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Hammett s.p.a.

13.50.
Te lo sei perso nel bel mezzo del pedinamento.
Se non sapessi che solo una prova, ti sembrerebbe tutto vero. Ma sei sicuro che sia un complice
dell'agenzia messo l per farti correre.
Cerchi un indirizzo sulla scheda.
*
Accosti nel primo buco e perlustri il perimetro: del soggetto neanche l'ombra, ma c' un
parcheggio interno riservato agli uffici. Torni alla macchina e prendi la cravatta; la annodi alla cieca
e ti specchi in una vetrina: giacca sportiva, jeans, colletto sbottonato. Un impiegato di ritorno dal
pranzo. Spettini i capelli, allenti la cravatta e sali in macchina.
14.38 e sei in ritardo: la pausa finita da otto minuti.
Il travestimento inutile; il custode nel suo gabbiotto ti guarda appena: alza la sbarra e se ne torna
alla Gazzetta increspata dal ventilatore a palla.
Alla fine la vedi, la macchina. Vuota. Il cartello a soffitto recita Hammett s.p.a..
Parcheggi a due posti di distanza. Sei in macchina da cinque ore e ne mancano tre alla fine del tuo
turno.
Per la prima volta in due anni ti viene voglia di fumare.
Prendi il taccuino e scribacchi il rapporto per l'agenzia: prosa hardboiled e minimale. Solo un paio
di descrizioni.
Di troppo.
La consegna chiara: Annotare spostamenti e fotografare eventuali incontri.
Nient'altro.
Venti minuti sono eterni. Il soggetto ha tutta l'aria di essersene tornato a lavoro. Non ti resta che
aspettare.
Butti gi mezzo racconto e sfogli il free press raccattato al semaforo. Ti interessa solo la cronaca
locale: Arrestati i due travestiti-rapinatori accusati di omicidio.
Abbassi il finestrino ma inutile: la temperatura salita di dieci gradi. Il termometro ne segna
ventisette e nel parcheggio interrato si muore di caldo.
il ventuno aprile, e fai ventinove anni oggi. Te li immaginavi diversi, i tuoi ventinove. Specie
retrospettivamente, sapendo che i trenta saranno uguali: disoccupato, un futuro radioso che ormai si
declina al passato ecc. ecc.
Sfili la giacca e scendi dalla macchina.
Lasci tutto l.
Tanto solo una prova.
*
Percorri lo stretto corridoio tra due edifici. Nell'aria c' odore di mensa aziendale.
Ti volti a guardare e li vedi: lei ha le mani sul davanzale, i seni scuri e pieni che ballano avanti e
indietro sotto i colpi del soggetto, la bocca contratta in una dolorosa smorfia di piacere. Lui
sembra congestionato.
Per un attimo ti pare di poter sentire il rumore: uno schiocco ritmico di corpi che collidono. Ma
solo un attimo, poi lei si tira su e si asciuga tra le cosce con un fazzoletto.
Non hai la macchina fotografica, e ti viene in mente che forse non era solo una prova.

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