Sulla crisi della categoria di azione in Samuel Beckett.
H. Do you believe in a life to come? C. Mine was always that.
S. Beckett, Endgame
In una delle ultime riproposizioni teatrali dellAmleto, quella di E. Nekrosius, un grande blocco di ghiaccio sovrasta dallalto la scena. Nellelemento del ghiaccio, che inizier a sciogliersi durante il celebre monologo, si nasconde la cifra dellinterpretazione data dal regista lituano. Lo stesso coltello che il fantasma del padre consegna ad Amleto perch sia vendicato appare incastonato in un blocco di ghiaccio. Amleto leroe della modernit, che prefigura le sorti della tragedia nella dilatazione tra il pensare e lagire. Il pensiero congela lazione, ne stempera lurgenza, ne dissimula i moventi 1 . Forse nessuno meglio di Goethe ha sintetizzato il dramma di Amleto: la descrizione di una grande azione imposta ad unanima che non fatta per lazione 2 . Hegel che nelle lezioni di Estetica cita questo giudizio condividendolo ascrive il principe di Danimarca alla figura dellanima bella. Amleto annota una natura debole dal punto di vista pratico, ripiegata in s, che difficilmente pu decidersi ad uscire da questa sua armonia interna, melanconico, sognatore, ipocondriaco e meditativo, quindi non incline ad un atto di vendetta 3 . Nonostante queste letture siano distanti quasi due secoli esse sembrano convergere su un punto, che poi il punto chiave della modernit, Amleto il dramma della coscienza che paralizza lazione, che ne mette in scena la crisi, scavandone un solco profondo. Il principe di Danimarca, che nella mise en scne di Nekrosius interpretato significativamente da una nota e melanconica rockstar, ha bisogno di trovare continuamente una ratio al suo agire, deve ricorrere a una rappresentazione teatrale per cogliere nelle emozioni del re usurpatore prove del misfatto, deve simulare una follia metodica per poterlo smascherare. Sembra che la sensibilit del regista lituano abbia colto pi di altri questa necessit di procrastinare lazione fino a renderla irrealizzabile. Alla fine, in qualche modo, lazione si compie, sebbene secondo una veemente esteriorit che, a giudizio di Benjamin, non ha niente della morte tragica 4 .
1 Cfr. E. Nekrosius et alii, I miei Shakespeare, a cura di F. Quadri, Ubulibri, Milano 2002. La Raffaello Sanzio Socetas si spinta fino a rappresentare Amleto come affetto da una sindrome autistica. Cfr. R. Castellucci, Epopea della polvere, Ubulibri, Milano 2001, pp. 13-55. A partire dal saggio di Jan Kott, ogni tentativo di mettere in scena Shakespeare oggi non pu non tenere conto di Beckett. Un tempo comunque, suggerisce lo studioso polacco, si poteva ancora e con successo rappresentare un Amleto politico. Cfr. J. Kott, Shakespeare nostro contemporaneo, Feltrinelli, Milano 2002. 2 J. W. Goethe, Wilhelm Meister. Gli anni di apprendistato, Adelphi, Milano 2006, pp. 216-217. Secondo Wilhelm la chiave di Amleto non sta tanto nella constatazione che il tempo uscito dai cardini ma nel fatto che tocchi al principe rimetterlo al suo posto (guai a me che nacqui per rimettervelo!). 3 G. W. F. Hegel, Estetica, Einaudi, Torino 1997, p. 260. Sulla lettura hegeliana della figura di Amleto cfr. J. DHondt, Hegel-Amleto. Il problema del passaggio allatto politico, in Il pensiero politico di Hegel (a cura di C. Cesa), Laterza, Roma-Bari 1979, pp. 195-221. Sulla figura dellanima bella, P. Vinci, Coscienza infelice e anima bella. Commentario della Fenomenologia dello Spirito di Hegel, Guerini e Associati, Milano 1999. 