la Melagrana e la Schedina (parabola contemporanea)
Entrai nel Bar in un tiepido pomeriggio. Nessuno al banco, nessuno ai tavoli,
nessuno a servire. Lo sguardo cadde sul vassoio di frutta variopinta da gioielli dautunno, ed in particolare, i miei occhi scelsero due false mele dal colore granata che le aveva nominate. Frattanto, si accinse a servirmi il banconista, un omone capace di carpire immediatamente le mie voglie: che dice ne puliamo un paio?, esclam nei miei confronti. A condizione di farlo da solo, risposi da innamorato di quella mansione, perch la soddisfazione di assaporare un risultato dipende sempre dalla dedizione con cui ci impegniamo a raggiungerlo. Volli sedere al tavolino pi nascosto, armato di coltello da cucina, tovaglioli, piattino per le bucce e coppa da latte. E lentamente, cominciai loperazione. Dopo un po entr nel locale un conoscente che smercia scarpe nel negozio della zona, un uomo brillante e giovanile. Con espressione squillante declam parole tipiche dialettali rivolte a me: iata tei ca tieni tuttu stu tiempu da perdiri..., poi sedette anchegli, al tavolino accanto, cominciando a leggere attentamente uno strano scontrino non fiscale, mettendosi a studiare come per imparare una stupida poesia a memoria. Mi aveva bonariamente beatificato per il tempo dedicato allardua impresa di pulitura. Non so se criticandomi o invidiandomi per la paziente azione di sgranatura che stavo svolgendo. Durante la mia mezzora di dedizione il mio amico rest assorto nei compiti che si era assegnato, declamandoli a sprazzi in favore del barista, ci erumu vintu erumu pigghiatu belli sordi..., il quale, evidentemente interessato alla puntata comune, replicava che se fosse stato per lui avrebbe giocato diversamente. Alla fine della mia fatica porsi la coppa, in segno dofferta, ad entrambi i soci scommettitori, interrompendo bruscamente gli sterili monologhi reciproci. Non accettarono nemmeno un cucchiaino dacini di melagrana, snobbandolo dicendo noni ca ti cappa ntra li tienti, trascurando cos una prelibatezza per il palato in favore di una banale scommessa persa in partenza.