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PLOTINO E FICINO: L'AUTORELAZIONE DEL PENSIERO

Author(s): Werner Beierwaltes


Source: Rivista di Filosofia Neo-Scolastica, Vol. 84, No. 2/3 (aprile-settembre 1992), pp. 293-
324
Published by: Vita e Pensiero Pubblicazioni dellUniversit Cattolica del Sacro Cuore
Stable URL: http://www.jstor.org/stable/43062942
Accessed: 17-03-2017 17:59 UTC

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Werner Beierwaltes *

PLOTINO E FICINO:
L'AUTORELAZIONE DEL PENSIERO **

I - Plotino il pensatore pi profondo e vigoroso che ci sia dat


contrare nel panorama della filosofia tardoantica, colui che em
fascino pi diretto e duraturo. Egli pu valere come paradigm
pensiero metafisico che non solo sviluppa, a partire da un unico
pio, tutta quanta la realt nelle sue differenziazioni ma, in egual
ra, presenta la filosofia come forma di vita che plasma l'uomo e
va'. Aspetti essenziali della filosofia platonica, aristotelica e sto
surgono, nel suo pensiero, a momenti di un nuovo movimento de
siero filosofico.
In Marsilio Ficino, capo e anima dell'Accademia Platonica fondata a
Firenze da Cosimo de' Medici, egli ha trovato un traduttore e un inter-
prete a s congeniale che, grazie alla perfetta dimestichezza con la lin-
gua greca e alla straordinaria capacit interpretativa, si trovava nella
condizione ideale per rendere comprensibile la complessa e impegnati-
va trama speculativa di Plotino, introducendola cos in modo ricco di
conseguenze nella discussione filosofica e teologica. Egli form e svi-
lupp il proprio pensiero rivisitando efficacemente la filosofia di Plato-
ne, di Plotino, di Agostino e di Dionigi Areopagita. Pertanto, stato
principalmente attraverso di lui - lasciando, per il momento, da parte
Nicol Cusano - che la filosofia del Rinascimento divenne una rinasci-
ta del Platonismo.
Se consideriamo attentamente il filosofare plotiniano di per s, ma
anche l'influsso storicamente mediato e immediato che esso ha eserci-
tato sulla storia della filosofia, potremo fondatamente affermare che

* Universit di Monaco di Baviera. questa una relazione tenuta dal prof. Beierwal-
tes nell'ambito del Convegno Plotino latino, svoltosi a Napoli presso l'Istituto Suor Orso-
la Benincasa, il 19-20-21 ottobre 1992, che si pubblica per gentile concessione.
** Traduzione di Nicoletta Scotti.

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294 W. Beierwaltes

esso - anche in conformit al


l'Uno in senso enfatico1. Propr
sultano subordinate tutte le qu
ce del mondo e della forma d
pensate, formate, correlate a pa
soluto.
In tutte le forme della molteplicit e della differenza avvertibile e
riconoscibile un moto indirizzato verso un Uno, a partire dal quale cia-
scuna molteplicit si organizza nella forma di unit a lei propria. Que-
sto Uno, attivo di volta in volta in dimensioni e in livelli ontologicamen-
te differenti della coscienza del pensiero, non rimane sempre lo stesso
in ciascuno di essi, ma si manifesta piuttosto come una forma o una ci-
fra diversa dell'essere, del pensiero o della coscienza, che tuttavia pro-
viene sempre da un medesimo e in esso si fonda: l'assoluto UNO-IN-S.
Nella storia degli influssi di questo pensiero diramatasi a partire dal
tardo Neoplatonismo (ad esempio di Proclo o di Damascio), questa dif-
ferenziazione in s dinamicamente graduata dell'Uno stesso non si an-
chilosata in un 'sistema' in s fisso. Al contrario, essa divenuta una ri-
serva concettuale e un impulso a istituire intense relazioni o addirittu-
ra identit fra i singoli ambiti di essere e di attivit dell'Uno, che hanno
portato ad una nuova concezione dell'identit assoluta. Questa consiste
essenzialmente in un 'autorelazione pensante . Nella riflessione cristiana
riguardo al Primo assoluto - da Origene fino a Hegel passando per
Agostino - essa stata pensata come Dio, naturalmente entro i limiti
in cui Egli risulti 'pensabile' concettualmente. In misura non inferiore,
il pensiero dell' Uno stesso - entro i limiti in cui sia dato pensarlo -
rimasto determinante, nella sua formulazione plotiniana, porfiriana e
procliana, per quanto riguarda l'autorelazione della coscienza umana,
cio il rivolgersi in se stesso del pensiero finito e temporale al fine di
assicurarsi del proprio fondamento atemporale e infinito.
Ogni filosofia che osi essere metafisica dirige il proprio sforzo con-
cettuale, oggi come in passato, alla comprensione di un'uni-totalit in
s differenziata, intesa come definizione della realt nel suo complesso
a partire da un unico Principio, e riflette nondimeno sulla possibilit e
sul modo in cui il pensiero, nell'analisi dei suoi molteplici oggetti e del-
la propria forma di conoscere e di sapere, viene al tempo stesso a costi-
tuire la propria peculiare unit , e a ricondurla al fondamento di unit
che le spetta, consapevole di essere in esso fondato in tutti i propri atti.

1 Per la fondazione e lo sviluppo di questa espressione cfr. il mio libro Denken des
Einen. Studien zur neuplatonischen Philosophie und ihrer Wirkungsgeschichte, Frankfurt
1985; trad. it. Pensare l'Uno, di M. L. Gatti, Introd. di G. Reale, Milano 1991 (cit. Denken
des Einen).

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Plotino e Ficino 295

A questa condizione pu valere l


altro che lo studio delle determinazioni dell'unit2.
Pongo le mie riflessioni su Plotino e Ficino nell'ambito aperto dalla
questione relativa all"autorelazione del pensiero'. Intendo soprattutto
rendere chiaro quale sia l'aspetto del pensiero plotiniano da cui Fici
partito per sviluppare proprio quest'idea dell'autorelazione del pe
siero, sia rispetto al pensiero divino e assoluto, sia a quello umano e f
nito, rendendolo, in tal modo, un momento costitutivo del proprio con
cetto di Spirito (mens). Questo collegamento sia storico che teoreti
non pu certo essere attuato senza prima volgere uno sguardo sia p
veloce ad Agostino: nonostante il suo rapporto con la filosofia neoplat
nica, contrariamente a quello di Ficino, sia stato, almeno a parole, in-
terrotto nel corso della sua vita, egli costituisce senza dubbio il par
digma pi efficace dell'unit o della reciproca correlazione dei due
aspetti dell'autorelazione.

II - La concezione plotiniana autentica esclude dal Primo o dall'Uno


assoluto qualsiasi forma di relazionalit interna, quindi anche il riferi
si a se stesso. Il riferimento a se stesso nell'Uno o un'autorelazione del-
l'Uno intesa come suo fondamento peculiare e immanente, presuppor-
rebbe in esso una differenza reale di almeno due poli, cio una dualit
indeterminata - o anche determinata - nell' unit! Anche una differen-
za cooriginaria all'Uno come Primo - fosse pure pensata come l'altro
da se stesso, cio l'altro dall'Uno o come il suo altro - sarebbe pur
sempre un Altro, col che l'unit pura sarebbe gi passata a una prim
forma di molteplicit in se medesima. Questo andrebbe contro l'inten-
zione fondamentale di Plotino, che consiste nel preferire innanzitutto
l'unit pura, cio l'esclusione radicale dei molti in s autonomi (oc-7ioX
Xov) che formano la molteplicit pura, ma anche nel considerare come
maggiormente preziose e degne di essere perseguite tutte quelle forme
di unit che hanno ricondotto il molteplice in esse contenuto nell'esse-
re pi alto possibile di unit o di identit. Se 'essere' significa esser
qualcosa, e se 'ente' si pu comprendere con l'espressione generale

2 Vorlesungen ber die Philosophie der Religion, in Werke (Jubilumsausgabe, Stutt-


gart 1953 3), XV, p. 113. In modo simile gi Agostino, De ordine, II, 18, 47: in ea (seil, phi
losophiae disciplina) nihil plus inveniet, quam quid sit unum. Cfr. anche J.G. Fichte, Di
Wissenschaftslehre (1804), Gesamtausgabe der Bayerischen Akademie der Wissenschaf-
ten, R. Lauth - H. Gliwitzky hrsg., Nachgelassene Schriften (1804), Band 8, Stuttgart-Ba
Canstatt 1985, pp. 8, 10 ss.: das Wesen der Philosophie bestehe darin, Alles Mannigfalti
ge [ohne Ausnahme] ... zurckzufhren auf absolute Einheit ... ove zurckzufhren ca
ratterizza la capacit di penetrazione propria del filosofo, da er das Mannigfaltige
durch das Eine, und das Eine durch das Mannigfaltige wechselseitig begreife.

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'qualcosa qualcosa' (vale a dir


spetto a un altro) allora la dif
che nell'espressione. Pertanto
come qualcosa n come ente n
dal qualcosa' (rap tou ti) ed al d
il 'nulla di tutto', per sua 'na
(tcocvtov Tepov), e pertanto
nega di volta in volta un qual
spetto a ogni qualcosa (esclusio
riferimento dell'intenzione) e
non permettono assolutamente a una tale relazionalit - che spette-
rebbe 'innanzitutto' a lui stesso - o anche a un rapporto con qualcosa
che sia in lui (ad esempio le 'Idee') di avere effettivamente luogo. Una
tale assenza di relazionalit esclude quindi necessariamente dall'Uno
anche la forma pi intensa di riferimento attivo: il pensiero in quanto
intenzionalit indirizzata su un oggetto, su qualcosa e/o su se stesso, ri-
flessione, coscienza, in quanto sapere, conoscenza di se medesimo.
Sembra contraddire in misura notevole questo pensiero di Plotino
quanto egli stesso afferma nel trattato VI, 8 delle Enneadi sull'Uno-Be-
ne. Qui, infatti, le dichiarazioni affermative - che egli comunque, in
quanto prevede di venir frainteso, attua con riserva - denotano in
gran parte un'autorelazione del Principio, ad esempio nella forma: esso
o egli 'crea se medesimo', 'ama o vuole se medesimo', 'signore di se
stesso'; una 'realt' in se stessa riferita 'a se stessa' e quindi 'del tutto
verso se stessa', un"inclinazione' o uno 'sguardo' a se stesso, che per
non fa del se stesso veduto un 'oggetto'. Il senso di tutto ci consiste
forse nel non far sembrare l'Uno una realt assolutamente vuota e
astratta. Il fatto che l'Uno in se stesso non pensa, va inteso come un
tenziamento' di ci che, 'prima di lui', il pensiero del Nus realizza
to a movimento di unificazione e atto di identificazione di pensier
pensato. L'autorelazione dell'Uno-Bene, potenziata, rispetto al Nus,
a un'in-differenza dei 'relata' considerati, vuole rendere evidente p
prio la sua potenza totalizzante, il suo essere-dynamis-panton, la s
vrabbondanza, con cui esso fa procedere da s tutto il resto, dan
dunque effettivamente ci che esso stesso non ha (cio il qualco
realizzato e determinato mediante la differenza). Inoltre, mediante
ste espressioni sulle relazioni nell'Uno - tenute in sospeso mediante
un 'oion', pronunciate e nuovamente soppresse - si pu diventare co-
scienti del fatto che l'auto-riferimento immediato determina l'autosuffi-
cienza dell'Uno, la sua indipendenza dal diverso, la sua definitezza me-
diante se stesso, il suo essere-signore-di-se-stesso e, pertanto, fonda-
mento della sua assoluta libert. A fronte del tentativo Plotiniano di

