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PUPPO

I fondamenti del comunitarismo, Tesi di


Laurea, Genova, 2000.
IV.
Questioni aperte e conclusioni

1. Quale comunit?
Al termine dellanalisi del multiculturalismo avevo proposto di
abbandonare il termine cultura e di affidarsi ad un termine, almeno
potenzialmente, meno ambiguo e vago, etnia. Ovviamente abbandonare il
termine cultura non significa dimenticare le questioni alle quali, con luso di
quel termine, si soliti riferirsi.
Secondo me, dunque, quando ci si vuole riferire a quellinsieme di
elementi quali la lingua, la religione, un complesso mito-simbolico e altri
fattori che esaminer in seguito, opportuno usare il termine etnia. Se invece
ci si vuole riferire a ci che costituisce un modo particolare di rapportarsi alla
realt, un modo di ragionare, di agire e di giustificare le proprie azioni e, in
ultima analisi, ogni modalit del valutare, allora ritengo che si possa usare il
termine tradizione cos come definito da MacIntyre. 1
In questo modo si riuscir, credo, a evitare di dover distinguere tra
cultura in senso stretto e cultura in senso lato.
Il fatto di distinguere tra etnia e tradizione, luna contraddistinta da
fattori di natura prevalentemente storica laltra da fattori spiccatamente
filosofici, non impedisce che lo stesso fenomeno possa costituire sia unetnia
1

Cfr. supra, Parte II, Capp. 1.3. e 1.4.

Questioni aperte e
conclusioni

sia una tradizione: semplicemente, dipendendo la distinzione dalla domanda


che ci muove verso quel fenomeno, vale a dire dal punto di vista che
assumiamo come osservatori, sar sufficiente non scivolare da un ambito
concettuale allaltro creando quindi facili confusioni. Se si tengono bene
distinte le questioni vertenti sulle etnie da quelle vertenti sulle tradizioni si
potr anche analizzare il rapporto di influenza reciproca storicamente
instauratosi tra fattori etnici e fattori di ricerca filosofica.
Ad un primo sguardo appare frequente che etnie diverse siano
sostenitrici di tradizioni diverse ma, voglio sottolinearlo, unetnia pu
abbandonare una tradizione per abbracciarne unaltra senza, per questo,
perdere la propria identit. Da un altro punto di vista altrettanto frequente
che etnie diverse condividano la medesima tradizione anche se solo per brevi
periodi.
Quanto detto non acquista tuttavia molto senso se non mi affretto a
definire il concetto di etnia e di comunit etnica. 2
1.1. Il concetto di etnia e di comunit etnica
Si possono individuare alcuni elementi la cui presenza indispensabile
affinch si possa dire di essere in presenza di unetnia.
Innanzitutto, da menzionare pur nella sua banalit, letnia designata
da un nome collettivo; elemento molto pi importante il fatto di costituire
una comunit storica, costruita su memorie condivise da tutti i membri della
comunit; la storia della comunit ha un carattere prevalentemente educativo
in quanto la sua narrazione deve procurare piacere e gli eroi di cui si narrano
le imprese devono incarnare le virt che la comunit ritiene preziose;
costituisce una concreta possibilit che linsieme delle virt comunitarie si

Per la definizione del concetto di etnia e per la struttura di una comunit etnica, cfr A.
Smith (1992), pp. 63-118.

Questioni aperte e
conclusioni

evolva, accogliendo nuove virt ed escludendone altre, in conseguenza di


mutamenti alla guida politica della comunit; dunque possibile il sorgere di
un conflitto tra due o pi tradizioni etniche per assicurarsi il monopolio
delleducazione e dellinterpretazione storica. 3
Coloro che appartengono alla stessa etnia condividono inoltre quello
che si pu chiamare uno stile di vita o, per richiamare la nozione
wittgensteiniana, una forma di vita; 4 tale forma di vita soggiace alla comunit,
informa di s aspetti importanti come lingua e religione ma anche aspetti
apparentemente pi frivoli come il folklore, il cibo e la musica; bisogna
sottolineare che la condivisione della lingua non sempre determinante o, pi
precisamente, che spesso singole formazioni linguistiche sono per gran parte
il risultato di un influsso reciproco, realizzantesi allinterno di una certa area
geografica, tra elementi di natura religiosa ed elementi di natura sociale e
politica.

Il

riferimento

una

precisa

area

geografica

costituisce

lindispensabile fattore territoriale che contribuisce a definire unetnia,


lelemento che aiuta a disegnare confini verificabili. Tuttavia possibile che il
legame con un territorio abbia valenza puramente simbolica, come nel caso in
cui un determinato luogo costituisca esclusivamente la meta di pellegrinaggi.
Lultima caratteristica essenziale che definisce unetnia un forte senso di
solidariet, eventualmente alimentato e accresciuto da un persistente stato di
guerra.5
Riassumendo si pu asserire che costituiscono delle etnie quelle

3
Cfr. A. Smith (1992), p. 73; anche se nel breve termine le narrazioni rivali possono
dividere la comunit [] nel lungo termine la diffusione e linfluenza che queste narrazioni
riusciranno ad ottenere avranno leffetto di approfondire il senso didentit e di destino
condivisi in una particolare comunit; sulla caratteristica della narrazione epica consistente
nella celebrazione del bello in s della propria Patria, cfr. G. Negrelli (1994), pp. 34 ss.
4

Su Wittgenstein e la nozione di forma di vita, cfr. supra, Parte III, Cap. 4.

Cfr. A. Smith (1992), pp. 75-101.

Questioni aperte e
conclusioni

popolazioni, designate da un nome, che condividono un passato epico nonch


uno stile di vita, sono associate ad un particolare territorio e sono unite da un
senso di solidariet.
Le etnie danno vita a, e fioriscono in, comunit etniche che, con il
necessario grado di approssimazione, hanno avuto la seguente genesi
strutturale; secondo la ricostruzione storica di Smith, 6 da un punto di vista
soggettivo, partendo dal basso, si incontrano masse che, spesso localizzate in
zone rurali, condividono stili di vita talvolta diversi tra loro che a volte danno
origine a sub-comunit; tali comunit rurali sono in contatto con llite urbana
solitamente grazie allopera dei sacerdoti;

la figura del sacerdote ha

unimportanza fondamentale poich costituisce il tratto dunione tra


lelemento oggettivo, il deposito di memorie, miti e simboli, e le grandi masse;
evidente che la vitalit di una comunit etnica dipende dallefficienza dei
processi di comunicazione, trasmissione e socializzazione del suddetto
deposito.7
Nonostante lassenza di un contatto diretto tra le masse e il patrimonio
morale e giuridico della comunit, il sentimento comunitario, di noit e di
appartenenza ad un gruppo assicurato dal fatto che le eredit familiari delle
singole famiglie tendono a rispecchiarsi in uno stile di vita e in una tradizione
pi ampia che, plasmando e insieme limitando tali eredit, forniscono
limmagine e il linguaggio della nostra comunit.8

Per lanalisi della struttura delle comunit etniche, cfr. A. Smith (1992), pp. 104 ss.; in
base alla struttura le etnie si possono distinguere in laterali ed estensive e verticali e
intensive; le prime hanno natura aristocratica e tendono a non penetrare negli strati pi
profondi della scala sociale mentre le seconde, definibili popolari sono incentrate e chiuse
sulla citt in tal modo richiedendo la partecipazione delle masse (cfr. pp. 171 ss.).
7

Cfr. A. Smith (1992), p. 105; tali processi utilizzano principalmente il rituale e il culto
nel tempio, la diffusione dei precetti delle norme morali dei testi sacri, i simboli dellarte [],
lelaborazione di tradizioni orali [] la promulgazione di codici ed editti giuridici [] e infine
il servizio militare e limpiego della forza lavoro per la costruzione delle opere pubbliche.
8

Cfr. A. Smith (1992), p. 117.

Questioni aperte e
conclusioni

Sperando che il concetto di etnia e la struttura di una comunit etnica


sia stato sufficientemente, per quanto schematicamente, chiarito, si potr
passare ad alcune considerazioni che renderanno pi pertinente alla
problematica del comunitarismo e del multiculturalismo quanto detto sinora.
In primo luogo bene ricordare ancora una volta lassenza di una
definizione di comunit nelle argomentazioni dei comunitaristi; non si capisce
cio quale sia concretamente la portata del noi comunitario; il candidato a
questo ruolo potrebbe essere in alcuni casi lo Stato-nazione, in altri casi
potrebbe essere una comunit regionale, in altri casi ancora ci si potrebbe
riferire a comunit non legate ad alcuna forma istituzionalizzata.
Ebbene, io penso che molte delle caratteristiche delle comunit di cui
parlano i comunitaristi siano possedute da quelle che sono state definite
comunit etniche; tuttavia, se si tratta di ricercare una soluzione normativa di
qualsiasi tipo non si pu eludere il fatto che le leggi hanno come ambito di
applicazione delle federazioni di stati o singoli stati o singole regioni
allinterno di stati, raramente comunit etniche.
Nel mondo moderno si parlato molto di nazioni e di nazionalismi,
poco di etnie e di etnicismi. Non sono certo in grado di decretare alcunch su
questo spinoso argomento; tenter tuttavia di ricostruire alcuni legami, la cui
sottovalutazione spesso allontana pi del dovuto posizioni cosiddette
culturaliste o comunitariste da posizioni spiccatamente liberali.
1.2. Tra etnicismo e universalismo: due concetti di nazione
Mi riferisco in particolare a due relazioni: da un lato bisogna misurare
quanto sia stato influente lelemento etnico nella formazione delle moderne
nazioni, e quanto potrebbe essere influente per la loro sopravvivenza; da un
altro lato legittimo approfondire i legami tra alcune forme di nazionalismo e
quello che si pu definire luniversalismo dei diritti.