4 W. Benjamin, Il dramma barocco tedesco, Einaudi, Torino 1980, p. 135: La morte di Amleto, che non ha in comune con la morte tragica pi di quanto il principe abbia con Ajace, nella sua veemente esteriorit caratteristica del dramma. Il teatro di Beckett, ma si potrebbe estendere il giudizio a tutta la sua opera, la rappresentazione storicamente mediata dellimpossibilit di azione. Se Hamm, protagonista di Finale di partita, come lorecchio stesso poteva suggerire a un discepolo di Joyce il nome amputato di Hamlet, un Amleto ridotto allultima trincea 5 , il dramma di Beckett il risultato di una scomposizione interna che ne mina lo stesso statuto formale. Le personae del teatro beckettiano eseguono il mandato del principe e filosofo di Danimarca, che gi si era congedato dal gesto tragico. Con le parole di Adorno: il problema di Hamm non riconducibile all essere o non essere del principe Amleto. Se c un dilemma e questa volta non in senso lato , crepare o crepare 6 . Sul destino della tragedia come forma, alla cui possibilit il giovane Lukacs aveva ancora creduto 7 , Beckett non mostra dubbi di sorta. La sua verifica dello stato di cose, della situazione umana dopo la Grande Guerra, lo pone dinanzi a problemi drammaturgici inaggirabili cui trovare soluzioni non tradizionali 8 . Ne segno la curvatura impressa alla forma della tragicommedia, attraverso cui Beckett definiva le sue prime opere teatrali. In questa definizione il dramma non semplicemente qualcosa tra la commedia e la tragedia ch la tragicit sta tutta nellimpossibilit della tragedia. O meglio, come avrebbe scritto Anders: la tragicit di questa esistenza consiste nel fatto che neppure la tragedia le viene concessa che sempre tutta una farsa (e non soltanto mescolata con la farsa, come la tragedia dei nostri avi) 9 . La tragicit la si pu rappresentare solo come come una farsa ontologica; non come una commedia 10 . E caratteristica della farsa certamente la centralit della parodia, rilevata dallanalisi di Adorno: le categorie drammatiche nel loro complesso seguono la stessa sorte dellumorismo: tutte vengono parodiate. Ma non derise. A volersi esprimere enfaticamente, parodia significa limpiego delle forme nellepoca della loro impossibilit. La parodia dimostra tale impossibilit e modifica cos le forme. Le tre categorie aristoteliche sono salvate, ma in pericolo la vita stessa del dramma 11 . Sebbene si tratti di una costruzione dellassurdo, di una configurazione che cresce per sottrazione, la parodia permette a Beckett di costruire ancora allinterno di una forma e insieme di marcare una cesura rispetto alla sua anarchica derisione tipica di una certa avanguardia inconsapevole di ci da cui vuole prendere le distanze. Lassenza della situazione tragica, e dunque della categoria drammatica dellazione, che a quella rinvia direttamente, sono stati gli elementi sui cui si accesa la riflessione sulle sorti del dramma, sintomo delle sorti dellagire tout court. Daltra parte, gi Hegel coglieva al suo tempo
5 H. Bloom, Il Canone occidentale, Rizzoli, Milano 2008, p. 447. 6 T.W.Adorno, Tentativo di capire Finale di partita, in S. Beckett, Teatro Completo, Einaudi-Gallimard, Torino 1994, p. 685. 7 Cfr. G. Lukacs, Metafisica della tragedia: Paul Ernst in Lanima e le forme, SE, Milano 2002, pp. 229-262. 8 Questo approccio resta precluso a priori a quellestetica che liquidando lidea di genere, come camicia di forza, affida le sue risorse allarbitrio del gesto decostruttivo che si presume esente dal lavoro di riscontro filologico. La precipitazione speculativa, tipica di molte analisi filosofiche di Beckett, che, secondo ladagio fenomenologico, cerca di attingere alle cose stesse si rovescia nella leggerezza di una critica che nulla sa delle resistenza del testo e che ne iperdetermina di senso. Intendere invece le forme come contenuti precipitati, permette di decifrare nella storia della poesia drammatica le fratture e le crepe che hanno portato la categoria principale, lazione, alla sua impossibilit. 9 G. Anders, Essere senza tempo, in Luomo antiquato, Bollati Boringhieri, Milano 2007, p. 205. 