, io sono eroe e rendo oracolo a chi a me discen* de. Vedesi bene che tu non sei giammai stato in Lebadia, perocche non saresti si incredulo. Men. Cosa mai dici? Adunque se non sono io andato in Lebadia, e ridicolosamente adornato di una camicia di lino, e tenendo in mano un'offa non 1' avro gittata entro la strettissima buca della spelonca, non sapro perci conoscere che tu sei morto come noi altri, e che soltanto sei Perocche da noi differente per la ciarlataneria io non so cosa abbia a fare l'eroe coll' oracolo. Trof. Perche e un composto di uomo e d' Iddio Men. Secondo tu di, non sei tu ne uomo ne Iddio, ma un insieme di tutti e due. Donde E TROFONIO

i85 meta? peicio ne afido quella tua divina Bende oracoli, o Menippo, nella Beozia. cosa ti dici; Non capisco , o Trofonio, per assai bene che tu sei affatto morto MERCURIO CARONTE IV. se il conto, o barcaiuolo, ti pare, di quanto mi devi, chnon avremo cosi o Merpiu a rissare sU ci, Car. FacciamoIo, curio: meglio finirla e toglierci questa noia. costa cinMere. L' ancora che mi comniettesti Merc. Car. La tiri un po' troppo que dramme. Mere, Facciamo Corpo di Plutone ! _1' ho pagata cinque, e lo sparto due soldi Car. Segna cinque dramme e due E per la cucitura della vela pagai E Car. Segna pur questi. Merc. cinque soldi i la cera per otturare le fessure del burchio, chiodi e la fune che ti servita per 1' antenna in tutto due dramme Car. Manco male che queste cose le hai avute a buon mercato. Merc. Questa il lutto, se non ho dimenticata alcuna somma nel conto Quando adunque credi di potermi pagare? Car. Per ora, o Mercurio, impossibile : se una peste o una guerra mi mandera un po' di folla, potr llora nel numero far qualcbe guadagno facendo l' agresto sul nolo. soldi. Merc. Trof. Men. veggo -

186 Merc. Devo adunque intanto io sedermi, faeendo voti, che accadano malanni per riarere il mio? Car. Non saprei altro modo o Mer, ora pace, pocbi , come vedi, arrivano qui da noi. Merc. Meglio cosi, quantunque da te mi si tiri in lungo il pagamento. Ma passando ad altro, ti rammenti, o Caronte , quali ne venivano gli anticbi tutti forti, ricurio: e la maggior parte feriti, ed pieni di sangue, ora chi avvelenato dal figliuolo e chi dalla moglie, col ventre e te gambe gonfie dal lusso, pallidi ed accidiosi, ed in nulla simili a quelli, ed i pill di essi, corne pare, ne vengono insidiandosi le ricchezze scambievoImente. Car. Ci avMerc. viene, perch6 sono queste desideratissime. che io faccia errore , Non si ereder adunque se con alquanta durezza domandoti il mio. PLUTONE E MERCURIO V. , intendo di Plut. C-, Jonosci quel vecchio, quel ricco Eucrate assai avanzato in et, ch' escacciatori sendo senza figliuoli ha cinquantamila Si, tu pa.rli di quel Sicionio. E a che fine? Plut. Lascialo vivere, o Mercurio, ed ai novanta anni vissuti ve n' aggiungi ale s' e possibile, ancbe di piu, e gli trettanti , di eredit ? Merc. essendovi

187 e di lui, il giovane Carino, Damone, gli altri gli va togliendo via tutti per ordine Merc. Sembrer cio fuor di luogo. PIut, No, anzi gi ustissimo, imperocche coloro per qual caadulatori gione gli desiderano la morte, e non essendogli E parenti, vogliono ingoiarsi la sua ricchezza? desiderancio che veramente e scelleratissimo, do tai cose, fanno mostra di dipendere dai suoi cenni , e quando egli poi inferma, sono i pensamenti loro a tutti palesi; e se di poi migliora protestano di sacrificare: tanto e insieme diverSia percio egli immortale , ed essi lo precedano e rimangano cosi deluse le loro speranze Merc. Essendo scalsa l'adulazione di costoro e colui ridicolissime, se gli gode piacevolmente, o lusingagli con vae ne speranze, e fingendosi sempre moribondo, E questi si assai pi robusto di un giovane. sopportano pascolano dell' eredit che gi hanno loro, immaginandosi una vita feIice. gliata adunque costui la vecchiezza, sca come Iolao, e coluro nel meglio le sognate ricchezze ranze perdendo divisa Plut. tra Spotrissimi cose

ringiovenidelle sperimangamorendo.

no i malvagi ingannati, malamente Merc. Vivi certo, o Plutone, che io li accopper 1' uno dopo 1' altro per ordine. Parmi sian sette. Plut. Accoppagli, e colui, di vecchio divenuto giovane di primo pelo, ciascuno di loro mandi avanti se

le2 TERPSIGNE E PLUTONE VI. , che io Terp. Bella 2 Plutone; giustizia, sia morto di tcenta anni , e Tucrito, ch" e piu vecchio di novanta, ancor viva. Plllt, Bellissistando l)^ne che-.i viva coma, o Terpsione, stui che. non desidera la morte a nessuno degJi amici. Tu.Io insidiavi ogni momento aspettando l' eredit. sendo Terp. Parea conveniente, che esegli vecchio , e non potendo pill servirsi delle ricchezze, se ne uscisse di vita e cedesse il luogo ai piu giovani. Plut. Questa, o Terpsione, e nuova legge che tu fai, che chi non pu usare abbia a moripe' piaceri, re Altra ne ha stabilita la natura e il destino. Terp. Di questa appunto io mi querelo come di delle ricchezze pessimo costume, perocche conveniva, che quee prista. faccenda si facesse con certo ordine, ma ne andasse il vecchio , e dopo esso chi gli fusse pi presso di et, e non volgendo la cosa tutta che uno stravecchio, gli rimangon tre denti, che appena ci vede , che si appoggia su quattro servi, che ha il naso otturato di oatarro , e gli occhi pieni di cipiccia, che non sente pi sapore, e che in somma un sepolcro animato deriso dai giovani, e muoiansi di poi al contrario si viva e bellissimi giovani. E non e questo

robustissmi

q8g lo stesso che eorrano i fiumi allo ins? Ed era in fine ben fatto che si sapesse quando hanno a morirsi i vecchi, accio non ne fossero alcuni Ora si verifica il proscioccamente corteggiati. verbio, che sovente il bue e portato dal carro. Plut. o Terpsione , sono governa* te con pi sapienza che tu non credi. Imperocche per qual cagione appetite voi le cose altrui, e vi cacciate presso i vecchi che non hanQueste cose , no figliuoli per averne l'eredit? Meritamenle adunque porgete riso di voi seppelliti essendo da e loro, e riesce tal cosa a molti gratissima, che quelli prima morisquanto voi desideravate sono, altrettanto reca a tulti piacere s.e voi andate loro innanzi. Voi avete inventato una nuova arte , amando i vecchi e le vecchie che non hanno figliuoIi. Coloro che ne hanno non sono Comech molti dei degni del voslro amore non arnati, conosciuta la scaltrezza dei vostro avendo per avere ancor essi amatori, Non pertanto figliuoli fingono di non amargli! ne' testamenli trovansi di poi esclusi i vecchi cacom' e ragiognotti; ed i figliuoli e la natura, amore, nevole, s' impadroniscon di tutto, e quelli colle beffe e col danno si mordon co' denti. Terp Ci che dici e la verit ; e quanto mai non mi ha mangiato Tucrito, sembrando sempre moribondo? e quando entrava da lui sospirava proe facea un pio, cun,e- un pulcino fondamente,

9 di fresco uscito claW uovo. presto credeva condurlo per non essere soverchiato donativi fasci, va pensando Ond' io quanto al sepolcro, tanto nella pi pill dei

in letto non dorm ii regali. ad annoverare E questa veglia e questi pensieri mi hanno in fine cagionato la morte , ed intanto costui ingoiatosi tutta ridevasi

dagli altri amatori, e molte volte stando

grandezza mandava la roba a

poco fa quando io era sepolto Plut. Orsu, o Tucrito , vivi lune sii insieme ricco, e riditi di ghissirnarnente , costoro 5 ne ti morire se prima non ti hai mandati innanzi tutti gli adulatori. Terp. Questo, o Plutone, ra Cariade Consolati. o Terpsione , che Fidone, Medanto , e gli altri ammazzati dallo stesso pentutti lo precederanno siero. mi piace, Terp. Questo , o Tucrito gbissimamente ZENOFAiNTE percio vivi lunmi sara gratissimo, innanzi a Tucrito. se morir Plut, anco-

1' esca , sonoramente

E CALLIDEMIDE VII.

la ca, o Callidemide, alia Tu fosti presente gione della tua morte mia, e non ignori , che essendo io parassito di Callid. Dinia crepai affogato dall' indigestione i] mio e stato un Me lo ricordo , o Zenofante ; Zen, Raccontami

l9l accidente affatto nuovo. Zen. Tu conosci Chi? quel vecsenza chio di Pteodoro

quel ricco

Callid. figliuoli che tu di continuo corteggiavi ? io lo vezzeggiava e luQuello per lo appunto, singava per la speranza che concepito avea della sua prossima morte. Andando pero in lungo la cosa, e vedendo che volea costui invecchiare al di la di Titone; pensai di farm! erede con E comprato il velequalche mezzo pi pronto di farlo no persuasi il coppiere con sacramento libero, che subitoche Pteodoro chiedesse bere (bevendd egli assai spesso), lo tenesse apparecchiato per mescergliene entro il bicchiere, e fosse destro di porgerglielo. Zen. Cosa mai adunque ne avvenne, perche tu sembri volermi narrare non so che di assai strano ? torno Callid, Di ridal bagno ritrovammo it fanciullo che avea preparaii due bicchieri, l'uno per Pteodoro ~ava velenato, 1' altro per me ; e quivi sbagliando porse il sano a Pteodoro, ed a me quello col tosco: avea appena quegli bevuto, che io caddi celebrando cosi il funeper terra , rale non mio Ma diavolo tu ridi, o Zenofante? Non si conviene ridere del male di un amisi and la facTroppo leggiadramente cenda Ma il vecchio cosa disse ? Callid. S turbo da principio a quell'accidente inaspettato, ma tostoche conobbe essere cio avvenuto per errore del coppiere si smascell dalle risa Zen, Co Zen. stramazzone

l91 Bella da galantuomo! ma tu troppo la stiracchiasli per queste viottole, perocch, quantunque un po' tardi, lo avresti con pi facilita raggiunto per la via battuta ed ordinaria CNEMONE E DAMKIFPO VIII. simile al proverbio del Questo leone col cagnuolo. Damn. Perche vai in collera , o Cnemone? Cnem, Mi domandi perch vo in collera? Ho lasciato uno erede contro la mia volont, ne sventuratamente uccellato, che ardentemente bramato avrei privai coloro, che possedessero il mio E come ci Damn, avvenne? Cnem. senza figliuocorteggiava Ie mie atIi, ed accettava egli graziosamente tenzioni. Parvemi di fare un tratto assai fino col nd in pubblico il mio testamento , produrre quale dichiarato avealo universale erede di tutto il mio , accio egli mosso da emulazione facesse altrettanto Damn, Cosa fece adunque egli ? Cnem, Cosa si scrivesse ne' suoi codicilli io nol so; so bene cbe cadendomi una tegola in capo ed Ermolao gosono morto improvvisamente , desi il mio, divorato essendosi come un lupo marino 1' esca coll' amo. Damn. Ne gli e bastato : Speranzandomi Ermolao quel riccone della morte Cnem.

195 taJeh appache ha voluto anche il pescatore; Cnem. Lo veggo e recehfasti da te 1' inganno. percio me ne affliggo SIMILO E POLISTRATO IX. JNfe vieni adunque ancor tu pure una che per et dei met Tolta tra noi y o Polistrato, toccato il centinaio ? Pol. Novantottor anni ho Sim. vivuto, o Sinrilo. Sim. Come hai passato questi tFenta dopo di me, mentre quando io morn ne coavevj una settantina ? Pol. Soavissimamente, meche ci possa sembrarti una meraviglia. Sima mi meraviglio come abbi potuto viDaddoyero e vere dolcemente, essendo vecchio , debole Pol. Primamente io era posprivo di figliuoli, n mi mancavano molti e belli fansentssimo, e molte e tenere donne ed unguenti e ciulli , generosi vini e mense al di sopra delle siciliacio per me nuovo, perch6 io f bo sempre conosciuto assai pareo. Pol. o buon uoQueste dolcitudini mi abbondavano, le quali al fremo, per via di molte persone, sco della mattina mi si affollavano alle porte , Sim. veramente mi recavane in dono le cese pi Sim. Dunque angolo della terra Polistrato, dopo la mia morte? Pol. No; Vol, l. i3 oo.re d' ogni tu regnasti, o ma ebbi ne.

194 d' innamorati. Sim. Mi vien da ridere. migliaia Innamorati con quei pochi anni e con quattro denti ? Pol. Per Dio! ed i primi della ciu, i quali con meraviglioso gusto mi vezzeggiavano vecchio come tu mi vedi, calvo , catarroso e e ciascun di loro si riputava cogli occhi cispi, Sim. Per avbeato, se soltanto io lo guardava. ventura ti avvenuto come a Iaone di condurda Chio, e cosi supplicandola ti ha conceduto di ritornare nuovamente giovane e bello ed amabile? Pol. Nulla di ci, ma tale come io sono era desiderato. Sim. Questi sono indovinelli. Quest' amore e chiaro e frequentissimo verso i vecchi ricchi e senza figliuouomo: o meraviglioso ]i Sim. Ora capisco, Pol. re Venere

Vedunque la tua bellezza ne veniva dall'aurea nere ? Pol. Non pertanto , o Similo, ho tratto manio non piccoli vantaggi dagl' innamorati, cato solo essendo che mi adorassero. ed alcuni so gli dispregiava , a chi tra loro e gareggiavano essi contrastavan pi potesse farmi servigio. Sim. Qual risoluzione finalmente prendesti sopra i tuoi beni? Pol. di lasciare erede ciascun Assai spesed ne licenziava,

In pubblico spacciava e pi pronti moessi se to credeano di loro, lasciai dopo i veri cadistravansi ad adularmi ; cilli che conservava presso di me , ne' quali di- Sim. Gli ultimi ceva a tutti che piangessero. scritti clii facevano erede? forse alcun tuo parente?

195 di essi per Dio ! ma un certo bel di poco tempo. Sim. giovanetto frigio comprato E di quale et, o Folistrato ? Pol. Di circa venti anni Sim. Io gi m' immagino perche coPol. Niuno sa gli eri obbligato gli assai pi degno ed inetto , attorno Questi bato di Gio era quedi essere erede bencb sbarPol. Oltre

e di gi quei nobili gli stanno stato il mio erede, ed ora, non ostante la favella barbara e quel viso sbartra i grandi e si dira sar annoverato bato, piii bello di Nireo e piii pill nobile di Codro, Cio a me nulla imprudente di Ulisse. Sim. di Grecia, porta, sia egli pure imperadore che coloro non tocchino l'crdita. pur-

CARONTE,

MERCURIO Parlano

E DIVERSI

MORTI

CARONTE,MERCURIO,MORTI, MENIPPO, CARMOLAO, LAMPICO,DAMASIA,CRATONE, STRATONE, FILOSOFO, ORATORE X. Car. nostre: Ascoltate sieno le condizionl

quali

questo nostro piccolo burchio, come vedete, roso dalla vecchiezza ed e pieno di fissure: per poco che s' inchini da un lato, anderanne

196 sossopra. Voi ne venite ognuno stracarico tate su con tutto abbiate tanti in una volta, ed di bagaglie, talch se vi monpeso, temo non ve ne

codesto

a pentire, e spezialmente voi che non Mor. Come adunque faremo per sapete nuotare Car. Vel diro io: connavigar con sicurezza ? viene che montate su nudi , e lasciate tutte queste cose superflue in sul lido, perocche appena in questo modo potr trasportarvi la barca. Tu, o Mercurio , abbi cura di non arnmettere nessuno di loro , se non e nudo, e se , come ho detto, non ha deposto le valigie, Stattene sulla scala del burcbio e guardagli bene quando gli ri.. Merc. Dici cevi , e costrignigli a montar nudi e cosi faremo, Chi e questo primo? Jl-Ien. bene, osserva che ho gittato il bastoSono Menippo: ne e la sacca portare timo Menippo, palude; il mantello ? Merc. nella ho fatto bene a non Salisci pure, o ot-

e prenditi il primo luogo vicino al nocchiero , che cosi potrai vedergli tutti. Chi questo bello? Cdrm. Carmolao megarense amoroso, che vendeva un bacio due talenti. ilIere, Deponi adunque la bellezza ed i labbri co' baci i] rosso delle guance e tute la folta capigliera, salisci Or va bene; sei spacciato, ta la pelle. pure. Chi sei tu cosi in vista superbo, che porti la veste di porpora ed j] diaderna ? Lamp. Merc. E perche ne Lampico tiranno di Gela vieni, o Lampico, acconcio in si falto modo ?

197 che si conE parti egli, o Mercurio, No venga ad un tiranno venirne nudo? Merc. deper certo come tiranno, ma si come morto: Lamp. Osserva che ho poni adunque ogni cosa o Gitta ricchezza. Merc. via via, ogni gittata Lamp. anche la superbia e 1' orgoglio, menLampico, tre s* entrano teco, affonderanno la barca Lamp. e la soLasciami almeno portare il diadema Merc. Per nulla: lascia anche quepravvesta ecco io ho gittato tutto, ste. Lamp. Vadino: come tu vedi Mere. Spogliati ancora la cru1' ira e gli allri delta, la pazzia , l'ingiustizia, tuoi pregi Alere. Lamp. Ecco io sono nudo Ora salisci. Chi sei tu cosi grasso e carnoso ? Dam. Damasia lottatore Tale mi semMerc. bri , e parmi di averti molte volte veduto nelle laonde ripalestre. Dam. Cosi , o Mercurio; cevimi, essendo nudo. Merc. Tu, o galantuomo, non sei nudo, avendo intorno questa pelliccia di col porvi carne, sicche gettala via, altrimenti soltanto un piede in barca, la faresti sommergere Gitta di poi ancor via queste corone e questi decreti. Dam, Eccomi, io sono nudo, come tu vedi, e di egual peso degli altri morti. Merc. Cosi meglio che tu sii leggiero; percio monta ancora, o Cratone, deponendo la pur su D~u ricchezza, la molezza ed il lusso, non portar teco neppure la pompa dell' esequie, ne i titoli e la gloria ; e degli avi; lascia la discendenza

198 ti ha pubblicamente lodato come uomo dabbene e ti ha innalzato statue ed iscrinon farne menzione, come neppure del zioni, che ti han fabbricato , magniifco sepolcro, perocche che noioso il ricordare tuttavia male. tai cose. Crat. Benmalvolentieri , potrebbe venirmene gitterolle , poich Mere. A1 corpo ! cose la citt

sa vuoi tu cosi armato, trofeo ? Strat. Perche , vincitore citta il trofeo: sognano e mi

ti porti -quel o Mercurio , sono stato sono portato valenternente, la Merc. Gitta in terra vi pace e non vi bicostui grave e severo nel , il quale ha le ciglia lein pensieri e colla barba

e a che

cosi mi ha onorato in inferno armi. Ma e nell'abito immerso

portamento tutto vate,

chi egli mai? Men. Qualche filunghissima, o Mercurio , o piuttosto qualche ciarlalosofo, fa tano con alcun sacco di meraviglie: sicch spogliare anche costui , che sotto le vesti gli troverai molte cose da ridere. Merc. Spogliati tn la vesta e di poi tutte le altre cose. prima ! Corpo di Giove quanta costui! quanta ignoranza sare, quanta vanagloria ! di terrogazioni dubbiose, tenze ostentazione ha indosso ? quanto amore di riscome ripieno d' indispute spinose, di sen-

intrigate , ed oltre cio di uno studio v\no di bagattelle e di died affaticato di ciance, Per Dio! e queste poche scorsucci da nulla! e monete di oro e la lascivia e la temerit

199 F ira e la mollezza ed il lusso? Ch bench alla tu le cuopra, non mi fuggono nulladimeno vista tutte queste cose Deponi anche le huge, da pi degli altri, ed il crederti la superbia mentre volendo portar tutto teco, ti potrebbe appena capire una nave a cinque ordini di remi Fil. lascio Perche Men. cosi mel comandi Fa, ecco che tutte le che deponga ano Mercurio , cora la harha, che, come vedi, si folta e pesante, che quei pelacci pesano per lo meno cinHai ragione, lascia anche quelque mine. Merc. la. Fil. E chi me la tagliera ? Alere. Menippo ch' quivi, togliendo un' ascia d' arsenale , te la taglier, servendosi per manico della scala del burchio. sega, sta una scure anzi , o Mercurio, Merc. che cosi ne avremo pi riso Men. Men. Manco male, Dammi una Ba-

che ora che sembri ave-

non hai pi quella lordura caprina, re pi faccia da galantuomo Vuoi gli un poco Ie ciglia? Merc. Tagliane mentre

le ha sollevate sopra stende in un modo che io non capisco Ma che o brigantone ? cosi e questo? perch tu piangi, tu temi la morte? Or via vienne su Men. Ei porta ancora non so che cosa grave sotto il braccio Merc. E cosa, o Menippo? Men. L'aduin vita gli stata utilazione, o Mercurio, che lissima, Fil. Ancor tu dun que, o Menippo, deponi la libert della lingua e dell' animo, la

che gli taanzi assai, la fronte e le di-

200 r indifferenza ed generosita, vendo tu solo rider di tutti. zi tai cose, il non riso, Merc. Ritieni do* an-

perch sono leggiere e facilissirne ad esser portate ed a questa navigazione adatE tu , o Oratore, tate metti giii quella infinit di parole, di contrariet, di barbarismi ed periodi , discorsi Orat. Ecco di similitudini, altre pesantezze di nei

cbe io te depongo. Merc. Sta bene: laonde omai salpa da terra , tira dentro la scala, leva su l'ancora, sciogli la vela, o nocchiero, il timose, e navighiamo drizza, Ma che piangete, o pazzeroni , e o Filosofo , a cui fu non guatu spezialmente, ri saccheggiata la barba ? Til. Perche io credeche 1' anima fosse immortava, o Mercurio , le. ltlen, Mentisce; altre cose to affiiggono. E quali? Men. Perch zoviglier alle cene abbondanti, Merc. notte nascosamente ad ora pi non gozne uscendo di in buon'ora.

il rivoltatosi ognuno, mantello intorno del capo, andr a visitare tutt' i bordelli, ne la mattina carpir piu danaro col pretesto della fiai giovani, ingannandogli losofa. Queste sono le cose che gli dolgono non incresce essere Pil, Ed a te, o Menippo, s'io navigai verso la morto? Men. E come? Ma morte, prima che alcuno mi vi chiamasse ? che

noi ragioniamo si ode un certo rumore, come di gente cbe grida da terra. lUerc. ma non viene da un solo Cosi k o Menippo; intanto

201 perocche alcuni ragunati in consiglio allegramente si ridono della morte di Lampico, e la donna sua e ritenuta da altre femmine ed luogo, i suoi figliuoli fanciulli son lapidati con una temAltri in Sicione pesta di sassi dagli altri putti il quale recita 1' oralodano 1*ora tore Diofante, E per zione funehre in lode di questo Cratone. lamentandosi e la Dio! la madre di Damasia prima a piangere tra le donne nei funerali di Te niuno piange, o Menippo , e solo Damasia. Men. Non sar coti giaci in terra in silenzio sl, anzi udirai tra poco te mi piangeranno, ed ali, quando verranno sei Tu, o Menippo, i cani, che dolorosameni corvi batteransi colle per seppellirmi. Merc. d' animo generoso; ma

al poich noi siam giunti, voi ve ne anderete tribunale , ed io col nocchiero andremo a prenderne degli altri Men. Andate a buon viaggio , o Mercurio, che noi cammineremo innanzi Ora perche voi vi ristate ? In ogni modo vi conviene esser giudicati, e le pene dicono esser gravissime, ruote, sassi, la vita di ognuno. avoltoi. Si dimostrera ora

io2 CRATETE E DIOGENE XI. o Diogene, Crat. Conoscevi, quel riceo ricchissimo di Mirrico, quel Corintio, che avea tante navi mercantili, il cugino di cui Aristea , ricco esso ancora, soleva ripetere quella sentenza di Omero: Se tu non la fai a me, io la fo a te? Diog. Perch6 me ne domandi, o CrateEssendo eguali no insieme in grazia della pubblicamente co premorendo tutto il suo, di anticipata ad Aristea te ? Crat. di ~t si corteggiavaeredita e mostravana i lor testamenti, ne' quali Mirri-

10 lasciava padrone di e vicendevolmente Aristea in caso

partenza iacea lo stesso con Miri codicilli; rico essi da poi Cio contenevano scambievolmente sforzandosi di suonoravansi,

e gl' indovini conghietperarsi neIf adulazione, turando il futuro dagli astri o dai sogni come i discepoli dei Caldei, ed Apollo istesso, ora ad la vittoAristea ed ora a Mirrico concedevano ed intanto i talenti volgevansi ora all' uria, no ed ora all' altro Diog. Come adunque ando a terminar la faccenda? parmi che ci meriti di essere lo stesso inteso Crat. Morirono amendue giorno, e le loro eredita pervennero ad amendue parenti di loed a Trasicle , Eunomio, mai indovinato ed i quali non avrebbono ro,

205 che cio dovesse ed Aristea accadere. Imperocch Mirrico insieme di Sicione alla vol-

navigando ta di Cirra, nel bel mezzo del viaggio un colpo di vento contrario rovescio la nave, e perirono. Noi pero quando eravamo in Diog. Fecer bene vita non pensavamo cosi di noi, ne io desiderail suo va la morte ad Antistene per ereditare bastone , bench ne avesse uno assai forte, che avea tagliato di un olivastro. Ne credo che tu, o Cratete, desiderassi ereditare dopo la mia morcioe la botte e la sacca pieCrat. Queste cose na di due cheniche di lupini te le mie ricchezze Ne a te pure, o punto a me non servivano ed io da te avendo tu da Antistene, Diogene, - ereditato assai maggiori e pi rispettabili beni dello impero dei Persiani. Diog. Quali beni tu inLa sapienza, la frugalita, la verit, la libert dell'animo e della lingua. Diog. Per Dio ! ricordomi bene, che tali ricchezze ricevetti io da Antistene, ed accresciute a te te latendi? Gli altri non curavano queste ricchezze, e niuno ci corteggiava sulla speranza di tale eredit Diog. A ragione, perch non avevano ove riporre questi nostri beni, essendo logorati dal lusso o come un vaso guasto tarlato; talche se avesse alcuno cercato riporre in loro la sapienza, la libert e la verit, sariano immantinente do capace queste scivo]ate e cad ute, non esseni1 fondo di contenerle. Simile a cio sciai Crat. Crat.

204 che accadeva di Danao, che versavano P acqua nel vaso bucato. II solo oro custodivan costoro colle unghie, co' denti e con alle donzelle

Crat. Ne abbiaogni altro sforzo ed industria. mo nondimeno noi qui pure le nostre ricchezze; ed essi non portano che un solo soldo, e questo soltanto fino al barcaiuolo

ALESSANDRO , ANNIBALE, E SCIPIONE XII.

MINOS

o Africano, che io abConviene, bia la precedenza, essendo di te piu eccellente. Ann. Anzi io debbo precedere. Aless. Or via giudichi Minos. Min. Chi siete? Aless. Costui Annibale di Filippo. tra voi? Aless. Delsi, ma di che contendete la precedenza, perocch egli si vanta di espre stato miglior capitano di me, ed io, come tutti sanno, non solo lui, ma quanti furono avanti Fta ed io sono Alessandro cartaginese, Per Dio ! amendue siete famoMin.

Aless.

milimia, affermo aver superato nell'arte tare. lJIlin, Parli adunque a vicenda ciascun di voi, e tu di prima, o Africano. Ann. Pure anla lingua che ora mi giova di avere imparato greca, costui; perocch ne anche in questo vinceranimi e dico che quelli mi sembrano doversi

20J che poco in principio essendo stimati, per propria virt son pervenuti a gran gloria Io adune fatti potenti e degni di cornandare. lodare, que trapassato in Ispagna con pochi, avendo prima militato sotto il cognato, fui giudicato ottimo a coE soggiogai i Celtiberi, vinsi i Galli mandare e superando grandi montagne, traoccidentali, scorsi tutt' i luoghi vicini al Po, rovinai moldi tutte le pianure d'Ite citt e m'impadronii talia, penetrato essendo fino ai sobborghi della citt dominante, ed in un solo giorno ammazzai tanti uomini , che si misurarono a staia le loro anella e si fecero ponti co' cadaveri di essi in su i fiumi. E recai a fine tutte queste imprese senza appellarmi figliuolo di Ammone, fingendo essere Iddio, col narrare li sogni della madre, ma confessando esser uomo, ed avendo a fronte capitani di gran prudenza e combattendo soldati bellicosissimi, Ne ebbi a .fare con Medi ed che fuggono avanti sieno inseguiti , e Armeni, con facilita cedono la vittoria ai pi arditi. Anel regno del padre, lo accrebbe e molto lo estese, usando di un lampo di fortuna, E poich supero quel vilissimo Dario e fu vincitore ad Isso e ad Arbela, lasciati i costumi degli avi, pretendeva essere adora* dandosi alle delizie ed alia to, ed interamente vita dei Medi, uccise scelleratamente gli amici alia mensa. facendo esso stesso il carnefice Io lessandro successore

uo6 al contrario nella patria secondo le legcon gi, e quando mi richiamo, allorche i nimici ingrande armata navigavano contro 1' Africa, ubbidii e mi presentai come privacontanente mi portai to, ed essendo di poi stato bandito, in pace la cosa Ed operai cosi essendo barba10 e non ammaestrato nelle greche discipline, ne sapendo cantare , come esso, i versi di Omero , ne stato essendo alia scuola del sofista Aristotile , e non avendo avuto altro aiuto che la Queste sono le cose, per le di Alessanquali io mi credo essere maggiore dro: e s'egli e piu bello, perch gli cinge il casar percio forse reverendo prespo il diadema, ma non per questo dee essere so i Macedoni, tenuto migliore di un forte e generoso capitano, che per il quale stato pi per sua prudenza, Costui ha ragionato di fortuna eccellente. Min. se con forti parole e come si convenia ad un Cosa gli rispondi, o Alessandro? Aless. o Minos, rispondere ad un Non converrebbesi , ti avr ine bastantemente uomo si temerario, segnato la fama qual re io mi sia stato, e qual se non l'ho ladrone costui. Guarda nondimeno, che ancor giovanetto pervesuperato di poco, Africano alio imperio, sedai il regno ture bato, feci vendetta degli uccisori del padre, quindi i Greci colla rovina di Tespaventando nuto essendo be, e scelto da loro a capitano, riputai indegno rnia buona natura conlandai

207 10 starmi contento del solo regno di Macedonia lasciatomi dal padre, e chiudendo in mente tutse diveta. la terra, e ripUtandomi sventurato, nto non fossi signore dell' universo, seguito da pochi mi gitlai sopra 1' Asia, e vinto avendo al e presa la Lidia, Granico una gran battaglia, di tutla Ionia e la Frigia, ed impadronendomi to ci che mi veniva tra piedi, ne venni ad Isso , ove aspettavami Dario con un esercito imo Minos, voi sapete E dopo questo, menso quanti morti vi mandai in un sol giorno, che afche non era la barca capace di contenergli , e convennegli traghettarne mold su d' altri schifi a rimurchio E tali cose io faferma il barcaiuolo ai pericoli e reputando* mi a gloria di.esser ferito. E per non parlarti ne de' fatti di Tiro, ne di Arbela, penetrai fino nelle Indie e feci confine dello imperio 1' Oceano M' impadronii degli elefanti di quelle genti, e sottomisi Poro, e passato al di l del Tanai, vinsi in uno scontro di cavallerfa gli Sciti, poFeci bene agli amici e poli non dispregevoli. mi vendicai dei nimici: e se agli uomini sembrava Iddio, sono degni essi di scusa, mentre dalla grandezza delle imprese conceputo aveano essi di me tale opinione Finalmente io morii regnane giudo, ed egli in esiglio presso di Prusia, stamente, pieno essendo di frodi e crudelissimo. Tralascio poi di dire come vinse gl'Italiani; che cea andando incontro

208 non fu per perfidia, fortezza, ma per malizia, ed inganni , non usando mai ne sincerit, nd E dappoiche rinfacciato m' ba il lusso , giustizia sembrami abbia dimenticato cosa fece egli in con meretrici e spendenCapua, conversando do in piaceri il tempo opportuno di guerreggiare Io se facendo poco conto dell occidente, volto non mi fossi all' oriente, qual grande spettacolo avrei dato di me senza san, prendendo e sottomettendomi 1' Africa ed i gue l'Italia rirnanenti paesi fino a Cadice? Ma non parvemi conveniente il prender le armi contro queste proche gi si piegavano sotto il giogo e vincie; mi si protestavano suddite Ho detto, tu giuTra molte queste cose sono badica, o Minos stanti. se non odi prima Scip. Non giudicare, me ancora. Min. E chi sei tu, o valentuomo, che vuoi parlare , e di qual paese ? Scip. Sci-

che distrussi Cartagipione, capitano italiano, ne e superai gli Africani in grandi battaglie Min, E cosa adunque vuoi dire ? Scip. Che io sono meno di Alessandro, ma maggiore di Anni* bale, vinto e rispinto e costretto verCome poi non si ver* a fuggire gognosamente gogna costui di contendere con Alessandro, non con Ill; io Scipione di paragonarmi degnandomi tu parli, o ! da me superato ? Min. Per Dio , laonde io giudico che Scipione, a gran senno a te il debbasi il primo posto ad Alessandro, avendolo

209 seconde, terzo, ilarSI. DIOGENE ED ALESSANDRO XIII. tu ancora bene, o Alessandro, Diog. Eh sei poi morto, come tutti noi altri? Aless. Tu lo che esvedi, o Diogene, n gran meraviglia, Diog. Mentiva adunquando que Ammone, che tu eri suo figliuolo, Aless. Di Filippo per certo , lo eri di Filippo. non sarei perocch se fossi nato di Ammone, sendo uomo, io sia morto Diog. E pur dicevansi lai cose di Olimche sel vepiade, che usava seco un dracone, deva sovente in suI letto, che da esso ella inmorto. gravido , dendosi me tu, che ne dissero credi te, e fu cosi gabbato Filippo, esser tuo padre. Aless. coIo ancora, ho udito tai cose, ed ora m'accorgo, mia madre, n i profeti di Ammone mi il vero o Alessandro, Diog. Tuttavia, faceano al caso tuo, ne ti erano e se cosi non essendo par.vi,. pur egli abbiasi punto Annibale da dispreil

queste bugie inutili, perocche molti ti si sommetteano, credenMa dimmi: a cbi hai lasciato cotandoti Iddio to imperio ? Aless. Nol so, o Diogene, avanti morire non ordinai nulla su cio, tanto morendo detti P anello a Perdicca. YQl, /, 14 perche e solMa di

:do che ti ridi, o Diugene ? Diog. Non d' altro , se non che io mi ricordo, che poco tempo innanzi che tu togliessi lo imperio, i Greci per adularti ti elessero bari, vano ti contro dei Barcapitano e presidente e v' erano anche taluni, che t' aggiugnee fabbricandoti ai dodici Iddii, tempii, come a figliuolo del dracone. di: ove ti han

sacrificavano

i Macedoni ? seppellito in Aless. Oggi il terzo giorno che giacciomi ma Tolomeo mio scudiero promette, Babilonia; Ma mi che quando avr ozid e sar libero dalle turbolenze presenti, mi fara trasportare in Egitto, e seppellire col; acciocche io diventi tino degl' Iddii egiziani. Diog. E non vuoi tu che io rida, o Alessandro, vedendoti impazzire anche in inferno, sperando di divenire un altro Anubi, od da canto Osiride ? Ma poni, o uomo divino, tali speranze, perocche a chi una volta traghete pose il piede su queste ripe , to la palude, nor e pi lecito il tornare indietro, non essenne potendosi dido in questo Eaco negligente , spregiar Cerbero si di leggieri. Una cosa pero come cioe comporti da te volentieri, intenderei di trovarti quaggi, pensando a quante felicita hai lasciato in terra, ai soldati che ti guardavaai satrapi, alla no la persona, agli scudieri, ai popoli che ti adoravano , quantit dell' oro, a Battra, ai grandi elefanti, ed oltre a Babilonia, eio all' onore e alla gloria ed all' ammirazione

211 di te, allorch ti mostravi assiso in sul coccbio, col capo cinto di bianca benda, e colla porpora affibbiata? Quando tai cose ti si girano in carpo, non ne risenti dolore ? E che piangi, o pazzerone ? Non t'insegn stotile, non essere stabili Aless. Quel sapiente era gli adulatori , e lascia a il sapiente Ariforse i beni della fortuna ?

il pi ribaldo di tutti me parlare di lui, per* ch so bene io quante cose mi domando, quali lettere mi scrisse, ed in qual modo abusava deldi comparir la mia ambizione piti dotto degli

con lbdarmi or altri, soavemente piaggiandomi, la bellezza del corpo, come si fosse pur questa una parte di felicit, ora le imprese , ora le ricchezze, annoverando egli ancor queste tra le cose buone, perch non gli fosse vergogna l' accettarle da me. In somma, o Diogene, era coe questo sol stui un ciarlatano accortissimo, frutto ho io raccolto dalla dottrina di lui, che ora mi attristo di avere che perduti quei beni, Diog. Sa' tu, che devi faun rintedio contro il dolo-

poco fa tu ricordavi. re? ti vo' io porgere re , poiche qui non nasce elleboro. Apri la bocca quanto pi puoi, e per molte volte bevi e ribevi l' acqua del fiume Lete, che in tal modo doglia delle felicita di Aristotile. Ma io veggo levarsi contro di te Clito, Callie vendistene, e molti altri per farti a pezzi, carsi dei torti da te ricevuti; per vattene per cesseratti la

2I '2 strada, qnell'altra spesso che puoi. FILIPPO e come t'ho detto bevi pf4

ED ALESSANDRO XIV.

andar potrai ora, o Alessandro, che non sei mio figliuolo, pepiu imposturando, rocche se fossi nato di Ammone, non saresti morto. Aless. Sapeva bene io ch' era figliuolo di Filippo di Aminta, ma accettai l' oracolo come vero , perche lo credeva adattato al mio proposito Til. Come facea al tuo proposito lasciarti giuntare dai profeti? Aless. Non dico questa, n alcuno di ma i Barbari istupiditi temevanmi, credendo di avere a comloro mi si oppqnea, battere con un Iddio, talche mi fu facile il sogFil. Ma quali popoli veramente gnergiogarli che bai sempre combatrieri hai tu soggiogato,

Fil.

Non

tuto con gente vile armata di archetti, di rutelII forte era lucce e targhetie di carta pecora? come i Beozii, i Focesi, vincere i Greci, gli la caAteniesi, gli uominj d' arme di Arcadia, dei Tessali, gli arcieri eliesi, i Mantii Peonii nesi armati di scudo, e sottommettere Non ti rame gl' Illirii: queste erano imprese menti che innanzi di te diecimila Greci partitisi vallera sotto ia condotta di Clearco vinsero i Medi, i

,.. 21J aruomini effeminati ed ed i Caldei, che mati sol di oro, i quali non sostennero e ad un trar d'arnemmeno se gli accostassero, t;o si ponevano in fuga? Aless. Ma gli Sciti, o padre, e gli elefanti d' India non sono cose da Persiani E questi io gli superai senza metfra 101'0, e senza comprar la vittoria col tradimento. Finalmente non fui sperne adoperai giuro , ne mancai alle promesse, molti E dei Greci, per vincere niuna perfidia, avrai mi feci seguaci senza sangue Li Tebani tu forse inteso come gli traitai. Fil. So tutto , perch Clito che tu uccidesti alla cena scagliandogli contro la lancia, perch si ardi di posporre le mie alle tue imprese, me lo ha narrato dispregiarsi. ter discordia So che deponendo 1'abito macedonico, togliesti vesta persiana, e ti ponesti in capo la tiara drituomini liberi ta, e pietendevi che i Macedoni ti adorassero E ci che pi di ogni altro e riTralascio poi dicolo, imitavi i costumi dei vinti di dire le altre cose che facesti , rinchiudendo coi leoni gli uomini dotti, e la celebrazione delle noz-ze, e lo smisurato amore di Efestione. Questo mi e piaciuto, che ti astenesti dalla moglie di Dario, ch' era bellissima femmina, ed avesti cura della madre e delle figliuole di lui. (Questo si cbiama farla da re Aless. E dell' animo pronto ad incontrare i pericoli non me ne ludi lu, o padre, come quando in Ossidrace solo sentendolo

214 saltai e ricevetti tanil primo dentro alle mura, o Alessandro , te feriteP Fil. Non te ne lodo, che alcuna non perche io non istimi glorioso, un re sia ferito, e che si metta a pericolo per 1' esercito, ma perche questo a te punto mentre non conveniasi , per Iddio , passando volta fuori della battaglia portar quando ti viddero ferito, spargendo sangue , e gemendo di dol ore, era cio per chi ti vedea materia di riso, ed era tacciato Ammone per impostore , e falso indoviE chi non avrebno, ed i profeti per adutatori. il figliuolo di Giove bocbe poi riso vedendo che pregava i medici che lo aiutassecheggiante, ro? siano Ed ora che sei morto che non credi tua tu che vi molti si beflino della impostura il cadavere putredi tut-

con piu acerbi motteggi, vedendo dello Iddio giacersi disteso senza moto, fatto gi e puzzolente , secondo il corso

ti i corpi ? Oltre cio, o Alessandro, quella faciche tu afFermi avere tratto da Iita di vincere , quella cosa, molto ha diminuito la gloria delle cio che tu facesti, patue imprese; imperocche reva piccola cosa rispetto ad un Dio. Aless. Dila sentono gli uomini sul conto mio, versamente comecbe e mi paragonano ad Ercole e Bacco, lo scoglio potuto prendere Fif. del quale io solo m'impadronii, di Aorno , Non t' accorgi che dicendo cosi, parli da figliuoad Ercole e lo di Ammone, osando paragonarti niuno di loro abbia

215 o Alessandro , ne E non ti vergogni, e rientrare in te stesvuoi lasciar la superbia, so, e conoscere che sei morto ? Bacco? ACHILLE ED ANTILOCO XV. cose mai hai detto, o AchilAnt. Quali le, ad Ulisse sopra la morte, veramente vili ed Chirone e i tuoi maestri indegne di amendue Fenice ? io ti sentii dire, che avreimperocch6 sti amato meglio di servire in terra a chiunque povero uomo per poco cibo e con tenue mercea tutti i morti de, di quello che comandare Tai cose potrebbono passarsi se le avesse dette di Frigia, pi del dovere amante di vivere, il piu ma che il figliuolo di Peleo, dei pedegno di tutti gli eroi, il dispregiator ricoli nutrisca tai pensamenti, in vero cosa vered afFatto contraria alle cose da esgognosissima "SOin vita operate Mentre potendo invecchiare ma inonorato, nella Ftiotide, regnando, preferisti spontaneamente di morir chiaramente con gloria. Ach. O figliuolo di Nestore , non aveva io allora niuna esperienza delle cose di quaggi, n conoscendo quale si fosse il miglior partito , preponeva alla v~ta questa infelice gloricciuola: ora capisco quanto essa si inutile, che che ne alcun codardo

16 biscantino Tra i morti gli orrorl que di sopra. sono eguali , ne ha luogo, o Antiloco, la bellezza di quelli e 1a forza di questi, ma tuttr ci giacciamo sotto la stessa camedesimamente ligine, ne in alcuna parte si e 1' uno differente dall'altro Ne le ombre dei Troiani punto mi ne quelle degli Achei mi fan corte : temono, e o forti, o viregnavi una severa eguaglianza, li, tutti i morti son simili Questo mi angustia, e mi affliggo di non vivere come lavoratore Ant. E cosa dun que pretendi tu, Achille? Parve cosi alla natUra che ognuno dovesse morire; laonde conviene alla legge, n gravarsi di ci che ordinato Tu vedi quanti compagni qui ci troviamo intorno di te, e tra poco omai verranne anche Ulisse. La comunanza della GO-* starsene Guarsa, ed il non soffrir solo reca sollievoda Ercole, Meleagro , e gli altri ammirandi uodi tormini, che pensomi non accetterebbono nare a vivre, se alcuno mandassegli a servire per poco prezzo ad uomini poveri ed affamatitutsono da amico; Ach. Questi avvertimenti come la ricordanza tavfa io non comprendo e credo che accada ci della vita m' affiigga, anche a ciascuno di voi, e se nol confessate , che sopportate le stesse cotanto siete peggiori, Ant. Siamo anzi , o Achille , mise in silenzio gliori, perocche ci accorgiamo che il parlare ci e inutile, e stabilito abbiamo di tacerci, sopportare,

27 ed aver pazienza , per non farci ridicoli, - tu pure sui desiderii. DIOGENE ED ERCOLE XVI. Diog. Non questi Ercole? Per certo deslo L' arco, la clava, So non e altri che Ercole. tutto annunziami la pelle di leone, la statura Ma come mai mori essendo egli figliuosei Mi di, o gloria dei guerrieri : lo di Giove? tu morto, quando io in terra ti sacrificava CO" Ercole, me a un Iddio? mi ; perocche infra gl' Iddii, E giustamente sacrificaviil vero Ercole se ne sta nel cielo e possiede Ebe dei belli piedi: Ere. di lui. come

io non sono che il simulacro

Diog. Cosa mai ti dici : tu simulacro di un Iddio ? e pu darsi che vi sia chi abbia -mezza parte divina, e mezza mortale ? mentre Ere. Senza dubbio, non e egli che e morto, ma io, ch' era sua mE ti consegn a Plumagine, Diog. Comprendo : tone perche facessi le sue veci, ed ora tu sei morto per lui Ere. L'hai indovinata. Diog, Ma come mai essendo Eaco si accorto non riconobbe che tu non eri desso, e presentandoti ricevette il finto Ercole? Ere. Io lo assimigliava appuntino Diog. Dici il vero perche perfettamente il somigli. Guardati pertanto che non avvenga

218 il contrario, e che tu sii Ercole, e che quegli che tra gP Iddii marito di Ebe non sia la tua Ere. Sei audace e beffardo, e se non immagine la finisci di motteggiarmi, ti far tosto conoscere di quale Iddio sono immagine. Diog, Per rita P arco il porti scoperto ed a mano, ma me vuoi ch' io ti tema, essendo tu morto? mi di per quel tuo Ercole: quando quegli vecoMa vi-

con vea, ti stavi tu pure come sua immagine esso lui, o eravate in vita la stessa cosa? Quando poi vi moriste, dividendovi volossene egli agli Iddii, e tu immagine di lui, com' era convenevole, rebbe ten venisti rispondersi all' inferno? Ere. Non converad un uomo , che si fa studio di motteggiare; tuttava ascoltami: quanto di Anfitrione era in Ercole, tutto si e spento, e questo sono io; quello poi v' era di Giove, inad un dici, partori di Anfitrone, tempo istesso due Ercoli, l'uno e 1' altro di Giove; adunque non era a noi noto che eravate gemelli nati ad un parto dalla istessa madre Erc. No, o pazzo, amen due eravamo una stessa cosa Diog. Non cio a comprendersi facile, che due Ercoli sieno insieme la stessa cosa: se non eravate per avventura come un caval centauro, formati di una natura istessa, uomo ed Iddio Ere. non parti che sia ogni uomo composto di due parti, di corpo cioe e fra gl' Iddii chiara: tu su nel cielo Diog, che Alcmena Ora la intendo

219 che adunque impedisce, che 1' anima che era cosa di Giove sia in cielo, ed io che di anima? tra i morti ? Diog. A ragione diresti cio, o ottimo Anfitrioniade, se fossi corpo; non sei pero ora che un' ombra incorporea, talche corri rischio di divenire un triplice Ercole. sono mortale In questo modo: triplice? Diog. quello nel cielo , la tua ombra ch' qui tra noi, ed il tuo corpo nell' Oeta divenuto ormai polvePensa di poi un poco re, sono tre cose diverse, di ritrovare un terzo padre pel corpo. Ere. Chi mai sei tu si sboccato e sofistico, donde nato, e di dove arrrvi? Diog, L'ombra di Diogene siimmortanopese, che non aggiromi tra gl'Iddii ridendomi di li, ma tra i migliori dei morti, Omero e delle fredde sue favole Ere. Come

MENIPPO

E TANTALO XVII.

e di che ti piangi , o Tantalo , ti lagni, standotene vicino al lago? Tant. Person morto di sete Men. E che, o Menippo, come sei tanto pigro che non puoi inchinarti per Men. Cosa almeno entro il cavo della bere, o prenderne mano? Tant, Nulla giova che io m' inchini, perocche l'acqua mi fugge appena si accorge che io me le appresso E se pure ne prendo, e me

&20 alia bocca, me ne sono appena umettato le stremit della labbra, che scorrendomi non so come tra le dila, in un momento mi rimane arida e secca la mano. Men. Prodigioso si , o Tantalo , cio che ti awiene , ma mi di: che bisogno hai tti di bere, non avendo corpo, sepolto essendo in Lidia quello pel quale bisoTant. Quegno avevi di mangiare e di bere? sto il forte soggetta molo pure della mia pena, che 1' anima ho come il corpo alla sete. Men. Credia1*accosto

dappoiche affermi che sei dannato alla sete ; ma non alla fine cio tanto molesto , non avendo a temere di morire per mancamento di bevanda, perocch dopo questo non veggo io in altro luogo n morte, ne inferno Tant. ma si questo una Ragioni saviamente, ho della pena, che non abbisognandone, o derio di bere. Men. Tu non connetti, ialo; e pare che abbi veramente bisogno parte desiTandi be-

mene in fede mia, di elleboro puro, vanda, tre soffri tu il contrario di coloro che morsi soma no dai cani rabbiosi, temendo non l'acqua, la sete. Tant. Ne io ricuso punto, o Menippo, Men. cosi cio potesse essere. di bere 1' elleboro: che non berrai ne tu, n o Tantalo , Consolati, atcuno degli altri morti, ci essendo impossibile Non pertanto la sete come tu, per supplizio a cui fugge 1' acqua dinauzi. non tutti banno

22I MENIPPO E MERCURIO XVIII. i belli e o Mercurio-, le belle? Io sono ospite venuto di fresco, laonde mi servi di guida Merc. Non ho tempo, Men. Dove sono, o Menippo, tuttava guarda cola alla tua destra , che ci e Giacinto, Naiciso, Nereo, TiAchille, rone, Elena e Leda, ed insieme tutte le vecchie Io non veggo che ossa e crani spolpati di carne, e tra loro simili la pi parte. Merc. Eccoti cio che ammirano tutti i poeche or sembra che tu dispreti, quelle ossa, Almeno mostrami Elena, perche io gi. Men. non saprei distinguerla. Elena. lllen. E per Merc. Questo cranio si questo appareccbiaronsi mille navi da tutta la Grecia, e morirono tane Greci, e si grandi citta furono jfci Barbari o Menipspianate ? Merc. Ma tu non vedesti, po, la donna vivente , perciocch avresti ancora tu detto non essere cosa malfatta, che lungo Donna soffran Ancbe i fiori veduti quando son secchi ed hanno perduto il colore, sembrano a chi gli riguarda spiacevoli, ma quando son freschi e conservano il loro colore, cio , o Mercurio , sono bellissimi mi meraviglio, Men. come E di non tempo intorno a questa disagi acerbi e duri. bellezze. Men.

222 che affaticavansi per compreso, una cosa di poca durata, e che di leggieri sfioriva. Mere. Non ho tempo, o Menippo, di filosofar teco , talch scegliti quel luogo ti pare, ed ivi ti rposa, e vi ti distendi, che io ne allontaner gli altri morti. EACO , PROTESILAO , MENELAO E PARIDE XIX, Eaco. addosso o Protesilao, Perch, scagliandoti di Elena vuoi strozzarla ? Prot. Perche, abbiano i Greci

o Eaco, io mi morii per costei, lasciando la mia casa mezza fatta, e vedova la giovane spoLa cagione ne fu questo Menelao , sa. Eaco. che in grazia di cotal donna condussevi a Troia. Hai ragione: costui deve incolparsene Prot. ne dei giustaMen. Pi di me , o valentuomo, mente incolpare Paride, che essendo mio ospite, contro moglie Barbari ogni giustizia fuggissi e rubommi la Ed esso non da te solo, ma da tutti i e Greci merita di essere strozzato come Ci mi sembra non mi fuggirai percio di mamorti. Prot.

Cagione di tante

pi tagionevole: Paride Par Non ti porterai no, o maladette tanto pi che io proo Protesilao, rettamente , fesso l'arte tua istessa, essendo amoroso ancor

225 Tu conosci io, ed allo stesso Iddio dedicato. e che havvi in ci non so che d' involontario , far reche un Iddio, al quale non possibile Hai rasistenza, ci conduce ove vuole. Prot. almeno qui Amore! gione. Potessi io attrappare come e giusto, la difesa di quesi confesserebbe sto Iddio, imperocch per avdi Paridell' innamoramento ventura colpevole Eaco. Faro io, de, gione ma della fosti catua morte, o Protesilao, che dimenticata la tu stesso e non altri ;

chiamato essendo alia Troade, giovane sposa, ed acamator dei pericoli, pieno di audacia, ceso di gloria, andando innanzi di tutti , nel il primo moristi. Prot. Su o Eaco, pili. quello a me spetta, ti risponder, giustamente , e dirotti , che non ne sono io stato cagione, ma il destino, che tutto ha intessuto fin da principio. Eaco. Cio ragionevole. Perche dunque tu accusi costoro ? MENIPPO ED EACO XX. Men. attorno no Eaco. Per Plutone! tutto o Eaco, conducimi ci che v' ha nell' inferdiscendere a terra

a vedere

Non e si facile, o Menippo, di veder tutto ; tuttava t' insegnero sommariamente le cose principali Questi si e Cerbero; il barcaiuolo

524 che ti traghetto tu lo dentro vedesti il lago Men. Queste cQse io se' portinaio , e vidi accenna conosci, ed entrando qui , e Flegetonte in fiamme le so, ed ancora che tu il re colle ma mi e spezialmente i Erinni,

quegli uomini antichi, pi famosi di loro. Eaco Questi Agamennone, quegli sie Achille, I' altro piu presso ad essi Idopoi ne viene Ulisse, poi Aiace, DQIJ]meno dei Greci. Men. de, ed i pill eccellenti Eia, Omero! come questi splendori de' versi tuoi e deformi, tutti polvere, prette bagattelle , e veramente capi imbecilli! E costui chi si e egli mai, o Eaco? Eaco. Ciro, 1' altro e Creso, dopo lui Sardanapasi e Serse. lo, e dietro loro Mida. Quell'altro Men. E di te, o avanzo di sepolcro, terrore agiaccionsi vea la Grecia, quando facevi ponte dell' Ellesin su i monti? In ponto , ed ambivi navigare qual condizione si e mai Creso! Ma permettimij o Eaco di dare una guanciata a Sardanapalo. , che gli faresti in pezzi quel Eaco. Non posso; Men. Almeno vo' sputare cranio di femmina addosso che a questo uomo donna Eaco. Vuo' ancbe i sapienti ? Men. Si per Dio! t'insegni Eaco Questo che vedi il primo Pittagora. Men. o Apollo, o cio che tu vuoi Salute, o Euforbo, Men. Non hai Anche a te, o Menippo. ma di grazia ; pi la coscia di oro? Pitt. No fammi vedere ^e nella zucca hai niuna cosa da Pitt. a terra sconosciuti

r 22J Vi son fave, mangiare Men. che non sono cibi per te. Pitt. Tra i rnorti vi sono altre galantuorno, Dammele pure. o

ed ho imparaleggi, to che qui non vi e nulla che somigli alle fave ,. Ed.'co. Questi Solone ed ai capi de' parenti e appresso ad e 1' altro Talete, di Esecestide , essi stanno Pittaco e gli altri, come vedi, che in tutti son sette. Men. Soli questi , o Eaco, tra , tutti eostui son lied, pieno di e non si dimostran dolenti Ma cenere, che pare una pagnotta tutto fiorito di piaghe, chi e desso che mezzo o Menippo, Empedocle, dall' Etna. Men. 0 valente cal-

incarbonata, mai? Eaco. cotto zatore

ne venne

di scarpe di bronzo, qual cagione ti spinse a gittarti nella voragine ? Emp. Una certa o Menippo. Men. No per Dio! non malincoma, fu questo, e giande ma superbia, vanagloria stoltezza. Queste cose ti abbrustolirono comparire indegno di quella calzatura. meno tal' impostura non giovotti nulla , perocMa Sojche facesti cosi pal ese esser moita!e. crate, store Men. o Eaco, dove si trova? Eaco Sta con Nee Palamede a dire un mondo d' inezie per non Nondi-

Se fosse qui amerei di vederlo. Eaco. Vedi quel calvo? Men. Tutti son calvi; laowde universale. Eac. Dico questo un contrassegno Men. Siam da capo, tutti son quel senza naso senza nippo? naso Men. rut. I. Socr. di me, o MeE con gran desiderio, o Socrate > i-5 Vai cercando

2^0 Socr. vani Che si ta in Atene? Men. dicono Molti dei gicn e chi gli guardasse al Soc. Mol-

portamento ti ne ho veduti.

di filosofare, ed all'abito sono filosofoni. Men.