Questioni aperte e
conclusioni

Per quel che concerne il primo aspetto, preliminare dire qualcosa sul
significato di etnicismo e, soprattutto sulla sua non intercambiabilit col
termine inflazionato di nazionalismo; se infatti i nazionalismi sono
concettualmente legati e cronologicamente successivi allelaborazione del
concetto di nazione, elaborazione relativamente recente, gli etnicismi sono,
potremmo dire, vecchi quanto luomo o almeno quanto luomo che, attraverso
la comunicazione, ha saputo dare vita a comunit; per questo motivo
legittimo assimilare i movimenti etnicisti, o almeno quelli di un certo tipo, ai
movimenti e alle politiche comunitariste.9
Per etnicismo si pu infatti intendere ogni movimento collettivo
determinato sia dalla minaccia di disgregazione interna della comunit sia dal
desiderio di rinvigorire le forme di vita e la tradizione della comunit; in
particolare

tali

movimenti

possono

assumere

diverse

forme:

dalla

restaurazione territoriale a quella genealogica fino al semplice rinnovamento


delle forme di vita della comunit. Bisogna sottolineare il tenore
prevalentemente difensivo di ogni etnicismo: esso solitamente la reazione ad
una minaccia, reale o apparente non ha molta importanza; pu trattarsi di una
minaccia militare, di una sfida socio-economica o del semplice contatto con
forme di vita e tradizioni lontane dalle proprie.
Tra le finalit naturali di un movimento etnicista non compare
laspirazione a diventare una nazione riconosciuta, uno Stato-nazione;
piuttosto si potrebbe affermare che leventuale aspirazione della comunit
etnica a divenire una comunit nazionale sarebbe sintomo del suo timore di
unimminente disgregazione; disgregazione che si tenterebbe di arginare
incapsulandola

in

unistituzione

gius-politica

internazionalmente

riconosciuta. A partire dallet moderna tuttavia molte etnie, per quanto non
9

Per le caratteristiche, le modalit e le cause dei movimenti etnicisti, cfr. A. Smith


(1992), pp. 119-130.

Questioni aperte e
conclusioni

avessero aspirazioni indipendentiste e separatiste, si sono politicizzate; questo


perch soltanto una forza politica poteva divenire rilevante ed essere
ammessa a quella pratica politica consistente nella distribuzione delle risorse,
spesso scarse, nazionali; letnia, se ha delle rivendicazioni da opporre, deve
assumere il ruolo di gruppo di pressione.10
Per approfondire la relazione tra etnia e nazione occorre ovviamente
dire qualcosa sul concetto di nazione; essendo la letteratura in argomento
sterminata sar difficile rendere conto di tutte le ipotesi avanzate sullorigine e
il

significato

del

termine

nazione;

si

pu

comunque

tracciare

unapprossimativa distinzione tra coloro che reputano il concetto di nazione


un prodotto totalmente moderno e coloro che invece scorgono continuit tra il
vecchio concetto di etnia e il nuovo concetto di nazione.11 Non ha tuttavia, ai
fini della mia ricerca, eccessiva rilevanza la datazione precisa della nascita del
concetto di nazione; fatto non controverso che, pur nella pluralit dei suoi
significati, il concetto di nazione stato seriamente elaborato solo a partire dal
XVIII secolo, grazie allopera degli Enciclopedisti, e poi rielaborato nella
versione romantica.12
Ho gi riferito le caratteristiche che fanno di un popolo unetnia;

10

Sulla politicizzazione delle etnie, cfr. A. Smith (1992), pp. 321 ss.; non pu non far
riflettere il fatto che le recenti rivendicazioni etniche, pi o meno violente, nellEuropa orientale
siano state conseguenza, e non causa, della dissoluzione di una struttura politica e sociale,
lU.R.S.S., che garantiva agli individui unidentificazione di natura politica, pro o contro il
regime sovietico; il vuoto lasciato stato facilmente colmato dalletnia e la rivendicazione di
classe sostituita dalla rivendicazione etnica. Secondo U. Pagano (1994), p. 147: [] la crisi del
marxismo (e conseguentemente della difesa del mondo libero) ha forse favorito il recente
riemergere del nazionalismo []. Secondo I. Berlin (1994), p. 349, laspirazione
allindipendenza nazionale sintreccia con la resistenza sociale allo sfruttamento.
11

Per non fare che pochi riferimenti: lipotesi della continuit e dellorigine etnica delle
nazioni sostenuta da A. Smith (1992), mentre tra i sostenitori dellipotesi modernista, pi
numerosi, si possono ricordare E. Hobsbawm (1991) e F. Chabod (1992).
12

F. Chabod (1992), pp. 46 ss., sottolinea che la paternit del termine nazionalismo
da attribuire a Herder e riferisce dellimportanza di Herder nella formazione del senso di
individualit nazionale e di autarchia spirituale; sullapplicazione, operata da Herder, al popolo
(Volk) oltre che allindividuo, del concetto di originalit e autenticit, cfr. C. Taylor (1993b), pp.
47 ss.

Questioni aperte e
conclusioni

bisogna ora analizzare le condizioni che legittimano un popolo a proclamarsi


nazione.
Secondo Hobsbawn,13 almeno per quel periodo del nazionalismo
definibile liberale, il diritto di un popolo ad autodeterminarsi era riservato a
quei popoli che, da un punto di vista economico e culturale, potevano
considerarsi vitali; connesso a questo aspetto resisteva il vecchio principio
della taglia minima, 14 secondo il quale, per poter aspirare allo status di
nazione, bisognava contare su una sufficiente estensione territoriale che
garantisse un certo grado di sviluppo; le prime due condizioni emarginavano
dalle potenziali nazioni quei popoli che, pur vitali sotto ogni aspetto, non
potendo vantare un territorio sufficientemente esteso, non assicuravano un
loro progressivo sviluppo a tempo indeterminato. Il requisito della taglia
minima fondato, in ordine di importanza, su territorio, potenzialit
economiche e risorse culturali costituisce dunque presupposto ineliminabile,
soddisfatto il quale, tuttavia, ai fini dellabilitazione di un popolo al rango di
nazione, occorre esibire almeno uno fra tre ulteriori requisiti. Secondo il primo
criterio un popolo doveva essere storicamente associato a uno Stato
esistente oppure possedere un notevole passato; in base ad un secondo
criterio bisognava esibire unlite culturale consolidata, con una letteratura
nazionale scritta e un gergo amministrativo; infine si poteva contare su una
provata capacit di conquista.15
13

Cfr. E. Hobsbawn (1991), pp. 35-43.

14

Tale principio, pur sempre implicito in ogni concezione liberale della nazione, fu
espresso chiaramente da Friedrich List e dalla scuola storica degli economisti tedeschi; su
questo punto, cfr. E. Hobsbawn (1991), p. 35.
15
Cfr., per i suddetti tre requisiti, E. Hobsbawn (1991), pp. 42-43. Questi criteri rendono
conto, a mio avviso, delle diverse concezioni della nazione; stati gi potenti economicamente
non avevano certo bisogno di scommettere su sentimenti di comune appartenenza etnica: era
sufficiente il comune e volgare sentimento di sentirsi grandi e uniti; altre situazioni nazionali,
come quella tedesca e quella italiana, dovevano invece fare leva su elementi pi spiccatamente
etnici, sulla letteratura nazionale, sul passato eroico e su altri elementi che definiscono
etnicamente un popolo.

Questioni aperte e
conclusioni

Si pu affermare lesistenza di almeno due significati del termine


nazione o, in altri termini, di almeno due concetti di nazione; c chi16 parla
quindi di nazione territoriale contrapponendola alla nazione etnica e,
rispettivamente

di una concezione civica e una concezione etnica della

nazione; altri17 invece distinguono tra

un concetto rivoluzionario-

democratico e un concetto nazionalista di nazione.


Il concetto territoriale corrisponde a quello rivoluzionario-democratico;
esso stato elaborato dagli Enciclopedisti ed strettamente legato alla
Rivoluzione francese; tale concetto spesso associato a quello di popolo
sovrano: Lequazione nazione = Stato = popolo, e in particolare popolo
sovrano, rapport la nazione al territorio; 18 tale concetto prescinde dunque
da ogni considerazione di tipo etnico; la nazione costituita allora da un
gruppo di persone che abitano lo stesso territorio e obbediscono alle stesse
leggi: da un lato quindi la nazione vista come una comunit di leggi e
16
Cfr. A. Smith (1992), pp. 279-287, dove distingue appunto tra nazioni territoriali ed
etniche, e p. 288, dove si delinea la concezione civica della nazione, contraddistinta da un
nuovo concetto di comunit, intesa come popolazione vincolata da legami derivanti dal vivere
in un territorio politicamente delimitato, da legami di fedelt a identici sovrani e di
appartenenza a una comune cultura politica. J. Habermas (1994), p. 163, distingue tra nazioni,
come quella tedesca, che hanno connotazioni etniche e nazioni, come quella francese, che hanno
connotazioni territoriali.
17

Cfr. E. Hobsbawn (1991), pp. 23-27, in particolare p. 25: Non possiamo pertanto
rintracciare nella nazione rivoluzionaria alcunch di simile al successivo programma
nazionalistico di fare dello Stato-nazione un corpo definibile sulla base di criteri [] quali etnia,
lingua, religione, territorio e memoria storica comuni [].
18

Cfr. E. Hobsbawn (1991), p. 25: [] ci che caratterizzava il popolo-nazione visto dal


basso era [] il fatto di rappresentare linteresse comune. Questa affermazione sembra
rimandare al punto iniziale della mia ricerca, cfr. Parte I, Cap. 2.1., quando cercavo di
rispondere al quesito circa che cosa costituisse realmente linteresse super-individuale in nome
del quale sacrificare il proprio interesse individuale; ebbene, trovavo vaghe le espressioni come
quella appena citata di interesse comune o altre simili come interesse generale; la mia
speranza era di trovare, proseguendo la mia ricerca, una comunit storicamente data e operante
i cui concreti interessi potessero sostituire le astratte enunciazioni di interessi comuni; venendo
al dunque: la nazione sicuramente un fenomeno comunitario storicamente dato; se tuttavia
nella definizione di nazione si comprende il riferimento ad un fantomatico interesse comune la
situazione diventa grottesca: si potrebbe infatti sostenere che un gruppo di persone portatore
di un interesse comune perch costituisce una nazione e che tale gruppo costituisce una nazione
perch portatore di un interesse comune. Presumo che, affinch la nazione possa essere
considerata come ci che Sandel chiama soggetto allargato del possesso, la sua definizione
debba comprendere altri elementi, per cos dire pi distintivi e quindi, in un certo senso, pi
normativi.