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Plotino e Ficino 297

pensare l'Uno - identico al Bene - in quanto in-differenza e pienezza


allo stesso tempo, mi sembra inadeguato rendere la sua riserva, il suo
'oion' insomma, cos forte come se egli non avesse usato per niente le
espressioni sopra menzionate. Facendo ci, verrebbero rimossi il senso
e la potenza esplicativa delle affermazioni che sono state superate nella
negativit.
Tutte quelle espressioni affermative che denotano una relazionalit
e una differenziazione interne attribuite da Plotino all'Uno-Bene con ri-
serva, cos da evitare di fraintendere il Principio come astrattamente
vuoto, competono in senso proprio , in quanto strutture ontologicamen
te distinguibili, alla 'prima fase' del dispiegamento dell'Uno, cio al
Spirito (Nus). Questo autodispiegarsi dell'Uno nell'Essere in quanto Spi-
rito deve essere pensato in senso atemporale ma, nella prospettiva del
la realt temporale, cui anche il nostro linguaggio appartiene, non
pu cogliere altrimenti che come sequenza o 'fasi', che 'terminano'
un risultato. Cos ora, in questa dimensione del pensiero, la riserva ap
plicata per l'Uno vale in senso differente: il linguaggio temporalment
costituito intorno all'essere-pensante in se stesso atemporale e i signif
cati temporali ad esso connessi del parlato o rappresentato devono im-
mediatamente essere colti come dinamismo non-temporale e cos man
tenuti coscienti: la prima realt che procede dall'Uno, non viene da es-
so posta come un 'altro' in se stesso 'terminato' e 'concluso' una volta
per tutte, irrigidito, ma riferisce immediatamente all'Uno proprio que-
sta (sua) diversit rispetto ad esso. La sostanza che per prima procede,
e che dapprima indeterminata, non si dissolve in qualcosa di informe
ma, mediante la potenza del Principio, dell'Uno stesso che agisce in lei,
si rivolge ad esso con un atto proprio, reso possibile proprio mediante
questo Uno. In questo convertirsi verso l'Uno che Principio della pro-
cessione, il procedente 'delimita' se medesimo nella propria essenza;
questa conversione non poi altro che la realizzazione di quanto nell'U-
no stesso 'era' gi in modo indifferenziato e arelazionale: l'auto relazio-
ne che, nel toglimento in lui di qualsiasi differenza, poteva venire pen-
sata solo come ipernoesis ('super-pensiero'), si realizza ora nell'autodeli-
mitazione o autodefinizione della realt proceduta in quanto pensiero.
Il pensiero puro, atemporale, pensato come realt autonoma, come
Nus, risulta quindi determinato in modo essenziale dal proprio riferi-
mento all'Uno e dalla propria differenza rispetto ad esso. Poich, con il
dispiegarsi del Nus e con il suo delimitarsi in se medesimo cos da co-
stituire un'ipostasi' propria, viene a porsi contemporaneamente la
moltemplicit vera e propria, attraverso 1'awodefinizione o autodeimi-
tazione del Nus, deve essere provocata anche la delimitazione della
molteplicit che risulta coglibile in lui solo mediante la diversit. Il

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298 W. Beierwaltes

Nus, quindi, pensa la molteplic


di identico a s e perci di dist
suo pensare non poi altro ch
conduce le realt di volta in volta differenti a un'unit, in modo tale
che nel singolo sia presente il tutto e nel tutto il singolo pensante e pen-
sato. Se si suppone, seguendo Plotino, che questi identici reciprocamen-
te distinti siano 'Idee', e che queste siano a loro volta 'essenti', e se si ri-
flette inoltre sul fatto che lo Spirito pensa il proprio essere sotto forma
delle Idee in quanto suo oggetto peculiare, allora egli in esse pensa se
stesso. Essere in quanto pensato e pensiero in quanto compimento di
questo pensato sono una e medesima cosa: l'essere, nel momento in cui
viene pensato, pensiero, e il pensiero, nel momento in cui pensa se
stesso, essere. Se il pensiero pu venire inteso in quanto relazione in-
tenzionale, correlata all'essere e disvelantelo, allora lo Spirito che pen-
sa se medesimo nel proprio essere essenzialmente autoriferimento,
che riconduce il differente che in lui ad un'unit relazionale. Pertan-
to, esso atemporalmente presente e trasparente a se medesimo. Que
sta forma deH'autoriferimento pensante va considerata, tuttavia, sem
pre insieme al fondamento che ne garantisce la possibilit, cio al ra
porto originario con l'Uno stesso, che fonda la realt del Nus. Nel rap
porto con l'Uno, il Nus si mette in relazione con se medesimo , e in
autoriferimento egli si riferisce immediatamente al proprio Principi
cio a ci che lo mette in grado di operare proprio questo riferiment
pensante a se medesimo. Nonostante tale relazione, in cui lo Spirit
congiunto all'Uno, la differenza fra i due permane immutata: il Nus
quanto secondo , nella sua unit relazionale pensante, 'soltanto' l'
magine o la traccia dell'Uno super-pensante o non-pensante inteso co
me proto-immagine 3.
La forma di autoriferimento del pensiero che compete in senso pr
mario all'uomo viene realizzata mediante l'anima (psych ). Il fine del
l'autoriferimento pensante dell'anima di ascendere all'unit superio
re dell'auto-pensiero del Nus che in lei, la quale agisce gi al suo
terno in modo inconscio e che va resa cosciente. Questa autoelevazione
e la trasformazione ad essa connessa in un livello superiore di unit

3 Gli elementi della speculazione plotiniana cui faccio qui di seguito riferimento so-
no stati da me esposti e fondati in modo pi completo in altra sede, con il ricorso alla do-
cumentazione fornita dai testi, da me opportunamente commentati. Cfr., fra gli altri,
Denken des Einen, cit.; Plotin. ber Ewigkeit und Zeit. ( Enneade III, 7), Frankfurt 1981 3,
di cui soprattutto l'Introduzione; Identitt und Differenz, Frankfurt 1980 (trad. it. di S.
Saini con Introd. di A. Bausola: Identit e differenza, Milano 1989); Plotin, Geist-Ideen-
Freiheit, Einfhrung zu Enneade V, 9 und VI, 8 (Philosophische Bibliothek, 429), Ham-
burg 1990; Selbsterkenntnis und Erfahrung der Einheit. Zu Plotin V, 3, (Interpretation
und Erluterung von Grundbegriffen), Frankfurt 1991.

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Plotino e Ficino 299

pensante resa possibile all'anim


le movimento di astrazione (atp
no che viene via via a mostrarsi
re, da ultimo, all'Uno in s. Se si
realt a noi accessibile nel suo co
si o da un auto-differenziarsi
sia quella a livello pensante ate
duale - va pensata come identic
processo di svolgimento: inversi
matrice dei molti nell'unico Prin
di tale fine , per, il volgersi v
dall'esperienza sensibile, concen
quanto si esperito, e da queste
bilit del pensiero. Nel far ci, i
te coscienza di forme via via dif
in modo ininterrotto l'elevazion
prema di unit. Dalla scoperta
realt mondana o fenomenica, cresce un distacco dalla sfera del sensi-
bile, che premessa e inizio del rivolgersi (epistroph, ri-flessione) del-
l'anima su se stessa. Infatti, l'anima, nel suo dinamismo conoscitivo,
non si concentra soltanto sull'apprensione dell'Uno nel molto-fenome-
nico, ma - seguendo un'intenzionalit perfino preminente - si concen-
tra su se stessa in quanto uno dei modi d'essere dell'Uno, che rinserra
la molteplicit che in lei (il pensato, vissuto, sperimentato) in una uni-
t e totalit, mantenendola al contempo unita mentre la comprende. Il
ritorno dell'anima in se stessa, la sua auto-riflessione, sta cos - in
quanto scopre T'unit' nell'ente molteplice e in se stessa - al servizio
dell'auto-conoscenza o della conoscenza del proprio io, inteso questo co-
me la forza unitiva dell'uomo, che agisce mediante il pensiero e l'emo-
zionalit da esso sorretta e le cui attivit costituiscono la sua vita co-
sciente e destinata al successo. La conoscenza del proprio io nel senso
in cui la intende Plotino nel trattato V, 3 tuttavia raggiunta, come si
gi accennato, solo nel momento in cui l'anima abbia raggiunto in se
stessa la forma pi alta e pi intensa di autorelazione nel processo del-
la conversione e dell'elevazione: il Nus in lei. Questa trasformazione -
farsi totalmente altro4 - costituisce s per l'uomo un atto obbligato-
rio ma tuttavia, nella misura in cui riesce, un avvenimento straordi-
nario: conseguenza di una concentrazione radicale nella parte pi inti-
ma ed elevata, in quella realt che, grazie alla sua maggiore intensit di

4 Plotino, Enneadi, V, 3, 4, 11. Cfr. W. Beierwaltes, Selbsterkenntnis ..., cit., pp. 106
ss., nota 3 e 167 s. F.M. Schroeder, Form and Transformation. A Study in the Philosophy
of Plotinus, Montreal & Kingston 1992.

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300 W. Beierwaltes

trasparenza, evidenza e potenza


diante la sua pi intima disposi
intesa come il fondamento che
to l'attivit di pensiero inizial
un'intensificazione della cosci
tro dimostra di essere per l'uomo - nella misura in cui riesce - un
elemento essenziale per acquisire coscienza del proprio fondamento di-
vino, una fase riuscita, grazie alla tensione del concetto, della sua 'divi-
nazione' che, realizza, nell'unificarsi con l'Uno stesso, il cambiamento
globale della sua vita5.
Cos come l'autoriferimento pensante dello Spirito atemporale affer-
ra se stesso e, con uno sguardo determinatore rivolto all'Uno stesso de-
termina se stesso come unit o, nel pensare il Principio, pensa se stesso
come l'Altro di quello , analogamente l 'autoconoscenza dell'anima non
soltanto include il 'sapere' o l'esperienza del proprio principio come ri-
sultato incidentale, ma esso costituisce proprio il suo fine: prendere co-
scienza dello Spirito e dell'Uno in s che in esso si media. Da qui la fra-
se: Colui che conosce se stesso sa anche da dove viene6. La riflessio-
ne sul proprio Nus costituisce pertanto la condizione per 'vedere
Principio supremo, l'Uno stesso. Cos, colui che si assicura dello Spi
che in lui in quanto principio dell'anima vede, appunto attraverso
quello che ne immagine e traccia, la proto-immagine stessa: o> ocpxT
pxrjv p7. Questa visione del Principio, o l'unione istantanea, estatica
con l'Uno stesso, in quanto compimento dell'ascesa interiore, costitui-
sce, al tempo stesso, l'autocompimento dell'uomo: nel momento - cos
ricco di conseguenze per la vita - in cui egli arriva a congiungersi con
il proprio Principio, in cui immette il proprio 'centro' dentro il centro
del tutto, perviene a se stesso nella forma pi intensa che gli sia possi-
bile: ...iei ox et XXo, XX' et ocurrjv, xa otco oux iv aXXa> ouaa [ox] v
ouSevt a-utv, XX v auxf) 8.