Credo anche vedesti quali a te ne vennero Aristippo e Platone, il primo tramandando ed il seconun fiato di unguento, a corteggiare i tiranni di Sicilia. Socr. E di me cosa si pensa? Men. In questa parte, o Sodrate, sei pienamente felice Credesi ognuno che tu sii stato un uomo ammirando, e che abbi saputo d' ogni cosa, e cio ( perche io credo non doversi tradire la verita) non Socr. E pure io affermava tra losapendo nulla cosa, ed essi credvano che io cosi Men. Chi sono coloro parlassi per caricatura o Menipche stannoti attorho? Socr. Carmide, A/en. Fai po, Fedro, ed il figliuolo di Clinia ro 1a stessa a coltivare ancor qui 1a tua o Socrate, ed a non avere scarsezza de' belli < professione, bene, io passarla piu soavemente? ma se li piace, siedi qui vicino a noi Men. No , vo* andarne a Creso e Sardanapalo , Socr. potrei e stabilire presso che sentendogli avro meraviglioso vado, morti di loro il mio albergo, perocridendomi di loro ne piangere, Io ormai me ne di soppiatto alcuno dei Eaco. E come do ammaestrato

piacere accio non si fugga

o Menippo, In appresso potrai vedere, altre pi cose o Eaco, cb Men. Va pure, n' ho abbas tanza di queste

227 MENIPPO E XXI. Cerbero, poich ti sono parente , come essendo cane aricor io, mi di per Istige , Ben Socrate quando a voi discese ? tontennesi ti pare che essendo tu Iddio non solo puoi abMen. ma volendo , puoi anche parlare a mbaiare, Cerb. Sembrava venirsene alia do degli uomini. non dando lontana con volto fermo e costante, ansioso di farsi nosegno di temere la morte, tare a Coloro che stavan fuori la porta. Quando poi penetr entro la bocca e videsi al buio, dalla cicuta lo aded io vedendolo sbalordito cOTlle un per un piede, grid di paura, fanciullo , pianse i suoi figliuoli; e si fece di milcostui era un impole colori. Men. Adunque la morte ? veramente Store, e non dispregiava Cerb. Sicuramente, e sollanto quando si acdcntai corse di non poterla fuggire, per non sembrare d'incontrare di malavoglia qio che di necessity mostro grandezza perconveniagli sopportare, ch lo ammirassero In somma, gli Spettatori io ti posso dire che tutti fino alla soglia sono forti e coraggiosi 3 quando poi sono entiali, la lor paura e eccessiva. Men. Ed io come ti sembra esser disceso ? Cerb. Solo, o Menippo, ti sei mostrato degno della tua razza, e prima di CERBERO

2 DO te Diogene, perch siete entrati non forzati , ne ridendo ed ingiungensospinti , ma volontarii , do agli altri di piangere CARONTE, MENIPPO XXII. Car. Men. Car. o il passaggio, brigantone, se cosi ti piace, o Caronte. E MERCURIO

Paga, Grida pure,

Paga ti dico, percio io t'ho traghettato. Men. Tu non potrai averne da cbi non ne ha. Car. E chi v' che non abbia 1' obolo? Men. abbia, o non lo abbia nol so , qnanto a me io non T ho Car. Gorpo di Plutone! ti torChi lo cer il collo, tocco di scellerato, se non mi pagbi Men. Ed io mi ti gitter sopra col bastoe spezzerotti la nuca. Car. Invano avrai dunque fatto si lunga navigazione ? Men. Paghi che mi ti ha consegnato. in mia vece Mercurio, Merc. Per Dio, faro un bel guadagno se dovro per i morti! Car. Io non ti lascer. Or via tira in secco la baica e rimanti , ne ho ma non prenderai poi nulla, se io non Car. EJon sapevi tu forse che dovevi portarlo ? Men. Il sapeva, ma non ne avea. E che? non dovea io morire per questo? Car. Solo adunque pagar Men. ti vanterai Men. di essere Non ad uffo, stato traghettato o galantuomo , ad uffo ? perche io ne

229 ed unico la sentina, maneggiai il remo, Car. tra tutti quei cbe portavi , non ho pianto. tu Queste cose non han che fare col passaggio; seccai di fare dei pagare 1' obolo , e non permesso dun que nuovail contrario Men. Riconducimi mente in vita. Car. Bei discorsi, acciocch Eaco mi dia di frusta! darmi Men. noia. Car. Men. Mostrami finisci di Adunque cos' hai nella sacca

vi sono dei lupini per la Se ti gustano, o MercuCar. Di dove, cena di Proserpina rio, ci hai condotto codesto cane, che beffavasi , ridevasi , e motteggiava tutti coloro che erano nella barca

e quando quando navigavamo, esso solo cantava? Merc. Non quelli piangeano, o Caronte, conosci, quale uomo hai tu passae dispregiatore di tutto, libero perfettamente to? ti colgo a coglierai, se

Car. Ah ! Egli si e Menippo un'altra volta! Men. Non mi ci

buon uomo ; due volte non e possibile. PROTESILAO, PLUTONE XXIII. signore, o re, e nostro Giove, e tu, o figliuola di Cerere, non isdegnate un' amorosa preghiera. Plut. Che dobbiam noi fare Prot. Sono Protesiper te, e chi se' tu mai? lao d'Ificle filacio , soldato degli Achei, che ii Prot. O E PROSERPINA

?oo a Troia; vi scongiuro primo mor andandone che mi ritornate in vita per poco Plut, Questo ancora, o Protesilao, comune a tutt' i morti , e niuno di essi l'ottiene. Prot. Ma io non o Plutone, tanto la vita, amo , quanto la moglie , che abbandonai navigai coll' armata, do a terra e sposa fresca nel letto, e cosi sventurato scendenL' amore da Ettore 0 sire, mi guasta, e vor-

fui ammazzato

pertanto della moglie, rei per poco di tempo essere rivisto da lei, e. Plut, Non hai per vertirne di nuovo quaggi. bevuto l' acqua di Lete, o Protesilao ? Prot. In o sire, ma la vincea il mio desiabbondanza, derio Plut. Aspetta, ch ne verr una volta e non avrai bisogno di far questa essa ancora, Prot. Non posso, o Plutone, soffrire, viaggio. il ritardo , tu gi fosti amoroso, e sai bene che; E che gioveratti di vi. cosa si e amore Plut. vere un solo giorno quando a ripiangere la stessa cosa? tra poco tornerai Prot. Mi do a cre-

a seguirmi tra voi, dere di poterla persuadere talche in poco d'ora guadagnerai in luogo di uno Non sono permesse si fatte due morti. Plut. Te le tor.. cose, e non ve n' esempio , Prot. o Plutone. Per questa istesnero io a memoria, e sa cagione tu concedesti Euridice ad Orfeo, per far piacere ad Ercole desti licenza ad AlcePlut. E vuo' tu con questo ste mia parente cranio nudo e deforme mostrarti alia veazQ$dr

a3i tua sposa ? e come pretendi ch" essa t'accolga , non potefido riconoscerti ? Io so bene che avi-4 lunpaura e si fuggir, ed avrai irivano fatto si anche a quePros. Pofgi rimedio viaggio go che tosto, o tnarito , e comanda a Mercurio, toccastoch Protesilao sar renduto alIa luce, tolo colla verga, faccia incontanente comparirlo delle nozze giovane quale si era al momento vi acconsente, Poiche Proserpina duci di nuovo, e fallo Aposo. E tu che ti conceduto un sol giorfio Plut. DIOGENE E MAUSOLO XXIV. Cavio, Diog. O e ti stimi dovere ester tri ? Maus. tanto lo riconricordati,

perch

perch ho Pel'regno io regnatp su tutt la Garia, ho signoreggiato anche alcuni dei Lidi, ho soggiogato alcune isofino a Mileto h debellato les ed inoltrandomi Oltre ci efa io bello, gran parte deIla Ionia E cio che pi vagrande e valoroso in guerra le , perch in Alicarnasso n stato innalzato un sepolcro magnificentissmo, che non ha simile altro morto non solo in gtndezta, ma in e vi sono ad di sopra effigiati uomini eleganza, e cavallr in beliissime pietre, in somma si tale

preposto , 0 Sinopese,

grandeggi, a tutti noi al-

202 cbe appena potrai sa paragonarglisi ritrovare un tempio che pdgNon parti che io per ci in-

a ragione ? Diog. Irttendi pel regno, superbisca e per la gravita del sepolcro ? per la bellezza, Maus. Si per queste cose o Diog. Ma ora, Lei Mausolo, piii non comparisci di quellabelta e robustezza, talche se ci scegliamo un giudice del bello, non sapr dire perch il tuo cranio debba preposto al mio , essendo amendue calvi e nudi, i denti gli mostriamo egualmente; e cosi siam privi degli occhi, ed abbiamo i nasi esser

Del sepolcro e di quelle pietre preziose ne menan pi giusta pompa gli Alicarnasco' forestieri come sesi, facendone ostentazione Quanto a te posseditori di un grande edificio. cosa quello ti gioio non veggo, o valentuomo, vi , se pure non dicessi che tu porti pi peso da tante pietre. di noi, oppresso sentendoti mi sono tutte codeste Maus. Inutili aduhque e Mausolo e Diogene saranno del pari cose, onorati ? Diog. No del pari , o nobilissimo , no per Dio! perocche Mausolo pianger , ricordandosi delle cose terrene, sulle quali riposta avea la felicit, e Diogene riderassi di lui. Pensa egli al sepolcro di Alicarnasso fabbricatogli da Artemisia sua moglie e sorella; Diogene non sa ove non essendosi di ci sia sepolto il suo corpoi Ha lasciato pero di se materia di dato briga vivuto essendo nel parlare agli uomini dabbene;

incavati.

233 4noiiclo aItamente, cata in pi sicuro polcro, o vilissimo e la sua fama si sta fabbriluogo che non e il tuo seschiavo di Caria.

NIREO,

TERSITE XXV.

E MENIPPO

Vedi, Menippo che e qui giudichi non ti cbi e pi bello di noi. Di, o Menippo, sembro io pi bello? Men. Prima di tutto mi Nir. conviene te Men. sapere chi siete Nir. Nireo e TersiQuale di voi si Nireo, e quale Tercio non m'e ancora ben chiaro. Ters.

site? che In questo intanto ho il vantaggio, che io ti socome ti miglio, ne al fine se' tu si eccellente , celebro quel cieco di Omero, appellandoti il pi bello ed io col capo aguzzo e colla rada capigliatura non sono comparso al giudice inferiore a te Tu ora osserva, o Menippo, quale ti sembra pi bello Nir. Io sicuramente che pur sono figliuolo di Caropo e di Aglae, di cui il pi bello uomo non venne Sotto Ilio mai Men. Nondimeno io credo che sotto terra non ne sei venuto si bello; e sei simile a tutte le altre ossa, e solamente il tuo cranio distinguesi da quello di Tersite per iscocciarsi pi facilmente avendolo tu molle ed effeminato. Nir. Interroga I di tutti ,

204 militava cogli Aquale io m'era quando chei. Men. Tu mi parli di sogni, io ti veggo come sei adesso, queste cose le sapevano quei d allora. Nir. Non sono io adunque piu bello, o Menippo ? Men. Ne tu, rie altri e qui bello. Nell' inferno vi e la eguaglianza , e tutti son simiIi. Ters. Quanto a me, questo mi basta. MENIPPO E CHI RONE XXVI. dire, o Chirone, che essendo tu Iddio , desiderasti morire Chir. Udisti il vero; o Menippo, e, come vedi, io mi morii potendo essere immortale Men. Come mai ti prese questo amore di morte, che e una certa faccenda non troppo amata da molti? Chir. Mi spieghero con te che sei uomo niente ignorante. Non pili m'era Men. a piacere il godimento della immortalit Non gustavati di vivere e vedere la luce? Chir. No , o Menippo, perch io stimo che la dolceze non semplice, laonde vivendo e sempre godendo delle stesse cose, del sole, della luce , del cibo, e sempre te stagioni essendo le stesse, e succedendo ogni cosa per ordine za sia varia appresso dell' altra , mi sentiva sazio; perocch non in quel sempre istesso, ma nel cambiamento continuo di ogni cosa e riposlo il piacere. F una Men. Intesi Omero

a35 ma come 0 Chirone, Men. Parli saviamente, poi te la passi in inferno, ove sei venuto, preponendolo alle cose di sopra? Chir. Non vi sto male, o Menippo; vi regna una popolare eguanel ritro-* glianza, e non trovo gran differenza yarmi al chiaro od al buio. Qui di poi non ci necessario di bere e mangiare , come di l, e sono questi bisogni per noi sconosciuti. Men, e che Perch della

Guardati , o Chirone, di non contraddirti, Chir. il tuo discorso non giri a ruola. dici cio? lUetl. quel sempre andandone saziet Se istesso

vita ti gener ancor qui la pur sazio, bisogna nel modo islesso , diverraine e ti conven ricercare un cambiamento in un' altra vita, il che io giudico sia impossibile, Chir. Cosa dunque dovria farsi, o Menippo? Men. Siccome io credo e si dice, l'uomo prudente dee esser pago di cio che gli offre il presente, e non credere la condiaione sua insopportahile. E CRATETE

DIOGENE.

ANTISTENE XXVII.

e Cratete, noi ci stiamq Diog, Antistene in ozio , laonde perch non ce ne andiamo a ed ivi ospasseggiare in sulla bocca di Averno, serviamo coloro chi siasi, e ci che si fa ciascun che arrivano ? Ant. Andiamone, di o

&36 perocch sar un dolce spettacolo veDiogene der gli uni piangenti e gli altri supplicanti di essere rilasciati, ed alcuni che angosciosamente o resrstono ed oppongonsi a Merdiscendono , curio che gli strascina pel collo, e si gittano suCrat. Narrerovvi io che pini senza alcun pro cosa ridi per la via quando discesi. Diog. Nar-

ralo , o Cratete , mentre tu sembri volerci dire alcuna cosa festevole Crat. Molti e diversi discendevano meco, e tra questi notabili si erano Ismenodoro, quel nostro ricco, Arsace prefetto di Media ed Orito armeno Ismenodoro era staandagli assassini presso il Citerone, e sospirava dandone come io credo in Eleusi, e tenevasi la mano in sulla ferita, chiamava i accusava piccoli figliuoli che aveva lasciatied il suo ardil'e., che dovendo traversare il Citerone e. passare presso Eleutera per luoghi affatto non si era fatto accomdesolati dalla guerra, che da soli due servi, ed avere di pi portate seco cinque caraffe di oro e quattro tazze. Arsace, essendo vecchio e di aspetto non afandava in collefatto spiacevole, barbaramente pagnare di essere a piedi, e domanra, e sdegnavasi mentre era dava che gli si recasse il cavallo, questo morto insieme con lui , stati essendo tradi un sol colpo da un certo passati amendue di Tracia in una zuffa contro ai Alabardese Cappadoci vicino all' Arasse Arsace , secondo to ucciso

2.57 , si era molto avanzato e allontanato dai. suoi, ed il Trace fermatosi e ripiegatosi sulle armi, e, vibrasfuggi la lancia di Arsace, la sua alabarda, lo trap astagli improvvisamente raccontava so esso ed il cavallo. conto, aveva i piedi poggiarli poi, uomo di minor si deboli che non potea ape cio accade a tutti i Medi, Orite

in terra ; quando scendono da cavallo, che come se avessero a oalpestare le spine con istento camminano in sulle punte dei

Per la qual cosa piedi. e non potengiacendosi egli prostrato in terra, do per niuno ingegno levarsi, il buon Mercurio presolo sulle spalle io condusse fino alla barca, quando discesi non volli mescolarmi cogli altri, ma, lasciatigli men corsi alla barca, e mi scelsi un piangenti, Nel tragitto posto per navigare con commodo coloro lagnavansi e soffrivano nausea, ed io arideva veane meraviglioso piacere Diog. Voi, Gratete ed Antistene, vi siete imbattuti nel vostro viaggio in tali com pagni ; a me lo furono Blepsia lo usuraio colui del Pico, Lampide acarnanieDamide era se, e Damide quel ricco Corintio accoppato col veleno dal figliuolo, Lampide si era ucciso da se stesso per amore di Mirzia cortigiana, l'infelice Blepsia asseriva di esser mancato a poco a pqpo di fame, ed era nelF aspetto oltiemodp pallido , e vedevasi eceessivamdnte estenuato , il .sapessi, 10, quantunque stato ed io intanto Ant. Io

-I') 2JO della cagione della lor mof pur gli interrogava te. Per lo che a Damide che accusava il figliuo10, dissi: e come pretendi che ti sia stato fatto torto, che possedendo insieme mille talenti, e in et di novant'anni, non davi lussureggiando che quattro oboli ad un giovane di diciotto P E tu, o Acarnanese ( perocche costui sospirava e maladiceva Mirzia), a che incolpi l'amore,e che non avendo mai temuto non te medesimo, i nimici, e spregiando i pericoli gli affrontavi prima di ogni altro, essendo si forte, ti sei la* sciato vincere dai sospiri e dalle finte lagrime di Una puttanella comune? Quanto a Blepsia accusavasi da se stesso, confessando la sua pazzia, che custodito aveva le ricchezze, senza procacciarsi vivere erede, figurandosi ed io risenta eternamente, alcuno il pazzo di allora dei lor

Ma siamo omai in sulsospiri soavissirno gusto e conviene vedere ed esaminare colola bocca, ro che arrivano di lontano. Per Dio ! son mo!fuori che questi ti e diversi e tutti piangono, Come querelansi quei vecchioni! e che vuol dir ci? gli aveva per sorte affatturati 1' amor della vita? Ma vo' interrogaCosa ti piangi, morto esre questo stravecchio sendo in codesta et, e qui venuto si vecchio ? Eri tu forse e perche ti sdegni, o buon uomo? re? Pov. No Diog. Almeno satrapa? Pov. Nembambini e fanciulli meno. Diog. Dunque eri riceD. che ti duole

259 esser morto e non poter piu lussureggiare? Io ho circa novant' Niuna di queste cose ed essendo Pm). anni , la mia inise-

poverissimo sostentava non avea fira vita pescando con una canna; gliuoli , ed era di piu zoppo e gUardava losco. Ed essendo tale amavi di vivere? Poo.

ed il morire dubbio, dolce era la luce, o orribile e da fuggirsi Diog. Tu fanciulleggi, e pazzamertte ti opponi al destino, vecchio, paE che diranno reggiando in eta il barcaiuolo mai i giovani, se uomini di tale et arnan di vila morte coVere, ai quali conveniva desiderare Ma me un rimedio dei mali della vecchiezza ? partiamoci, noi abbiam torno che perche non sospetti qualcuno tentato fuggire, vedendoci girare indi quesla bocca. MENIPPO E T1RESIA

Diog. Senza

XXVIII. comeche tu sii cieco e Tiresia, non possa facilmente distinguere, tutti noi altri abbiamo medesimamente ed i gli occhi vuoti, soli segni di quelli Per la qual cosa non t' incresCa dirmi chi sia Fineo, e chi Linceo Io so Men. che tu eri indovino , ed ho udito dire ai poeti, che tu solo fosti e mascbio e femmina ad un tempo , per gl' Iddii ! mi di: qual sorta di vita C3

2lio hai tu esperimentata mo o della donna? pi dolce, quella delf uoTir. Migliore di molto si era, o Menippo, quella di donna corne pi sface perche le donne signoreggiano cendata , gli ne hanno esse 1' obbligo di andare alia uomini, guerra, n di fare la sentinella in sui merli delle muraglie raggirarsi cosa fa dire Euripide a Medea, lagnanTiresia , dosi di esser femmina, come di un grande infortunio ed intollerabile, soffrir dovendo i dolori ne , ne quistionare nelle assemblee, pe' tribunali. Men. Non udisti tu~ o

del parto ? A proposito ( poich mel ricordano questi iambi di Meda) partoristi tu mai quando eri donna, o passasti quella vita sterile e senza figliuolanza ? Tir. A che, o Menippo, mi domandi Non e cio una ingiued a te facile lo appagarmi. ria, o Tiresia, non partorii. Tir. Non era sterile , nondimeno Men. Questo mi basta; ma vorrei sap ere se aveche 1' avea Tir. Sicuramente vi la matrice Men. A poco a poco ti spari dunque la matrital cosa ? Men. ti si ristrince, ti si chiuse il fesso femminile, ti crebsero Ie mammelle , spuntotti la barba, ovvero immantibe la carne sotto 1' ombilico, nente di femmina divenisti maschio? Tir. Non e semveggo ove tendano codeste tue parole, avvenisse. che ci veramente bri non credere soMen. Non conviene por dubbii, o Tiresia, pra tai cose , ma comeridicole non darvi peso,

241 se sieno o non sieno possibili. Tir. Non crederai nemmeno che cio sia avvenuto , quando udirai che alcune di donne divennero col ricercare Dfne e , fiere, come Aedona uccelli, arbori, la figliuola di Licaone. Men. Se per sorte in' abbattero in esse sapr cosa si dicono; tu, o valentuomo, pure quando eri donna indovinavi come hai fatto di poi? od imprendesti insieme ad esser uomo ed indovino? Tir. Vedi che tu siccome delnon sei al giorno di ogni mia cosa, sedata da me, e di Giula contesa degl'Iddii none che accecommi e di Giove che mi raddolci quella disgrazia col dono dell' indovino? Men. sulle menzogne 9 Te ne stai ancora, o Tiresia, e ci fai secondo il costume degl' indovini, essendo proprio di voi di non dir mai nulla di sano. AIACE ED AGAMENNONE XXIX. Agam. Se tu, o Aiace, furibondo uccidesti te stesso, e volevi finirci tutti, qual colche avendolo poco fa riguarpa ne ha Ulisse, dato, quando ne veniva dall' indovino, non degnasti neppure di dire una parola ad un uomo cli5 e stato tuo compagno d'armi e familiare ; e passastigli innanzi a gran passo superbamente ? Aiac. Meritamente , o Agamennone, perocch Vol. I. 16

fu esso cagione delle mie furie, unico Coritfa stando meco per le armi. Agam. Pretehdevi a* dun que di non avere avversarii , e senza contrasto essere superiore ad ognuno? Aiace. Con ragione in quella causa, mentre essendo quell' armatura di un mio cugino mi si appartenea come un hene di famiglia. E voi altri che eravate migliori d' assai rifiutaste la gara, e mi celeste e solo il figliuolo di Laerquel premio; te, che io molte volte salvai dal pericolo di esser fatto a pezzi dai Troiani, si stim esser mi-

e piu adatto a possedere quelle armi Agam. Accusant piuttosto Tetide , o valentuomo, che dovendoti come a parente concedere gliore 1' eredita di quelle armi, col recarle in commune le propose ad ognuno Aiace. Ulisse pero solo venne di quelle a contesa Again. Degno

e di perdono, se essendo egli uomo * desiderava Ia gloria, la quale ha un non so che in se di attrattiva, per cui ciascun di noi non ricusa d' incontrare i pericoli. Posdia ti vinse, e di ci Aiace. Sommi ben io , : ma non permesso di dir nulla sopra gl' Iddii. Intanto, o Agamennone, son otterrai giammai che io non abbia in odio Ulisse, se xtiel comandasse pure la stessa Minerva. furono giudici i Troiani. che fu che mi Condann

245 MINOS E SOSTRATO XXX. ladrone di Sostrato sia gitQuesto tato nel fuoco di Flegetonte. Quel sacrilego sia Codesto tiranno, o Merlacerato dalla Chimera. Min. curio, sia disteso vicino a Tizio, e gli sia roso ne il fegato dagli avoltoi. Voi, buoni uomini, andate tosto a* Campi Elisii, ed abitate le isole dei beati, passato avendo bene la vita. Sostr. o Minos se ti sembra che io parli giuAscolta, sto Min. T' ho io ora ad ascoltar nuovamente ?

non sei tu convinto, o Sostrato , di essere stato un malvagio e reo di tanti omicidii? Sostr. Sono ma considera se sono giustamente convinto, pu* nito. Min. Giustissimamente , se la giustizia consiste in dare le pene meritate Sostr. Rispondimi adunque, o Minos; vo' farti una perocche breve domanda Min. Di su, ma sia breve , mentre ho a giudicare anche gli altri Sostr. Ttto cio che ho io in vita operato, 1' ho io fatto di mia volont, o stato era gi preparato dal destino? Min. Dal destino senza alcun dubbio. Sostr. quanti qui sembriamo essere e- rnalvagi, abbiamo tutto operato a vendo. Min. Si certamente : Cloto ciascun che nasce ci che dee fare. adunque Pertanto stati buoni quello seringiunge a Sostr. Se

uno uccide un altro trattovi da necessit,

2^ non possendo resistere al destino che gli fa forza, come fara il carnefice e lo sgherro, quelle per ubbidire al giudice e questi al tiranno, chi incolperai della uccisione ? Min. chiaro: il giudice ed il tiranno; egli non e in ci reo, che la quale quanto puo esserlo la stessa spada, non fa che servire, ed un istromento lera di colui che ne fu prima cagione della colSostr. A

o Minos, e soprabbondantemente tu meraviglia, illustri il mio esempio. Se alcuno di poi per codel padrone venga a portare oro mandamento ed argento, chi dee l'ingraziarsene, e chi chiao marsene benefattore ? lHill. Chi lo manda, il portatore non e che un ministro. Sostrato: Sostr. adunque quanta ingiustizia col punire noi, che siamo esecutori commetti di Cloto, dei comandamenti onorando al coni beni di altrui? trario coloro che amministrano Non t'avvedi

chi potr mai affermare che altri Imperocch fosse potente a resistere a quelle cose, che con somma necessita Min. gli venivano ingiunte ? Sostrato , tu vedrai molte altre cose che non vanno a verso, se scrupolosamente le esamini Del rimanente , tu torrai domanda, apparendo non anche sofista Lo disciogli, della tua solo esser ladrone, ma alcun frutto

sia punito Guardati altri morti simili interrogazioni.

e non o Mercurio, pero di non insegnare agli

245 ORACOLO DEI MORTI m KY n ARGOMENTO J Mm < *

che non sia il presew alcuni, te Dialogo opera di Luciano, e s' inducono a credere ei dalle ripetizioni che incontrano di argomenti ne' Dialoghi di gi trattati precedenti dei Morti Chi cosi pensa, mal si dei modi appone, e male si mostra informato di questo autore. La comica introduzione , il e l' amara bejfa contro dei frizzo continuato rei, dei superbi e dei ricchi con piacevolezza non ad altri comune, /0 stile semplice ed elechiaro il gante ed alcune frasi tulte proprie, E quando mostrano suo. ci pur non fosse (lo che ne a me , n ad alcun altro pu ora essere manifesto) non temer di affermare esser questo componimento non indegno di lui, n inferiore agli altri suoi scritti. L' argomento raggirasi sulle pene che si sojfrono nell' inferno dai tristi, e si un ristretto de' passati Dialoghi. Menippo filosofo cinico ritornato dall' altro mondo racconta a Filonide suo amico ci che ha veduto

Pretendono

246 MENIPPO o L'ORACOLO DEI MORTI

MEWIPPO E FILONIDE. ti salvi, o portico, o casa mia: alia quanto mai volentieri riveggoti ritornando luce! Fit. Non e questi quel cane di Menippo! non e altri traveggole che lui, ed in tutto egli e desso Ma che siil cappello, la, lira e gnilica quell' abito strano, la pelle di leone? Andiamogli percio incontro o Menippo: donde ne vieni dopo si gran Salute, Per certo tempo che non s<ei comparso nella citt? Men. Dal cupo orrendo e tenebroso speco Vengo di Dite, u' notte eterna adombra Le alme nocenti assai lontan dal cielo, Q e E ove regna Pluton Til. Gorpo di Ercole! se non ho le Men. Dio

Eri tu dunque morta, senza che noi punto il sapessimo, Menippo, resuscitato ? Men. sei ora nuovamente Vivo ne andai di Dite al basso regno E cosa mai ti mosse a far Men. singolare e miracoloso? Til. questo

viaggio

Tu giovent , fit ardire e fu sciocchezza. e parla semFil. Lascia queste smorfie tragiche, e di questi iambi; plicemente , non curandoti dimmi che abito e quello, e cosa ti costrinse a ? perocche non far questo viaggio sotterraneo Men. tal cammino ne grato, ne dilettevole.

247 nicist menommi a Pluto O amico, V anima del tebano A consultar Tiresia in che tu sii pazzo? perche altro caso non ostenteresti di parlare in versi ai o sozio , it-fen. Non lueravigliarti, tuoi amici perche conversato avendo poco innanzi con EuFil. Per avventura ripide , e con Omero, non so in qual modo mi mi escon sento pregno di versi , e spontaneamente di hocca concetti rimati. Ma mi di: come vane cosa si fa nella no le faccende del mondo, e come di prima citta? Fil. Nulla di nuovo , si ruba, si spergiura, si presta ad usura, e si Men. Sciaurati e meschini ! pesano te monete. qual deliberazione nuovamente e e quali decreti sono stati stata fatta di solto, approvati sopra dei ricchi , e ti giuro per Cerbero che sono questi irretrattahili, e non v' via di fuggirgli Fil. Cbe dici? qui di sotto ban fatto decreti di sopra ? Men. E molti per Dio! ma non lecito divulgargli perche sono secreti e non vorrei che mi accusasse alcuno di emp ieta a Radamanto. Fil. o Menippo, non ne invidiare la notizia ad un uomo a te fedele come sono io; di pi ti aprirai ad una persona che sa tacere, ed oltra di questo iniziata. Men. Tu esigi una cosa molto grave e non molto sicura, tuttava per compiacerti arrischierommi di dirtela. stata Per Giove ! contro noi che abitiamo che non sanno

3^8 sopra questi riechi pecuniosi, che come Danae custodiscoiio J' oro serrato. Fil. Non proseguire, o amico : su questa deliberazione , prima mi parli di essa, udirei molto volentieri da te qual fantasia ti condusse al10 inferno, e chi ti fu scorta nel viaggio, e di poi cosa udisti e cosa vedesli laggi, roentre ragionevole , che essendo tu uomo di bUOI gu* sto non ti sia fuggita niuna cosa degna di essere veduta o sentita Men. Compiacerotti ancbe in che non me ne possa venir malej costretto essendovi da un amico. E primieramente tr mostrero la intenzione mia, per la quale io mi posi a far questo viaggio Imperocch quando era ancora fanciullo, udendo Omero ed Esiodo che raccontavan le guerre e le sedjzioni non solo dei mezzi Iddii, ma si ben cio, degl' Iddii stessi, ed oltra di questo gli adulterii, le violenze , le rapine, i litigii, gli esilii dei stimava tutte quepadri, e le nozze tra fratelli, ste cose esser giuste, e forse sentivami ad esse inclinato. Quando pero incominciai ad esser uomo intesi di nuovo che comandavan le leggi cose contrarie ai poeti, cioe che niuno debba comPer mettere adulterio , n tumulluare e rubare la qual cosa mi passavan pel capo gran dubbii, non sapendo cosa avessi a fare, perocche non potea mai darmi a credete che avessero gl'Idtra loro dii commesso adulterii e tumultuato sembrandomi fatta deliberazione

249 se non avessero fatte , avessero vessero giudicato fie medesimamente mai comandato essere tali cose ben che i datori di leggi se non a-

Stando* pensato questo mi pertanto cosi dubbioso, parvemi bene di an" -darne a coloro che son chiamati filosofi , e di che mi pormi nelle mani di essi, pregandogli -comandassero strassero tale cosa loro piacesse, purch mi moun modo di viYere facile e sicuro. Con come mentre con loro; suol dirsi, ritrovai e non m' accaduto dal

il contraro, esser pi utile.

animo io conversava

corgeva che era, fumo nel fuoco ,

presso costoro maggiore ignoranza e maggiori dubbii. Intantoche io tosto mi persuasi che al paragone di costoro la vita degli uomini volgari si e un oro Lodavanmi alcuni di essi le volutt, e dicevanmi che non si vuole attendere ad altro, perche in queste consiste la feliclt. Altri all'incontro esaltavano le fatiche, i travagli ed i maceramenti del corpo, dicendo che l'uomo debbe andare squalessere morditore e scompiacente lido e lordo, in testimonio e converso di ognuno , adducendo opinione di Esiodo della quella volgata virtu, del sudore e della via aspra e difficile. Taluno esortavami a dispregiar le ricchezze, ed o non averne. a credere indifferente Faverne ferma Dicevarni un altro che la ricchezza era buona Io non so di poi che mi debba dire dei discorsi loro sulla natura del monder e necessaria

z5o venivami ripetere il mal di cuore idee, ad udire ogni giorno incorporei ed un

E cio che veguazzabuglio ramente era assurdissimo si e, che disputando cadauno di loro su cose contrarie, arrecava ratalch ad uno che gioni probabili e persuasive, diceva cbe la medesima cosa era calda e fredda ad un tempo, non poteasi contraddire, bench io sapessi di certo non esser possihile ad un tempo istesso 1' esistenza del caldo e del freddo Finalmente avveniami come ai sonnacchiosi, ed ora affermava ed ora negava. Notai anche in costoro una pi assurda contrariet, osservando essere la loro vita differente affatto dalle lore parole, quelli che esortavano a disprevedea che la guardavano stretgiare la pecunia, tamente, litigavano sulle usure, insegnavano per denari, e commetteano per questi qualunque cosa Quelli che biasimavan la gloria, per questa mentre

atomi, vacui, di simiglianti parole

sola si esercitavano , e bench tutti in pubblico in privato i piaceri, nientedimeno accusassero non istudiavano in altro. Perduta adunque avenstavami di malavoglia ; speranza, vetuttava meco stesso consolavami alquanto, dendo che io era ignorante della verit insieme con tali uomini, che erano in gran numero e do codesta riputati savii e prudenti. Standomi percio la notin feci pensiero di andarne te senza dormire, un Mago dei discepoli e Babilonia e pregare

251 Avesuccessori di Zoroastro di volermi aiutare che costoro con eerie va di gi io inteso dire, e sacriBzii aprono le porte d' inferincantazioni e conducono di sotto chi pili lor piace, e no, 10 ripongono di poi sopra terra senza pericolo se col Estimai adunque ottima cosa, alcuno mez?o di alcuno di costoro potessi discendere ed ine ritrovare Tiresia tebano, fill' inferno, tender da lui dotto ed indovino, qual sia la vita migliore e pi eleggibile da un uomo saggio. Ine quanto pi tQSto potei m' indirizzai ontanente, percio a Babilonia, ed arrivandomi miristrinsi con ieir arte, un Caldeo uomo dotto ed eccellente il quale era canuto ed avea una barba assai lunPrega e venerabile , e nomavasi Mitrobarzane con grande diflicolgatolo e supplicatolo molto, da lui, che toltasi quella rnercede che gli parea, mi fosse guida nel viaggio, Avendomi incominprimieramente queato uomo condisceso, ciando dalla nuova luna mi lav per ventinove t ottenni giorni, conducendorni ogni mattina al levar sole sulla sponda del fiume Eufratq, ed ivi la quale citava non so che luoga cantilena, non potea bene intendere , pronunziando egli scuramente dei giuochi certi e con fretta Sembravami pero che del re-* io o-

come i cattivi banditori chiamasse

Dopo questa incantazione sputatomi tre volte in faccia, tornavasi indietro non guardando alcuno di quei che venivangli incontro

demonii.

252 II mangiar nostro erano ghiande, la bevanda latte melato e l' e doracqua del fiume Coaspe; mivamo sopra 1' erba al Poich parvefereno in sulla gli di avermi sofficientemente disposto, mezza notte mi condusse al fiume Tigri, mi lav e mi purific, girandomi _rno c'on facelle, coll' erba scilla, e con molti altri argomenti , e susurrava insieme sotto voce quella sua incantazone. Dipoi avendomi tutto accerchiato ed macciocche i fantasmi non mi nuocessecantato , a casa facendomi camminare ro, ricondussemi all' indietro , e quindi ci apparecchiammo per naEgli si cinse una certa stola magica, la quale e molto simile a quelle si usano in Mela pelle di leodia, e recando questo cappello, ne e la lira, che vedi , me ne adorno, ingiunvigare gendomi che se alcuno mi domandasse dicessi che io era Menippo, nongli le, Ulisse od Orfeo. Fil. Perche questo, o Menippo? Io non intendo la cagione del cambiamento dell' abito e del nome Men. cosa chiara, e non affatto oscura, discesi allo inferro essendo prima di noi vivi loro, sarei fano, stimavasi che assomigliando di Eaco, e pascilmente sfuggito alle guardie Questa perch costoil nome, ma Erco-

come familiare del luosato senza impedimento Fattragico. per quell'abito go, e rispettevole e ci andamrno al fiume, tosi pertanto giorno, Aveva di gi mettemmo in ordine per navigare.

2 33 esso preparato la barca, le vittime, il melicrato e le altre cose necessarie al sacrifizio. Poste percio queste cose entro lo schifo , Ancor noi c' imbarcammo addolorati , in abbondanza gi versando Lagrime Andammo per un poco a seconda della corrennella palude te del fiume , e di poi entrarnmo e nel lago, ove 1' Eufrate sparisce; e traghettain un certo luogo to pur questo , giugnemmo oscuro e selvoso. Quivi discendemmo Mitrobarzane ) sa, ed uccidemmo alcune pecore, e del sangue In questo menne bagnammo intorno la fossa do innanzi (andaned iscavammo una fos-

tre il Mago portando in mano una face accesa, non bassamente, ma con quanta avea voce altamente gridando invocava tutti insieme i Demonii, le Pene, le Furie, tremenda Proserpina, ni nomi barbari notturna , inframmischiandovi la Ecate e la alcu-

di rnolte sillabe

zione ed ignoti Incontanente ed a questo scongiuro apiissi

senza significatremo ogni cosa, la terra, e, ben-

che da lungi, udissi il latrato di Gerbero, e divenne la faccenda pericolosa e terribile, e per di sotto Pavent il re degl'infernali Pluto. Apparivano di gia molte cose, il lago, il fuoco di Flegetonte e la reggia di Plutone Entrati dentro morto alla bucca di paura quasi Gerbero si riscosse ed abbaiava, ritrovammo Radamanto

ia54 io tosto la lira, subitamente si a" chet a quella meloda. Allorche giungnemmo alla palude , manc poco che non potessimo pasera calcata, 6 risonava sare , perch la barca per ogni dove di pianti, essendo i naviganti tute chi aveva rotta una galtlba; ti feriti, e chi un altro membro, e sembravano esser venuti da Tuttavia qualche battaglia quando il buon Ca-f vide la pelle di leone, credendomi Ercole mi accolse dentro, e traghettommi assai cordiale messici in terra, la via. mentej insegnommi Trovandoci a1 buio, Mitrobarzane mi precedeva, ed io tenendomi stretto ad esso il seguiva finch arrivammo ad un prato semiappresso, nato di asfodelo Ivi con stridore volavanci intorno innanzi le ombre dei morti ne venimmo E pian piano fattici il al tribunale di Minos, ronte ma toccando

Gli quale sedea sopra un certo alto scabello. stavano intorno le Pene, le Furie, e i Demonii Dall' altra parte Venivano condotti vendicatori. molti 1' uuo dopo l'altro per ordine, legati tutti e dicevasi che costoro con una lunga catena, falsi erano adulteri, ruinani, usurai, adulatori,

ed altra consimile genia, cIte menaccusatori, I metteano il mondo a romore. tre vivettero sordidi e pallidi usurai stavansi insieme co' ric-di loro' e cadauno cbi corpulenti e podagFosi, un corita ctel e da da una cellana era aggravato peso di due talenti Noi soprastando qvwi;

205 vedevamo cio cbe facevasi, ed udivamo le loro Gli accusatori erano certi nuovi e miFil. Chi mai eran di dirmi costoro per t' incresca pur questo ombre che fan-

discolpe. rabili oratori Giave? Men.

non

Ti rammenti

Fil. Le ramno i corpi, quando mento. Ajfe/x. Queste son quelle, che dopo siam e riprovano e testimoniano morti accusanci , quello che fatto abbiamo nella vita, e per certo di esse degne di fede, siccome quielle che ci son sempre al lato, e giatnMinos di poi mai non si discostano dai corpi manda ciascuno at diligentemente esaminandogli sembrano alcune dove essi portano la pena luogo degli empii, E quelli spezialmente del mal fatto piLI acerche stati eran superbi per le bamente trattava, ricchezze e per la possanza, a' quali mancava solo di esseie odiando adorati dagli uomini, fieramente egli l'alterezza passeggiera e l'arroganza di cotestoro , che non si erano mai ricordati di esser mortali, e che mortali medesimamente erano i beni che aveano allora sortiti Costoro, tutto quello splendore mondano, ricchezze, le parentele ed i regni, nudi e cogli occhi bassi sene stavano, a memoriducendosi ria come di un sogno le felicita che ebbero al mondo demente Laonde vedendo appresso, allegravami, io queste cose grane se conosceva alcun di e gli ricordava quale deposto dico le

tu di quelle stanno al sole?

loro andavagli

~6 e quantp si era gonfiato,. in. vita, quando la mattina tante persone ragunavansi avanti la sua porta, aspettando che uscisse, spinti e serrati di fuori dai servi; e quando nnalmente mostrandosi loro vestito di oro e di porpora, o di colori diversi, credeasi far felici coloro che lo aspettavano porgendo a baciare la il petto. mano ed Quelli intanto ascoltandomi sentiansi trafitti. Minos in questo mezzo sentenzio per compiacenza sopra di un piato Peessendo Dionisio siciliano da Dione di molte scelleratezze, le quali testimoniavano le ombre fattosi innanzi Aristippo ci, l'eno, colaggiu molto onorato ed assai potente, 10 libero dalla pena, dicendo ch' era. esso stato largo de' suoi denari verso molti uomini dotti. dal tribunale ne venimmo al-luoDipartendoci go delle pene, dove potean vedersi ed ascoltarsi lo strepito cose degne di compassione. Udivasi dei flagellL ed i pianti di quelli che -eran cottt i ceppi e le dal fuoco, vedevansi le torture, ruotej la Chimera faceva le anime a brani, e Tutti erano puniti senza Cerbero gli divorava re, servi, satrapi, poveri', ricchi e mendici, ed ognuno penti vasi dei suoi peccati di essi, morne raffigurammo alcuni Guardando t.i poco innanzi, i quali coprivansi e si voltavalo facevano indietro , e se pur ci guardavano, E cio chi mai no in modo servile e piaggiatore. differenza, rocche accusato erasi stato

a5y il crederebbe ! erano superbi la met della pena, e dopo essersi riposati veEd ivi io vidi quelnivano tormentati di nuovo Sisifo e Tantalo di Frili delle favole, Issione, ed il gigante Tizio. Cogia assai ammalannato, stui corpo di Ercole! era si gran de che giacendo occupava lo spazio intiero di un campo. 01trepassati anche costoro c' inoltrammo nel Camed ivi ritrovammo i mezzi Iddii, po acberusio, le Eroine ed un' altra turba di morti, ch'eran divisi per popoli e per tribu. Alcuni di loro erae putrefatti e, come dice Omero , prossimi a svanire; altri eran morbidi e freschi, e spezialmente gli Egiziani per la loro gran perizia nella concia dei morti. Era nondimeno assai difficile il distinguere gli uni dagli altri , peno vecchi rocch, spolpate che sono Ie ossa, simili affatto fra di loro Giacevan tastati e senza alcun divengono essi accasapendo ed alteri quanto nella vita stati Ai poveri era rimessa

seguo, non conservando piu alcuna di quelle che a noi sembrano belE stavansi in uno istesso luogo tutti elezze mostrangualmente distesi, secchi ed induriti, do li denti nudi, e da que' buchi orribilmente guatavano , ed io dubitava tra me come potessi distinguere Tersite dal vezzoso Nireo, ed il mendico Ico dal re dei Feaci, o il cuoco Pirria da mentre non era rimaso ad essi Agamennone, pur uno degli antichi segnali, ma eran tutte ossa Vol I. l'

2" simili } incognite, e senza non poteano distinguersi cose sembravami talche; soprascritta , Vedendo io queste la vita umana essere simile ad

una gran pompa, nella quale la fortuna distribuisce e dispone ogni cosa, indossando varii e diversi abiti a que' che rnenan la pompa e ad ; alcun attribuisce stato reale, gli pone in capo il diadema, e gli d Satelliti; ad altri pone indosso 1' abito da schiavo; altri ne fa belli e graziosi, ed altri ne fa brutti e ridicoli, mentre io credo, riato spettaciolo vaE molte volte in mezzo alla pompa camche ella ami di fare uno

bia gli abiti ad alcuni , e non permette che proseguano in quell' ordine che stati eran collocati da prima. E cosi dispogliato Creso, il costrinse ed a a prender 1' abito di servo e prigione, pompa infra i servi, la signora di Policrate, e fino ad un certo tempo gli permise di usar di quell'abito Passato di poi il tempo della pompa, rende allora ciascuno gli ornamenti, e, lasciati gli abiti insieme col corpo, divengono tal quali eran da prima non differenti in niuna cosa dal suo prosMeandrio, concedette che stavasi nella che per isciocchezza, quani do loro presentasi la fortuna per domandare se ne aggravano e lo hanno a suoi ornamenti, come se privati fossero di un bene promale, tolcio che restituiscono che non pensando prio, simo. Stavvi alcuni sero ad imprestito per poco tempo. Io credo che

<9 4u abbi molte volte veduti in sulla sera tragici attori, cbe secondo il bisogno tni ora divengono Creonti, ora Priami , ed ora e quegli che poco innanzi con mol* Agamennoni; di avea il personaggio to decoro rappresentato se ne accade il bisogno , Cecrope od Eretteo, ad UU cenno del poeta. dopo breve tempo vien Terminato poi il dramfuorj in abito da servo ma, spogliatosi quelle vesti ripiene di oro, deposta 'a maschera, e disceso dal palco, vassene intorno ciascun di loro povero e tapino, non esdi Atreo, sendo pi chiamalo Agamennone n di Meneco, ma Polo di Caricle sunienSimi5e , ovvero satiro di Teogitone maratonio li a queste sono le vicende - degli uomini per Ma miquanto alloia potei comprendere. Fil. di, o Menippo : questi ancora, che sono si ric- Creonte chi ed banno questi alti sepolcri , non sOno dicolonne, immagini ed iscrizioni, stinti in inferno dai morti volgari ? Men. Tu mi fai ridere contrO voglia: se veduto avessi lo stesso MausoLo ( ti parlo di quello di Caria cotanto pel suo sepolcro famoso sommi ben io ) , che son avresti tu rattenute le risa Giacevasi in un angolo oscuro ed. ascoso tra la moltitudhne dei morti, ed a mio sena da quel suo monumento ei ne traea il vantaggio di sentire sopra di s maggior peso degli altri. Imperocch, o amico, dappoich Eaoo ha assegnato esso similmente in sulla tena quei dei dram-

2@0 a cadauno il suo luogo la misura pi grande , di ndel quale non e maggiore di un piede, cessity conviene che si contentino di giacersi a Ed assai pi io m' avquella regolata misura viso, avresti riso vedendo colaggi mendicanti, fare i. salamai e ad insegnar l'abbicci, vilipesi da chi ne ha voglia, e schiaffeggiati come i pi Guardando io Filippo di dispregevoli schiavi Macedonia che divenuto ciabattino stavasi in un cantoncello a rappezzar scarpe vecchie, credetti di scoppiare altri ancora non potendo pi contenermi. Molti nei potean vedersi che accattavan i Policrati ed i Darii. come i Sersi, li nostri re e satrapi, e dalla miseria costretti a

viottoli., Fil. Tu mi narri

dei re cose assai strane J Ma che facevan Socrate, Diogene e gli altri filosofi ?

Men. Socrate ancor laggiu passeggia proverbiane vanno seco Palamede, Nedo chi incontra, store ed Ulisse e qualche altro morto ciarliero, e gii si veggono bibita avvelenata. tutlora le gambe gonfie dalla Il- buon Diogene abita insieme

assirio , con Mida di Frigia; con Sardanapalo e con altri ricchi e delicati , e quando gli sente piagnere ed annoverare la loro antica felicit se ne ride e ne prende piacere, e spesse volte giacendosi supino canta con una voce aspra e sonora per soffocare i Jamenti di loro, talche quelli fieramente se ,ne hanno a male, e pensano dimutar luogo npn potendo sopportare Diogene

261 Fil. Questo mi basfa. Ma quale era il decreto, che in principio mi dicesti essere stato stabilito contro dei ricchi ? Men. Ben facesti a ricordarmelo , mentre proposto essendomi di palesartelo, non so come poi io sono andato col discorio adunque in inferso vagando Trovandomi no, i presidenti adunarono il consiglio per cose molto importanLi. riguardo al comune. Vedendo io accorrere molti , mi mescolai anche io con i morti, ed in breve fui per tal modo pur io del numero dei consiglieri. Si trattarono molte cose , e nella fine fu agitata la causa dei ricchi , perocch eran costoro accusati di cento cattividi arroganza, t, di violenza, d' ingiustizia, talch levatosi iesse il seguente decrelo : DECRETO Dappoiche molte ingiustizie, i ricchi commettono , sforzando nella vita di superbia, e un capo-popolo, -

e dispregiando per ogni modo li poveri, piace al senato ed al popolo, cbe quando muoiono sieno i loro corpi puniti come quelli degli altri ribalLe anime poi sieno di bel nuovo tornate a vita, ed entrino nei corpi degli asini, e vi dimorino finche non si e compiuto lo spazio di anni dugento cinquantamila, passando di asino in asino, e portino la soma e sieno guidati dai di

rubando

262 poveri morire tal tempo, sia loro permesso Propose questo parere Cranione di Scelezione Necisio della trib alibantida Letto questo decreto, i magistrati lo coned il popolo alz le mani assentenfermarono , Compiuto ridovi; Proserpina muggi e Cerbero abbai, chiedendosi tai cerimonie perch 1' atto sia valido. Queste cose passaronsi nel consiglio. IQ di poi me ne andai a Tiresia, pel quale io n' era andato laggiu, e raccontatagli ogni cosa, umiU mente che mi diaesse qual vita stimava la migliore un vecchietto cieco , Egli ch' sorridendo mi dispallido e di voce esilissima, se: Io so bene , o figliuolo , la cagione dei tuqi dubbii , la quale procede dalla differenza e discordia dei savii : ma non posso teco spiegarmi Gli replicai io mel vieta. perche Radamanto e non con istanza: Per Dio parla , o padrino, nella vita pi cieco di fare che io vada errando , te, Egli allora, tiratomi da un canto lungi dagli altri, e leggiermente inchinandamisi alF orecchio, mi disse: La vita degli uomini volgari e savissima ed ottirpa ; spogliati dunque della pazzia di parlar sublime e di contemplare il principio stied il fine e sputa in faccia a cotali savii, bagattelle i loro sillogismi ed argon*eiti, e non attgndere ad altro se non se a star bene a1 presente, ridendoti di ogni cosa , e non vimando vendo in pensiero di ni|Ua, Dette tai parote, il pregai

265 Io di nuovo nel prato dell' Asfodelo vedendo esser omai sera, dissi a Mitrobarzane : alla e perche non ritorniamo che pi tardiamo, o Menippo , vita ? Rispose egli , sta tranquillo , ritomossi e t' insegnero io una vita corta e sicura, -cosi dicendo mi condusse ad un luogo pi oscuro di ogni altro, e colla mano mostrommi da ch una luce debole e sottile, come quella che e, passa per le fessure di una finestl-a serrata, e il tempio di Trofonio , da docol, riprese, ve discendono que' di Beozia. Ti poni adunque lungi Rasper questa via, che sarai tosto in Grecia e sicurato da queste parole afebracciai il Mago , con molta difficolt arrampicandomi per quella nou so in che modo mi gola strettissima , vo ora in Lebadia. tro-

a6{ I GONTEMPLANTI ARGOMENTO Quasi dente nell' istesso argomento prec&* perocchd sicdel

ravvolgesi qiiesto Dialogo, come in quello si finge Menippo che vede in i dei Morti e ne ascolta inferno i supplizii cosi in questo Caronte condotto nel lamenti, la pazzia e le sciocmondo ne va contemplando E vedendo che che operazioni dei viventi. uomini ripongono la felicita nella forza , nella ricchezza e nella bellezza, potere, come non pensino punto che ravigliasi lor morte deono si fatte gli nel "tealla

cose finire. E portandi Policrate do sul principio , di gli esempii ne discende poi di Giro e di Creso, Milone, al comune delle persone, e, derisa l'opinione che molti avevano sugli onori e le pompe dei ma le dimostra non solo gli uomini, morti, citta, i fiumi ed ogni cosa mondana getta a perire. CAROKTE essere sog-

o i CONTEMPLANTI

MERCURIOE CARONTE e perche ti ridi, o Caronte, dle, lasciata la barca, se' qui venuto, non essendo Merc. Di

65 tu frtit) ai presente giorno troppo accostumato Car. Mi sono invogliaalle faceende mondane? di vedere che cosa la vita, e to, o Mercurio, corne se la passano gli uomini * e insieme conla cagione perch; venendone a noi, tutti mentre non avvi alcun di essi che piangono, percio da Plunavighi senza lagrime. Impetrato di lasciare la tone, come quel giovane Tessalo, barca per un sol giorno, sono uscito alla luce , siderare due parmi di averti incontrato al bisogno, non bitando che mi tratterai da amico, e menandomi teco mi mostrerai ogni cosa, siccome quello che tutto conosci. barcaiuolo, umana bisogna o Merc. Non ne ho agio, perocche va do a trattare non so che

col Giove di sopra; egli puntiglioso, e temo che se io ritardo, non mi cona segni alle tenehre, e mi conceda intieramente , afgitti abbasso dal4divenuto zoppo, di me nel mea Vulcano

Voi, ovvero, come poco fa fece ferratomi per un piede non mi le soglie del cielo, e quindi non porga di poi ad altrui riso

scere il vino alla mensa Car. E come ! Tu che mi sei consorte connavigante e socio al traghetto, niuna cura ti vuoi prender di me, che mi trovo vagante sopra la terra ? Non sarebbe male ti ricordassi; o figliuolo di Maia, che io non t' ho mai comandato ne di seccar la sentina , ne di stare al rema; che anzi tu, comeche abbi spalle si forti, ti giaci disteso sul tavolato, se pur

266 non trovi qualche morto ciarliero , con cui discorrere per tutto il tragitto ; ed intanto io cosi vecchio vogo solo con un remo per mano : laonde, o carissimo Mercuriuccio, per amor di tuo padre non mi abbandonare , e mostrami ad una ad una tutte le bisogne umane, acci non me ne ritorni senza averle vedute. Che se io saro simile ad un cieco che tu m' abbandoni, va errando e vacillando nelle tenehre, essendo per questo nuovo aspetto di luce deboli i miei occhi ed infermi. Compiacciami pertanto , o Cillenio, ch ti saro io mai sempre di tal favore riconoscente Merc. Questa faccenda mi far procacciare buone sferzate , ed io gi veggo che la mercede di questa vettura mi sar cagione di molti scbiaffeggiamenti : converr nulladimeno che io mi ti presti: e come potrei poi negarmi , ? Non mi d per 1' animo sforzandomi un amico di farti vedere , o barcaiuolo, minutamente ogni cosa da per se, mentre si richiederebbe percia ed allora sarei io una dimora di molti anni, bandito e tu saresti da Giove come fuggitivo, irnpedito di adempire alle tue incombenze mortuarie, e faresti danno al regno di Plutone, non trasportando per lungo tempo pi morti, e 1' apnon guadagnando pal tatore Eaco si sdegnerebbe, pi 1' obolo Per la qual cosa pensiamo un po' al

presente, se basta che tu vegga le cose principali. Car. Pensa tu, o Mercurio, a cio che si

267 non m'intendo io, essendo straniero , meglio: In somper nulla delle cose del mondo. Merc. un qualche luogo ci bisogneria ma , o Caronte, elevato , per farti da quello vedere ogni cosa. se tu potessi Non istarei io in questa incertezza , da quella specol1 salire su in cielo, perocche vedresti E dappoich ogni cosa. non e permesso a te, cbe t' aggiri sempre nolle di porre il piede nella regia di Giove , tenebre, dobbiam procurare di trovare qualche alto monminutamente cio che son soliTu sai, o Mercurio, imto di dire a voi nel tempo che navighiamo; peroccbe quando il vento spinto dal turbine percuote a traverso la vela ed i flutti s' innalzano, allora voi per imperizia domandate che si chiute. Car. da la vela e si cammini starvene do, rallenti un poco la corda e si a seconda del vento; ed io vi esorto a Ora fa tu nello stesso motranquilli

di piloto , opera cio cbe ereed io seguendo il costume di pi convenevole, dei passeggieri , sederommi in silenzio, secondandoti in tutto ci6 che mi comanderai. Merc. ed io so bene come dobsaviamente ,

e servendomi

un osservatorio per ritrovare adattato 11 Caucaso per avventura saiebbe al il Parnasso pero caso; pili alto e 1' Olimpo la e pi di amendue, Ma ripensando all' Olimconviene per altro po, mi viene un bel pensiero, cbe tu ancora m' aiuti e fatichi meco. Car,

Ragioni biam contenerci

-*G8 Comandami cbe io t'aiutero quanto posso. Merc. che i figliuoli dt Aloeo in

II poeta. Omero dce, riumero di due, essendo ancor fanciulIi, vollero una volta scuotere 1' Ossa dai fondamenti e porIo e cosi il Pelia sull' Ossa, cresopra 1' Olimpo, ,dendosi cbe fosse questa una commoda scala per ascendere al cielo Quei giovanetti come reprobi pagarono il fio della loro pazza. Ma noi cbe non macchiniamo tal cosa in danno degl' Iddii , potressimo fabbricare. una consimile via, rammassando i monti gli uni sugli altri, per avere da un luogo pi elevato una specola piu sicura. Car. E potremo, o Mercurio, essendo due soli levari in alto l'Ossa ed il Pelio? Mere. E perch no, o Garonte? Credi, che, essendo noi Iddii, abbiamo da essere meno valenti di quei fanciullini? Car. Noi credo: ma sembrami faccenda nella grandezza dell' opera Merc. Ti sembra so che d' incredihile. cbe questa abbia non

Caronte, perche tu sei un idiota la PQesa. Quel valoroso di Omero in due versi ci rendelte subito ascendibile il cielo, colleganE meravido li monti con si grande facilit.

tale, o e non conosci

coteste cose, gliomi come ti paiano prodigiose vedendo tu chiaramente Atlante, che solo s' in* insieme tutcolla lo stesso mondo, sostenendoci udito di mio fratello ti Avrai medesimamente Ercole, Atlante, che alcuna volta fece le veci di questo e per poco tempo lo sgrav di quella

269 fatica, egli la soma. Car. Sento dir lo saprai queste cose, se poi sieno vere o no, ed i poeti. MercS Verissime, tu, o Mercurio, o* Caronte, mentre a che mentito avrebbono uosostenendo

mini sapienti ? Talch da prima ammolliremo un d'elle secondo 1' Ossa, parole c'insegnano po' l'architetto Omero; di poi porremo sull' Ossail Vedi con quanto poca Pelia tremante di albori fatica e insieme poeticamente travagliamo in queche io salgo a veder sta faccenda ? Ristanne, e cio bastante , e se vi bisogno di fabbricare pi alto. Eia! noi siamo sotto le radici del cielo, e dalla parte di oriente comparisce appena la Ionia e la Lidia, e dall' oecidente non ala settentrione tro che la Sicilia e l'Italia; le soche sono di qua dall'Istro ; e da questa parte si vede Creta, ma non affatto ben chiara. Sembrami, o barcaiuolo, che noi dobbiamo e porre sopra tutto il Parnasso. Car. Facciamlo , ma guardati che non assottigliamo troppo la cosa col ridurla ai termini dell' impossible, e di poi rovesciando .smuovere anche 1' Oeta le terre

non esperimentiamo amara 1' arcbitettura di Omero col romperci il capo JJfer. Sta di buon animo , perche per noi tutto sicuro Porta l' Oeta, smuovi il Parnasso Ecco che io salgo di nuovo : va bene: veggo ogni cosa: sali ancor tu. Car. Porgimi la mano o Mercurio, al, trimenti non mi farai salire in su questa piccola

2?o macchina. Merc. Se tu, o Caronte, vuoi V.. dere tutte te cose, non possono conciliarsi insieme la sicureaza e la curiosit. Attaccati alia mia destra , e sta in guardia di non porre il Manco male che sei pupiede in sull' umido re arrivato ; e dappoiehe ha il Parnasso due cime, prendiamoae una per eiaseheduno , ed ivi sediamoci. Tu girami l'occhio intorno, ed os* serva ogni cosa Car. Veggo molta terra ed un certo gran lago che la circonda , e monti e fiumi pi grandi del focoso Flegetonte e Cocito, e uomini molto piccoli e certe loro tane Merc. Quelle che ti sembrano tane sono le ciu. Car. Tu sai , o Mercurio, che io non son pratico ; ma pazzamente abbiam noi smosso il Parnasso, col Castalio, e l' Oeta, e gli altri monti. Merc. Per qual ragione? Car. Perche dall' alto io non ed io non voglio veveggo niente distintamente , dere soltanto i monti e le citt, come in una e cio pittura , ma conoscere gli stessi uomini, che dicono e fanno. Intantoche avendomi tu non mi dimandasti di ba molto ritrovato ridente, che io rideva, e si era per avere io inteso certa cosa che recato aveami sommo diletto. Merc. E quale? Car. Un cotal uomo chiamato a pranaccetzare da un amico, pel giorno appresso, t, e mentre padava, cadendo dal tetto una teRideammazzollo gola, non so come smossa, varni adunque che non aveva potuto compir la

27* promessa. Sembrami ora di discendere a basso Merc. Non muoper meglio seritire e vedere ed in poverti , ch ho io a questo il rimedio, servenco d' Ora ti rehdero la vista acutissima, domi di una iricantazione io recito il verso; la vista occupata; Di pure. Merc. Ecco e tostoch di Omero3 di non aver piu rammentati e di teder tutto chiaro. Car.

il pdrt.no dagli occhi ti levai, Che in prima avevi , accidcchb tu conosca.