Questioni aperte e
conclusioni

istituzioni, dallaltro i suoi membri sono caratterizzati dalla condivisione dei


medesimi diritti e obblighi.19
C chi ha dipinto con tinte molto forti e critiche la novit inaugurata
dalla Rivoluzione francese:
Con la Rivoluzione francese si afferma per la prima volta un modo di pensare, che forse
ancora il nostro, per cui gli individui costituiscono la nazione, la quale a sua volta
forma lo Stato, e non c altro: nulla di pi di questo panorama desertico, formato di
uomini uguali come sassi, e da uno Stato pensato a immagine e somiglianza di un
cumulo di pietre.20

Lassenza del senso di solidariet tipico delle comunit etniche


sostituito da una sorta di religione civile fondata sulla cittadinanza:
La solidariet della cittadinanza richiedeva una religione civile come formata da miti,
memorie e simboli condivisi, e comunicati in un linguaggio standard attraverso le
istituzioni educative. La nazione territoriale diventa quindi unimpresa educativa di
massa. La sua meta lomogeneit culturale.21

Omogeneit culturale: che cosa significa cultura in questa locuzione?


Questa domanda mi permette di definire, in modo del tutto arbitrario ma
importante riconoscerlo il concetto di cultura. Come ho gi detto,
preferisco non usare tale termine per riferirmi ad elementi etnici o a forme di
ragionamento o, pi in generale, a forme di vita, emerse e impostesi
spontaneamente allinterno di

comunit effettivamente operanti. Ebbene,

19

Cfr. A. Smith (1992), pp. 279-281; secondo J. Habermas (1994), p. 158: [] lidentit
comunitaria [] in una nazione di cittadini [] sar sempre legata ai principi costituzionali
ancorati nella cultura politica e non agli orientamenti etici di fondo di una particolareforma di vita
culturale prevalente nel paese; S. Weil (1990), pp. 95 ss., ritiene che la sostituzione della nazione
a tutte le altre comunit, seguita dalla sua identificazione con lo Stato, abbia generato una
situazione, quella in cui viviamo oggi, in cui il danaro e lo stato hanno sostituito tutti gli altri
legami.
20

21

Cfr. M. Barberis (1994b), p. 48.

A. Smith (1992), p. 283; il riferimento allutilizzo di un linguaggio standardizzato


rimanda alla distinzione di MacIntyre tra lingue-in-uso e lingue internazionalizzate; appunto
su un linguaggio standard, disincarnato, non necessariamente in-uso tra le masse cui si
rivolgeva, si contava per realizzare limpresa educativa di massa di cui parla Smith.

Questioni aperte e
conclusioni

ritengo che con cultura ci si possa legittimamente riferire a quel complesso di


conoscenze nonch abitudini in qualche modo costituenti il risultato di un
processo, spesso imposto o comunque guidato dallalto, rivolto ad installare,
nel senso letterale del termine installare cio come si installa un programma
informatico quel complesso in soggetti incapaci, per motivi relativi alla
propria etnia e alla propria tradizione, di generarlo spontaneamente. Si tratta
di un concetto di cultura molto vicino a quello di coltura; quando da un
terreno, per esempio un prato, si possono cogliere solo alcuni frutti, per
esempio fiori, e noi desideriamo riceverne altri, per esempio ortaggi e verdure
per il nostro nutrimento, allora bisogna avviare unimpresa educativa di
massa: si arer il campo e si seminer ci che si desidera come futuro
nutrimento. Si potrebbe dire che il prato subisce un lavaggio del cervello.
Ebbene il concetto di cultura, cos come io lo concepisco e, si potrebbe dire,
cos come spesso si storicamente definito, si riferisce a unimpresa che si
distingue dal lavaggio del cervello solo per quantit, non per qualit.22 Se si
conducesse lanalisi partendo dagli usi effettivi del termine cultura il risultato
non sarebbe molto diverso; nellambito dei paesi colonizzati da potenze
occidentali, per esempio paesi centro-africani, si potr dire di un individuo
che di cultura cristiana o di cultura inglese volendo significare che,
nonostante tutto dove il tutto assume diversi significati a seconda della
postura del parlante non inglese n cristiano.
In base alle mie definizioni penso si possa dunque sostenere che
lappartenenza culturale mai coincider con lappartenenza etnica o con
ladesione a una tradizione. Questo , a mio avviso, confermato da
22

A proposito della religione civile, inventata da Rousseau, e della pi famosa


espressione della cultura filosofico-politica americana contemporanea, lopera di John Rawls,
cfr. W. Fach - G. Procacci (1989), pp. 401-402: E come il filosofo francese pioniere del terrorismo
di Stato stando alla reputazione di Rousseau nei quartieri liberali , Rawls fa parecchio
affidamento su una sorta di lavaggio del cervello, metodo totalitario quanti altri mai che ama
descrivere la libert come allegra obbedienza ad una legge superiore.

Questioni aperte e
conclusioni

unulteriore riflessione che, innanzi tutto, chiarisce la differente natura


dellappartenenza nel caso delletnia e nel caso della cultura e chiarisce altres
perch sia improprio parlare di appartenenza, a meno che non si usi il termine
in senso molto lato, a una tradizione; ebbene, essenziale allappartenenza la
non volontariet dellatto di appartenere; 23 nel caso delletnia, per quanto,
come spero di avere ampiamente illustrato, questa non si possa ridurre a
fattori biologici, la nascita a costituire e definire lappartenenza etnica: si
nasce in un luogo nel quale si parla una lingua, si raccontano determinate
storie, si compiono particolari riti, si onorano determinate persone, si adorano
alcuni dei e via dicendo; tutto questo non oggetto di scelta individuale;
tuttal pi una scelta pu determinare labbandono di certe forme di vita ma
non, comunque, la recisione dellappartenenza. In almeno un senso anche
lappartenenza culturale non deriva da un scelta; pi precisamente, anche se
abbracciare una cultura pu formalmente sembrare un atto di scelta, si di
fronte ad un atto indotto: si pu essere cio non liberi di rifiutare una cultura
o, almeno, di sottrarsi allimpresa educativa di massa in cui consiste il
processo di acculturazione; se letnia storicamente imposta, in modo assai
simile la cultura imposta socio-economicamente; questo significa che,
spesso, per dirla con Walzer, 24 lacquisizione del bene cultura X
determinante per partecipare alla distribuzione di una grande parte di altri
beni il cui significato totalmente slegato da quello della cultura in questione;
il processo di inclusione ed esclusione da determinate pratiche sociali fondato
sulla cultura parallelo, se non coincidente, con il processo riguardante ci
che viene definito come moda: chi non alla moda rischia di essere
23

Per uninteressante analisi del concetto di appartenenza, analisi riferita specialmente


alle elaborazioni di Gadamer e di Heidegger, cfr. B. Accarino (1992), pp. 18-23; degna di
attenzione la sottolineatura del legame tra il senso delludito e la situazione di non-libert
costituita dallappartenenza.
24

Cfr. supra, Parte II, Cap. 3.

Questioni aperte e
conclusioni

emarginato da diverse sfere importanti per la realizzazione dellindividuo;


non un caso che, almeno nelle moderne societ occidentali, forse per
recuperare un qualche senso di inclusione, si sia coniato il termine
controcultura. Unultima osservazione, che introduce al significato della
tradizione, riguarda la coppia di termini conformismo e anticonformismo; io
credo che tali termini abbiano esclusivo diritto di cittadinanza nel mondo
della cultura; sovente si pensa invece che siano il rispetto e la fedelt ad una
tradizione a generare fenomeni di conformismo e di conservatorismo; come
MacIntyre ha spiegato molto bene25 essenziale alla tradizione , oltre alla
naturale conflittualit interna, linsopprimibile tendenza al confronto con altre
tradizioni; tendenza contraddistinta sia dal desiderio di dimostrare la propria
superiorit sia di misurare la propria razionalit e verit. Ci che voglio dire
che la vitalit di una tradizione garanzia contro ogni omogeneizzazione
culturale e ogni conformismo conservatore; ci che esige la cultura, essendo
questultima molto legata a leggi sociali ma soprattutto economiche, la
prevedibilit dei comportamenti di masse di individui; la via pi sicura
dunque quella dellomogeneizzazione culturale fondata su modelli di cultura
e, ora, anche su modelli di controcultura: il progresso quindi strutturalmente
inibito; soltanto una diversa congiuntura, pi probabilmente di natura
economica, potrebbe generare una nuova esigenza, esigenza definibile senza
esagerare di regime, e quindi instaurare un nuovo processo, ma non ancora
un progresso se si vuole concedere almeno un pizzico di connotazione
positiva a tale termine , di nuova acculturazione. 26

25

26

Cfr. supra, Parte II, Capp. 1.3. e 1.4."

Sul legame tra le idee tipicamente moderne, i movimenti democratici di formazione


delle nazioni e il processo di omogeneizzazione culturale, cfr., in senso fortemente critico e
altamente premonitore, F. Nietzsche (1975), 242; per quanto riguarda la natura artificiosa e le
motivazioni economiche di una certa cultura nazionalista europea, cfr. F. Nietzsche (1982), vol.
1, 475.

Questioni aperte e
conclusioni

Aderire a una tradizione invece garanzia di libert e progresso:


allinterno di una tradizione infatti si trovano gli strumenti concettuali per
criticare linterpretazione storica che, in un determinato momento, definisce
lidentit delletnia nonch per analizzare e sviscerare le condizioni socioeconomiche che richiedono limposizione di una certa cultura. Il livello sul
quale opera la tradizione, essendo quello dellindagine razionale, si situa ad
un piano superiore rispetto al livello etnico e al livello culturale; inoltre, come
ho gi detto, non si deve parlare di appartenenza ad una tradizione ma di
adesione a una tradizione, allevoluzione della quale si contribuisce; diverse
tradizioni dunque, a proposito della stessa situazione, potranno offrire
interpretazioni differenti e offrire soluzioni incompatibili; lunica dimensione
obbligatoria relativa alladesione ad una tradizione

quella costituita

dallobbligo di abbracciare la tradizione che, storicamente vale a dire in


riferimento allinterpretazione e alla soluzione di concrete questioni si sia
rivelata razionalmente superiore.
Ritornando alla questione principale: si pu sostenere a mio avviso che
la nazione territoriale si fonda, e richiede per la sua sopravvivenza,
lomogeneit culturale dei suoi membri; omogeneit culturale che nulla ha da
spartire con lomogeneit etnica; lomogeneit culturale del popolo che
costituisce una nazione intimamente legata alla nuova cultura trasversale
che, inaugurata con le rivoluzioni della fine del secolo diciottesimo, attraversa
lEuropa facendo propaganda di diritti universali e di autodeterminazione dei
popoli. 27
Nella concezione territoriale della nazione la solidariet, non potendosi
fondare sulla comune discendenza etnica, si fonda sulla cittadinanza; la
27

Sul tentativo di derivare il diritto dei popoli allautodeterminazione dalle


Dichiarazioni dei diritti e, soprattutto, sullimpossibilit di conciliare tale diritto con il principio,
proclamato, tra le altre, dalla Dichiarazione del settembre del 1792, dellindivisibilit e
dellunit della Repubblica, cfr. T. Todorov (1991), pp. 282-289.