10 Ibid. La tragicit si rovescia dunque in farsa. Beckett ha indicato in Watt la natura del riso provocato da questo rovesciamento: si tratta di un risus purus: un riso dianoetico, che ride del ridere. Cfr. M. Esslin, Il riso dianoetico di Dioniso, in S. Beckett, Teatro Completo, op. cit., pp. 736-743. 11 T.W.Adorno, Tentativo di capire Finale di partita, op. cit., p. 677. Significativa la posizione di P. Szondi (Teoria del dramma moderno, Einaudi, Torino 1962) per cui il teatro di Beckett si pu considerare ancora come un tentativo, sebbene estremo, di salvataggio del dramma. Il presupposto dellanalisi storico-teorica di Szondi per il dramma del Rinascimento con il ruolo centrale giocato dal dialogo. La tendenza del dramma moderno sar invece quella di unepicizzazione della forma. Dunque non la collisione sar alla base della sua analisi. Su questo cfr. le fondamentali osservazioni di C. Cases nellIntroduzione al testo szondiano (pp. VII- XXXVI). limpossibilit di situazioni tragiche (e questa osservazione doveva avere un suo significato particolare se per il filosofo di Stoccarda larte drammatica rappresenta il vertice dellarte e se larte considerata cosa del passato) e lintreccio tra tragedia e dialettica, nelle sue diverse declinazioni, era stato oggetto di riflessione non solo per Hegel ma anche per Schelling e Hlderlin (per tenerci ai compagni dello Stift). Ma cosa rendeva possibile lazione? Nella sua Estetica, il filosofo di Stoccarda ci ha lasciato una fenomenologia della tragedia che si articola dialetticamente nei momenti della situazione, della collisione e dellazione 12 . La struttura della tragedia si reggeva dunque su una particolare situazione del mondo che necessariamente doveva portare allazione e, di conseguenza, nelle opere meglio riuscite, alla pi aspra collisione. Nel raggio circoscritto dallazione tragica si irradiava il gesto delleroe che se ne faceva carico a dispetto di un ordinamento preesistente. Tuttavia, questa situazione del mondo abitata dagli eroi presupponeva un ethos condiviso, un tessuto sociale in cui potevano affrontarsi visioni del mondo inconciliabili. Visioni del mondo estreme dove unaria di montagna sgombrava il cielo da ogni accidentalit stagliando i profili delle individualit in lotta: nude anime sole di fronte a nudi destini 13 , dir Lukacs. Ma dove la trama della comunit si sfalda, a venire meno la possibilit stessa su cui si fondava la tragedia perch dove non c mondo non ci pu essere collisione con il mondo 14 . Siete ancora di questo mondo? la domanda rivolta a Valdimiro ed Estragone, che ancora si sentivano tali. Ma a quella domanda risponde meglio di qualunque parola la scena simile del bunker postatomico di Finale di partita, in cui quello che resta di una famiglia vive come in un rifugio isolato dal mondo esterno (ammesso che un mondo esterno ancora si dia) 15 . Cos Beckett ci mostra tutta una serie di figure parodiche della tragedia o dellimpossibilit di agire. A partire dalla sticomitia che accompagnava il crescendo tragico e che qui segna solo unoscillazione nel continuo scambio di battute in attesa di Godot. Ci che per Lukacs era lesistente contingenza che non poteva costituire il materiale per la tragedia, il costante oscillare come un pendolo che non tocca mai gli estremi, la grande incertezza, come una monotona, soporifera ninna-nanna 16 diviene in Beckett la cifra della sua opera (e persino dei suoi oggetti, come la sedia a dondolo di Murphy). E il non toccare gli estremi diviene un topos se tra i passatempi organizzati in attesa di Godot, perch a essere venuto meno anche lattimo della decisione, il kairs 17 c quello di contraddirsi come a derubricare la collisione tragica alla dimensione del gioco (e come se lambivalenza dei termini play, Spiel avesse risolto del tutto la sua duplicit nel senso pi anodino). In una nota di regia, Beckett non nasconde che il gioco non pu neppure cominciare: Hamm il re in questa partita a scacchi persa fin dall'inizio. Nel finale fa delle mosse senza senso che soltanto un cattivo giocatore farebbe. Un bravo giocatore avrebbe gi rinunciato da tempo. Sta soltanto cercando di rinviare