E ben distingua chi uom, chi b Dio. Car. A meraviglia; ed Come va? vedi chiaro? in paragone di me sarebbe cieco lo stesso Linceo. su ci e rispondi pero ammaestrami alle tnie domande, se non vuoi piuttosto cbe io che cosi conoscerai t' interroghi sopra Omero, Ora

cbe non sono io digiuno affatto dei versi di lui. Mere. E come puoi tu sapergli, stato essendo sempre noccbiero ed intento al remo? Car. Ecy to come, avvilisconsi le arti Quando io lo tramolghettai dopo morte, lo intesi improvvisare ti vet-si, de' quali ne rammento alcuni. E souna gran tempesta, avendo egli praggiuntaci poesia non troppo cio che Nettuno adunapropizia pe' naviganti, te avea le nubi, turbato iI mare, e gittando il tridente come una mescola, concitate tutte le procelle e molte altre cose, mescolando il mare cosversi, sopravvenne all' improvviso tanta fortuna incominciato a cantare certa

272 e caligine, che manco poco che non ci si affondasse la barca Gli venne allora la nausea e vomito molti improvvisi sopra Scilla, Cariddi, ed il Ciclope conservar Car. Non era a dun que difficile il alcune poche cose da tanto vomito Ora mi di: chi Acheo quello Merc.

uom pro' di sua persona e grande, Che si vede avanzar tutti gli Achivi Col capo tutto e colle larghe spalle

Milone di Cretone il giuocatoMerc. Questi re di pugna I Greci gli fanno plauso, perche porta un toro sulle spalle in mezzo allo stadio. o Mercurio , dovrebboCar. Con pi giustizia , no lodar me , che tra poco accollandomi lo stesso Milone, lo assetterd nella barca, quando ra a noi atterrato dalla morte il pi invitto e non comprender esso stesso suoi rivali, me nella lotta sar andato di sotto, ed a mostrerassi. verdei conoi

ricordando le corone e gli. piangente, Ora ne va superbo, ammirato per esapplausi E che vogliam di lui del toro sersi caricato credere? Che preveda di dovere una volta modelE come puo egli ora ricordarsi rire. Mere. Car. Lasciamo la morte in tanto vigore? questo, che fra non molto ci far assai ridere quane non sar buono a portare una do navigher, di: chi e quelMa mi pulce non che un toro I' altro uomo venerevole , i1 quale all' abito non

2'j5 smbra esser greco? il quale o Caronte, siani lo imperio che anticamente di Cambise, ora ha fatto essere dei PerMerc. era dei Medi Ciro

E non ha gual'i., ha vinto pure gli Assirii e si ed ora sembra vo impadronito di Babilonia, glia passare in Lidia per abbattere Creso , e reCar. E Creso dove si egli ? gnare su tutti Merc. lo sguardo in quella gran fortezza cinta di triplice muro. QueUa si e Sardi, e vedi omai Creso istesso che si siede sopra un letto di oro, e che parla con Solone ateniese Vuoi che ascoltiamo lentierissimo. veduto cio che Creso. essi dicono? Car. Votu hai Ospite atenjese, ed i tesori, la quantit deled il rimanente apparato , chi credi Che tu essere il risponder o Caronte, che pochi sono i fegiudico essere Fisa

la ricchezza

1' oro non coniato, per la qual cosa dimmi:

Car. pi felice degli uomini? mai Solone? Merc. Rassicurati, non e niente vile lici; io di quanti Cleobi stati felicissimi Sol. Creso, ho conosciuto e Bitone

hgliuoli della Sacerdotessa Car. Intende di quelli di Argo, che poco fa insieme son morti, dopo essersi posti sotto il giogo, ed aver tirato nel carro fino al tempio la madre. Creso. Sia pure, ed abbiansi questi la precedenza nella felicit, ma chi sar il secondo dopo di essi? Sol. Tello ateniese che vivette bene Ed io , o sciauralo , ~p/.Z..S e mori per la patria Creso. non ti sembro esser felice?

a 74 Sol. Non perche rocche condotta o Creso. posso ancora conoscerlo, giunto non sei al fine della vita: impela morte e l'ottimo paragone della vita

con felicita fino al termine Car. Benissimo , o Solone, che non ti sei dimenticato di noi, ed bai reputato la nostra barca essere la giustd regola di questo giudizio Chi son coloro che manda via Creso e che cosa portano sugli omeri? Merc. E' consacra ad Apolline Pizio mattoni di oro in premio dell' oracolo, pel quale tra poco dovra rovinare, perocch si e arrtatore degli Oraegli uomo straordinariarriente Quello dunque e il lucentissimo oro io che risplende di un giallo tinto di rosso: ora per la prima volta 1' udii nominar sempre, coli quel nome o Cato veggo , Merc. Questo e combattuto Car. Io ronte , tanto decantato non vedo che contenga in se altro di buono cbe Merc. Non sai affaticare quei che lo portano tu quante guerre nascon per esso , insidie, lauccisioni, prigioni, lunghe dronecci, spergiuri, navigazioni e servitu? Car. Forse, o Mercurio, II perche non molto differente dal bronzo? bronzo io lo conosco , mentre tu sai che riscuoMerc. Sta to 1' obolo da ciascuno dei naviganti talbene, ma del bronzo ve n' e abbondanza, di questo se ne che non molto vien ricercato : trae piccola quantita nelle profondit della terra dai cavatori dei metalli Del rimanente ancor Car.

r Z1]) questo e prodotto dalla terra, come il rame e Car. Questa che tu mi dici e gli altri metalli. Veramente una pazzia non credibile degli uomini , che sieno si presi dall' amore di cosa si pallida e si pesante. Merc. Quel Solone tuttavia, come vedi, sembra non P ami , e si ride di CreParmi di lui so , e della barbara vanagloria so che cosa, ascolche voglia domandargli non tiamolo. Sol. Dimrni, o Creso : sembrati che abbisogni Apolline di questi aurei Creso. Si certamente ; mentre non havvi in Delfo voto che gli paragoni Sol. Credi lu adunse potra aggiugnere que di fare Apollo beato, alle altre ricchezze anche i mattoni di oro? CreE perch no ! Sol. V' e nel cielo a tuo detto, o Creso, gran povert, se avendo desiderio dell' oro conviene ad essi accattarne dalla Lidia Creso. E dove nasce tant' oro, quanto tra noi? Sol. Mi di: il ferro nascevi in Lidia? Creso Non molto. Sol. Mancate dunque del meso Come meglio il ferro dell' oro ? glio Creso. Sol. Se rispondi senza sdegnarti, te ne faro caCreso o Sol one. Sol. Quali pace Interroga , sono migliori quelli che salvano, o quelli chs sono salvati? Creso chiaro coloro che salvano. Sol. Or dunque se Ciro, come alcuni vanno spargendo, assaltera i Lidii , farai tu al1' esercito le spade di oro, o ti parr allora essere necessario il ferro? Creso II ferro chiaro egli mattoni ?

i*76 che v' abbisogna Sol. Se non ti fornirai di questo, il tuo oro ne andr schiavo in Persia L Creo uomo, di cose men triste. Sol. so Parlami, Non possa cio mai avvenirti, ma da cio dovrar essere' il ferro migliore del tuo oro. Tu adunque mi consigli a dedicare Creso ad ed a far tornare inApolline mattoni di ferro, dietro quel d'oro? Sol. Apolline non ha bisogno neppure del ferro, e se tu gli consacri o oro o confessare metallo, tu preparerai una preda facile, ed un bene ad altrui, come pe' Focesi, Beozii, o per quei di Delfo, o per alcun tiranno o ladrone Quanto all5 Iddio poco egli curasi della tua orificeria. Tu sempre fai guerra alla mia ricchezza e la invidii o Merc. Non sopporta, Caronte , il Lidio queste parole libere e vere, e sembragli cosa del tutto nuova che un povero uomo senza alcun timore francamente dica ci che Creso. sente lone, Non quasi molmento di Ciro posto sul rogo to che io intesi leggere a Cloto i destini degli uomini , e tra questi era scritto che Creso sar preso da Ciro, e Ciro istesso sar poi UCCi80damonTu vedi quella Scita, questa Messageta Car. Si certo tata sopra un bianco cavallo? JJiere. Quella Tomiri, la quale taglier il capo a Ciro e lo gitter in un otre pieno di sanOsserva di poi il figViuolo di lui ancor gue Sopoco tempo pero ei ricorderassi quando fatto piigione sar per comandaTra

277 Quegli Cambise che regnera dopo giovanetto. e dopo infinite perdite nella Libia e il padre, nell' Etiopia, alla fine uccidendo Api morir pazzo Car. Quanto mai da ridere a vederli ora si sprezzanti , e venir loro il puzzo di ogni cosa ! chi potrebbe mai credere che 1' uno tra poco diverr schiavo, e 1' altro avr il capo in un otre che tiedi sangue? Ma chi colui, o. Mercurio, col diadene affibbiato il mantello di porpora, ma in capo, a cui il cuoco porge. un anello , e che in .quell' isola cinta spaccando un pesce, dalle acque, re ? Chiaro all' aspetto ei si dimoslra tu veMere. A mepaviglia tu canti, o Caronte: di Policrate tiranno di Sarno,- che credesi di essere pienamente felice, ma egli pure tradito dal servo Meandrio che gli sta intorno sar consegnato al satrapa Orite, che lo far porre in croil meschino ce, e cosi in breve tempo perdera la felicita; e questo ancora ho inteso da Cloto ottima Cloto , schiaccia vaAllegramente, anche a costoro i capi, e pongli allorosamente Ia gogna, accio si conpscano esser uomini. Ma oondimeno gl' innalza, perocch cadendo di piu alto ne abbiano pill doglia, ed io rider magciascuno di essi nudo giormente riconoscendo entro la barca, e spogliato della veste di porpora, della tiara e del letto di oro. Mere. Tale sar la sorte di costoro D poscia un'occhiata, Car.

278 o Caronte, fa guerra, chi naviga, chi chi piatisce, chi cohiva, chi fa il Car. Veggo non prestatore e chi 1' accattone so che folia diversa, ed il mondo pieno di tue le citt simili agli alveari, ne' quali multo, ha ognuno un proprio suo pungiglione, col quale punge il vicino, ed alcuni pochi, come le Ma vespe, conducono e portano il pi debole. lor vola intorquello storno che nascosamente no , che si e mai? Merc. Le speranze, o Caronte, i timori, le pazzie, i piaceri , 1' avarizia , gli sdegni, gli odii ed ahre cose di questa fatta ; di tal numero la stoltezza si mescola a basso tra loro , e fassi loro mente 1' odio, l'arroganza, concittadina, e simill'invidia, l'ignoranIl timore e le speza, 1' accidia e 1' avarizia ranze volano al di sopra, e quello cadendo turba loro la mente, ed alcuna volta gli tiene soalla moltitudine :

lo in sospetto; e queste, standosi alto in sul caimmanpo, quando uno pi crede attrapparle, tinente sen volan via, e lascianlo a denti asciutti, come vedi avvenire in inferno a Tantalo dell'acqua. le Parche E se raccogli la vista, vedrai che torcono il fuso a ciascuno, anche ond' da un sottilissimo filo.

che a tutti tocca pendere Osserva che sembiano tili di tela di ragno quei Car. Veggo in ciascuno che pendon di fuori. un sottilissimo filo aggiunto ed irnpicciato in molte parti, questo a quello e questo a quell' altro.

27V o barcaiuolo , Va in regola, perche a e a quelmorto da esser e fatale questo quello e che questi erediti da quello che 10 dall'altro, ha il filo pi corto, e cosi quest' altro e ci siNulladimeno osserva che gnifica quell' imbroglio. tutti pendon da un tilo, e che questi che sembra essere si alto, fra poco quando romperassi 11 filo , non potendo pil sostenersi , cadendo far grandissimo romore Quest' altro poi che apMere. pena si alza di terra, quando cadra, giacerassi senza romore ed appena dai vicini se ne udr Car. Queste , o Mercurio, la rovina son cose veramente piacevoli Merc. Non potrai bastantemente , o Caronte, spiegar con parole quanto sien degne di riso, e soprattutto se riguardi i loro negozii, e le loro speranze troncate nel pi bello, quando essi son rapiti dall' ottima moite, la quale come vedi fehbri, le infiammazioni, le spade, gli assassinii, ha molti l'etisie, la cicuta, le ministri, le polmone,

i giudici, i tiranni ; ed a queste cose, quando stanno bene, alneppure vi pensano, e quando v' imbattono, lora prorompono in molti ahim, in molti abi e in molti oh Dio Che se avessero da principio pensato che eran mortali, poco tempo peregrinato passare come da un sogno, abbandonando ogni cosa terrena, vivuto avrebbono pi saviamente, ed avrebbono in morte avuto meno dolore. e che dopo avere per in questa vita dovean

-^t) di godersi sempre le cose Ora sperando e gli. li, tostoch il ministro presentasi e conduce via, legandoli colla febbre, consunzione , disdegnano di esser condotti che non aspettavansi di essere distaccati ro averj che mai farebbe Imperocch presencbima o colla , perdai lo-

che con grande impegno affretta gli operai, se sapesse che finitala appena e postovi il tetto, si partir, lasciandone il godimento all' erede ; non potendovi lo infelice jiepi

colui j fabbrica una casa, e ne

che-si sollucchera pure cenare? E quell' altro un 6. tutto; perch gli ha partorito la moglie e chiama percio a convito gli gliuolo maschio, se sapesamici, e gl' impone il nome paterno, se che all' et di sette anni il fonciullo morrassi , costui della egli che si rallegrerebbe sua nascita ? Ma guarda quell' altro che sembra con pi ragione felice; padre di un figliuolo giocatore di pugna; vincitore nei giuochi olimpici, non guarda punto al viciho chefa al figliuoletsembrali n conosce da qual filo egli pento l'esequie, da D ancora un' occhiata al gran numero delle persone che litigano sopra i confini, ed a coloro che ammassan danari, i quali avanti di goderne saran cbiamati da quegli araldi e ministri che ho allegati di sopra. Car. Veggotutte queste cose, e vo tra me stesso pensando qual sia la dolcezza della vita, per la quale tutti si dolalcuno osservasse gono esserne privati. Merc. Se

28t. quei re, che stimansi di esser pienamente felici, vedrebbe oltre la mutabile e dubbia loro fortuTina, assai pi del dolce provar essi l'amaro. mori > insidie, odii , rancori, sdegni ed adulaTralascio il kitzioni si slanno tutti con essi to; le infermita e le passioni che in egual moDalla condiziodo d&gli altri gli signoreggiano. conne di costoro si tnisera pu acconciamente ghietturarsi , quale siasi quella delle persone pria che mi son vate. Car. Vo' dirti, o Mrcurio, sembrati assomigliare gli uomini all' universale Tu sei qualche volta stato spettatore delle bolle che fa 1' acqua sotto il cannello intendo di quelle cade rapidamente : quando lor vivere. bolle dalle quali si raccoglie la spuma: di queste alcune son piccole che appena ristrette svaniscono, altre duran pi tempo, e riunendosi ad si gonfiano e esse delle altre meravigliosamenle dopo non, molto non poallargano; nulladimeno tendo accadere diversamente esse ancora si disTale si e la vita dell' uomo : tutti chi sipano pi chi meno gonflati sono da un vento, ed alcuni hanno il soffio brevissimo e moribond, altri mancan crescendo , e conviene di necessita che sgonfiandosi ognuno perisca Merc. Tu non ragioni, o Caronte, niente peggio di Omero , che paragona alle foglie il genere umano Car. Ed essendo essi tali, vedi, o Mercurio, che mai fanno, combattendo pe' magistrati, per

282 che poi convien gli onori e per le ricchezze, loro lasciare, e venirne a noi con un semplice obolo Vuo' tu dunque, poiche siamo qui in alto, che con quanta ho voce, altamente gli esorti ad astenersi da queste pazze fatiche, ed a vivere, avendo sempre innanzi la morte, dicendo: O pazzi , a che vi perdete dietro tai cose ? cessate vrete; di travagliarvi, che voi non sempre vinulla di cio che vi sembra prezzabile e nulla porterete con voi, ch cessando per necessita la professione, dovete andarvene Foto deono da nudi , altri

eterno, di vivere,

La casa, in altri passare

e cambial'

fatte parole gridando di vita, e teso, non credi tu che miglioreranno ne diverranno assai pi prudenti? Mere. Tu non sai, o buon Caronte , da quanta ignoranza e da che non quanta insensibilita sono essi adombrati, si aprirebbono loro le oreccbie neppure con un mentre riempiute le banno con non mitrapano, nor copia di cera di quella che ne pose Ulisse a* compagni temendo che ascoltassero te sirene. Talch se tu ancor gridando crepassi , non vi e

Tali e si padrone. loro in modo di essere in*

speranza ti ascoltino, e 1' ignoranza fa qui il medesimo effetto, che produce presso di voi l'acqua di Lete. Tuttava vi sono alcuni pochi che aoa ricevono la cera nei loro orecchi, inchinati avendogli alla verit, rare e conoscere e tenendogli intenti a considela qualit delle cose. Car.

283 Gridero vano che adunque ad essi. Merc. tu lor dica cose che sanno; guard a come dicostandosi dal volgo ridonsi di cio che avviene,

e per niun verso si piegano a compiacere a nessuno, e chiaramente gi mostrano che pensano di fuggirne a voi dalla vita e tanto pi. perch le pazzfe di cosono odiati quando riprendono o uomini generosi : Io vi saluto, Merc. ma sono egli molto pochi , o Mercurio! ormai. Car. Bastano questi. Ma discendiamone storo Car. Una sol cosa io desidero rio, e mostrandomela, mi l'osservatore , Vorrei di sapere , o Mercuavrai tu compiuto di farvedere le conserve ove

si seppelliscono i corpi. Merc. o CaQueste, Veronte, cbiamansi arche, sepolcri ed avelli di tu in vicinanza delle citt quei rialzamenti, quelle colonne e piramidi ? tutte quelle son case di morti e conserve dei corpi Car. Perche coloro coronan le pietre, e le ungon di unguento, e perch; innalzata una pira presso quei tumuli, e cavata non so che buca , brugiano quele per quanto pu convivande, gbietturarsi , versano nella fossa il vino ed il melicrato. Merc. Non so, o harcaiuolo , che si abbian a fare tai cose con quei dell' inferno; eglino per persuadonsi che le anime ne vengano di sotto in su a cenare , e che volando intorno al grasso dei fumo si bevano dalla buca il me, licrato. Car. Mangiano adunque e bevono coloro le sontuose

*8 quei secchissimi teschi ? m' accorgo di farti ridere , parlando a te cbe gli conduci e tu sai bene se possono essi torogni giorna, nare quando una volta son venuti sotterra. Di poi, o Mercurio , saria veramente da ridere che io che m' ho assai faccende a sbrigare dovessi traghettarli ducendogli non v'accorgete non una volta sola, ma tre, riconra bere di sopra. Pazzi ed insensati che banno

divise e distanti quanto. sieno le cose dei morti da quelle dei viventi ? E come si passi .la bisogna tra noi, e che Del par muore chi ha tomba e chi non V have: Son nillo stesso onor Iro ed Atride: Tersite 6 uguale della ben chiomata Tutte a un modo, tutte Tetide al siglio. U Olnbre co' frali teschi la ne' prati stanno aride, Dell'Assodelo ignude. in copia i Merc. Corpo di Ercole! tu.accatasti versi di Omero ! e dappoich inel ricordi, vo' mostrarti il sepolcrO di Achille. Guatalo la verso il mare, ov' il troiano dirimpetto al Reteo Mostrami un poco o Mercurio , quei sepolcri le pi illustri citt, che di sottoci suonan semBabi-pre alle orecchie, Ninive di Sardanapalo, ricorTroia istessa; lonia, Micene, Cleona, e da questa assai gente, domi di aver traghettato di modo che per dieci anni non ho mai potuto tirare in secco la barca ne farle prender aria. Sigo. Car. Non Aiace sepolto son gran cosa ,

285 Merc. e di gi distrutta, o barcaiuolo, Ninive, e non ne rimane vestigio, per cui dir' si possa xSve. fosse. Eccoti la Habilonia adorna di torri essa ancora fra e con un vasto giro di mura; Micene e come Ninive non molto si cercher e specialmenmi vergogno mostrartele, te Txoia , mentre so bene io, che ritornando in inferno sarai tu soffocato dalla grandiloquenza Cleona dei versi di Omero. Del rimanente un tempo si eran felici, -ora son morte affatto ; perocch, o barcai uolo, muoiono le citt come gli uomini, e cio che piu ammirando , i fiumi intieri, ed ora in Argo neppure pi rimane il letto del fiume Inaco Car. Lodato sia ognora Omero e que' suoi belli epiteti: Ilio santa dalle larghe Ma intanto Cleone, vie, e la ben costrutta che discorriamo, chi sono quei che combattono ? e perche si ammazzan tra loro? Mere. Tu vedi , Q Caronte, e quell' aArgivi e Lacedemoni; che scrive il progonizzante capitano Otriade , Car. Per qual causa hanprio nome sul trofeo no guerra tra loro? JliIcrc. Per quel campo istesso ove combattono sanno Car. Oh che eglino che se ciascuno anche tutto il Peloponneso, non otterriano da Eaco spazio maggiore di un piede? non pazzia! di essi possedesse pure

Quel e campo sar coltivato da molti e molti altri, sovente passeranno coll' aratro sopra quel trofeo sprofondato. Merc. Cio avverr senza dubbio

a86 Ma noi discendiamo al fine e rassettando i monti

al suo luogo, andiamone , io ove son mandato, e tu alia tua barca; e tra poco io sar a te colla condotta dei morti. Car. Tu, o Mercued io rio, m' hai renduto un bel servigio, ter ne' miei ricordi questa mia obbligazione, ritratto avendo non picciol frutto da questa mia peregrinazione felici uomini! Quali son mai le cure degl' ind' oro, sacrifizii di mattoni Re, e di Caronte non combattimenti; ragioae.

cento buoi, si tiene niuna

281 DEI SACRIFIZII

ARGOMENTO Deride la vanit Luciano irt questo tomponimento degli uomini fielperchd perchd essi il culdell'ar-

e la superstizione V onorare primamente gl' Iddii , di loro, e quindi mal pensano to che rendori la maest loro e della natura

e sciocco ed

indegno di essi Tutto

gomento si volge a provare ch' falso cid che ed improprio credono gli uomini degVIddii , E ei prova colci che operano per onorarli. delle dottrine che hanno su di V esposizione la cagione di tale su, e raccontando poscia le eerno. perstizione e dei Greci pare nie religiose degli Egiziani che sono queste un effetvoglia conchiudere, to di tali false opinioni essi, che mostra essere che gli uomini pazzi praticano ne* sacrifizii, nelle feste, e nelle adorazioni degl' Idi voti che fanno, e dii, cio che domandano, come pensan di essi, non credo che vi sia niuno di si rimessa e perduta vita, che ragionevolOio mente rassi considerandone il suo riso, non ridasi. la sciocchezza, di tali usi E di molto io avviso, che crescerivolgendo tra se, che in

288 luogo di pietosi conviene all' opposto appellargli malvagi e nimici degl' Iddii, per estimare eglino la Divinit si misera e vile, che abbia bisogno e degli uomini, si compiaccia della adulazione, della non curanza si sdegni. E percio gli avvenimenti etolici, le disgrazie dei Calidonii con tante stragi e col disfacimento di Meleagro , tutte affermano esser fktto di Diana corrucciata, perche da Oino non fu ricordata nel sacrifizio : tanto profondamente ricevette essa nell' animo E mi figuro vederla allota quel sacro peccato. sola nel cielo , andati essendone ad Oineo gli altri Iddii, piena di cordoglio, e tenendoci per Cbi gran male di esser privata di simile festa di poi non affermer esser gli Etiopi beati e Ire volte felici , se Giove- istesso rende loro il guiderdone che meritaronsi da lui nel principio del banchettandolo per lo spazio poema di Omero, di dodiei giorni, e ci che e piu con tutti gli altri Iddii che conducevasi come cio ch' essi fanno, Pertanto appresso ? pare, nol fanno per agli. uomini il bene, e la salute con una vitel-

nulla, ed anzi vendono v' e da loro a comprar la, la ricchezza con quattro con cento ? ed il il con nove.tori, con una fanciulla ancora per, dodici con Minerva che

bovi, ed il regno ritorno sal vo da Troia a Pilo in Troia tragitto dall'Aulide reale; ed in quel tempo Ecuba bovi ed una vesta contratt E la citt non fosse presa

289 conviene congbietturare che molte cose sono vendibili presso di essi per un gallo, per una coTali cose io giudirona, o per poco incenso

eo, che conoscendo ben Crise, come sacerdote, e vecchio ed intendente nelle cose divine, quanse ne' parti da Agado senza nulla conchiudere mennone , siccome cbe dato avea ad usura ad Apolline i suoi favori gli parla e glie ne domane per poco non lo ingiuria da la retribuzione , io ho molte volte dicendo: o ottimo Apolline, coronato il tuo tempio, che stato era per lungo tempo senza corone , io ho brugiato sopra i tuoi altari cotante cosce di tori e di capre, e tu non euri di me che tali cose ho sofferto, ed in nulla ti vien pensiero del tuo benefattore. Per la qual cosa tanto rossore ebbe Apolline di queste che afferrando 1' arco, in e sedendosi parole, alto ove ancorate eran le navi saett colla peste E perche ho gli Achei co' muli e cani di loro fatto ricordo di Apolline, vo' ancora parlare delle altre cose che di lui dicono gli uomini dotti; e tralasciando quanto fu male avventurato in adi more, la morte di Giacinto ed il disdegno ricordero come condannato in giudizio Dafne, per la uccisione dei Ciclopi, fu per tale cagione cacciato di cielo in terra e ridotto alla condizione degli uomini Talch si pose per famiglio con Admeto in Tessaglia, ed in Frigia con Laomedontes e presso Vol. I. quest' ultimo non fu egli solo, 19

2'9 1na ebbe compagno Nettuno, facendo amendue per miseria gli stipiti e lavorando alle mura, e non ricevettero-dal Frigio neppure la intera mercede, rimanendosi colui trenta dramme troiane. lor debitore Tali per piu di sono le cose che i

poeti divotamente raccontano degl' lddii, ed anche di queste piu sacrosante sopra Vulcano, Prometeo, Saturno e Rea, e di tutta quasi la casa di Giove, ed in raccontarle invocano al cominciamento dei poemi le Muse in aiuto, e cosi, come appare, pregni d' inspivazione divina cantano come Saturno regnasse in cielo, depresso il padre, e divorasse i figliuoli, come l'argivo Tieste, e ifnalmente come Giove nascosto da Rea col gittare una pietra, fu esposto in Creta e nutrito da una capra, come Telefo dalla cerva, ed il primo Ciro persiano da una cagna. Di poi .di.. scacciato il padre, e postolo in prigione, ebbe egli lo imperio, sposossi con pi e pili donne ed in ultimo colla sorella Giunone, seguendo in ci la Essendo inoliegge dei Persiani e degli Assirii ed inclinato alla lussuria riempie tre donnaiuolo, alfacilmente il cielo di figJiuoli, procreandone di razsa cunri con pari sue, ed alt-ri bastardi il nobile Ide terrestre. Trasformandosi dio ora in oro, ora in toro, or in cigno ed or in aquila, e prendendo pi variate forme dello La sola Minerva gener dal suo stesso Proteo mortale capo, ritrovandosi per ventura un capo fecondD:

291 E Bacco sottrattolo, come dicono, mezzo fatto dalse lo pose entro la coia madre che ardeva, scia, che poi segossi quando risenti i dolori del la di Giunone, II simile pur cantano parto ad uomo pretendono quale senza congiugnersi che al soffio del vento partorisse il figliuolo Vulma sordido opecano, non molto avventuratQ, vivente sempre raio e fabbro cotto dal fuoco, nel fumo, pieno di fuliggine come uno spazzacammino, e neppure diritto nei piedi , essendo zoppo da una caduta, che gli fe' fare Giove lancianfacendo una E se i Lennii dolo gi dal cielo buona quando stava per casarebbe a noi perito Vulcano, come Adere, comecb stianatte gittato gi dalla torre: queste disgrazie di Vulcano fosser pi tollerabili azione nol ritenevano ignora cosa egli sofferse per amare oltremodo gli uomini ? Per tal ragione trascinalo da Giove nella Scizia fu posto in croce chi un' aquila che ogni destinatagli A tal pena costui fu giorno rodesgegli il fegato dannato : e Rea ( perocch conviene parlare pur *li cio) come non si vergogna di operare disonestamenle essendo vecchia e fuor di speranza di aver figliuoli, e madre di tanti Iddii, si d in preda ancora alla gelosa ed all' amor dei e si fa tirare dai leoni con Atti, il fanciulli, Talch chi quale non puo esserle di alcun utile rinfaccer pi a Venere gli adulterii , ed albt in sul Caucaso, Di Prometeo

292 Luna che in mezzo al viaggio molte voltesi arr-esti pel suo Endimione ? Ma tralasciamo questi discorsi ed andiamone al cielo istesso, servendoci della osserviamo stessa via di Omero e di Esiodo, ed come sia acconciato ciascuno di quei E bench di fuori sia tutto bronzo,

di sopra Ed a chi ascoltiamo tuttava Omero che parla. entra , ed innalzato un pocolino il capo al di arriva in sul dorso, la sopra, e semplicemente il sole pi puro, e luce gli appare pi chiara, le stelle pi scintillanti, e per ogni doveil giorAl primo ingresso abitan uo ed il suolo dorato le Ore che son portinaie, quindi Iride e Mercudi Giove, rio che sono ministri ed ambasciadori poscia evvL la- ferreria di Vulcano ripiena di tutti gli stilli dell' arte, e presso a questa sono le E tutto case degF Iddii e la reggia di Giove. da Vulcano GF Iddii e fabbricato egregiamente a Giove (perocch parmi che si convenga di magnilicare la celeste grandezza) guardan verso la terra, e la scorron tutta cogli occhi, per vedere se v' alcun fuoco acceso o grasso che s' innalzi portato dal fumo. E se alsedendosi. intorno tutti gonfiandosi di banchettano sacrifica, come le mosche il sangue e succhiandosi fumo , mentre quando mangiasparso sopra gli altari, An310 in .casa si cibano di nettare e ambrosia ticamente anche gli uomini beveano e mangiacuno vano iasieme con essi come Tantalo ed Issione

*93 Ma divenuti costoro insolenti e ciarlieri tuttora ne pagano il fio, e da quel tempo in poi fu il e cbiuso alla razza umana cielo impraticabile Tale pertanto essendosi la vita degl' Iddii ordinarono gli uomini cose ad essa convenevoli e E primieramente suLla religione corrispondenti consecrarono i boschi, dedicarono i monti, deied a ciascuno Iddio asseficarono gli uccelli, in Quindi dividendogli gnarono il suo albero e gli dichiarano lor cittadini, razze gli adorano, Apollo delfico e delio, Minerva dimostra la sua cittadinanza ateniese dallo stesso nome, Giunone argiva, Rea migdonia, Venere pafia, ed i Cietesi non solo affermano esser Giove nato ed allevato tra loro, ma ne mostrano anche il seLaonde ci siamo noi per lungo tempo polcro ingannati credendo cbe tuoni e piova, e compia ogni cosa, nascoso essendoci cbe e morto da antico e sepollo presso i Cretesi. Quindi innalzannon si rimanessero senzandogli tempii, perch za fuoco ed abitazione, hanno finto le loro immagini, chiamando Policreto, Fidia e Prassitele, i quali non so dove vedutigli, figurano Giove Mercurio Apolline sempre giovanetto , Nettuno e Minerva V uno co' capelli sbarbatello, e 1' altra cogli occhi azzurri. Nulladimeno a coloro che entran ne' tempii, non sembra vedere l'avorio n6 l'oro venuto dalle dell'India, barbuto, minire di Tracia, ma il figliuolo di Saturno e

294 di Rea, posto da Fidia sopra la terra, e destinato a riguardare la solitudine di Pisa, ed a contentarsi che alcuno dopo cinque anni intieri gli sacrifichi nella ricorrenza dei giuochi olimpici gli altari, le cerimonie e Je purgaL' agricoltozioni, portansi innanzi le vittime re un bue aratore , il pastore una pecora, ed il altri incenso, altri focacce, eapraio una capra, ed il povero cerca placare lo Iddio col baciargli soltanto la destra. Quegli poi che saeriifcano ( perche vo' tornare ad essi) incoronato un aniJnaIe, che molto innanzi hanno esperimentato s' era intero , per non uccidere cosa che fosse to avvicinano all'altare, e 10 scannano impura, sugli occhi dell' Iddio, mentre funereamente muglo cbe di ragione si prende per buono gisce, augurio , ed a mezza voce fa tenore alle tibie Chi adunque non conghietturer del sacrifizio che si dildttin gl' Iddii di veder tali cose? Lo che non entri dentro aleditto poscia prescrive, le purgazioni cbi non ha pure le mani, intantoch il sacerdote istesso se ne sta insanguinato , e qual altro Ciclope spaccando e dividendo i pezzi, e tirando via le interiora , e spargendo e non facendo cerimonia, 1' altare di sangue, che non sia santa e pietosa, ed in fine, acceso il fuoco, vi pone sopra la capra colla sua pelle, e la pecora col suo vello. Allora il grasso santo e degno del sacrifizio sen vola in alto, ed a poco Stabiliti

agl diffonde pel cielo. Lo Scita pero non atpoco si cutando niuna delle altre offerte, e riputandole tutte meschine sacrifica gli stessi uomini a DiaE per avna, e cosi facendo piace all' Iddia ventura si cio altrettanto moderato che si pratica dagli Assirii, L-idii. Ma se vai nell' Egitto cose venerevoli e veramente di quello dai Frigii, e dai molte

cola vedrai

degne del cielo, 1' ottimo siccome Giove colla faccia di becco, Mercurio con muso di cane, e Pane interamcne lalvoha 1' uno di essi Ihi, ed alte caprone, ma se tutte queste tra coccodrillo o scimmia; cose safer in sin che ben le intenda e profeti col capo udirai molti sofisti, secretarii raso , che ti diranno : primamente prescri ve 1' editto: Statevi o profani : lungi dalle porte, Brami Perocch ganti temendo e dei nimici gF Iddii le sedizioni dei giloro ne vennero in Egitto , E percio per timoa quelli

per ivi nascondersi 1' altro becco, e 1' alre 1' uno fecesi caprone, tro fiera od uccello, ed in memoria di ci6 conservano ancora gl'Iddii cose scrupolosamente no dei tempii scritte I sacrifizii presso non che piangono Queste quelle forme si custodiscono nell' interda diecimila sono e pi anni

i medesimi, se su la vittima, ed appena ammazzata battono i circostanti , ed alcuni dopo uccisa la seppelliscono. Quando Api, il pi grande coloro

*9^ chi mai prezzeria tanto dei loro Iddii, si muore, la chioma, che non si rasasse e non dimpatrasse il dolore nel capo nudo, se avesse pure i ricci purpurei di Niso ? Ne viene questo Icldio e successivamente si sceglie, Api dall' armento, tra i bovi comuni il piii bello ed il prendendo son cose si e che Queste fatte, pi credute da molti, ehe bisagno non sembrami se non da -qualabbiano di essere dispregiate, che Eraclito o Democrito, r uno de' quali ne derida la pazza, e ne compianga 1' altro 1' ignoranza maestoso.

297 INCANTO DELLE VITE

ARGOMESTO Annumera Dialogo va ricercando ridicolo. simo in questo piacevolise le diverse sette di filosofia, di pi aid che vi in ciascuna Luciano di trattare quee per festivit , spiegare la vita di cia-

E per avere agio con maggiore st' argomento

potere pi liberamente scun filosofo , finge che le vite dei principali da Giuve al mercato al pi filosofi vendansi schiavi o animali offerente , come fossero di padrone , Mercurio Giove fa il personaggio di banditore , e La vendita si fa a varii mercanti concorsi Giove. Tu alla fiera va collocando

le sedie, e pretu condupara il luogo per quei che vengono, cendo le vite le disponi per ordine, ed adornale di bell'aspetto, e si prima, accio compariscano attirino piu compratori banTu, o Mercurio, disci e chiama comparischino che di ogni razza e di ogni dottrina, e se qualcuno non avr in pronto il danaro per pagare , soddisfer 1' anno venturo presentando una sicurta illerc. Molti son ragunati, laonde non con buona sorte i compratori che all' asta Bandiremo vite filosofi-

298 Giove. pi tardare e fargli aspettare. Chi vuoi prima mettere Dunque vendiamo. Merc. innanzi ? Giove. Questo ionico capelluto che sembra esser si venerando. Merc. Ol, Pittagorico, discendi e prestati agli sguardi dei circostanti. Giove. Bandisci Mere. Vendo un' ottima vita ed chi compra? Chi vuole innalzarsi onoratissima ; sopra la condizione degli uomini, conoscere 1' are tornare a nuova vita ? monia dell'universo, ma di che Compr. All' aspetto non cattiva, s'intende Merc. Dell'aritmetiprincipalmente ? de' prodigii, della geomeca, dell' astronomia, e deldella ciarlatanera, triadella musica, 1' impostura, mentre tu vedi uno scaltro profeta. Compr. Interrogalo sei? Pitt. Pitt. In Egitto permesso d' interrogarlo ? Merc. con buona sorte Compr. Di dove Samio. Compr. Dove hai studiato ? conviene

presso quei sapienti. Compr. Se io ti compro cosa m' insegnerai ? Pitt. Non t' insegner nulla, ma ti torner in memoria. Compr. Pitt. PrimieraCome mi tornerai in memoria? mente ti rendero 1' anima pura spurgandola da ogni macchia. gata; Pitt. Compr. Fa conto che sia gi spurquale sar il modo della reminiscenza ? In principio lunga quiete e silenzio, e per

Compr. Prendi, cinque anni non parlar nulla. o buon uomo, ad educare il figliuolo di Creso; io avendo la parola non voglio essere statua. Ma dopo il silenzio e i cinque anni che ne

2 99 ayverra? Pitt. Ti eserciterai nella musica e nella Compr. Tu parli da scherzo, se pri-. geometria ma di filosofo conviene esser suonator di chitarra Pitt. E dopo questo farai i conti. Compr. E come Anche adesso so far de' conti. Pitt. numeri? Vedi, ed un perfetto triangolo stro Compr. Oh il gran , due, Comp. Uno quello che ti sembra Pitt. quattro quattro si dieci , ed il giuramento notre,

si quegiuramento e non ho mai udito un ragionasta quaterna, mento pill divino e pill sacro. Pitt. Di poi sadella terra, dell' aria, dell' acprai ? o ospite, forma e qua, del fuoco e del loro portamento, movimento , 1' aria e 1' acqua Compr. Il fuoco hanno dunque una forma? Pitt. Ed assai masenza nifesta, perocch come si muoverebbono forma e senza fattura ? E da questo conoscerai Iddio esser numero ed armona. Compr. Tu dici cose ammirande dette, la tua persona, una , conoscerai essere sostanza Pitt. Ed oltre le cose gi che ora ti sembra esser altro in unit ed altro in

Compr. Cosa dici ? io sono un altro e non quello che ora qui tecoragiono? Pitt. Ora sei tale, anticamente comparisti sotto altro corcol tempo passerai pure ; po e sotto altro nome in altro. Compr. Intendi adunquje, che io sar dovendomi mutare in pi forme. Ma immortale , basti su cio; quanto al vitto come ti regoli ? Pitt. nulla di animato, e del rimanente Non mangio

3oo Per qual ragiotutto, eccetto le fave? Compr". ii<j hai tu in odio le fave? Pitt. Perche son sasi la natura loro PrimaGre , e meravigliosa fnente perch sono genitrici di tutto , e se aprirai una fava ancor gura alle membra scerai al sereno della luna la vedrai simile in fiverde, dell' uomo, e se cotta Ia la-

per certo numero di notti ne farai sangue. E ci che pi monta, legge in Atene di scegliere colle fave i magistrati. Compr. Tu hai in ogni parte ragionato saned egregiamente , ma ti spoglia, che ti vo' veder nudo. Corpo di Ercole, egli ha una coscia di oro! Sembra non esser uomo, ma Idil vo' comprare. Perdio, cosicche assolutamente Merc. Dieci mine. Comp. quanto lo bandici ? II ritengo, e per tante lo prendo Giove Scrivi il nome ed il paese del compratore. Merc. Semessere italiano delle vicinanze di bra, o Giove, Crotone o di Taranto , o di quella Grecia, benche non un solo, ma quasi trecento se lo son Giove. Sel conduchin pur comprati in comune via; tiriamone fuori un altro. Merc. Vuoi quel lercio di Ponto? Giove. Si quelIo. Mere. Ola, tu della nanzi sacca a tracolla e gira intorno un' ottima vita, una vita libera e vita robusta, chi compreralla ? Compr. Qjie di, o generosa, vendi un uom libero. Merc. Si bene. banditore, Compr. E non temi ti si dia querela di rapitore, colle spalle nude, vieni inall' adunanza. Vendo una tamente

5oi e di esser chiamato Ad esso nulla avanti 1' Areopago? Mere.

perocimporta 1' esser venduto, cb si giudica libero in ogni condizione Compr. E a che pu mai egli e&ser buono cosi squallise per avventura non do e cosi mal governato, se ne servisse F uomo o per zappatore o acquaiuolo? Merc. ma se lo fai porNon solo questo, ed a dei cani, tinaio ti servir pi fedelmente si egli acquistato il nome di caQuale si egli ed in che esercizio potr riuscire ? Merc. Ne interroga lui stesso, che Compr. Mi vien paura questo parmi il migliore

buon diritto ne Compr.

e selvaggio, che accostandomigli non mi abbaii, e che per Dio ancor non mi morda; non vedi come scuote il bastone, ed e rabinarcando le ciglia guarda minaccevole Non temere cb' egli mansueto bosu ? lVlerc. vedendolo cosi barbaro Compr. Diog. Diog. In prima, o buon uomo, chi se' tu ? In tutto con cio ? Compr. Che intendi Vedi un ciltadino del mondo Comp r. Se-

guiti alcuno?

Diog. Ercole. Compr. Perch non prendi adunque anche la pelle di leone; peroccb quanto al bastone ben lo somigli. Diog. Questo straccio di mantelio mi serve di pelle di leone

Fo guerra come lui alle volutt, non comandato ma volontario, stabilito avendo di ripurgare la vita ma Compr. Lodo il tuo proposito, cosa diremo della scienza tua particolare e del1' arte che professi ? Diog. Sono liberatore degli

5O2 uomini e medico dei loro affetti, e vo* esser pro* liberamente d' ogni cosa con verit

feta parIando e Iihel,t. Compr. Ors, o profeta, se io ti comprero in qual modo m' eserciterai ? Diog. Primieramente pigliandoti ti spogliero del lusso, e ti costringero rnantellaccio. colla su un miseria, gittandoti ed Quindi ti sforzero a lavorare

a faticare, dormendo in terra, e bevendo 1' acqua, e riempiendoti di cio che ti si presenta. Delle le ricchezze, se ne hai, facendo a mio modo, ed ivi le gitterai. Non cureporterai al mare, rai pi di nozze , ne di figliuoli, n di patria , e queste cose saranno per te tutte scioccbezze, Ed abbandonando la casa paterna abiterai in un o in una torre abbandonata, o in una sepolcro, botte merai alcuno dovro Porterai esser bri scritti la sacca piena di lupini e di lianche di dietro. E tale essendo afferfelice ancor plI del gran re. E se o ti batte, non r-eputerai cio per Compr. Cosa mai ti dici? non

ti certa dolermi

nulla molesto

come se foss' io cinto battuto, di una scorza di tartaruga o di grancio ? Diog. Con piccola mutazione imiterai quel di Euripide. Compr. Quale? duole V alma Diog. Non duol la lingua, se si Quello di poi che dei soprattutche ti conviene to avere a cuore si e questo, essere svergognato ed audace, ed ordinatamente insultare perocch sia privato o regnante, ognuno, con questo ti attrarrai gli occhi addosso, ad

5o3 e ti crederanno uomo forte. La tua voce sar

la pronunzia aspra e del tutto simile barbara , alla canina, il volto rigido e superbo, ed il portamento non differisca dal volto, ed in una parola ogni cosa dee in te essere ferina e selvagdalla vegia, e lontana affatto dalla modestia, e rasar dei dal recondia e dalla convenienza, -,. i luoghi Hai a frequentare volto ogni rossore pi affollati delle citt, e procura in essi di esnon sere solo, non accomunandoti con niuno, sonversando n con ospite ne con amico, perocche sarebbe cio la rovina del tuo principato. cio che Alia vista di ognuno fa confidentemente altri farebbe solo a ribrezzo, ed esercitati nei E finalmente , se pi secreti ridicoli di amore. ti pare, mangiando un polpo crudo o una seppia Questa felicita ti sar da noi comtu dici cose impure e partita Compr. Vanne; non degne di uomo. Diog. Anzi facili, e che ti muori

Pepuo chiunque compiere con poco imbarazzo rocch non ti abbisogneranno ne studii, ne dima ti sta bella innanscorsi, ne altre bagattelle, zi apparecchiata la via della gloria E sii pure fabro o usuraio, idiota, calzolaio, cacciaiuolo, nulla t'impedir che non vi riesci, purche ti assistano ? impudenza e 1' ardire , e che abbi bene imparato ad ingiuriare Compr. Per queste cose io non ne ho bisogno di te, ma saresti al caso per fare il barcaiuolo o l'ortolano , se costui

504 vuol contentarsi oboli contenti Merc. di venderti Conducilo al sommo per due mentre siamo

di esserne

pur via, annoiandoci liberati,

con grida, e proverbiandoci ti con calunnie e bestemmie altro:

sempre a tutsuperbamente Cbiama un Giove

quel Cireno colla porpora e colla corona Merc. Aspetta, non t' inoltrare, ad una cosa preziosa si conviene un ricco compratore. Questa e una vita deliziosa, una vita felicissima , Chi ama il lusso ? chi compra una gal anteria ? ch' esCompr. T' appressa e di cosa sai fare, sendo buono ad alcun mestiere ti comprero. Merc. Non lo annoiare, o buon uomo ne lo in, perche briaco e non ti pu risponterrogare, come yedi, la lingua. Compr, dere, cascandogli, E chi mai sano di mente compreria questo corschiavo, che olisce di tanti unguenti , che cammina incerto, ne sa indovinare la via? Di tu, o Mercurio, le doti che sono in lui , ed in che mediocremente egli valga, Merc. In generale si e desso uno scaltro compagno di rotto e vilissimo e tagliato apposta per bevitore, con una suonatrjce di flauto alla pretripudiare e poftato agli lussurioso senza di un padrone amori. Di pi e dotto nella cucina, e peritissitavola e valente un convito, ed maestro mo nell' apparecchiare e fu schiavo di volutt, Fu educato in Atene, dei tiranni di Sicilia, e forte fu in grazia presso di quelli La somma della sua dottrina e il

305 e per tutto, cosa, servirsi di dispregiare ogni Compr. Procura di ogni verso amare il piacere fisare altro compratore di quei pi ricchi e denarosi; io non sono al caso di poter cornprare una che coo Giove, vita si gaia. Merc. Sembra, Giov. Mutagli slui voglia rimanerci invenduto. ed amerei cLe luogo, e tiiane fuori un altro, quei due, l'uno di Abdera che ride, e l'altro di Efeso che piange, perocch vo' vendergli insieme Mjrc. Avanzatevi in mezzo Vendo due ottime vite , bandisco i pi sapienti defossono gli uomini. Compr. Corpo di Giove! qual conl'altro semtrasto, l'uno non cessa di ridere, anzi piange di continuo. Che bra che pianga, mai vuol dir questo? Di: tu perch ridi? Democr. E che lo domandi? semhrano si Compr. e per nulla Democr. niente tutte Perche degne di riso mi occupazioni e voi istesCosa mai dici? ti ridi di tutti noi , tu stimi tutte mentre le nostre faccende ? non si trova in esse le vostre

Si bene,

di serio, e tutto si e vanita, ignoranza, e movimento di nulla Compr. Non pertanto tu se' veramente vano ed ignorante, che non per insolenza. Ma tu che ti pianmentre parmi pi decoroso gi, o buon uomo? il ragionar teco. Eracl. Perche le operazioni degli uomini sembranmi , o ospite , lagrimevoli e calamitose , non trovandone niuna che non sia soggetta al destino, percio me ne vien compassione Vol. I. 20 lasci di ridere

3o6 e compiangole. Del presente non parmi gran Cdsa, ma lo avvenire lo preveggo affatto funesto Intendo degl' incendii e delf infortunio dell' uniDi questo io piango, verso perche non vi e cosa che sia stabile, ma di tutto si fa un guaze da questo nascono i piaceri, i fastizabuglio, l' ignoranza, dii, la dottrina, il piccolo, il grane le vicende che de, il di sotto, il di sopra, si cambiano Compr. un fanciullo garrisce. tali. Compr. mortali. giuoco dei secoli. Che cosa mai adunque il secolo? Eracl. che giuoca, e gittando i dadi Eracl. Dii morCompr. E gli uomini? E gF Iddii ? Eracl. Uomini ime corrono nel

in indovinello, e ranCompr. Tuparli no di cifere, e come un altro Apolline non ti A me Eracl. spieghi chiaro per verun modo Chi ha cervello nulla importa di voi Compr. O comprate , o non ti comprer certo Erael. non comprate io vi comando a tutti di piangere Compr. La infermita di questo gagliardannente uomo non differisce molto dall' atrabile to a me , io non vo' comprare nessuno Giove. Merc. Rimangonmi invenduti pur questi un altro Bandiscine Merc. Vuoi quel ciarlone Ol vienne Si quello. Merc. ateniese ? Giove innanzi te Si bandisce una buona Chi compra un santissimo ? in che sopra tutto tu vagli ? Socr. dei fanciulli e dotto negli vita e prudenCompr. Dimmi Sono amator Compr. Eh Quandei due.

amori.

DdJ come '\Tuo' che io ti compri, un pedante per un fanciullo lo? abbisognando io di che bo molto bel*

Socr. E chi evvi pill al caso di me per conVersar con un bello? mentre non sono io amante del corpo , mi solo 1' anima reputo bella. Nedei darti pensiero di ci, mentre dormendosi udirai affermeco pur sotto la stessa coperta, margli di non aver sofferto da me niuna ingiu-

che essendo ria. Compr. Dici cose irici'edibili , tu amator dei fanciulli, non tenti niuna impresa at di l dell' anima, e cio rendesi pi singolare, cplantodhtJ giacendo sotto una istessa Coperta rimansi la faccenda in tuo arbitrio Ser. Io tel giuro pel cane e pel platano che ta cosa cosi. Compr, Corpo di Ercole! son bene strani codesti Iddii Socr. Cosa ti dici? non ti sembra il cane essere Iddio? Anubi in Egittoj 1' inferno ? Compr. Non vedi quanto grande e Sizio nel cielo e Gerbero nel-

gannato, citta che 'mi sono formato da me stesso, mi servo di una politica affatto nuova, e mi governo colle mie leggi Compr. Con piacere ne udirei

Dici bene, io mi SOrto inma in qual modo vivi? Socr. Abito una.

le discipline Socr. Ascolta la pit grande che io stabilii sopra le donne: piacquemi ch.e niuna di loro sola fosse di un solo, e che facesse parte delle sue nozze a chiunque lo desiderasse ti dici ? sono adunque tolte via le Compr. Cosa leggi sull' adulterio? Soer. Si per Dio! con questa

503 semplicit si troncano tante inezie e sciocchezze.

Compr. E sopra i belli fanciulli cosa hai stabili4o? Socr. Saranno essi il prernio dei pill valenti, che potranno amargli allorche avranno dato prova di se con qualche audace e splendida azione. Compr. Questa si chiama magnificenza. A che di poi restrignesi la tua sapienza? Socr. Alle idee ed agli esempi delle cose, imperocche quanto vedi, il mare, sibili stanno? la terra , ci che v' e sopra, il cielo ed di tutto questo esistono immagini invifuori dell' universo Compr. E dove si Socr.

In niuna parte, mentre non esistese avessero dove esistere rebbono, Compr. lo cio, ne gli esempi che adduci non capisco Socr. Non meraviglia, perche sei cieco degli occhi io vedo le immagini di tutmente; ti e la tua, bench non mi sii presente , ed un altro me ; in somma mi si raddoppia ogni cosa sei degno di essere comprato , Orsu veessendo si sapiente e si acuto di visla Merc. diamo che condizioni mi fai per costui Compr. Adunque due talenti Compr. Per tanti lo compro; Il il danaro te lo contero in appresso Merc. tuo nome ? Compr. Dione siracusano. Merc. PrenDarai dilo in buon' ora Ol chiarno Chi compra costui ? Egli che ride, e di quello ubbriaco che poco innanzi abbiamo bandito ; ed in una cosa e piu saDel piente di loro, che gli supera nell' empiela o Epicureo e discepolo di quello a te, deila

50g si voluttuoso ed amante della gola Comp r. Quanto n' e il prezzo? JllIere. Due miMa fa che- io sappia quane. Compr. Prendile. Si pasce di cose dolci li cibi appetisce. Merc. e smelate, e specialmente dei fichi. Compr. Non rimanente v' incontro difficolt; gli comprer filze di Caria Chiamane un altro, quello col capo raGiove Dici lel Portico. Merc. so, quel malinconico

che si stanbene, sembra che molti di questi, no in piazza, aspettino lui. Vendo la stessa virvita. Chi solo desidera sat, una perfettissima pere ogni. cosa? Compr. Perche parli in tal moquesto solo sapiente, oratore , bello, solo giusto, forte., principe , di leggi , finalmente ha in se co, ordinatore t' i pregi. Comp r. Adunque il buon uomo do? Mere. Perche pur solo cuoeo, e cuoiaio, e fabro, te arti sml ? lYlerc. Sicuramente. solo rictutsar

e sapr molCompr. Vie-

o buon uomo, e di a me, che ti. ni innanzi, vo' comprare : chi sei , ed in primo luogo non. ti rammaricare di esser venduto come servo Per nulla, perocche queste cose non Crisippo. sono in nostro potere, e non essendolo, di raCompr. Non intendo gione ci sono indifferenti. questo tuo discorso intendi alcune cose Cris. Che mai dici? Non essere pessime, ed altre virtuose? Compr. Tanto meno t' intendo Cris. Non strano, perche tu non sei accostumato ai nostri comprensiva. lV(a

vocaboli , n bai una fantasia

5io che ha imparato la logica, non solo conosce questo, ma ancora 1' accidente ed il sotanto e quanto in se differiscano. praccidente Compr. In nome della filosofa non t' incresca di spiegarmi cosa sia 1' accidente ed il sopraccidente, perocch io, non so corne, mi sento percosso da questo frastuono di nomi. Cris. Punto non me ne incresce, rnentre se taluno essendo zoppo con quello istesso piede zoppo inciamne riporpa in una pietra, ed inaspettatamente ta una ferita, costui avr per accidente l'azzoppatura; la ferita di poi, che gli sopraggiunta, sar il sopraccidente Compr. Oh vedi cbe ingegno ! e che altra cosa ti vanti di saper fare ? co' quali iinCris. Dei discorsi imbarazzanti , pongo a coloro che ragionano meco, gli sorprendo, e turatagli la bocca, quasi con un morso, Ed il nome di tal fagli costringo a tacersi. colt si il famoso sillogismo. Campr. Corpo mi parla di cosa formidabile ed indi Ercole! vincibile. Cris. Attendimi tu: hai un fanciullo? Compr. Perche cosa? Cris. Se questo per caso che lo ritrovi ti vien rapito da un coccodrillo , vagante presso ad un fiume, e prometta poi di a condizione che tu dica il veto su rendertelo cio che abbia egli stabilito sulla restituzione del fanciullo, cosa dirai che abbia egli stabilito su ci? Compr. Questa domanda e troppo ihvoluta, ed io sono incerto di cio che ho da dire lo studioso

01I ma salvami per Dio! tu colper riprendermelo, acciocche avanti io la tua risposta il fanciullo , Cris. Sta di buon non sia divorato risponda , io t'insegnero altre cose ancor pi animo, che ammirande Compr. te, il signoreggiante , il Coperto Compr. Cosa E quali ? Cris. II misuraned e sopra tutti 1' Elettra, sono mai questa Eletche dici ? Cris. Per 1' E-

tra e questo Coperto lettra intendo assolutamente none, che le istesse d'. Perocch standole

quella di Agamencose vide insieme e non vivicino Oreste sconosciu-

to, conosceva ella essere Oreste fratello di lei, di ma che colui fosse Oreste ignorava. Ascolta poi quel pienamente meraviglioso ragionamento hai conosciuto del Coperto tuo Rispondimi: Cris. Adunque se padre? Compr. Certamente ti si accosta conosci alcun costui; io nol conosco. ed io t* interrogo: coperto, cosa risponderai ? Compr. Che Cris. Or bene, questo istesso si laonde se non conosci costui

era tuo padre, manifesto che non conosci

tuo padre Compr. m' accertero io discoprendolo della Bagattelle : Ma quale si di poi lo scopo della tua verit. e cosa farai quando avrai toccato il sapienza, sublime della virtu ? i primi Cris. Mi godero beni della natura , intendo la ricchezza, la salute e simili cose Di necessit conviene innanzi affaticarsi in molti travagli, logorarsi la vista in libri di scrittura mihutissima, raccozzare dei

p. Ol!i abbottarsi di solecismi e di parole ed in somma non si d di esser assurdissime , se non si ha ordinatamente sapiente per tre volte bevutp 1' elleboro Compr. Queste cose sono comrnenti, L* essere di inagnanime e generose oltremodo poi misero ed usuraio ( mentre pur di tai pregi ti veggo adorno) la diremo cosa degna di uomo perfetto in virt, e che ha bevuto 1' elleboro? Cris. Si bene, 1' usura non ist bene che al solo sapiente, essendo proprio di lui il sillogizzare. II prestare e contare 1' usure sembra assai avvicinarsi al sillogizzare , talche io dico cbe sar questo siccome quello decevol alla sua diligenza, e non solo dee prestare semplicemente al modo degli altri, ma dee prendere 1' interesse dell' interesse , mentre tu non conosci che delle usure alcune son prime, ed altre seconde Osserva di poi come quasi figliuole di quelle canta il sillogismo Se riceve la prima usura , avendo percio tu ricericeva ancor la seconda, vuto la prima, ricever dei ancor la seconda Comp r. Lo stesso ancora diremo della mercede che tu prendi dai giovani in grazia della filosofia, essendo chiaro che 1' uomo diligente riceve Cris. L' hai indovinaper la virt ta , perocch io non la prendo per me stesso , ma in grazia di chi me la d. Ed essendo l'uio mi studio e 1' altro ritentore, no distributore il discepolodi far me ritentore e distributore la mercede

515 i1 alF Tu incontrario; giovane doragioni Compr. vria essere ritentore , e tu che sei ricco, distributore. Cris. Tu ti beffi di me, ma guardati indimoche io non ti saelti con un sillogismo Compr. E che vi a temere dal tuo saettamento ? Cris. La dubitazione , il silenzio , e V astrazione della mente, e, cio che si e il strabile. se i6 voglio, tra poco ti faro rimanere tutte, di sasso tu, o buon Compr. Ma che sasso? Cris. Oruomo, non mi sembri essere Perseo. s : il sasso corpo? Compr. Lo . Cris. Cio non e corpo ? che animale, Compr. Senza dubbio re Cris. Cris. Tu sei animale Compr. Cosi pa-* corpo , sei adunque pur pieitra. Compr. Nol vo' essere per niun conto, sic.ch tu discioglimi e tornami di nuovo all' essere di uomo Cris. Non mi difficile, e di nuovo sii uomo male? male? Si bene mi di: ogni corpo aniImperocch, Compr. No. Cris. La pietra e forse aniCompr. No. Cris. Tu sei corpo. Compr. Cris. Ed essendo Essendo

corpo sei animale Cris. Essendo adunque aniComp r. Certamente hai male, non sei pietra. Compr. Saviamente operato , mentre di gi come a Niobe uscendomi 1' anima mi si piegavan le gambe, percio vo' comprarti. Dodici mine. Quanto

si paga per esso? Mere. Lo bai Compr. Prendile. Merc. ! ma in comcomprato solo? Compr. No per Dio pagnia di tutti questi che vedi. Mere. Sono molti,

3i/f e forti di spalle, e degni di disputare mietendo. Giove. Non perdiamo chiamane tempo; un altro. Merc. Direi quel peripatetico , bello Or via comprate un prudentissimo , e ricco che sa d' ogni cosa. Compr. Quale si questi ? Merc. Moderato, giusto, regolato nel vivere, e, ci cbe forma in lui il pi gran pregio, si e doppio. Compr. Cosa ti dici? ftfere. A1 di fuori apparisce in un modo, e di dentro sembra esser tutt' altro, talch se il compri, ricordati di appellarlo interiore ed esteriore. Compr. no le sue dottrine ? Merc. Riconosce nell' anima, nel corpo, e nelle sa molto , Compr. Come uomo cose Quali sotre beni, esteriori.

Quale e il suo Chiedi tropprezzo? Merc. Venti mine. Compr. O uomo avventuroso , uomo, non lapo. Merc. sciar di comprarlo , sembra che egli mentre abbia in se qualche parte di argento; e di piu da lui quanto tempo viva la zanzara, a quanta altezza risplenda il mare sotto del sole, e la qualit dell' anima delle ostriche Compr. saprai che sottigliezze! Corpo di Ercole! dirai sentendo cose piu di queste Merc. minute Che sulla

e sopra 1' embrione del e sul seme , generazione ridicolo e feto nella matrice; e come ruorno che non fabbrica e non 1' asino non ridicolo, Mi racconti dottrine utilissime naviga? Compr, e gravi, laonde per venti lo comprero di avanzo? Andiamo: chi ci rimane Merc. Questo

P oia Ola Pirria, fatti innanzi pr essere subiI pi di gi se ne sono andatamente bandito Or via chi ti , e la vendita ridotta a pocbi. compra costui ? Compr. Io; ma mi di in primo Ferlyogo: cosa sai fare? Fil. Nulla. Compr. Fil. Perch il tutto tile rispondi in tal mode? scettico mi sembra Compr. Adunque ancor noi non siam nulla? Fil. Io non so neppltr (jue* sto. Compr. E tu non ti riconoSci essere qualche cosa? Fil. Questo io igttoro pitt di ogni alE tplell bitro. Compr. Oh quanta incertezza! Fil. Peso con essa i dicosa significa? scorsi, e ragionevolmente gli riduco ad eguagliamza , e quando gli scorgo scrupolosamente simili lancia stesso peso4 allora hon siasi il pi vero. Compr. Delle sai fare con piu diligenza? Fil. malamente so seguitare uno che e dello riconosco altre quale cose quali futrfcirff Tutto, fugge. Campr. Fil. Perch, o esser nulla

E perch a cio non sei buono? non posso prenderlo buon uomo , Compr. Non pare strano, sembrando tu esser tardo e poltrone.

Quale si e di poi lo scopo della tua dottrina? Fil. U ignoranza, e non ascoltare e non veder nulla, Compr. Adunque affermi essere insieme sordo e cielco? Fil. Aggiugnivi, privo di ed in niuna cosa ogni sentimento e giudizio, differente dal verme da comCompr, Sei percio Di quanto stimi tu apparisca degno coprarsi slui? Merc, Una mina attica. Compr. Prendila,

515 Ora, che ti ho comprato, cosa ne dici ? Fil. Cio si oscuro. Compr. Non lo affatto: io t'ho e numerato il danaro Fil. Per quecomprato, in me stesso, ed andro sto io mi raccogliero Compr. Per ora sieguimi come si specolando conviene a un mio servo dovero? cose le dici da Chi sa, se tai Compr. II banditore, Fil. E che? qui d'atFil.

la mina, ed i circostanti. torno v' e gente? Compr. Io cacciandoti quanto prima in una macina, ti faro con pi facile aiFil. che io ti sono padrone gomento capace Concentrerommi anche per questo. Compr. Per Dio!

Ho omai io parlato ben chiaro. Merc. CesEd sa di contrariare, e seguita il compratore. a voi v' invitiamo per domani che vogliamo vendere le vite degli avvocati, degl' idioti e dei facchint.

Six IL PESCATORE O I RINATI

ARGOMENTO che sia questo Dialogo come un' apologia di ei che si detto nel precedents e va in questo Luciano contro i Jilosofi ; espoa scriverlo nendo le ragioni che lo mossero Sembra i primi e piii Grandi filosofi Aristotile dell' antichit, , Socrate, Platone, Crisippo i Diogene ed altri , tra' quali DiogeVi s'introdu cono accusar ne, come il piti offeso, imprende ad la quale persuaLuciano avanti la Filosofia, sa dalle discolpe di lui lo manda colla Prova a far l'esperimento Per la dei veri filosofi. andandone qual cosa egli sulla rocca d' Atecon oro e fichi , va ne con un amo inescato in alto i filosofi a guisa di pesci tratti dall' esca dell' oro e del fleo, vituperando e la gola di coloro che falcosi V avarizia tirando samente Socr. si chiamavano filosofi

dagli con qtianti sassi pi puoi torna & riTiragli pallottole , con gusci d' ostriche Batti to scelpercuoterlo lerato col bastone. Guarda ch'e' non ci fugga. D agli Dagli tu, o Platone, Faceiamo tutti insierne e tu o Crisippo, impeto contro di lui e tu,

al sacrilego,

5i8 Ai Sia bastoni scudo il baston, ai sacchi U sacco

il nimico k comune, e non havvi Imperocch alcuno di noi che non sia stato da esso ingiuriato o Diogene, usa corne in altri casi Tu, la clava contro costui e non risparmiarlo Paomai il 60. E che cos' ghi il bestemmiatore mai? O Aristippo ed Epicuro voi baloccate? Cio i non e punto il caso : Fate 0 e ricordivi senno, Collera acerba t la vdstrct

A mpraviglia: Aristotile, procura affrettarti La bestia e presa Ti abbiam pur colto, o briOra t' avvedrai quali uomini hai tu cagantone. In qual modo lo tratteremo ? lunniato pensiamo a dargli piu sorta a darci a tutti eguale te giusto te volte essere di morti e che soddisfacimento, che per ciascuno di noi ei si muoia setFil. Quanto a me pare elI' e* debba vagliano mentre

dopo essere stato prima ben al-, battuto , cavatigli gli occhi e prima d'ogni coA te, o Empedocle, tro, recisa la lingua. sa ne sembra ? Emped. Di gittarlo in un vulimpalato, Plat. impari a dir male dei buoni. Meglio anzi sarebbe che quale altro Penteo od Orfeo finisse lacerato tra 1 sassi, e ce ne paraccid Luciaportando ciascuno il suo pezzo yzo. No, anzi per Giove protettore dei suppli fermato , canti usatemi misericordia. Socr. tissimo cano

oig tu non dei Omero : Fede esser lasciato. Osserva cosa dice

tengon uomini e leoni. ancor io all' uso Luc. Adunque vi supplichero i suoi verPer avventura rispetterete di Omero si, e mentre canto non mi farete ingiuria : non un mariuol non sono. vi chieggo: oro e rame , abbiatevi, Degno riscatto Che anche ai saggi son cari Vita Plat. alla comica : noi risponderemo ti lasci , Tu non mi svolgi * onde fuggir bench parli auree parole, Linguardo, t' ho nelle mani. Quando Ancor Ahirne!