III - Questa concezione, che ha le sue radici nell' immagine degli oc-
chi dell'Alcibiade Maggiore di Platone, e che stata ripresa da Plotino
in modo produttivo nella sua concezione dell 'autoconoscenza, corri-
sponde a un tema conduttore di Agostino che, a cominciare dai Solilo-
quia per arrivare fino alle tarde riflessioni sulla Trinit e sull'immagi-

5 Enn. VI, 9, 9, 58: 0ev Yevoixevov, txXXov 8e ovxa.


6 Enn. VI, 9, 7, 33 s.: 8 ixaGcbv eautv etSrjaet vai rcGev.
7 Enn. VI, 9, 11, 31 s. Cfr. anche 2, 35 s.: et auxv (seipsum) yap 7CiaTpe<pcov et
pxTJv Imanei.
8 Enn. VI, 9, 1 1, 38-40.

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Plotino e Ficino 301

ne e traccia di essa presente nel


sione concettuale che va sempre
La risposta programmatica ch
dialogo egli fa porre dalla ragio
domanda che, in realt, egli pon
mam scire cupio. Nihil plus? N
fine, che consiste nel voler co
pertanto le possibilit ad esso co
vino proprio di queste possibilit
fondo di Agostino va intesa cos
to, pur con il sostegno della g
pensiero, consegnata all'uomo
cui anima e spirito costituiscono
l'io dell'uomo, l'auto-conoscenz
tempo il fondamento di ogni sa
conoscenza, in quanto porta a un
ria, non si pu incapsulare in s
dire nel 'puramente umano' - ,
messa imprescindibile e il camm
noscenza di Dio. Vorrei intend
di Agostino nei Soliloquia 9: De
te. Oratum est. O Dio, concedimi di conoscere o di riconoscere Te co-
noscendo me stesso.
Contro l'opinione largamente diffusa e derivante da una scarsa co-
noscenza del pensiero di Plotino, secondo cui la 'scoperta' dell'aio' o
dell"autocoscienza' da parte di Agostino rappresenti una svolta epocale
rispetto all"antica ingenuit' e quindi alla sua supposta 'rinchiusione
nel cosmo'10, va messo in evidenza il fatto che, nella formazione pro-
prio di questo concetto, coagirono tramite Agostino in modo determi-
nante proprio degli impulsi neoplatonici. Questo emerge innanzitutt
dalla concezione agostiniana del distogliersi coscientemente dall'ambi
to della molteplicit e pertanto anche della sensibilit, che si realizza al
tempo stesso come un rivolgersi dell'anima, dello spirito, del pensiero
unitamente a tutte le forze emozionali, nel proprio intimo. Il volgersi
il tornare nell'intimo, nell"uomo interiore'11, equivale a potenziare l

9 Agostino, Soliloquia, II, 1. Sarebbe opportuno confrontare questo punto con Ploti-
no, Enn. V, 1, 1, 30 ss. Per il grande inno di preghiera che si trova all'inizio dei Soliloquia,
e che risulta determinato dalle implicazioni filosofiche essenziali per il pensiero cfr. H.
Stirnimann, Grund und Grnder des Alls. Augustins Gebet in den Selbstgesprchen, Fri
bourg (Svizzera) 1992.
10 Tale la posizione ad es. di G. Krger, Grundfragen der Philosophie. Geschichte,
Wahrheit, Wissenschaft, Frankfurt 1965 2, pp. 110 ss.
11 Agostino, De vera religione, 39, 72.

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302 W. Beierwaltes

coscienza della propria proven


del pensiero fino al proprio fon
Agostino ha delineato questo p
gnante e protrettica per il lett
Confessioni, VII, 10, non da ult
lega esplicitamente all'esperien
corum , fossero essi di Plotino
Agostino, pur avendo chiara co
siero e l'idea specificamente cr
via ripreso da esso in modo pro
di una reditio in se ipsum; nel
sulta decisamente istruttiva p
sua rilevanza veritativa, egli h
nel senso di ascesa nell'intimo, c

Ammonito dunque a tornare i


cuore sotto la tua guida; e lo po
Vi entrai e scorsi con l'occhio d
sopra l'occhio medesimo della m
luce immutabile. Non questa luc
stessa specie ma di potenza sup
splendesse molto, molto pi spl
l'universo. Non cos era quella, m
luci di questa terra. Neppure so
l'olio sovrasta l'acqua, e il cielo l
ch fu lei a crearmi, e io pi in
sce la verit, la conosce, e chi la conosce, conosce l'eternit. La carit la
conosce. O eterna verit e vera carit e cara eternit, tu sei il mio Dio, a
te sospiro giorno e notte. Quando ti conobbi la prima volta, mi sollevasti
verso di te per farmi vedere come vi fosse qualcosa da vedere, mentre io
non potevo ancora vedere; respingesti il mio sguardo malfermo col tuo
raggio folgorante, e io tutto tremai d'amore e terrore. Mi scoprii lontano
da te in una regione dissimile, ove mi pareva di udire la tua voce dall'al-
to: Io sono il nutrimento degli adulti. Cresci, e mi mangerai, senza per
questo trasformarmi in te, come il nutrimento della tua carne; ma tu ti
trasformerai in me. Riconobbi che hai ammaestrato l'uomo per la sua
cattiveria e imputridito come ragnatela l'anima mia. Chiesi: La verit
dunque un nulla, poich non si estende nello spazio sia finito sia infini-
to?; e tu mi guidasti da lontano: Anzi io sono colui che sono. Queste
parole udii con l'udito del cuore. Ora non avevo pi motivo di dubitare.

12 Accanto al passo del De vera religione cit. alla nota precedente, cfr. soprattutto
Confessiones, VII, 10 e IX, 10 (la cosiddetta Visione di Ostia).
13 Agostino, Enarrationes in Psalmos , 83, 10.

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Plotino e Ficino 303

Mi sarebbe stato pi facile dubit


za della verit, la quale si scorge c

La concezione plotiniana di un
porta a trasformare il pensiero
prio io (Nus) e infine nella tang
stituisce il modello filosofico d
Agostino: un procedere consegue
za fino a raggiungere il Fondam
in questo ritornare del pensier
un'autoaccertamento dell'anima
scorsivo ( ratiocinans anima )15;
mente certa, necessario super
ne, fino ad arrivare al fondame
riva di comprendere da dove ve
sa. Ma questa non che la ver
conversione in se medesimo del
telligibile. Essa insita e presen
sibilit; al contempo per, essa
mento generale e immanente di
mento in s sussistente e al tem
della coscienza del conoscere. Ne
si confronta quindi coscienteme
nenza e trascendenza della veri

14 Agostino, Confessiones, VII, 10, 16:


travi in intima mea duce te et potui, qu
licumque oculo animae meae supra eun
lucem incommutabilem, non hanc vulg
dem genere grandior erat, tamquam si
occuparet magnitudine. Non hoc illa er
erat supra mentem meam, sicut oleum
superior, quia ipsa fecit me, et ego infe
earn, et qui novit earn, novit aeternitatem
ritas et cara aeternitas! Tu es deus meus
gnovi, tu assumpsisti me, ut viderem e
rem. Et reverberasti infirmitatem aspe
amore et horrore: et inveni longe me es
rem vocem tuam de excelso: 'cibus sum
in te mutabis sicut cibum carnis tuae, s
iniquitate erudisti hominem et tabescer
'Numquid nihil est Veritas, quoniam ne
diffusa est?'. Et clamasti de longinquo:
ditur in corde, et non erat prorsus, u
quam non esse veritatem, quae per ea, q
15 Cos come in Plotino, all'Anima che
la capacit dell'autoconoscenza in senso

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304 W. Beierwaltes

no vede nel pensare-se-medesim


al tempo stesso gliene fa acqui
'sopra' o 'prima', in quanto 'a
mettere in risalto questo esser
ri: la lux incommutabilis che i
grande della realt sensibilmen
lo stesso genere', ma qualco
istis omnibus). Questo essere-
t sperimentata nel pensiero
pertanto la differenza fra asso
perior quia ipsa fecit me, et eg
il supremo coincidere con se st
ferenza nel senso di non-verit
sit )16, allora il fine del ritorn
cidere in un senso analogo p
Per l'uomo, la verit pi alt
scere consiste dunque nell 'id
nella forma pi intensa possib
tia che si d a vedere in lui, e
re e di un conoscere affidabili.
In questa coincidenza realizzantesi nel tempo con la coincidenza as-
soluta, con la verit medesima, il pensiero arriva alla presenza di Colui
che con lo sguardo di un volto tremante. Il raggiungimento di Co-
lui che , nel ritorno del pensiero in se medesimo, amplia dunque la se-
rie di identificazioni di questo testo veritas-aeternitas-caritas M'Es-
sere stesso. Ci che , pu appunto essere compreso come quell'Essere
assoluto, puro, che se stesso in senso immutabile, e che dichiara se
stesso nella frase: Io sono Colui che sono. Poich questo essere
identico con la verit assoluta e in s riflessiva, esso anche la realt
pi certa, e quindi il fine che muove e che d riposo all'intima ascesa.
Cos Agostino preferirebbe piuttosto dubitare della propria vita che
dell'esistenza della verit, la quale - conformemente a Romani, 1, 20
- viene compresa nel vedere la realt creata. E questo rimane vero
anche nel momento in cui colui che pensa deve ammettere a se stesso
che, dopo il verificarsi di questa comprensione, egli viene rigettato nuo-
vamente nella sua situazione abituale, a causa della propria debolezza,
ma che gli rimane, per, l 'amans memoria, cio l'impulso risultante da
questa comprensione a tenersi saldamente ancorato ad essa per quanto

16 Agostino, De vera religione, 39, 72. Sul concetto di verit in Agostino cfr. il mio
saggio: Deus est Veritas. Zur Rezeption des griechischen Wahrheitsbegriffes in der frh-
christlichen Theologie, in Autori Vari, Pietas. Festschrift fr Bernhard Ktting, Jahrbuch
fr Antike und Christentum, Ergnzungsband, 8, 1980, pp. 15-29.