12 G. W. F. Hegel, Estetica, op. cit., pp. 198-274. Quanto i passaggi tra i momenti siano esplicitamente dialettici e quanto ci siano talvolta delle forzature operate da Hotho nella composizione del libro (che com noto non costituisce unopera pubblicata dal filosofo di Stoccarda) possibile verificarlo a partire da Hegel, Lezioni di estetica. Corso del 1823, Laterza, Roma-Bari 2007. Vedi anche lIntroduzione di P. DAngelo, che illustra tra le altre cose i criteri della nuova edizione facendo il punto sulla Hegelforschung in campo estetologico. 13 Cfr. G. Lukacs, Metafisica della tragedia: Paul Ernst in Lanima e le forme, op. cit., p. 235. 14 G. Anders, Essere senza tempo, in Luomo antiquato, op. cit., p. 219. 15 Io sono a malapena il mondo esterno dir un personaggio di Watt proseguendo quella parodia di tutta la querelle filosofica che prende le mosse da Cartesio sul rapporto mente-corpo tipica dellopera di Beckett e cominciata con Murphy. Cfr. S. Beckett, Murphy, Einaudi, Torino 1962. In particolare le pp. 87-91. 16 G. Lukacs, Metafisica della tragedia: Paul Ernst in Lanima e le forme, op. cit., p. 232. C una breve ma significativa opera teatrale di Beckett, Rockaby, il cui titolo originale gioca cone il verbo to rock, "dondolare" e lullaby, "ninna nanna". Nella traduzione francese lautore scelse per il titolo la parola berceuse. 17 Il gesto del segnare il passo alla fine di Aspettando Godot, figura fondamentale di tutta quanta la sua oeuvre, reagisce con precisione alla situazione. Egli risponde con categorica violenza. La sua opera estrapolazione del kairs (occasione) negativo. La pienezza dellattimo si capovolge in infinita ripetizione, convergente col nulla (T.W. Adorno, Teoria estetica, Einaudi, Torino 1997, p. 53). la fine inevitabile 18 . Fare mosse senza senso lunica azione possibile sulla scacchiera che fa implodere tutta la costellazione tragica rendendo un pallido ed esangue ricordo il momento decisivo della collisione. Nel mondo di Godot, nel non-mondo, non pi possibile un eroe, che si contrapponga a qualcuno o a qualcosa. Persino il gesto tragico per eccellenza, il suicidio, si svuota di significato. Contrariamente a quanto sostengono ingenuamente alcuni interpreti, non pi nemmeno il tempo della disperazione, retaggio che Beckett relega ironicamente ai fasti della belle poque: Bisognava pensarci secoli fa, verso il 1900. [] Tenendoci per mano, saremmo stati tra i primi a buttarci gi dalla torre Eiffel. Eravamo presentabili, allora. Adesso troppo tardi. Non ci lascerebbero nemmeno salire 19 . Il tentativo di suicidio si rovescia in gag clownesca invertendo la logica del tragico. E laddove non basta la parola a sancire lanacronismo di un tale gesto un tempo eroico soccorre la pantomima che ne recita la Charlotte la comicit involontaria, come alla fine di Aspettando Godot dove il tentativo di impiccarsi su un albero con una corda, che fungeva da cintura per i pantaloni di Estragone, fallisce lasciando laspirante suicida con i pantaloni afflosciati per terra. Eppure Vladimiro ed Estagone fanno pur sempre qualcosa, anche se non agiscono. Non certo la passivit a caratterizzarli. Sono come quei milioni di persone descritti da Anders che effettivamente fanno ancora qualcosa, hanno la sensazione di essere fatti fare: cio lavorano senza proporsi da s lo scopo del loro lavoro, o senza poterne nemmeno capire lo scopo; oppure lavorano avendo la consapevolezza di lavorare al proprio suicidio. Anche il fare continua Anders diventato una variante della passivit e persino dove richiede una fatica mortale, o addirittura mortale, ha assunto la forma di un fare senza scopo o di un non fare. Nessuno