Luc.

in cui avea tanta speranOmero, za , m' ha abbandonato Rifuggiamo ad Euripide, ei mi salvera senza dubbio : Giustizia Plat. Ancora chi prega nega di ammazzar il seguente di Euripide : non soffre chi fu ingrato voi

or m' uccidete. dunque Plat. No per Dio! ch' ei stesso pur dice : Di una empia bocca, e senza freno, e impura La sventura si b il fine Luc. Or dunque dappoiche a tutti piacevi di ammazzarmi , e non rimane arte per iscampare, chi voi siete, e questo solo di grazia mi dite: torto quale immedicabile ch tutti irremissibilmente darmi morte Plat. sofferto mi torti avete avete ci da me, preso per hai fatti:

Ingiustizia Luc. Per parole

Dei

320 o malvagio, te stesso, e que' tuoi interrogane, belli discorsi, ne' quali hai sparlato della filosofa, ed hai calunniato noi, facendo bandire ad uso di mercato uomini sapienti , e, ci che pill monta, liberi. Percio noi sdegnati ne siamo venuti contro di te qua di sopra, ottenuto per poda Plutone, questo Crisippo, Epicuro , ed io Platone, e quell' Aristotile, con questo taciturno Pittagora e Diogene, e tutti quanti hai lacerati co' tuoi discorsi Luc. Respiro, voi per certo non m' ucciderete quando saprete, come io mi sono comportato verso di voi. Percio gittate via i sassi, o piuttosto serbateli per sercontro chi n' degno Plat. Tu ci befli. Tocca a te quest' oggi a morire ed omai In grazia dei gran mali che hai commessi virvene Indosseremti Luc. un mantello o uomini Sappiate, ini ammazzate , ammazzate altro si merita di esser lodato da voi , un famie che pensa liare vostro, un vostro amorevole, come voi, non v' incresca d' udirlo, un difenditore delle discipline vostre, che per voi ha sofGuardatevi ferto travagli e faliche non piccole. adunque di non farla al modo dei presenti filosofi, e di non comparire iracondi e dimentichePlat. 0 che imvoli di un vostro benefattore. della tua noi abbiamo a rmgraziarti pudenza! maldicenza? veramente tu credi di parlare con di sassi, che se vpi dabbene, uno che pi di ogni co licenza

A P* 521 a benevolenza che pretendi ascrivere facchini, verso di noi le calunnie dei tuoi sfacciati discore quando vi ho io calunniati, si Luc. Dove , che nella vita mia ho sempre ammirato la Fie mi sono voi altri, losofia, ed ho stralodato su i libri che voi avete lasempre raggirato cose che ho dette, donse non da voi, da' quali, 1' ho moquasi come 1' ape traendone il fiore, alrato agli uomini? Essi gli lodano e di ciascuno conoscono il fiore ed il luogo donde 1' ho queste de le ho io mai tratte sciati ? E tutte tolto , ed in parole per la scelta dei fiori sieguono me, ma in fatto voi ed il vostro prato, che tali gli avete prodoui e si diversi di colori e di spezie , se capaci sono di ben legargli e raffazche non discordino gli uni dagli altri. zonargli, E chi vi e poi mai, che usato avendo di questi vostri beni ardisca dir male di persone che di han fatto bene, e per le quaii sembra egli essere qualche cosa, se per avventura non fosse jquesti della natura di Tamiri e di Eurito, "tbe canti contro le Muse, dalle quali ebbe il dono del canto, o che contenda con Apolline, e saetti contro di lui, che gli ha compartito 1' arte di saettare ? Plat. Queste cose, o prod' uomo tu , le dici al modo sono contrarii tua audacia 1' ingratitudine , Vol. I. degli. oratori, , e pi fastidiosa mentre all'ingiuria che ricevuto mentre i fatti la ci dimostrano

vi si aggiugne come avendo, 21

m 022 affermi, il saettare da noi, cfontro di noi Ic essendoti il solo ed unico sconoi. Questo abbiamo

rivolgi , proposto po di dir male di tutti con te guadagnato prato, ne vietatoti col seno colmo?

per averti aperto quel nostro di mietervi , e di andartene Laonde se' tu perci tanto pi

voi non ascoldegno di morire. Luc. Vedete ; tate che l'ira e non seguite il giusto per nulla, ed 10 non mi sarei mai immaginato , che potessono mai Plalone, o alcuri Aristotile, Crisippo, altro di voi essere capaci di collera, e soli voi mi sembravate esserne lontanissimi o uomini Ma comunque sia per certo, non mi ammazzerete voi ammirandi, cosi in su due piedi e sen-

mentre sono vostri principii che non za giudizio; si debba adoperare la violenza da chi e piu forte, ma debbansi giudicar Ie quistioni alle civili; udendo senza parzialit le ragioni dei litiganti un giudice, accusatemi tutti inovvero eleggete uno tra tutti voi, ch sieme, E se apio mi difendero sulle vostre accuse. parir che io vi abbia offesi, io sosterr meritamente la pena, e voi non avrete commesso vioPertanto, scelto Se di poi, rendendovi di tutto ragione, Sai giur da voi ritrovato puro ed irreprensibile, il voe voi rivolgerete dici mi assalveranno, stro sdegno contro coIoro che vi hanno inganlenza nato ed incitato contro a quello di me. Plat. Questo sar un simile del cavallo nel campo,

* m J '3J cosi tu, frodati i giudici, ti partirai. Dicesi che nei tu sei oratore ed avvocato, ed aggiratore discorsi. Vorresti percio che si facesse urt giudice per corromperlo co' doni, come voi iniquamente accostumati siete di fare, persuadendolo a dare in tuo favor la sentenza. Luc. Quanto a questo siate certi: 10 non vo' niuno per giuo che mi vendice che sia dubbio o sospetto, da il suo voto. Vedete io fo tra noi giudice la Chi dunque sar 1' accusatore , Filosofia Plat. Luc. se dobbiamo noi pure essere giudicati ? siate giudici e accusatori, io non tetno di nulla, tanto si e superiore la giustizia della mia causa, che io credo che mi sopravanzi la Voistessi Cosa facciamo, o Pittagora, o Socrate? sembra che questo uomo non parli senza ragione, domandando di essere giudicato Socr. Non altro che andarcene prendendo la Filosofia II condannare senza giudizio non da noi, ma da persone prepotenti, e che pongoiraconde, no il dritto nella forza. Presteremo materia a chi vuol calunniarci se lapideremo questo uomo senza udire le sue discolpe , tanto pi che diciamo di farlo in grazia della giustizia. E cosa diremmo di Acrito e Melito miei accusatori, e di se morr costui quei che allora eran giudici, senza che gli sia concessa pur 1' acqua? Plat. Ottimamente, o Socrate, ci avverti; per andiamone al Tribunale, e ascoltare le sue discolpe difesa. Plat.

524 essa giudichi, e noi ci rassegnealia Filosofia, remo a cio che da essa verra stabilito. Luc. Vi lodo, o uomini sapienti, questo si e operare con probita e con giustizia. Come vi dissi, ritenetevi i sassi, perocch tra poco ne avrete bisogno al Tribunale Ma chi ritrova la Filosofa ? io non so dove alloggi, comech molto tempo ahbia viaggiato per cercar la sua casa, onde conversare con essa: talcbe incontrandomi in alcuni ricoperti con certi mantellacci, cbe pri quali affermavatavano barbe lunghissime, il sapessero, ,no di venirne da lei, credendo Ed essi sapen.'one assai megl' interrogava o non mi rispondevano affatto per no di me, non mi essere convinti una mostravano o di non averla veduta, talche porta per 1' altra,

fino ad oggi non ho potuto ritrovar la sua cao conMolte volte per mia conghiettura sa ducendomi altri ne venni a certe porte, fermad' ivi trovarla, rnente sperando sospeitandolo dalla folia delle persone che uscivano ed entravano , le quali all' aspetto ed al portamento sembravano severi ed immersi in gravi pensieri ; tra questi entrai dentro Cacciandomi adunque ancor io, e vidi una donnetta affatto non semsenza orplice, quantunque fosse accommodata namento e ricercatezza , perocche m.' accorsi immantinente che la chioma, ch' ella fingeva di por" e tare molto negletta, non era senza ornamento,

h * 02> ebe non ni della nata senza affettazione veste. acconciata si era i seador-

Manifestamente

era essa

di queste cose e per mostrare decoro usava essa tal negligenza pero non so Traspariva che di lisciato e di abbellito, ed era il suo parlare interamente

e godeva di esda cortigiana, ser lodata dagli amanti per la bellezza, ed avidamente pigliava da chi le dava > e sedendosi presso i pi ricchi amanti , non guardava nemmeno in faccia li poveri. E molte volte non vole vidi de' cerchi di oro denudandosi , tai cose me pil grossi. cbe anguille. Vedendo ne tornai tosto indietro, compiangendo quei sventui*ati che lasciavansi trascinare da lei non solo pel naso ma per la barba, e come Issione lendo, in luogo di Giunone Plat. Ragioni saviamente , perocche la porta non visibile, ne cognita a tutti, nulladimeno non e necessario di andarne alla sua casa, mentre la nel Ceramico, ove ster omai per giugnere uscendone dall' Accademia per passeggiare nel Pecile, lo che e solita di fare ogni di Che anzi ella di gi si appressa; vedila con ritroveremo abbracciavano un' ombra

e con aspetto giocondo decevole, portamento che camrnina assorta in tranquilli pensieri Luc. Io ne veggo molte simili nel portamento , nella veste e nel costume, quando una sola tra tutte si dee essere parlando la Filosofa. Plat. Dici bene Fil. Ma Veh si dimostrer quale ella sia

3a6 Platone e Crisippo nel mondo con Aristotile e tutti gli altri, che sono i sostegni delle mie discipline! E perche siete voi tornati a rivivere ? vi avvenuto in inferno alcun dispiacere, mentre voi sembrate ducete adirati? e chi e costui che con-

si egli alcun taglia borse, o preso? o sacrilego ? Plat, omicidiario, Egli, o Filosofa, si di tutt' i sacrileghi il pi scellerato che ha osato, o santissima, dir male di te, e di tutti noi, che quanto da te avevamo appreso 1q abbiam adirate cosa tramandato perche ho io ascoltato ai posteri. Fil. alcuno ci maledice ? dalla Commedia E tanto voi vi sapete nelle feste

di Baceo, e pure io la tengo per buona arnica, in giudizio , n fattomi ne mai 1' ho chiamata innanzi mi son doluta di lei. La lascio sober-* e come si costume zare secondo si conviene, so bene che le befdi quelle feste , imperocche fe ed i motti non fanno nulla peggiore; ma al contrario cio che veramente si bello, come l'oro battuto rende sotto i conii, pili visibile. voi divenuti si iracondi pi chiaro e si risplende Io non capisco come siete

e perch e sdegnati, costui tirate pel collo, Plat. Ci siamo presi licenza per questo solo giorno , per venirne contro di esso , e fargli pagare il fio della sua audacia, perocchg la fama ci annunzio cio che costui avea spacciato stro, Fil. Adunque in pubblico lo ammazzerete sul conto nosenaa giudiziu

527 prima di avere inteso la sua Plat. gli desideri di parlare tutto riposto in te , e la tua Fil. Cosa ne ogni quistione difesa? Pare chJ eNo , anzi abbiamo sentenza tronchera dici tu? LllC. II

o signora Filosofia, che tu sola puoi medesimo, E con istento dopo molle ritrovare la verit. bo ottenuto che a te fosse rimesso ii pregbiere chiami essa Ora, o scellerato , essere la Filosofia signora; poco fa dimostravi a bando con si granspregevolissima , ponendola e vendendo partitamente de apparato, per due oboli ciascuna delle spezie delle sue dottrine che costui non abbia detto male Fil, Guardate giudizio. Plat. ma di alcuni impostori, della Filosofia, che sotun mondo di scelto il mio nome comrnettono Luc. II conoscerai tosto, se vuoj ascolleraggini. tare la mia difesa, andiamone solo nell' Areoo piuttosto nella stessa Rocca, accio posle come da una specola, tutte vedere, cose della citt. o amiche , Fil. Intanto voi, passeggiate nel Pecile , cbe io, giudicato questo pago , siamo piato, ne verr a voi Luc. Chi sono, sofia ? elleno molto sembrano ornate, p FiloFil. La

piii robusta si e la Virt, l' altra si e la Teme quella ch' appresso a lei si e la peranza, Giustizia, l' altra, che va innanzi, si la Dote di colore offuscato si trina, quella negletta e la Verit. Luc. Non iscorgo quale vuoi dire. Fil. Non vedi quella senza ornamenti, nuda;

M che sempre se la coglie, e sparisce ? Luc. -Ora appena la veggo. Ma perch non conduci anoor queste, accio il sinedrio sia pieno e compiuto ? ed io vo' eondurre a questo giudizio per avvoOr via seguiteci ancor voi 5 non vi sar noia di giudicare un sol piato, tanto pi che trattasi in esso di cose ohe ci riguar* dano Ver. Andatene voi, io non ho bisogno di udirvi , mentre e da antico tempo che io co* Fil. nosco o Fil. Non pertanto, questa faccenda e necessario che tu sii presente per irt", Verit, dicarci ogni cosa Ver. ondurr adunque pur meco queste due fanciulle, che mi sono familiarissime Fil. Conducine pure quante ne vuoi. o Libert e Fermezza di parSeguitemi, lare , accio possiamo salvare questo formidabile uomicciatolo aniatore di noi, che ritrovasi in Tu di poi, 0 Cortpericolo senza giusta cagione o rimanti qua. Luc. Anzi tu venga, vinzione, ed anche pur altri , perocch non ho Signora, con bestie comuni, ma con gi io a combattere e che sanno sempre uomini risoluti e capaibii, trovare rifugii, talche necessaria la Convinzioe sara ne. Fil. Si si e dessa necessarissima , anche bene che prendessi pur teco la Dimotutte , poich semSeguitemi Arist. Vedi, brate essere necessarie al Giudizio o Filosoffa , ch' egli si trae la Verit dalla sua strazione Ver. per valersene contro di noi Fil. E comeii Yo, Ver. cata Ia Verit.

529 temete che la e Aristotile Platone, Crisippo ma Verita mentisca per lui ? Plat. No questo, e potra persuacolui e scaltro ed adulatore , derla. Ver. State pur di buon animo che non nulla d' ingiusto, essendo presente queMa mi di: sta Giustizia ; percio andiamone. quale e il tuo nome? Luc. Mi appello Parla-LiFil. La patria ? Luc. bero verace e convincente. accader Siro, o Filosoffa , di quei che abitano vicino alIo conosco Ma perch tal domanda? 1' Eufrate. che non sono anche alcuini de' miei avversarii di razza meno barbara della mia. I costumi di poi e la dottrina non sono come quelli dei Solesi, Cipriotti, Babilonesi e Stagiriti: quantunsia minore, que ihnanzi di te niuno apparisca pur anche barbaro nella favella, purche sia retto e giusto ne' sentmenti. Fil. Dici bene Questa domanda non occorreva. tua professione ? Sono odia superbi, Quale pero si e la cio bene che si sappia hue.

odia impostori, odia bugiared odia ogni sorta di uodi, odia vanagloriosi, mini fecciosi e mal vagi , i quali, come sai, sono in gran numero. FLL Corpo di Ercole! tu L hai professi dunque 1' arte di odiare ? Luc. indovinata , pero vedi da quanti io sia odiato , e quanto io sia in periglio per questa. Di poi so anche appuntino l'altra a questa contraria, intendo di quella che ha per principio 1' amore, perocche sono io amante della verit, amante

330 del bello, amante del semplice, e di tutto c che per natura si amabile. Nulladimeno sono pochi i degni di quest' arte, quando quei soge pi di odio capaci sono getti alla contraria , talch corro rischio di cinquantine di migliaia, disimparare 1' una per 1' ozio , e di divenire ecFil. Non si conper r esercizio vengonQ tai distinzioni, perocch6 non sono amen. due che una istessa cosa, onde non divider queste arti, mentre sembrando essere due non sono che una sola cosa Luc. Tu, o Filosofa, la intendi del rimanente la mia perfttamente, professione si tale, cioe di odiare i malvagi, e dr lodare i buoni ed amargli. Fil. Ors siamo noi arrivati , ove ci bisognava, sicch giudicbiamo cellentissimo

qui nel Tempio di Minerva cittadina, ed intanto che noi adoriamo la Iddia, andr la 0 Pal. Sacerdotessa disponendo le sedie. Luc. mi sii propizia contro F insolenlade cittadina, za degli uomini, ricordandoti quante volte ascolli E da questa alnel giorno i di loro spergiuri, tezza sola vedi chiaro cio ch' essi fanno; ora si Se di poi t' accorgi che e il tempo di vendicarti, e che prevalgano a mio jo sia per soccombere, danno i voti neri, salvami tuo , FIL Or via, sediamci, udire i vostri discorsi E tutti, che vi sembri valente dete l'accusa e convincetelo, coll' aggiungefvi il ad e prepariamoci voi, scelto uno pa ad accusare, distenperocch non ist

551 bene, che parliate di esso difenderaiti e dopo tempo, tu, o Parla-Libero. Filosofo di noi pi acconcio a piatire? tutti ad un

Chi sar adunque Cris. Tu, o PIatone, che bai una meravi-gliosa sublimit ed una soave pronunzia puramente atee e che sei tutto grazia e persuasione , niese, che di pi possiedi la prudenza, 1' artifizio , ed hai in punlo le dimostrazioni ove abbisognano ; di oratore, e di il bisognetu accetta l'incarico vole per tutti. Ora ti rammenta di tutto cro , e fa uso di quello bai detto nel Gorgia, nel ProCostui e formidadico, nel Polo e nell' Ippia - bile ; e quelle continue pero adopera 1' irona, e piacevoli interrogazioni ; e se si ti sembra, fa acciocche il gran Giove superarJo, conducendo il coccbio pennato non prenda a sdeSulla gno , che non J'imanga esso punito. Plat. dobbiamo servirci persona mia siete in errore, dei pi ardenti, come di Piogene, Antistene , Cratete, e di te , o Aristippo. Non questo i1 tempo di rictrcare bellezza e grandezza di scrivere, ma vi vuol e uno stile da foro e convincente , oratore perocch Parla-Libero Diog. lo lo accusero e credo non vi abbisogni un assai lunsono io stato piu vigo discorso, e d'altronde lipeso di ogni altro, bandito avendomi poco fa per due oboli. Plat. Diogene, o Filosofia , parlera per noi tutti o buon uomo, di Ricordati, non fare nell' accusa il tuo solo interesse, ma ancora di

532 abbi riguardo al comune, E se non conveniamo tra noi nei discorsi, non istare ora a cercarlo, ne a dire cpsa ne sia la ragione pi vera, e solo dimostrati sdegnato fatto uni. per l'insulto versalmente scorsi alla Filosofa malissimo E non intesa ne' dialle riguardare e combatti discipline, per le quali disputiamo, solo per c che ci a tutli comune Guarda, che te solo abbiamo preposto, e che in te solo ora riposto, se ogni nostra cosa sembrar debba onesta, ovvero credersi tale quale costui la definisce. Diog. Rassicuratevi, che io non mane parlero per tutti E se la Filosofa piegandosi a' discorsi di costui, siccome d'indole mansueta e benigna, pensera di lachero e sciarlo, per conto mio Non ne andr libero, gli mostrer che non portiamo in vano il bastone Fil. Questo non ist afFatto bene, e deesi piuttosto il ragionamento che vale assal Teio non indugiare; 1' acqua meglio del bastone omai gi e versata , ed il tribunale ha gli occhi si seggano. su te. Luc. Gli altri , o Filosofia, con voi, e diano il lor voto; Diogene accusi sousare Fif. E non temi che votino contro di te ? Luc. Fil. Per nulla, mentre amo di vincerne molti. Questa si veramente generosit; adunque in nulla, di Parla-Libero

lo

e tu, Diogene, sedetevi, parla Diog. Quali o Filosouomini siamo noi stati nel mondo, e non abbisogna di fia, tu il sai molto bene,

333 E per tacere di spiegartelo con lunghi discorsi la chi ignora di quanti beni adornarono me , vita questo Pittagora , Platone, Aristotile , Crisippo e questi altri ? e cotali noi essendo , non diro come ci ha calunniati questo piu. che sceiessendo Imperocch abbandonato il fuoratore, egli , come dicono, ro e la fama gliene veniva da quella professione , con quanta potenza e vigore acquistato avea dill' eloquenza, apparecchiandolo tutto contro di leratissimo Parla-Libero noi , non ha cessato di maledirci ; appellandoci e persuadendo alla molimpostori e ciarlatani, titudine di ridersi di noi, ed a dispregiarci come gente da nulla Che anzi non pochi ne ba indotto ad odiare te e noi, dando il nome alle tue cose di bagalielle e d' inezie, e cio che di pi serio hai tu insegnato e da esso voltato in riso ed in ischerzo, di modo che ne riporter egli lode ed applauso dagli spettatori , e ne sarem noi vilipesi, Perocch tale si la natura del volgo, che godono delle bene e degli scherni e spezialmente quando si scherniscono le cose che sembrano piu venerevoli. Siccome gi un tempo prendevan piacere di Aristofane e di Eupolide quando esponevano in sulla scena questo nostro Socrale ad esser deriso, e facevano di lui assurde commedie e stranissime Nulladimeno 1' osavan coloro un sol uomo e cio nelle feste di Bacco, , Dfllo (lU:l!i di fai-lo - era pcrrr.et;g'o, seinbrapdo contro

m* 334 e che essere lo scherzo "una parte delta festa , come amante del riso ne godesse pure i1 Dio istesso Ma costui chiamando gli uomini phi - spettabili, pensate da lungo tempo ed apparecchiate e scritte alcune bestemmie in un libro assai grande , a piene canne ha sparlato di Pladi questo Aristotile , di quel tone, di IJiuagora, di tutti. E , ed universalmente Crisippo , di me potria se cio fatto avesse pur perdonarsegli, per sua difesa, e non incominciando egli ad inE cio che si e veramente poi insopgiuriare. che operando in tal modo si fa scu, portabile , do , o Filosofia, del tuo nome e guadagnatoci , il Dialogo, che e nostro per attore ed ausiliario familiare

, servesi di lui ed ha contro di noi, persuaso ancora Menippo nostro compagno a far con lui, il quale ora sovente da commediante e traditore della causa cosolo non comparisce, mune non accusa con noi Per certo si e costuf degno che giustamente paghi il fio di tante talpe E non avr sicuramente egli che ripetere , le pi venerevoli cose alla avendo malmenato a' quali sar giovepresenza di tanti testimonii, mentre non si trovera vole di vederlo punito, Che dispregi la Filosofia se al contrario noi ci stamo in silenzio e sopnon Sembrera portiamo le ingiurie, giustamente cosi chi in avvenire Imcio moderazione, ma vilt ed ignoranza perocche e come potr sopportarsi quello che

555 conducendoci ci ha fatto, quando come altrettafiti schiavi nella piazza, stabilito il alcuni ha venduto banditore , come raccontano, a gtan prezzo , ed altri per una mina attica, e vendette me lo scellerato per due oboli con ultimamente cosa noi Per la dei circostanti. riso qual gran sdegnati siamo tornati a rivivere, e calunniati esdi venditi preghiamo sendo si disonestamente Bravo, Filosofo, hai toccato ogni punto, si cortvettia. FiL Cessa carci benissimo o Diogene, ed hai ragionato come

e versa 1' acdi lodare, o qua per la difesa. Prendi tu ora a ragionare, V acqua ora corre per te , laonde Parla-Libero , o Filosofia, non Luc. Diogene, non indugiare mi ha accusato So qual ragione giori e diffjcili. di averle dette, su d' ogni punto, ha egli tralasciate Io tanto per non le cose magma

sono lungi dal negare o di essere qui venuto con qual-

che se ha egli alcuna che apologia gi studiata, cosa taciuta, ovvero io non l'ho in anticipaziomentre cosi cone detta, ora vo' aggiungerla , e di quali noscerai quali uomini ho io bandito , ho sparlato appellandoli impostori ed orgogliosi se diro io Ed a questo solo potrete rassicurarvi il vero su tutto Se di poi sembrasse il mio discorso alquanto aspro e maledico, io non credo che ne dobbiate accusar me che riprendo, ma con pi giustizia coloro che cosi si comportano tantosto che io compresi le durezze Impeiocche

556 son congiunte all' oratore, come lo inganno, la menzogna, 1' audacia, gli schiamazzj , le mosse , e mille altre cose, fugmi riparai, o gendole come sembravami onesto, Filosofa; rimanesse cinio tra le tue bellezze, e desiderai se mi alquanto di vita di vivere sotto il patrotuo come trasportato dalla procella e dai che di necessita

venti in porto quieto e sicuro Quindi l isguardate appena le vostre cose e te come convenivasi , tutti questi conre ottimi datori di legammirava gi , e che porgevan mano a coloro che s'incamminavario a te, esotando con belli ed ulilissimi di i quali se. trasgredisconsi , ammaestramenti, Per la qual, ccsa debbe ognuleggeri s' inciampa. no aver l'occhio a quelle regole da voi proposte , e secondo quelle comporre ed accomodare la vita Lo che per Dio! pur tra voi fanno bea pochi , vedendo molti non presi dall' amore ddLla Filosofa, ma dalla gloria sola della cosa, ed operando questi mezzi comuni e popolari e facilissimi ad essere imitati , intendo della barba , del portamento facilita prendono cendo abito, con grandissima le forme di uomini dabbene. Fae dell'

di poi contrasto all'abito la vita e le azioni di loro, e seguendo cose a voi tutte contrala dignila della professione, rie , e corrompendo e sembravami esser cio, come quanisdegnavami, do un attore di tragedie molle ed effeininato rappresenta il personaggio di Achille, d'i Teseo o

007 ne parlando da di Ercole, non passeggiando facendo lezii si eroe, e sotto si gran maschera fatli, che ne Elena n6 Polissena soffrirebbero essere da lui con tal caricatura imitate, per non dire quell' Ercole famoso per le vittorie, il quale sembrami, che schiacceria colla clava ben to$to la persona e la maschera che lo fece comparir femmina medesimamente con ancor tanta vergogna, Vedendo voi soffrire lo stesso da

eoloro , non sopportai la indegnita di quei comi quali non essendo che scimmie hanmedianti, DO osato adornarsi di eroe, del personaggio iinitando quell' asino di Cuma che, cintosi una intorno ai Cupelle di leone, andava ragghiando mani che nol conoscevano, finche un forestiere, che molte volte veduto aveva 1' asino ed il leoE ne, il riprese e il caccio a colpi di bastone. tra le altre cose cio, o FlIosoa, sembravami che vedendo gli uomini fare ad indegnissimo, alcuno qualche azione sconcia e malla Filosofa, vagia, ne accusavano di presente e Crisippo, Platone o PitLagora, o altri sotto il di costoro di cui rassegnavasi il malfatlore seguenE da quel malvivente condone le dottrine male di voi da tanto tempo gia ghietturavan nome morti ( mentre non facevasi tal ricerca essendo voi in. vita, ma quando piu non eravate ), e tutti vedevano che comquel solo cbiaramente portavasi da uomo disonesto Vol. I. e scellerato, 22 lalche

oo8 senza simile ascoltarvi colpa eravate condannati e ttatti in

Io non sopportai di vedere tali coe da voi separaigli , e voi che se, e gli ripresi, per cio dovevate onorarmi trascinato m* avete in giudizio Adunque se io scorgendo alcuno degli che va spargendo i secreti delle Idiniziatori, e saltando ove non permesso, mi sdedie, dovrete voi per cio tegnero ed il riprendero, nermi per empio? Dunque sar pur ingiusto il dei presidenti ai giuochi sacri, quando frustano alcuno che avendo preso a attore , Giove o Nettuno, non Minerva, rappresentare ben se ne sbriga, ne secondo la dignit dello Non pertanto non si sdegnano punto contro di essi gl' Iddii , perche dato ahbiano in mano dei frustatori eoloro che rivestivano il lor te lor persone; che anabito e rappresentavano zi io avviso, che si compiacciano di vederli frustati Imperocch rappresentare sgraziatamente un servo la, o un trombetta si e errore da nulod Ercole ma mostrare Giove indegnamente si e cosa sconvenevole Iddio costume

e vitupeagli spettatori, assurdisE quello ch' e di poi soprattutto rosa ansiosasimo si e, che i pi di loro studiando mente i libri vostri, di modo poi vivono che che letti gli abbiano e meditati per opeE tutte te cose che dirare tutto il contrario. Ie ricchezze e la glocono, come di dispregiar ria , e creder solo buono F onesto , non esser sembra

r* r 559 ca-paci di sdegno, e non curare i ^)iu ricchi e o Idseco loro da eguali, tutte, comportarsi e veramente dii! sono cose belle e sapienti , mirabili Non ostante pero tutto cio essi insegnano a prezto e corteggiano i ricchi , e scmo pi rabbiosi dei yanno aliando il denaro, cagnuoli, pi timidi dei lepri , pi pinguenti delappieno le scimmie, piu libidinosi degli asini, pit rapaci dei gatti e pi litigiosi dei galli. E fanno rider di Ioro allorch combattono per queste cose, e si scacciano gli un gli. dei ricehi, e quando mangiano sinari, non cessando neppure in datarnente lodare, riempiendosi di cibi, zione, non sembrando e filosofando altri dalle porte a magnifici dequesti di smodisonestamente loro pormattamente a -

contend della

tra i bicchieri

ne sapendo comportare il vino. Gl'isproposito, dioti di poj, quanti havvene tra i convitati, ridonsi -e sputano in faccia alla Filosofa, che alleva tali vigliacchi. N meno vergognoso ssi pur 1' altro, che dicendo abbisognare di nulla, sapiente esser ricoo, poco appresso si fanno innanzi a domandare, e non riscuotendo, si sdegnano , simili ad uno che con abito reale, portando regno, feriori. diritta la tiara e le rimanenti andasse Pertanto mendicando bisognando di loro di non e schiamazzando il solo ciascun

insegne del e chiedendo agl' in-

bisogna pure disputar

ad essi ricevere, gli largamente sulla comunione

540 e sulla indifferenza delle ricchezze, imperocch cosa si mai, a parere di essi, r oro e 1' argento, o in che altro differisce dalle pietruzze che sono in sul lido? Se di poi alcunvecchio compagno bisognoso di amto si faccia avanti e di picciola cosa gli preghi, ne si egue il silenzio, la impossibilit, la ignoranza, ed it ritorcimento delle parole in contraria. E molti di quei discorsi sull' amicizia, sulla virtu e l' onest non so dove ne andarono e tutti se ne vo- Parole veramente vol anti , colle quali - larono. ombre vane, tra loro ogni giorno', seguendo combattono nelle scuole; mentre ciascuno diessi tanto or professa amicizia, quanto non vi "sia di Che se mostrera alcuno mezzo oro od argento e non vi saun solo obolo , romperassi la pace, i libri saranno r pi lito go a patti e trattati, e fuggira via la Virt; e ne avabbandonati , viene di loro come dei cani., quando tra loro gitche irri tandosi si mordono insietasi un osso, ed abbaiano contro quegli che ha loro getme, - tato F osso Dicesi che un re di Egitto. impae quelle bela Pirrica a certe scimmie rogia stie, le quali sono assai facili ad imitare te azioe ballavano tostamente ni umane, impararono , ricoperte di vesti di porpora e con maschere adatPer lungo tempo questo spettaeolo piacin finche -uno spettatore festevole postesi que, grernbo delle noci giltolle nel mezzo. Le scimmifctate dei beni,

541 allora veggendole, dimenucatesi erano scimmie mostra-ronsi quali 'e, rottesi le maschjere e stracciatisi i vestimehti, insieme per quei frutti: in tal mocombatterono di danzatori do si disciolse questa compagma con riso di chiunque trovavasi nel teatro Egualtnente pur fanno costoros e questi sono coloro ne mi quieter giammai di de' quali io sparlava, Di voi poi e di porgli in canzone smascberarli e dei vostri vi sono pur troppo ed osservanti alcuni veri seguaci della Filosofa, delle vostre leggi, guardimi Dio di esser si pazzo che io dica di loro parola alcuna o sinistra G maledica - E come di poi potrei dirla ? e che simili., mentre avete voi di comune me insolenti e nimici essere degnissimi o Pittagora, Platone, ferinare strino miliari mate Perch nella Lor vita con cotestoro , degF Iddii: ? Per qual modo i quali, cocredo di odio della danza, die non ballerini,

potrete voi , Grisippo ed Aristotile, afche vi appartengan e che mocostoro, segno alcuno di esservi fa-

e parenti, se per Dio! pure non afferche siano le scimmie parenti di Ercole ?

e van decantanpoi portano le barbe, do di filosofare e son burberi in volto, ci converr forse per questo a voi assomigliarli ? E la darei loro pur vinta se in questo comico istesso fossero almen ragionevoli: ma io credo che pill facilmente l'avvoltoio che imiter l'usignuolo, costoro i Filosofi. Ho detto quanto avea in mia

342 difesa. testimonia appo di questi Tu, o Verita, s' vero. Fil. T' allontana alquanto di qui, o Parla-Libero , che abbia Filosofia, trovarmi lato Che farem noi? Come sembravi esso parlato? a me, o Virt. Quanto mentre egli parlava , mi augurava di sotterra: con tanta verit ha esso par-

su d' ogni cosa io conosceva Imperocche ciascun di coloro che cosi si comportano, e nel del suo discorso proseguire alle cose , e tra me diceva adattava questo questo indegnamente quell' altro. E si chiaramente dimostr ciascuno di quegli uomini, che sembrava il tutto esser composto come in una ove non solo i corpi , ma pure imidipintura, tato aveavi con finissimo ingegno le anime istesse. Fil. Ed io , o Virt, ne ho provato rossore E voi, che ne dite? Rinati. Nulgrandissimo. la altro , se non che conviene assolverlo dall' acE cusa ed iscriverlo nostro amico e benefattore. n' e a noi avvenuto biamo sommosso come contro ai Troiani , di noi questo che able parole fa quello, e

che canti le disavventure que egli pure e ponga

questi nimici solenneDiog. Ed io, o Filosofa, degl'Iddii. e come mente lodo costui , e ritratto l'accusa, Fil. Buone uomo generoso vo' farmelo ami co nuove , o Parla-Lihero, F accusa e 1' hai vinta sappi, ti abbiam disciolto dale di pi a pieni voti, che tu sei dei nostri. Luc. Da principio

dei Frigii in tragedia

tragico , Canti adun-

343 ora penso cbe mi conio mi ti sono prostrato, venga adoperare modi pi tragici , perocch sar pi maestoso, che tu, o grande e rispettabil vittoria, mi accompagni nella mia vita, non privandomi ciamo della corona. Virtu. Perche non cominadunque dalla seconda tazza, e non chiamiamo anche costoro , accio paghino il 60 delle accuser ciaingiurie ci han fatte ? Parla-Lihero scuno sicch di loro. Luc. Tu parli tu, o fanciullo annunzia loro di venire. i filosofi per la citt , Sill. Ascolta, taci : vengono i filosofi nella Rocdelal tribunale della Virt, ca a discolparsi la Filosofifa e della Giustizia. Luc. Osserva , pochi ne vengono, sentito 1' annunzio , perocch I pi di loro non hanno temono la Giustizia intorno ai ricchi. Se agio, occupati essendo vuoi che ne vengan tutti, bandisci, o Sillogismo, cosi Fil. No anzi come meglio ti sembra gli ; chiama tu, o Parla-Libero. Lltc. Non cio difficile. Ascolta, taci: Quanti professano essere filosofi , e quanti credono che appartenga loro tal nome ne vengano nella Rocca ad una spar, tizione : si daranno a ciascuno due mine ed una pizza di sesamo. la barba pi lundi pi una serta di fichi Non ga guadagner ne venga niuno accompagnato dalla Temperanza, dalla Giustizia e dalla Modestia, perocche, non essendovi , non sono queste cercate. Non porti Chi mostrera giusto, o Virt , adocchiando Sillogismo,

3/4 non dandosi di pero meno di cinque Sillogismi, essere sapiente senza di quelli : Qui stansi in mezzo due talenti d' auro Per darsi a quelto, che fra tutti sembri Nel contender pi bravo come ripiena la via di genre, che sospingonsi per avere solo inteso due mine? Al* cuni nel Pelasgico , altri nell' Eseulapio, molti nell' Areopago, e certuni anche al sepolcro di Talo Altri, appoggiate le scale al tempiodi Caslore e Polluce, saliscono rombando, e per air. la all' Omerica sembrano uno sciame di api inMa per Dio! torno all" uva sono essi bene in numero , e tante migliaia, Quante ha la pritnavera e frondi e siori * In poco si gia ripiena la Rocca, e per ogni dove vi sono sacche } barbe, adulazioni , impudenza, bastoni, gola, sillogismi e avariaia. E quei pochi che saliti erano al primo annunzio ne si distinguono confusi compariscono appena, Al corpo!

tra la folla degli altri, e rimangono offuscati dat.J E questo , o Filosola somiglianza degli abiti e per cui ne sarai molto fa, si e durissimo, rimproverata , che non imponi loro alcun segno talch assai volte questi impoper riconoscerli ; Fil. stori sono pi creduti dei veri filosofanti. ma ormai riceviaTra poco farassi pur questo, moli Plat. Tocca a noi Platonici ad essere ricevuti i primi, Pittag. Oibo ! cio conviensi -a

545 noi Pittagorici , essendo stato il pritno Pittagonoi del Portico siara Stoici. Voi scherzate, mo i pi degni. Quanto ai Perip. Per nulla denari noi del Peripalo dobbiamo essere preferiti Epic. A noi Epicurei date le pizze e le serte; per le mine , aspetteremo , ancorch6 ci conAccad. Ove sono i venga riceverle in ultimo. due talenti ? mentre noi Accademici dimostrerealtro mo che siamo pill. litigiosi di chiunque Stoi-ci. No , per' Dio , presenti noi Stoici. Fil. non urtate Cessate di rissare Voi, o Cinici, perocche chiagli altri, ne menate coi bastoni, mati siete ad altre cose, ed ora io Filosofia e quali di questa Virt e la Verit giudicheremo voi giustamente sono filosofi , e coloro che si riche vivono secondo i nostri precetti, trovera, beati ed ottimi a nostro giudizio, gl'impostori di poi, e quelli che non ci appartengono , essendo malvagi, gli multeremo j malvagiamente saranno perche essendo superbi non facciano ancor pi di quello che vagliono. Che cosa e ques~o ! Fuggite ! Per Dio! molti si calano pe' precipizii , di ~i hanno sgombrato la Rocca, salvo quei pochi rimasi, che non temono il giudizio. Servi togliete su la sacca che cadde a quel Cinico nel Vediamo cosa v' e mai Forse lupini fuggire e pani di pretta farina ? Luc. No, vi oro 1 unguenti, un coltello da sacrifizio, uno specchio e dei dadi. Fil. A meraviglia, o prode uomo ,

346 dei tuoi esercizii? quest! erano gl' istromenti fornito di questi , dicevi male di ognuno, e facevi a mold il pedante ? Luc. Tali sono costoro. Conviene, che voi esaminiate in qual modo si possano finire d' ignorare queste cose, o far chiaro a chi imbattesi in loro quali sieno di essi uomini dabbene , e quali di vita contraria Pero Verit, cio tu, gli ritrova ( essendo a te dovuta questa faccenda ) , non potendo contro menzogna; ne nascondersi sconosciu* ti i malvagi mischiati coi buoni. Ver. Se ti pare, diamo di cio l' incombenza allo stesso Par stato ritrovato sincero la-Libero , dappoiche di noi e gran de ammiratore di te, o Filosoffa. Potr egli farsi aecompagnare dalla amatore ed esaminare tutti quelli cbe si Convinzione, dicono filosof. E ritrovandone alcuno veramente lo incoroni con corone parente della Filosofa, Se poi s' imdi olivo y e lo chiami nel Pritaneo come bavvene molti, in alcuno scellerato battera, che fnga Filosofia, e malvagio commediante, serventoltogli il mantello , gli tagli la barba, e dosi di quei coltelli che si tosan le capre, lo marchi in sulla fronte, e gli brugi i sopraccigli, ed il segno del ferro sia la volpe e la La Cono Verit. Benissimo, vinzione sar tale, o Parla-Libero, quale si dice esser quella dell' aquila al sole, cioe in modo che non riguardino quelli verso il chiarore, e scimmia Fif. te valer la

541 da quello comvinti. Ma proposta l'oro , il piacere, chiunque ne Tecfcrai dispregiar queste cose , e MOHessere nulla commosso alia lor vista, questi si quello che dee essere rieoronato di olivo. Quegli poi che tisamente rimangan la gloria, guarda e distende all' oro prima la barba, conducilo come a voi paruto, farassi, o Filosoffa, in breve tempo ne vedrai molti col marchio scimmia e di volpe, di poi v' aggrada, cuni. Fil. Cosa dici ? ritrairai la mano, rasatagli Gosi al marchio. Luc. ed di

e pochissimi coranati. Se anche qui ve ne trarro su al-

qua su quei fugse vorra per poco gitivi? Luc. Senza dubbio, la Sacerdotessa di quella cordiaccommodarmi eella coll' amo , che si e un voto di un pescator del Piro. Sacerd. Prendila, ed eecoti pure- la canna, acciocch nulla vi manchi. Luc. Dammi o Sacerdotessa, per compir l'opra ancw qualche fico ed un poeo di oro. Sacerd. Prendilo FiL Cosa mai pensa di fare costui? Lue. Ponendo all' amo per esca 1*oro ed il fico, sepure, verso lancerollo punta del muro, la citt. Fil. E che farai, o Parla-Libero ? Ti pensi pescar le pietre del Pelasgico ? Luc. Taci , o Filosofia, ed attendi alla caccia. Voi, o Nettuno cacciatore , e voi, amica Anfitrite, maadateci molti pesci. Ma vegga un lupo ben gran* o piuttosto un' orata. de, Cn". No; una mortela Ne viene a bocea aperta. incontro dendo sulla

548 all' amo all' odorato dell' oro, omai e gia uicir no Ha imboccato, e preso, tiriauiol L'U. Luc. Tu, o Gonvinzione,, tira su colla mano la coidiceila. Eccolo Orsu vediamo chi sei , sopra. o otmo Gorpo di Erco1e ! CDS' questo, o prode? se' sta* to preso dentecchiando intomo alle pietre, QveL tenendoti sotto. Sarai pesperavi; nascouderti, ro ora noto ad ognuno sospeso per le branche. 1' esca e 1' amo. Ecco vuoto 1'. amo ; viamogli pesce Giie denti! Si un cane 1' oro ed iL ficQ gi lo Jia tt angugiato Diog. ^?er Dio! il vomiti, acci possiamo servirci dell'esca Luc. Va bene ci che dici, pure per gl' aitri o Diogene; ma tu non conosci costui, ne credi che ti appartenga in alcuna parte ? Diog. In niuna , Luc. Adunque cosa stimi tu che .possa egli due valere ? perocche io poco fa Is ho valutato oboli Diog. Lo hai apprezzato troppo, mentre e aspro, deforme, duro e di niun valore. Gittalo a capo in gi in sulle pietre., e buttato l' aGuardati pero, o Parmo , prendine un altro la-Libero , che piegandoti troppo non ti si romLuc. Di ci ne vivi sicuro, o Diopa la canna gene; sono leggieri e di minor peso di uno scalabrone Diog. Per Dio! Sono veri scalabroni ; Luc. Guarda, come ne viene un almagitta. tro pesce largo, che par dimezzato , si e un passero che- vi-ene all' amo a boeca aperta, ha imboccato, preso, tiriamol su Chi sar mai?'

549 Plat. Dunque Diog. Dice di essere Platonico ne vieni all9 oro? Luc. Cosa tu, o scellerato, Cosa faremo di lui ? Plat. ne di, o PlatQne? Vada alle pietre ancor questo Diog. AccopchiaLuc. Io ne veggo avvimola a qualcun altro cinarsi uno perfettamente bellp, e, secondo pud giudicarsi nel fondo, di diversi colori, e che ha Lo vedi , o questi colui che si fa Aristotelico. Ne viene, e. di poi rinuota .indietro di che rinuovo, osservalo attentamente; eecolo Arist. Non torna, ifnbocca, preso, tiriamolo. di lui, o Parla-Libero, che io mi dimandare sulla groppa Convinzione? certe macchie di.oro. ben lo o Aristotile , Adunque, ne andr ancor questo giu dalle pietre P Diog. Ecco che io veggo la molti pesci di colori sidi bruttissimo aspetto , milj a questi, spinosi, pi difficiU a pescarsi degli ecchini. Per prene qui non ne abdergli vi vorrebbe una rete, baster che almeno di tanta mandra biamo, possiamo prenderne un solo Quegli che sar Conv. pi ardito ne verra all' amo sicuramente e prima rinforaa bene la Gittalo , se ti pare, lensa, accio non. possa segar 1' oro co' denti. Luc. Lasciamolo ; tu compiaci, o Nettuno, la Al corpo pesca ! combattono inlorno all' esca; alcuni in frotta rodono il fico, ed altri banno aflferrato 1' pro A meraviglia ; ve n' rimaso conosco Luc.

55o uno de' pui sorti. Orsu vediamo; quale dici essere il tuo nome? Ma sono io ben ridicolo a pretendere Dillo voce suo Ora che parlino pero tu, maestro ? Conv. i pesci , che o Convinzione ; non ban chi e ii

intendo , perch r oro Di adunque tu, o Crisippo, per Minerva ! conosci costoro ? O gli bai tu ammaestrati a fare tai cose? Cris. Questa, o Parla-Libero , si una insolente come tu volessi domanda , che ne venga da noi che costoro sien trarre , tali Luc. Rasserenati , o Crisippo , che tu sei un prode uomo. Ne vada perci anche costui a capo in gi insieme cogli altri, essendo tutto e v' timore, che alcuno mangianspinoso, dolo vi si strozzi Fil. Ne avanza, o Parla-Lie essi sono in folla, caccia ; e dopotrebbono portarsi via 1' oro coll' amo, Vresti tu di poi ripagarlo alia Sacerdotessa bero, di questa Laonde omai andiamocene tempo non abusare Voi al passeggio, che voi ritorniate ove della licenza e pure ne veniste , che vi stata ed

Luc. Questo Crisippo. il suo nome portavalo al-

per conceduta la-Libero, e bollate

e Pardi poi, o Convinzione coronate girando intorno a coloro, come v' ho detto. Luc. Cosi faremo,

AndiaAddio , o uomini dabbene ed eseguiamo ci che mone , o Convinzione , Ma dove prima ne andremo? ci comandato o Filosofia

0m w 001 nell* Accademia o nel Portico ? Incominciamo dal Liceo; cio non far differenza, ed io mi so bene che ovunque ne andremo, avremo bisogno di poche corone e di molti marchi.

352 IL PASSAGGIO 0 IL TIRANNO

ARGOMENTO scrittore greco, dice il nome di Filocoro, Tiranno essere nato dai Tirreni, i quali ocla citt di Acupata avendo improvvisamente ne furono di poi caccJati rimanendone di essi uccisi dagli Ateniesi. Altri per salvati essendosi in Imbro ed in Lenno , di tempo furono per tal cagione in progresso in e corseggiando agli Ateniesi infestissimi, tene, molti volta neltAtalcuna mare, discendevano alcune deltica, e ne rapivano molte vergini, voa Diana. Laonde le quali sacrijicavano aI popolo lendo gli oratori di Atene inspirare sul pel nome regio solevano dalla i re dei Tirreni appellare e rapacit con tale nome Introducesi adunque zione in questo Dialogo un principe orrore citt violenza. con tal appelladi una

che condotto essendo all'inferno greca, in ritornare dopo morte , si fugge e desidera vita per godersi il suo regno ed i suoi beni, e da Cinisco filoda Mercurio ma raggiunto innanzi di Minos , sofo cinico, viene condotto a ricordarsi il quale condannalo sempre della felicita che goduto aveva nel mondo

row,., ODD

omai , o Cloto , la Larca si ed apparecchiata buona pezza che e all'ordine La sentina vuota, al passaggio ottimamente ed i la vela distesa , e drizzata, 1' antenna Car. Kasta al suo luogo, e quanto a me non Merriinane altro che levar 1' ancora e navigare curio pero ci ritarda che dovrebbe gi da un Temi son tutti Come vedi, la barca vuota tempo esser qui e gi potremmo in oggi aver tradi passeggieri, Oramai si fa sera e non abghettato tre volte un quattrino ; e di pur noi guadagnato pi io so bene che non lascer Plulone di tacciarmi di negligente , bench la colpa sia d' altri. Questo nostro valente e gentil condottiere biamo pare che abbia come gli e pra bevuto dell' acqua di Lete, di tornarsene a noi, e o fa alla Iotta vanetti, o suona la chitarra , o va dei morti altri di sosi dimentica con de' gioraccontando

di alcuqualche discorso per far dimostrazione na sua bagattella , o per avventura si posto il gagliardo a rubare , perocch si questa una delle sue arti E per tal modo la fa con noi in libert, quando per met si sta al nostro serche vizio Cloto. Che puoi sapere , o Caronte, non gli sia sopraggiunto un qualche impedimento, e che Giove non abbia avuto bisogno di lui per le faccende di sopra? anche egli e suo sjenore. Car. Non pero tanto, Vol, l. o Cloto, s5 che debba

354 occupare oltre il convenevole un famiglio comumentre pur noi non lo abbiamo mai tratne, tenuto quando dovea partire Ma rie so bene io la cagione; presso di noi non bavvi altro che torte ed esequie, tutto il reasfodelo, libazioni, sto si tenebre , nebbia ed oscurit. NeI cielo tutto si lieto, vi e molta in abbopdanza, talche colaggiu sia pi dolce; noi, sen vola come tempo di ritornare, lentissimo Cloto. ambrosia, che sembrami nettare Io starsi

e quando e' si parte da da un carcere , e quando e ne viene tardo ed a passo

Non inquietarti maggiormencome vedi, te, o Caronte: egli qui presso e ne mena una gran brigata , che pare un branco di pecore che sien cacciate alla stretta colla bacchetta. Ma cosa questo ? v' tra loro uno legato , ed un altro che ride, ed un altro che ha la sacca in sulle spalle, e gli veggo un bastone in mano e guarda austeramente e fa fretta a queNon vedi che Mercurio istesso e cogIi altri ed impolverato ne' piedi, ed e ne viesi affannato che non puo prender Lena, ne a bocca aperta ? Che mai awenuto * o che e qual negozio hai tu avuto, Mercurio., comparisci all' aspetto tanto turbato ? Merc. Non che seguitando altro , o Cloto, questo ribaldo mancato poco, che io queche si era fuggito, Cloto. st' oggi non mi sia ri trovato alIa barca. lante di sudore E chi si e egli mai, e per qual ragione si era

55 fuggito ? Merc. Ci che si e certo, avrebbe egli Dee essere alcun re o amato meglio di vivere tiranno, e, per quanto sentesi da' suoi pianti , dice di essergli mancata una gran felicit. Clodi poII pazzo adunque fuggiva, credendo ter prolungare la vita, quando gi era da me rotto il suo filo. Merc. Di che sara fuggito , che ha in senza 1' aiuto di questo valentuomo to. mano il baslone legato, accio lasse , mentre ; lo abbiamo insieme di nuovo fuggendo non gionto e ci uccel-

da Atroda che ci fu consegnato ed ha po, e stato resto per tutto il cammino, fatto forza di non venire, e poggiando pi che poteva i piedi in sul suolo, non potevamo condurlo , ed alcune volte promettendomi grandissimi doni e facendomi vezzi, mi supplicava che lo lasciassi Io non ostante , per un momento com' era ragionevole, vedendo che domandava cose impossibili , nol permisi ; ma tostoch fummo presso alla bocca, annumerando io i morti ad Eaco secondo il costume, e riscontrandogli esso con la polizza di tua sorella , questo maladettissimo , non so come s' era , ascondendosi , fuggito. Mancava pertanto un morto nel conto, talch Eaco inarcando le ciglia, non ist bene , che in ogni cosa sii ladro; disse, o Mercurio, scherza morti pure in cielo a tuo senno; deono trattarsi con seriet, le cose dei e nulla dee

556 Come tu vedi, nella polizza son segnati e tu ne conduci uno. di meno1; millene-quattro , se non che ne puoi dire altro in tua disolpa, occultarsi lo a tat Atropo t' abbia ingannato nel conto incontanente discorso arrossendo , mi ricordar di cio che avvenuto era per via, e guardandomi mtorrM) e pi non vedendo costui, m' accorsi dello seguii la sua fuga, e come piu tosto potei, Mi segui spontaneo della luce pel cammino come se corquesto buon uomo, ed afirettandoci ressimo al palio, lo sorprendemmo gionto gi in tanto poco rnanco Ghe non ci scappasTenaro, se Cloto. E noi, o Caronte, accusavamo Mercurio di negligehza ? Car. Ma perche ancora riabtardiamo, quasiche non avessimo indugiato bastanza? io tolta Cloto. in mano alia scala, Hai ragi-one, montino dentro , mi staro a sedere la polizza,

e secondo 1' uso riconoscer presso chi sieno, dove, e cotutti quelli che saliranno, me morti. Tu t - o Mercurio, ricevigh, gli stipa, Gitta prima dentro quei fane gli accommoda cosa saprebbono Eccoti, o barcaiuolo , questi risponderci. Merc. Car. sono trecento cogli altri che sono in terra Oh ! che bella pi esa, tu ne cohduci morti mal ciulli nati di fresco, che non o Cloto, che appresso a questi poniamo qnelli che non son pianti da niumo ? Cloto. Intendi dei vecchi; cosi fa, che maturi JVIerc. Vuo' tu,

557 IO nen vo' tormi il fastidio di djmandare cio Fatevi Merc. (i) Che rnalinnanzi voi che avete pi dei sessanta anch e non m' o d ono? gli e questa, avventura Converra ni hanno incallito loro le orecchie che fu innanzi ad Euclide che togliam di peso anche costoro ne dentro. Guarda pur questi, tutti fatti , maturi e quattrocento suo tempo Car. Per Dio! sono passa coloro dite: Cloto. Fa venire , e gli gittiam due a mancan vendemmiati come a un' uva

o Mercuri6 , innanzi, Primamente mi che sono morti di ferite perche morti

siete qui venuti; ma sar io guardi la polizza. Convenne che meglio che ieri morissero in Media pugnando ottantaquattro uomini, Eccoli. Merc. Merc. figliuolo di Ossiarto. ed Cloto. Sette si uccisero per amore, il filosofo Teagene per una cortigiaoa megarese. con Gotare Cloto Questi si stanno qui appresso Ove son quelli che per regnare si sono ammazzati t^a loro? Merc. Son qui presenti Cloto. E quegli ammazzato dall' adultero e dalla moCloto. Mena innanglie ? Merc. vicino a te zi quei condannati in giudizio, parlo di quel che han fatto di si campana, e sono stati crocifissi. (1) Vinti gli Ateniesi dai Lacedemoni posero questi al governo di Atene trenta cittadini che ne divennero tiranni. Cacciati questi di poi dal popolo, sotto l'Arconte Euclide si stabili che per quiete della citla pi non si rinfacciassero at citladini Ie eose (uvenvLe sotlo il loro govemo.

5j8 o Quei sedioi ammazzati dai corsari ove sono, Mercurio? Mere. Sono quivi feriti , come tu vedi. Vuo' tu ch' io conduca insieme le donne? Cloto e quei che sono morti nauSicuramenle , perche sono morti insieme e nel modo e conduci pure quei che sono morti di

fragati, istesso, febbre , e con essi il medico Agatocle E dove mai il filosofo Cinisco, che, divoratosi la cena e gli ovi benedetti , ed in ultimo di Proserpina crepato ? una seppia cruda, Cin. buona

pezza, o buona Cloto, che io mi ti son presentato, che dispiacere di poi t' ho mai fatto, che tanto m' hai lasciato vivere? tu hai per me gnonurato un intiero fuso, benche abbia io replicate volte tentato di romp ere il filo e venirmene ; ma non so come era infrangibile. Cloto. Io ti lasciava e medico dei peccati per soprastante Ma entra in buon' ora. Cin. Per degli uomini Dio! se non leghiamo prima costui e noi facio temo che non ti persuada colCloto. Ors vediamo chi le sue preghiere costui Meg. Megapente di Lacido tiranno. Clociamo entrare , , o mia signora CloMeg. No men vada; di to, anzi lascia che io alquanto volonpoi senza che niuno mi chiami ritornero Per che cosa hai tu desiderio di tario Cloto to andartene ? termini Cloto. che io innanzi, Meg. Permettimi la casa mia ch' rimasa mezza fatta. Tu scherzi; pero monta su. Meg. Non Monta su

359 o Parca, Iungo spazio di tempo , ti domando, solo che io mi rimanga contentati per un sol colla mia tantoch io possa disporre giorno, donna de' miei beni e di un Cloto. Meg. di oro? io tengo nascosto non puoi ottenerlo. dere tanta quantit fannare, gran tesoro che II decreto fatto, e Adunque si dee perCloto Non t' af-

e se ne perocche non ander a male, il tuo cugino Megacle .Meg. 0 impadronir che per neglitradimento ! quel mio nimico, Cloto. genza non ho fatto prima ammazzare ? a te altri quaranQuegli stesso, e soprawivera t' anni e poco pi, e si prender le tue concubine , le tue vesti, e tutto il tuo oro. Meg. Mi a distribuire fai torto, o Cloto, la mia roba ai E che ? non usurCloto miei pi crudi nimici. queste cose istespasti tu forse, o valentuomo, se ch' erano di Chidimaco, ammazzan dolo e i figliuoli, mentre ancor respirava ? scannandogli Cloto. Non ti baMeg. Ma ora si erano mie sta adunque il tempo che le hai possedute ? Meg. o Cloto , cio che ti vo' dire in secreAscolta, Voiritiratevi to, che niuno intenda. per un poco ti prometto darti fuggire, Cloto. oggi stesso mille talenti d' oro coniato Ed ancora, o scemo, ti ricordi dei talenti e dell' oro? di piii Meg. Se vuoi , v' aggiunger due tazze preziose che pesano insieme cento talenti d'oro purissimo, e le tolsi a Cocrito, Se tu mi lasci

56u quando .mentre il feci morire Cloto. Prendetelo su, cestui di sua volont non salira mai, Meg. Chiamo voi in testimonio f Ie mura e l'arsenate rimangono imperfette, io avrei compiulo tutto, se fossi solo vivuto altri cinque giorni. Cloto Non ten curare, le compir un altro per te Meg. Ti domando solo questo ch' giusto E che mai ? Meg. Cbe mi prolongbi tanto la vita- , che io possa soggiogare i Pisidii, ed imporre tributo ai Lidii, e che innalzata per me Cluto. una magnifica sepoltura , - imprese guerriere che ho Cio male Cloto non basteria appena Io spazio vi scriva sopra tutte le fatte durante la vita di un e' non giorno; di venti anni. Meg. se voi volete, di darvi Ed io sono apparecchiato, mallevadori pel mio pronto ritorno , e vi dar Antandro. Cloin mia vece il mio dilettissimo colui per cui hai tante volte preto. Scellerato! Meg. Un gato gl' Iddii che ti sopraVvivesse? tempo porsi tai pregbi, ma ora ci veggo meglio. Cloto. Non istar egli lungo tempo a seguirti , ammazzato dal nuovo regnante e sara tosto Meg. Almeno , o Paica, non mi negar questo come anChe mai ? Meg. Vo' sapere Cloto dranno le cose dopo di me. Cloto. Odi, acMida tuo ciocch sapendolo pi te ne affliggi: la tua donna, ed e lungo tempo colui che Oh maladetto! che la godeva. Meg. Cloto. La per compiacere a lei io feci libero? servo si terra

5Gl concudelle nel numero sara tua posta figliuola bine del nuovo tiranno, e le immagini e le statue che la citta eresse in tuo onore, gittate tutte per terra, faranno ridere chi le riguarda. Meg. Mi di: non vi sar abbia sdegno t' era amico, e per qual giusta cagione potevi averne? Non sai tu che tutti coloro che ti adoravano ed encomiavano cio che tu dicevi e facevi, operavan alcuno degli amici miei che E chi mai di queste cose? Cloto

governandosi ci della tua brindisi

e e speranza , cosi per timore secondo il tempo erano solo amiMcg. E pure facendo possanza ?

ne' conviti, ad alta voce mi auguravano un sacco di bene , e se stato fosse possibile a morire parea che fosse ciascuno appareccbiato si era per per me , ed il loro gran giuramento la mia vita Cloto Eh come dunque avendo ieri cenato aven* presso uno di loro sei morto, doti quaggi mandato 1' ultimo bicchiere che tran" gugiasti ? Meg. Ora capisco, perche sentiva non so che d' amaro: fecero ma con questo? Cloto. zioni ; E' ti conviene qual disegno eglino Tu fai troppe interrogasalire.