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Plotino e Ficino 305

concerne il suo essere e il suo conoscere, insomma la sua vita coscien-


te. Proprio in virt di questa esperienza sorretta dalla grazia divina
(intravi in intima mea duce te et potui, quoniam factus es adiutor
meus) l'uomo pu e deve sempre tornare a decidere di ripetere il cam-
mino dell'intima ascesa diretta all'autopotenziamento della coscienza e
quindi anche al potenziamento della conoscenza di Dio17. Contraria-
mente al duce te agostiniano, l'Uno, cos come lo intende Plotino, non
aiuta immediatamente il pensiero a pervenire al proprio compimento
nel momento in cui esso si trascende estaticamente neVhenosis non pi
pensante. Il pensiero si trascende piuttosto solo in forza di una preesi-
stenza ontologica dell'Uno nel pensiero o per il fatto di strutturarsi a
partire dall'Uno stesso, grazie alla sua potenza unificatrice attiva nel
pensiero. Ci che dell'Uno v' di simile nel pensiero, costituisce il
fondamento sufficiente a rendergli possibile l'autosuperamento 18.
La concezione di Dio che emerge in senso paradigmatico dal testo
che abbiamo precedentemente esposto de Le Confessioni si differenzia
in maniera essenziale dal Primo e Uno di Plotino, per il fatto che Dio
deve essere il primo e unico Principio che abbraccia e conserva la real-
t in s differenziata del mondo e dell'uomo. Sebbene al Dio di Agosti-
no, per quanto concerne la caratterizzazione concettuale della sua asso-
lutezza, competano predicati centrali, valevoli anche per l'Uno-Bene
plotiniano: l'unit (in una forma modificata, che ancora dobbiamo spie-
gare), la bont e originariet, la trascendenza delimitabile esclusiva-
mente mediante negazione19 e la fondamentale incomprensibilit, l'infi-
nitudine e potenza, dal punto di vista della riflessione filosofica la sua
diversit si fa immediatamente evidente, anche a prescindere dai carat-
teri specificamente cristiani del concetto di Dio determinati dalle Scrit-
ture, cos come emergono, ad esempio, nell'autorivelarsi gratuito di
Dio nella creazione e nell'incarnazione di Cristo, come pure nella storia
della Salvezza che in Lui ha inizio e compimento20. Diversamente da co-
me sarebbe per l'Uno arelazionale, sovraesistente e superpensante,
Agostino, partendo da una riflessione filosofica sia cosciente che vela-
ta, identifica Dio con l'immutabile, atemporale Essere Stesso, che si ri-
vela nell'Io sono colui che sono; egli lo concepisce come ratio aeterna ,
come intelligentia o come primus ac summus intellectus, che include in
se stesso le Idee immutabili in quanto pre-concezioni del mondo da

17 In modo analogo Plotino, Enn. IV, 8, 1.


18 Enn. VI, 9, 11, 32.
ly [Deus] qui scitur melius nesciendo [De ordine, II, 16, 44. Su questo punto cfr.
Porfirio, Sent. 25; 15, 2 [Lamberz]). Agostino, En. in Ps. 85, 12: Deus ineffabilis est, faci-
lius dicimus quid non sit, quam quid sit.
20 Vere maximum sabbatum non habens vesperam (De civitate Dei, XXII, 30).

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306 W. Beierwaltes

creare, ed cos a se stesso pre


pensiero (unum omnia)21. In qu
Pensiero coincide con la verit
lo stesso tempo, con la sapienti
che sa se medesima e che, com
delle Idee24. Lo sviluppo differ
che Agostino ha fornito di tale
in quanto egli - forse dopo il p
to dell'uno e unico Dio ha ridot
e teologici, quei concetti che Pl
buito a due differenti dimensi
Questo Dio, in quanto uno e unico cos concepito, Unit assoluta -
pari per dignit filosofica all'Uno plotiniano - ma al tempo stesso un
intreccio relazionale trinitario di puro essere e di puro pensiero, un'u-
nit dunque che nella triplicit ad essa immanente si mette in relazione
con se medesima, senza per questo escludere da s la possibilit della
relazione creativa diretta verso l'esterno.
Questa conformazione specificamente cristiana dell'autorelazione
assoluta, apporta una nuova dimensione anche all'autorelazione finita
del pensiero riguardo alla conoscenza che esso ha di se stesso (del s
Io): la mens umana stata creata, nel senso di Genesi , 1, 26, ad imm
gine e somiglianza di Dio. Nel modo in cui essa si indaga e si esper
sce, mostra di essere una combinazione di forze reciprocamente colle-
gate in senso triadico, ma del tutto distinte. L'azione congiunta di tal
triadicit, il loro reciproco compenetrarsi e essere l'una nell'altra, co-
stituiscono l'unit della personalit umana, pensata a partire dal s
fondamento spirituale. Cos, in un'analisi della struttura triadica dello
Spirito umano, possibile soddisfare il postulato secondo cui l'autoco-

21 Liber de quaestionibus octoginta tribus, quaestio 46 {De ideis ). De trinitate, VI, 1


11: Ubi est prima et summa vita, cui non est aliud vivere et aliud esse, sed idem est e
et vivere; et primus ac summus intellectus, cui non est aliud vivere et aliud intellige
sed id quod est intelligere, hoc vivere, hoc esse est, unum omnia. Su Esodo, 3, 14 (E
sum qui sum), cfr. W. Beierwaltes, Piatonismus und Idealismus, Frankfurt 1972, p
5-82, specialmente 26 ss. (trad. it. a cura di E. Marmiroli, Bologna 1987).
22 Su questo punto cfr. W. Beierwaltes, Selbsterkenntnis..., cit., pp. 1 10 ss., 195 ss.
23 In senso biblico: Sap. 7; Sir. 24; Rom. 11, 33. 1 Cor. I, 21; Giac. 3, 15. In senso fil
sofico cfr. ad es. Plotino, Enn. V, 8, 4, 35 ss. Per l'unit di motivi filosofici e teologici cf
Agostino, De trinitate, XV, 6, 10; questo passo forse diretto contro la concezione pu
niana dell'Uno non-pensante? Cfr. anche Agostino, De Genesi ad litteram, I, 5, 10.
24 De Genesi ad litteram, I, 9, 17: ...intellectualiter sibimet impressas ab incomm
tabili Dei sapientia rationes, tamquam intelligibiles locutiones... - La Citt di Dio, X
10; 477, 2 ss. (Dombart/Kalb): Una sapientia est, in qua sunt infiniti quidam eique fin
thesauri rerum intelligibilium, in quibus sunt omnes invisibiles atque incommutabiles
tiones verum etiam visibilium et mutabilium, quae per ipsam factae sunt.

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Plotino e Ficino 307

noscenza costituisce la condizione e la via alla conoscenza di Dio in mo-


do pi intenso e particolareggiato di quanto non riuscisse a fare il pen-
siero neoplatonico. La somiglianza dell'immagine vivente di Dio - mal-
grado tutta la dissomiglianza che contiene - diventa il punto di parten-
za in certo modo pi sicuro di un chiarimento della trinit di Dio nella
sua unit. L'autopenetrazione delle differenti forze nello spirito umano,
il quale in massima misura autopresenza25, mostra che ogni forza al-
l'interno di un ternario - come, ad esempio, in memoria-intelligentia-
voluntas - possiede un'eguale intensit, che esse dunque solo in quan-
to eguali (< aequalia ) e contemporaneamente (simut) compenetrantesi,
stando reciprocamente in rapporto senza poter essere divise, forma-
no la totalit dell'essere e dell'agire dello Spirito26. L'autorelazione fini-
ta di pensare, volere e amare dunque manifestatio dell'Infinito e, al
tempo stesso, incitamentum a elevarsi ad esso rivolto alla coscienza
pensante, conoscente, amante e ringraziante.

IV - Ficino non ha soltanto tradotto Plotino 27 , ma lo ha anche com-


mentato estesamente e in modo tale da illuminarne il pensiero, lavoro
questo che, pur con qualche interruzione, lo tenne occupato circa quat-
tro anni, fino all'agosto 1490. Ficino inizi a lavorare sul testo plotinia-
no nel 1484, subito dopo aver ultimato la poderosa traduzione di Plato-
ne, che lo aveva tenuto impegnato per pi di vent'anni28. Nel proemio
della sua traduzione di Plotino, indirizzato a Lorenzo de' Medici, egli
menziona Pico della Mirandola quale ispiratore dell'opera, stilizzando-
lo ad ambasciatore, quasi che fosse coelitus inspiratus, del defunto

25 De trinitate, X, 7, 10: quid tam menti adest, quam ipsa mens?.


26 Per la reciproca compenetrazione dei ternari nel De trinitate, cfr. soprattutto: IX,
5, 8 e 11, 16. X, 11, 18. XI, 3, 6. Sulla concezione che l'autoconoscenza afferra tutto lo Spi-
rito: IX, 4, 7; 10, 3, 5 e 4, 6. possibile che qui ci sia un'eco di Plotino, Enn. V, 3, 1, 24 ss.
e 5, 13 s., che respinge un'autoconoscenza delle parti dell'Anima o dello Spirito (una
delle obiezioni scettiche alla possibilit dell 'autoconoscenza). Sulla concezione agostinia-
na dell'autoconoscenza in relazione al pensiero neoplatonico, cfr. gli istruttivi studi di E.
Booth, in Augustiniana, 27, 1977, pp. 70-132; 364-401; 28, 1978, pp. 183-221; 29, 1979,
pp. 97-124.
27 Per i fatti qui riportati seguo l'esposizione da me fornita in Plotins Erbe, Mu-
seum Helveticum, 45, 1988, pp. 84 s.
28 II periodo in cui Ficino diede inizio alla sua traduzione di Plotino viene differente-
mente valutato da R. Marcel, Marsile Ficine, Paris 1958, p. 475 rispetto a A.M. Wolters,
The first draft of Ficino's Translation of Plotinus, in Autori Vari, Marsilio Ficino e il ritor-
no di Platone. Studi e documenti, a cura di G.C. Garfagnini, Firenze 1986, 1, p. 305. Io pro-
pendo maggiormente per l'opinione di Wolters, in quanto il 1484 coincide con la data in
cui venne ultimata la traduzione di Platone. certo che Ficino conosceva Plotino gi pri-
ma di cimentarsi nel suo lavoro di traduzione e commento. Ad es., il pensiero plotiniano
risulta costitutivo per il De Amore (1469).