Questioni aperte e
conclusioni

cittadinanza

esprime

tale

solidariet

fraternit

attraverso

lattiva

partecipazione sociale e politica alla comunit politica. Il rapporto tra


solidariet e cittadinanza tuttavia, essendo fondato su unimpresa educativa
di cui immaginabile la bassa percentuale di successo, facilmente vacilla; le
difficolt pi grandi sorgono di fronte a movimenti di immigrazione; agli
immigrati si offre quel bene importantissimo che la cittadinanza, ma un
prezzo deve essere pagato; in cambio della possibilit di muoversi
liberamente allinterno della comunit politica e di usufruire dei servizi che
essa offre, bisogna liberarsi dei vecchi legami etnici; solo lunit politica deve
essere degna della fedelt degli individui; non tutti tuttavia sono pronti a
rinunciare e a dissolvere la propria identit etnica; si tende quindi a creare una
situazione di duplice attaccamento che facilmente conduce al separarsi della
cittadinanza dalla solidariet: da una parte, la fedelt allunit politica, allo
stato, espressa nei termini dei diritti e degli obblighi della cittadinanza;
dallaltra un senso di affiliazione e di solidariet con la comunit etnica nella
quale la propria famiglia nata ed stata socializzata. 28
Una situazione come quella descritta stabile nella misura in cui la
comunit politica continua a garantire un certo grado di sicurezza e tenore di
vita ai suoi membri oppure, rovesciando la prospettiva, nella misura in cui
limpresa educativa ha convinto i membri della comunit che stanno vivendo
nel miglior modo possibile.
Se molto si poteva dire sulla concezione territoriale della nazione, non

28

Cfr. A. Smith (1992), p. 313: Infatti, per quanto ci provi con forza, la comunit politica
trova difficile assumere gli attributi e limportanza delle etnie pi vecchie che ha incorporato e
che cerca di soppiantare, soprattutto quando le vecchie etnie continuano a colpire una corda
ricettiva nei cuori di molti dei loro membri; sul concetto di solidariet, cfr. J. De Lucas (1993)
che concepisce la solidariet come ayuda mutua [] basada en la existencia de lazos comunes
de interdependencia que dan lugar a la simpata, a un afecto comn [] que surge como
consecuencia de la existencia de una comn pertenencia, es decir, en cuanto somos miembros
de una comunidad [] (pp. 90-91).

Questioni aperte e
conclusioni

altrettanto si pu dire della concezione etnica: i nazionalisti etnici infatti non


29

fanno che appellarsi a legami esistenti, di natura linguistica e consuetudinaria,


alcuni dei quali, dopo unopera di rielaborazione e standardizzazione,
vengono innalzati al rango di leggi e regole di vario tipo. Non vi bisogno
daltro che della storia, della propria storia, per edificare una nazione; il ruolo
svolto dalla cultura nella concezione territoriale qui svolto dalla storia della
comunit etnica; non vi dunque alcuna impresa educativa da compiere e
alcuna omogeneizzazione da raggiungere. 30
In una prima fase dunque la nazione concepita come comunit
politica, comunit di cittadini; ma, c da chiedersi, lelemento etnico era
davvero ininfluente per la formazione del sentimento nazionale? Questo
equivale a domandarsi se quella che si delineava come religione civile fondata
su diritti universali e autodeterminazione dei popoli potesse realmente
fondare movimenti di liberazione o espansione nazionale; in ultima analisi: si
potuto veramente prescindere da ogni elemento etnico nel processo di
formazione dei moderni Stati nazionali? Ovviamente la risposta sar
differente a seconda dei diversi nazionalismi e dei diversi Stati, ognuno con le
sue peculiarit; tuttavia, con riferimento ai movimenti nazionalistici
formalmente ispirati alla teorizzazione della nazione cos come elaborata dagli
Enciclopedisti, si pu dire che essi furono in grado di far emergere sentimenti
di appartenenza collettiva gi esistenti, seppure in modo virtuale e in piccolo
gruppi di individui; Hobsbawn definisce questi preesistenti legami, sui quali
fecero leva stati e movimenti nazionali, protonazionali; tali legami, bisogna

29

Per la concezione etnica della nazione, cfr. A. Smith (1992), pp. 284 ss.

30
Cfr. A. Smith (1992), pp. 284-286; bisogna sottolineare come il modello etnico di stato
sia stato pi frequente in Asia e in Africa dove spesso la religione veniva messa al servizio del
nazionalismo.

Questioni aperte e
conclusioni

ricordarlo, avevano prevalentemente natura etnica.

31

Se nel caso del nazionalismo etnico il riferimento alletnia esplicito,


sembra tuttavia che, oltre le apparenze, anche i movimenti nazionalisti
liberali, fondati sui valori rivoluzionari, sollecitassero gli individui allazione
attraverso il richiamo, accuratamente e volutamente sotterraneo, a elementi
squisitamente etnici.
Il termine patriottismo serviva appunto a indicare quella virt il cui
esercizio conduceva alla realizzazione degli obiettivi nazionalistici. Si
potrebbe dire che etnia ed etnicismo, se strumentalizzati dai liberali per fini
nazionalistici, mutassero denominazione diventando patria e patriottismo. La
stranezza dovuta al fatto che lidea di patriottismo era dichiaratamente
incentrata sullo Stato, inteso come unit politica ma, al contempo la patria era
considerata quasi come una divinit; a proposito di questa situazione Chabod
ritiene che, dopo la separazione operata da Machiavelli tra politica e religione,
con il nazionalismo liberale ottocentesco si sia trasferita la religione nella
politica: la nazione diviene lideale da attuare nel prossimo avvenire. 32
Gli obiettivi dei nazionalisti potevano non essere precisamente definiti
ma nessun vero patriota metteva in dubbio la sua fedelt alla patria, lobbligo
morale di agire e, se necessario, anche morire, per la realizzazione di un
progetto, la nazione:

31
Sul protonazionalismo popolare, cfr. E. Hobsbawn (1991), Cap. 3. Sulla necessit di
una coscienza collettiva culturale come presupposto dellidea di autonomia politica, cfr. T.
Todorov (1991), pp. 204 ss.
32

Cfr. F. Chabod (1992), pp. 61-67; quella che Chabod chiama religione della patria
costituisce una delle pi incisive manifestazioni della religione civile inventata per trasformare
la nazione da fenomeno puramente etnico in fenomeno politico; su questo punto cfr. anche E.
Hobsbawn (1991), pp. 101-109.

Questioni aperte e
conclusioni

Ci a cui il patriota committed un particolare modo di legare un passato, che gli ha


conferito una identit morale e politica distinta, con un futuro per quel progetto che la
sua nazione, e che sua responsabilit realizzare. Solo questa fedelt (allegiance)
incondizionata, e la fedelt a particolari governi [] sar interamente subordinata alla
loro dedizione al portare avanti quel progetto, piuttosto che frustrarlo o distruggerlo.33

Un tale progetto nazionale, realizzatosi con la formazione di molti dei


moderni stati-nazione, ha dunque radici storiche molto lontane, radici che
costituiscono il necessario nucleo etnico di ogni nazione; poca importanza ha
il fatto che il fine da raggiungere, da un punto di vista politico-istituzionale,
prescindesse da, e negasse con forza, ogni legame di natura etnica.
Questo significa che bisogna considerare con seriet e senza
romanticismo le radici etniche del nazionalismo moderno, tributare la dovuta
importanza a quellinsieme formato da miti, memorie e simboli, capace di
accendere e infiammare un popolo anche contro il governo dello Stato; non
bisogna cio sottovalutare la natura progettuale e processuale delle nazioni, le
quali, se vogliono sopravvivere, devono contare sul loro substrato etnico e, se
ne sono prive, come dice Anthony Smith, ne devono re-inventare uno.34
Nel periodo della nascita del nazionalismo moderno si dunque
delineata una contraddittoria situazione: da un lato limpegno degli
intellettuali volto alla riscoperta del passato nazionale, alla definizione di
unidentit particolare e autentica, impegno finalizzato allelaborazione di un
complesso mito-simbolico capace di infiammare gli animi e quindi stimolare
allazione; dallaltro lato quella che stata definita unimpresa educativa di

33

Cfr. A. MacIntyre (1992), p. 69; secondo MacIntyre fondamentale la dimensione


progettuale della nazione; il progetto nazione ha radici lontane, stato posto in essere nel
lontano passato e perseguito in modo da creare comunit particolari che, in modo
istituzionalmente vario, rivendicano autonomia politica. Limpegno rivolto alla nazione del
tipo overriding (cfr. supra, Parte I, Cap. 4) e, pertanto, incompatibile con un atteggiamento
totalmente pluralista.
34
Cfr. A. Smith (1992), pp. 431 ss. Cfr. anche E. Hobsbawn (1991), pp. 106 ss. e, per uno
studio pi approfondito sulla fenomenologia dellinventare, E. Hobsbawn (1987), in particolare
il Cap. I, Introduzione: Come si inventa una tradizione.