Meg. Una cosa o Cloto, per la quale sommamente addolorami, desidero di nuovamente rivedere la luce Cloto

E che cosa si e mai questa ? convien ben dire Carione mio che sia di gran conseguenza. Meg. sul far della seservo, tostoch mi vide morto, ra enLratosene nella camera, ove io giaceva,

362 colta guardava, chiuse la porta, e come non vi fosse altri presente posesi in sul letto a danzare con Gliceria mia concubina, colla quale io credo che avesse e dopo che ebbe gi da gran tempo; verso di me sfogata la voglia sua, volgendosi disse: o uomo dappoco e malvagio, quante volpratica te m' hai tu. battuto a torto, e cosi dicendo mi e mi dava guanciate, e finalmente spelacchiava tirando su a tutta forza un gran cataraccio sputommelo in faccia, e si parti col dire: vattene in malora collera, essendo ciulla, co: maladetti ma non avea freddo avendo e senza in inferno. vita, IP ardeva di come vendicarmi di lui, e la ribalda fandi alcuni che so1' occasione che nessuno mi

inteso lo strepito

gli occhi colla salibagnandosi praggiungevano , va, fingeva di pianger per m6, e facendo grandi lamenti e chiamandomi per nome, se ne ando via Che s' io gli avessi pur tra le mani Cloto Finisci si ormai di minacciare, e monta su, che al tribunale. ora che tu t'appresenti

dare il suo voto Meg. E chi sar tanto arditodi Contro il tiranno nescontro un tiranno ? Cloto suno, ma contro di un morto Radamanto il giusto, la pena se" che tu tosto vedrai a ciascuno'imporre condo i suoi meriti. Ma non t' indugiare pi olo Parca, privato e povero, tre. Meg. Fammi, ed anche servo d'altri, bench stato io sia re; bastami di tornare a rivivere Cloto. Dove

365 colui del bastone, tro pe' piedi, ch mai Mere. tiratel dene tu, o Mercurio ? di sua volont non eritrera

O barcaiuoMi segui, o fuggitivo lo, piglia quegli altri, ed acciocch meglio lo Saassicuriamo stea legato all' antenna. Meg. che io mi sedessi nel primo ria pur convenevole

luogo. Cloto. E perch ? Meg. Perch per Dio! ed avea mille guardie. Closono stato tiranno, Carione essenti spelacchiava to. Giustamente ma tu avrai una tirannide tu si mancino; e gusterai di che sa quel bastone amara, Meg. Eh come ardir Cinisco alzare il bastone condo lui che per esser soverchio libero e tro di me, manmordace cogli altri, e per avermi ripreso, c poco che ne' giorni passati nol facessi impadunque tu impalato al1*antenna Mic. Dimmi o Cloto: di me non , si fa parola, e perch io son povero, conviene che io sia 1' ultimo a montare ? chi Cloto. lare ? Cloto. Starai sei tu? cresce Mic. Micillo calzolaio. Cloto. E t' in' 1* aspettare ? non hai inteso quante cose ha promesso di dare il tiranno per un poco d'inmolto percio mi meraviglio, come non dugio? ti sia a grado il ritardo, Mic, Odi, o buona Paril dono di Ciclope, ca, punto non m' aggradisce io mangerd Niuno per V ultiquando promette : mo c Cosa a me importa di esser F ultimo o il se que' stessi denti rimangono ? Di poi primo, ha gran differenza tra le coso mie e quelle dei or

W4 ricchi. La vita loro e diametralmente opposta lIa: il tiranno felice in vita, temumia; imperocch to ed onorato da tutti, lasciando tanto oro ed e donne vezzose , amabili garzonetti argento, ed isdegnavasi con ragione rattristavasi di esEd io so bene che 1' anima si serne separato. attacca a queste cose come ad un vischio, e non vuol distaccarsene - si facilmente per istarvi gi che anzi La catena cplla liquefatta; si tj tale che non si quale costoro sono avvinti, e se alcuno gli cava per forza di rompe: 14_j e pregano, e comech in oghi- altra piangpno cosa sieno arroganti, in questa via che conduce dentro alio inferno si mostrano timidi, e come i mie vogliono, seri innamorati si volgono indietro, bench da lungi, guardare versa la luce , come ha fatto codesto pazzo cbe si e dato alla fuga ed ora ti stanca Golle preghiere. per istrada , Io di poi siccome quello che niun pegno ho ne case, ne lasciato nel, mondo, ne possessioni, ne gloria, non ne statue , oro, ne suppellettili, se sono pronto, ed al primo cenno maraviglia di Atropo ed avendo via la subbia e le suole, lielo gittai tra le mani una scarpa, mi levai HTI* in piedi scalzo com' era, e senza pur mantinente mi pasi a segujrnettarmi le mani dalla tinta , la, o piuttosto la precedetti, ognora guardando tutta

ne- ricbiamandomi pi avanti, non ritenendomi , E per nulla di ci che io lasciava dietro di me

565 10 veggo tutte le cose tra di voi esser belonora6 qui ogni uomo egualmente lissime, ed ed to, ne.si fa differenza da uno all' altro , e e credo che qui non si cio a me giocondissimo, Dio! e cio ne si paghin gabelle, non si tremi che l'inverno che si il meglio, ne si ahhan non vi siano infermt, per freddo, per tutto sia pace, e percosse dai pi poteAti; riscuotano debiti, vadano demo ricchi. le cose al contrario hoi paveri, Cloto Questa ri dere, muoveati Icldia: di altrove, e qui rie piangono e si disperano i si la cagione, per cui o Micillo; ma cosa piu di o vea riso? MLC, Odilo,

io ti vedea ogni altro neratissima

di sopra, -quando eravamo e vedeva molto beio abitava vicino al tiranno, ne cio che si passava in sua casa, e sembravarni un altro Iddlo, perche vedendo lo splendodei suoi minila moltitudine porpora, e le tazze cariche di pietre preziostri, l'oro, lo reputava se, ed i letti co' piedi di argento fortunatissimo. 1/ odore poi delle vivande che si apprestavano per la sua cena, m' entrava per modo nel naso, che io mi sent.a venir apparivami per cio pi che uomo in oltre essere egli solo piu to, e sembravami bello e pi alto degli altri di un buon Cubito reale: minando pliiunmte tanto ei innalzavasi grave incontvava. per la fortuna, e came pettoruto melteva terrore a Ora ch morto, spoglialo ed meno, e pi che beare della

366 di quelle delizie, m'e paruto affatto ridicolo, e rido ancora di me stesso che ho tanto ammirato codesta dall' odore pel sangue E vedendo la sua felicita feccia, misurando delle vivande, e riputandolo felice delle conchiglie del mar laconico.

non solo costui, ma anche lo usuraio Gnifone che piangea e pentivasi di non aver e di esser morto senza goduto de' suoi denari, ed avere sparagnato il suo per lasciar gustarli, ricco il prodigo Rodogare, che essendo a lui in parentela, pi prossimo mato alla eredita secondo il primo chiala legge, non sapea come rattenenni dal ridere , sove spezialmente venendomi lercio e quanto era costui pallido, era e solo ricco nelle punte delle dita , pensoso, colle quali contava le migliaia di talenti, raccoin poco gliendo a molliche cio che sparnazzer Ma perche tempo i1 fortunatissimo Rodogare non salpiamo, che navigando ci rideremo di veacciocche Cloto. der pianger costoro ? Entra, Car. Ol doil barcaiuolo possa levar l'ancora. ve vai? La barca e piena, aspetta quivi, Hai ni di buon' ora ti passeremo Mic. dimatorto, o Caronte, a lasci ar me che son morto da ieri , di tale ingiustidarotti io querela a Radamanto ed zia. O me sventurato ! coloro gi navigano, io debbo rimanermi qui solo; ma a che mi tenMorto come io go che non gli noto appresso ? sono, non ho timore di annegare per mancanza

567 e tanto meglio che non ho neppur foue, Cloto. Che fai 1' obolo da pagare il passaggio o Micillo, non lecito che tu pastu? Aspetta, E che? non arrivero si in questo modo. Mic. di io forse innanzi accostiamci, Mercurio , si sedera ? di voi? Cloto. e prendiamolo aiutalo a tirarsi come Oibo, piuttosto su con noi ; e tu, o su Car. Dove ora

vedi , pienq per tutto. Merc. C/oSe cosi parvi, sopra le spalle del tiranno. Monta to Mercurio 1*ha pensata a meraviglia. adunque pur su, e pretni forte il Collo di quel ribaldo, e navighiamo in buon' Ora * Cin. Caio ronte, sar bene che ti manifesti la verita ; e non ho 1' obolo che ti debbo pel passaggio, che cio che vedi e questo hastone; io sono apparecchiato a sgottar la senti-

non ho altro laonde

ti na, e a menare il remo come tu vuoi Ne dorrai di me, purche mi dai un uomo forte e buono da maneggiare Car. Voga, e non esiCin. Converr tener desti i gero altro da te remiganti qualche canzoni costoro cantare chezze! tro Altro. Ahi, col canto bella canzone Car. Canta pur su, se sai marinaresca Cin. Delle

ne so di molte , o Caronte ; ma vedi mi fanno coro co' pianti, tantoch il mio sar turbato. Ricco. Ohim le mie riAltro ahi, le mie possessioni ! Lilahi il palazzo che ho io lasciato ! Ohime

Quanti talenti sparnazzer ora il mio erede! Altro. Ohime i teneri miei fanciulli Altro.

568 la rnia vigna, che feci piantare 1' anno passato ? Merc. Tu affatto non piangi ? non e permesso di passar di qua senza lagrime. Mic. Ya in buon' ora; che ho io a qui cammina prosperamente ? piangere se la barca Via, per servar 1' usanza, piangi un poo chino. Mic. poich cosi ti pare, Adunque, io pianger. Ohim le mie suole, Mercurio, ohin le mie pianelle vecchie, ohime le mie ciaMerc, batte , ohime tapino che non-rimarro pi da mattina a sera a denti asciutti, ne scalzo e mezne batter pi i zo nudo andro pili vagando, Chi avr la mia lepel freddo nel verno! sina e il mio coltello? Ma io ho pianto assai , Car. Ol paghj ognue noi gi siamo pssat. denti il passaggio; ehi tu pagai va no primieramente un obolo per ciascheduho giustamente bene; o Micillo. Mic. no. D tu ancora 1' obolo, o come dicesi, scrivi nelScherzi, o Caronte, Io non se aspetti 1' obolo da Micillo. l'acqua, ho mai saputo se 1' obolo sia quadrato o rotondo .- Car. Che bel guadagno abbiamo fatto quetutst' oggi e che grazioso passaggio ! Discendete i cai buoi, ti insieme ch io vo' traghettare valli, i cani e le altre bestie ; mentre conviene conduci che passin pur essi. Cloto Mercurio, innanzi costoro che io vo' passare all'altra ripa per menar meco Indopate ed Eramitre siri, che sono gi morti combattendo insieme pe' conlini Chi vendemmiera

569 Merc. Mic. Andiamo oltre , di Ercole! e voi venitemi che oscurit! dietro ove e ora

Corpo il bel Micillo? sto luogo, essendo tutte

e cbi polrebbe conoscere in quese Frine sia pi bella di Simmica , le cose simili e di uno stesso cone pi bello ? Ecco

che sembravami per lo innanzi si sozzo , ora divenuto di egual prezzo alla porpora dei l'e, trovandosi amendue Cinialio scuro e coperti delle stesse tenebre. sco dove se' tu? Gin. Io son di ma se ti piace , andiamone Dici bene, porgimi la man destra Cinisco: tu che sei stato qui, o Micillo, conserva. Mic. o Dimmi, dei misteri

lore , e non vi e ne bello, che il mio mantello stracciato

parteci pe di Eleusi , non ti sembrano le cose di quaggi Ossimili a .quelle? Cin. Non t' apponi male serva come ne viene non so che femmina una facella ni gli, tro Mic. in mano, e con un guardo minaccevole : per avventura si questa torvo

con e

1' Erin-

ella par tale Merc. ToAll'aspetto o Tisifone, costoro che son mille e quatE assai tempo che Radamanto vi Tisif Menali innanzi, o Erin-

ha qui aspettati. Rad. ni , e tu, o Mercurio,

fa da banditore. e chiao Radamanto , rnagli. Cin. Scongiuroti, pel padre tuo, che mi fai venire innanzi il primo al1' esamina Rad. Perch Cin. Io vo' ragione? accusare del male che io so ch' egli ha fatto , e non mi sarebbe forse preslato Vol. I. 24 .assolutamente certuno

x 070 se non dimostrassi fede, prima chi io mi sia 9 ed il modo come ho vivuto Rad. E chi se' tu mai ? Gin. Cinisco, o uomo dabbene, di professione mo ltlerc. filosofo. Se alcuno Rad. Tu Fatli innarizi all' esamina. chiama gli Cinisco e sii il priaccusatori

qui presente comparisca Rad. Niuno comparisce ; ma accioci, o Cinisco, non basta Dispogliati, che io riconosca i tuoi bolli Cin. E dove fui io mai bollato mettono dagli ? Rad. Tutt' uomini i mali che si comin vita, le anime di loro alcuni invisibili segni Cin. onde ricerca a tuo piacere Costui par netto per che che

vuole accusare

ne portano impressi Ecco io son nudo,

questi segni cfie dici. Rad. tutto , eccetto tre o al piu quattro macchie, Che vu01 dir questo apperta distinguonsi

vi sono vestigia di molti bolli che sembrano affatto cassati , o piuttosto estirpati ? Come quee come ti sei cosi bene purifisto, o Cinisco, tempo per ignoranza fui malvagio , e pe' vizii miei mi vennero molte ma tostoche io cominciai a filosofare, macchie, delin poco tempo mi nettai tutte le macchie avendo usato tal rimedio ottimo ed efl'anima, ficace Rad. Vanne dunque alle isole dei beati ma prima acin compagnia degli alfri buoni, quel tiranno che tu dici. Chiama gli altri son picciol coMic. I fatti miei, o Radamanto , ed sa, e non hanno bisogno di lunga esamina, cusa cato? Cin. Tel diro, un

371 gran tempo che io son nudo perche mi osservi. Rad. E clii sei? Mic. Micillo calzolaio. tu sei interamente o Micillo, Rad. Benissimo, netto e senza con Cinisco gapente di Lacido vanne aricor tu insieme macchia, Chiama ora il tiranno Merc. M-

Doveti volvenga innanzi. dico a te, o tiranno. Rad. ti ? vieni innanzi; o Tisifone, tirandolo Caccialo innanzi, per il E tu, o Cinisco, collo accusalo, e convincilo; Cin. Quantunque ormai egli e vicino poco vi sia ncessita dai sue, bolli di patole potendo tosto conoscere nulladimeno quale sia stato costui,

non mi rimarro mali

io di scuopri re le scelleratezze e di renderle pi chiare col mio discorso. abbia commesso questo ribaldone ora non raccontarli

Quanti quando

era privato, credo Dappoich si ebbe quindi associati tutti gli scelsatelliti insurse contro la lerati, e ragunando ammazzo citt, e se ne f) per forza tiranno, e tolse via pi di mille uomini senza giudizio, la roba a ciascuno, e gionto essendo a possedere una immensa ricchezza, non lascio intentata niuna ed usando ogni modo di laribaldera, scivia, di superbia e di crudelt contro i miseri le donzelle, cittadini, svergino svergogno i garzoni, ed infurio come un ubbriaco contro quei che gli eran soggetti Che se tu sapessi 1*alteil furore e l' insolenza, colrezza, la superbia, la quale egli comportavasi con chi gli parlava,

ip 072 trovar supplizio che bastante fosse a condegnamente punirlo.' Era pi facile guardare il sole cogli occlii aperti, che la faccia di Chi patria mai narrare i diversi modi da esso inventati per tormentare gli uomini, a' quali non perdono giammai neppure a' suoi piLI faE che non sia questa mia una calunnia da me inventata, fa chjamare coloro ch' egli ha ammazzato Ma senza esser chiamati, come e standogli intorno or vedi, gi corn pariscono, miliari ? Tutti costoro, ora l'affogano. o Radamanto , sono stati uccisi da questo ribaldo; alcuni perche avevano bella la moglie, altri perche sdegnarono che i figliuoli loro fossero sforzati da ed altri perch lui, altri perche eran ricchi, uomini d' ingegno e prudenti, avevano Rad. Cosa rispondispiacere delle azioni di lui. a codeste accuse? di, o scellerato, Meg. Le ma tutte 16 altre accuse~ uccisioni son vere, come adulterii, sforzamenti di garz.oni e svergiessendo namenti di fanciulIe, nie di Cinisco. Cin. codeste sono calunDi queste ancora ti daro tutte lui. tu non sapresti

i testimonii, Rad. E quali? o, o Radamanto, Cin. Chiama , o Mercurio, la lucerna e il letto ci testimonieranno di lui ed essi comparendo che sanno de' fatti suoi. Merc. Compariscano A meravila Lucerna ed il Letto di Megapente. Rad. Svelate voi cio che glia banno obbedito E tutto Letto. sapete di questo Megapente,

S73 veto ci, di tanto, o mio signor Radamanto, essendo troppo cia di narrarlo, balderie che facea sopra di me stenendo che lo accusa Cinisco perio non ho facle riNon soNon

nefande Rad.

tu ne fai manifesta testidi parlarne , e tu, o Lume, testimonii pure il memonianza; Ci che si facesse nel giorno desimo ? Lume. ma cio che io nol so, perche non era presente, faceva e soffriva di notte io mi vergogno di dirlo, e diro questo solo, che ho veduto cose da E e che sorpassano tacere, ogni ribaldera. molte volte per non soffrirlo, io a bello studio beveami bramando ma l'olio, di spegnermi ; costui avvicinandomi alle sue faccende per ogni la luce mia. Rad. guisa contaminava Qucste testimonianze sono bastanti Nondimeno spogliaacciocche vediamo il numero dei ti la porpora, costui tutto livido, bolli. Per Dio! ed e listato in modo dai bolli, che par colore di mare Ma come lo puniremo ? O si ha a gittare nel fuoco di Flegetonte, o dare in bocca di Cerbero . Cin. Questo no, ma se tu vuoi io ti suggeriro un supplizio nuovo e degno di lui Rad. Di pure, ch6 io te ne sapr assai buon Cin. Credo che sia vostro costume, che grado tutt' i morti bevano 1' acqua del fiume Lete Rad. Certamente. Cin. Fa adunque in modo, che solo costui non ne beva Rad. Ed a che fine ? Cin. Perche ricordandosi e quale si era egli,

574 quanto era grande la sua potenza nel mondo , e considevando le sue delizie passate, sosterr Dici benissimo Sia Rad. pena. grandissima sia le^ cosi condannato, e condotto a Tantalo gato cola, ricordando sempre il modo della passata sua vita

575 LA VITA DEI CORTIGIANI

ARGOMENTO I nobili Romani solevano e pompa, loro pren-

per

per ammaestramento dere nelle lor case

dei figliuoli e dei letterati dei filosofi ancora questa naziodi Greeia , conservando di ROlna ne , benche schiava la sua supef nelle lettere percid , aliando e nella filosofia. in folla i Greci nella

riority revano Boma

Accordi citta

la fortuna di essere prescelti a tale onore, nb vergognavano per ottenerlo di piegarsi ad ogni onde ebbe di gia vilta , a dire Giovenale : esuriens in coeGraeculus lum Luciano a jusseris' ibit Riguardando describe qui la vita misera questo costume, di questi salariati, i loro anche passavano ni nella servit e nel dispregio, e col fare una dipintura vivace dei loro mali, cerca un suo amico, che pare avesse sconsigliare il pensiero di darsi que ha letto la II. nale, trovera che a eotal mestiere. Chiundi Giovee la V. Satira quel

poeta dice presso a dei nobili , poco le stesse cose sopra il fasto e la vilt e la miseria dei Cortigiani.

576 primo e che ultimo, seconclo dicesi potr io, o sozio, narrarti di ci che sono co* stretti a fare e soffrire per necessita quei Cortigiani, che noverati sono tra gli amici dei gran-* di e dei ricphi, s* k pur lecito chiamare amiciChe zia il loro , tutto DioI Io so il pi, e qilasi il servaggio? io per loro, degli accidenti quantunque non gli abbia giammai pfovati, ne mi sia

ne permettarl gl' Iddii che mi Ma avvenga giammai di farne lo esperimento molti che a far tal vita imbatteronsi me ne diepure avvenuto, ron in tale disavventura querelandosi della qijalila e quantit dei lor ed altri come fuggiti da un qualchepatimenti, non senza piacere cio the cardere, ricordandosi E con ragione si rallegravano, avean sofferto a quella sventura la prequando paragonavano sente loro salvezza. Coloro di poi eran di fede pi degni, i quali, per cosi dire, internati eSsendosi nei misteri, dal principio sino al fine gli Non per caso adunque avevan tutti considerati io gli ascoltava quando raconne sbadatamente salvati come da tavano di essersi insperatamente simili a quelli che vediaun qualche naufragio, mo in vicinanza dei tempii col capo raso narra* 1' avarfa, i promontorii, re alia folia le procelle, 1' antenna spezzata, il timone staccato, e soprattutto la presenza dei Dioscuri ( essendo sempre notizia: alcuni standosi

"77 ed alcun altro cftiesti familiari in tali tragdie ), Iddio che sia comparso in iscena sedendosi soo dipra il ponte, o standosi preSso il timone, ov rizzando la nave a qualche molle spiaggia, a poco a poco e con lehtezza siasi trasportata ed essi salvati per favore e benignit sdruscita, sedello Iddio sienp discesi. Quelli pertanto, condo ne occorre loro il bisogno, tragicamente pi cose declamario per ricevere da molti, comma cari anparendo cosi non infelici soltanto , che. agl' Iddii. Questi di poi racContano le temle onde triplicate, e per Dio ! peste domestiche , e diecimplicate, e coSe pu dirsi quintuplicate me nel, primo havigare parendox il mare tranquiltravaeccessivamente 10, poscia" nell'avanzarsi gliati furono qua salsa, rompendo la sventurata barchetta. a qualche scoglio sott' acqua, o a qualche erta roccia, i tapinelli con istento nuotarono mldi e bisognosi del necessario In raccontare tai avvenimenti e ricordarli sembravami che per vergogna di molte coMa io acse, ed essere inchinati a scordarsele cordando insieme e quelli ed altri che ritrovo acconciati in simili Corti, non increscemi, o bel Timoclide, esser gran di raccontarle, sembrami perocch pezza che tu vai teco stesso riandando di darti a tal sorta di vita E primamente il discorso sopra di questo, si desse costoro nascondessero sete, e finalmente dalla dalla nausea, e dall'ac-

se cadendo

578 alcuno tano dei circostanti a lodare tal vita mercenache conria, dicendo fortunatissimi esser costoro

tra i loro amici i Romani pi nobili, e cenano senza spesa a lantissime cene, ed albergano bene, e viaggiano piacevolmente e con tutt* i comodi , , adagiati un cocchio tiiato do essi in sono bene se gli avviene, in ancora, da bianchj cavalli. E riceven. la mercede dell'amicizia, e ad essi soli

tal modo

spese le lor fatiche, senza ne seminare ne coltivare nasce ogni cosa , Quando io ascoltava queste ed altre simili cianvedea ce, e preparato startene estatico a ed a bocca avidamente apeita, quell' esca

ingojarti Per essere adunque io in avvenire fuori di colpa, e perch non possa tu dire, che vdendoti non t' abbia soc, ingojar col fico ancor T amo ne te 1' abbia ritratto prima che ti s' imcorso, ma mi sia mergesse entro la gola, ne avvertitoti, stato ozioso vedendoti preso ed imboccato e gia tratto per forza. Perch non possi tu talvolta dir cio, che potra sembrar giusto, detto a chi non ne ha informazione, e perch non sembri in silenzio, ascolta io averne il torto rimanendo E considera non tra le da principio ogni cosa, la ma sicuro, libero, ed in tranquillit maglie, rete istessa , e la inestricabile nassa, e preso in mani l'acutissimo amo co'ritorti costandoti gonfiate se tu del tutto acutissime , alle mascelle uncini, ed ac* le punte di quel inevitabili,

tridente,

579 violentemente attraenti, ed pelle ferite insanabili, invincibili nelle necessit non le ritrovi, ascrivimi e percio meritapure nel numero dei schizzinosi, mente affamati. Tu dipoi fatto cuore tenta se caccia e qual altro laro ingoiati pur vuoi questa Tutto quetutta l'esca in un solo bocpone (1). in universale fatto per te, ma ed a quanti altri profesoltre a voi, filosofanti, sano una vita grave e severa, potr servire eziandu pe' grammatici , per gli oratori, pe' musisto discorso sar Imperocch essendo per lo pill simili e comuni le si e manipose che accader sogliono a tutti , festo che non han queste nulla di singolare, ma sono piu turpi quando avvengono ai filosofi e , che essj credono convenirsegli medesimamente che agli altri, e non si comportano i conduttori per niun modo pili onestamente verso di Ci che andr toccando il progresso loro del mio discorso, e ne saranno principalmente cagione coloro che fanno, dipoi coloro che giustamente si meritano quello che soffrono, e quando il parlar libero e vero non sia colpa, mi sar io fuor di colpa tur. Quanto alla rimanente ba, come di alcuni schermidori e rozzi adulatori, (1) A*'~ nome greco di un peace', anche un uccello r rafina chiamato con tal nome dai Greci ci, e per tutti quelli che per insegnare vi sano con suo decoro trarne mercede si av-

580 e uommi e di picciola levatura, non sono costoro degni di essere rimossi da queste ne val la corti, ne si persuaderebbono, pena. se non lasciano i loro conduttoil fiprendergli, ri per qualunque ingiuria si abbian da loro, peci han fatto il callo, e non sono indee non hanno d' altronde gni di tal trattamento, volto a mostrarsi utili in altre bisol'ingegno rocche gne, e se mancagli questa, divengOno alio instante inetti, pigri ed oziosi. Non soffiono pertanto essi niun torto, ne sono quegli altri punto insolenti, ca. Mentre se, come si dice, piscian nell' aressi. da bel principio entrano in codeste case per tale insolenza, e la professione loro di pazientare e soffrire cio che gli vien fatto meschini

Quanto poi agli uomini addottrinati , che ho io ricordato di sopra, lo sdegnarsene giudi ritrarneli e sto, ed il tentare spezialmente richiamarli a libert. Avviso dipoi di fare otse annoverando timamente, prima le cagioni, per le quali molti indotti sono a tal vita, dimostrero non esser queste ne pressanti ne necessarie, per troncare cosi ad essi ogni difesa sul primo pretesto del volontario loro servaggio. maggior parte mettendo innanzi la miseria credon6 di aver ed il bisogno del necessario , dato una sofficiente scusa del rifuggirsi a tal vita , e si pensano basti loro il dire, che son deLa gni di scusa se han cercato fuggir la miseria,

381 che banno si la in cosa nel vivere Ed pi penosa. in quel suo comu-

prontp

Teognide

pe dettato : Alla miseria ogni uomo cb?& soggetto, Non ha di fare n parlar possanza, Gli si lega la lingua, con quanti altri spauracchi han messo fuori sulla miseria i poltroni poeti. Io se veramente veessi un rifugio della midessi che ritrovassero seria in cotali corti, non m' immischierei punto a disputare con loro a minuto sopra i beni come gi disse altroQ.ella libert , perciocch, ve iL buon oratore, ricevon costoro il cibo come gl' infermi , ne pu avvenire che si accorrimanendo sempre gano di aver mal pensato, fermo per loro quell" ordine di vita La pover t si sta sempre con essi, di hanno necessita e non gli sopravawza nulla da serbarricevere, selo , e cio che si d, si dia e si quantunque riceva spesso, pei bisogni riflettere , non a quei modi che sollevandola solo di poco conservano la povert, ma a quelli si bene che la tolgono affatto, N sar percio o male gittarsi nel mare pescoso e profondo, Teognide , o volar giu da una rupe. Se poi alcuno bisognoso ognora, salariato e tapino credesi in tale guisa aver fuggito la povert, temo che non voglia costui ingannarsi da per se stesso. alia stretta dei conti se ne va Ma era oltima cosa il giornalieri r

382 Non miseria, e dicono dt non abborrirla , se faticando come gli altri possono procacciarsi il pane, e che avendo il corpo travagliato o dalla vecchiezza o dalla infermit si son condotti a questa vita mercenaria si, percid se dicono il vero, e se cio che ricevono , lo ricevono con maggiore o pi fatica degli altri , mentre ricevere il danaro si prontamente e senza molestia sada simile ad un miracolo Cio si e Vediamo daddovero impossibile ad essere bastantemente tante fatiche e tanti spiegato , travagli si soffrono nelle corti, che havvi per lo pi bisogno di miglior sanit, essendovi mille quello cose che ogni giorno ti guastano il corpo, e ti riducono E lo dimoall' ultima disperazione. streremo noi acconciamente a suo tempo, quando le altre disavventure di cotestoro racconteremo che mentono Per ora bastato ci e il dimostrare , coloro che asseriscono per queste cagioni. Rimane ci che verissimo, e non si confessa punto da essi, cio la volutt e le molte e spesse speranze di caceiarsi nelle case altrui, stue dell'oro y felipefatti dalla quantit dell'argento citandosi sopra le cene ed altre delizie, e spe1' oro a piena bocca senrando di tracannarsi Queste cose trascignene turi nangli , e di liberi gli fan servi, e non il bisogno del necessario che dicono , ma il desiderio za che niuno di essersi venduti che e facile temono altri la stessa

ma commoda

583 di conseguire e l'avidit 3el not* necessario, Pertanto questi fijrj fobe assai e tli gran prezzo come i brutti e bi ed accorti accogliendogli , e gli trattano , spiacevoli amariti, superbamente per esser sempre. amati da loro gli fanno corte, senza fargli giammai godere del loro amore , non permettendogli neppure un bacio,. mennel conse-' tre sanno bene cbe si discioglierebbe e gelosaguimento * Percio gli tengon lontani, e trattengongli soltanto ogno-' flieftte si guardano, ra in isperaiiza , temendo che il fi-oppo deside-* e tralascin rio non gli ponga in disperazione, di amargli Gli fanno percio bocca da ridere faraiie promettongli j cbe sempre gradiranno cura dei loro meriti In quefio ed avranno e invecehiano , accorgendosene e5 all' altro fugge il tempo all'uno di amare, di date, e cosi in tutta la loro vita altro non si e fatto cbe pascersi di speranze. Tuttavia rfoa sto mezzo non poi del tutto a riprendersi , se ogni cosa si soffre pel desiderio della volutt, e conviene an zi perdonare se alcuno rallegrasi nel piacere , ed il va per ogni dove seguendo perch ne ditenga partecipe , comech sia egualmente vergogrioso e servile di vendersi per esso, e sia molto pir grato quello che ne meritano non pertanto quel qualche perdono , Ma che si soffrano tante noje, io viene libert, cbe v' imbatfono tin dalla

per la sola speranza avviso cfoe sia cosa

584 tanto pi che veggon costoro pazza e ridicola, i trayagli manifesti apertamente e necessarj , e la speranza loro che ne venga la felicitA non si mai in tanto tempo adempiuta , e se uno fa il conto con verita, vedr che non e per adempiersi giarnmai. Ed i compagni di Ulisse gustato del dolce loto non si curarono di altro, e per quella dolcezza presente dispregiarono ogqi altro bene Talche non del tutto disragionevole in essi la dimenticanza del buono, accoessendosi 1' anima a quella dolcezza Che poi siavi alcuno che si stea vicino ad un' altro che si riempia di loto senza punto fargliene parte, trattovi dalla sola speranza che possa una volta anche esso gustarne , e si dimentichi iijtanto del buono e del giusto, costui, corpo di Eccole! si e degno di riso., ed abbisogna in .vericose adunque , ta delle battiture di Omero , Le che praticansi nelle corti, e per le quali costoro in mano dei ricchi, perch a lor VQglia disponghin di loro, son tali o simili a queste, se non credesse alcuno pur ricordare coloro che vi son tratti dalla sola gloria di conversare con uomini nobili e sontuosi. Perocch havvi alsi danno cuni che credono cio onorevole e al di sopra del non vorvolgo , ma quanto a me particolarmente rei neppure essere col gran re, ne veduto cornon a da tale me cortigianena teggiailo, quando ne venga nulla di profittevole Tali essendo le stumata

385 ragioni di loro andiamo ora tra noi stessi tonsiderando cio ch'essi sopportano prima di essere e ci che soffrono quando lo sono stammessi, ti, mentre su tutto ci che accade loro dee ragNe lecito dire girarsi la tessitura del dramma che perche queste cose sieno cattive, sieno facili ne che non vi abbisogni molta faa conseguirsi , tica , e basti soloil volere perch ti trovi di leggieri fatta ogni cosa. Che anzi vi necessitano molte cose , e molte fermat fuor della porta Gone e intostare , e viene alzarsi di gran matting , se avviene di esser cacciato, figurare da importuno e sfacciato presso il portinaio , jchje mesce il siro linguaggio, e 1' africano Registratore dei nomi, al quale hai a pagar la mercede del ricordo del nome tuo. E ti conviene al latino ancor maggiori di quello e secondo la dignit porta la tua condizione, di colui che corteggi, e scegliere i colori, che sii non diverse .ad esso, accjocch piacciono da lui, e non si offendano i suoi occhi, se per caso ti guarda.. Con ogni. cura dei poi seguirsulle vesti fane sforzi

lo o piuttosto precederlo sospinto dai famigli, alla pomper cosi servire quasi di riempitura pa per molti giorni non ti riQuegli intanto e se poscia sei si avventuroso eh' egli guarda, ti vegga e chiamandoti per caso su t'interroghi di alcuna cosa, allora sopravvienti un forte sudore , una non interrotta vertigine, ed un timore Yol. I. 35

586 dalle risa dei c= E molte volte dovendo rispondere chi era il re degli Achei, rispondi ch'essi aveano mille navi. E cio i buoni chiaman rossore, ed i magli audaci timidezza, ligni ignoranza. Ed avendo tu non senza tuo gran ten parti pericolo provata la prima sua cortesia E dopo passate maledicendo il tuo poco animo molte notti senza sonno e molti sanguinosi gior, ni, non per Dio! in grazia di Elena o della redi cinque gia di rriamo , ma per la speranza soldi, e ne venga per fortuna alcun tragico Iddio in tuo soccorso, ti si fa alfine 1' esame se E questo intertenimento conosci le lettere. al e portato in cielo non punto spiaA te per si questo uno esperimento cevole sembrandoti che si tratti di tutto per 1' anima, il tuo essere Ne cio senza ragione, perocch ricco se il primo ti caccia puoi essere accettato e ti crede non incapaee, da un altro Di necessita lodato fuor di luogo , accompagnato costanti pel tuo smarrimento

e poniamo adunque sei in mille parti distratto, invidii i rivali, e duvi sieno altri concorrenti, bitando di avere a tutto risposto a proposito, ti stai tra la speranza e il timore, e pendi dall' aspetto di lui, talche s' egli sputa a' tuoi detti, e se sorridendo ti ascolta, sei perduto , contento ed in buona speranza. Ne strano che vi sieno alcuni a te contrarj di mente, ed altri ti credi che si stanno contro di te, saettandoti ciascuno

587 Laonde figucome da un aguato rati un uomo con lunga barba e chioma canue che ta, esaminato se sappia nulla di buono, sembri ad alcuni saperlo e ad altri no. In quenascosamente si esato ne viene 1' ora, in cui scrupolosamente E se alcun citmina tutta la passata tua vita tadino per invidia, o se alcun lieve vicino da te. offeso per qualche sponda: adultero rilamente Giove. ricagione, interrogate di fanciulli, o dilettante mesi un testimonio delle tavolette di

Se poi tutti insieme ti lodano, sono amDisogna pertanto cbe bigui , sospetti e corrotti. e che non sii in nulla tu abbi molta ventura, mentre in tal modo solo puoi vincontrariato , Ma via, ti sia pure ogni cosa andata felied a seconda de' voti tuoi. Abbia egli cemente, lodato i tuoi discorsi, e non t' abbiano contraddetto i pili onorati degli amici suoi , a' quali ha cere egli maggior fiducia su tali cose. Lo voglia anche la moglie, ne vi si opponga lo spenditore e il maestro di casa, e niuno riprenda la vita tua, e tutto sia in pace e gli augurj avventurosissimi. Hai dun que vinto , o Beato, e ti se' coronato in Olimpia, o piuttosto hai soggiogato Babilonia, ed espugnata la rocca di Sardi, possiedi il corno di Amalta, e mugnerai il latte della gallina.. Ti conviene per tante faticbe raccogliere molti e assai beni, di modo che non sia la corona sola di foglie. Conviene assegnarti una

588 e questa pagartela dispregevole, senza difficolt -al tempo destinato, e concederti un qualche altro onore al di sopra del volgo, e farti riposare dalle fatiche, dal fango, dal corso e dalla veglia E che ti sia lecito cio che di dormire cio distendendo Ie gamdesideravi, be, e fare quelle sole cose, per le quali fosti da principio preso, e per Ie quali sei salariato. Cosi si converrebbe, o Timoclide , ne sarebbe un gran male il curvarsi e portare un giogo leggiero e non grave, e soprattutto indorato Ma siam molto lontani da cio, mentre bavvi mille cose in queste corti che sono ad uomo libero Considera portabili se possono esse mai sopportarsi da scoltandole , chi ebbe pur per tempo brevissimo familiarit colle lettere se vuoi, dalla Daro cominciamento, prima cena, mentre e facile che ti faccia mane saran queste le primizie del tup giar seco, Ne viene adunque di subito corteggio avvenire un manieroso servo a chiamarti a cena il quale per non comparire villano, conviene te lo rendi benevolo col porgli in mano per lo meno cinque dramme, mentre colui diratti : come. che. io corpo scer di Ercole! fingendo di ritirarsi da te. questo. non fia mai. Finalmente si lae partirassi. ridendo a bocca di mano ad una veste netalla meglio possibile , ben insoptu stesso ordinatamente amercede non

persuadere serrata. E tu dando ta, e raffazzonandoti

38q lvato ne vieni, temendo di non venire degli altri, perocch giugner l'ultimo ta azione e superba percio un temTogliendo po di mezzo te n' entri, e sei accolto molto onorevolmente, ed alcun servo giacere alquanto di sopra Tu come entrato due degli antichi amici nella ti fa prendendoti del ricco appresso a fossi dopo sara brut-

casa di Giove, vai ammirando ogni cosa, e rimani sorpreso a tutto cio che ivi si pratica, ed ine tutto ti sembra straniero ed incognito,

tanto

e ciai famigli ti tengono 1' occhio sopra, scuno dei circostanti guarda quello che fai. Ne

cio e pur dimenticato dal ricco, che anzi impone ad alcun~ dei servi di attentamente osservare come ti comporti co' fanciulli e le donne, e se spesso i tuor occhi si giran verso di loro Ed i famigli dei convitati vedendoti destupefatto la tua ignoranza, e ne traggono consetu non abbi giammai per lo innanguenza, che zi cenato presso di alcuno, e che quella tovaPuossi gliuola ivi posta sia per te affatto nuova che tu sudipoi ragionevolmente conghietturare di di pena, e cosi assetalo non osi dimandare da bere per non comparire ed esavvinazzato , sendovi per or dine disposte molte e diverse vinon sai ne a quale prima ne a quale dovande, po dei stender la mano. E convienti guatar sott' occhio il vicino, ed incitarlo , e imparar da lui 1' ordine della cena Nel rimanente sei incerto lidono

590 ed hai l'anima scuna beato in tumulto, attonito a ciacosa che fassi cola, ed ora credi il ricco e le tante delizie , ed l'avorio, te stesso che non avendo nulla, di vivere E ti verra qual vita invidiosa in tutte quelle delizie, pur taltu viverai , delle quaeLti credeE tutta

per I'oro ,

ora compiangi credi nondimeno volta

in pensiero

lussureggiando li ne godrai giustamente rai cosi di festeggiare per avventura

egual parte, sempre i Baccanali.

dei giovanetti che servono e legti dipingono sorridono, dolcissima giadramente la futura tua condizione, talch puoi cantare quel verso Ai di Omero : Non incresca

ed ai hen calzati Achei Trojani e soffrire e indurar molto in grazia di tanta fee dolicita. Intanto si fa biindisi all'amicizia , mandando una gran tazza, la' porge a te, chia* Tu o con che siasi nome. maestro, cosa e non sapendo per ignoranza prendendola dei rispondere, ti fai conoscere per uomo rozzo onde da questo brindisi ne nasce cone villano , mandoti tro di te molta invidia al primo pasto ti trovi di loro, perche essendo arrivato in quel giorno, sei stato preposto ad uomini che hanno di gi per tant' anni professato ~a servit. Ed incontanente muovono tra di loro su di te tai discorsi: delle altre disgrazie, Mancavaci questo per giunta ed negli anticbi amici, di gi avere offeso molti

591 appresso coloro che ora entrano in La citt di Roma aperta sol tanto per casa, questi Greci. Cosa sono eglino mai, ed in che a noi superiori ? credonsi forse di arrecar gran vaninfelici? L' altaggio, reci tando dei discorsucci di rimanerci tro poi dice: Non t' accorgesti quanto bevette , tutto cio che e come ha divorato abbrancandosi ed affamato, uomo doloroso stavagli innanzi, che non si e neppure giammai sognato di satolnon che delLa gallina di larsi di pane bianco , e del fagiano, dei quali ha appena a Numidia3 0 paznoi lasciate le ossa? Un terzo esclama: che vedrete a zi, non passeran cinque giorni , costui passare la stessa sorte di noi. Ora egli si e onorato e pregiato come una scarpa nuova ; quando fango, poi sar calzato sar miseramente molte volte e sporco di gittato sotto del letto

pieno di .cimici, come noi. Cosi van ravvolgendosi i discorsi di coloro sopra di te, ed havvealcuni , che di gi si apparecne per avventura chiano a ealunniarti. Quel convito dipoi tutche di te soto tuo, e non si discorre d'altro di vi no lo E riempiendoti pi dell' ordinario ti trovi in acre e leggiero, pegli stimoli dell'orina alnon essendo conyenienza grande imbarazzo , zarti prima degli altri , ne rimaner potendo con e nasicurezza pertanto a bere, Seguitandosi scendo discorsi sopra discorsi , e succedendosi vorr cplui far spettacoli a spettacoli (perocch

592 con te di ogni sua cosa ), tu Sostieni pena non picciola-, non vedendo cio che fa, ne un giova-asoolti, se canta o suona la chitarra netto a gran prezzo, e sei forzatamencomprato te castretto a lodare, facendo voti che un tremuoto rovesci ogni cosa, o che annunziato venmostra

per cui si sciolga una volta il ga un incendio, convito. Eccoti, o sozio., la prima soavissima cena di Quanto a me meglio assai gusterei liberamente mangiarmi quando e quanto voglio E tralasciando dell' aglio con bianco sale il rotto acido, ed il vomito della notte, la mattina ti converr pattuire sulla mercede , quando ed in qual tempo dell' anno ti convenga riceverla. pertanto alla presenza di due o tre e facendoti cenno di sedere, incominamici, eera a dirti: Tu hai veduto il nostro modo di Chiamandoti vivere semplice e senza fasto, e senza alcuna tutto popolare e alla mano. Ora tragica pompa, conviene che tu in guisa ti regoli, ch e giudichi Perocch saria aver con noi ogni cosa comune se affidandoti il principer Dio! pur ridicolo, pale, cio 1' anima mia, o de' miei figliuoli ( se mai ha figliuoli, a' quali hai da far da maestro ), d' ogni altro padrone. egualmente Tuttavia bene di determnare alcuna cosa, io sono informato del tuo vivere regolato e della tua onest, e capisco che non sei venuto in mia casa sulla speranza della mercede , ma in vista non ti facessi

595 e ai tutto altro, e per la benevolenza nostras, Ma staper F onore che ti sar fatto da ognuno biliamo; tu di pur ci che vuoi, e ricordati solo, a , di cio che ottetrai da noi convenevolandell' anno, mentre, mente nelle solennit corcb niuna cosa ora di cid tra noi si convencarissimo E tu sai ga, noi per certo nol dimenticheremo. havvene che infra 1' anno di queste occasioni molte percio a queste, sarai nella Risguardando -tJJa domanda denaro. pi misurato, ist male a voi altri letterati Avendoti e d' altronde essere non superiori al tutto commosso

con tai detti

e riempiuto di speranze ti ha renduto pi mansueto. E sognato gi avendo talenti a migliaja, e palazzi, a poco a poco ch'enpossessioni intiere tri nella picciolezza di quel discorso , muovi a quella promessa la coda come i cani, ed hai per vero e infallibile quel tra noi sar tutto che mune, non ricordandoti le labbra non ne gusti. Aspergendo co-

arrossendo ti rimetti in lui. Egli neFinalmente e comanda ad alcuno degli ga di aprir bocca, amici ivi presenti di frapporsi e parlare in modo che non sia ad esso grave, che di gi ha da spendere in altre necessita a n vile per chi dee accettarlo Allora qualche crudo vecchio allevato nell' adulazione fin da fanciullo, non negbedi esser tu avventurosissimo rai, esclama, essendoti quaoti mai sono in questa citt, tra pel

594 primo mente in sorte cio che a molti ardentedesiderantilo non e conceduto dalla fortoccato

intendo che sei stato riputato degno di tuna, aver comune la mensa, e di essere accolto nella familiarit della prima casa dello Imperio RoSe tu saprai usarne con senno, cio vale mano assai meglio che i talenti di Creso e le ricchezze di Mida, vedendo molti nobili personaggi bramosi della sola gloria dare anche del loro, di viver con lui, e d' esser veduti suoi compaNon so ritrovare parole bagni e creduti amici di tanta felicit, alla quaAvviso perle vi aggiugnerai pur la mercede se non sei insaziabile ; tanto che sia bastante, e qui dice una inezia assai minore di quelle tue T' e necessita pero d' accettarprime speranze stanti a congratularmi la, mentre non pi in tuo potere il fuggire essendo gi dentro .llle reti, e fermando la bocca stringi il freno, e da prima ti presti agile e non tirandoti quello assai forte, ne espronto, sendo a pungerti acuto, fintantoche t' abbia doLe persone di fuori infrattanto vedendoti passeggiar tra i cancelli, t' invidiano, senzache t' impedisca niuno d' entrare , divenuti riguardi , E tu quando to essendo di casa mato coll' uso non sai per che cosa sembri a coloro esser felice; non pertanto ne godi , ed inganni te stesso, e credi sempre che il meglio venga in apEd avviene poscia tutto al contrario di presso

595 ne ci che speravi, e, come dice il proverbio , va la faccenda al modo di Mandrabulo (1), cio e a dire che si va impiccolendo ogni giorDo, coE quindi risguardando tornandosi indietro. me in una luce adombrata , scere che quelle tue ricche erano che bolle di acqua incominci a cono* altro non speranze e le di color d' oro, veraci ed inevitabili

fatiche, continue, gravi, mentre Forse mi domanderai quali esse sieno, non t' accorgi che vi sia in questa corte alcun le molestie gli travaglio > n6 sai comprendere o Ascolta perci, affanni che io t' ho predetto e non ricercare solo se in tal facvalentuomo, cenda havvi noja e travaglio, ma acconciamente intendi ci che v' ha in essa di misero, di verE da prima rigognoso e di affatto servile che dall' ora che entrasti, dei riputarti Ed i magcome non pi ne libero n cittadino. cordati la famiglia, la libert e ogni altra cosa giori, s' intende essere stata da te gittata in mezzo alIa via, tostoch incominciato avrai il mestiere Ne vorrebbe la liberta per cui seiti venduto. conversare pi teco, entrato essendo in un mestiere si vile Dolgati pure quanto tu vuoi un cotal nome tu divieni servo, e non solo di uno, , (i) Di questo Mandrabulo racconla Platone il Comico che in Samo ritrovato avendo un tesoro sacrifico a Giunone una pecora di ora.. I anno appresso di argenlo ed il terzo di rame.

servo di molti, e per infamissifna mercede sfaccenderai da mattina fino, sera a curve spalle, e come uomo nanucatv nella servit dalla puerizia, e scolare tosto e che in eta avanzata va ad ammaestrarsi in tal disciplina , non riuscirai malto dotto, ne sarai stimato dal padrone, il granfatto guastandoti ricordo della passata libert, che ti fara alcuna volta rientrare in te stesso, e percio ti disimp.egnerai male della servit. Se pure non ti stimaslibero, perch nato non sei fine sei stato .gliuolo di Pirria, o di Zopirione, quale altro Bitino venduto al grido del bandito re Ma quando poi, o buon uomo ricorrendo , il far della luna, mescolato con Pirria e con , come ogni altro servo, Zopirione disteriderai , la mano, e prenderai tutto cio. che ti dato , questa si vera vendita s mentre chi si vende da per se stesso, e si da lungo tempo prostituito al padrone, non abbisogna di banditpre E tu, o feccia, ( cosi parlerei soprattutto a chi se predandoti in mare alcun professa filosofia ) o pirata, ti vendesse, compiangeresti te E se alcuno stesso come indegno di tal sorte affermasse di condurti via come serprendendoti corsaro le leggi, ti sdegneresti e inao terra! o Idbisseresti, gridando a tuttavoce, nella dii! Ed ora per pochi oboli in un' et, quale se fossi nato servo, era tempo di pensare vo, invocheresti si bastantemente

3g6 ma sarai di necessita

597 'ti sei con tutta la tua virt e saalla libert, e per nulla hai ripienza da te stessa venduto, Platone e putato -.fuel molti discorsi, che il bel in lode e Aristotile hanno composta Crisippo della servit. N della libert ed in dispregio i barattieyergogni di startene tra i piaggiatori, di Rol'i e i buffoni, ed in tanta moltitudine greco, e parlare. e con barbarismi la loro favella, e malamente cenare a cene tumultuose , e piene di gente died in questi versa e la maggior parte cattiva ; conviti lodare importunamente, e bere fuor di misura; e la mattina levandoti al suono del campanello, perduto sieme cogli altri cor nelle gambe Cotanta caresta pi dolce, correre indi sopra e di sotto, avendo anil fango del giorno innanzi ? il sonno mani trovarti solo col mantello

avevi tu dunque di lupini e di fontane di acqua mancavanti cipolle campestri? fresca e corrente che caduto sei in tanta dispe chiaro che non per manNondimeno camento di acqua e lupini, ma tratto da bramosia delle vivande , dei dolci, e del vino odoromeritamente so, preso siccome il labrace (1), trafitto sei nella gola che il desiderava Ed il premio di tanta ingordigia si e in pronto, e come razione ?

(i) Af/S~ct~ par nome di uccello o di pesce Questo nome in greco vale vorace Il tradutlor latino lo ha spiegato per luccio j ma s1inganna

398 gli scimmiotti legato pel collo con una collana, farai rider gli altri di te, figurandoti solo di essere tra le delizie, quando in abbondanza potrai divorarti de' fichi. La liberta, e la nobilt, col la - tribu, e per te tutto svanito, popolo e non vi rimane di tai cose pur la memoria Ma se non vi foase in sopportarsi, questa faccenda altra vilt che di libero comparir servo, e non vi si aggiugnessono le fatiche anor dei famigli. Laonde osserva se ti si copotra a te piu moderatamente che a Dromone ed a Tibio, peroccheil desiderio della dottrina, per cui diceva di averti preso, poco a lui importa, secondo quel dettato: cosa ha di comune E non t'accorgi che struggendosi di desiderio di conseguire la sapienza di Odi Demostene e la granmero, la robustezza diosit di Platone, se dipoi alcuno gli tolga dalV asino colla lira? F animo le cure per 1' oro, 1' argento ed altre cociche che vi ri che e al ma si fatte, rimane mane ch altro tro si e i, se fatte, ci mai, , si suse non fasfo, mollezza, volutta, lussuria, E per tali dottrine non hanperbia e ignoranza? no di te affatto bisogno Ma perch porti una ed hai non so che di venerevole lunga barba, una veste nell' aspetto, e ti cingi decorosamente greca, e ti conoscon tutti per professore di lettere, oratore, lare eziandio o filosofo , gli par bello di mescouno di tal razza a quei che nelle sue uscite fannogli corle, perocche apparir manda almeno

599 essere cosi amante delle discipline e delle lettere Talch tu , dei dotti ed apprezzatore

greche, corri rischio di avere appigionao valentuomo , o il discorsi to in luogo dei tuoi maravigliosi Convienti perci esser semmantello o la barba. pre veduto e levandoti con esso, e non lasciarlo giammai , di gran mattino mostrarti in ispettail tuo colo nel corteggio senza mai abbandonare Esso

posto mano ,

alcuna volta la dipoi distendendoti ci che viengli alla bocca, spropositer che nepper dare a divedere a chi t' incontra delle pure andando per via dimentichevole e che sa bene spendere E tu infelice ora passeggio andandone 1' ozio istesso correndo del ed ora

muse,

a passo per molte salite e discese, tale essendo la citt, come tu sai, dopo un' assai lungo giro, coli di sudore e rimani senza fiato; e mentre colui se n' entr dentro per parlare con qualche amico, pel quale ha fatto la e standoti ritto e via, tu non hai come sedere, non avendo che fare, prendi in mano un libro e ti poni a leggere. Intanto digiuno ed arso di sete ti sorprende la notte, e bagnato in mal tempo quasi presso alla mezza notte ne vieni a cene na, non pi onorato come la prima volta, dai circostanti, Che anzi se sopragrisguardato sei rimandato giugne altri pil nuovo , indietro, e cacciato cosi in un dispregiatissimo cantone ti giaci testimonio di cio che si porta e si

400 toglie di tavola, e se pure i piatti giungono fino a te, roderai le ossa come i cani , e dolcemente per fame ti succbierai una foglia secca di malva avanzata ad un ripieno. N ti mancheranno altri gli ovi, pre ad esser obbrobrj ; non essendo trattato ne solamente non avrai semnecessario che abbi

ma non dei pure avere un polio simile agli altri, ed at ricco si serv.e grasso e polputo, ed a te si da un mezzo pulcino, o un colombo vecch io da razza per farti onta e dispregio. Sovente, se per caso manca alcuno dei convitati, e sopravviene improvvisatu sei mente, dicendoti il famiglio all'orecchio, di casa, ti toglie incontanente cio che hai dinanzi e ne serve colui che e arrivato. Quando poi scalcasi in tavola o un cervo o un porcello da latte , ti bisogna avere propizio lo scalco , o la parte di Prometeo, le ossa cioe col prenderti A colui che sta sopra a te si serve il merollo nel tegame, finche saziatosene pill non ne voglia, ed a te si passa sopra di volo. E queste cose , domando io, come potranno sopportarsi da un uomo libero, avesse pur ei la bile del ripieno Ma non ho ancor detto, che bevendo gli tu solo ne altri un vecehio e soavissimo vino , Fa per sempre bevi del cattivo e del torbido accio attenzione di bere in oro o in argento, cervo?

ra e non conosciuta , il pretenderlo, prudenza

come una persona forestiee sarebbe in te una im-

4oi che sei dal colore del vino, , non ti discoprano E volesse il cie* un convitato non punto curato. lo che ti fosse pur di quello concesso di berne molte volte fina saziet, che domandandone, Gl' insulti che ger il fanciullo di non sentire ad ogni poco, e divendei soffrire raddoppiansi aliorche e gon quasi continui , e massimamente pi onorato di te un bagascione , o un maestro di Alessandria, di ballo, o un omicciatolo Ed in tal sa bene usare i modi di Jonia. mento per avere l'onore di giacerti a mensa coloro , invidii a questi ministri i loro vezzi letterine che portano sotto torj e quelle E perci rifuggendoti no per vergogna in che angolo della piangi te stesso che mocome amail sequalcom-

mensa, a ragione sospiri, ed incolpi il destino, che non ti ha comparti to ni una di quelle grazie E vodivenire poeta lentieri mi sembra che vorresti di canzonette tarne amorose o esser valente a can-

di quelle composte da altri, vedendo a che sono riservati i plausi e gli onori. E sosterresti ancora di fare il personaggio d' indovino e di mago, ti talenti di que' che promettono eredita di mole principati e ricchezze ammassate ,

perche vedi che ancor questi si portan bene nelle amicizie e son tenuti assai in pregio Volentieri adunque diverresti uno di questi per non vederti si negletto e si inutile Ma non sei, o sventurato, perriuscire neppure in tai cose, laonde Vol. I. 26

402 di necessita scosamente e sopportare nanel silenzio e nelle lagrime il dispreconviene umiliarti

Se alcun servo ciarliero rigio di tua persona. ferir che non hai lodato il fanciullo della pao suonava Ia chitarra , drona mentre ballava passerai rischio non piccolo; per la qual cosa bisogna che tu gracidi come un ranocchio assetato per farti distinguere tra quei che applaue e facci a' pi fervorosi da capo coro, dono, molte volte standosi gli altri in silenzio ripetere qualche encomio pensato , che sappia soprabbondi adulazione Ed e pur questo ridantemente dicolo, che un familiare affamato ed assetato coE semronisi il capo e si aspe.ga di unguento bri essere fresco vande non diverso da una colonnetta di un sepolcro, sopra Ia quale si pongono le viancor su per 1' altro mondo, perocche si versa 1' unguento , e si pongono le coe mangiasi quindi e si bee cio che vi si da chi ve le ha poste Se dipoi il fosse geloso, e vi fossono dei bei figliuo-

quella rone, preparato

padrone se non t' allontani letti , o una donna giovane, tu affatto da Venere e dalle Grazie , non ritroverai pi pace, ne si e per te questo lieve pee gli occhi del re, ne soltanto veggono il vero, ma vi aggiunalcuna cosa di pi per non semgono sempre brare giacere di essersi Convienti ingannati col volto basso come nei conviti pertanto persiani, ricolo. Molte sono le orecchie

405 che qualche eunuco non ti vegga rimentre un altro eualcuna concubina, guardare nuco stassi gi coll' arco teso per trapassare le cose vietate bevendo chi di riguardo guance avendo un poco dorIntanto uscito dal convito, sul timore esclami : mito, al canto dei galli risvegliandoti, i o me sventurato e infelice, che, abbandonati una vita dolce miei eserciaj, i miei compagni, ed oziosa, un sonno misurato precipitato libere passaggiate, sto baratro! E per qual mai cagione ? o Iddii, e quale mai questa mercede si splendida ? E non potea io fbrse procacciarmi assai di meglio, rimanendomi liber o e padrone in tutto di me stesso? Ora, come il leone una cordicella , pill da compiangersi, dal desiderio, e mi sono in code-

della favola legato con sono tratto su e gi, e ci che non posso essere ne onorato, essendo io rozzo ed imperocch

ne avuto caro, inesperto in codeste a confronto malgradito , valendo in nulla

faccende, soprattutto posto d' uomini del mestiere, sono percio e riesco un convitato pesante, non a far ridere anComprendo aspetto nojoso , pill piacee finalmente men-

cora che spesse volte il mio e quando specialmente vo' rendermi

sembro loro pili burbero, vole, non so trovar modo come acconciarmivi, tre se conservo

la seriet, comparisco loro aspro, e poco men che mi fuggono; se dipoi rido, e mi rivesto non so che di grazia nel viso, mi

404 ed in questa bisogn sputano e mi dispregiano, mi pare essere simile a colui che livestito da In somma, o stolto tragico recita una commedia che io sono, in che altra vita vivrommi, se nella presente in tal modo ho vivuto? Ti stai ancora su tai pensieri , quando suona la campanella, e ti conviene riprendere il costume ordinario, andare attorno , fermarti , ed ungerti bene prima Ie glandole e le giunture, se vuoi resistere a questo esercizio In fine la stessa cena protralta a quella stessa ora, e con questa il cibcr contrario al tuo modo di vivere , e cosi le veglie, il sudore , ed i travagli insensibilmente ti logorano, e finisci o coll'iterizia, o coll'asma, o colla Nulladimeno tu incolica, o colla bella podagra tosti, molte volte dovendo startene in letto non t'e permesso, e la tua infermita si prende per un a' tuoi doveri, talche pretesto di non adempiere per tutto ci sei sempre pallido , e sembri molto simile a un moribondo Questa si la vita Tralascio dipoi di far. meordinaria della citt Somoria di cio che ti avverrebbe viaggiando vente piovendo e venendo tu in ultimo, tale essendo il posto che ti ha destinato ti i giumenti, e non essendovi della parican su col cuoco e col parrucchiere drona sopra un carretto 5 senza pure avvertire di metterti sotto paglia bastante Non m' incre" see di raccontarti una cosa molto da ridere , che la sorte, aspetpi vetture ti ca-

405 essere ad esso lo stoico Tesmopoli raccontavami non medesimaavvenuta, la quale per Dio! mente fuor del possibile che non possa ad altri accadere Vivea egli in casa di una ricca e delicata donna della ciu. Dovendo dovette in prima volta viaggiare, r.on poco ridicola, che ad esso uomo awentura grave e filosofo convenne sedersi vicino ad un bagascione di quei a barba rasa e gambe allila signoCome facile a comprendersi, del ra facea gran conto di codesto bagascione , e chiaanche il nome , quale ei rammentavasi sciate mavasi tinenza e canuto Chelidonio. E primieramente che imper mai questa? Un uomo vecchio, serio questa una soffrire una

barbone avea ( tu sai che venerando Tesmopoli ) si fa sedere accanto ad una vessica di imbellettata , cogli occhi dipinti e cascante vezzi e di smancerie e che non sembra per Dio! una rondine ma un avoltojo senza piume (1), E se non 1' avesse assai scongiurasedersi colla cuffia in sul

alla barba. to,

volea forzatamente

Avendo dipoi sopportate mille insolenze , capo cantando colui, e improvvisando , e facendo prova di saltare pure entro la vettura se non si fosse egli opposto , gli avvenne per giunta un' altra faccenda Intperocche la donna chiamandolo,

in greco come noi di(1) Il nome di Chelidonio SlLQna in italiano Rondinino. cessirflQ

4o6 Tesmopoli, venturoso, possi tu sempre esser avdissegli, non negarmi un picciol favore che ti ne aspettare se hai che ridirvi che io

Egli, come puoi immaginarti , ad ogni cosa rispose di essere apparecchiato Adunque , riprese la donna, avendoti io scorto di benigna natura, compassionevole , diligente, ed inchinato all' amore vo' pregarti, che prendi nel tuo cocchio e custodisci la mia cagnuola Mirrina che tu conosci 1 ed abbi cura che non manchi di nulla ; la meschina ai trova gravata dal peso del corpo, e dubito abbia le doglie Questi maladetti e disumani servi, non solo di ma pur di me stessa niuna cura si tolgon per via. Crediti che non m' pbbligherai si legse conserverai questa cagnolina si cagiermente, ra e si interessante Tesmopoli lo promise, sconLa fino quasi alle lagrime. giurandonelo ella lei, la ridicola, vedendosi cagnuola coperta pol mantello affacciarsi sotto la barba, spesse volte addosso ( quanpisciargli tun que cio Tesmopoli non ricordassB ) ? ed abfaccenda era assai ben bajando con stridula voce, come fanno questi cani maltesi, leccare i peli del filosofo, ove rimaso era qualche poco d' unto dalla cena del giorno innanzi Ed il bagascione compagno, il quale non senza grazia sapea a tavola motteggiare i convitati, volendo gittare un motto contro di Di Tesmopoli, disse, non ho io altro Tesmopoli,

domando, te ne importuni.