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308 W. Beierwaltes

fondatore dell'Accademia, Cos


olim in terra reticuit, tandem
Pico - cos almeno ce lo descri
Plato noster lasciava la sua casa pronto per essere pubblicato, lo
avrebbe non solo caldamente incoraggiato, ma addirittura obbligato
a tradurre Plotino (ad Plotinum interpretandum me non adduxit qui-
dem, sed potius concitavit). Ficino interpreta questo fatto come opera
della divina Providentia. Infatti, proprio in un'epoca segnata in manie-
ra determinante dalla filosofia meramente razionale dei Peripatetici, il
pensiero di Plotino doveva rinnovare e rafforzare, mediante autorit e
ragione filosofica, la tradizione di una prisca theologia, da intendersi
come pia philosophia, cio segnata dalla componente religiosa (aucto-
ritate rationeque philosophica confirmare)29. Ficino, come altri pensa-
tori del Rinascimento, scorge le origini di tale prisca theologia presso i
Persiani e gli Egizi. Ecco anche perch, agli inizi dell'Accademia Plato-
nica fiorentina, troviamo la traduzione ficiniana di Mercurio ovvero Er-
mete Trismegisto [1463] che, stando alla rappresentazione pittorica che
ne vien data sul pavimento del Duomo di Siena, costituisce l'inizio di
una sapienza che, passando per i Greci e gli Ebrei, conduce a Cristo30.
Ficino del parere che questa pia philosophia si sia sviluppata presso i
Traci con Orfeo e Aglaofemo, sia avanzata con Pitagora e giunta a com-
pimento in Platone. Plotino - del tutto unito a Platone per quanto ri-
guarda il suo pensiero - sarebbe, poi, colui che ha luminosamente libe-
rato questa forma di filosofia teologica da tutte quelle coperture con le
quali, tramite matematizzazioni o poetica figmenta, ne era stato mutato
o rimosso il senso originario. Grazie alla profondit della sua compren-
sione (sensus profunditas), egli stato in grado di penetrare questa tra-
dizione estremamente complessa: Plotinus tandem his theologiam ve-
laminibus enudavit: primusque et solus, ut Porphyrios Proculusque te-
stantur, arcana veterum divinitus penetravit31.
Proprio nel senso in cui Plotino valutava se stesso, Ficino vede in lui
l'esecutore, il custode e, come lo stesso Mercurio, l'interpres secreto-
rum sive mysteriorum Platonicorum. Ficino caratterizza lo stretto le-
game esistente fra i due mediante un'analogia biblica; una Exhortatio

29 Marsiii Ficini Fiorentini in Plotinum Prooemium ad Magnanimum Laurentium


Medicem Patrie Servatorem nella traduzione delle Enneadi di Ficino: Plotini divini illius e
Platonica Familia Philosophi de Rebus Philosophicis Libri LIV in Enneades sex distribu
ti..., per Thomam Guarinum (Basel 1562) fol. III r.
30 Su questo punto risulta chiarificatore il saggio ricco di prospettive di F. Ohly, D
Kathedrale als Zeitenraum . Zum Dom von Siena, in Autori Vari, Frhmittelalterliche Stu-
dien, K. Hauck hrsg., Bd. 6, Berlin 1972, pp. 94-158; su Ermete Trismegisto, specialmen
pp. 115 ss.
31 Prooemium, cfr. nota 29.

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Plotino e Ficino 309

ad auditores in lectionem Plotin


da lui descritta cos: Et vos Pla
num existimetis: Hic est filius
ceo: ipsum audite32. Ficino ha
giare il potenziale lettore di Pl
voce che, nel Battesimo di G
suona dall'alto, da una nuvola.
razione di Ges, egli guadagna
dichiarazione sull'alto valore in
consiglio autorevole ad ascoltarl
Il tratto fondamentale della teo
segnato da concezioni essenzial
congiunta in forma produttiva
stiane, in quanto, accanto ad un
cra Scrittura, ha riflettuto so
Agostino e dalla Scolastica. Per i
ne del pensiero in senso finito
cedentemente tratteggiata di Plo
te come punto di partenza. Dev
Ficino abbia reso comprensibil
mento le due forme agostiniane
della propria metafisica, tutto c
renza rispetto al concetto plotin
anche del suo stretto legame co
flessione dello spirito umano.
Nel mio libro Pensare l'Uno , ho
entro l'orizzonte della question
Pico De ente et uno , riguardan
conda ipotesi del Parmenide pl
flessione, emerso quanto seg

32 Fol. Xv dell'ed. cit. alla nota 29.


33 Battesimo: Vangelo secondo Matteo, 3, 17: Hic est Filius meus dilectus in quo m
hi complacui. Cfr. anche Me. 1, 11. Trasfigurazione: Me. 9, 7: Hic est Filius meus dil
tus: audite illum; Le. 9, 35: Hic est Filius meus electus: ipsum audite.
34 Su questo punto mi sono diffuso maggiormente, fornendo anche i testi di risco
tro soprattutto di Platone, Plotino e Ficino in Marsilio Fieinos Theorie des Schnen im
Kontext des Piatonismus, (Sitzungsberichte der Heidelberger Akademie der Wissen-
schaften, phil.-hist. Klasse, 11. Abh.), Heidelberg 1980.
35 Denken des Einen, cit., pp. 215 ss. Sulla medesima problematica rispetto a Cusa-
no: W. Beierwaltes, Das seiende Eine. Zur neuplatonischen Interpretation der zweiten Hy-
pothesis des platonischen Parmenides: das Beispiel Cusanus, in Autori Vari, Proclus et son
influence, ed. G. Boss - G. Seel, Zrich 1987, pp. 287-297. Qui, alla nota 2 p. 289, si veda
una precisazione a quanto da me precedentemente affermato in Denken des Einen, a p.
218, sull'interpretazione del Parmenide di Pico.

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310 W. Beierwaltes

guata, sia dal punto di vista c


Parmenide e delle sue metam
Proclo, Ficino realizza, contro
concetto di unit in un Uno c
e che al contempo si pensa (N
alcuni punti essenziali quello o
Dio Uno e Unico, che, in quanto Primo e Assoluto, dev'essere conci-
liabile con la forma concettuale cristiana, viene da lui sviluppato se-
condo predicati che spettano all'Uno plotiniano e, allo stesso tempo e
in senso proprio, anche allo Spirito37. Cos questo Dio - visto a par-
tire dall'interpretazione del Parmenide - l'unit autopenetrantesi
dei caratteri concettuali essenziali della prima e della seconda ipote-
si: in quanto unit in s relazionale, autorelazione pura mediante il
pensiero di se stesso, o per dirla con una metafora assoluta, visio
sui ipsius, luce che illumina e rischiara se stessa, una luce che
vede se medesima38.
Se egli va pensato come Essere stesso e al tempo stesso veden-
dosi si illumina, o pensandosi si comprende ( intelligit ), allora la sua
unit consiste proprio in un'identit atemporale di essere e pensie-
ro 39. Per quanto riguarda la provenienza dell'ultimo elemento nomi-
nato di questa concezione non certo sufficiente pensare a concett
neoplatonici, al puro e autentico (germanum) essere divino di Ago
stino o allo sviluppo cusaniano di un concetto di Dio inteso come
visio absoluta o conceptus absolutus, ma occorre pensare - for-
se addirittura in senso primario - a Tommaso d'Aquino. Per la sua
teologia infatti, l'identit di essere e pensiero in Dio o il concetto del-

36 II Commentario al Parmenide di Ficino si trova nell'Opera Omnia, II, 1137-1206,


Torino 1983 2 (ristampa dell'edizione basilense del 1561). Ulteriori informazioni in P. O.
Kristeller, Die Philosophie des Marsilio Ficino, Frankfurt 1972, pp. 31 e 155 s. Dal
Commentario a Plotino, ad es. a Enn. III, 8, sulla differenza fra l'Uno non-pensante e
l'auto-riflessibilit dello Spirito. Termini che stanno a indicare la Trinit cristiana so-
no l'Uno caratterizzato come pater, l'intellectus purus come filius, e il rapporto
fra i due con gignere e genitus: cfr. Plotini divini illius..., cit., fol. 179 v s.
37 Denken des Einen, cit., p. 219.
38 Platonica Theologia (= PT, ed. R. Marcel, I e II, Paris 1964, III, Paris 1970), I,
6; I, p. 70: Est enim Deus perspicacissima Veritas et verissima perspicacia sive per-
spectio, lux seipsam videns, visus seipso lucens, intellectualis perspicaciae luminisque
fons, cuius lumine et cuius lumen dumtaxat mentis perspicacia perspicit. Cfr., inol-
tre, Meister Eckhart, Expositio Libri Exodi n. 16 (Opere Latine, II, 21, 7 ss.) a proposi-
to della reflexiva conversio di Dio in se ipsum et super se ipsum: lux in luce et in
lucem se toto se totum pntrt. Per Ficino, ancora ad es. PT, II, 9; I, pp. 100 s.: in-
telligit vero Deus quicquid intelligit modo quodam super intelligentiam ... Deus cogno-
scit ... seipsum ... se videt ... se inspicit ... videt essentiam suam.
39 Rimandi ai testi di Ficino in Denken des Einen, cit., p. 220.

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Plotino e Ficino 311

Tessere di Dio in quanto compr


determinanti 40.
Nel caratterizzare il concetto ficiniano di Dio come pura autorela-
zione del pensiero, come essere che pensa, vede, comprende e illumina
se stesso grazie alla sua stessa luminosit, intendo senz'altro la sua
causalit creatrice come in esso implicata: Egli crea le forme o idee in
se medesimo, esse sono la multiformis sapientia inscritta nel suo pensa-
re e nel suo volere, i paradigmi del mondo da lui creati41.
Cognosce teipsum, divinum genus mortali veste indutum! Nuda,
quaeso te ipsum, segrega quantum potes, potes autem quantum cona-
ris, segrega, inquam, a corpore animam, a sensuum affectibus ratio-
nem! Conosci te stessa, stirpe divina, rivestita di un abito mortale,
spogliati, te ne prego, separa se puoi, e lo puoi se lo desideri, separa, ti
dico, l'anima dal corpo, la ragione dagli affetti del corpo. Questa ad-
hortado di Ficino all'autoconoscenza, enfaticamente indirizzata al gene-
re umano per conoscere e stimare se stesso42, promette come fine il
vedere un fondamento luminoso nello spirito umano - cui fanno ac-
cenno le metafore purum aurum, liberato dalla terra che lo cela, lu-
cidus aer e divini Solis radius sempiternus. Altre metafore amplia-
no e rafforzano i seguenti punti: levarsi da un sogno, trovare la perla
nascosta, dileguare la nebbia che oscura, trasformare la cecit in visio-

40 Su questo punto cfr. Tommaso d'Aquino, Summa theologiae, q. I, 14, a. 2-4. 16 a. 5


c. 19 a. 1 c. 26, a. 2. Summa contra Gentiles, I, 45: suum intelligere est sua essentia ... di-
vinum intelligere est eius esse. 47: Essentia ... divina est in Deo per modum intelligibilem;
nam esse naturale Dei, et esse intelligibile unum et idem sunt, cum esse suum est suum
intelligere. Deus igitur intelligit essentiam suam, igitur seipsum, cum ipse sit sua essen-
tia. Per la discussione di tale tesi cfr. Meister Eckhart, Quaestiones Parisienses I (Op.
Lat. V, 37 ss.). Secondo Eckhart, possibile stabilire una preminenza dell'intelligere ri-
spetto all'esse in Dio, solo a patto di trascurare la determinazione dell'essere divino come
puritas essendi. L'essere puro inteso come super-essere (fondamentalmente distinto da
quello della creatura) per Eckhart identico all'intelligenza di Dio che pensa se stessa:
in Deo non est esse, sed puritas essendi ... si in Deo est aliquid, quod velis vocare esse,
sibi competit per intelligere (ibid., 45, 4 s.: 10 s.). Cfr. inoltre W. Beierwaltes, Platoni-
smus und Idealismus, cit., pp. 47 ss., e soprattutto 51 ss. In aggiunta alla Quaestio Pari-
siensis I, cfr. Eckhart, Sermo XXIX (Op. Lat. IV, 302; 268, 4 ss.): patet ergo manifeste
quod Deus est et proprie solus et quod ipse est intellectus sive intelligere et quod solum
intelligere praeter esse aliud simpliciter. Ideo solus Deus per intellectum producit res in
esse, quia in ipso solo esse est intelligere. Sul rapporto di Ficino con la Scolastica, cfr.
A. B. Collins, The Secular is Sacred: Platonism and Thomism in Ficino's Platonic Theo-
logy, The Hague 1974.
41 PT, IX, 3; II, 108: formae ... omnium in Deo sunt, ibique nihil aliud sunt quam es-
sentia ipsa Dei; ibid., 4; 115 (sull'opifex mundi); 116: Deus intelligendo atque volendo
seipsum, et seit, et efficit omnia. Quis non viderit, si videndo se videt facitque cuncta, se-
qui ut in substantia sua substantiales formae sint quae exemplaria causaeque sint om-
nium? - Sapientia: 120.
42 Opera, I, 659 s. (= Ep. 110, Marsilio Ficino, Lettere, I, a cura di S. Gentile, Firenze
1990, p. 193).