Questioni aperte e
conclusioni

massa, colorata di internazionalismo, orientata alla formazione di masse


culturalmente omogenee. Sembra dunque che convivano, allinterno dello
stesso progetto di formazione delle moderne nazioni, la tendenza alla
valorizzazione della particolarit, dellautenticit e della diversit di ogni
popolo, fondata su elementi prevalentemente etnici, e la spinta verso il culto
delluguaglianza, delluniversalit di alcuni valori, di una cultura omogenea,
di unidentit non etnica che appunto stata definita moderna.
I moderni stati-nazione devono la loro nascita alla contemporanea
azione di queste due tendenze; tuttavia la loro intima contradditoriet non
poteva che creare, una volta cessata lurgenza nazionalista, una situazione di
conflitto.
La moralit liberale, 35 ora dominante negli stati-nazione occidentali
incompatibile con la moralit del patriottismo36 grazie alla quale quegli stessi
stati-nazione sono stati edificati. La moralit liberale non pu non considerare
un vizio il patriottismo; il patriottismo daltra parte non pu non considerare
un vizio la neutralit liberale. Questa incompatibilit, banale e di scarso
interesse se interpretata in un contesto puramente filosofico, assume una
grande rilevanza politica se inserita nella genesi delle moderne nazioni come
suo elemento essenziale e inizialmente trainante.37
La mia opinione che lopposizione tra particolarismo comunitarista da
un lato e universalismo liberale dallaltro non pu essere esaminata da un

35

Cfr. A. MacIntyre (1992), pp. 61-62, che individua cinque assunti della moralit
liberale comuni alle diverse manifestazioni filosofiche, kantiane, utilitariste o contrattualiste,
del liberalismo; secondo questo punto di vista morale irrilevante dove e da chi si
apprendono i principi e le prescrizioni della moralit.
36

Cfr. A. MacIntyre (1992), p. 62: secondo questa concezione la moralit appresa da,
in e attraverso il modo di vita di qualche comunit particolare.
37

Cfr. J. De Lucas (1994), p. 97, il quale, a proposito della xenofobia, sostiene,


contrariamente alla tesi della sua natura patologica, che i virus di questa supposta
epidemia passeggera [] sono localizzati nella eredit genetica del nostro modello
giuridico, che arriva a noi dalle concezioni giuridiche di fine 700.

Questioni aperte e
conclusioni

punto di vista esclusivamente teorico; occorre invece cercare nella storia


delluniversalismo, sicuramente la meno antica, la presenza e il ruolo della
mai sopita tendenza delluomo, e delle comunit da lui create, a privilegiare,
tra i tanti, un punto di vista particolare. Si scoprir allora che la storia
delluniversalismo coincide con la storia delletnocentrismo il quale, non a
caso, presenta le due seguenti contradditorie sfaccettature: la pretesa
universalista, da una parte; il contenuto particolare (molto spesso nazionale),
dallaltra.38
Ricapitolando quanto emerso fino a questo punto e prescindendo dalle
singole peculiarit di ogni nazione, si pu affermare con certezza che si in
presenza di almeno due importanti manifestazioni del nazionalismo, una
delle quali, quella che si fonda sul concetto territoriale e civico di nazione,
strettamente legata alle teorie filosofiche sottese alla Rivoluzione francese.
Questa affermazione tuttavia, nella misura in cui non falsa, altamente
semplicistica. Al fine di dotarla di maggiore interesse condurr una breve
analisi storica sul perch le teorie delluniversale uguaglianza degli uomini e
delluniversale diritto allautodeterminazione dei popoli abbiano avuto tanta
fortuna in Europa. Per chiarezza e brevit mi riferir allinsieme delle teorie
menzionate con il termine universalismo; questa infatti la parola che
meglio indica la cesura con un passato vissuto allinsegna dei diversi
particolarismi.39
Il legame da approfondire quello tra luniversalismo elaborato nel
Settecento e il nazionalismo dellOttocento.

38

T. Todorov (1991), p. 6; Todorov offre molti esempi di spirito etnocentrico il cui


ragionamento tipico, circolare e vizioso, il seguente: si definiscono dapprima i valori assoluti
a partire da quelli personali e, in seguito, si finge di giudicare il proprio mondo con laiuto di
tale falso assoluto (p. 9).
39

Per questa analisi, oltre alle opere in argomento gi citate, sono particolarmente
debitore di M. Barberis (1993b) e S. Chignale (1993).

Questioni aperte e
conclusioni

Luniversalismo, nelle sue varie formulazioni illuministiche, presenta


almeno due linee di sviluppo.40 La prima, ben esemplificata dallopinione di
Montesquieu secondo la quale si pu essere anche persiani, ci ammonisce sulla
possibilit che qualcuno possa essere diverso da noi e, non per questo, meno
degno di rispetto: il rispetto cio dovuto universalmente poich tutti gli
uomini sono ugualmente rispettabili. Il concetto molto semplice e chiaro
tanto che i suoi sostenitori sono in crescita continua. Questa linea stata
definita

relativizzante

infatti

costituisce

lorigine

di

ogni

forma

contemporanea di relativismo fondato sul rispetto della diversit, rispetto


peraltro disancorato da qualsiasi valutazione sostanziale sul contenuto della
diversit. Accanto a questa linea di sviluppo, scolasticamente illuminista, ha
origine un altro modo di intendere luniversalismo pi post-illuminista che
illuminista incentrato sulluniversalit della ragione; la peculiarit di questa
seconda linea di sviluppo costituita dal fatto che quella ragione universale,
in ultima analisi, non era altro che la raison francese; si assiste dunque allo
sviluppo di un universalismo assolutizzante, che tende ad allargare al resto
dellEuropa una particolare concezione filosofica e forma di vita.
Non difficile leggere nello sviluppo di queste due tendenze le
premesse delle moderne discussioni interne al liberalismo. Da un lato coloro
che esaltano luguaglianza, il rispetto della diversit qualunque essa sia, e,
come corollario, la relativizzazione di ogni credenza politica o morale.
Dallaltro lato lintima convinzione, allora della Francia ora di tutto
lOccidente, della superiorit della propria ragione non in quanto ragione
francese

ragione

occidentale

ma,

presuntuosamente

ed

etnocentricamente, in quanto ragione universale, ragione valida per tutti. Non


si rinuncia quindi alluniversalismo per una qualche forma di particolarismo,
40

Su queste due linee di sviluppo, luna relativizzante, laltra assolutizzante, cfr. M.


Barberis (1993b), pp. 7-11.

Questioni aperte e
conclusioni

bens si estende arbitrariamente la propria particolarit, camuffata da ragione,


la propria forma di vita, spacciata come razionale, al resto delluniverso, senza
peraltro avere chiesto alluniverso stesso alcun parere. 41
Tzvetan Todorov descrive in modo efficace e pungente il rapporto
dinamicamente etnocentrico tra relativismo, universalismo e tolleranza:
Luniversalista inconsapevole risulta inattaccabile, poich pretende di essere relativista;
ma ci non gli impedisce di giudicare gli altri e di imporre loro il proprio ideale. Egli
possiede laggressivit del secondo e la coscienza pulita del primo: assimila
ingenuamente, perch non si accorto della differenza degli altri.
La posizione di tolleranza generalizzata insostenibile [] si tratta di una posizione
interiormente contraddittoria, poich consiste, ad un tempo, nel dichiarare equivalenti
tutti gli atteggiamenti e nel preferirne uno tra tutti: la tolleranza.42

Il paradosso di questa situazione consiste nel fatto che tali tentativi di


estensione universale di tradizioni filosofiche e forme di vita particolari,
apparivano come lantidoto contro altre forme di particolarismo; si potrebbe
dire che limposizione di un particolarismo filosofico, sicuramente meno
sospetta, arginava e, in un certo senso, metteva fuori legge, le pretese
particolaristiche di natura etnica.
Si pu abbandonare lanalisi delluniversalismo relativizzante poich,
nella sua innocenza e sterilit, si mantenuto, a parte laggiunta di qualche
contributo antropologico pi sofisticato dellopera di Montesquieu, uguale a

41

M. Barberis (1993b), p. 12, parla a questo proposito di nazionalismo camuffato da


universalismo; sulla stessa linea interpretativa G. Negrelli (1994), p. 28, sostiene che la Francia
ha individuato la propria identit nazionale non nella propria storia passata, ma nella nuova
idea universalistica; da ricordare che anche A. MacIntyre (1992), p. 56, distingue tra il
genuino patriottismo che, a mio avviso, corrisponde e forse si identifica con comunitarismo ed
etnicismo, e quellatteggiamento, spesso scambiato per patriottismo, esibito da coloro i quali
partecipano alle cause della loro nazione in quanto e solo in quanto come asseriscono la
loro nazione ad essere il campione di qualche grande ideale morale; T. Todorov (1991), p. 221,
sottolinea come, secondo i francesi, Il conflitto tra patriottismo e cosmopolitismo pu dunque
esistere solo per cittadini di paesi diversi dalla Francia, poich in quanto patrioti, debbono
fedelt al loro paese e, in quanto uomini, alla Francia, incarnazione dellumanit!.
42

T. Todorov (1991), pp. 51-52, ma anche pp. 450 ss.

Questioni aperte e
conclusioni

se stesso.
invece interessante approfondire levoluzione delluniversalismo
assolutizzante promosso dalla Francia. Prima di tutto bisogna chiedersi quale
motivo possa spingere a proclamare luniversalit della propria ragione e, per
estensione, della propria tradizione e forma di vita; ma, soprattutto, viene da
chiedersi che cosa solitamente lo impedisca; correlativamente ci si pu
domandare che cosa induca un popolo ad adottare la tradizione di un altro
popolo.
Ho gi esaminato la questione da un punto di vista puramente teorico
con riferimento alla struttura concettuale elaborata da MacIntyre; voglio
provare ora a rispondere a tali quesiti ripercorrendo la storia della Francia e
dellEuropa ottocentesche. 43
Bisogna spiegare cio linfluenza che ebbe la tradizione universalista
francese sul resto dellEuropa; la Francia costituiva un modello non perch
veniva riconosciuta la superiorit

della sua tradizione ma perch, pi

semplicemente, era palese la sua efficienza e superiorit tecnico-militare:


Napoleone avanzava con successo nel resto dellEuropa e questo era
sufficiente per legittimare ogni teoria filosofica e politica. I francesi
combattevano e vincevano invocando la liberazione dei popoli e proclamando
lesistenza dei loro universali diritti.
In senso parzialmente ironico si pu sostenere che gli stessi tedeschi
divennero nazionalisti grazie a Napoleone:

43
Sui motivi che possono indurre ad abbracciare una tradizione estranea alla propria,
cfr. supra, Parte II, Cap. 1.4.; per quanto riguarda una pi precisa analisi storica del punto in
questione cfr. M. Barberis (1993b), pp. 18 ss.