407 a dire, che di stoico e per noi divenuto cinico, ha partorito ho saputo che la cagnuola

perch Cosi facendo lor onta abusan nel suo mantello e rendongli costoro nelle delizie dei familiari, le ina sopportare a poco a poco maneggevoli giurie. IIo anche io conosciuto un certo oratore , che comandato era di declamare in una cee per Dio J il facea na con quanta avea voce, non senza dottrina , denza Encomiavasi ma con troppa forza e capertanto tra i bevitori, non

ma al perorando alla misura dell' acqua (1), barile del vino, e diceyasi che si era posto a cotal cimento per duecento dramme Questo alSe poi il ricmeno sa alquanto di ragionevole co fosse o storico o poeta, e recitasse alcuna coallora si che convienti daddovesa alla mensa, ro crepare adulandolo e lodandolo , e ricercando nelle lodi stesse modi vi ancora alcuni che nuovi del tutto. essere Havvogliono ammirati

per la bellezza, e bisogna sentirgli dire Giacinti ed Adoni benche abbiano un naso di un cubi, to E se tu non lodi, ne anderai tosto come odiatore ed insidiatore alle Latomie di Dionisio (2) Conviene che sieno essi sapienti ed

(1) Allude al costume degli oratori ateniesi, che mentre peroravano, gli si faceva correre una quantit di acqua, terminala la quale dovean finire i loro discorsi. (2) Allude all avvenuto con Dionisio al poeta Filosseno che per non voler lodare i SUOtversi si fe' condurre in

4o8 i lo* oyatori, e se cadono in qualche solecismo, ro discorsi deono non ostante cio saper sempre d' Imetto e dell' Attica, ed esser norma di Ben E cio che fanno gli m> parlare per 1' avvenire si pi sopportabile Le donne, perocch anche Ie donne ora affettano di avere al loro sol- mini do ed al segutto della loro lettiga alcun. familiare dotto, e sembra loro esser qnesto uno dese dirassi che sono erugli altri loro ornamenti, dite e filosofesse , e che faccian versi non jnferim-i a quelli dr Saffo, le donne adunque banno ancora al loro soldo oratori e professori di Iettere e filosofi. cor questa si arricciano riera allora Alcuna volta gli ascoltano ( ane da ridere ) nientre si adornano e i capelli;

ed assai volte, mentre il me viene la camefilosofo fa le dimostrazioni , ed arreca i viglietti dell' adultero. Eglino i discorsi, ed doascoltargli

per prudenza sospendono che ritorni essa ad aspettano

Alla fine dopo che- abbia risposto al bertone i Saturnali e le Pape lungo tempo ricorrendo natenee ti si manda lacera, un misero e conviene una tonaca o mantellaccio , allora se ne fac-

cia gran pompa. Ed il primo che ha trainteso tal pensiero del padrone , ne viene - correndo, e prigione Le Latomie eran cave di pietre poste in vicinanza di Siracusa che servivan di carcere, e furono in esse pnr condannati gli Ateniesi dopo la disfatta di Nicia e di Demostene.

40g La riporta non picciol premio di tale annunzio mattina tel vengono a portare in tredici, d* quale cose che ha deuo li va ciascuno decantando cercadi te, e come, avutone 1' incombenza , ha Partonsi dipoi tutti regato scegliere il meglio che non gli abbi datb lati da te, e brontolando La mercede poscia ti si paga a sospiri di pi. a due e a quattro oboli; se domandi, passi per Laonde per a~erla ti bisonojoso ed impronto gna supplicarlo e piaggiarlo, teggiare il maestro di casa, modi di cortigianeria affatto trascurarsi intanto anche e dei ancora lo che diversi. richiede N cordei da ed arl

il consigliero e l5 amico; di cio che ricevi gi ne tai debitore

e non avensarto, al medico ed al calzolajo ; done niuno utile, quei doni non sono per te doni. Ed oltre ci nascono contro di te molte calunnie, scorsi, tinue fatiche, e zoppicante in corteggiare per mancamento di forze, e per Ia podagra che ti Ed avendo carpito il fiore della tua sovrasta salute e della tua et, e corroso il vigore e la robustezza una fatica dando quindi del tuo corpo, in luogo di porti ad che sia per te sostenibile, va risguarin quale immondezzajo E possa gittarti. vieni accusato , o di aver tentato il suo o che abbi malgrado la tua vecchiezza una donzella cameriera della signora, ed il padrone sente con piacere tali diperocch ti vede gi rifinito dalle con-

fanciullo, violentato

4io o alcuna altra galanteria. E cosi di notte imbacuccato entro il mantello sei pel collo tratto fuori di casa, miserabile ed abbandonato da tut-

ti, ed hai per compagna della vecchiezza la buona podagra; e dimenticato essendoti dopo tanto tempo ci che sapevi, e col ventre maggioe che si il tuo tormento, xe della borsa, perocch non puoi ne riempierlo, ne fargli sentir la gola secondo il solito domandando ragione, e disimparando con isdegno Ne essendo in tal condizione , troverai alcuno che ti prenda, essendo tu come i cavalli vecchi, dei quali non e buona neppur la pelle. Di pi la calunniosa voce del tuo discacciamento rinvigorisce i sospetti contro di te, e ti fa comparire come avvelenao altro simile, tore ed adultero, perch il tuo accusatore anche tacendo e degno di fede; tu se' un Grecastro inchinato e a tai leggerezze, Essi hanno di tutti capace di ogni ribaldena. e pare noi tale opinione , e molto a proposito; a me di averne ritrovato la ragione, e si e, che molti entrando nelle case, e non sapendo nulla di buono, han promesso indovini ed avvelenae rivolgimenti di favori d' innamorati , menti, mali contro i nimici. E dicendo d' insegnare tai e portavano barbe cose cignevansi il mantello, Non a torto adunque si punto non dispregevoli. ha simigliantemente su tutto sospetto di essi , veggendo tali essere coloro, che avvisavansi essere

4n e molto pi osservando la lor costumatissimi , 1' adulazione nei corteggi , frequenza alle cene, Coe 1' inclinazione al guadagno e alla servit. come raloro che gli discacciano , hannogli, gionevole, in odio , e se possono cercano tutti i si pensano mezzi di esterminargli Imperocche che anderan cicalando molti secreti sul conto loro, sapendo essi minutamente ogni avendoli nella lor nudit. considerati tanto e cosa, Cio per-

gli cruccia, essendo essi tutti scrupolosamente simili a quei belli libri cbe hanno il bellico dorato e la pelle di fuori color di porpora , e dentro evvi Tieste che mangiasi i figliuoo Teseo li, o Edipo che giacesi colla madre, che sforza insieme le due sorelle. Cosi sono essi splendidi porpora e riguardevoli , tengon nascosa e dentro molta poi sotto la Svoltragedia.

vi ritroverai un gendo percio ciascuno di essi, dramma non piccolo di Euripide o di Sofocle. Le cose di fuori son florida porpora ed ombellichi dorati se qual cosa conoscendo stessi odiano ed insidiano coloro, che separati da loro sanno ogni lor fatto , sul timore che gli ponga in tragedia, ro scelleratezze al popolo le loVo' medesimamente io, coraccontando Per la

me quel Cebete, dipingerti di tal vita una qualche immagine , acciocche riguardando in quella se fa per te 1' abbracciarla E possi considerare vi adopererei o volentieri o Apelle, o Parrasio,

ma non potendosi rinAezione, od Eufranore , venire tale si valoroso e si esercitato nell' arte , debolmente per quanto posso ti far io tal pittura. Dipingerei adunque un vestibolo alto ed indorato , che non sia in basso in sul pavimene la salita sia to, ma posto sopra di un colle, penosa e lubrica di modo che sovente longa, coloro che sperano di essere in alto, mancanPer entrO vi sieda la dogli il piede, rovescino. secondo pare, tutta di oro bellissima Ricchezza, ed amabile. L'amante avviciappena giunto, nandosi alia porta e riguardando nell' oro, rimangasi stupefatto. La Speranza ricevendolo, leggiadra ancor essa e vestita di diversi colori, introducalo pieno di maraviglia all'entrare. D'indi in poi lo preceda e sempre essa Speranza, due altre donne, la Frode e la Serprendendolo vit, lo consegnino al Travaglio ; il quale dopo finalmente gi avere assai adoperato 1' infelice, cambiato di colore ed infermo, 10 ponga in maIn ultimo poi afferrandolo no della Vecchiezza In la Contumelia, lo porti alia Disperazione. questo mentre la Speranza sen voli via, senza che pi comparisca Esso dipoi non piii per quel1' ingresso dorato, ma per un altro opposto e nascoso, sia cacciato fuori nudo, panciuto, pallido, vecchio, cuoprendosi colla sinistra le vergogne e colla destra percuotendo se stesso. Facciasegli dinanzi alF uscire la Penitenza piangente

413 la quale pill disperi 1' assassinato e disytile , Per la qual coQuesto sar il fine del Quadro consisa, tu, o ottimo Timocle, diligentemente derando ciascuna cosa, pensa se per te bene , entrando nel Quadro per quella porta, serne poi di nuovo cacciato da quell' altra tanta escon

partito dipoi abvergogna Qualunque che dice : del Sapiente rammentati braccerai, Iddio innocente, la colpa d di chi sceglie,

44 DIFESA H-rsef ..us j. f : Luciano J i ARGOMENTO # 1t divenuto vecchio DE' CORTIGIANI ;)..I. ) menar ; volle una ,;

vita piii agiata , ed ottenne dall' imperadore un come di cancelliere incarico, per quanto pare, del prefetto di Egitto. Scritto avendo L'invettiva precedente contro coloro ch' erano a soldi esser ripreso e do, temette per avventura come colui che diverso operava da beffato, quello scriveva ; indirizza perci questa difesa ad un tal Sabino suo amico, che fino dalla sua giovent conosciuto ei avea. nella Gallia , ed isforzasi provare essere ben differenza tra il soldo si riceve dal principe, e quello traesi dai grandi col pretesto della dottrioltre la solita piana. Questo componimento, di molcevolezza di che ovunque asperso, to rilievo per darci in esso V autore molte notizie studii della vita, dei suoi viaggi e del modo suo di pensare sua , dei suoi

gran tempo o bel Sabino, che va, Egli do meco stesso considerando cio che ragionevolmente ti sar caduto in mente, e cosa avrai detto in leggere il mio libro su i Cortigiani, mentre io ten go per certo, che non l'avrai percprso

4J5 senza riso. Laonde cio che' avrai tu detto tra il di abbellirti ora mi vo' e provare dopo , leggere alla meglio , e se non sono io un cattivo indovino, parmi udirti dire: Eh. come costui dopo ed affibbiata una si fiera avere scritte tai cose, ora di tutaccusa a cdesta vita, dimenticatosi come suol dirsi, il voto di mano, si cacciato stesso se e da per spontaneamente in una servit splendida e manifesta r Quanti Mida, Cresi e Pattoli gli han mutato il cervello , to, cadendogli, ed che 1*amava, ora che gi si educato avealo fin da fanciullo, sta vicino ad Eaco , e per poco non tiene pur l'altro piede entro la barca, si presta ad esser tratto e menato , come legato fosse per Ia gola che abbandonata la liberta di oro, a guisa dei bagattini e dei bestioli dei delicati ricchi? V' ha adunque assai differenza dalla vita alio scritto , ed appunto questo un andare contro il corso del flume, e rovesciafe ogni cosa, e ricantare in peg! Elena.o le imprese di Troja, gio , non per Dio con una collana ma ritrattare coI fatto dei discorsi che sembravano stati detti molto a proposito. Questecose, come e facile, andrai dicendo teco stesso, e v' aggiugnerai pure questo consiglio non fuor di e degno d' un uomo luogo, anzi amichevole, scbietto e filosofo qual tu sei Percid se con de-* coro togliero a rappresentare la tua persona, la cosa andr bene, e sacrificheremo al Dio

4i6 dell' eloquenza; se poi questo non accadesse v' aggiugnerai tu il bisogno. Ma omai e tempo che , cambiata la scena, s' d' uopo per la salvezza io mi presti in silenzio ad esser arso e tu prepara le medicine, tieni alla masegato; no il coltello ed il cauterio infuocato ; e prendendo la parola, dirai a me, o Sabino, tai cose: Una volta, sto scritto ti o amico, com' era giusto, quereco fama recitato in pubblico come mi raccontavano persone, quei

a molte

che lo intesero , e privatamente ad alcuni dotti, che vollero informarsene, e degnarsi averlo tra mani. era Imperocche dispregevole, rienza dei fatti, molta chiarezza, cgnuno fargli poich 1' apparecchio dei discorsi non e v' era molta istoria ed espeed

utile, cadere nella

ogni cosa era detta con e cio che si il pi, era ad e singolarmente ai dotti per non servit per Dapignoranza meglio il dare un imitare onta quel vil

esser poi ti piacque ed largo addio alia Libert, versuccolo r ad Di natura si serva

pi legguardati gerlo alcuno, ne pur prestalo per leggerlo a coe fa voloro che veggono la tua vita presente; che versi molta acqua ti a Mercurio infernale , da prima, di Lete su quelli che lo ascoltarono cio che e altrimenti parr che ti sia avvenuto

ov guadagno, che non ti ascolti in avvenire

M7 nella iI libro favola ed avrai tu stesso scritto corintia, Ed io in fede contro te Bellerofonte

fiiia non veggo qual difesa, che sappia un po' di possa tu mai face contro i tuoi accusagarbo, tori, la liberta no, che v' in quello, vedranno dipoi 1' autore ser,. ed avere spontaneamente vire, posto il JCOIIO Ji,. Non diran male pertanto, sotto del giogo cendo che si e quel libro di alcun valentuomo; invanita delle ale che tu sei una cornacchia e spezialmente mentre lodando se adopereranno il tuo scritto e lo scber-

trui penne, o se pure e tuo, che abbi tu fatto come Saleto, ehe stabilito avendo presso i Crotoniati una durissima legge contro gli adulteri, ed assai celebrato essendo per essa, poco temcolla po appresso fu egli sorpreso in adulterio moglie di sue fratello. Andr pero a maraviglia se diranno che tu gli somigli Che anzi era Sapi degno di compassione, perch dall' amore , corne disse poi difendendosi, taneo leto preso sponil fuo-

con grandezza di animo sal sopra i Grotoniati mossi a pi^ta del co, quantunque suo caso , gli eoncedessero, s' egli volea, di fugII fatto tuo .anche pi strano , girsi. perocche avendo con diligente discorso provato la villA di tal vita, ed aceusato chi imbattendosi in casa di un ricco vi si nchiude, e fa e soffre mille indegnit e mille incomodi, finalmente iu yecchiaja e quasi all' ultimo del viaggio ti s^i Yo I. J. 27

4i8 indossato cosi vile, della quale po" co meno non ne fai pompa Per la qual cosa altrettanto semquanto pi vuoi esser famoso, bri esser ridicolo , facendo a calci col libro la vita che meni Ne d' uopo cercare contro di te una nuova accusa to della dopo quell' ammirabile dettragedia : Un sofista per s non dotto ho in odio. Ne mancheranno agli accusatori altri esempj, ed alcuni ti somiglieranno ciaagli attori tragici , cuno de' quali in sulla scena ora Agamennone , ora e Creonte, ed ora lo stesso Ercole ; fuori dipoi spogliatisi la maschera , sono Polo ed Aristodemo , e divengono mercenarj recitanti di tragedie , e se cadono sono fischiati, e talvolta alcuni di loro sono anche frustati, se piace agli spettatori to lo stesso male Ia scimmia vendo tura Altri diranno che hai sofferavvenuto alcbe dicesi essere una servitu

di Cleopatra , la quale imparato aa ballare , lo faceva con molta disinvol-

e leggiadra, e molto era ammirata per riin positura la decenza , conservando manere i passi secondo il canto ed il ed accomodava in qualche distanza. ai cantori, ed al ballungo addio all' orchestra , lo, gittata o piuttosto fatta in pezzi la mascheCosi diranra, volsesi a divorar quelle frutta no di te che non essendo attore , ma poeta dei dell' Imeneo; o tichi o mandorle suono ma veduti, come credo , dato un

419 migliori, e distributore di leggi, alla mostra di questo fico sei divenuto bagattino , sulla punta dei labbri , altro Altro in mente celando, Talch e filosofo in dicendo.

a ragione potr alcuno dire di te, che di quelle cose che spacci , e per le quali avvisi esser lodato , ma il palato Sol le labbra aspergesti, Poscia in secco lasciasti , , ne hai in sul momento ed a proposito essendoti temerariamente

Pertanto pagato contro

mosso il fio, le umane miserie, essendo per poco manricato che non abbi col mezzo del banditore

E sembra che Adrastea stannegata la libert, doti dietro, mentre eri in voga per le accuse date ad altrui , prevedendo come Dea la futura tua mutazione in simile stato, si ridesse molto di te , come non ti sputavi addosso, innanzi di accusare coloro che per la del destino variet eran costretti ad abbracciare tal vita Se adunque in questo discorso figurasse alcuno Eschine condannato ancor esso dopo l'accusa di Timarco, e ritrovato a soffrire e stesse cose, quanto mai credi ne riderebbono gli spettatori , vedendo che chiami in giudizio Tirnarco per peccati da lui fatti nella giovent, ed esso poi di gi vecchio mostri in se il vizio istesso ? In somma sei simile allo speziale che vantando il rimedio per 1a tosse, e promettendo di guarirne all'istante

420 viene in quell' atto soffocato ei pur Queste ed altre molte cose potra dire alcun tuo accusatore in argomento si vae che offre molti ripieghi. Io dipoi gi sto, vo pensando come prendere la difesa, n so se sari bene volontariamente soccombere , e voltaSF infermi, dalla tosse re le spalle, n negare di aver mal fatto, .e riintendo della fuggirsi a quella difesa comune, sorte , del destino e della fortuna, e domandar perdono a coloro che mi riprendono, sapendo essi ehe non siam noi padroni di noi, ma da non so che di meglio, o piuttosto da una delle e seneagioni allegate tratti siarno non volendo, colpa si e tutto ci che diciamo o facciamo Ma sara questo troppo volgao amico re , e tu neppuie, che , sopporteresti io ponessi innanzi simile :t't)ologa, vi cbiamassi di sopra pi Omeio per avvocato recitando i di lui versi : za alcuna nostra Uomo non v" che sfugga e 1' altro : Tratta al suo destino.

la sorte all'uomo nato egli appena : Lasciato perci un tal discorso come affatlo indiro che n per ricchezza , ne per alcredibile, f cuna altra simil speranza invocato, mi son piegato a codesto servizio, ma ammirando la prue la gran mente del la magnanimit, ho voluto essere a parte delle sue personaggio, e temo che, oltre 1' accusa intentata, azioni, denza,

421 non incontii saro creduto di adulatore , e che cacei, come suol dirsi, ij chiodo piccolo col pi grande, -quanto 1' adulazione il pi servile di tutt' i mali, e pessima si diancora la taccia col nome suo istesso

Che altro adunquando non par bene parlare ne que rimane, in questo ne in quel modo, se non confessare , che io non ho a dire nulla di buono ? Per avventura v* e tuttavia un' ancora in seeco, ed la mostra compassrone alla vecchiaja , alle infermit, e con che per fuggirla persuade queste alla miseria, non a fare e soffrire ogni cosa. Ed in questo che sar male chiamare 1a Medea di Euripide, e con voce alquanto sonora si feccia innanzi, reciti per me questi giambi: Sommi ben io quai mali fare ardisco, Ma spigne la miseria i miei consigli Quei di Teognide gli sa ognuno senza che

io

che crede ottimo, quando si vuol gli ripeta, o fuggir la miseria, gittarsi nel mar pescoso, da un' alta roccia. Queste sono le cose che si hanno a mano per fare questa difesa, ne semMa tu , brano per se stesse molto a proposito o sozio che non mi serviro j non isconfortarti, jo di niuna di queste ; n possa giammai avere. nel Argo cotanta faIne, che tenti di seminare Chilarabio (i) , n sarem noi si poveri di una (1) II Chilarabio era una specie di arena. Olle si -

4-2 che per istrettezza a cercare ragionevol difesa, abbiamo tai rifugj contro 1' accusa E soltanto che di molto tra se differisce 1' enconsidera, trare a servire in casa di alcun ricco per soldo, cio che dice il mio libro, ed il trattare alcuna pubblica faccenda , ed adempiendo onestamente al suo officio, essere per questo stiPensavi, e posta ognuna pendiato dal principe. cosa da per se , vi rifleui, e come nella musica, vi ritroverai una quintadecima di differenza, e tanto sono queste due vite simili, quanto il 1' anemopiombo e l' argento, 1' oro ed il rame, ne e la rosa, 1' uomo e la scimmia II soldo e P obbedienza ad altrui v' e qui e v' l, ma la bisogna si ben diversa, perocche ivi la servit manifesta , e coloro che il praticano non sono e dai pipunto differenli dai schiavi comprati stoni Quelli dipoi che hanno in mano le cose pubbliche , e prestan se stessi in utile delle citta , e delle intiere nazioni a torto si condannano pel solo soldo, e si vogliono trarre in siPerocche vomigliante comunanza di accusa. lendo abbassare simili Presidenze , ne quelli che hanno cura di tanti nano le citt, te legioni e tanti eserciti n quelli che ordipopoli, ne quelli che hanno in mani tansaran Iodati, essendo e soffrirvi

esercitavano i giovani alia lotta e ad altri giuochi. PIalarco nella vita di Agide e Cleomenene fa ricordo.

4a3 Laonde loro tassata pur la mercede. all'opera rovesciare il tutto non credo che si convenga con una sola parola, ne stabilire una eguaglianIn fine io non ho detto che za tra gli stipendiati. mal viveano tutte le persone a soldo, ma ho solo coloro, che servono nelle case compianto sotto aspetto d' insegnare. Questa mia faccenda, o sozio, si di gran lunga diversa, perocch sono le cose a noi eguali , evvi di privatamente del quale comune un gran potere nel pubblico, amministriamo una parte. Se tu ben consideri, tu vedrai che ho io intra le mani una non picciola porzione di possanza in Egitto, perciocch io propongo i giudizj, e vi regolo convenientemente 1' ordine della giustizia; e scrivo i comentarj di tutto cio che vi si fa e vi si dice, e modero i d iscorsi degli avvocati, e con molta lealt custodisco i decreti e con del Prefetto, quanta diligenza e chiarezza posso gli mando in pubblico per osser conservati il soldo non mi vi en da un in perpetuo. ma privato, Ed dal

ma di molti tal enprincipe, ne questo piccolo, che siccoti, e con queste speranze non vane, me e d' uso, mi sia in appresso eommessa la cura di tutta la nazione, o altre libert, pertanto usare di benze. Voglio e prendendo ditenintentata insieme l'accusa dermi anche al di la del bisogno. E dicoti , che nulla si fa senza soldo, ne potrai tu pur regie assai incom-

4.4 nominarmi quei che tratlano Ie principali cose, mentre il principe istesso non senza soldo Ne ti parlo delle gabelle e dei tributi, che a luri ma gran soldo vengono ogni anno dai sudditi, e sopra ogni alsono del principe gli encomj, tro la gloria, e 1' essere adorato pe' benefizj, le il tempio, i boschi e quante cose hanimmagini, soldi son questi per le cure e no dai sudditi, ch' essi hanno in conservare la provvidenza , e E se vuoi parale cose pubbliche migliorare gonare Ie cose grandi alle piccole, incominciando dalla cima del muccbio e discendendo a ciaIa giacitura, vee piccolezza drai sono i pi alti dai pi bassi diversi, del rimanente egualmente tutti son mercenarj Se avessi io dunque stabilito la legge, sarei giustamente ma siccome che niuno tenuto reo debba far niente , di averla violata, nel mio liscuno in particolare, che in grandezza secondo

di ci nulla

si detto

bro, e conviene che operoso sia il valentuomo, a quale altra cosa applicherassi egli meglio, che affaticandosi cogli amici nelle cose buone, mettendosi innanzi, e dando all' aperto prova di se, della sua lealt, se commessegli, role di Omero, conviene spezialmente diligenza ed amore per le coper non essere, secondo le paE al mondo? peso inutile ricordare a coloro mi rievma

che non debbono essi ( se pur prendono, vi alcuno sapiente ), riprendermi come tale,

4^5 come uno dei molti, che esercitato nel parlare, non e poi da cio lode discrela, e riportatone gionto a toccare quella somma e principale virN per Dio ! perocche non mi alcuno tu. debbo io dolermi sono io giammai che adempiesse la profession per questo, imbattuto in

E maravigliomi che biasimando presente , non biasimi eziandio quelle grandi mercedi, che io ricevea una volta dal pubblico per allorch per vedere l'Oinsegnare larettorica; ceano occidentale viaggiando tu pur nella Gallia meco, che annoverato era tra i sofisti di grosso soldo. Queste cose, o sozio, benche tra grandi occupazioni, ho voluto scriverti per mia discolpa, non riputando lieve il riportare da te un voto bianco ed intiero Quanto agli t' incontrasti altri, stante se pure tutti m' accusino, per me banon ne cura quel detto: Ippoclide

di sapiente. tu la mia vita

426 SU DI UN ERRORE NEL OCCORSO

SALUTARE

ARGOMENTO Tre tu dosi modi di salutare usavano i Greci

i quali, dovenvpxrrtit t ed Cytati ~, strettamente tradurre nel nostro idioma , e valgono god ere , portarsi bene e star sano; vede ognun bene, che non corrispondono punto questi al nostro Galateo nb moderno n non conoscendo noi che V addio ed il antico, buon servo introdotto di, ed il pi moderno tra noi nel secolo XVI. dall' alterezza spagnuola, che sostitu pure al modesto titolo di messere e madonna il pi fastoso di signore e si-

Tutto il hello di questo Componimengnora to consiste negli equwoci di parole, che sono a trasportarsi in un altra lingua, impossibili e me ne sarei io volentieri accennato nell' altro simile Vocali, se non mi avessero come ho rimaso, del Giudizio delle le indotto a farlo

Sembra che Luciano lo scriragioni ivi dette ed avesse commesso vesse in et avanzata, del di Egitto, tal mancamento col Prefetto come quale era cancelliere , nella precedente Apologia. abbiamo veduto

427 .,"', , w difficile essendo uomo il fuggire la Egli e pi difficile ancora ricattivita di un Genio, trovare un' apologia di tin errore involontario ed per forza di questo Genio. Amendue queste cose essendone di mattina venuto ad aue dogurarti il buon di sono a me avvenute, vendo usare la solita parola e dir Godi, io uodissi mo galante obbliandomi in sul momento, sta sano, parola ancor questa di buon augurio, accaduto ma non all' uopo, essendo mattina. Pertanto io subito sudai di pena, ed arrossii, e mi ritrovai senza consiglio Quei cb' eran presenti, come avchi fossi rimviene, chi credea ch' io scherzassi, e chi fossi ancora in disturbo per inbambito, del giorno innanzi. T14 pero il sope desti appena con portasti assai dolcemente, leggier sorriso alcun segno dell' errore della mia Laonde m' e paruto bene di scrivermi un lingua discorso consolatorio, per non pi credere si inche un uomo vecchio in presenza sopportabile, digestione di tanti testimonj dimenticato abbia non bisognando, secondo io avviso, della lingua in un aEgfa sopra un mancamento to di buon augurio. Incominciando dipoi a scrila quistione assai dubbia, vere, immaginavami nulladimeno molte cose mi cadeproseguendo vano in sulla penna ma non dirolle, se pri; ma convenevolmente non mi saro spiegato sul il decoro , di apolo-

4*8 bene, e lo star sano godere (1), i1 portarsi II godere un ben antico salut, comech non si eonvenga nella mattina ed al primo incontro, ma 1' usavan colofo che non si erano prima veduti, come si e quello: Godi tu, o re della tirintia terra Ed alle mense, volgendosi i discorsi tra il vino: Achille, godi ma di eguali cibi - Non abbiam noi bisogno disse Ulisse ad Achille esponendo 1' ambasciata commessagli, e quindi partendosi : io sono Iddio. Godete: non piic uomo , A questa parola non era punto stabilito alcun tempo, come al presente quello della sola mattina, ed egualmente ne usavano ne' tempi malaurosi, e infestissimi , come il Polinice di Euripide terminando la vita: ch' io gi son tra l' ombre involto. Godete, Ne era per essi ci solamente segno di benivolenza, ma anche di nimicizia, e di non volersi Perocch dicendosi un larinsieme go .godi , cio mostra che uno pi l'altro non curi fama che il primo ad usare di tal parola la vitfosse Filippide il corriero, annunziando toria di Maratona, dicendo agli Arconti seduti soccorrere e pensosi sull' esito della battaglia: Godete; (i) In mold di questi luoghi sarei ben lungi di dare al verbo ~x>i?ziv simile significato, ma, per osservare P egaaglianza , sono in alcuni coslretto ad asarlo impropriamente. secondo

429 e cio detto esser morto in quelabbiam vinto, in bocca Nel T annunzio con quel godimento principio di una lettera che Cleone ateniese agannungiratore del popolo scrisse di Sfatteria, ziando la vittoria e la presa degli Spartani , vi e finalmente dopo esso pose eziandio il Godi, dovendo Nicia comunicare ne sempre il principio Platone, all'antico dalle uomo stile cose alcuna cosa, si attenepistolare, togliendo istesse. E 1' ammirabil

degno di fede in dar legge a tai cose, vuole che si dia veramente addio a questo Godi, e che si rigetti come disonesto e cattivo, ed introduce in luogo di esso il portarsi bene, corpo come segno comune del bene stare del E scrivendo a Dionisio si e deir animo.

sdegna con lui, e taccia come indegno di Apolline, che dica a quell' Iddio Godi in certo suo inno , e lo dice cosa indecorosa non solo agli II divino PittaIddii , ma ancora agli uomini. gora , che non degnossi egli stesso di lasciarci nulla per quanto pu raccogliersi da Ocello Lucano, da Archita, e da altri suoi dibene, ma voiscepoli, non prescrisse il portarsi le s' incominciasse dallo star sano. Per la qual cosa tutti seguendo lui, dovendo scrivere alcuna cosa di serio, di subito nel cominciamento vi ponevano lo star sano, corne confacentissimo all' animo ed al corpo, e come in fine racchiudente in se ogni umana felicit. E quel triplicate di suo,

450 descritto e raccbiuso triangolo attraversantesi , in cinque linee , del quale usavano come di segno quei della setta, chiamavasi da loro salute ; ed universalmente credevano che il portarsi bene e il godere rinchiusi fossero nello star sano, e cbe nulla senz' esso valessero questi altri due Ed havvi alcuni, tra' quali Filolao , augurj che il loro gran giuramento , che si la qua( formando secondo essi il perfetto numeMa che ro ), la chiamavan principio di salute vo io cercando gli antichi, quando Epicuro, uodel godimento, e mo eccessivamente godente terna che anteponeva ad ogni cosa la volutt, nelle pi serie epistole ( bench poche ne abbiamo ) , d in quelle spezialmente che scrisse a' pi intrinsechi Sta , vi pose sempre in sul bel principio : sano ? Molta salute ritroverai ancora nella ed al primo

Tragedia e nella vecchia Commedia, incontro vi si dice : Sta sano molto to alia salute sano, Ed Acheo : Fiere Statti ed assai godi; saviamente

posponendosi cosi il godimenCome pure Alesside: o padron, tardi e tu sta giugnesti. sano,

cose commisi, E Filemone :

Cerco pria la salute , e poi il ben fare. Terzo il godere e il non dovere a niuno. E lo scrittore degl' inni convivali , del quale fa

451 Starsi in cosa mai disse? ricordo Platone, pur salute il primo, secondo esser bello, terzo es* Del godere non si fa punto parola ser ricco notissimo , e E per dirti cio che ad ognuno nelle degl' tua bocche Iddii Talch di tutti : abiti teco La salute pi vecchia della vita il rimanente

se si la salute

zione sua si salutare, ogni altro bene. Molte altre cose potrei mostrarti che dandei filosofi, dei poeti e degli scrittori, ma mi arrestero, no tutti alla salute il primato, perch questo mio scritto non cada in fanciullaggini , e non corra rischio col chiodo. Tuttava non scriverti di cavare credo il chiodo malfatto

vecchissima, l'ae dee esser preposta ad

di

poche cose che si fanno al presente arche io ricordo aver lette nelle antiche gomento, istorie Quando Alessandro era in sul punto di combattere diano ad Isso, come racconta Eumene sarnella epistola ad Antipatro , entrando di mattina Efestione nella sua tenda, per dimentida alcanza, o turbato com' io, o costrettovi cun Iddio, disse com' io , sta sano, o re; egli tempo Romorega quel saluto si insolito , e giando i circostanti poco meno che morto Efestione per il rossore , Alessandro riprese : Accetto l'augurio, dappoich mi si promette che uscirem noi salvi dalla batAd Antioco il Salvatore, dovendo venitaglia re alle mani co' Galli. parve di vedere in sogno di mettersi in ordinanza

402 presente , che comandassegli di dare all' esercito innanzi la pugna la salute per see con questo nome riporto quell'ammiragno, bil vittoria , E Tolomeo di Lago scrivendo a 1' ordine , dicendogli in principio della lettera che stesse sano, ed in fine vi soscrisse il Godi in luogo delio Sta sano, come riferisce Dionisidoro , che pure essere ricordato uomo che nelle cose militari dopo Alessandro occupa il primo luogo, e che provo mille diverse vicende Egli aduno pregando gl' Iddii, o sacrificanque sempre, do , non domandava loro giammai ne la vittoria, ne maggior possanza d' imperio, ne gloria, ne abbondanza di ricchezze, ma per la salute facea sol voti; perocche avendosi questa, avrebbe di leggieri ogni altra cosa ottenuta Ed io avviso che ottimamente pensasse , non servendo a nulla ogni altro bene, se mancaci la salute Ma qui dira alcuno, che a ciascuna parola e as, e tu avendo questo camsegnato il suo tempo non dicesti cosa diversa, tuttava tu non se' senza errore, ragionando giustamente e non meno di quello che si legasse la celata biato, bench alle gambe ed al corpo i coturni, Ma rispon, tu diresti bene, se dereigli io: o valentuomo, in ogni tempo non avessimo noi bisogno di sa. lute E da che la mattina, il mezzogiorno e Ia taccolse le sue lettere Pirro 1' Epirota, Merita Seleuco manifestamente sconvolse Alessandro

433 nolle e spezialmente ye n' e ognor di bisogno, a voi che comandate ed avete molte faccende , per le quali vi conviene esser sani del corpo, dicendosi

si solo. usato di un buon Godi, ed alla fine non si cio che un puprincipio, ro voto, laddove chi vi esorta a star sano, v'e cosa che alla salute avvertendovi pure d' utile, si conferisce. YO to, puo questo chiamarsi E che ? nel libro dei comanma avvertimento. non v' forse semdi che ricevete dal principe, Ne

abbiate cura delpre intestato 1' avvertimento, ta vostra salute ? e molto acconciamente, perocch non varreste in nulla, se non vi trovaChe anzi voi istessi, se io m' intendo alcun poco della lingua romana , rispondendo cortesemjente del nome vendo do soltanto ai saluti, molte voile yi service della salute. E dico tutto cio non adi torre via il Godi affettandi usar lo Sta sano, ma soltanto involontariamente , e ridicolo lo aver ste sani.

in mente

perch6 avvenuto essjendomi non debba riputarsi strano cambiato

il tempo ai saluti Rendo dipoi grazie agl' Iddii, che confondendosi, la mia lingua, abbiano il mio errore rivolto in augurio assai awenuto cio per piti felice ; ed per avventura consiglio di Esculapio e d' Igiea, che per mezzo mio ti prometton non potendo cio salute, essere avvenuto senza un Iddio, per non essermi mai per lo innanzi io confuso nel lungo corso Vol. I. 28

434 della mia vita, e, s' permesso d avanzare una ragionevole scusa, non strano, ch' essendo io di esser da te conosciuto tra i impegnatissimo desiderio turbandomi , sia E potrebbe tal uno anche esser distratto dal pensar giusto dalla moltitudine dei soldati, de' quali alcuni ti sospiagono , ed altri non conservano 1' ordine del salutare inche quantunque Tu dipoi io mi so bene, migliori, per troppo caduto in contrario chiamandola stupidigli altri la cosa, - t, rozzezza e delirio, la giudichi come un see di animo non gno di simplicit e di pudore, artefatto e non cortigiano, non diversa essendo dalla temerit e dall' impudenza la troppa fidu* cia in tali persone , Ne vo' io pi cadere in si* mili falli, ma se pure m' avvenga., rivolgasi sempre ci a buon augurio. A' tempi del primo imperadore raccontasi questo fatto. Avvenne che giudicato avendo su certo piato assai giustamente, e liberato da una grande accusa un uomo calunniatone colui protestandogliingiusfamente, o imperasi grato, esclam : ti rendo grazie, Adidore, che giudicasti male ed ingiustamente intorno all' imperadorandosene quei ch'erano Cessate, re, e volendo porgli le mani addosso: disse egIi, dallo sdegnarvi, perocch conviene sua mennon la sua lingua, ma la esaminare, te. fu egualmente osservando la mente e la lingua, ritroverai la prima benivoglientissima, vertano

455 al bene. E gionto a dispostissima tiquesto termine mi viene non senza ragione more di non comparire di avere errato a bella e la seconda Ed avvenposta per iscrivere codesta apologia. che non semga pure, o Esculapio amatissimo, bri questo discorso ta dal Caso. difesa, ma dimostrazione na-

456 ERMOTIMG 0 PELLE SETTE

ARGOMENTO i Introduce in questo

Dialogo Luciano un Erla sella degli Stoici, col motimo, che seguia sull' inutilit della quale lungamente disputa alio scuoprifilosofia, quando non b diretta mento della ver-it; e dopo avere a lungo disputato e provato con forti so affaticavasi invano in nelle scuole argomenti, consumar ch' esla vita

sua isteslo traenella deifilosofi, sa sentenza, e lo fa ravvedere dalC avere si male speso il suo tempo, Harprbo alcuni preteso, come ho di gi osservato in principio, che fosse scritto questo Dialogo per beffarsi di Marco Aurelio, in grazia di Avidio Cassio suo nimico; e non vi dubbio che vi sono e spealcuni. tratti che possono farlo credere, cialmente la setta ferenza la continua beffa contro de' quali seguia di ogni altra, LICINO quel gli Staici, Principe a prt-

, ERMOTIMO.

dal libro e dal pasappare quanto Lic. Per .so affrettato ei sembra che tu ne vada presso iI.

457 maestro eri aspure nel camminare ronzando muosorto in pensieri, e sordamente e mandavi le mani qua e I, vevi le labbra, o accome se recitassi tra te alcun discorso, o rianconciassi qualche interrogazione intricata, perocch dassi in mente qualche quistione sofistica. Talche neppure passeggiando per via ti stai in ozio, e sei sempre in sull' operare e fare alcuna cosa di serio che possa esser giovevole agli studj tuoi. indovinaErm. Per Dio! che F hai, o Licino, ta, e ripetea io appunto la lezione di jeri, riandando colla memoria ciascuna cosa ci disse; io dipoi son di avviso cbe non debba perdersi alcun tempo, conoscendo vero quel detto del medico di Coo: che breve la vita e Varte lunE comech abbia egli detto cio per la mega di molto pi facidicina, cosa ad imprendersi non aggiugner Ie, alla filosoffa nondimeno se non giammai alcuno in tempo lunghissimo , sar d' animo pronto e svegliato', e non la riN questo picguarder continuo e fisamente. colo arringo , o F essere infelice e perire nello stormo del volgo , o filosofando esser beato. Lic. A1 certo il premio, o Ermotimo, che hai rie credo che non ne sei cordato maraviglioso, tu molto lontano se cosi pu conghietturarsi dagli anni che tu professi filosofa, e dal travaglio non mediocre che egualmente sopporti da molto Che se ben mi rammento sono quasi tempo,

438 vent' anni, che non ti ho io veduto far altro chfc le scuole, e startene per lo piu in*frequentare curvato su i libri a scrivere i ristretti delle lezioni , pallido sempre dai macilente ed pensieri, abbattuto E parmi che si interamente dato ti sii a questa faccenda, che non te ne rimani nepConsiderando io adunque tai pur per dormire che'non istarai molto ad afferrare cose, giudico e s' ella non ti fugge, parmi anquesta felicit, zi che dovra di gi essere buona pezza che ne sei a parte. Erm. Piacesse al cielo, o Licino ! E la ma comincio io ora a riguardar nellg via secondo Esiodo per andarvi abita molto lungo, debbono assai ed lontana , aspro e diffi-

virt

il cammino

sudarvi ed i viaggiatori cile, Lie. Non sei tu dunque, molto aErmotimo, ne hai sudato abbastanvanzato nel cammino, za? Erm. Ti dico di no, perocch non mi vieterebbe niuno di esser beato se fossi alia cima, ma io appena incomincio Lie. Eppure Io stesso Esiodo disse essere il principio la met del dicendo che talche non c' inganneremo tutto , tu se' a mezza via? Erm. No, neppur questo ; Lie. Ed in se ci fosse, avrei io fatto molto qual parte della via diremo dun que che tu t'ago Ligiri ? Erm. AIle radici ancora del monte, cino , sforzandomi per quanto posso di andare e v' nnanzi" ma la via lubrica ed alpestra, Lie. SaxH la mano bisogno di chi mi porga

459 di sopra dalper cio buono il maestro tuo, che mandando la cima, come il Giqve. di Omero, gift un' aurea catena, he saranno i discorsi suoi, ti attragga ed innalzi a s6 ed alla virt, essendo egli gi .da prima salito , Erm. Hai presoe, o Licino, la cosa pel verso suo. Per quanto ad ed aggiesso , sarei di gi io stato innalzato , rereimi con esso, ma non sono io ancora si forte e far buon per confidare alla fine del viaggio ed ale riguardare animo, e spezialmente incoraggiala felicita di colass, Ma alla fine quale speranza to essendo da lui Lie. Conviene ti mogtra della forse tua ascensione ? Conghiettura in cima V anno venturo , Erm. , o le Panatenee ? Lic. Sar ancor do nelpoErm,

che potrai essere o dopo gli altri misterj o Licino Tu dici troppo poco, ia prossima Olimpiade ? co per 1' esercizio della della felicita Lie. no due Olimpiadi molta negligenza , tete, dare die,

virt, e per A1 tutto adunque

1' acquisto vi vorran-

nel quale e tornare dalle comech non

, altrimenti sarete accusati di se neppure in tanto tempo posi pu facilmente tre volte ancolonne di Ercole alle In-

possa andarsi per cammin andar vagando per mezzo a retto, e convenga molte nazioni. Or quanto pi alta e pi scivoove abilosa vuo' tu poniamo sia quella cima, ta la vostra virtu di quella di Aorno, che in pochi giorni Alessandro prese di assalto ? Erm

410 vi paragone, o Licino, ne si e la Biscx gna qual tu t' immagini, che in poco tempo posisa compiersi ed ne vi basteriano milespedirsi , le Alessandri; che se fosse tale, vi salirebbono molti Ora non pochi vi si pongono con grande animo ed avanzano alquanto, altri assai poNon

ed altri pi; quando nondimeno sono a co, mezza strada , ineontrando molte difficolt ed torcono il piede, e rivolgonsi inimpedimenti, sconfortatr e colanti

di - sudore, per non che sono costansopportar la fatica. Quelli poi, ti fino al termine, questi pervengono alla cima, e divenuti da quel momento felici vivono per una vita maravigliosa, e veggono gli l'avvenire altri da quell' altura come formiche. Lie. Per dietro di qual misura ci fai tu mai? Dio ! o Ermotimo, ma ci vuoi Non ci assomigli neppure ai Pigmei, e pelle pelle alla tervedere affatto scbiacciati essendo lo intendimento ra; ne e maraviglia, siamo immondezza, e tuo alto e sublime. Noi veneriamo cogl' Iddii quanti radiamo la terra, sopra le nuvole gionti dove vi afo Lifrettate Erm. Ci avvenga di aggiugnervi, Lie. ma molto ancora ne siam lontani. cino, Ma perche non dici quanto, acci possiamo fare Di certo nol la conghiettura del tempo? Erm. voi innalzati so, o Licirio, neppure io, ma vo immaginandoj che non passeranno pi di vent' anni che arriLie. Corpo di alla cima veremo finalmente

44i Erm. Alle cose grannon e ci poco di , o Licino , convengono grandi travagli. Lie. Cio per avventura si vero, ma cbe tu possa vivere i venti anni tel promette forse il maestro Ercole! ma pure indovituo, che non solo sapiente, di coloro che no, o qualche dicitor di ventura , che si dice che conoscono i calcoli dei Caldei, non vedi tai cose ? Imperocch risimile , che nella. incertezza che tu. possa vivee ti re fino alla virtu, sopporti tante fatiche, s'intendono non sapendo se gionto e giorno, il destino, tronpresso alia cima, soprastando cata ogni speranza, afFcrrandoti per un piede o Licino, Queste parole, traggati seco. Erm. suonano male; siami nondimeno concesso di vitravagli notte vere quanto divenuto savio possa un sol giorno esser felice. Lie. E ti basta un sol giorno doErm. A me pur bastante po tanti travagli ? un solo minuto Lie. Ma le cose di colass per qual modo sono si felici e tali, ch' e utile sopportare ogni cosa per esse? e come tu puoi sanon essendovi mai salito? Erm. Presto perlo, fede al maestro che lo dice; egli ha veduto Lie. Per ogni cosa, essendo gionto alia cima gl' Iddii ! cosa mai ti disse delle condizioni della felicita di cola? forse ricchezze, gloria, piaceri non concepibili ? Erm. Parla meglio, e e o

sozio, non han che fare tai cose con una vita virtuosa Lie. E quali mai adunque saranno i

11 442 beni per quelli che giugneranno al fine dell' esercizio , se non son questi ? Erm. La sapienza , la fortezza, il bello istesso ed il giusto, ed il con facilita, e conoscere la natura persuadersi di ogni cosa La ricchezza, la gloria, i piaceri , e cio che e del corpo, tutto va.gittato dietro alle spalle , e si salisce spogliato, come dicesi di Ercole quando divenne Iddio bruciandosi sul monte Oeta. siccome egli Imperocche gittando via quanto avea di umano per parte della madre, e portando una pura e sincera divinit purificato dal fuoco volonne agl' Iddii , cosi quelli, liberati per la filosofa come da un di tutto cio che sembra agli altri non pensano, maraviglioso, giugnendo alla cima divengon felici, non rammentandosi pi per nulla ne le ricchezze , ne la gloria, ne i piaceri , e ridendosi di coloro che ne fan conto. Lie. Per Ercole oeto, o Ermotimo , tu mi racconti cose eroiche ed avventuroqualche fuoco, che rettamente essi dalla cima quando vogliono per usare delle cose che lasciaron quaggi, o e lor forza, gionti una volta, di riridendosi della e starsi colla virt, manervi, se! gloria, delle ricchezze e dei piaceri? Erm. Non solo questo, ma quando uno e di gi consumato nella virt , non e pi soggetto ne alio sdegno, ne al timore, ne ai desiderj, ne rattristerebbesi, ne potria mai per verun accidente esser ma mi di: discendono

443 Lie. Non pertanto, se mi fosse permesturbato so di dire la verit sehza ripieghi ., ma io giudico che si convenga parlar bene, e che sia sacrilegio jndagare i falti dei sapjenti. Erm. No, Lie. Vedi , anzi parla pure ci che vuoi dire o sozio , jphe io non vdrrei parlare. Erm. Via, o valentuomo , non indugiare , dovendo parlar con me solo. Lic. Quando tu, o Ermotjmo, e credea raccontavi altre cose io ti ascoltava, che fosser tali, e cbe quei sapienti divenissero giusti, forti ed altro , ed il tuo discorso alquanto mi dilettava, ma dicendo dipoi cb' eravate voi dispregiatori delle riccbezze , della gloria , e dei piaceri, che non vi sdegnavate ne attricio cbe poco stavate, mi ristetti, risovvenendomi innanzi aveva veduto fare a non so chi; e poich del tutto siam soli, vuo' tu che dicati il nome , o ti basta senza che il nomi? Erm. Anzi II maestro tuo parla , e di pure chi era. Lic. istesso, uomo per altro degno di riverenza, e veccbio quasi cadente. Erm. E che mai faceva ? Lie. Tu conosci quel forastipro di Eraclea, che ha con lui filosofato essendo per lungo tempo, suo discepolo, Caquel biondo rissoso. Erm. Lie. pisco chi intendi , Dione e il suo nome come credo1, Quegli appunto , jion pagandogli, a tempo il salario , lo condusse non guari innanzi del magistral la veste al intorcinatagli collo, e gridava ed imperversava, e se non si

444 che gIi conoscenti, trassero il giovane dalle mani , credi pure che gli avrebbe il vecchio con un morso staccato via il naso, tanto era egli arrabbiato Erm. Quando costui dee dare, ognor cattivo ed ingrato. e che son molti, non Agli altri, a' quali presta, gli giammai avvenuto nulla di simile, perch gli pagano in tempo1' interesse del suo danaro. Lic. E che! e se non pagano, o beato, cosa a lui importa, purgato di gi dalla filosofa, e non nulla di cio che abbandono in sulabbisognando 1' Oeta ? Erm. Credi tu che si afFaticasse tanto per se? ha egli dei teneri figliuoletti, cura che non si vivano nella miseria e dee aver Lie. Confossero fatti avanti alcuni

o Ermotimo, condurre alia virt anche venia, loro , perch fossero a parte della felicita e disle ricchezze. Erm. Io non ho tempregiassero di disputare teco su cid, avenpo , o Licino, do fretta di andare a sentir lui, e temo essermi e di giugnere troppo tardi. Lic. dimenticato , o valentuomo; Non isconfortarti, oggi si e bandita la tregua , onde io ti disciolgo da fare il Erm. Cosa intendi ? Lie. rimanente del viaggio Che oggi non lo vedrai, se si ha da credere all' avviso, dicendo a grosse lettere la tavoletta che non tiene oggi sopra il portone , pendente E dicesi che avendo jeri cenato presso scuola celebrando di Eucrate , che dava a mangiare , il giorno natalizio di sua figliuola , disputasse

445 <L>sai a mensa, tidemo e fieramente battagliasse con Euattaccando disputa in eio

agli Stoici; ed agmalamente giungono che dal gridare dolgagli il capo, avendo assai sudato per essersi eontinuata la disputa fino alia mezza notte. Dipoi credo che bevuto avesse oltre il convenevole , a bere gli altri convitati, come costumasi, e mangiasse anche piu di quello talche tornato a comporta la sua vecchiezza, casa, secondo raccontano , vomito abbondanteinvitandolo sovente di e riprendendo soltanto il numero quanti pezzi di carne consegnati avea al fanciullo che stavagli dietro, e diligentemente segnandoli, d' allora in poi si pose a dormire, ingiunCio to avendo che non si lasci entrare persona mente, 1' ho io inteso contava da Mida suo servo, che lo racad alguni suoi discepoli, molti de' quali si tornavano indietro. Erm. Ma chi la vinse , o Licino , il maestro, o Eutidemo ? ti narro nulIn prima dicono che fossono eguali, ma alla fine la vittoria dichiarossi e per voi, ed il vecchio fu d' assai superiore , dicono che non si partisse Eutidemo senza sanla Mida su cio? Lie. gueriportato po Imperocch avendo una larga ferita in sul cae striessendo egli insolente ,

Peripatetico, che sogliono essi contradire

n volendo persuadergnendo cogli argomenti, s;, ne prestandosi si di leggieri ad esser confuIt: intra avea che il tuo buon maestro, tato,

446 mani Nestoreo, essendogli vic inoa e cosi n' ebbe vittoria. sedere , glielo avvento, non essendovi Erm. Ben gli stea, altri modi un bicchiere per coloro the non vogliono credere ai pi desi molto ragiogni. Lie. Cio, o Ermotimo , nevole, perocche qual furia mai agitava Eutidemo per prendersela con un uomo veccbio, incapace di superbia e di collera, e che teneva in un si pesante bicchiero ? Ma dappoiche ne abbiamo ozio, perche non racconti a rtie, che ti son sozio, per qual modo ti sei da prima rimano volto a filosofare ? essendo possibile, perocche io intraprenderei lo stesso viaggio vostro, incoda ora, ed essendomi amici, chiaminciando Erm. II volessi tu vero che non mi caccerete. ramente , o Licino ! in poco tempo t' accorgeresti di quanto superi gli altri, e giudicheresti che tutti a paragone tuo sien fanciulli, tanto saresti Lie. A me basta di divenire in vensapiente t' anni tal e, qual tu sei ora Erm. Non ti dar pensiero di cio; incominciai anche io a filosofare della stessa tua et di circa quarant' anni , quanti appunto io credo che ne abbi tu ora. Lic. Tanti ne ho , Ermotimo; siccome e laonde, mi conduci per la via istesprendendomi,

giusto, mi di, se permettete ai disa, e primamente se per caso sembri ad essi scepoli di contradire, che alcuna cosa non sia giustamente detta, ovvero ai piu novizj noil' accordate ? Erm. Ci non

447 concedesi, ma se tu vuoi, tra il discorso interv cosi imparerai piu roga pure e cantradici, ch facilmente * Lic Sia lodato adunque Mercurio , vi una ma dimmi: di cui tu porti il nome, sol via che conduce alla virtu, cio quella di voi altri Stoici ? perch - oltre voi vi sono molti s' ho io inteso il vero , Molti sicualtri. Erm. Epicurei , di quei che scri-

ramente, Peripatetici, emuli altri di vonsi sotto il nome di Platone , e non pochi che seguon Diogene e di Antislene, Lie. Cio la verif, perche veraPittagora. ma nelle dottrine loro sono mente son molti; essi d' accordo, Lie. Nondimeno o no? Erm. Anzi contrarissimi. che la verit sia una io credo

sola, comech in tutte le cose sieno essi divero si j. Erm. Senza alcun dubbio. Lie. Sapresti, a che cosa tu primamente sozio, rispondermi, prestando fede, aperte essendoti manenti, se credi esser quando ti ponesti a filosofare molte porte, non curate le riin quella degli Stoici, e sola verace e dimostrante

te n5 entrasti

quella la retta via, che conduce alla virt; e le altre non esser tali, ma conducenti in luoghi oscuri e non praticabili ? Qual testimonio avevi tu di ci ? Nvoler pensare a quello sei ora, o meze che puoi meglio giudizo, o tutto sapiente, di noi che siam plebe; ma rispondimi coallora, cio idiota come ora son' io. Erm. Io non comprendo , o Liino, cosa mi vogli tu carne m'eri

448 dire. Lie. Pure Perocche ia mia domanda essendovi molti non niente filosofi, coe dei progeintricata.

me Platone, Aristotile, Antistene, nitori vostri , Crisippo e Zenone e quanti altri se ne trovano, io domandava su qual fondamento, dispregiati questi altri, sciegliesti tra tutti quello ch' hai scejto, ed hai creduto filosofere secondo sere di tutti Cherefonte Je sue dottrine. migliore, Forse, ti rimando dieendoti Apollo escome

agli Stoiei, perocch eonoscendo esso cio che si fa a ciascheduno, secondo gli pare costuma di rivolgerlo pi all' una, che all' altra spezie di filosofa ? Erm. Non v* stato nulla di cio, interrogato degno di consiglio re valente a seerre Erm. o Licino, gl' Iddii. e non ho mai io di questo Lie. NoI credevi dunque. esse* divino, e t' immaginavi il meglio senza lo Iddio? Lie. Laonde pure a

Cosi io mi avvisava.

noi insegnerai in primo luogo, come si possa all' istante conoscere in sul principio quale sia la migliore filosofa, la pi vera., e quella che Ti non curando le altre deesi preferire. Erm. io vedea i pi che volgeansi a questa , dir; Chi eran talch la riputai esser migliore. Lie. ? o i Peripatetici i Platonici, pi gli Epicurei, chiaro che gli avrai tu numerati come nei voti Lie. Erm. Io non gli numerava, Tu non 'vuoi insegnarmi, di aver giudicato ma supponeagli. anzi m' inganni, di tali cose per

e dicendo

449 cerchi nascone dalla moltitudine, conghietture o Lidermi la verita. Erm. Non solo questo, essere gli Ecino, ma senta dire da ognuno, i Peripatetici amanpicurei delicati e voluttuosi, i Platonici ti delle ricchezze .e rissosi, superbi E degli Stoici dicean molti ch' ee vanagloriosi ran uomini forti, e che sapeano d'ogni cosa ; e chi eletto avesse tal via, solo sara stato re, solo ricco, solo sapiente, ed in fine solo tutto Lie. altri di loro, Tai cose dicean certamente che non gli avresti tu creduto se si fosser lodati da No ! il dicevan gli altri Erm. per se stessi Lie. Quei di sentenza. contraria, come io m' imEnn. No per Dio! Lie. inagino, nol dicevano. Lo dicevan dunque gl'idioti Erm. Cerlo. Lic. Vedi che tu torni ad ingannarmi, e non dici la e verita, e ti pensi di parlare con un beccone, che io voglia bevermi, che Ermotimo uomo piur di et, abbia sulla lilodente, e di quarant'anni sofia e su i filosoli avuto fede a persone idiote , e secondo i lor detti abbia scelto degnamenle i io non ti credo, quando tu in tal modo. o Licino , Erm. Sappi, che non ebbi fede ad altri quanto a me stesso io gli vedea passeggiare decentemenImperocch migliori. mi parli te, vestiti con molta onesta, sempre pensosi, i piu rasati fino alla cute, non apparendo in loro nulla di molle, ne dimostrando noncuranza affettata da comparire ed in tutto astratti , Vol, I. 29 Per certo

4 io simili ai Cinici, ma tenendosi in una via di mezzo, che tutti affermano essere l'ottima. Lie. Non che poco gli vedesti adunque far quelle cose, fa io ti raccontava aver reduto fare al maestro tuo , come prestare ad usura, domandare acerrissare per amor di disputa in conbamente, ed altre cose che si dimostrano ? E versando, poco a te ne importa di tai cose, quando sia composto, lunga la barba, e rasi i capelli ? E per il rimanente riterrem questo canone e questo esquisito giudizio, secondo il detto e dall' abito, dal portamento , di Ermotimo, buoni, conoscere e n accigliato , chiunque non sar ne burbero, dee essere rrgettato e non guardato ? o Bada, che tu non ischerzi pur su tai cose, Ermotimo, e dalla Erm. prova se io mi lascio uccelIare. o valentuomo, Perche dici cio? Lie. Perch, che si m' hai tu provato la bont delle statue, e trovansi sempre mirileva dall' atteggiamento, disposte, quando algliori, e pi propriamente facendo rafifgur nel pi bell' aspetto. Ma se si ha a giudicare a se gli vien votali segni, come far un cieco, glia di filosofare, non conoscendo chi seguita la miglior setta, per non poter vedere n il vestito, ne il portamento ? Erm. Ma io, o Licino, non parlo co' ciechi, ne mi curo punto di lo1'0. Lic, Dovea , o prod' uomo, esservi per cose cun Fidia, Prassitele, o Micone le tosatura dovrem il vestito

451 si grandi ed utili a tutti un qualche segno coi cieclii Ma se cosi parti, mune. rimangansi comesenaa la filosofia, poiche non veggono; che filosofasseio essi a prech saria necessario, ferenza di ogni altro, perche con meno dolore di quella disgrazia , si passerebbono Quelli pancorche sien di vista acutisr che veggono, sima, come potranno vedere le cose dell' animo da quelP abito esterno? Gio che vo' dire si " questo: tu ti sei accostato ad essi per amore credendo col mezzo loro di della loro dottrina, Lie. Comigliore - Erm. Sicuramente. me adunque potesti conoscere per quei segni che non ha guari dicevi, chi filosofava bene e chi no ? ma essendo non amando tai cose di comparire, divenire ed appena tardi manifestandosi nei discorsi, nel conversare, e coi fatti. Credo che tu abbi intesa 1' accusa che dette Momo a Vulcano Ascoltala, se non 1a sai. Dice la favola che contesero Minerva, e Nettuno, e da Nettuno Vulcano sul pregio dell' arte, fu una casa, figurato un toro , immagino Minerva e Vulcano compose un uomo. E venuti essendo a Momo come giudice, risguardando egli di ciascheduno, cio che riprendesse negli altri sara qui inutile di ripetere , su dell' uomo biasimo di questo 1' architetto Vulcano, percbe fatto non gli aveva le porte nel petto , le 1' opera quali aprendosi si conoscessero da ognuno le sue occulte e secrete ,

452 e se dicea la verita volonta, e i suoi pensieri , o la menzogna. Egli essendo di debol vista cosi pensava degli uomini. Tu se5 dipoi pi acuto di un lince, e vedi nel loro interno per mezzo il pete ti si apre ogni cosa, e sai to; secondo parmi, non solo cio che ciascuno vuole e conosce, ma anche se sia buono o cattivo Erm. Scherzi, o io ho scelto col favor degl' Iddii , ne Licino; e eio bastante mi duole la scelta, per. me Lie. E non dicesti tu5 o sozio, il contrario ? ma tu non mi curi come perduto colla folia del Erm. Non ti piacera dun que mai nulla volgo di ci che io diro? Lie. Di piuttosto, o valentuomo , che non vuoi tu dir nulla che mi possa e mi ti nascondi ad arte, invidiando. piacere, che non divenga io filosofo al pari di te Non un pertanto tenter io da per me di ritrovare ed una pi giudizio di questo pi diligente , certa scelta Ascolta pur se ne hai voglia. Erm. Ne ho voglia, o Licino; per avventura dirai alcuna cosa degna di esser conosciuta. Lie. Connon ridere, se tratter la materia troppo volgarmente , faeendolo costretto , da che tu che meglio la conosci non vuoi chiasidera adunque, e ro spiegarti Sia pereio la virt un certo che, come una citt che abhia cittadini feliei, ~dimodoche trasportato il maestro tuo diin quella, ca tutti. quelli esser sapieriti in sommo grado , Non giusti, forti, onesti e poco men degl' Iddii.