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312 W. Beierwaltes

ne, liberare se stessi dall'angus


ed irrompere, cos facendo, i
del mondo - , con lo sguardo
stessi, sperimentando cos la
dam es o anima... Questa fondata sulla sua provenienza da Dio e
sullo stretto legame con Lui: rursus, ego dixi, Dei estis et Filii ex-
celsi omnes43. Seguire l'esortazione del 'divino Pitagora': reverere
te ipsum, non pu consistere solamente nell'ammettere quanto gi
stato pensato e nell'opinare su di esso; l'ammirazione rispettosa della
grandezza e della dignit dell'uomo deve sgorgare piuttosto dalla
coscienza particolareggiata delle possibilit a lui proprie di essere e
di agire. Questa, per, raggiungibile primariamente indagando il
proprio io: in primo luogo liberandosi in maniera decisiva dalla sen-
sibilit, per il fatto che colui che conosce ha colto ci che in tale
realt dotato di senso e cui si indirizza la conoscenza concettuale;
con ci ha inizio il ritorno del pensiero in se medesimo, in quanto
movimento di astrazione crescente che dai molti si raccoglie in for-
me sempre pi elevate di unit, e al tempo stesso una riflessione in-
torno alla forza insita nella mens (intelligentia, intellectus) che mag-
giormente si avvicina all'unit assoluta del fondamento autenticamen-
te divino. In questa concezione, Ficino ha ripreso in modo cos ricco
di conseguenze per il suo concetto di Spirito (mens), l'idea plotiniana
di autoconoscenza intesa come epistroph del pensiero nel proprio
fondamento unitario e, non di meno, il concetto agostiniano di una
reditio in se ipsum44. La variet semantica dell'universale movi-
mento astrattivo verso l'Uno richiesto da Plotino, che segue l'impera-
tivo aphele panta: abbandona tutto o spogliati di tutto45, e che
si realizza come ascesa interiore, stata notevolmente arricchita da
Ficino in testi corrispondenti. Mi limiter a ricordare solo quelli fon-
damentali, seguendo l'ordinamento oggettivo della compagine di pen-
siero. Ecco dunque i termini riferiti alla realt esterna, molteplice,
materiale, corporea: discedere, seiungere, segregare, relinquere, nu-
dare, fugere, separatio, abstractio; termini caratterizzanti il movi-
mento del pensiero verso il proprio intimo e verso l'alto: secede-
re, redire in seipsum, se in seipsum contrahere sive colligere, reflecti
in seipsum (reflexio), converti in seipsum et in Deum, ad centra re-
rum penetrare, vergere ad infinitum, repetere suam regionem, ex sei-

43 Opera, I, 659. Citazione dal Salmo 81, 6. Questo verso viene citato anche da Pi-
co nel De dignitate hominis (ed. E. Garin, Bad Homburg 1968, p. 32).
44 Ficino si rif esplicitamente ad Agostino, cfr. ad es. PT, XII, 5; II, 179 ss.
45 Plotino, Enn. V, 3, 17, 38.

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Plotino e Ficino 313

pso ad seipsum motu circulari


transcendere46.
Questi termini caratterizzanti il movimento del pensiero, mostrano
gi in se stessi che il ritorno nell'intimo - come gi in Plotino e Agosti-
no - , al tempo stesso, un'ascesa interiore. Essa resa possibile dalla
presenza in noi delle Idee47, che strutturano lo Spirito, e questo l'e-
spressione dello Spirito divino in noi48, in senso analogo alla pregnante
dichiarazione di Agostino sull'immanenza e la trascendenza di Dio:
Deus interior intimo meo et superior summo meo49. Il legame ontolo-
gico della mens con Y intellectus divinus e con la sua unit riflessivo-tri-
nitaria, viene esposta da Ficino mediante una mescolanza indistinta di
elementi concettuali cristiani e neoplatonici: lo Spirito divini vultus
imago50, atto autoperpetrantesi dello Spirito divino, avvolto all'anima,
da Dio non separato51, simulacrum vitae mentisque divinae52, su-
biectum veritatis aeternae53. In senso del tutto conforme ad Agostino,
l'ascesa interiore non viene resa possibile soltanto mediante l'appena
ricordato presupposto ontologico, ma anche sorretta dall'illuminazio-
ne della luce divina (Deus come lumen mentium, mens nostra Dei ra-
dio illustrata)54. Il fatto che questa illuminazione proveniente da Dio
che fonte delle Idee non sopprima l'attivit e la spontaneit dell'uo-
mo nel suo pensare e nel suo sapere, emerge chiaramente da questa

46 Vili, 1; I, 289: relinquere - Vili, 4; I, 310: intelligentia est vitae reflexio in sei-
psam - IX, 3; II, 14 s.: detrahere, demere, colligere. Deum protinus assequeris, iamdiu
te penitus assecutum - X, 6; II, 79: relinquere; se colligere in seipsam - X, 8; II, 85:
converti - ibid., 86: secernere - XI, 5; II, 127: penetrare - XI, 8; II, 147: secede-
re in seipsum - XII, 1; II, 151: transcendere - XII, 5; II, 179 s.: Noli foras ire. In tei-
psum redi... (cit. da Agostino, De vera religione, 39, 72) - XIII, 2; II, 202: in seipsam se
colligere penetrare - XIII, 4; II, 230: currere in seipsam - XIV, 1; II, 249: discede-
re elevari - XIV, 2; II, 251: fugere (cit. da Platone, Teet. 176 ab) - Su reflexio,
cfr. infra, nota 59. Traduzione delle Enneadi (cfr. nota 29), 1 85 v: se colligere in pro-
prium intellectum - Quaest. de mente, 9; III, 336: reflectitur in seipsam. ...ex seipso ad
seipsum motu circulari progredi - Op. I, 659 ( Epistolarium ): nudare, segregare, in se
ipsum aciem convertere, relinquere, revertere - ibid., 679: ex seipso ad seipsum motu
circulari progredi (detto dell'intellectus) - ibid., 681: suam repetere regionem, ver-
gere ad infinitum.
47 Cfr., ad es., PT, XI, 5; II, 133 s. XII, 1; II, 150 s. e 154.
48 PT, XII, 4; II, 169 e 171: mentes ... per centra sua, id est per unitates suas intel-
lectibus suis praestantiores, unitati divinae tamquam universi centro se copulant (in
senso analogo: Plotino, Enn. VI, 9, 8, 19 s.).
49 Agostino, Confessiones, III, 6, 11. Ficino, PT, XII, 4; II, 172: [Deus] interior menti
est quam ipsa sibi.
50 De raptu Pauli, 29; III, 366.
51 PT, XII, 4; II, 168: Igitur intellectualis animae vita nihil est aliud quam intellec-
tus divini perennis actus, annexus animae, non solutus a Deo.
52 PTII, 169.
^ PT, XI, 6; II, 134 ss.
S4 PT, XII, 1; II, 156 s.

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314 W. Beierwaltes

frase: hominis mens in Deum


zione illuminatrice dello Spir
Lui qualcosa di immediato,
na hanno inizio in senso prima
tati. Bisogna ringraziare la de
essa realizza le condizioni e le p
Accanto all'unit riflessiva d
Idee, e fungente da immagin
noi (unitas nostra ), il pendan
flettere e che occorre realizza
in noi - la struttura unitaria d
spontaneo diretto al fondamen
nificazione con l'unit e la bo
so genuinamente plotiniano - r
si trascende 56.
Il concetto dell'autoriflessione dello spirito umano, del movimento
circolare che, nel concentrarsi su se medesimo, da s parte e a s ritor-
na, fa di Ficino il punto di partenza di un pensiero che, quanto a inten-
sit, va ben oltre gli spunti neoplatonici, ma al tempo stesso immette
nella filosofia del Rinascimento una tendenza proveniente da Cusano,
la approfondisce e la lascia aperta a prospettive future: lo spirito es-
senzialmente reflexio infinita, una infinita forza o una facolt infinita-
mente attiva ( virtus infinita) di pensiero, volont e vita, su cui si fonda
appunto una tale capacit di formare e di agire.
In contrapposizione alle attivit fisiche dirette verso l'esterno, e
che nella realt esterna trovano anche il limite che le definisce ( termi-
nus, finis), le attivit spirituali sono, conformemente alle funzioni del
pensare o del comprendere che determinano e dirigono tutte le altre
(intelligere, intelligentia, intellectus), essenzialmente rivolte verso l'in-
terno, cio nei loro oggetti o attraverso essi in ultima istanza verso se
stesse. In questo movimento verso l'interno la mens che, nella misura
in cui mette a tema se stessa, proprio essa innanzitutto il fine di se

55 PT, X, 7; II, 85.


56 PT, XII, 3; II, 165: unitur ... non intellectuali virtute proprie. Super intelligen-
tiam attingere - 159: unitatem mentis propriam Deo rerum omnium unitati modo quo-
dam inexistimabili copulari - De rapto Pauli, 19; III, 361: Dei Veritas: super intelligen-
tiam ... Ubi summa lux, ibi summae tenebrae ... nox illuminatio mea in deliciis meis. 23;
362: ubi quodammodo deficit intellectus ... pntrt ecce caritas, quo non potest omnino
scientia penetrare. Analogamente Plotino: Enn. V, 5, 8, 23. VI, 7, 35, 29 s. (enosi median-
te non-Spirito e non-pensiero). Lo Spirito amante in quanto fenomeno sovraconcettua-
le: VI, 7, 35, 24. Sul concetto ficiniano di amor come forza che sostiene dell'ascesa: W.
Beierwaltes, Ficinos Theorie des Schnen..., cit., pp. 39 ss. (anima come centro di media-
zione attiva, fino all'autosuperamento del pensiero).