Questioni aperte e
conclusioni

[] bisognava fare come i francesi, salvo farlo contro di loro. Si doveva inventare una
nazione tedesca da opporre a quella francese; alle ragioni per cui combattevano i
francesi si dovevano opporre delle ragioni specificamente tedesche.44

I tedeschi elaborarono dunque un concetto etnico di nazione che presto


opposero a quello francese che, per quanto legato alla tradizione filosofica
post-illuminista, era rigorosamente neutro dal punto di vista etnico.
Come risulta evidente i due concetti di nazione, prima esaminati dal
punto di vista teorico, si trovano ora sugli stendardi di eserciti schierati. Fu
proprio la sconfitta dellesercito francese nella famosa battaglia di Sedan a
decretare il trionfo del nazionalismo etnico. A quel punto anche i francesi
impararono la lezione e il loro nazionalismo si spogli dellabito ormai
gualcito delluniversalismo; la sconfitta militare innest infatti quella
metamorfosi che dalluniversalismo port al nazionalismo di ispirazione
rousseauiana vale a dire incentrato sulleducazione.
A conferma del carattere essenzialmente storico dei concetti di nazione
si pu ancora ricordare che i francesi, nella persona di Renan, 45 al fine di
giustificare lesigenza di riconquistare e strappare ai tedeschi lAlsazia e la
Lorena, regioni che, da un punto di vista etnico, non potevano considerarsi
francesi,

tentarono

di

costruire

una

teoria

della

nazione

su

basi

esclusivamente volontaristiche. 46
Ritengo che la piccola parentesi storica abbia offerto sufficienti spunti
per

avanzare

qualche

ipotesi

sulla

natura

del

nazionalismo

44

Cfr. M. Barberis (1993b), pp. 18-19. Poich Napoleone era sempre vittorioso la ragione
universalmente valida doveva per forza essere quella dei francesi: chi avrebbe mai potuto
contestare una simile verit? Soltanto un popolo altrettanto vittorioso.
45

Su Renan e sulla sua concezione volontaristica della nazione, cfr. T. Todorov (1991),
pp. 261 ss.
46

Cfr. M. Barberis (1993b), pp. 25-26. Per unapprofondita analisi della genesi
dellopposizione tra una nazione alla francese, concepita come un insieme di individui uniti
da una volont generale, e una nazione alla tedesca, concepita come individuo collettivo che
domina i suoi componenti organici, cfr. L. Dumont (1983).

Questioni aperte e
conclusioni

delluniversalismo. In primo luogo la genesi delluniversalismo non stata


affatto universalista e pluralista; luniversalismo si sviluppato e diffuso in
quanto particolare dottrina politica di una nazione particolare, la Francia;
questa ipotesi non ha bisogno di essere vera: sufficiente non poter
dimostrare con certezza la sua falsit; io penso che la storia del secolo scorso
deponga a sfavore di uninterpretazione universalista delluniversalismo.
Luniversalismo cos come lo si vive nelle societ contemporanee e cos
come lo elaborano i filosofi contemporanei non politicamente invischiato
con cause particolaristiche; peraltro, nel momento in cui alza il suo dito
inquisitore contro espressioni

filosofico-politiche contemporanee orientate

alla tutela di tradizioni e forme di vita particolari, pare colposamente


dimenticare le sue origini.
Il legame tra cause universaliste e cause nazionaliste sembra dunque
essere pi stretto di quanto si possa e si voglia ammettere; quella
delluniversalismo come travestimento del nazionalismo sicuramente
unipotesi interessante.
Non bisogna per dimenticare che luniversalismo dei diritti ha avuto
grandissimi meriti, suggellati dalle numerose Dichiarazioni dei diritti. Questo
fatto nessuno, neanche, penso, il pi acritico nemico del liberalismo, potr mai
negarlo. Le condizioni di vita di donne, bambini, e di ogni categoria
socialmente pi debole, compresi gli animali, tendono a migliorare o, se non
altro, a godere di una formale tutela. Questo importante e di indiscutibile
valore morale; per valutarne limportanza basta considerare la situazione
drammatica in cui versano, per fare solo un esempio, le donne in alcuni paesi
islamici. Ricordare tutto questo banale ma penso sia utile poich nelle
diverse critiche che

i liberali hanno rivolto ai loro colleghi comunitaristi

spesso questi ultimi sono stati presentati come sostenitori di regimi illiberali e,

Questioni aperte e
conclusioni

usando una simpatica formula, nemici della libert.


2. Conclusioni
Al termine di questultima escursione si possono avanzare alcune
proposte interpretative; una relativa allinsufficienza dellindividualismo
liberale, ai rapporti tra comunit e libert e alla necessit di un universalismo
fondato su basi non individualistiche; unaltra orientata alla riabilitazione
filosofica del concetto di etnia e di comunit etnica, riabilitazione che
renderebbe pi interessanti e propositive, quindi non solo antiliberali, le
teorie comunitariste.
2.1. Comunitarismo e libert
Dopo avere esaminato le principali critiche e le pi interessanti proposte
che i comunitaristi hanno avanzato, ci si pu fermare un attimo e chiedersi,
tentando di rispondere a un interrogativo posto allinizio della mia ricerca,
quali critiche e quali proposte abbiano una valenza prevalentemente etica 47 e
quali invece si riducano alla sfera puramente normativa, morale o giuridica
che sia.
Si pu, tentando di avanzare qualche conclusione sulla coerenza teorica
e la efficacia politica della filosofia comunitarista, iniziare col distinguere tra
due grandi categorie di proposte e asserzioni.
Da un lato si trovano affermazioni che vogliono ridisegnare il perimetro
che separa gli elementi rilevanti da quelli irrilevanti nel ragionamento morale,
nella giustizia distributiva e, in generale, in ogni questione che ha incidenza
nella sfera morale di ogni individuo. Si pu riformulare quanto ho appena
detto dal punto di vista interno alla tradizione liberale; lindividuo di

47

Utilizzo laggettivo etico in contrapposizione a normativo basandomi sulla


definizione di etica e morale proposta precedentemente, cfr. supra, Parte I, Cap. 1.

Questioni aperte e
conclusioni

riferimento sar dunque luomo libero; allora i comunitaristi hanno avanzato


proposte filosofiche orientate alla ridefinizione degli elementi che possono
incidere, in positivo e in negativo, sulla libert degli individui. Lesempio
principe di questa categoria costituito dalla comunit: per i comunitaristi la
comunit ha un valore tale che lindividuo non pu definire la sua libert in
modo da essa indipendente; non solo: un uomo pu essere realmente libero
solo in un contesto comunitario.
Queste affermazioni comunitariste, facile comprenderlo, non hanno
nulla a che fare con laborto o la pornografia. Voglio sottolineare la siderale
lontananza tra affermazioni che mirano a stabilire che cosa ha diritto di
cittadinanza nel discorso morale e giuridico e affermazioni che promuovono
od ostacolano una determinata norma morale o giuridica.
I filosofi liberali probabilmente distinguerebbero le due categorie di
affermazioni definendo le prime appartenenti al dominio della metaetica e le
seconde alla sfera delletica normativa.
Charles Taylor, nel corso di unanalisi avente per oggetto il dibattito tra
liberali e comunitaristi ha efficacemente distinto tra questioni ontologiche,
riguardanti ci a cui si riconosce lo status di fattore da invocarsi per rendere
conto della vita sociale e questioni di advocacy.48 Il secondo tipo di
questioni coincide con le questioni normative: si tratta cio di giudicare la
giustizia di reali proposte politiche o morali; secondo Taylor, spesso
accaduto, nel dibattito tra liberali e comunitaristi, che una proposta
ontologica sia stata interpretata come normativa e abbia quindi suscitato
reazioni tanto esagerate quanto inappropriate. 49 Parallelamente, Sheyla

48

Cfr. C. Taylor (1992b), p. 137.

49
Cfr. C. Taylor (1992b), p. 139, dove si fa riferimento alla tesi principale di Michael
Sandel, cfr. supra Parte I, Cap. 2.1., di natura ontologica, alla quale hanno fatto seguito reazioni
liberali che, tuttavia, avevano la forma di reazioni ad un lavoro di advocacy.

Questioni aperte e
conclusioni

Benhabib ha individuato e distinto, nella critica comunitarista al liberalismo,


an epistemological and a political component.50
Il comunitarismo, per quanto riguarda la sua parte migliore, vale a dire
la sua proposta ontologica ed epistemologica, non costituisce una filosofia
politica minacciosa nei confronti della libert; il comunitarismo si oppone al
liberalismo, quindi ad una filosofia politica che, tra le altre, offre
uninterpretazione della libert. Volendo andare oltre: il comunitarismo critica
la concezione liberale in quanto questultima mette in serio pericolo la libert;
il pericolo costituito dal fatto che il liberalismo, troppo preoccupato e teso a
garantire la libert negativa, vale a dire la libert di non fare, la libert da
obblighi non contrattati, rischia di erodere il terreno sul quale esercitare la
libert intesa come libert positiva, libert di fare, di creare, di modificare la
societ o anche solo la propria famiglia. Il comunitarismo rinuncia alla difesa
ad ogni costo della libert negativa dellindividuo; la comunit intesa
come il luogo allinterno del quale, da un lato, si pu essere vincolati ad
obblighi non contrattati, dallaltro, si possono pi facilmente trovare sia le
risorse che gli stimoli per impiegare la propria libert. Questo significa che,
come primo passo per una matura comprensione della filosofia comunitarista,
si deve rinunciare alla drammatica opposizione tra comunit e libert; si pu
immaginare la contrapposizione tra liberalismo e comunitarismo in questi
termini; per i liberali la coppia su cui edificare costituita dallindividuo e
dalla sua libert negativa; per i comunitaristi lelemento da cui partire la
comunit che pur sempre, bisogna ricordarlo, una comunit di individui

50
S. Benhabib (1989), pp. 375 ss. che, tra laltro, sottolinea come Communitarianism
and contemporary critical social theory share some fundamental epistemological principles and
political views. The rejection of ahistorical and atomistic conceptions of self and society is
common to both, as is the critique of the loss of public spiritedness and partecipatory politics in
contemporary societies. La grande differenza tra comunitarismo e teoria critica che rende
questultima molto pi familiare ai liberali data dal fatto che la teoria critica abbraccia una
prospettiva morale rigorosamente deontologica, formalista e procedurale.