potr certo negare che Estragon e Wladimir, che non fanno assolutamente nulla, siano i rappresentanti di milioni di uomini attivi 20 . E questa incapacit a scorgere dietro un agire alienato, dietro un discorso che richiama la chiacchiera heideggeriana, se non uningenua ideologia, un vuoto di fondo, a mostrare leroismo dei personaggi di Beckett, che in qualche modo sono ancora eroici. Se non altro nel loro stoicismo, nel loro restare aggrappati al senso, legati a Godot, in una situazione palesemente senza senso. Sono eroi, tra virgolette. N difficile comprendere perch questa parodia delleroismo poteva essere letta come un sintomo della decadenza e del disimpegno politico: essa scavava negli stati di cose pi profondi laddove unantropologia al servizio dellideologia, nel tentativo disperato di recuperare una qualche soggettivit, ne otteneva la realizzazione contraffatta nellidea del self made man. Beckett accese la discussione tra Adorno e Lukacs 21 . E se questi riteneva Beckett come un sintomo nel ritrarsi nella soggettivit rispetto al mondo quello gli mostrava del mondo lassenza. E laddove di questassenza non si tenesse conto il rischio era lottimismo dellideologo che predica nel deserto. A questa semplificazione Beckett risponde con una critica radicale alla concezione dellintellettuale engag, che alla militanza per unidea di mondo sacrifica il compito di verificare lo stato delle cose. Non sarebbe errato sostenere che lopera di Beckett ritorce contro Lukacs un realismo ancora pi profondo in cui le relazioni tra gli uomini sono a
18 La citazione tratta dal diario delle prove di Endgame redatto da M. Haerdter, Materialen zu Becketts Endspiele, Suhrkamp, Frankfurt am Main 1968. La messinscena fu diretta dallo stesso Beckett per lo Schiller Theater di Berlino nel 1967. 19 S. Beckett, Aspettando Godot, in Teatro completo, op. cit., p. 81. 20 G. Anders, Essere senza tempo, in Luomo antiquato, op. cit., p. 220. 21 Critici di tendenza totalitaria come Lukacs, che infuriano contro quellinvero terribile semplificatore che Beckett accusandolo di decadenza, fanno assai bene linteresse dei loro capi: odiano in Beckett ci che hanno tradito. Solo la nausea della situazione, il taedium dello spirito in s vuole qualcosa di completamente diverso, mentre la salute obbligata si adatta al nutrimento che le viene offerto, alla cucina casalinga (T.W.Adorno, Tentativo di capire Finale di partita, op. cit., p. 660). tal punto alienate che ogni discorso di cambiamento appare come il refrain di una canzonetta alla radio. Senza guardare in faccia la negativit ogni idea di ricostruire una soggettivit a pezzi, ammesso che sia ancora possibile, destinata al fallimento. E di questa incapacit sono vittima le personae beckettiane che pertanto, a dispetto di interpretazioni superficiali, sono ben lungi da rappresentare figure del nichilismo. Dire che essi rappresentino dei nichilisti non quindi soltanto errato, ma addirittura lopposto di ci che Beckett vuole dimostrare. Anzi, dato che, in fondo, non perdono la speranza, che non sono capaci di perderla, sono ideologi ingenui e irrimediabilmente ottimisti. Ci che Beckett ci presenta non quindi nichilismo, ma lincapacit delluomo di essere un nichilista persino in una situazione che non potrebbe essere pi senza speranza di cos 22 . Vladimiro ed Estragone, daltra parte, possono dirsi fortunati perch al riparo dalla negativit. Che stiamo a fare qui, ecco ci che dobbiamo chiederci. Abbiamo la fortuna di saperlo. S, in questa immensa confusione una cosa sola chiara: noi aspettiamo che venga Godot 23 . Non questo il ritratto di Winnie di Giorni felici, dove, mentre sprofonda nella terra, il suo monologo copre ogni possibilit di uscire dal circolo di una parola che dice di se stessa, che dice il niente in parola e non in grado di scorgere il niente che sta sotto la parola? 24 ?