J 455 vedasi aipoi in quella civilta osarsi niuna di quelsiccome le cose che sovente accadon tra noi, furti, violenze ed angherie, ma definirsi tutto in Ne fia marapace e concordia tra i cittadini mentre ci che nelle altre citta eccita i viglia, tumulti e le sedizioni , e per cui tra loro s' intolto vi-a sidiano , s' qui, secondo io credor la gloria essi riguardano l'oro, affatto Nepi ma gli e i piaceri , pe' quali suole combattersi, non hanno da lungo tempo banditi dalla citt, Per la necessarj aile, lor condizioni. e felice qual cosa si vivano una vita tranquilla con buone leggi, eguaglianza, ed altri libert, beni. Erm. Merita; o Licino, che ambisca ognuestimandoli no di divenir ne si ritorni cittadino indietro ta che si faccia conto di, questa citt, della fatica del ne monviaggio ,

quando giugnendo parte della cittadinanza.

di tempo , per lunghezza si possa essere ascritti e far Lie. Per Dio! o Ersopra ogni aln bisogna far

deesi in cio travagliare motimo , tra cosa, e non curarsi di altro, lungo

ne i che ti ritenga la patria ; discorso, figliuoli e i parenti ( per coloro che ne hanno ) e piangenti, e primati richiamino sconsolati e qualora esortargli alio stesso viaggio, non possano e non vogliano , liberati da essi avauzarsi in sul momento verso quell' awenturosa citt, e gittar via pure la veste, se avvolgent' impedisca di arrivarvi a non essendp doti, mente

4;')4 che giugnendo cosi nudo ti caccino Ed io un tempo ho varie volte udito raccontare ad un uomo vecchio come cola andavano le faccende , e mi sospigneva a seguirlo verso quella ed arrivancitt, e mi avrebbe esso preceduto , do sarei stato ascritto, e fatto di popolo, e partecipato dei diritti della sua tribu, per essere con tutti felice. Io per per vanit giovanile non gli credetti , ed essendo omai quindici ni sarei ora forse nei dintorni istessi della ancittimore

t , e vicino alle porte E tra molte cose che narrava di quella citt, diceva ancor questa , che tutti erano ivi ospiti e forestieri, e niun della terra, e che vi avean la civilt molti barbari, e servi , e deformi , e piccioli , e poveri, e finalmente v' era cittadino es'" chiunque volea; sendovi legge, che si accordasse la cittadinanza, ne per non per le ricchezze ne pel portamento, la bellezza, la nascita, e la chiala grandezza, rezza degli avi, ma non farsi di tai cose niun conto da loro, e che bastava per divenir cittadell' onest, il il desiderio dino la prudenza, ed il ed il dispregio delle volutt, travaglio , non cedere, ne invilirsi per le molte difficolt Laonde chi avesse che s' incontran nel viaggio fatto prova di cio, e gionto viaggiando fino alla all' istante chiunque si fosse, era costui citt, fatto cittadino ed eguale a tutti. II meno e pift il degno , il nobile ed il plebeo , lo schiavo ed

4;i5 ne punto si non si conoscono aftatto, libero, o Licinominano in quella citt. Erin. Vedi, no , che non iscioccamente , ne per picciole coessere cittadino desiderando se io mi affatico, citt. Lie. Ed anche di si bella ed avventurosa dello stesso amore, ne io ardo, o Ermotimo, Se fosse v' cosa che per esserlo non farei questa citt vicina , e si vedesse chiara da tutti , intendi sanamente , ch' egli buona pezza che non frapponendo indugj me ne sarei andato Ma da che in quella, e ne sarei gi cittadino. voi affermate ( tu ed Esiodo il poeta ) che i necessario per lungo spazio da noi distante , strada che vi conduce, ed un' ottima cercar la Non avvisi tu pure che debba cosi farguida. si ? Erm. E come vi si potrebbe giugnere in ai* tro modo? Lie. Per quanto a promettere e dir di conoscere vi e molta abbondanza di guide , apparecchiati scuno nativo essendo di cola; ma molte di molti , e dicendosi ciala via per non la stes-

e diverse, e tra d'esse sa, n sola, non simili , e questa ad Occidente , quella sembra porti ad Oriente , e questa a Settentrione, e E quale ne va di esse quella a Mezzogiorno per prati ed ombrose piante vagamente irrigadi selvaggio e di alpestro , te, nulla presentando e quale ne va per rupi e per iscogli, presentando assai fatiche , sole e calore E pure riuscendo in parti oppostissime diconsi condurre

4~ che una sola., T q citt, comineio a dubitare un poco, perocch a qua- lunque vengo di queste vie, mi si presenta al1. entrata di cadauna un uomo degno di fede , e m' invita ad andare , che mi porge la mano per la sua, dicendo ognuno di loro di conoscer solo ei la ciu, e gli altri vagare , non essendo valenti ne di giugnervi essi , ne di cpndurvi al gli altri che gli seguono,. E se m'accosto vicino, quegli pure dicendo male dei rimanenli, promettemi le istesse cose ,su .quel cammipo, ed il medesimo quello appresso di lui, e cosi tutti Per lo che queste tante e si per ordine e mi tengono incerdiverse vie m' imbarazzano to , e sopra tutto le guide contendenti tra loro, E cosi non comr e lodando ciascuno la sua ne chi seguiprendo a quale debbo rivolgermi, re per giugnere alla citt. Erm. Ti liberero io Presta fede, o Licino, a da questa incertezza e non nel cammino, quei che ti precedettero avrai cosi ecrato. hie. Quali intendi? e per qual via sieno andati, e pual guida abbian seguito , altre aspetto ci si offrono gli stessi perocch in dubbj, facendo passaggio dalle cose agli uomiA che fine parli in tal modo? Lie. che sar entrato in quella di .PlaPerch quegli chiaratone., e viaggiato alquanto con esso, mente dodera quella, e cosi altri quella di Epi cio, ed altri altre , tu la tua j non curo, lli. ? Erm. tutte alla stessa

451 forse vero? Ermotimo, Non mi hai tu dunque ed ancora giatori ciascun egualmente debba io prestar Lie. Erin. E perchkno? liberato dall' incertezza, ignoro a qual pi dei viag-

fede; perciocch veggo tentato adi loro, ed esso e la guida, ed affermare che vendone una, lodar quella, ne so d' altronsola essa conduce nella citt, de se e' si dicono il vero J E vo' conceder loro che sien gionti ad uif qualche fine, e che veduto abbiano qualche citt, ma che abbiano e vedere, poi veduto quella che gli bisognava e tu ed io esser cittadella quale desideriamo arrivati dini, o che dovendo andare a Corinto, in Babilonia si pensino aver veduto Corinto, cio E chi ha veduto una per me ancora dubbio sola citt , non ha veduto Corinto, se pure e Corinto una sola citt. Cio che pi dipoi si il vedere che ferma la mia incertezza, viene di necessit, che la vera via sia una non conconso-

e portino le la, ed essendo Corinto una sola, altre in qualunque altro luogo tu vuoi fuor di conviene esser privo affatto di mente Corinto, a credere , che quella che va agl' Indi ed agli Iperborei conduca pure in Corinto. Erm. E come potra ci essere, o Licino , se le altre conducono in altre parti? Lie. Adunque, o belF Er-. motimo, non vi bisogno di poca considerazione sulla scelta mo fare delle vie e delle guide, secondo quel proverbio: ne dobbia-. andiaznone.

458 le gambe: ovunque ci portan perocch se ci in tal modo, in luogo di quella dimenticheremo che porta in Corinto, in quella di ne anderemo Babilonia o di Battra. Ne punto permesso alIa fortuna a caso la scelta della migliore, a chi senza veruna esamina entra in qualunE poque siasi delle vie che gli si presentano tria ci forse ancbe avvenire, ed e per avventura in lungo tempo avvenuto , ma non credo io che dobbiam noi rischiare imp-rudentemente, trattandosi serivere di cose di tanta importanza, le speranze ne circondi dare

si angustamente nostre , e, come dice il proverbio , non dobbiamo osare di navigare il mar di 10nia e 1' Egeo in una barca di vinchi Ne ragionevolmente incolperemo la fortuna , se saettando e scagliando non ferisca in tal vero, che tra mille menzogne uno solo, come avvenne all' arciere di Omero ; che saettar dovendo una colomba mi par fosse Teucro. si lo sperare , che che stanno esposti a quel dardo fra tutti nati uno solo E secondo ruppe il laccio, e Ma assai pi ragionevole ferisca alcuno dei molti , di quello che io penso, trasci.

da quella speranza che la fortuna scelga per noi, vi e assai pericolo che cadiamo per ignoranza, in luogo della retta, in alcuna delle non buone te vele, Ne e facile il tornarsi una volta e gli forza indietro o salvarsi a chi si e dato a navigare spiegando sul di essere trasportato

459 mare avanti timoroso movimento e nauseante, ed addolorato pel nel capo, e conveniva in principio

di porsi in mare, salendo su qualche scoglio , osservare s' era il vento placido e favorevole per chi volea navigare in Corinto , e far scelta per Dio di un valente piloto, e di una

nave ben alafatata per poter reggere a tanta tempesta , Erm. Cio sara stato assai meglio, o Licino , ma io mi so bene, che se tu poni tutti in un cerchio, non ritroverai altri , ne migliori E se guide, ne pi capaci piloti degli Stoici vuoi giugnere una volta in Corinto , sgui loro, e calca te orme di Crisippo e Zenone; d' altronde non vi giugnerai mai Lie. Vedi, o Ermoed il medesitimo, che tu parli volgarmente , mo direbbe chi viaggia con Platone, chi siegue Crisippo e gli altri, cio, che io senza ciascun di loro non perverr mai in Corinto; talch o cio che e ridicoad ognuno, E sara quelissimo, o essere affatto incredulo. finch non ritrosto al certo il miglior partito, Ed ascolta ; se viamo chi promette la verit. conviene ora io, ignorante come sono di chi tra tutti si fede dica il vero, scegliessi la vostra, avendo in te che mi sei amico, e che non conosci altro che gli Stoici, e non hai viaggiato che per questa sola via, e facesse dipoi un qualche Iddio e tornare in vita Platone , Aristotile, Pittagora, gli altri, e questi sopravvenendo m'interrogassero , credere

46o anzi per al tribunale, mi Dio ! Conducendomi desse cadauno di essi querela d' ingiuria., dicendo: 0 ottimo Licino, per qual voglia, o affidato a chi ; hai tu preferito a noi assai pi. vecchi Zenone e Crisippo jeri, o poco fa nati, non considerati avendo i discorsi nostri a ne pur tentato di vedere cio che abbiam detto? Dicendo tai cose che avrei a rispondere ? Diro lor forse che ho creduto persona arnica? io so mi risponderebbono : Noi non conosciamo, o Licino, questo Ermotimo che uomo sia, ne quePercio non convenia condannar tutti, gli noi contro persone lontane, ne prestar fede ad un uomo che non conosce in filosofifa che una sola via, e neppur questa molto i regolatori delNon comandano perfettamente le leggi, o Licino, ai giudici di comportarsi inr tal modo, che ascoltando una parte non permettino all5 altra il parlare in suo favore ci che crede utile ; ma vogliono si ascoltino amendue, acciocche paragonando i discorsi pi facilE non mente si ritrovi la verita o la menzogna. cid, permette la legge di richiamarsi, ad altro tribunale. ragionevole che quei cosi parleranno ; e m' interroghera per avventura anche alcun dt loro, dicendo: mi di, o Licino, ae un qualche Etiope che non abbia giammai veduti altri uomini quali noi siamo, per non avere mai viaggiato fuori di casa, in alcuna ragunanza facendosi ne farsi arbitro ad Ermotimo

461 di Etiopi affermasse non esservi nella terra nessun. uomo bianco, o biondo, ma tutti esser neri , sarebbe egli creduto da quelli? E se alcuno dei loro vecchi gli dicesse: e donde tu, o sfronti sai codeste cose, non essendo mai tatissimo, come per Dio! uscito _di easa? e tale essendo, ti possono esser note le cose altrui ? Non diro io che abbia il vecchio tu cosa ne pensi, cbe con ragione lo abbia risimo, sembrandomi la penso pur preso. Lie. Cosi, o Ermotimo, io. Ma cio che ora YO' dirti non so se egualti piacera, e cbe a me sembra assai giusto Erm. E cosa? Lic. Soggiugner certamene dira: facciate quell' uomo parlando meco, mo, o Licino, con cio un paragone , e siavi air mente cuno, che, come questo tuo amico Ermotimo, eonosca solo gli Stoici, e viaggiato giammai non ne in quel di E" abbia n6 in quel di Platone, picuro, ne finalmente in quello di verun altro Se adunque dira costui non esservi presso dequanto gli altri nulla si vero e nulla si bello, cio che si trova nel Portico, e che ivi si dice, irion ti parr costui meritamente sentemerario, tenziando cosi sopra tutti, e non conoscendo che un solo, e non avendo mai tratto 1' altro piede fuori dell' Etiopia ? Cosa VUQ' tu che io gli rispondessi ? Erm. Cio che verissimo , eioe che le dottrine degli impariamo noi principalmente e parlato ? giustamente o Ermotimo? Erm. II mede-

46a con quelle, e non ed dipoi c io che si dice dagli altri, ignoriamo il maestro, mentre c* insegna, confutandole ce le va dimostrando Lie. E credi tu che si staStoici, ranno intanto in silenzio Epicuro , e gli altri mi diranno ed Platone , Pittagora che mi sono intorno, e non con riso : Cosa fa, o Licredendoci di filosofare

piuttosto cino , il tuo sozio Ermotimo, che crede giusto credere sul conto nostro a' nostri e avversarj , tali avvisa essere le nostre cose, quali essi le o non vedendole, o ascondendone la dicono, si Adunque se innanzi dello spettacolo dei giuocatori vedr alcuno dare dei pensoso calci all' aria , o vani colpi col pugno, come dovr percio se ferisse l'avversario , il presiverita ? dente con dei giuochi miglior bandirlo consiglio trastulli senza come invitto , e non estimera esser quelli facili

non essene giovenili pericolo, e non gli aggiudicher dovi cbi gli contrasta, avra combattuto e se non quando la vittoria, , ed il confessera quegli , alIn egual guisa Ermotimo, trimenti non mai? perche i suoi maestri combattono colle ombre di e che crede cb' essi prevalghino, noi assenti, vinto F avversario le nostre ri essere cure sien tali rovesciate che possano di leggieE non e pur questo simile

debolagli edifizj dei fanciulli , che formandoli o a quei che si esercitamente tosto rovinano, i quali legando alcuni sarmenti no nel saettare,

465 ad un segno , fattisi non molto da lune se dipoi colpiscono gi gli prendono di mira, coe trapassano i sarmenti , di subito gridano, e postili me fatto avessero Ia freccia qualche loro ha passato cosi i Persiani e gli Sciti, che son veri arcieri, ma da prima agitandosi in su i cavalli traggono assai se grande, i sarmenti ? N fanno cosa di

saettume, quindi vogliono fuggire pure il che cada , contrario , n6 fermarsi ad aspettare ma fuggire quanto pi possono. Saettano poscia pur molte bestie , ed alcuni feriscon fino gli uccelli. Se deono dipoi far prova ad un bersaglio forza dei colpi loro, un legno prendendo o uno scudo di cruda pelle di bue, durissimo, ed estimano che traforer cosi pur il trapassano il lor saettume. Di adunque, o Lil'armatura che i maecino, da nostra parte ad Ermotimo, stri di lui traforano i sarmenti, che si son posti dinanzi, e dicono di aver cosi superati gli uomini armati , e dipingendo le nostre immagia pugni con quelle, e vincendole , com' e facile, credono vincer noi Ma dira ad essi ciascun di noi cio che disse di Ettore Achille: dall' ira mia nol fia tutti in comune, altre ne Queste cose diranno dira poi da se cadauno. che PlaE sembrami tone far un qualche motto sulla Sicilia, come colui che ne sa molte cose. Imperocch dicono che a Gelone siracusano cio putisse il fiato, Salvo l'elmo ni fanno della

464 non osando alcuno ch' egli ignor lungo tempo , palesarlo a un tiranno, finche certa femmina forestiera, giacendosi con esso, os dirgli la verit; per la qual cosa andandone egli alla sua donna, sdegnossi con lei perche nulla glie ne avea detto, conoscendo essa bene tal puzzo. ne praticatovi da vicino, credea che a tutti gli uomini cosi putisse la bocca. Cosi pure Ermotimo, dira non praticato avendo che co' soli StoiPlatone, ci, di ragione non conosce quali sono le bocche degli altri. Dira lo stesso Crisippo ed anche di ma lasciando esso in quiete, peggio; rivoIgerommi a Platone, avendo fede ad alcuno di coche han conversato con lui. Finalmente loro, per dirla in una sola parola, diro, che fintantoqual sia in filosofia Xa vera setta, il far non se ne dee scegliere alcuna, perche o ci sada torto alle altre. Erm. Per Vesta! lasciamo in pace Platone, Aristotile ed Licino, ne fa per me il contender con essi. io e te , da per noi stessi cerchiamo A se la filosofia sia tale, quale io dico essere che servia chiamare a questo discorso la moglie Epicuro, Noi poi, Lie. Ne di Gelone di Siracusa e gli Etiopi? vadan pur quelli, se ti sembran di pill nel diche doscorso, e parla tu omai , sembrandomi o vrai dire qualcbe maraviglia. Erm. Parmi, che e oscuro Di che domandogli essa perdono, non avendo assaggiato altro uomo, e disse che

465 assai facile, che chi conosce la dottrina degli Stoici , conosca da questa la vea ciascuna rit, senza esserje andato appresso Licino, essere delle altre discipline. Percio jconsidera, se ti didue due fojrmano il numero quatcesse uno, che tro, non vi sarfa bisogno che lu andassi attorno a ricercarlo ad altri che .sono periti nell' aritmetica; se dipoi per caso si dicesse far .sette ed otto, 1' istante , All' istante, o Ermotimo. trovasse alcuno che non t' avvedresti alche non dice colui la verita ? Lie, Erm. Come adunque che non ritrovi taimpossibile, detti

e se ne degli Stoici, n bisogno abbia degli altri , vedenpersuada, do che quattro non puo esser mai cinque, se pure il dipessero mille Platoni e Pittagori ? Lie. e fuori del nostro proposito, Cio, o Ermotjmo, cose tra perocch paragoni il certo col dubbio, loro differentissime, E cosa mai dici J Ti se' tu che due giammai imbattuto in alcuno che dica , due riuqiti facciano il numero di undici o sette? Erm. Giammai, e sara pazzo chi non dicesse far quattro Lic, Mi di, ti se' tu mai incontrato ( e per le Grazie sforzati di dire la verit ) in alcuno Stoico, o Epicureo, che non , sentissero diversamente del principio e del fine ? Erm, o valentuomo, Guardati, di non imbrogliarmi colle parole, tanto pi cbe ti sono amico noi coloro, , perocch ricercando 5o Vol. I, Lic No certo

ti puo sembrare iuno la verit nei

466 il vero, tu togliendofo agli altri, lo hai attribuito agli Stoici, dicendo essere eglino che tengono due due far quattro, come se fosse cid oseuro, e dicessero gli Epicurei loro in tal modo, e dir voi sette ed otto. E non -ti sembrano farlo, quando voi il solo onesto credete esser buoe dicendo no, e gli Epicurei il solo piacevole, estima Platone esservi corpo, nella naturanon so che d'incorporeo ? E come io ora diceva, rammassando tu con soverch iera cio che si disputa, lo hai dato agli Stoici, come lor proprio senza contesa, contrastandoselo e dicendo esser loro, su di che pur gli altri, io credo esservi assai bisogno di buon giudizio. Se dipoi sar manifesto essere proprio solo degli Stoici, che due due faceian quattro, converr tacersi degli altri, ma se continueranno su di questo a combattere, deono egualmente tutti fasse ascoltarsi, per non incorrere nella taccia di giudicare a passione : Erm. Non sembrami, o Licinoi che- tu intenda ci che io vo' dire. Lie. Convtene adunque che tu parli pi chiaro, se e non dire a quel movuoi intender diverso, do dirti. Erm. Intenderai all' istante cio che io vo' che enrtrino due persone nel tempia di Esculapio a di Bacco, e vada quindi perdei. sacri arredi, converr duta un* ampolla -frugare addosso ad amendue, per conoscere chi Poniamo voi tutto esser edi Platonici numerar che - in filosofia dicono

467s'abbia Erm. Lic, Erm. Commente. nel seno. Lic. l'ampolla Dee senza alcun dubbio averla un dei due. sarfa altramente E come no? perduta.

non farai la trovi al primo, Se dunque chiaro essendo che non pu spogliare il secondo, E se Erm. chiarissimo. Lie. averla quegli non la trovassimo nel seno del aver 1' altro, ne assolutamente Lie. Perocche 1' ha. Erm. ricerca la dee primo, v' bisogno di

Gosi, se troviamo noi 1' ampolla presso gli Stoici, non crediamo cercarla possedendo presso degli altri, di gi ci6, di che andavamo in cerca, ne saprei io in grazia di chi dovremmo faticaFci pi oie ritrovanLic, Di niuno, se la ritrovate, tre dola, potete vedere essere verainente quella preduta, convenendo per che vi sia notissimo quelMa primamente , o amico, non due 1' arredo che sia di necessoli sono entrati nel tempio, sit che 1' uno dei due si abbia il furto, ma as incerto sai molti. Dipoi cio ch' perduto , $e sia ampolla, tazza, o corona, e quanti vi son sacerdoti ciascun la dice a suo modo, ne coned vengono pure tra loro sulla stessa materia , altri affermano esser bronzo, altri argento, altri oro, ed altri rame. dunque necessario di spogliare tutti coloro che sono entrati , se vuoi trovare il perduto, e se ritroverai pure al primo 1' ampolla i restanti. di oro, converr ancora far spogliare Erm. E perchi cosa, o Licino? Lie.

468 che sia quella F ampolla perdunon dicon tutti ta, e se vi convengono tutti, sia d' oro che 1' ampolla E se spezialmente chiaro apparisce che l' ampolla perduta sia d' OCQ, Perche al primo un' ampolla di oro, non di osservare pur gli altri , per questo tralascerai non essenjdo perto, se sia questa quella ch' era dell' Iddio. E non estimi tu dipoi che sienvi Lie. ampolle di oro? Erm. Certamente. Converr percio andar cercando da tutti, e quela ciascuno, riporle in mezzo, le si ritroveranno e conghietturare di esse quale possa riputarsi E siccome cj si offre molta arredo dello Iddio, dj coloro che si padauno incertezza, perocch hanno qualche tazza , o ampolla f dispogliano o corona, e quale di rame, quale di oro, e posi chi abbjasi il sacro arquale di argento , forza adunque di redo si*e sempre oscuro. sacrilego ; che se avesser pur tutti cose simili, sarebbe anche oscuro chi tolto avesse j1 divino arredo, potendo La cagione dipoi della pure averlo di proprio dubitare phi dovr chiamarsi ignoranza io credo sia, che la perduta ampoHa e senza iscrizione poniamo che si Imperocch ed iscritto vi fosse il nome perdesse 1' ampolla, o dell' invotito., saremmo in minor dello Iddio, e ritrovando 1' iscrizione , cesseremmo travaglio , Credo che di spogliare e dar noja agli altri abbi molte volte veduti i tu, o Ermotimo , molte e tu ritrovi dubbio

469 giuochi Ginnastici. molte volte ed in Erm. molli Non t' apponi male, Lie. Sedesti luoghi

Erm. Si, non ha guari mai vicinoai presidenti? in Olimpia mi stetti alia sinistra degli Ellanodi Elide tra i dici, dandomi luogo Evandrida era desideroso di vedere suoi cittadini, perch ogni cosa, e ci che avvema presso Laonde vedesti come traggli Ellanodici. Lie. e quei gonsi a sorte quei che hanno a lottare , che hanno a fare alle pugna ? Erm. Si bene, il da vicino tu meglio, che il adunque Anticamente essendu vedesti da vicino Erm. le foglie di lauro Ercole presidente, Lie. vidi. Lie. II dirai Lascia o Ermotimo, andare, queste anticaglie , e racconta le cose che vedesti dappresso. Erm. Fu portata un' urna di argento sacra allo Iddio, gittaronsi in quella delle piccole sorti In ciascheduna di due scrivesi me favine. A , in altre dinatamente altre coun

due il B ed in altre il C e cosi orse sono pi giuocalettere, sempre due sorti la stessa letteinnanzi ciascuno

tori, portando Facendosi ra

dei giuocatori , e pone la mano nell' urna, pregato lo Iddio, ne trae fuori la sorte, e dopo esso un altro , e a ciascuno il flagellante, gli ritiene soprastando la mano, ne gli permette di leggere la lettera che ha tratto Avendo ciascuno tratto, l'Alitarca , o alcuno degli Ellanodici ( non ricordandomi bene ) andando intorno, osserva le sorti,

470 in un cerchio, e cosi quegli cIi La l'A coll'altro che pur trasse YA si pone insieme -a lottare e fare alle pugna : Quello del B similmente coll'altro del B, e cosi tutte le altre leltere simili in questo modo, essendo i giuocatori pari, come otto, quattro e dodici Se poi son dispari , come cinque, sette e nove, 1a lettera dispari scritta in una sorte si mescola colle altre, non avendo contro iscrizione. Chi poi si siede aspettando che abbian quelli non avendo altra lettera che gli ricombattuto, e si questa pel giuocatore ventura sponda; trarralla , non piccola, dovendo misurarsi in forza con persone affaticate Lie. Fermati, perche ciosi era mi bisognava. quello che sommamente Adunque essendo nove, trassero tutti , ed hanno le sorti; tu andando intorno ( perocche in luogo di spetti vo' fare Ellanodico ) ad osservare le lettere ; non credo che saprai cbi sar colui che debba sedersi , se prima non sarai gionto a tutErm. Perch, o Licino, dici queti, eriunitele. sto? Lie. Non possibile che tu ritrovi al motatore che dimostrj colui che quella lettera , non saprai debba sedersi , o se pur la ritrovi , se sia quella ; imperocche non si per lo innanzi detto che il C, la M o la I lo abbiano ad Ma tostocb ti sarai imbattuto nell' A , indicare. mento cercherai gli unirai. colui che hassi l'altra Abbattendoti A, e ritrovatolo, dipoi nel B , ricercherai standosi coloro

471 dM ha I' altro a quello hai troB corrispondente vato , e cosi similmente di tutti, finch ti rimane quello che ha una sola lettera senza avversario, Erm. al primo, Ellanodieo E che farai, o al secondo? se ti abbatti Lie. in quella ma tu Nulla; Dirai forse al-

vo' saper cosa farai? ovvero ti conver1' istante questo e il sedente, r andarne in giro da tutti , per vedere quale di loro ha la stessa lettera ; veduto non avrai le sorti di cbi sia il sedenle Erm. il 3apro assai facilmente, trovero un'

ed in tal guisa se tutti , non saprai Mai si, o Licino, io se. in nove l'i..

mentre

E nel primo, o secondo, conoscero Lie. E che quello che 1' ha, si il sedente Erm. In questo plOdo. o Ermotimo ? come, Due di essi hanno l'A, e similmente due il B , quattro i rimairenti, due certamente trassero il Ce due il , e eosi in otto giuocatori #ono consummate quattro lettere ; percio chiaro, che la sola lettera dispari dee essere la E, -e colui che FLa tratta, il sedente. Lie. Per avventura io loderei , o Ermotimo, la tua antivema comeche sia , vuo' tu, che io ti facdenza, cia le mie osservazioni ? Erm. Di pure, ma io .dubito forte, che tu possa ragionevolmente tradirvi Lic. Tu hai detto che le lettere oondeoessendo

no essere affatto scritte per ordine, prima YA, poi jl B e cosi in seguito fino a tanto che termini in una di quelle il numero dei giuocatori.

472 E ti concedo se senz' ordine che cosi si usa si prendono lettere , la X la S lo L il K ed il T, e quattro di queste le scriviamo doppie in otto sorti, e lasciamo il solo L nella nona, non conoscerai per certo se quello che la possiede il sedente, non sarai andato intorno da tutti, e conosciuto che niuna e raddoppiata con quello, non podall' ordine della lettera , conghietturarlo come ora facevi, Erm. difficile rispondere alLie. Or via considerala in un Ia tua domanda, Figurati che non iscri viamo nelle ma alcuni segni o note, come moisorti lettere, te ne scri von gli Egizj in luogo di lettere , come uomini colle teste di leone o di cane Ma altro modo. pur queste come strane, e figuriamole ed irnmaginiamo due uomini semplici e simili, in due sorti , due cavalli in altre due, ed in il nono segno due altre due galli e due cani, lasciamo sia un leone ma in questa me potrai affermare , se non avrai dente, nelle rimanenti sono Se adunque t' imbatterai da pricosorte contrassegnata col leone, questa il seinnanzi osservato in giro se altri leoni? Erm. Non so Non e meraviglia, di bello a rispondere chi ha la sacra e 1' ottima di necessita guida per conviene ne Lie. che destini tendo esser in Olimpia; tra tutti cinque ma

o Licino. che ripeterti, mentre non vi nulla Laonde ampolla, quella se citt vorremo ed il sedente , di Corinto,

ritrovare

47* veniamo a tutti, e gli ricerchiamo, e spogliamo, e gli guardiamo e gli frughiamo diligentemente , intorno, perocch appena in tal modo impareremo la verit < E se vorra altfurio degno di fede si debba filosofare, consigliarmi in qual filosofia sar questi quel solcr che conoscer ci che da Tutti gli altri non avran per me tutti si dice. voto, n crederei pur a quell, al quale manca la conoscenza di una sola setta, potendo iprse codesta. essere che fosse la migliore Imperocad uno che ci crederemmo che non giustamente ,

presenta un bell' uomo, e ci dice esser questo il pi bello di tutti gli uomini, se non sappiamo che abbia egli veduti altri uomni. Sar forma che sia tra tutti bellissimo , non puo saperlo chi tutti non vide * Noi dipoi non di un bello, ma di un bellissolo abbisogniamo se bello; ci avviseremo di non simo, e se nol ritroveremo , aver fatto nulla, n ci soddisferemo di qual unque bello, ma quella somma bellezza ricerchedi necessita non e che una sola. remo, che Erm. Ci si e vero Lie. Or dunque puoi tu dirmi di alcuno, che provata ogni strada nella filosofia , e conosciute le cose di Pittagora, di di Aristotile, di Crisippo, di Epicuro, Platone , e degli altri , abbia in fine tra tutte scelto una sola via, provandola vera, e conosciuto per pratica che sola questa dri ttamente conduce alia felicit ? Se tale ritroveremo , finiremo di aver

474 brighe. Erm. Non e facile, o Licino , il ritt'ovare un uomo si fatto Lie. Cosa adunque o Ermotimo ? faremo, perocche non credo io cbe abbiamo a pcrderci di animo se non ab, biamo al presente dovizia di tali guide E non si e egli il meglio e il pitt sieuro incominciare da se , ed andare per ciascuna di tutte le sette , e diligentemente esaminarne le discipline ? Erm, Cosi ne pare, se non che ci fa contro cio che dicevi poco anzi, che non facile il tornare indietio si e dato spiegate le vele E come dipoi potrebbe essere, che potesse uno entrare per tutte le vie, ritenuto essendo nella prima, come tu dici? Lic. il divisamento di Teseo, e il filo della tragica Ariadna entrereprendendo mo in ciascun lahirinto, e glomerandolo, ne usciDirolti; remo senza molestia. Erm. E donde ci nascer un' Ariadna, e come avrem noi dovizia di lino? o sozio Lic, Non isconfortarti, , che parmi aver ritrovato a che dobbiamo tenerci per uscirne. Erm, E a che mai? Lie. Non ti ridiro un mio ma di certo Sapiente : Sta in guaravvertimento, ci Pertanto di non credere. dia, e ricordati e la faremo da presteremo facili ad ascoltare , ed abbandonando quei che fanno lungiudici, da ghi discorsi, con assai felicita ci sottrarremo Erm, Dici bene, e cosi si faccia. quei labirinti Lie. Si faccia; ma a quale ne verremo prima imiteremo a chi, in bala del vento tante

475 incominCio non monta nulla; di ogni altro? ciamo pur da qualunque ,. per esempio, da quel se ci avviene cio, in quanto tempo di Pittagora: crediamo noi d' imparare tutte le sue discipline? ne dimenticarti di quei cinque anni di silenzio, crederei bastare trent'anonde compresivi, ni, dipoi piu o meno venti ve ne vogliono. Erm. E poscia chiaro chte conPoniam cosi. Lic,

e non a Platone, viene assegnarne altrettanti E quanto a Crisippo, meno ad Aristotile non io il numero, ne domandero sapendo, per averlo da te inteso , che non ve ne bastano appena Certamente Lie. Cosi per orquaranta. Erm. E ti avvedrai dine ad Epieuro, ed agli altri, cbe non ne pongo molti, se consideri quanti soe gli Epicurei no gli Stoici, i Platonici, confessanti di non saper tanto nella propria setta, che nulla lor manchi alia perfezione E se ci non si persuade , tel dicano Aristotile , Crisippo e Platone , ed innanzi di questi, Socrache gridava a tutad essi inferiore, se non ti, che nulla e' s~^uea di tutte Ie cose, Facciamo percio il questo solo che nulla sapea conto da] principio: vent' anni abbiam dati a Pittagora, a Platone altrettanti , e cosi per ordine tutti insieme agli altri , talche riunendoli qual somma faranno , ponendo dieci sole sette di fiErm. Sopra dugento, o Licino. Lie. losofi? Vuo' tu che ne togliamo la quarta parte, e che te in nulla ciascuno

476 , od ancor la met ? Erm. Tu il saprai meglio; quanto a me, io vegche ne andranno pochi per tutte le go questo, sette, incominciando pur dalla nascita. Lie. Co. 0 Ermotimo , standosi sa dovra dunque farsi, la faccenda in tai termini? dovrem rigettare ci che abbiamo conchiuso , che non possa niuno se lutte non 1' ha scegliere tra tnolte 1' ottima, provate, come colui che sceglie senza esperienza, e va in cerca del vero pi indovinando che giudicando ? cosi abbiamo noi deuo. Erm. Cosi. Lie. Ci conviene pertanto forzatamente viver co, tanto, se vogliamo ben scegliere , provatele tutte e fatta la scelta, iflosofare, e filosofando esser felici Prima di far cio balliamo , come dicesi, nelle tenehre, incontrando quello ci capita, e cio che prima ci viene alle mani c' immaginiamo esser quello, di che andiamo in cerca per E se per alcuna buona ventura abbattendoci per caso in quello, lo rinon sapremo distinguere con sicurt , troviamo, essendovi se sia quello che andiamo cercando, non conoscere ciascuna delle. cose simiglianti tra loro, O Licino , quali sembra esser verissima. Erm, io non so che sia, ma mi sembri dire cose molmolte to a proposito Sia pero detto a lode del vero , tai cotu mi rechi non poca noja dimostrando se , e minutamente esaminandole anche pili del dovere E parmi pure di essere oggi uscito di il vero lie bastino cento cinquanta

477 casa in ora poco fortunata, per -averti incontrato; che quando era di gi vicino al compimento delle mie speranze mi hai gittato in disperail ritrovare zione , dicendomi essere impossible Lie. E tant' annila verit ed abbisognarvi o sozio, non ti sdegni tu pi giustaperche, mente con Menecrate tuo padre, e con tua madre , che come chiamassesi non mi ricordo, q che non ti diede piuttosto colla nostra natura, una vita lunga, e molti anni come a Titone f e circonscrisse cbe chi e uomo non debba vive-i re oltre i cent' anni? Ma io specolando teco ha Erm. E via, che ritrovato il filo del discorso ne so per qual ragione e poni in ridicolo i fiJosofanti. Lic, Ermotimo, quale siasi la verita il vi sap rete voi dotti, per .avventura meglio tu ed, il maestro tuo ; io non so altro3 che non e dessa agli ascoltanti molto piaceyole, e di mol7 to viene superata dalla menzogna, la quale dj bell' aspetto, e per ci gradita Quell' altra che non sa che sia frode , parla agli uomini con libert, le percio se ne dolgono, Cosi pur tu meco ora ti duoli, perch ho ritrovato il vero su cbe cio che tu ed io queste cose e dimostrato, amiamo, non punto facile, Come se tu per caso amassi una statua, e credessi pervenire ali la fine de' desideij tuoi , immaginandoti che fosse un uomo 3 ed io vedendo esser pietra o bronzo se' tu sempre insolente , porti odio alla filosofa,

478 t' avvertissi cb' ami cosa rnper benevoglienza possibile, mi avresti tu per c'io per malevolo , che f ingannassi e perch non ha permesso , sperassi cose strane e non dunque tu affermi, che re, ma dobbiam menare messa come Erm. Aisperabili? non dobbiamo filosofauna vita oziosa e ri-

g? idioti ? Lie. E dove hai tu inteso dirmi tal cosa? Non dico w, che non-sj debba filosofare , ma dovendosi filosofare, ti somolfe vie, e cadauna afferma di alla virtu , ma la vera si oscura, condurre e deesi percio far la scelta con avvedimento. E tra molte che preferivansi, parea a me impossible scerre la migliore, se non si fosser tutte provate : Cosi da che ti sembra ttoppo lungo 1' especome fatai ? ( poiche YO' interrogarti di rimento, nuovo ) seguirai per avventura il primo in cui tu t' imbatti, e con quello filo'soferai, e ti far Erm. E che poquegli divenire Un Mercurio ? dicendo che. niuno posfrei mai io risponderti, da per se stesso , Sa giudicare se non sar vivuto gli anni della Fenice, ed, andatone abbia di tutto fatto la prova, n credi in giro, doversi no alla filosofia

jprestar fede a coloro che lo han fatto prima , tie a molti, che ne fan lode e testimonio ? Lie. Che mi racconti tu di molti che il sanno e te basta sol v' e a me Se tale, provate ? Se dipoi mi questo, n6 ho bisogno di molti. parli di que' che non sanno, nulla a me importa han tutte 4

479 il numero M presti di essi, perch non avendo nulla veduto, fede f ovvero un lor

mehtre, su tutto. Erm. Tu sosola cosa ; giudrcheranno tutti gli altri che vanno lo bai veduto il vero, filosofando sOri tutti scioechi? Lie. Mi calunnii, o Ermotimo , dicendo che mi tenga da pitl de* gli altri, e che solo mi ponga tra gli scienziati, ne ti rammenti che io t' ho detto, che non pretendo io di sapere il vero al di sopra degli alcon tutti. tri , ma anzi confesso d' ignorarlo o Licino, coErm, Quel dover tutte provarle, e non iscegliere 1' ottimo in altro me dicono, modo che in questo , per avventura si ragioma lo spendere tanti anni in ogni espe assai ridicolo, come non si potesse conoscere da pochi ogni cosa ; ed a me semnevole; rimento bra esser questo del tutto

che un certo sogno di gran pensiero. scultore, credo Fidia, veduta un' unghia di leoda quella di qual grandezza era 10 ne, estimo intero leone, ifgurandolo dalla grossezza di quelle unghia E tu pure mostrandotisi solo una mano di uomo , giudico che perto si un uomo , comech veduto non abbi tutto il corpo Cosi in poca parte del giorno sommariamente ci che dieon puo imprendersi tutti Lo squisito e degno di maggior esamina non e affatto necessario nella scelta dell' ottimo, e coprendosi il resto conoscerai immantinente del corpo , che il co-

facile, Dicono

ne esservi

bi-

480 e puo giudicarsi nel modo ti dico. Lie. Bella, o Errnotirno! come tu parli sodo! dalle parti si puo conoseere il tutto. Io mi ricordo di avere il contrario , e che chi conosce il tutto conosce anche le parti, e che chi non ha conoscenza del tutto non 1' ha delle parti. E rispondimi a questo: come vedendo Fidia un' ungbia di leone, conosciuto avrebbe esser quella tale, se mai veduto vedendo non avesse tutto il leone? e tu di uomo, come potresti dire se non avessi prima conosciuto che si tale, e veduto l' uomo ? A che taci ? Vuo' tu che riTalche il tuo sponda io per te il convenevole ? Fidia pericola di partirsene senza aver fatto nulla, leone, e puo dirtipazzamente figurato avendo il ha ci che fare con Bacsi: nulla, o faneiullo, cose son tra lor simili, perocche ne tu, ne Fidia conosciuto avreste le parli , se non coil tutto, intendo 1' uomo ed il leone. noscevate Ma nella filosofia, corne, per esempio, potrai coco Tai che non ne son dagli Stoici, che una parte, o come potrai mostrare Lt. belil tutto di cui quelle son lezze, non conoscendo noscere il tutto parti ? Ci dipoi che dici , esser facile intendere in poco tempo del giorno i capi di ogni filosofi'a, come i principj e la fine, e cosa credano e quali dicano che l' anima, essere gl'Iddii, tutto esser corpo, e quali stimino esservi alcune cose incorporee, e come altri nel piacere , una mano inteso

481 il bene e la felicit, in tal guisa v' facima a conoscere lita, e niuna fatica a ridire, chi dice il vero, guarda bene che non ne basta altri nell' onesta pongano ed altre cose. Ascoltando E solo una parte , ma vi vogliono molti giorni per qual mai cagione ha ciascuno di quelli scrite migliaja di libri, se to su tai cose centinaja esser vere quelle poche conon per persuadere se, che a te sembrano tanto facili ad impararr se' tu si impazienEd io credo, dappoiche te, che avrai ora per la scelta dell' ottimo bie considerando ciascun sogno di un indovino, tutto, sceglierai tu stesso ogni cosa con piu acusi? E sard per avventura tal bisogna breve e senza intrighi, se chiamato lo indovino, a. scoltando i sommarj di tutto, consulterai le vitezza di ogni cosa, e ti liberera cosi Iddio da mille faccende , nel corpo deldimostrandoti la vittima ci che devi seguire. E, se vuoi, ti una cosa di minor fatica, e s.enza accennero scere e cxmsultar vittime , e sacrifizj, sacerdoti con gran de spesa, gittando in un' urna delle letterine col nome di ciapraticare chiamar scun tai che filosofo, comanda ad un fanciullino , abbia amendue i genitori, di andarne aU' urna e trar fuori quella che prima delle letterine e cosi di mano in magli verra in mano, no secondo quelli escono, anderai lilosofando , o Licino, Erm. Questo, si e un parlar da Vol. I. 3i

482 buffone mi di, hai Ma , del vino? Lie. Moltissime tu mai comperato Erm.. Or dunque ne andavi in giro da volte tutti gli osti della cilt, e paragogustando indegno il saggio dei vini? Lic. No. Erm. Bastavati , credo, per fartene condurhuono e ragionere, il primo che ritrovavi vole. Lie. Si certo Erm. E gustato alquanto di quello, puoi dire quale si era tutto il vino? 11 posso bene. Erm. Ora, se accostandoti agli osti, dicessi: Io vo' comprare un barile, me ne faccia percio bere ciascuno di voi una botte, ch cosi quando saro stato da tutti, sapr chi ha il miglior vino, non credi che parLie. lando e deriderebbono , gli verresti a noja, e forse ti spruzzerebbero d'acqua? Lie. II credo bene, ed il soffrirei giustaErm.. II medesimo avviene della filosomente in tal modo coloro ti nando e facenda ed di te.

fa , n- vi bisogno di beversi tutta la botte, quando da pocbi sorsi pu conoscersi quale si scivo il tutto. Lie. Come sei , o Ermotimo, tu mi sfuggi entro le mani, ma avvisandoti fuggire, caduto sei nella stessa nassa. Erm. Perch dici cio ? Lie. Perch usando di una cosa loso! che da per se stessa si mostra , ed nota a chiunque, come il vino, le assomigli cose differenson tissime, e su le quali, per essere oscure, tutti in dubbio Laonde io non ho che dire in se non per cosa la filosofia ed il vino sien simili,

485 in questo, che vendono i filosofi la dottrina come gli osti, imbrogliandola e mal misurandomolti di essi, adulterandola , awentura soltanto quello lu dici. Tu di' tutne cio e al to il vino nella botte esser simile, certo strano; ed ancora, che se alcuno scarsala, Ma consideriamo ne gusta alquanto , conoscer subitamente quale si tutta la botte; cio ancora ragionevole , ed io non so che ridirvi Ma considera ora la conseguenza La filosofia ed i filosofi, giorno nendo E cio, vi parla forse ogni su gli stessi argomenti , o ne va propodi nuovi e diversi, molti ? essendovene tuo, o sozio, manifesto, ne sara che tu ti rimanessi presso di lui, non andasse da crese qual come il maestro mente cavandone

dersi, altro Ulisse

do, e ti basterebbe Erm. Non farei diversamente que hai potuto al ogni cosa? mentre stesse

e vaganperegrinando 1' averlo udito una volla Lic. Come adun-

cose, ve , e non eran eguali sempre, siccome era il vino. Talch, o sozio, se non avrai bevuto l'intiera botte, anche briaco andrai E vagando che lo Iddio abbia nascoso nel fonsembrami, do e sotto le fecce 1' ottimo della filosofia Converr altrimenadunque vuotarla fino all' ultimo, ti non ritroverai questa nettarea bevanda, della quale tu mi sembri sitibondo gi da gran tempo.

e conoscere primo gustare non sempre le ripetevansi ma se ne dicevan nuove sopra nuo-

484 che solo gustandodiverrai all' istante alquanto, un filosofone, come si dice della profetessa di Delfo, quando ha bevuto del sacro fonte, sue rispondere bito divenir piena dello Iddio, Ma la cosa non ist cosi, a chi le si appressa questa la e sorbendone tale, quasi della Guarbotte, dicevi essere ancora al principio. da percio che non sembri pitt simile alla filosofa ci che io ti dico Rimanga la botte e 1' oma non vi sia. vino, ma una quantit di il grano di sopra, dipoi le fave, e semenze, ed altri legumi didopo queste lenti, ceci, tu de'seversi Se volessi adunque comperar mi, e togliendo quelli del grano dov' era, te ne sle, desse in rnano la mostra, acciocche la vedessi , tu in quella potresti dire se i ceci riguardando son netti, le lenti cuottoje, e Ie fave non vuote ? Erm. No. Lie. Cosi adunque non imprenderai da uno solo, e dalle cose dette alia prifilosofa, perocch non si e dessa uno come il vino a cui la simigli , volendo che sia al gusto tutt'una, quando comma ci che sia 1' intera parisce essere in se affatto diversa, ne bisogneEd a comprare vole di esamina rnomentanea del cattivo vino si rischiano due oboli, ed il pelire nella feccia della plebe, come tu stesso diDel cesti in principio, non si e picciolo male rimanente colui cbe vuole beversi tutta la botte e tu stesso bevuto avendo la met Tu credi esser

405 per comprare un barile, far danno all' oste con la filosofa per non un assaggio si sragionevole ; ed anzi quanto pi ne besoffre nulla da ci, vi, si rimane la botte egualmente piena, ne si secondo il proverfa danno all' oste Perocch, e pi ve n' e bio, pi se ne vuota di quella, abbondanza , in contraria ragione alla botte delle Danaidi , non contenendo quella cio che vi e di ques' infonde , e subitamente spargendosi, e pi altrettanta sta' quanta pi se ne toglie, dirti ancora non s<7 quantit ve ne rimane. Yo' che altro di simile sul gusto della filosofa, ne ti dare a credere che io bestemmi velno, dir simile ad un mortale di lei, se la come la ci-

o altro di questi, non essendo. cuta, l'aconito, essi mortali, comech uccidano ; se se ne gusta una minutissima particella in sulla punta dell' unse non se ne prende tangbia, e non si muore, to preparato nel modo e secondo il bisogno. Tu che ne bastasse una porzioncella t'immaginavi Erm. per perfezionarsi nella scienza universale Sien pur queste cose, o Licino, come le vuoi; conviene adunque viver cent' anni , e sostenere tante n6 in altro modo filosoferemo ? fatiche, Lie. No, o Ermotimo, non vi ba nulla di noja, se tu in principio dicevi il vero: La vita esser breve e V arte lunga. Ora io non so per qual a sdegnare , se nell6 stesso giorcagione t'abbi no prima del tramontare del sole, non divenghi

486 Erm. Tu cerchi Crisippo e Pittagora. , o Licino, e mi poni in angustia, sorprendermi non avendoti io mai fatto ingiuria, e ci non Platone , pu essere che per invidia, perche essendomi io proHttato nella dottrina , tu essendo tale riconosci esserti perduto nella bassezza. Lie. Tu sai ben cosa fare, ne aver pensiero de' miei dee tu che lirj , e lasciami nelle mie sciocchezze, hai senno continua nel viaggio, e compisci cio che ti paruto fare da principio in questa faccenda Erm. Ma tu colla tua violenza non mi permetti la scelta, se non ho prima tutto tentato Lie. Conviene che tu bene il sappi, ed io non parlero pin, e chiamandomi mi violento, sembri spcondo il poeta accusare un innocente , e sei tu anzi di cio colpevole, fintantoche non te ne liberi facendoti soccorrere da altri discorsi E la ragione ti dimostra con piu violenza tai cose; ma tu non curandola , ti volgi ad ac.. Io maraviglio che cusarmi Erm. E che mai? le abbiam noi lasciato cosa da dire Lie. Dice la ragione , non esser bastante il vedere da noi ed esaminare ogni cosa, per poter scegliere Y ottimo, ma volervi ancora assai piu. Erm. E che e Il giudizio, o uomo ammirando , intelliprontezza in esaminare, ingegno acuto, e quale si bisogenza accurata ed incorrotta , gna per giudicare di cose si grandi, e per non mai ? Lie. avere speso vanamente il tempo in osservarle

48, che debba in cio impiepertanto , e, posta innanzi ogni garsi tempo non piccolo, cosa , fare la scelta con posatezza e con riflesne avendo sione, e molte volte considerandola , tutte Dice all' abito, ed alla fama di chi rispetto all'et, i quali dice, ma farla al modo degli Areopagiti, giudicano nelle tenebre e nella notte , ne riguarma ci che si dice, ed dano quei che dicono, allora avendo scelto, ti sar piLI facile il filosoErm. Vuoi dire dopo la vita, fare perocche per passare per ogni setta, osservarla diligentee veduta giudicarne , far la scelta del mente, nostro giudizio , e fattala filosofare, non e sofficiente la vita di altro modo, Increscemi , niun uomo non potendosi in , secondo te, ritrovare ta verit. Lic, o Ermotimo , di doverti dire che

e talvolta ci dimentineppur questo bastante, ichiamo da noi stessi, e crediamo aver ritrovato una cosa a proposito , la quale poi non e nulla, e siamo come i pescatori, i quali molte volte, gittate sante, le reti, e sentendovi non so che di pevi sieno incappati traggon su sperando gran pesci, ma dipoi faticato molto in tirare, comparisce un sasso o un ciottolo pieno di arena Guarda che ancor noi non abbiamo tratto Erm. Io non comprenqualche cosa di simile. do cosa ti vuoi tu intendere con queste reti, se non che mi vi ravvolgi intieramente Lic, Procudi sviluppartene ; coll' ajuto di Dio ra adunque

488 , andanQuanto a me do a far la pruova di tutte, ed anche una volta compiutala, non credo che ci sar neppur chiaro quale si abbia di loro ci che cerchiamo , o se medesimamente tutte lo ignorino Erm, Che dici , nessuna adunque di queste se lo ha ? Lie. E incerto, quando non credessi possibile che tutti s' ingannino , e che la verit sia certa cosa tutta diversa da quella si credono aver essi trovata. Erm. Ma questo come puo essere? Lie. Sia per noi la verit il numero venti, e prenda taluno per esempio in mano venti fave, e chiusala, domandi a venti persone , quante sono le questi conghietturando, chi sette, chi cinque, chi dir trenta, e chi dieci , e chi quindici e cosi gli altri altri numeri. Puo intanto avvenire che per caso colga taluno il vero, non cosi? Erm. Certamente. Lie. Non dipoi anche impossibile ad avvenire, che dican tutti altri numeri falsi e non veri, e niuno di essi dica che si ha colui venti fave sa ne dici? modo istesso Erm. CoNon impossibile. Lie. Nel tutt' i filosofi adunque ricercano fave nella sua mano, tu sai notare corne alfri

quale sia la felicit, e la dice ognun di loro dichi nell' oneversa, e chi la pone nei piaceri, e siccome non irst, e chi in altre cose; ragionevole che in alcune di queste cose ripongasi il sommo bene, non e neppur cosi strano, che non si ritrovi in nessuna. E sembriamo noi

489 in opposizione , cercando seguire awisando prima di trovare il principio, cohvenga prima ehiarirsi ove si conosce. essere il fine io che la ve-

da un filQsofo che ben la rit, ed informarsene intenda , e dopo questo far ricerca se debb Erm. Vuoi tu adunque intendeaverglisi fede re, o Licino, che se pratichiamo pure ogni sorta di filosofa, neppur cdn questo potremo ritrovare la verita ? Lie. Non interrogar me y o la ragioma di nuovo domandane uomo , ohe nol possiamo, ne, che forse ti risponder, rimanendosi oscuro che sia alcuna cosa di quelle che dicon costoro. Erm. Dovendo stare a' tuoi buon ne potremo perdetti non mai la ritroveremo , cio iflosofare , e ci converr menare una vita da idioti lontani dalla dottrina. Tutto cio si raccoil figlie da ci che tu dici essere impossibile l'ilosofare, n potervi aggiugnere uomo nato, chiedendo tu, che chi vuole esser filosofo abbia prima da eleggere 1' ottima filosofia, e tale scelta sembrati che debba che convenga correre iscegliere la pi vera gli anni necessarj a ciascuna, farsi con tanta diligenza, ogni setta di filosofa per E fatto dipoi il conto denol compisti, e-

stendendo la faccenda ad altre generazioni, talche la verit pu conseguirsi appena dopo. il termine della vita comune Finalmente non hai voluto lasciar pur cio senza dubbio, dicendo es- sere oscuro, se siasi la verit di gi si o no

490 titrovata presso i filosofi timo, potresti affermare ritrovi presso di essi? Erm. Io non vi giurerei Lie. Tralascio volentieri altre cose bisognose di Erm. E quali? Lie. Non pi lunga esamina hai tu inteso Platonici altri no che coloro che chiamansi ed Epicurei, alcuni cadauna delle ragioni , Stoici , ed comprendono , comech sien E tu, o Ermocon sacramento che si Lie.

d' altronde spettabilissimi questi personaggi ? Erm. Cio e vero Lie. II giudicare perci quei che sanno da quei che non sanno e dicono di non ti sembra impresa molto faticosa ? sapere, Erm. Assai volenLie. Converratti adunque , do conoscere P ottimo degli Stoici, se non da dai pi, e far pruova e il miglior maestro , esercitandoti priscieglierti la fama a paragonare costoro per acquistare in errocolta di giudicare , per non inciampare tutti , almeno re e fare scelta del peggio tempo a cio si richiegga , cone ho parlato , temendo non ti sdegnassi , ed il necessarismech lo creda io il massimo e solo quee intrigate, di ri" sto per te la fedele e ferma speranza trovare la verit, qualunque altra nulla , per poter giudicare e separare il vero dal falso, e co* il dall' adulterato me gli argentieri riconoscere simo in tali cose oscure E se acquistata tale arte e puro e senza fro de facolt, anderai all' esamina delle cose allegat, Ed osserva quanto ed io volentieri non andare

491 ne verr bene , se dipoi no, intendi sanamente , che nulla potr impedirti che non sii porovvero che alla niotato pel naso da chiunque, slra ognuno come una simile ad un' acqua O sarai piuttosto pecora e seguirai chiunque colla sparsa per la mensa, punta del dito di te tocca una parte, o per mia di un ramoscello segui sponda di qualche fiume, che ad ogni soffio si scuole, e si piega ad Se tu troverai tal maeogni piccolo venticello e di stro , che conoscendo 1' arte di dimostrare giudicare i dubbj, quella t' insegni , certamente fe ad una canna nata alla ti riposerai da ogni noja, e ti sar immantinena te manifesto 1' ottimo, e la verit congiunta la menzotal' arte dimostrativa, e distinguerai gna, e scegliendo con fermezza e giudizio filo ed acquistata t, viverai con essa bene. Erm. Evviva, soferai, la tanto possedendo o Licino! desiderata insieme queste feliciogni parole

sono migliori, e mi recano non poca speranza , e conviene ricercare un uomo si fatto, che mi faccia cap ace di conoscere e giudicare , e spezialmente di dimostrare Le altre cose son facili e senza molestia , n6 abbisognano di molta ed io ti ringrazio per avermi trospecolazione; vato questa via si buona e si breve Lie. Non ancora dei ringraziarmi , non avendoti io ritrovato n mostrato nulla, che ti faccia l'i vicino della speranza. E siamo ora assai pi lontani di

49* prima', secondo il proverbio: Dopo molta fa,tica siamo gli stessi ! Erin. Come tu sembri volermi dire alcuna cosa pi trista e piii dispeo sozio, quando noi e' imrata ? Lic. Perch, alcuno' che promette di sapere albattiamo in o imparare altra cosa, non cuna dimostrazione , subito, come io credo, gli prestiam fede, ma ricerchiamo altri capace di giudicare, se dice Ed avendo il bene di ritrovarcostui la verit lo, rimane ancora a noi oscuro, se ben' o male possa egli giudicare e conoscere su quella eosecondo me, pur d'altro sa, e vi bisogno, Perciocch come potremo noi conointendente scere chi sia capace di giudicar meglio , non avendone cognizione? Osserva quanto cio sia mai e 'come divenga infinito, non potendo esteso, E cosi di queste digiammai stare, ne capirsi quante possono mai trovarsi, vedrai e non aver nulla di ferrichiamarle- in dubbio, essendovi molti che quistionando tra 10mo , mostrazioni che sanno, ed altri ro, sforzano di persuaderci che. a cose manifeste ne congiungono d'oscurissime , e tra se non comuni , e le dicono egualdi queste mente dimostrazioni Come se credesfar dimostrazione degl'Iddii, perch o Ermotimo, si veggono i loro altari Talch, io non so in che modo come quelli che corrono in cerchio ritornati siamo agli stessi dubMal mi hai bj ed agli stessi principj. Erm. se alcuno

495 , o Licino, riducendomi in carboni il teforo, di modo che mi sembra aver perduti molti Lic, T' increscer assai nieanni e molta fatica no, o Ermotimo , se consideri che non sei solo a rimaner privo dei beni sperati , ma che a dirla in una parola, tutt' i filosofi combattono per l'ombra trattato dell' asino E chi potrebbe mai passare per tutte e che di tu stesso quelle che ho io ricordato, impossibile? Ora mi sembri esser simile ad uno che piangesse ed incolpasse il destino, perch non pu andarne in cielo, ne affondandosi in dalla Sicilia emergere in Cipro, ne innalmare , zandosi a volo, pervenire nel giorno istesso dalla Grecia nell'India. La cagione del rammarico si , mi avviso di avere sperato su la vi, sione di un sogno , o per averlo immaginato esso stesso, non avendo dianzi specolato, che i suoi desiderj erano immaginarj, ed al di la della umana E cosi a te, o sozio, mentre vellicandoti la ragiosognavi molte maraviglie, ne e ha fatto destare dal sonno, e percioti sdegni con essa, appena aperti gli occhi, riscuotendoti difficilmente dal sogno pei veduti piaceri. Avviene il medesimo a coloro che fingonsi una vera felicit, e cavan e prosperano tre cose, che in numero ammassar suole lo Dio Desiderio, magnifico in doni, ne contradicente in nulla a chiunque voglia pur divenire pennuto, Se a costoro tesori , e regnano, mentre son ricchi, in alnatura.