Questioni aperte e
conclusioni

la cui fioritura costituisce garanzia per la realizzazione positiva della libert


degli individui; la peculiarit di questo punto di vista che non concentra
esclusivamente lattenzione n su divine ed esigenti comunit n su individui
assetati di autorealizzazione: ci che importa la relazione circolare tra
fioritura della comunit e realizzazione degli individui; nella misura in cui gli
individui, con le loro azioni, faranno fiorire la loro comunit si
moltiplicheranno per essi le possibilit di impiegare in modo soddisfacente la
loro libert. Si pu introdurre ora il concetto di capacit.51 Ebbene, secondo i
comunitaristi, i liberali si disinteressano, una volta assicurate determinate
libert, di creare le condizioni idonee affinch gli individui divengano capaci
di fare ci che possono fare. A difesa di questo atteggiamento liberale si pu
chiamare a testimoniare niente meno che la storia: la libert si infatti
storicamente definita in contrapposizione alla non-libert costituita dai divieti
legali e alla non-libert costituita dalla soggezione a un dominatore straniero.
Tuttavia, anche se la storia giustifica la predilezione liberale per la garanzia
negativa delle libert, rimane il fatto che, nelle societ occidentali
contemporanee, quelle che hanno partorito i filosofi comunitaristi, sembra
non esistere alcuna pressante esigenza di liberazione dal dominatore straniero
n sembrano esistere troppe attivit, non palesemente illecite, colpite da
divieti. Ebbene, la mia idea che il comunitarismo, anche se ha probabilmente
esagerato alcune critiche e forse addirittura demonizzato alcune grandi
conquiste liberali, ha avuto il merito di illustrare alcune gravi, anche se solo
eventuali, conseguenze cui il liberalismo, se non reinterpretato in chiave
comunitaria, potrebbe andare incontro. Linvito, inteso in termini di libert,
quindi in termini liberali, potrebbe ridursi alla semplice revisione dei rapporti

51

Cfr., per unapprofondita analisi dei diversi concetti di libert e dei rapporti tra
libert, capacit e potere, F. Oppenheim (1985), Capp. IV e V.

Questioni aperte e
conclusioni

tra libert negativa e libert positiva. Significativo il fatto che alcuni filosofi
52

liberali,53 pur respingendo formalmente il comunitarismo, forse pi per il suo


modo di presentarsi che per la sua identit, hanno accolto alcune istanze
comunitarie.
Ci

che peraltro sembra impedire ogni profonda e fruttuosa

comunicazione tra filosofi liberali e filosofi comunitaristi proprio


quellopzione ontologica che vota i liberali allindividualismo e i comunitaristi
allolismo. 54
A prescindere dalle diverse manifestazioni della filosofia politica liberale
si pu affermare infatti come caratteristica comune delle teorie liberali il loro
definirsi individualiste. Il punto centrale da cui partire e cui arrivare
lindividuo. La mia idea che la sfida pi grande lanciata al liberalismo
consiste in un doppio attacco; un attacco quello comunitarista che ritiene la
dimensione fondamentale del pensiero politico e morale la comunit;
proveniente da tuttaltra prospettiva si pu individuare un secondo attacco,
quello delle nuove tendenze ecologiste, le nuove filosofie ispirate al valore
della vita tout court: da questo punto di vista, semplificando in modo
grossolano, centrale e normativo il concetto di essere vivente; tutelare
lindividuo e la societ a danno della vita meramente vegetale e animale o a
danno della biosfera, tanto pericoloso quanto immorale.
Secondo me si pu individuare un punto di contatto tra questi due
attacchi che vada oltre il loro comune bersaglio. Il loro elemento comune il

52
Cfr. F. Oppenheim (1985), pp. 123-126, e B. Accarino (1992), p. 7: il conflitto tra
comunitarismo e liberalismo potrebbe essere letto come opposizione tra una libert
aristotelicamente satura di bene e di virt e una libert moderna spoglia e sobria.
53

Esemplare il percorso filosofico di Ronald Dworkin; cfr. in particolare R. Dworkin


(1992) che appunto dedicato alla comunit liberale.
54

Cfr., per unanalisi della contrapposizione tra olismo e


Comanducci (1991), pp. 37-41.

individualismo, P.

Questioni aperte e
conclusioni

fondamento naturale, biologico, non-culturale. Da un punto di vista


minimalista deve essere tutelato ogni essere vivente, in quanto organizzazione
autopoietica, per usare la terminologia gi utilizzata,55 ogni unit di primo
ordine. Se si segue levoluzione degli esseri viventi si giunge al momento in
cui si formano quelle che vengono chiamate unit di terzo ordine, in altre
parole, comunit sociali fondate sul linguaggio. Ebbene lindividuo, vale a
dire lessere umano, una categoria biologicamente inutile; se si vuole
adottare un atteggiamento analitico si pu ridurre lindividuo alle sue
componenti organiche, in particolare nervose; se si vuole adottare un
atteggiamento romanticamente olistico, si pu liquefare lindividuo nel brodo
comunitario.
Ci che deve essere sottolineato che non esiste alcun mutamento
qualitativo tra il funzionamento di un semplice organismo e il funzionamento
di complesse comunit. Non si pu delimitare una sfera in cui lindividuo
riveste il ruolo di fondamento e destinatario delle norme morali e giuridiche,
senza correre il rischio di mettere a repentaglio lesistenza, solo morale o
anche biologica, dellindividuo stesso.
Un nuovo tipo di universalismo potrebbe soppiantare quello,
etnocentrico, che ha dominato la vita politico-filosofica negli ultimi due secoli;
un universalismo che si fonderebbe, non sul fatto che tutti siamo esseri umani
con dei diritti, ma sul fatto che tutti siamo esseri viventi, legati gli uni agli altri
in modo spesso impercettibile ma ineludibile.
2.2. Verso un rinnovamento del vocabolario liberale
Voglio per lultima volta sottolineare che, anche se ormai la comunit
al centro di molti dibattiti, sia da parte comunitarista che da parte liberale non
c stata tuttavia una esauriente, almeno per me, definizione di comunit;
55

Cfr. supra, Parte III, Cap. 2.

Questioni aperte e
conclusioni

alcuni filosofi, sia liberali che comunitaristi propendono per una definizione
56

di comunit tale da ridurre questultima alla comunit politica e, in ultima


analisi, allo Stato-nazione. Ebbene, la mia personale opinione che ogni
comunitarismo fondato sulla comunit politica destinato a incontrare serie
difficolt; ritengo che questa affermazione sia in parte sostenuta dallanalisi
sopra effettuata dei concetti di etnia e nazione; la comunit politica, vale a dire
la comunit nazionale, per la sua genesi, non pu vantare quelle
caratteristiche che sono necessarie affinch si possa intraprendere una politica
comunitarista. Le moderne nazioni sono legate in modo talmente intimo alla
filosofia liberale che ogni ipotesi di stampo comunitario impensabile.
Tuttavia, sempre pi evidente che la dimensione nazionale risulta
inadeguata alle esigenze della societ contemporanea: da un lato si tende a
trascendere continuamente gli angusti limiti nazionali, come si usa dire si
abbattono le frontiere, dallaltro sono sempre pi vive le rivendicazioni di
minoranze etniche incorporate al tempo della formazione dei moderni statinazione. Si potrebbe sostenere che la dimensione dello stato nazionale risulta
essere sia da un punto di vista economico che da un punto di vista morale
inadeguata; dal punto di vista economico-sociale troppo piccola per essere
autosufficiente e troppo grande per essere attenta alle specifiche potenzialit
di ogni singola realt comunitaria; 57 da un punto di vista morale
linadeguatezza dipende dal fatto che, per un aspetto, la dimensione naturale
delle enunciazioni di principi morali e giuridici ormai quella delle
Dichiarazioni che fanno seguito a Conferenze internazionali, per un altro
aspetto la dimensione nazionale troppo distante dai patrimoni morali delle

56

Solo per fare due esempi: Dworkin da parte liberale e Walzer da parte comunitarista.

57
Per fare solo un esempio della inadeguatezza della dimensione nazionale, si pensi
allipotesi, tuttaltro che di difficile verificazione, in cui una Direttiva della C.E.E. viene recepita
da una Legge Regionale in mancanza di una Legge Nazionale.

Questioni aperte e
conclusioni

singole comunit regionali per capirne il valore e quindi indirizzarle verso un


qualche fine nazionale. 58
A puro titolo informativo, anche se non privo di interesse, si deve
ricordare che la convinzione dellinadeguatezza e della superabilit della
dimensione statuale gi presente tra alcuni positivisti francesi, in particolare
in Comte il quale, teorizzando lo Stato universale, ritiene che, per quanto
riguarda le suddivisioni interne, la dimensione ideale sia quella di una
regione poich nulla deve frapporsi tra la regione e luniverso.59
Ebbene, come gi emerso nel corso dellanalisi dei concetti di etnia e
nazione, ritengo che il concetto di comunit richiesto da una filosofia
comunitarista sia molto vicino al concetto di comunit etnica. Di conseguenza
il comunitarismo allude a forme di etnicismo che, per quanto siano forme
moderne, illuminate e progressiste, rimangono sempre fondate sulletnia.
dobbligo una precisazione: io non sostengo affatto che i comunitaristi
avessero in mente letnia e i movimenti etnicisti

quando arrivarono a

formulare le loro teorie; quello che credo che, per non svuotare di significato
ogni discorso comunitario, bisogna riferirlo a una comunit che abbia
caratteristiche corrispondenti a quelle descritte dai comunitaristi; tale
comunit, se esiste e penso sia il caso di sottolineare il se la comunit
etnica; 60 le obiezioni di fronte a questa interpretazione penso si sprechino ma,

58

Queste ultime considerazioni penso non siano molto distanti da quelle rintracciabili
in numerosi dibattiti che vertono sulla praticabilit di ipotesi variamente federaliste e mettono a
nudo le inefficienze della soluzione nazional-statalista; non c, spero, bisogno di ricordare che,
in questa sede, la questione federalista del tutto irrilevante: tuttavia il dibattito sul
federalismo ha avuto, a mio avviso, il merito di richiamare allattenzione degli intellettuali i
concetti di nazione ed etnia; un esempio indicativo fornito dal titolo di un Seminario: Stato o
federalismo? Nazione o etnia? tenutosi a Cesena dal 15 al 16 ottobre 1993.
59

60

Cfr. T. Todorov (1991), pp. 36-37.