II.
I personaggi di Beckett sono investiti di una negativit hegelianamente astratta, bloccata, che gira su se stessa, cui la sintesi inibita, una dialettica in stallo 25 . La dialettica servo-padrone, che gi Anders aveva rintracciato nella coppia Pozzo-Lucky in Aspettando Godot, mostra limpossibilit di emancipazione del servo attraverso il lavoro, in Hegel motivo scatenante del processo di riconoscimento 26 . Il servo lavorando loggetto e rendendolo opera sua, attraverso questo medio, poteva portarsi a un grado di consapevolezza maggiore rispetto al signore, che con loggetto intratteneva un rapporto puramente immediato. Di questa situazione, che racconta dellalienazione in cui caduta la stessa nozione di lavoro e di ogni agire che sia tale, Beckett ci ha lasciato unimmagine quanto mai efficacie in un romanzo che racconta la storia di un domestico 27 . E un romanzo complesso scritto a partire dal 1941 a Parigi, terminato dopo varie interruzioni a Roussillon nel 1944, e pubblicato solo dieci anni dopo nel 53, sullonda del successo di Aspettando Godot.
22 G. Anders, Essere senza tempo, in Luomo antiquato, op. cit., p. 222. In questa chiave possibile inserire anche la lettura di Badiou in rapporto al tema dellevento: Non verremo mai a sapere chi sia davvero Godot ma baster riconoscere in lui lemblema dellostinazione delluomo a desiderare che qualcosa accada. Cfr. A. Badiou, Linestinguibile desiderio, Il Melangolo, Genova 2009. 23 S. Beckett, Aspettando Godot, in Teatro completo, op. cit., p. 69. 24 S. Beckett. Disiecta. Scritti sparsi e un frammento drammatico, (a cura di R. Cohn), Egea, Milano 1991, p. 69. Cercare il vuoto (Niente) che sta sotto le parole attraverso buchi nel linguaggio una dichiarazione programmatica della scrittura di Beckett. Qui si pu solo rinviare a unaltra questione decisiva legata al tema del fare artistico, al ruolo del poiets, su cui Beckett ha riflettuto continuamente. M. Cacciari, in un libro che raccoglie tre saggi dedicati allo spettro dellagire in Shakespeare (Amleto), Kafka e Beckett, autori in in cui ha riscontrato a posteriori inaspettati e inquietanti rapporti, ha avvicinato lo scrittore irlandese allartista dell ultimo giorno descritto da Bonnefoy (Id., Hamletica, Adelphi, Milano 2009, in particolare le pp. 75-107). 25 Nessuno spettatore, nessun filosofo sarebbe in grado di dire se non ricomincia tutto daccapo. La dialettica oscilla penzoloni (T.W.Adorno, Tentativo di capire Finale di partita, op. cit., p. 689). 26 Sulla questione della centralit del riconoscimento nel dibattito contemporaneo cfr. R. Finelli, Trame del riconoscimento in Hegel, in Post Filosofie, n. 3, 2007, Cacucci Editore, Bari, pp. 47-69. 27 Il dramma moderno, dicevamo seguendo Szondi, destinato sempre pi allepicizzazione. Che dunque Beckett si sia via via rivolto al romanzo nella prosa e al monologo nel teatro ci sembra confermare la tesi dellautore della Teoria del dramma moderno, sebbene lultima produzione teatrale (i dramaticules) conduce in una dimensione altra che qui non possibile esplorare. La trama semplice. Un uomo dal nome improbabile (Watt, omofono della preposizione interrogativa inglese What), assunto (anche se di assunzione non si fa parola) nella casa di un signore dal nome altrettanto improbabile (Knott, omofono della negazione inglese not). Questuomo arrivando sostituisce un altro uomo, che a sua volta viene promosso di livello (dal pianterreno al primo piano dove si trova la camera del signor Knott). Luomo del primo piano che lo precedeva licenziato (anche se di un licenziamento non si fa parola). Pare che nella casa del signor Knott non si faccia altro che andare e venire, una volta che si sia ovviamente trascorso del tempo (ma di quanto tempo non fatto