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Plotino e Ficino 315

stessa. Questo fine, per, al te


cipium del dinamismo intelletti
siero o del volere (o di ogni altra
pertanto possibile solo dal fatto
(sui ipsius causa)57, per il fatto
ti: crea ( gignit )58 in s stessa or
pensieri e concetti, le proprie in
so tempo riflette tutto ci in un m
flexio infinita)59. Il principio e i
di un dinamismo infinito (sine t
za autocausantesi per quanto rig
vi, i cui moti causativi e rifles
e finis - intesa come centro ont
da s e mediante s pone i p
sce in se stessa o verso se ste
intellettivi, la loro creazione e formazione risulta immediatamente
identico - nel senso che si origina contemporaneamente - al ritorno
in se medesima, nel quale essi si compiono e allo stesso tempo si
conservano continuamente nella loro intenzione60.
Autoriflessione come riflessione infinita significa innanzitutto la
ripetibilit infinita e temporalmente illimitata di tutti gli atti61: la pos-
sibilit sempre data di un nuovo inizio e della concomitante duplice o
triplice riflessione degli atti stessi62 - autocoglimento della compren-
sione, volere del proprio volere in riferimento a un determinato fine
dell'agire. Soltanto la coscienza degli atti si lascia cogliere come un au-
to (pensando, volendo, vivendo)-formarsi, un auto-crearsi o auto-conser-
varsi. Questa forma di continuit infinita viene paragonata da Ficino,
in un'interpretazione sorprendentemente libera della seconda Lettera
di Paolo ai Corinti (4, 16) a una quotidiana renovado 63. Il rinnovamento
del nostro uomo interiore che qui si esige diventa per Ficino, in
quanto riflessione infinita un atto filosofico, che non rimane certo
chiuso in se stesso (curvado in seipsum) ma, a partire da se medesimo,
si dirige proprio verso la divina infinitas absoluta . Ficino sviluppa ap-

57 PT, Vili, 15; 1,327, 9 s.


58 PT, I, 326, 17, con riferimento al concetto procliano di authy postaton, cfr. ad es.
Elem. Theol. 189; 164, 21 ss. (Dodds). Nello stesso contesto in Ficino, 326, 9: mens geni-
trix - 325, 24 ss.: ...per seipsum operatione sua se format. Cap. 16, 329, 12 ss.: ... ex-
cogitat, fingit, pingit, fabricat, innovt.
59 PT, 325, 17.
60 Cfr. su questo Vili, 15; 326, 22 ss. 327, 11.
61 PT, I, 325, 18 ss.
62 PT, I, 325, 19 ss. 16; 328, 18 ss.
63 15; 325, 27.

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316 W. Beierwaltes

punto questo pensiero come te


ve immensa, sine fine, absque
malgrado il suo essere creato,
tempo, tenendo presenti le
rapporto con l'assolutament
morte, pu essere pensato in
rispetto all'enfasi con cui Fi
non dovrebbe essere fissata n
vo infinito, ma, semmai, car
ta di Cusano, che suggella l'in
in s funzionale del cosmo cre
Per la determinazione del terzo momento di infinitezza della mens
- accanto all'infinita ripetibilit di tutti gli atti intellettivi e della m
teplice riflessione proprio su di essi, Ficino muove ancora una volta
dall'autorelazione pensante e volente dello Spirito: nel compimento dei
suoi atti, esso prende inizio dalla propria substantia per convertirsi
quindi di nuovo ad essa in senso circolare 65 in quanto essa costituisce il
fine o il termine intenzionale che compete allo spirito: nel fine egli rag-
giunge il principio sussistente e autoconservantesi del proprio moto. La
possibilit di ripetere all'infinito lo stesso atto non costituisce per
un'infinita riproduzione del medesimo, ma un costante, illimitato pro-
cedere66 o ascendere in dimensioni (sphaerae) dell'essere sempre nuove,
pi elevate, che stanno fra loro in relazione in una forma via via sem-
pre pi intensa di essere, unit, intelligibilit o bont. Questo ampliarsi
della coscienza della mens che essa realizza convertendosi in se stessa,
costituisce un dinamismo infinito, in-limitato, in-determinato nelle pos-
sibilit che gli appartengono67: il desiderio di se medesimo, l'inten-
zione di auto-elevarsi non ha fine, non mai stanca, non si spegne
mai68; pi si avvicina all'Infinito assoluto, pi brucia il suo fuoco69.

64 Cusano, De docta ignorantia, II, 2; 68, 18 (Hoffmann-Klibansky). W. Beierwaltes,


Primum est dives per se. Meister Eckhart und der liber de causis, in Autori Vari, On Pro-
clus and his Influence in Medieval Philosophy, ed. Bos-Meijer, Leiden 1992, pp. 168 s. Che
il concetto cusaniano di infinito costituisca per Ficino un presupposto essenziale, stato
riconosciuto da Ernst Cassirer ( Individuum und Kosmos in der Philosophie der Renais-
sance, Leipzig-Berlin 1927, pp. 74 s.) e da Paul Oskar Kristeller (Die Philosophie des Mar-
silio Ficino, cit., pp. 40-43).
65 VIII, 16; 328, 5 ss.: ... profecta ... revolvitur. Riga 14: in seipsum circum-
volutus.
66 329, 28: infinite progredi. Infinitus progressus. Cfr. Cusano, De mente, II, 67, 2
s. (Steiger): mens se ad infinitum elevat, - Riccardo di San Vittore, Benjamin Maior
(PL, 196, 67 B): per intelligentiam ... sinus mentis in immensum expanditur.
67 328, 7: revolutio infinitus est motus.
68 328, 7; 10; 15.
69 331, 6 ss.

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Plotino e Ficino 317

Il terzo momento della capacit intellettuale di realizzare potenze


infinite nella mens consiste dunque innanzitutto in questo: lo spirito,
teso verso l'Infinito assoluto, apre a se stesso forme di essere e di unit
sempre nuove, ulteriori e pi alte, grazie a una negazione produttiva,
costantemente crescente, oppure, teso ad esplorare se stesso - per dir-
la ricorrendo a un differente linguaggio metaforico - si inoltra in una
profondit concettualmente sempre pi densa di se stesso (profun-
dae mentis intima... arcanae mentis adyta70, che sono identiche
airampiezza [amplum]71 e all'apertura nei confronti del proprio Prin-
cipio). Una modalit in cui lo spirito si apre nuovi campi in infini-
tum, consiste nella molteplice operazionalizzazione dell'idea di infini-
to: dividere all'infinito i corpi immaginativamente e concettualmente,
pensare i numeri in quantit infinita, inventare innumerevoli relazio-
ni fra le figure geometriche e i numeri, estendere la retta al di l del li-
mite dell'orizzonte, pensare il tempo come esteso all'infinito (senza
inizio e senza fine) a partire dai modi - passato e futuro - della sua
presenza. Lo spirito passa in rassegna72 non soltanto tutta la realt
sensibile e spirituale, per saggiarne le possibilit spingendosi fino al-
l'infinito e per realizzarle nel pensiero; non solo ci che, in quanto tale,
, ma anche ci che non . Questo riguarda la sua tendenza gioiosa a
escogitare o a poetare (fingit) col linguaggio e l'arte figurativa, o a
dar forma a ci che pu essere e altrettanto a ci che non pu essere73.
In ci emergono la sua infinita capacit inventiva e la sua creativit74.
Il suo tendere all'infinito o la sua consistenza ontologica e intellettiva
di infinita virtus, costituisce anche il fondamento per cui esso, all'inter-
no del tutto in s graduato (differenziato) della realt, non pu essere
concepito come fissato una volta per tutte a uno di questi livelli (gra-
dus)15; esso risulta per cos dire aperto da entrambe le parti, compie
i suoi atti di comprendere e di volere in se medesimo verso l'alto e il

70 PT, XI, 5; II, 127. cfr. Cusano, De coniecturis, I, 1, 5, 13-19 (Koch-Bormann-Senger):


Quanto enim ipsa se in explicato a se mundo subtilius contemplatur, tanto intra se
ipsam uberius fecundatur, cum finis ipsius ratio sit infinita, in qua tantum se, uti est, in-
tuebitur, quae sola est omnibus rationis mensura. Ad cuius assimilationem tanto propin-
quius erigimur, quanto magis mentem nostram profundaverimus, cuius ipsa unicum vita-
le centrum exsistit. Ibid., I, 5, 18, 14 ss.: pluralitatem omnem abicere (cpeXe 7cavT0c!) ...
arcana omnia penetrare. 19, 1-3: Contemplare igitur mentis tuae unitatem per hanc ab-
solutionem ab omni pluralitate, et videbis non esse eius vitam corruptibilem in sua unita-
te absoluta, in qua est omnia.
71 Cfr. supra, p. 312.
72 329, 9 s. 330, 31; 331, 24.
73 329, 15 s.: ... mens per se pingit in seipsa.
74 329, 17 s.: novas quoque semper rerum facies vi propria et quodam ordine fabri-
cat et rursus innovt alias.
75 330, 12.

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318 W. Beierwaltes

basso quasi universalmente (


[gradus])76, si rivolge col pens
all' infinita possibilit della
si lascia forgiare secondo le for
va tendenza all'infinito si most
universale movimento di astraz
forme in cui appare la realt al
questa a sua volta al fondament
bont divine. Mira profecto v
reddit infinita78.
Il culmine delle possibilit di porre ne//'autorelazione del pensare e
del volere atti di rappresentazione, pensiero, volont, tensione e crea-
zione infinite, realizzando in tal modo nel contesto della realt creata
l'infinito, consiste per lo Spirito indubbiamente nel trovare79 l'infi-
nitudine stessa, cio nello scoprire e nel comprendere l'essere dell'as-
soluta, divina infinitudine80 quale proprio fondamento. Una tale sco-
perta e comprensione risulta possibile, secondo il principio del simi-
lia-similibus soltanto a una realt essa stessa infinita81, anche se
non va dimenticato che essa non detiene questa sua infinitudine da
se stessa in senso assoluto, ma che la possiede quadam amplificatione
divina, che dunque il suo inizio o principio, la conservazione delle
sue funzioni e della sua tendenza all'Infinito assoluto, vale a dire la sua
possibilit di convertirsi pienamente ad esso, proprio da questo dipen-
de82. Contro il principio cusaniano, menzionato da Ficino, che finito
vero ad infinitum sit nulla proportio83, la sua personale definizione
del concetto di Spirito vuole rendere plausibile proprio questo, che fra
di esso e l'Infinito in senso assoluto sussiste senz'altro una relazione di
incremento dal carattere analogo84, e che questa risulta costitutiva
la dignitas hominis : Dii estis et filii excelsi omnes85.

76 330, 12.
77 329, 32 s.
78 330,8-11.
79 330, 16 s. e 24 (infinitas ipsa).
80 331, 10 s. 16 e 26 (absoluta infinitas Dei). 31. Cfr. anche II, 6; I, 85: Omnis enim
simplex infinitas Deus ipse est - ibid., 87: ... pura ipsa infinitas nihil aliud est quam
Deus. Anche l'intero cap. 4 (82-84).
81 VIII, 16; I, 330, 20 ss. (aequatio).
82 331, 26 ss.
83 330, 26 s. Cusano, De docta ignorantia, I, 3; 8, 20: ... ex se manifestum est infiniti
ad finitum proportionem non esse - II, 2; 67, 10 s.: proportionem vero inter infinitum
et finitum cadere non posse nemo dubitai. Cfr., su questo problema, W. Beierwaltes,
Identitt und Differenz, Frankfurt 1980, pp. 109 ss.
84 330, 20 s.: infinitum vero oportet esse quod aequatur infinitati, il che implica
una definitio di Dio in quanto finis infinitus del dinamismo del pensiero umano.
85 Cfr. supra, nota 43.