Cfr. E. Garzn Valds (1994), pp. 58-59, che sottolinea la tendenza, nei dibattiti sul
multiculturalismo, soprattutto da parte comunitarista, a fermarsi a mezza strada pur di non
giungere alle conclusioni che si inferirebbero dalle premesse su cui le rispettive posizioni
affermano di basarsi.

Questioni aperte e
conclusioni

ne sono sicuro, si fondano prevalentemente su una cattiva interpretazione del


concetto di etnia. Una di tali obiezioni, quella fondamentale, far sicuramente
riferimento ai pericoli insiti in ogni richiamo ad elementi di natura etnica; la
paura di stimolare movimenti etnicisti incomparabile: la parola etnicismo
facilmente diventa sinonimo di guerra etnica, di genocidio etnico, di pulizia
etnica.
Per rispondere alle obiezioni di questo tipo si pu intraprendere un
percorso gi perlustrato; si pu in primo luogo ricordare, seguendo
linterpretazione di Anthony Smith, che le nazioni moderne, apparentemente
disetnicizzate,61 devono almeno in parte la loro origine alla vitalit di alcune
comunit etniche; inoltre loperazione, intrapresa dai nascenti stati-nazione, di
omogeneizzazione culturale, tesa alla cancellazione delle differenze etniche e
alluniformazione verso modelli civici universali, se ha avuto discreto
successo sulle masse urbanizzate, storicamente assoggettate a detta impresa,
poca fortuna ha raccolto tra la popolazione delle vaste aree extra-urbane e
rurali nonch, in tempi recenti, tra le sempre pi numerose rappresentanze di
immigrati appartenenti ad etnie non contemplate dai processi di educazione
di massa elaborati in condizioni storico-sociali del tutto differenti.62
Questa genesi etnica vuole significare che, anche se di etnia e di
comunit etnica non si vuole parlare, non si riesce comunque ad evitare che

61

interessante la tesi di O. Roy (1993) che sostiene lesistenza, almeno in Francia, di un


nuovo processo di etnicizzazione dei conflitti sociali: la sua tesi che letnicit primaria [] si
distrugge con lacculturazione, ma anche che il risultato lungi dallessere sistematicamente
lintegrazione di tutti: noi vediamo oggi lemersione di una seconda identit, sotto-cultura della
cultura occidentale urbana dominante, che riguarda solo le minoranze degli esclusi e che si
esprime in termini etnici []: questa sotto-cultura potrebbe dunque eventualmente integrare
giovani di origine diversa, senza peraltro cessare di funzionare come una categoria etnica (pp.
41-42).
62

Ancora pi grave sembra essere stata la disattenzione liberale nei confronti delle excolonie; secondo I. Berlin (1994), p. 362, Il lato brutale e distruttivo del nazionalismo moderno
[] una risposta su scala mondiale a un profondo e naturale bisogno degli schiavi test liberati
(i decolonizzati). Si tratta di un fenomeno che la societ eurocentrica dellOttocento non
aveva previsto. Come pot essere ignorata la possibilit di questo sviluppo?.

Questioni aperte e
conclusioni

letnia sia alla base di una serie di relazioni spesso osservabili solo nel
momento in cui assurgono al livello di conflitti, sia di natura linguisticofilosofica che di natura socio-economica.
Riassumendo: le radici etniche delle moderne nazioni e i conflitti etnici,
pi o meno aspri, che abitano le societ contemporanee possono certamente
essere

ignorati

rispettivamente,

dal

pensiero

filosofico-morale

ad

interpretazioni

storiografiche

e
e

quindi

ridotti,

alla

cronaca

internazionale ma dubbio che sia legittimo, ma soprattutto opportuno,


farlo.
A mio avviso, data una situazione di conflitto etnico, almeno due vie
sono percorribili da colui che ad essa si accosta con un genuino spirito
liberale: si pu negare la valenza etnica dei conflitti e interpretarli in chiave e
in termini economico-sociali; 63 oppure si pu cercare di rinnovare il
vocabolario filosofico-politico del liberalismo nel tentativo di riuscire a
definire la grammatica dei conflitti etnici.
Chi intraprende la prima via difficilmente riuscir a spiegare in modo
soddisfacente fenomeni atroci quali quelli di pulizia etnica: sar cio molto
arduo descrivere tali situazioni senza ricorrere a un qualche concetto di etnia.
Strettamente legato a questatteggiamento di negazione dellimportanza
esplicativa del concetto di etnia, giace un grave pregiudizio che offre, come ho
gi anticipato, la base per quel ragionamento, di validit dubbia, che, dal
fatto che esistono guerre e, pi in generale, conflitti, dipendenti in larga

63

Compie un lucida analisi della tendenza a rifiutare spiegazioni in termini etnici di


determinati fenomeni sociali, O. Roy (1993); cfr., con particolare riferimento alla pratica, nella
fattispecie francese, di interdire luso di certe parole, p. 43: Cette pratique de linterdit ne
traduit pas une volont de lutter contre le racisme, puisque Le Pen reprend chaque fois avec
aisance la terminologie politiquement correcte (comme diraient les puritains universitaires
doutre-Atlantique): elle exprime au contraire lapproche moralisante, pdagogique et
psychologique (Ne dites pas, mais dites, Le racisme, cest mal) des problmes du
racisme, qui avec lapproche ideologique (Le racisme mne au fascisme), a domin et sterilis
la reflexion des annes 1980, niant les mots pour nier les problmes.

Questioni aperte e
conclusioni

misura da valutazioni di natura etnica, evince che un certo tipo di fenomeni ai


limiti dellumanit e in violazione dei pi fondamentali diritti umani, quali
guerre e genocidi, siano inseparabili e, forse, naturali conseguenze, di quelli
che ho definito movimenti etnicisti.
Questo tipo di ragionamento eccessivamente semplificato; tuttavia, a
mio avviso, esemplifica con sufficiente fedelt un certo senso comune
liberale che fonda molte argomentazioni formalmente ineccepibili.
Il fine cui tendo, fine ambizioso che non aspiro peraltro a raggiungere
ma solo a delineare con precisione, quello di capovolgere un tale
ragionamento.
Il punto di partenza coincide con la scelta di intraprendere la seconda
via sopra prospettata, vale a dire quella di mettere in discussione lo
strumentario analitico-liberale disponibile per lanalisi dei fenomeni in varia
misura etnici.
Penso sia indiscutibile il valore positivo della discussione pubblica,
dellargomentazione politica; il liberalismo ha sicuramente dato voce come
mai prima alle opinioni di ogni individuo. Le societ liberali hanno accolto
individui appartenenti alle etnie pi disparate assicurando loro pari dignit
sociale. Tutto questo ha avuto un prezzo; prezzo pagato in parte dagli
individui stessi ma soprattutto pagato dal liberalismo stesso, sotto forma della
sterilit mostrata di fronte ad alcune situazioni, quali quelle di conflitti etnici.
Per riprendere quanto detto sopra sulla distinzione tra questioni
ontologiche e questioni di advocacy, penso si possa affermare che il
liberalismo, dato il suo fondamento storicamente solido, costituito per grande
parte dalle rivoluzioni liberali, si sia preoccupato poco di criticare i suoi
fondamenti epistemologici. I comunitaristi, che in ultima analisi rimangono
politicamente liberali, hanno scoperto le crepe nelle fondamenta del

Questioni aperte e
conclusioni

liberalismo e, a mio avviso, hanno tentato di ristrutturare su pi ampie basi


ledificio liberale. Da un punto di vista ontologico infatti lelemento comune ai
comunitaristi stato il tentativo di includere tra gli argomenti moralmente e
politicamente rilevanti il valore della comunit. Questo non significa avere
proposto politiche collettiviste e antiliberali. Parallelamente, a mio avviso,
riconoscere autonomia filosofica e valore morale alle comunit etniche,
invitandole al tavolo dei dibattiti liberali, non significa voler adottare politiche
razziste o separatiste o in qualsiasi senso minacciose nei confronti delle
istituzioni liberali e degli individui extra-comunitari; significa soltanto non
nascondersi sotto una sabbia diventata ormai melma che impedisce di
ricondurre ad un discorso razionale alcuni fenomeni che, anche se si volesse
farne a meno, si costretti ad accettare.
Innalzare letnia e le comunit etniche al rango di fattori moralmente e
politicamente rilevanti comporterebbe anche la sottrazione delle stesse a
dinamiche irrazionali e nazionalistiche.64
Il capovolgimento del ragionamento tipicamente liberale consisterebbe
dunque nel sostenere che dare voce alle etnie pu diventare pericoloso solo se
coloro che regolano le vie daccesso ai canali della comunicazione, vale a dire i
liberali, le universit liberali e gli stati liberali, impediscono alle istanze
comunitarie, altrimenti dette rivendicazioni etniche, di partecipare al gioco
linguistico della discussione morale razionale e deliberativa nonch, nel caso
di etnie minoritarie incorporate in uno Stato-nazione, alla pratica della
distribuzione delle risorse nazionali, costringendo quindi le etnie a rivolgersi
ad altre forme di comunicazione quali quelle storicamente utilizzate dai
movimenti di estremo nazionalismo e fascismo.
64

Sembra essere della mia opinione T. Todorov (1991), pp. 464 ss., secondo il quale
bisogna tentare di ammansire, invece di rifiutare e negare, le inevitabili spinte olistiche
affinch si impedisca il loro riemergere dietro la maschera grottesca ma minacciosa del
razzismo o del totalitarismo.

Questioni aperte e
conclusioni

Un genuino etnicismo non solo compatibile con il liberalismo ma, data


la genesi etnica della maggior parte dei moderni stati liberali, forse
necessario alla rivitalizzazione del liberalismo e alla sopravvivenza degli stati
liberali.

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