parola). Si sa che Watt si reca presso la casa del signor Knott cos come si sa che un giorno, dopo il passaggio di piano, sar sostituito da un altro domestico. Del lavoro effettivo svolto da Watt si conosce poco: si tratta di mansioni di una certa semplicit e monotonia (prendere gli avanzi della cena del signor Knott, vuotare il pitale, dar da mangiare a un cane, rigovernare la cucina). In un secondo momento quando viene promosso al primo piano assiste il signor Knott, di cui si sapr quasi niente, vestendolo e rivestendolo. Poi arriver il momento di accomiatarsi. Ma cosa accada nella casa del signor Knott, che qualcosa accada, che qualcosa possa accadere e per di pi essere detta la vera questione del libro. Sebbene Watt, come probabilmente chi lo precedeva, si presenti con la squisita sensazione di essere arrivato al centro della sua vita dopo tanti anni tediosi trascorsi ad aggrapparsi al perimetro 28 ci che lo attende un soggiorno che gli riveler limpossibilit di fare unesperienza che sia tale, di riconoscersi nel suo fare. Il senso del soggiorno nella casa del signor Knott espresso dal monologo di Arsene, il servo che, per la rotazione tipica della casa, lascia la casa allingresso di Watt. E un discorso di congedo che rappresenta quasi un passaggio di testimone per chi si accomiata, ma che ha in realt una precisa funzione narrativa. In un altro libro, in unaltra epoca, si sarebbe trattato della figura del saggio che ha fatto esperienza e che sulla soglia della porta affida a chi resta quelle poche semplici parole al momento di separarsi, che significano cos tanto per chi resta, e per chi va 29
Arsene descrive Watt come luomo che arriva compiaciuto, che guarda retrospettivamente e con benevolenza alle difficolt che lo hanno condotto sin l dalla prospettiva di essere ormai nel posto giusto. I gradini della sua vita sono apparentemente passaggi dialettici che superati lo conducono infine alla meta. Tutto ripagato, ampiamente ripagato 30 . A detta di Arsene Watt ha persino lardire di togliersi il cappello e di mettere gi i suoi bagagli senza timore e di offrirsi totalmente puro e disponibile, alle lunghe gioie di essere se stesso, come una bacinella si offre al vomito 31 . E tutto questo perch c del lavoro da fare. E questo che cos squisito. Avendo oscillato per tutta la vita fra i tormenti di un bighellonare superficiale e gli orrori di sforzi gratuiti, si trova infine in una situazione nella quale il non fare assolutamente nulla sarebbe un atto del pi nobile valore, e di estrema rilevanza. E cosa accade? Per la prima volta, da quando con angoscia e disgusto involava il latte alla madre, gli vengono assegnati compiti precisi dindiscussa utilit. Non incantevole? 32 . Il racconto di Arsene prefigura le sorti di Watt iscrivendole in unastratta circolarit che pi che evolversi dialetticamente in circolo dei circoli retrocede a livello del mero ciclo della natura, in cui, secondo lEcclesiaste, nihil sub sole novum. E se anchio potessi ricominciare una terza volta prosegue Arsene , sapendo quello che saprei allora, il risultato sarebbe lo stesso. E se potessi ricominciare tutto di nuovo per un centinaio di volte, conoscendo ogni volta qualcosina in pi della precedente, il risultato sarebbe sempre lo stesso, e la centesima vita sarebbe come la prima