494 e grande come un colosso, e di oro, a costoro dico, se mentre sti pensieri, facendosi innanzi il terroghi s' abbia ritrovar monti stanno in queragazzo gl' in-

come ove sopra alcuna cosa necessaria, a comperare il pane, o cosa debba riche domanda il fitto di spondersi al padrone, e che di gi e buona pezza che aspetta, casa, si sdegnano in guisa, quasiche per la noja di gli si togliessero tutti quei bequella domanda ni, che poco manca che con un morso non tronchino il naso al ragazzo. Non venga per a te, o sozio, tal volont contro di me, se mentre cavavi tesori, o volavi, o eri fiso in pensieri soese ti pascevi di vane speranze, prannaturali, non ho permesso, che quantunnulladimeno tutta la que soavemente, passassi E facendoti levare ho estimato vita sognando amico, e che in opera a cio che necessario, quanto ti rimane di vita facessi uso del senso le cose che non ha guari comune Imperocche e pensavi, diverse non sono e dalle dalle Cbimere, centauri, da qualunque altro sogno i poeti ed si fingono nella libera lor fantasia, furono giammai, ne possono essere, facevi dai Cavale Gorgoni, i dipintori e cbe non comeche il dessi sendoti

volgo abbia lor fede, e se ne diletti vedendogli ed ascoltandogli, perch sono appunto strani ed assurdi. tu ascoltato avendo da Medesimamente cbe vi e una donna bella qualche novellatore.

495 e che vince le stesse Grazie e la oltre natura, non prima specolato se dica il celeste Venere, e se nel mondo ritrovisi cotesta donna, vero, come dicono di Medea P bai di subito amata, E cio che sogno come pur tutti pi t' invesco in quest'amore , per gli altri che amano come te cotale ombra, cio si era, che coquanto possa conghietturare lui che parlava della donna, poich da prima fede come dicesse il vero , si vide prestarglisi Ed a queseguit a dir cose non discordanti che amasse G iasone per un lo sguardo, e percio vi sto sol volto avevate traeva pel naso, ed avendogli una volta dato ardire , vi conducea all' amata per quella retta Le altre cose io credo che via ch'esso credea, fossero rivolto s' era molto facili, e niuno di voi nell' entrare s' era la vera, e ove non bisoil pensiero considerava entrato iniprudentemente

ma seguiva gnava, me fanno le pecore

in sull'ingresso ripensare se avevasi

1 passi dei precedenti, cocol lor conduttore , quando ed al principio dovevasi subito ad entrare Intenderai to-

sto ci che io mi dico, se paragonerai con questo altro simile Perocch dicendo alcuno di questi audaci poeti che v' ebbe una volta un uomo con tre teste e sei mani, se alla prima quando spaccia tai fole gli presti fede senza ricercare se ci e possibile all' istante continuera a recitarti ci che ne viene appresso, cioe che

4g6 occhi e sei orecchie, che quell' uomo avea sei rnandava insieme fuori tre voci, che mangiache avea trenta dita, e non va da tre bocche, dieci come ne abbiamo noi in amendue le e che dovendo combattere, in ciascumani, na delle sue mani aveva una pelta, una gerra (1) ed uno scudo, e nelle altre tre in una coll' altra vibrava la lancia , portava la scure, e maneggiava E chi non colla terza la spada essendo egli tai cose, al principio , il quale bisognava veconseguenti dere se potea accettarsi ed approvarsi ? Ed una volta che gli hai creduto, le rimanenti cose discorrono e non si arrestano , ne pi facile il non prestare lor fede, e essendo conseguenze del principio conceduto II medesisimiglianze mo avviene e l'impegno a voi, e per l'amore non ispecolate ciascuna e vi eosa all' entrare , dalle conseguenze, non rs avanzate trascinati flettendo mente se cio che da quelle ne siegue egualsia falso, Talch se uno dicesse due cingli crederebbe dicendo

e tu gli credessi non rifacendo que fan sette, teco il conto , ne trarr ancora che quattro vole cosi finche vorte cinque fanno quattordici , r. Lo che produce la maravigliosa Geometria, e assurde muovendo ai principianti quistioni, (i) Nome greco di una spezie di mezzo scudo che nCll pu tradursi,

497 -pretendendo non possono le quali si sciolgano giuste, esistere, segni senza parti, e linee e fabbried altre cose si fatte; nop figurate, cando sopra tai putridi fondamenti, pretende coldel dal falso dar dimostrazione l'incominciare cbe vero In egual modo pur voi, accordati i prindate fede al rimanente cipj di ciascuna setta, e pensate che la conseguenza sia segno di verit quando si e falsa, e cosi alcuni di voi muojono di speranze prima di vedere il vero , e ed altri che si accorconoscere gl' ingannatori , gono di esser stati giuntati , essendo tardi e gi vecchi, negano di tornare indietro, vergognando che essendo tali, gli convenga confessare di avere operato come i fanciulli. Per sa vi rimangono per vergogna, cose, e per quanto possono sospingono ad esse, e confortansi nel per non esser soli ingannati , vedere fermit, molti ed altri attaccati dalla medesima la qual coe lodano quelle

in-

che dicendo la accorgonsi bene, verit, non saranno piu, come sono, riveriti ed Nol diranno percio giammai onorati dal volgo di buona voglia, sapendo bene quanto decaderebbono nel comparire simili agli altri Ed affatto pocbi ne ritroverai , che per fortezza osino dire che sono stati ingannati, e ne allontanino Se tu in tale gli altri che ne vanno in cerca t' imbatti, chiamalo amico di verit, giusto ed onesto , e se vuoi anche filosofo , perocch non Vol. I. 3a

498 porto io invidia a cotesto nome. Gli altri credendd o se sapere , non conoscono il vero per nulla, il conoscono, il nascondono per timidezza, per vergogna, sandiamo dette clide e per voglia di primeggiare per Minerva! le cose tutte E tracoEuche io ho

dimentichiamocene , e qui deponendole, me di quello che praticossi sotto 1' Arconte

e poniamo che questa filosofia degli (i) , Stoici sia la vera e non altra, consideriamo dipoi se essa sia tale che sia possibile conseguirsi , ovvero che si affaticano invano che le quel van dietro; ascoltandovi io alcune grandiose prornesse sulla felicita di coloro che giungono al sommo, i quali soli si avranno tutti li beni del1' universo. Cio che siegue appresso il saprai in cotale Stoimeglio, se ti sei rnai incontrato co di quei sommi , che non e mai preso ne dal dolore, ne dal piacere , ne sa sdegnarsi , e sudelle ricchezperiore all' invidia, dispregiatore ze, ed in una parola felice, ed in fine tale, quate si conviene la ed il canone a chi vuole del vivere esser tenuto la regoperocche e d' alchi cadesse pure in picciolissima cosa, e impertronde fosse superiore in ogni altra , felice fetto e non pu essere in conseguenza Erm. Non ne ho veduto niuno di questi Lic, virtuoso;

(I) Si gi spiegalo queslo proverbio nel Dialogo precedenle della Navigazione, o il Tiranno.

4~ Sii benedetto tanamente tu cerchi adunque n'b filosofare , non tfedendo ne il tuo maestro, ne, se pur quello di iui, ne quella di quello, niuno di loro ascendi alla decima generazione, veramente e percio felice ? Ne parli che ti basta di giugnere saviamente cio a nulla ti gioviciho aI felicit, perch va, mentre sempre si h fuori ed a ciel sereno tanlfJ chi presso che chi e lungi alia porta, e sapiente dicendo, che quegli che Jjreissoj avr maggior dogla, da vicino vedendo fcio di che gli conviene esser privo. E cosi quanto piiI sei vIcino alla felicita ( poich tel vogjio tlifferlscorio solo, tahto pili. ti logori e ti consumi. E concedere ), mentre hort ti risparmi, la vita ti corre standoti tu nel hvagiio e nella vigilia, e se per lo meho ti affaticherai, come dici, altri venti anni, n'avrai ottanta , ed avehdo mallevadore per viver tanto , sarai nordimeno tra quelli che non sono felici, se pur solo hoh ti credi di conseguire colla perseveranza cio che avanti di te molti vaottener non seguitando poterono * Ma pure se cosi ti pare e vuoi insieme tutto goderlo, io non veggo coprimamente sa mai sia codesto bene, che paragonar si possa a travagli si grandi; quindi quanto tempo ti timane a goderne ormai vecchio, e non pi fatto per tai godimenti, ed avendo. cowe si dice lenL e studiati uorhini ih questo , o Ermotimo, mentito. Ache che non hai volon-

500 1' un piede di gi sulla barca, meno che non ti eserciti, o valentuomo, per un' altra vita, nella quale trasportato la passerai meglio, conoscendo in qual modo si dee vivere Lo che non diverso adorna candosi dal fatto di colui, che apparecchia ed ed intanto dimentiper cenar meglio,

perisce di fame. Ed io credo, che non hai pure avvertito , che la virt sta nei fatti , come nell' operar giustamente , e con fortezza e ( quando dico voi intendo le cisapienza. Voi me dei filosofi ) non curando ricercare tai cose e praticarle, vi eseicilate in misere parolucce, e sillogismi, e dubhj, e consumate in queste la maggior parte della vita, ed il vincerle vi sembra bella vittoria E per tali cose sembrami che ammiriate questo riempie di dubbj si ha interrogare, e ingannare e trarsofisticare, re in errore. E lasciando voi il frytto ( che sov' affannate in tal guisa pep lo e nelle opere), di fole.cortecce, spargendovi reciprocamente glie nelle vostre dispute. Ne altra cosa voi tutti, o Ermotimo, praticate dalla mattina alla sera Lie. Non parleErm. vero, non altra. che voi ab. rebbe pertanto giusto chi dicesse, ovi prenbandonando il corpo seguite 1' ombra, dete la spoglia del serpente, non curata la car* che versando ne, o piuttosto fate come colui, F acqua la butle nel mortajo on un pistello di uomo vecchio che maestro, i suoi scolari, e conosce come

Hoi ferro, credendo di adoperarsi in cosa necessaria le ed al caso ; e non avvedendosi che perder e che si rimarr egualmente spalle a pistare, 1' acqua sempre acqua? E qui mi permetti d' inse tu della dottrina in fuori brami assomigliare al maestro, ed essere si collerico , si che tale si sordido, si litigioso , si voluttuoso, al certo per Dio J comech al volgo non apterrogarti, vuo' tu che parisca? Ma tu taci, o Ermotimo? io ti racconti cio che poco fa ho io sentito dire sulla filosofa ad un uomo assai vecchio, al quaIe pel suo sapre concorrono molti giovani ? Ricercando degli scolari il salario, sdegnavasi e dicea non aver quegli pagato il debito nel giorno stabilito, che dovea pagare da sedici giorm innanzi alla fine del mese, com' erano convenuti, Essendo presente lo zio del giovanetto, uomo rustico ed idiota nelle vostre cose, Finiscila, gli disse, o uomo ammidi dire che ti sia stata fatta tanta ingiurando, stizia, se ancora non t'abbiamo sborsato il prezzo delle parolucce da te comprate E possecio che vendesti, non ti k venuta meno niuna delle dottrine Quanto alle altre cose che io desiderava, e per le quali ti ra,c., comandai il giovane, non per te divenuto esso migliore, rapito avendo la figliuola del mio vicino Echecrate , ed avendola, essendo vergine, non avrebbe per violentata, poco sfuggito il dendo tu ancora costui da non so chi

502 giudizio di sforzamento, se non avessi io ricomuomo povero e perata la querela da Echecrate Non e pur molto tempo, che die' dei bisognoso

colpi alia madre, perche avealo esso sorpreso , che portavasi sotto la veste un orciuolo per aver, credo io, come raccogliere i voti Dell' ira, della superbia , e delle menzogne dell'audacia, ne avea meno it passato anno, che ora Ed avrei io voluto che si fosse presso di te miglioratu pi tosto in tai cose, che in quello che , non avendone va sfilando a noi niun bisogno, mensa ogni giorno. cnmf il coccodrillo rapi il fanciullo e promise renderlo , se rispondea il pad re non so che, e come necessario che essendo giorno , non sia notte, ed alcuna volta il buon non so come il difigliuolo, raggirando ci fa nascere delle corna. Noi di tai CQscorso, e spezialmente se ridiamo, quando turandosi le orecchie va mediiando e ridicendo tra se stesso certe

visioni , ed alriprensioni, interrogazioni tri simi!i nomi Gli abbiamo dipoi inteso dire ma che va nache nel cielo non vi e Iddio, in ogni cosa, come neHegno, nelle piee fin nelle cose pill dispretre, negli ani mali, la madre se cio dicea Ed interrogandolo gevoli scendo da scherzo, deridendola da dovero tai bagattelle, venire altro Se intendero rispose: di dinulla m'impedir

solo ricco, solo re, e di riputare ogni e immondezza. a mio paragone schiavo

iU3 Avendo motimo, da uomo quegli parlato in tal guisa, che gli rispose, il filosofo , vecchio senti, o Ere veramente Se non non credi

peggiori , andato di gi in man e ne sarebbe per Dio! Ora la filosofa gli ha posto un del carnefice ? e per riverenza di quella e pi qualcbe freno, E gli reca moderato con voi e pill tollerante di pudore il comparire delindegno alquanto tal vergogna, V abito e del nome, e seguitandolo Laonde se non per gli serve come di pedagogo quali io non 1' bo fatto miquelle cose, nelle gliore , sono almeno degno di ricevere il salario per quelle, che per riverenza della filosofa non ha osato , mentre anche le balie sono di parere di mandare alla scuola i fanciulli , perocch se nulla di buono, non possono imparare per lo meno standosi I, non fanno nulla di male ad ogni pertanto di avere adempiuto teco alcun intendente altra cosa, e prendendoti delle nostre discipline, portal pur qui domani, Sembrami cosa sa se vuoi , e vedrai quando interrogato, e quanti libri rispondere , e cosa ha imparato , sugli assiomi , su i sillogismi , sulle rie su mille altre cose. prese e le affermazioni, cosa Se poi batte la madre e rapi la fanciulla, ho io che farvi? m' avete voi forse fatto suo peha letto dagogo? Tai cose dicea il vecchio sulla filosofa,

Dissegli adunque: fosse costui venuto alla mia scuola, tu che avrebbe egli osato cose molto

o4 tu per avventura, o Ermotimo, dirai se filosbfiamo per non fare di bastare, peggio i Non abbiamo noi preteso in principio di fitosofare, del volper raggirarci pi decentemente go? E che? heppure a cio fai risposta? Erm. E qual' altra, se non che manca poco che io non isparga per modo mi ha colpito la ralagrime: del tuo discorso, e compiango il gionevolezza ho perduto , tempo, che disgraziatamente pagando di pi pe' miei travagli non iscarse mercedi.. Ora dipoi, come riavutomi da una ubbriac chezza , veggo cosa sono le cose che io amacotanto va, e per le quali. mi sono affaticato Lie, Ed ache le la, vaLgono, o buon uomo grime ? stimo io essere pi prudente consiglio la quaquel della favola che raccontava Esopo, in sul lido le dice, che certo uomo sedendosi i flutti del mare in tempesta, numerava ed ere si dolea, finche giugnendo sdegnavasi una volpe gli disse: A che ti duoli, o valentuodovendo tu, non mo , di quei che son passati, rando curati ad annoverare quelli, incominciare che ora s' innalzano ? Dappoiche adunque farai in avvenire vivono tutti ottimamente quelli sei di , vid anche

e non ispegli altri, ti crederai comun citramdo cose alte e strane , non vergognerai estadino ; e se pensi bene, sendo vecchio di mutar partito e recarti al meglio. Tutto ci, o sozio, che io t' ho detto,

tal sentenza, vendo come

5o3 che detto io 1' abbia contro del Portico , ricercando di procacciar lode per inimicizia contro gli Stoici, mentre il discorso mio 6. non credere comune a tutti, e t'avrei parlato nel modo istesso, se tu professato avessi la dottrina di PlaRjne e di Aristotile , condannando Ma avendo cause gi dette. parvemi degli Stoici, contro del Portico., nulla a dire contro di esso. la ogni altro per le tu prescelto queldirigere il discorso di pi scelto Parli da senno :

avendo

Erm.

me ne vo adunque nel .momento istesso a scambiarmi di veste, e tra poco mi vedrai senza questa barba si lunga e si folta, e senza niuna caricatura, tutto libero vivere, ne ne1 vestito, e e sciolto; e mi vestiro forse la porche non ho pora , accioccb ognuno conosca, io piu nulla a fare con quelle inezie. E piane nel

cesse al cielo che potessi io vomitare tutto cio che ho udito da coloro! Ed intendi sanamente, che non indugerei a bere 1' elleboro in contraria ragione di Crisippo, cio perche pi non mi rammentassi delle cose gi dette A te poi non debbo rendere , o Licino, piccole grazie , che sopravvenendo come quell' Iddio che comparisce per mezzo di qualche macchina nelle Tram' hai porto soccorso mentre era trasgedie, da un rapido ed impetuoso portato torrente, e cedendo alla piena ne andava colla corren" te dell' acqua. Veggo perci che dovr non

506 il tosarmi irragionevolmente coloro che rimangono liberati capo al modo di da qualcbe nau-

fragio, siccome quello che debbo oggi celebrare la festa della mia sal vezza , sgombrato avendo dagli occhi tanta caligine nire passeggiando per istrada turatamente $lo E se per 1' avvesvenm'abbattero

in qualche filosofo, guarderommene sfuggiro come un cane rabbioso.

5Q7 ERODOTO 0 AEZIONE

ARGOMENTO questo componU mento un prologo di declamazione ; non sa* scriti ria perb strano, che fosse una lettera suo amico da Luciano , ta a qualche parlandovisi in seconda persona, principio si e desso assai bello , Comunque poi sia, ed e molto prezioso per conservarci la descriin non ricorpittura greca, data da altro autore. Dovendo egli parlare ai Macedoni V esempio di in pubblico , adduce Erodoto e di Aezione, che fecero mostra delzione in Olimpia, e cerca farsi scudo con esso per non essere tacciato di temeloro rario al cielo che si potessono imi tare non dico tutti , ch sara i pregi di Erodoto, cio maggiore dei nostri voti, ma se ne conseo guisse di tutti pur uno, come o la bellezza, 1' armona del discorso, o quella nata e familiare jonica soavit , o quella dovizia di sentenche insieme ha desze, od altre mille bellezze, so riunite , e che non vi e speranza imitare ! e Quello dipoi opero per le sue istorie, III breve tempo si fe' conoscere aj Greci, come cio q Piacesse le cose di un antic a Ad alcuno semhrato

503 tu, ed io ed altri imiteremo. sua patria come subito fiaImperocche verso la Grecia e senza fatica

vigando dalla Caria tra se, considerava divenir

potesse noto e famoso esso ed il suo L' andare attorno 4 e recitarlo , ora agli scritto Ateniesi , ed ora a' Corintj, e partitamente agli Spartani ed agli Argivi, si penso esser lungo e e volervi tempo non corto, e credette penoso, bene non separar la faccenda, He farsi noto cosi diviso ed a minuto , e macchino se fosse possible di prendere tutt' i Greci in qualche luogo adunati. Sopravvenendo percio le feste grandi di Olimpia, ed estimando egli esser quello il tempo piu convenevole , un' aduadocchio nanza ben piena, ed essendo gi ragunati i piii distinti da ogni parte, comparendo in sulla soma oglia del tempio offrissi non ispettatore , ed cantando le istorie , lirnpico combattente , che essendo allettando per modo i circostanti , nave i suoi libri, chiamaronsi muse. E cosi meglio tutti il conobbero che i vinci tori stessi di ire v' era persona cui fosse ignoto il Olimpia, nome di Erodoto , avendolo chi ascollato in Oe cbi saputo da coloro che tornavano limpia, ch' era a e comparia egli appena, dito mostrato^ dicendosi : Questi quell' Erodei in Jonico le battaglie doto, che scrisse Cio Le nostre vittorie. celebrando PBrsiani, dalla festa; Iii guadagno egli colle sue istorie, riportando

509 in una sola adunanza il comun voto di tutto il popolo greco, e le glorie sue dichiarafe furono, non dalla v.oce di un sol banditore, ma in ogni citt, e da ciascuno dei festeggianti. In presso pensandosi esser questa, per essere il Sofista Ippia nosciuti, una via molto breve, di quel paese , Prodico il .Ceo , ed Anassimene di Scio e Polo di Agrigento recitarono ancor apco-

essi dei discorsi pella Festa per divenire in poco tempo famosi Ma a che ti sto io a raccontare di questi antichi sofisti, storici , ed oratori ed altri simili, quando si sa che in ultimo avendo le anche il dipintore Aezione, dipinte Dozze di Alessandro e Rossane, e portando in Otavola ve la espose, talch Prossenilimpia.la da presidente allora dei giuochi dilettatosi del1' arte sua sel fece generp? E dira taluno: Che v' era mai di tanto maraviglioso nella dipintura dei giuochi concbe il presidente di Aezione , la in matrimonio figlia ? La tavola in Italia , e l'ho veduta io una bellissistesso , onde posso descriverla ma camera con un letto da nozze. Rossane veduta in aspetto di donzella di compiuta belgiunse della prelezza , cogli occhi bassi, vergognosa Di alcuni Amorini ridenti senza dj Alessandro , il velp chi standosi dietro toglie via a Rossane dal capo e lo mostra a110 sposp, e chi in atto moh servile le scioglie i sandali dal piede, ad esso non cittadino

i perch omai si ponga a giacere, ed uno di essi, afferrata la sopravveste di Alessandro, pare che a tutta forza lo tragga verso di lei il re poi offre egli stesso alla fanciulla compagna e conduce insieme ne, certa corona. lo Acsposo Efestiouna facella portando

che pur comparisce , accesa, appoggiato ad un giovanetto bellissimo, che credo sia lo Imeneo In altra parte della tavola giuocano altri Amorini colle armi di Aimilessandro ; due sostengono la sua lancia, tando i facchini quando son gravati dal peso di qualche trave che Jortah; e due tirano uno di loro, come fosse egli pur re, entro lo scudo attaccandosi ai fermagli , nel mentre un altro se n' e entrato nella corazza, che e sul pa* e stassi come imboscato per far pauvimento, ra a quei che tirano, quando gli passan vicino, Ne questi sono scherzi, ne ha fatto con cio ma ha dimostrapompa dell' arte sua, e che ato 1' amor di Alessandro alla guerra, mando Rossane, non si era dimenticato delle armi E parve che la stessa tavola contenesse in Aezione alle nozze , fidanzando il quale la figliuola di Prossenida a Aezione, in fatsi parti sposo pur esso per rappresentare to le nozze di Alessandro , facendogli da paraninfo lo stesso re, e ricevendo per prezzo delle Erodoto adunque ( perocche finte, nozze vere le ritorno ora ad esso) riputava convenevoli se non so che attrattiva

511 ai Greci uno per mostrare come egli che raccontasse, storico maraviglioso, Ed io per Giove Ospitafece, le loro vittorie le! non credete impazzisca , ne paragoni le cofeste di Olimpia, Se mie colle sue, e mi sia propizio quell' uomo, come a me sembra accadermi non so che di sinon si tostO capital io tnile a lui i Imperocch nella Macedonia sidei'aiido desiderio strare dare , che medo stesso andava condi far qualche cosa di bene, ed avea conosciuto da a molti ognuno, e moj Lo anMacedoni.

di esser

le cose mie

per attrno tanti anni, e scorrere cadaii^ ha citt non sembfavami si leggiera cosa Se foi avessi colpito il tempo di questa ragunanza vi mostrassi i di- innanzi, scorsi miei, pensavami che si sarebborio i miei Vi siete pertanto voi ragu.. desiderj compiuti vostra e, fattomi nati j e siete di ciascuna citt i piu spettabili , ed il fiore di tutt'i e vi accoglie Macedoni, ttna reverenda citt, non simile a Pisa, ma dove per Dio ! non vi sono almeno strettezze, ne ne trabacche , n caldo Ed i fepadiglioni, e spettatori steggianti non son feccia di plebe, amanti piuttosto dei giuochi , e la maggior parte dei quali ascolta Erodotd a caso, ma sono i pi riputati storici, oratori , e sofisti, talch io temo non poco, che la condizione inia non apparisca di molto inferiore alle feste di Olimpia. E se voi mi riguarderete come un Polidamante,

5l2 un Glaucone, o un Milone, sembrerovvi al certo un uomo audace e comune. Se dipoi, tratta la mente lungi da quelli , mi vedrete solo e spovi sembrero per avgliato in cotale arringo , ventura non del tutto , degno di frusta, e sar per me ci bastante

&r3 ZEUSI OD ANTIOCO

ARGOMENTO Sembra clamazioni, in teatro esser questa che usavano di quelle Derecitarsi dai sojisti una

di Abbiamo pur qui la descrizione di Zeusi , e da essa e da un fatuna pittura re di Macedonia e intitolata to di Anlioco di Luciano e di Zeusi od Anlioco. Lo scopo far che assai colocomprendere, s'ingannan bcue credendo ro, che solo cercano la novitd, a ci stare tal pregio, punto non riguardano che rende alle arti veracemente ed alle lettere merita compiute le cose che partengonsi. Questo esser letto da coloro che

componimento

e che non conoscendo V antico, dispregian biasiman e lodache sia bellezza, V ottimo, no il pessimQ. poco fa dimostrati i discorsi miei, tomavane a casa, quando molti degli ascoltanti accostandomisi nulla di rac( non impedendo mi siete amici), contare a voi tali cose, che Avendovi accostandomisi e mostravano Luon tratlo, mi porgean la destra, e seguendomi per gran maraviglia; giidavan tra loro e faceanmi plauadunque,

so , di modo che n' ebbi io ad arrossire per vedermi troppo lontano da quelle lodi. La somma Vol. 1. 33

5i4 di tali lodi so, si era, e dimostravan tutti cio che I' argomento de' miei scritti e che v' era molto di nuovo. Io. stesera pe-

regrino, qui ridir

le parole ch' essi dicevano: vita , corpo di Ercole! che bel discorso! che uomo ingegnoso! Non ha detto nulla che ripensandovi non apparisca piu nuovo. Quelli dicevan di queste cose, secondo erano pi o Ineno mossi dall' avere udito, perocch non avrebbono molte

E giova Quanta no-

di piaggiar cosi ragione un forestiero, e che non per altro rispetto era Quanto a me, poiche degno di tante premure d'altronde non podirlo, mi recavano queste lodi ea noja, e poiche si partirono e rimasi solo, la Adunque negli scritti miei piace pensava cosi: convien

avuto

e non va di paquel solo, che non e comune, ri passo cogli altri ; dei modi di dire, che sonoin essi belli e composti secondo le regole antiil pensiero, la grazia atei sensi acuti, che, e 1'arte in su tutto, da ognuniese, l'armona, na di queste lontani, rebbono cose perocch iI nuovo ed il peregrino del discorso. a lodaIQ pazzo mi pensava quando levavansi ancor questo gli avrebbe re, che per awentura essendo vero quel detto di Omero, allettati, che una nuova cantilena riesce agli ascoltanti essi di molto dunque non lodetralasciate queste, sono

che ma non mi sarei mai pensato, gioconda , ma che tutto si dovesse tributare alla novit,

5.15 qnest sola servisse come di giunta ed adornamenlo, e che in cio giovasse pure ad esser lodato. E credendo io che dovessero giustamente esser lodate dagli ascoltanti soltanto le cos da assai mi prima allegate, schio di prestar lor fede, solo ed unico tra i Greci, Tal gonfiai, dicendo e correa riessi esser io

ed altre cose si fatte.

tesoro pero , secondo il proverbio, si per in carboni, e poco manca che me trasmutato non sia stato da essi lodato a modo di un ciurmatore pittore Voglio percio raccontarvi quel di un non diZeusi, quell' ottimo dipintore, cose popolari e comuni, o per lo meno

pingea assai poche,

ma Eroi, e tenIddii, Battaglie , tava sempre far cose nuove, e pensando varia e stranamente, dimostrava in questo la finitezza Tra l'altre os fare pur egli un Cendell'arte due piccoli Centauri bambini. La copia di questa tavola e ora in Atene fatta con somma diligenza e perizia; l'originale dicevasi esser stato mandato in Italia con altri dal Dittator la affondatasi Silla, e credo che, Del nave, perisse la pittura ed ogni altra cosa rimanente io ne ho veduto la copia, e per quantauro femmina lattante

to io potr ve la raccontero colle parole , non di pittura, ma per mia fe che sia io intendente la ricordo perfettamente, non essendo molto che rh veduta presso un pittore in Atene; e la ch' ebbi di quell' artifizio , grande ammirazione

516 mi giovera forse ora per meglio descriverla. La Centaura rappresentata sopra un verde pratello di molle erbetta colla parte cavallina giacen- te a terra appoggiata sulle zampe di dietro, che ha ripiegate Quanto v'e in essa di donna, lggiermente Le zampe no distese al braccio. appoggiandosi davanti giacendosi sul fianco non so" , ma 1' una, come piegata, mostra Is uns' innalza

e l'altra sta alzata, ed appoggiasi ghia ritorta, in sul terreno, come fanno i cavalli allorch tentan levarsi Dei bambini , 1' uno tiene essa tra le braccia di sopra e gli porge la mammella di donna, e 1' altro al modo dei poledri poppa a Nel fondo della tavola un quella di cavalla. marito, certamente di quella che allatCentauro, ta quei sigliuoletti, come da una vedetta guata ridendo , non facendosi veder tutto, ma fino al mezzo del cavallo, e mostra colla destra un leoncino , e lo solleva sopra di lui in atto di far a' fanciulli. Le rimanenti paura scherzevolmente bellezze di tal pittura non appariscono tutte ai occhi, essendo rozzi, e contiene in se la forza tutta deir arte nelle linee squisitamente tirate, nel colorito giustamente temprato e posto nella a suo luogo , nelle ombre ben ragionate, nostri e nell' accordo ed eguaglianza delle prospettiva , dai parti co1 tutto, e le loderanno i dipintori, tai cose. lo ho quali mestiere il comprender lodato Zeusi, per cio sommarnente perche in

517 la ha dimostrafo un solo ed istesso argomento facndo 1' uomo variet e la dovizia dell' arte, coi in ogni parte terribile ed affatto selvaggio , e non crini alti e sparsi , peloso in pi luoghi, anche solo nella parte di cavalloj manell' altra di uomo. E gli ha fatte alte pi che ha potute in aspetto ridente, nulladile spalle, e ench ed indomito. meno e selvaggio, Quealpestro, La femmina dipoi una cavalla gli si e tale come sogliono per lo pi essere le bellissima , L' altra meztessale indomite e non cavalcate. anche za parte di sopra di donna hellissima che sole sono a le orecchie, essa , eccettuate La congiunzione modo di satiro. dipoi dei due il donnesco col corpi dove si lega o congiunge ed a grado a accade insensibilmente cavallino, e fugge all' occhio il termine dell' uno e grado, I figliuoletti, bambini , quantunque sono nella tenera loro et pur tremendi , e ci era a parer mio maraviglioso, che volgean assai dell' altro fanciullescamente lo sguardo verso il leoncino , senza lasciare la poppa, e si strigneano alla madre quanto pi forte potevano Mostrando percio Zeusi tavola, credea far rimaner stuMa quelli di subito piti gli spettatori dell' arte esclamarono ( e che altro dovean fare, incontrandosi a vedere cosasi bella?), e tutti sopratquesta tutto li lodavano la novita , come poco fa a me facean queldella invenzione, e l' argomento

518 pittura insolito e non aneor conosciuto Talche Zeusi comprendendo ch'eran essi sorpuesi dalla novita della cosa, e cb' eran lontani dairarte per giudicare sul fatto della squisio Miccio, disse al suo scolare, ripiega il quadro , e voi toglietelo su e a casa; costoro lodano il fango delriportatelo 1' arte, e quello ch' era a lodarsi, cio se ist bene e secondo le regole., non ne fanno gran Ol, caso , e la novit dell' la squiargomento vince sifezza del lavoro Cosi disse Zeusi giustamen-; te sdegnato. Ad Antioco dipoi, nominato il Saldicesi cbe pur avvenisse un caso simile vatore, in una hattaglia contro dei Galati Se volete, avvenne Conoscendo in egli esser questi assai valorosi, e vedendogli e e colle schiere forte serrate , gran numero, che cuoprivan la lor fronte con armati di bronzo , e che il corpo di battaglia era di file di ottanta i corni soldati e che amendue di grave armatura , e erano sostenuti da ventimila cavalli, nel mezzo ottanta raccontero io cio come tezza delle cose: della

carri con falci, cio vedendo ed oltre questi altrettante bighe, Ime riputo quelli invincibili. si tenne perduto , 1' esercito avendo esso apparecchiato perocche in poco tempo, non era ne formidabile , n6 see ne vena condo il ricb iedea quella guerra, che scorreano conducendo la maggior la poca gente, parte armata alla leggiera, insieme quale era o di pelta,

5ig era se.nz' are sopra la met del suo. esercito talch volea di gi venirne a patti , rimatura, cercando un onesto pretesto di finir la guerra ; quando Teodota di Rodi, uomo valoroso ed esessendo perto nell' arte della guerra non soffri che si perdesse di animo comando do Antioco sedici elefanti , che per quanto potessero si tenessero presente, Ed avenTeodota oeculti, * e

e al di sopra dell' esercito, non comparissero e si avesse a poich desse il segno la tromba, e venirne alle mani, e si avanzascombattere , ed aprendo i Galati se la cavallera nimica, la lor battaglia, facessero correre i carri , allora quattro elefanti insieme si opponesserp per e gli altri otto ciascuna parte alla cavallera, contro i cocchieri delle bighe e dei mandassero carri : facendo si sarebbono e fuggendo, i Galati. E cosi avvenne, rovesciato avrebbono perocch non avendo mai per lo innanzi i Galati , ne i lor cavalli veduti a quella elefanti , vista non aspettata ed essendo disordinaronsi , senten doli solo urancora quelle bestie lontane, lare, e vedendo i denti chiaramente splendenti e le probosciper la nerezza di tutto il corpo, di innalzate come a rapire , innanzi che si scasi fuggirono in gliasse una freccia, ripiegandosi, Ed i fanti urtandosi colle lance, e caldisordine, pestati dai cavalli, che impetuosamente venivangli in tal modo, egli i cavalli, spaventati affermava che

5ao sopra, contro trasportali pur essi inietttJ non senza sangue si agitavan dei loro, tra d'essi, e secondo il detto di Omero: > I carri andavan :I' sossopra. I cavalli una volta fuori del cammin retto , non sostenendo gli elefanti , strabalzati i cocchieri , traevan romorosamente i carri vuoti , segando per Dio! e facendo colle falci in pezzi ami co incontravano. E molti vi davan trascinati , ed i carri

ehiunque

sopra, e gli seguivano gli elefanti, che gli pistavano, e colle proboscidi ne giitavano i corcoi pi in alto, e riprendendogli, dirompeangli denti , ed in fine colla sola lor forza. si ebbe Aniioco la vittoria la gran strage, ebi assai se ne salvarono, fuggendo ai monti I Macedoni, che erano con Antioco, cantarono in folia pror inno di guerra; ed accostandosi clamarono il re vincitore glorioso Egli, I Galati perirono parte in quele parte furono presi vivi, e po-

come

disse piangendo: raccontano , Vergognamoci , o soldati, eke la nostra salute stata sia ripoche se la nmith sta in queste sedici bestie; non avesse atterrito i nimici, spettacolo a lor paragone ? cosa saremmo noi divenuti E comand, che nel trofeo non vi si scolpisse che Ora a vedersi, altro che un elefante. non sia il caso mio simile a quello di Antioeo, non essendo le altre cose sembrate degne di batdello taglia Vi sono alcuni elefanti, o strani romori,

521 ai riguafdanti prodigj, vengon in che e di cio dipoi, percio lodati da tutti; m' era io affidato , non se ne ha ragione tra loche sembrando solo si maravigliano, perche vi Veggon dipinta una Centaura femmina, e siccome si nuovo , semhra cosi ad essi un miraro , e di questo colo < Tutte mente Ie altre cose sono state fatte vanada Zeusi , non vanamente per, essendovoi dipintori; e vedendo ogni cosa coll' arte, piaccia al cielo, che ci che vi si mostra sia sol degno di questo teatro

aa ARMONIDE - , a ARGOMENTO Questa Lettera, da huciano rizzata quale dal af fatti del Siri, dirci avea ,'.

o Declamazione, t indi". ad un signore pDtente, il esso in fine, eke molti benefit patria alz naxiotte

IIlla sua

eke fossesi conghietturarsi Avidio di qlleslo comptmiLo stile mento sofistico, e pieno di adulazione. E intitolato in sjil poi Armonide per introdurvisi pMrla Cassio.

a parlare celebre suonaArmonide, principio tore di flauto che vwette a' tempi di Filippo il Macedone. al maestro di llti TiQuanto moteo che gli sose si egli quello , che ricorda pravvivesse, Dione nel Libro Del Regno, eke raccontando pur qui introdotto la sua musica solea accendere ? suonatore maestro di flauto interrogo una Timoteo; e, dimmi, gli nell' ario posso famoso noto a tutso per tuo alia guerra sembra

Alessandro. Armonide volta il suo

disse, come divenire te , ,e che debbo fare ti i Greci ? he

per rendermi altre cose le mi

al ad accordare e m' insegnasti benefizio, ed a sofjiare in sulla punt a punto la lira, ed a molle e diligentemente, della lingua

525 non incon moto e posizione il il numero, acciocchb e seguire terrotta , -SHono non dissenta cLal coro, ed a conservajriuover le dita re a ciascuna cosa V ordine nel Frigio la divinit COTrte nel Dorio rore bacchico, Jonico la bellezza. Tutte queste cose ho io da te II massimo periJ e quello, per imparate non cui ho io desiderato suonare il flauto, la lode ciob poveggo essermi pur avvenuto^ polare , e V essere mostrato a dito tra la jle che quando io comparisca , ia , rivolgansi e ripetendo il mio nome, tutti verso di me ? dicano : questi e quell' ottimo suonatore di Armonide, come awenne tornando lorch sti in competenza a te, a casa dalla o Timoteo, alsuonaBeozia, di Pandionide , e vincesti propriet , , nel Lidio il fue nel la gravita, e la

la poesia guegli, nell' Ajace furioso , facendo come te, talchb alcuno non che chiamasi il nome di Timoteo v' era che ignorasse tebano tutti Per ci E dovunque a guardarti ci ho io vo/uto ora ti presenti, come gli uccelli essere tante eccellente si volgon la civetta

ho sopportate ro io punto essere la gloria, quando

e per suonatore , N mi cw fatiche nell' arte senza

divenir Marsia od nb di Olimpo, abbia a restarmi sconosciuto ed oche non si ha dice, un musico occulto LaollM si

scuro. Imperocch niun riguardo ad

r>24 rri inscgna ci, e come debba calermi dell' arte e r/f'lla persona e te w avr doppia mia, c per V arte , c cill che e pi, per la grazia, ad unqur gloria che me ne avverr Risposegli Timoteo: Ti sai tu bene, o Armonide, che tu desideri cose non lievi , quali sono la gloria, la lode, r esser famoso , e conosciuto da molti. E se vuoi tu conseguirc col qllesto

aI pubblico a far pruova di te, sacomparire r cosa lunga, e neppure tutti ti conosceranno. Perocch ove si troverebbe un teatro o a ove possi suonare piazza s) grande, tutt'i Greci ? Ci che dei fare per divenire lor noto, ed aggiugnere alla meta dei io vo' moslrarlelo. Suona pure tuoi desiderj , ma ti cura poco tiel alcuna. volta nei teatri, e piii brevolgo; questa si e la via piii facile ve alia pochi pali, e che di scelta gloria, perciocch sacendo comc princitra i migliori dei Greci, e senza dubbio degni di ammirazione biasimando una

ed approvando sieno creduti , sc a questi , dico, mostrerai le tue suoe ti Zderanno, sta certo che in poco nate, Ed da tlllt' i Greci tempo sarai conosciuto osserva tutti ranno come conoscono per io la discorro : ed che Se coloro, ti riconosceammirano , che bisogno hai calente, siegue quelli che P II popolo per lo

suonutore

tu del volgo,

che in tutto

meglio possono giudicare

5a5 pi non conosce il buono, essendo la pi pare quando i te eomposto di artieri nteccanici; lodano alcuno, credono che nol 10" principali dino essi. tatQri senza Luonde sanno ragione negli pur , talch spettacoli il .lodano anche i piii degli spete fischiare, "La

appLaudire o di cinque, non piit di sette , o giudicare Di tale avvertimento non pote Araltrettanti monide fame pruova, e dicono che suonando, e con molto ar? quando ne venne all' arringo , dore per la gloria sofliando , col suono in bocca quasi spirasse, e nHr in sulla scena senza corona, suonato avendo per la prima ed ultima II discorso dipoi volta nelle feste di Bacco di Timoteo, sembrami non esser fatto solo pei suo. natori e per Armonide , ma per quanti mai amibiscon la gloria al pubblico, e rjrnostl',and.osi cercando la lode del volgo Ancor io pensava il simile sul conto mio , ed andava in cerca del modo di essere in poco d'ora conosciuto da oan. gnuno , e, secondo il discorso di Timoteo, .clava specolando chi fosse il migliore della citt, ed a cui credano gli altri, e che valga per Di ragione dovevi taie tu comparirmi, metutti cume si dice, la regola di essendo, ogni virtu , ed il dritto canone in casi si fatti Per la qual cosa se io mostrandoti le cose mie, tu 1' avessi lodate ( che piaccia al cielo che tali le vegga ) , avrei io toccato il segno de' miei ritamente

526 tutti. Im, con un sol voto prendendo di perocch chi mai io sceglierei a preferehza te, che non fossi io giustamente creduto impaz* zire? Talche a parole io gitto la sorte su di un sol uomo ma in fatto si il medesimo, come , desiderj io mostrassi i discorsi parte raccolti , essendo esser tu solo migliore riuniti Ed i re di Sparta, non avendo gli altri che un solo voto, ne aveano essi due per cia.. Tu ne hai di pi quelli dei vecchi e descuno gli Efori, e in fine di tutti i pi riputati in dot* trina, ed hai sopra d' ogni altro il diritto di da' re il voto, dandolo spezialmente ognora candido e salutare. Lo che mi rend e al presente animoso, mentre per la grandezza della cosa che tento dovrei con molta ragione temere, Aggiunon poco, che gnero in ollre ad incoraggiarmi non ti sono le mie cose straniere del tutto, esla quale tu molte volte bai beneficato, primamente essa in privato, quindi in comune con tutta la nazione , onde se anche i voti mchinino al peggio mentre io ragioriempi da essere a te Ne mi basta che molti per lo innanzi m' abbiano ammirato, n mi credo glorioso perche i discorsi miei sien lodati daTali cose non sono che sogni , gli ascoltanti tu aggiuntovi quel per te stesso il bisogno , familiare il correggere. no, di Minerva, sembrando sendo io di cotal citt, miei agli uomini da ogui chiaro, e sapendo bene io di tuEti gli altri insieme

527 in aria, ed ombre di parole. II vero sar definito al presetlte. Questo si il giusto termine delle mie cose Non si dira pi nulla da castelli niuno, dermi n6 saravvi piu dubbio, e converr creottimo nella dot( cosi a te parendo) trina , o di tutti ., ma conviene augurarsi beat andandone a si grande Possiamo arringo. o Iddii, sembrare, in oggi uomini di quaJche conto , e raffermateci le lodi, che ci meritammo. predagli altri, acciocch possiamo nell'avenire sentarci in pubblico animosamentetemendo poco Io stadio chi riportd la palma nei giuocbi grandi di Olimpia

528 LO O LA GUIDA SCITA DEI FORESTIERI

ARGOMENTO come le precedenti Questa Declamazione sembra essere stata recitata da Luciano ai Macedoni, ed in una Vi quel paese Anacarsi del secondo de' quali sciti, filosofi ha scritto la vita racconDiogene Laerzio, tando diversamente di quello fa .-qui Luciano i1 modo che tenne per farsi amico Solone. due Sciti prende arDall' esempio di questi delle principali citth di s' introducono Tossari ed

di lodare due distinti magomento personaggi i nomi de' quali non cedoni, padre e figliuolo, son punto noti. Lo scopo del presente com simile ai precedenti, e par fatto ponimento per acquistarsi cedonia. Non il favore del nobili di a-

fu il. primo Anacarsi a venirne dalla Scizia in Atene per desiderio della scienza dei , uomo sapiente Greci, ma prima di lui Tossari, le costue d' imparare bello, ne dei Non era di casa regia, manze migliori ma degli Sciti comuni e di popolo, principali, di otto come sono tra loro quei che chiamansi ed amante del

529 di due buoi e di vale a dire padroni sampe, un carro Questo Tossari non ritornonne in IsciE poco appresso fu va, ma morissi in Atene tenuto per eroe, e gli Ateniesi sacrificano ad esso, come a medico forestiero , perocche divenuto eroe ebbesi questo nome. La ragione di eseo, e perche fu posto tra gli eroi, e tenuto per non sar forse uno della famiglia di Esculapio , acciocch di qui riferirla, esser sappiate non solo costume degli Sciti il fare immortale male ed inviare ma essere anche agli Atea Zamolxi, niesi permesso il fare Iddii in Grecia gli Sciti. Al tempo della gran pestilenza parve alla modi vedell'Areopago glie di Architele senatore che comandavale dire dersi innanzi uno Scita, la pestilenza se che cesserebbe agli Ateniesi, Ci fatto pi gittassero molto vino nei vicoli. volte, perch sentendola gli Ateniesi nol trascurarono , cess allora la peste nella citta , sia che 1' odor del vino togliesse via 1' aere puzzoTossari, tico di medicina lente, l'eroe ovvero altra cosa che meglio ed alla quale provvide Talche anche conoscesse come praora si ha egli

il pagamento di quella cura, un sacrifcandosi cavallo bianco innanzi il sepolcro suo, ed in esquel luogo istesso, ove dimostro Demeneta serle apparso ed averle ingiunto ci che si detto del vino E si ritrovo ivi sepolto Tossari , e fu riconosciuto dalla inscrizione , benche tutta Vol: I. 34

53o non comparisse , e spezialmente perch nella colonna era scolpito una Scita, che avea nella sinistra un arco teso, e nella destra un libro, come parea de pi della il resto tempo nistra della E presentemente ancora se ne vee 1' arco intiero ed il libro ; met, colonna ed il vi so stato roso dal

Ne lontano molto dal Dipilo alla siandando nell' Accademia , n un gran sepolcro , e la colonna sta in terra; ma sempre coronata , e dicono, che alcuni febbricitanti sono stati ivi guariti , n per Dio cio incredibile per chi di gi risan una intiera citt. Ho voluto dipoi io di ci far ricordo , perche era ancor vivo Tossari , quando Anacarsi discendendo di nave smont nel Pireo, e come straniejro e barbaro nulla , assai confuso nella sua timoroso sovente conoscendo, pito, e non sapendo cosa si fare, ed accorgene non ritro, dosi esser deriso per la sua veste, talvando niuno che intendesse la sua favella, ad increscergli del suo viaggio, e di fermo, veduta soltanto Atene, di ritornarsene nuovo indietro* e salendo sopra un naviglio nada dove non vigarsene subito verso il Bosforo, a fare per andare nella v'era molto cammino ch comincio sua patria Standosi Anacarsi su tal pensiero, voile il suo buon Genio, che nel CeramiE da prima 1' abito co si abbattesse in Tossari. patrio invitandolo, non istento quindi a riconoscere Scizia mente , dello stre-

551 ch'era uomo di stirpe nolo stesso Anacarsi, e dei primi tra gli Sciti. Anacarsi bilissima, mai riconosciuto per suo Sipoi non l'avrebbe nazionale, vestito essendo alia Greca, col mento raso, cortesia, ne-, che in tal modo cambiato avealo il tempo. Ma Tossari parlandogli Scito, Non se' tu, gli Anacarsi lagriDaucheto ? disse, Anacarsi di rn dal piacere di aver ritrovato uno che parlava com' esso, e di pi consapevole delle condizioni sue tra gli Sciti, E come ci risposegli: P Ed egli riprese : Io conosci tu, o forestiere sono del paese vostro , il mio nome k Tossanoto ri, non dei nobili perch possa esserti del quaForse, diss' egli, se' tu quel Tossari, le io udii, che per amor della Grecia, abhandonata nella Scizia da moglie ed i figliuoli aneor fanciulli , ne venne in Atene, ed ora vwesi qui onorato da tutt'i buoni ? Io son se ancor di me vi b quegli, rispose Tossari, discorso tra voi. Continuo allora Anacarsi: Sapche divenuto io son tuo discepopi adunque, di cui eri acceso lo, ed emulo dell' amore, di vedere la Grecia, e per tal faccenda partendomi ne vengo a te, le disagi dalle nazioni, versare. E se non avessi io incontrato, aoeva io di Gilt fermo tra me di nuouo di salire sopportato avendo milche ho dovuto attrasenza cintura e senz' arme, pieno di ed in somma come un cittadino di Ate-

rn 002 in nave avanti il tramontane vedendo del sole: tantG

m'era confuso , Laon'de ignota

nuova ed ogni cosa e Zamolxi nostri per Acinaci Iddii patrii, o Tossari, come ospi* ricevimi, e mi Mostra le bellezze di te, e mi conduci Atene, e del rimanente di Grecia , le leggi le migliori , i costumi, per le fatto: che io me "e torcome aman-

pi savie, gli uomini il modo di vivere, e la politica, feste, io abbiam quali cose tu, ed appresso nb permetti viaggio, ni senza aver ci veduto. Parli, cotanto

se venuto este, assai male, disse Tossari, sendo alle stesse porte, ti apparecchiavi a Sta nondimeno di buon animo i partirtene. , come dici , ne ti riperocchS non ti partirai lascer si di leggieri codesta citt, la quale e ti ab.. offre non pochi p-iaceri ai forestieri, strettamente, ti ricorderai pitt (se dei figliuoli. braccer ed in modo, ne hai ) della che non moglie e hai tu a vedere con

Come dipoi la citt di Atene, o piuttosto tutta prestezza e la bellezza di essa, tel dir io. la Grecia, ma Evvi qui un uomo sapiente, cittadino, che ha molte volte

e molto viaggiato nell'Asia coi pvii savj e nell' Egitto, ed ha conversato non ricco, ma povero come altri del uomini, come me, Vedrai un vecchio vestito , popolo e alla plebea; non pertanto per la sapienza per altre virtU i cittadini lo hanno molto in

533 di legper ordinatore gi per la vita civile , e vogliono vivere secone coSe tel farai do i suoi ordini. amico, di averd tioscerai quale si desso, figurati onore, e se rie sefvono e di avere gia'conola Grecia, io sciuto la somma dei beni di qui. Pertanto di maggior hene) quannon so che possa farti di Non to ad esso raccomandarti. indugiamo in lui tutta ma prendeno Tossari , pi, disse Anacarsi, io ad esso nondimeno domi teco mi porta aceessto in timore, che non sia di difficile so, e che non faccia gran conto della raetua. Parla meglio, riprese l'al, comandazione credo che mi sapr assai buon tro., che anzi grado di avergli dato questa occasione di moverso di un forestiere. benignit quanto sia grande Seguimi solo, e conoscerai il suo rispetto verso degli stranieri, e la giustrare la sua stezza di pensare, e la sua bont. Ma ecco che che! per volere di qualche Genio, ne viene egli stesso verso di noi, pensieroso e sua

Ed accostatosi tra s. a Solone gli parlando un forestiero disse: Io ti fo un gran regalo , bisognoso di amicizia. Egli si Scita e dei nostri cola nobili e ogni vedere le pi belle cose di Grecia ; gli ho io una breve via perche faeilperci ritrovato mente impari ogni cosa, e sia conosciuto dagli abbandonato , ed ha nonostante sua cosa per congiungersi a noi,

534 piii degni, Se io ben conosco il riceverai tadino uomini e ci si b di condurtelo. ed Solone, ci sar fatto, ed il dimQstrerai come .citGrecia ? e come io ti di-

ospite, attinente alla

ceva poco innanzi, o Anacarsi, vedendo Solone, avrai tutto veduto. Egli si Atene f egli la Grecia, ne sei tu pj straniero, tutti ti conoscono , tutti ti amano. Codesto solo uecchio val tanto, che conversando con esso ti intieramente la Scizia, ed otdimenticherai terrai il premio del tuo viaggio, ed il consedelle tue brame guimento Questi si b il cadelsi l'esempio Grecia, questi V ateniese e giudicati beatissimo , filososta, con Solone ed avrai la sua prase converserai tica. lungo a ridire quanto Solone si e le cose ehe disse, compiacesse di tal dono, e come fino da quel tempo vivettero insieme , Solone Anacarsi, e facendolo aammaestrando mico di tutti, e mostrandolo ai migliori dei .Greci, e procurando ogni mpdo, perch dolcemenEd amte passasse i suoi giorni nella .Greeia mirando Anacarsi va neppure cosa, come promesso aveagli sona sola di Sol one in poco va tutto ? ed era conosciuto Perocch non era in pregio di Solone, e gli uomini la sua sapienza, un passo senza di lui non muoveFer la qual Tossari , dalla perdi tempo conosceSarebbe none della

da ognuno e tenuto lieve cosa la lode questo come

anche in

335 ordinatore coloro, dabbene di leggi gli obbedivano , ed amavano credendoli persone ch' esso approvava, Fmalmente Anacarsi , il solo tra i bar-

.napi , fu antmesso ai misteri, e fatto cittadino, che cosi ha se si ha a prestar fede a Teosseno, E credo che non sareblasciato seritto di lui be mai ritornato in Iscizia , se non fosse morto che io faccia fine al racSolone. Volete adunque conto, acci senza capo e' non vada errando ? Imperoccb e da sapersi per qual mai cagione Anacarsi e Tossari dalla Scizia venuti sieno in Macedonia, conducendo di pi seco Solone uomo veccbio di Atene , credendo io che avvenuto mi sia Bon" so che di simile ad Anacarsi E per le Grazie ! perche non andate in collera assomigliato ne stirpe reale , percioccbe egli si barbaro, direte che siamo noi Siri in niuna cosa inferiori agli Sciti. Ed io non m' arrogo tal somiglianza quanto alla stirpe regia, ma quanto alle altre cose. ne Imperocch quando io forestiere venni in prima nella vostra citt, di subito mi*atla bellezza , il terrii, vedendone la grandezza, numero dei cittadini e la rimanente potenza e splendore. Iniantoch restai assai io maravivigliato di codeste eose, ne la finiva mai di amcome avvenne a quel giovane isolano' mirare, nella casa di Menelau E co.si dovea pensar tra me stesso , yedendo una citta si poderosa, e si per tal paragone, io mi sia ad un uomo di

556 forte , e secondo quel detto del poeta, fiorente di tutti quei heni, pe' quali fiorir sogliono te in tal pensiero, citta Standomi andava specolando cosa fare io dovessi, e da buona pezza stabilii di mostrarvi i discorsi miei, perocch a chi altri lenzio fossero mai potrei io mostrargli, se sotto sime la passassi in si fatta citt ? Ne vo* nala verita; andava io ricercando chi i principali, ed a' quali dedicandomi, e protettori , potessi in ogni faccen* Quando a me, non , ne questo barbaro, anzi tutti ripetean

scondervi

facendomegli da esser da loro soccorso un solo, come ad Anacarsi oome

O cose, dicendo: vi sono molte e diverse persone lJaforestiere, tanti n ritroverai altrove lenti nella citt, huoni uomini, Abbiamo per due ottimi pere dignit assai superiors per nascita e per dottrina ed eloquenza altro, a quella diecina di Atepuoi assomigliarli L' affetto del popolo verso di loro ne (1). sonaggi, ad ogni ardentissimo, e si fa sempre cid ch' essi voperch vogliono sempre il bene del/a gliono, verso e cortesia La di loro benignith citt. loro non ine la grandezza dei forestieri, vidiata, e quanta sieno amorevoli, e nel tempo

ma molti, Tossari , colle parole istesse le stesse

(1) Intende l' autore dei dieci pi famosi Oratori di Atene , de quali ha scrilto Plutarco ie viLe.

551 nelle udienstess* reverendi , placidi, facili il pttrai ritre tu stesso poco dopo n avrai ci che _ti rechera fatto 4o esperimento. E, rnedesima essi di una piic maraviglia, sono Nel padre pensati e sigliuolo. C4L$m.,padre un Pericle o un Arislir di vedera un Solone, de Il figliuolo, vedutolo appena, subitamente trarratti a se : tanto si e grande e hello per e se aprir solo bocmaschio decoro; ti trasportera Cel, incontanente legato per le orecchie: cotanta grazia ha quel giovane nelI*, lingua. ea aperta , lo ascolta a bocquando egli ne vienc a parlare in come dicono avvenisse agli Ateniepubblico, si del figliuolo di Clinia, se non che a quelli non molto appresso increbbe V more, che portato aveano ad Alcibiade. Questi non solo lo a ma la citt, ma. gloriasi di essere amata da lui. Finalmente in esso solo riposta la nostra uomo forma Se esso ed il padre suo ti accoglieranno e ti si e amici, avrai la intiera citt, paleseranno basta solo che lo accennino colla mano, perch tu pi non dubiti di tua fortuna. S' e lecito al discorso aggiugnere il giuramento , per Dio, queste cose tulti mi dissero, e pruovandole di gi io , appena sembrami aver essi detto del tutto Non h adunque or tempo part. una * pubblica felicit, l'utilita universale e questo di ognuno solo La intera citt certo

558 di perdersi in dubbj ed esitanze, ma, come dice 51 poeta di Scio, conviene muovere ogni e fare e dire ogni cosa , perche questi corda, ci saci divengano amici Che se cio avverr, r tutto mare ed il e la navigazione facile, sereno, placido e senza flutti, ed il porto vicino.

JIITfi DEL VOLUME PRIMO ,

559 DELLE INDICE OPERE DI LUCIANO

CONTENUTE NEL TOMO PRIMO I I Sogno di Luciano 1 pag. Contro colui, che avea detto: Tu ne' discorsi sembri Prometeo n o i costumi de Jilosofi Nigrind, 17 Giudizio delle VocaVL 3g 0 V odiatore Timone, degli uomini 47 o la Trasformazione 81 UAlcione , Caucaso Prometeo, 0 il 87 oo Dialoghi degl' Iddii WLarini < , Dialoghi 154 Dialoghi dei Morti 0 Oracolo dei Morti I Contemplanti Dei Sacrifizii Incnto delle hite 297 o i Rinati II Pescatore, II Passaggio, 0 z7 Tiranno ! dei Cortigiani Difesa dei Cortigiani Su di un errore occorso Ermotimo o delle Sette Erodoto , o Zeusi ~77KO/<? Lo Scita, Aezione , o<i 0 la Guida 179 zffi 264 287 0 0 0 0 , nel salutare 0 3i? k 3Sa , 3^5 , 426 435 507 5i5 522 528

Antioco , , dei forestieri

CORREZIONI

ED AGGIUNTE

ERRORI Pag. lin. i5 20 e cagionatori 51 10 garbatelli 86 16 Saluta 88 12 profondo 190 25 dall'indigestione 7 mi dia di frusta 237 22 Piceo 248 21 e forse 258 24 Stavvi 260 7 salamai 229 272 11 Cretone 288 i3 E tenendoci

CORREZIONI e ragionatori gentilotti Salutata precipizio d'indigestione mi dia la frusta Pireo e forte Havvi salumaj Crotona E tenendosi

Policleto 293 22 Policreso 301 19 Diog. In tutto Diog. Universale 514 16 avventuroso, uomo, non avventuroso non 534 13 guadagnatoci guadagnatosi 539 7 pinguenti piaggiatori 6 dalla della 343 co' quali 546 23 che mustela 347 29 mortela 9 Colaggi 357 24 di si 363 25 di Ciclope 567 18 uomo 389 28 incitarlo 554 Colass di se del Ciclope rerno imitarlo

392 11 rotto 405 23 improvvisando 414 21 bel 420 22 uomo 25 invocato 475 19 nonsi 5i3 i3 partengonsi 526 17 Aggiugnero 558 1 dice '1

rutto imperversando gentil uom adescato non ti pertengonsi Aggiugnerei dice il

NOTAALL'ULTIMO DIALOGO TRALASCIATA Male ha spiegato il Traduttore (*) Il Greco ha Tqofyvos Latino Conciliator Hospitii. Un antico Scoliasle del nostra autore spiega in altro luogo 6 o." iro'XfWf ziivos, : Tlpc%evoq cio L'Osprite del Comune ; io qui togliendomi libert spiego in Italiano Guida de' Forestieri. Chi ha senso intende che t'al lo stesso, ma avverlo ci pe' pedanti che fanno guerra alie parole DI ALCUNE PAROLEGRECHETRALASCIATA SPIEGAZIONE NELLADIFESADELLEVOCALI xiffunpn e xapctKocxyict xvactpsi' w e YV<<qJ<<!t , {j,oyt< la Pomice, e il dolor di capo nella bottega del Purgatore pel cardo appena i quaranta F*?

f rtrrctf)otx.ovroe , rfaepov

',f,. : \itr<" yz -~ ~F~' 'l .,oggi '-, , 'J* x<x<rfrirtpov<)xxrufjice, wi'rrocv lo stagno, la suola, ta pecc i fichi, la fortuna. 9uxot, ruxec 5

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INDICE DELLE OPERE DI LUCIANO CONTENUTE NEL TOMO PRIMO Il Sogno di Luciano Contro colui, che avea detto: Tu ne'discorsi sembri Prometeo Nigrino, o i costumi de filosofi Giudizio delle Vocali Timone, o l'odiatore degli uomini L'Alcione, o la Trasformazione Prometeo, o il Caucaso Dialoghi degl'Iddii Dialoghi Marini Dialoghi dei Morti Oracolo dei Morti I Contemplanti Dei Sacrifizii Incanto delle Vite II Pescatore, o i Rinati Il Passaggio, o il Tiranno La Vita dei Cortigiani Difesa dei Cortigiani Su di un errore occorso nel salutare Ermotimo o delle Sette Erodoto, o Aezione Zeusi, od Antioco Armonide Lo Scita, o Guida dei forestieri

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