28 S. Beckett, Watt, Einaudi, Torino 1998, p. 36. 29 Ibid., p. 214. Parole che, una volta andato via, per pura dimenticanza, Watt non avr neppure lelementare cortesia di pronunciare. 30 Ibid. 31 Ibid. 32 Ibid. e le cento vite una sola 33 . Ricominciare daccapo per ritornare sempre allo stesso punto la formula che rovescia il Bildungsroman, e non a caso la citazione di Goethe su Amleto riportata sopra compariva allinterno del Wihlelm Meister, archetipo di questa forma letteraria 34 . La rotazione cui prende parte la generazione dei domestici che si alterna nella casa del signor Knott non sembra poter essere spezzato dalla malattia della coscienza che espelle luomo dal centro consegnandolo allangoscia. Langoscia della vita stessa espelle luomo dal centro, scriveva uno Schelling molto amato da Martin Heidegger. Lincapacit di provare angoscia, che in Essere e tempo poteva rovesciarsi nella possibilit di un progetto di vita autentica, preclude a priori alluomo la possibilit di un processo di individuazione e di riconoscimento: La sua indignazione soggetta a una riduzione simile, e finalmente tranquillo e compiaciuto si occupa del suo lavoro, tranquillo e compiaciuto percepisce ed percepito. Per un po. Perch giunge il momento in cui si dice, Non sono un po gi di corda oggi? Non che si senta gi di corda, al contrario, se possibile si sente anche meglio disposto del solito e si chiede se per caso non un po abbacchiato. Limbecille. Non ha imparato nulla. Nulla. 35 La noia si nasconde dietro la stanchezza, la stanchezza dietro la malattia (persino quando la lingua esaminata allo specchio mai era stata cos rosea, in un alito mai cos fresco 36 ): tutto per schermare langoscia. Una sistematica incapacit di assumere il nulla caratteristica delle persone bekettiane che non potrebbero ammettere che una seggiola o una casa ci siano semplicemente e ci siano per nulla, cos non ci pensano nemmeno a considerare la loro esistenza come un nulla o da nulla 37 . Resta per in fondo questo bisogno, questa ricerca di significato in una totale indifferenza di significato sberleffata da Arsene come lillusione che la casa di Knott sia un specie di centro culturale. Watt non sapeva che cosa fosse accaduto. Non gli importava niente, per rendergli piena giustizia, di cosa fosse accaduto. Ma provava il bisogno di pensare che fosse accaduto questo e questaltro, il bisogno di essere in grado di dire, quando la scena avesse preso a srotolare le sue sequenze, Gi, ricordo, ecco cosa accaduto allora 38 . Lacquiescienza relega a un fare incapace di riportarsi sul piano della consapevolezza. Di qui la scissione tra il nome e la cosa, questione ontologica prima che poetologica e limpossibilit di ricomporre una semantica di ci che accade. La questione aperta dalleredit dellestetica post-joyciana assunta da Beckett alla radice. Watt finir in un padiglione di manicomio e, per quello che il narratore riuscir a raccoglierne, da l racconter la sua storia. Ma la sua fine non verr narrata secondo lordine del tempo: cos come Watt narr linizio della sua storia, non gi come prima, ma come seconda cosa, cos non come quarta, ma come terza, ne raccont la fine. Nellepoca in cui la poesia non ritma pi lazione, Beckett, avvertito come pochi, costruisce questo romanzo come parodia di un metro irrecuperabile: due, uno, quattro, tre. Non diversamente si strutturano le quartine eroiche 39 .
33 Ibid., p. 42. 34 Le similitudini con Murphy, leroe del primo romanzo di Beckett sono evidenti. In un appunto dellautore sulla struttura di Murphy viene sintetizzata cos limpossibilit di fare esperienza: X si realizza nella sua incapacit dincontrare e il suo progresso dipende dal fatto che una tale incapacit viene mantenuta. Se egli scendesse a patti con la gente, la storia sarebbe finita (J. Knowlson, Samuel Beckett, Einaudi, Torino 2001, p. 256). Anche Murphy alla ricerca di un lavoro, ma le sue decisioni e azioni sono assunte in base a un oroscopo, che fungendo da oracolo gioca ancora parodicamente con i temi della tragedia. 35 S. Beckett, Watt, op. cit., p. 37. 36 Ibid. 37 G. Anders, Essere senza tempo, in Luomo antiquato, op. cit., p. 208. 38 S. Beckett, Watt, op. cit., p. 68. 39 Ibid., p. 207.