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Plotino e Ficino 319

Se il movimento di conversione, di ascesa interiore, di estensione


universale sursum deorsumque e l'autopotenziamento ad essa con-
nesso viene pensato come infinito, ci vero non nel senso che ce lo si
debba immaginare come un sempre-di-pi, come un permanente an-
dare-oltre, come un continuo realizzare nuove possibilit, e che tutto
ci avvenga senza scopo. La scoperta, la definizione pensante e la tan-
genza amante con l'Infinito assoluto mediante l'infinito intenzionale/in-
tellettuale (la mens stessa) il fine di questo dinamismo. Il moto inten-
zionalmente infinito della mens si acquieta (quiescit) soltanto nell'In-
finito assoluto; questo solo il luogo che compete al percorso circolare
dello spirito, adatto alla sua essenza, a lui proprio86, nel quale que-
sto movimento, raggiungendo la beatitudo, si compie secondo com-
prensione autonoma. In virt dell'essere dell'Infinitudine assoluta e at-
tuale, non ci si pu per immaginare il compimento mediante quie-
te come una conclusione che blocca, o come una rottura degli atti fi-
nora realizzati, ma piuttosto come la felice partecipazione nel tempo ad
un'autorelazionalit a-temporale, attuale-e-infinita di pensiero, volont
e amore. Questa congiunzione con l'Infinito assoluto ha perci una qua-
lit che si distingue dall'infinite progredi preparatorio87 della mens: es-
sa va intesa come un'unit paradossale di status mobilis e motus
stabilis.
La scoperta che lo stesso Infinito divino e assoluto il fondamento
della propria (originaria) infinitudine (manifestantesi nell'infinita po-
tenza dello spirito), la possibilit di una tangenza pensante con 1' infini-
tudine stessa, danno allo Spirito secondo il modo in cui l'intende Fici-
no la certezza di una vita infinita anche dopo la morte del finito infini-
to. Il fine sistematico del capolavoro ficiniano Platonica Theologia,
consiste appunto nel mostrare che in ci risiede l'intenzione fondamen-
tale del filosofare platonico e neoplatonico.
Desidero ora aggiungere un corollario alle mie riflessioni sullo svi-
luppo conferito da Ficino al concetto di Spirito infinito, inteso a partire
dalla sua autorelazione pensante e dal rapporto che da essa scaturisce
a livello cosciente con l'Infinito assoluto, con l'Uno divino. Esso concer-
ne l'intuizione con ogni probabilit autenticamente ficiniana nel conte-

86 331, 10 ss., ove risuona la parola con cui Agostino apre le Confessioni. Sullo sfon-
do, si trova la dottrina agostiniana e della tradizione che dipende da lui, dell'otxeto x-
7CO delle cose (e anche dell'uomo). Su questo cfr. W. Beierwaltes, Augustins Interpreta-
tion von Sapientia 11, 21, Revue des tudes Augustiniennes, 15, 1969, pp. 51 ss.; su
pondus: 58 ss. - Fic. PT, X, 7; II, 85: mens, quae in re nulla quiescit nisi in prima -
Quaest. de mente, 8; III, 334: animus noster in solo infinito quiescere [valet]. Sequitur ut
solum quod est infinitum sit propria eius origo.
87 331, 16.

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320 W. Beierwaltes

sto del successivo sviluppo stor


ne speculativa che storicament
Il pensiero plotiniano, il cui U
tino, intende senz'altro come
sta definizione, costituisce per
mente determinante - almeno
e airautoriferimento assoluto (
infatti pensato Y Uno/Bene come
determinata in s o a partire d
o come qualcosa di statico; quin
di inattraversabile, o come
suppongono tutti quanti a loro
bero poi proseguibili, estendib
invece in-infinito e senza-limit
cio al fatto di essere potenza
tarchico e libero di tutto ci c
invece autodelimitantesi, e que
all'Uno. Esso persegue la prop
riconducendo il proprio mome
derivante dalla processione dal
se stessa volgendosi all'Uno. Ma
ta a formare un uno e un tutt
introduce nuovamente un ob
struttura interna del Nus:
pensabile e ogni pensato ate
se medesima e separata median
diverso v' in lui; la forza rifle
volta l'identico in quanto tale,
che gli diverso e rispetto alla
proca relazionalit dei singoli c
to condizione di una suprema u
dinamica 89 e relativa secondo
ca penetrazione pensante dei si
re della noesis del Nus, pu all
to limitato (dell'ipostasi Nus),
in-finito: ogni singolo rispecc

88 Plotino, Enn. VI, 9 [9], 6, 10 s.: A


tou [xeyGou r to pt0(xo, XX tc
Ficino: Deum praeterea infinitum no
vel multitudo, quam non liceat pertr
nequeas - Enn . V, 5 [39], 10, 18 ss. in
89 Enn. VI, 7, 41, 12: tocutov vo, vor

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Plotino e Ficino 321

la totalit rispecchia il singolo d


tra metafora: l'Uni-totalit pen
splendore 90.
Plotino ha riabilitato in maniera decisiva mediante una tale defini-
zione dell'Uno e della prima forma del suo dispiegarsi, il carattere ne
gativo che la tradizione pitagorico-platonica aveva conferito all'a7re
pov91. Se si tiene presente la massima cui Ficino ricorso in un conte
sto analogo, che il simile pu esser conosciuto (o anche solo toccato
dal simile, sembrerebbe logico che gi Plotino - come pi tardi far
Gregorio di Nissa92 - avesse sviluppato la concezione secondo cui a
l'Uno infinito dovrebbe necessariamente corrispondere un infinito pr
cesso conoscitivo nell'ascesa interiore, che non potrebbe raggiunger
un termine definitivo neppure nell'In-finito. Questo combacia indubbi
mente con quanto Plotino esplicitamente pens; perch la tangenza o
l'unificazione con l'Uno stesso non il termine conclusivo di un atto ir-
ripetibile, ma l'impulso a ripetere e a salire in un nuovo circolo dialet
tico intorno al Principio - a partire da (certo) migliori condizioni d
partenza 93.
Proclo, nel suo Commentario al Parmenide, ha coniato la forma di
un universale desiderio e di una tensione senza fine all'Uno94 che
muove anche l'uomo, e che viene caratterizzata come un costante, sem-
pre pi grande voler partorire (o>8)95, che trova il suo compimento
nel Yhenosis.
E proprio questo pensiero procliano, ampiamente trasformato,
stato ripreso e fatto proprio in senso cristiano da Nicol Cusano: il de-
siderio infinito dello Spirito umano96 risulta determinante per tutti i

90 Enti. V, 8, 9, 16, ss.; 4, 4 ss. (su questo punto cfr. W. Beierwaltes, Denken des Ei-
nen, cit., pp. 57 ss., in relazione alla domanda riguardo il Nus inteso come Uni-totalit).
Enn. VI, 2, 21, 7 ss. VI, 7, 13, 4 ss. Sulla differenza fra la vera infinitudine deWaion e la
cattiva del tempo, cfr. il mio commentario a Plotino, III, 7, 11, 54 ( ber Ewigkeit und
Zeit ... , cit., pp. 271 s.).
91 Anche la materia , ovviamente in senso negativo, infinita, indeterminata, in se
stessa priva di forma e di qualit, cfr. ad es., Enn., I 8, 8 ss.
92 E. Mhlenberg, Die Unendlichkeit Gottes bei Gregor von Nyssa, Gttingen 1966,
specialmente pp. 135-183. W. Beierwaltes, Hen, in Reallexikon fr Antike und Christen-
tum, 14, 1987, pp. 464 ss.
93 Enn. IV, 8, 1, 1 ss. documenta l'esperienza personale di Plotino al riguardo. Sull'i-
nizio sempre nuovo verso il compimento dell'enosi cfr. Enn. V, 3, 17, 5 ss. (su questo pun-
to cfr. W. Beierwaltes, Selbsterkenntnis... , cit., pp. 247 s.).
94 In Parm. VII, 58, 12 (Klibansky-Labowsky): Unius desiderium et indeficiens
<o8t - ibid., 54, 21: Amor unius inextinguibilis - In Parm. 1199, 21 (Cousin): 7T0O
to ev 8i to ev (in noi), identico ad una auxoourj coSt.
95 Su questa metafora cfr. la nota precedente.
96 Su questo tema cfr. l'omonimo saggio di F. Hoffmann, in Mitteilungen und For-
schungsbeitrge der Cusanus-Gesellschaft, 18, 1989, pp. 69-86. Cfr. anche De visione Dei,

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322 W. Beierwaltes

suoi atti, a cominciare dall'es


del proprio io che procede in
mens, per compiersi infine in
finitudine. Ques'ultima, non aff
le, incitamento e idea condutt
la quale cosciente del fatto ch
tingente se considerata in rife
esso nessuna relazione che sia p
mensione ontologica98. Quest
mente alcun rapporto dell'In-f
logicamente gi posto dall'atto
dalla conversione partecipativ
ragonabili. Solo allo Spirito, m
commersurabilit delle due di
pensante proprio di questa diff
il cosmo, un 'infinitas finita"
di infinitudine soprattutto med
La comprensione della infini
tum 100 esige una docta ignora
finitezza e il proprio fondamen
divino s infinito, ma proprio
forma concettuale comunicabile
cola il movimento del pensiero
o a un puro fideismo, ma risv
del concetto, per arrivare, sup
sibile a tale fine. Solo a un dina
mente la scalata del murus par
a simbolizzare l'idea ancora aff
tia oppositorum, ma rappresen
l'Infinito assoluto: in quo habi

XVI, 72, 4 s.: ipse appetitus quiescere n


J. Hopkins, Nicholas of Cusa's dialectica
97 Cfr. W. Beierwaltes, Visio Facialis
chen und unendlichen Blicks bei Cusa
derWissenschaften, phil.-hist. Klasse,
98 Cfr. il testo cit. alla nota 83.
99 Cusano, De docta ignorantia, II, 2; 68, 18.
100 Cusano, De visione Dei, XIII, 54, 1 s. e 59, 7 (Hopkins).
101 Su questo concetto centrale in Cusano cfr. - nell'immensa letteratura - il sag-
gio penetrante e meditativo di G. v. Bredow, Lernen des Nichtwissens : Erfahrung unbe-
greiflicher Wahrheit, Stimmen der Zeit, 1989, pp. 165-175.
102 De visione Dei, IX e X. Su questa metafora cfr.: R. Haubst, Die erkenntnistheore-
tische und mystische Bedeutung der Mauer der Koinzidenz, in MFCG (nota 96), 18, pp.
167-195. W. Beierwaltes, Visio Facialis..., cit., pp. 30 s.
103 De visione Dei, IX, 39, 8 s.

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Plotino e Ficino 323

A questo percorso cusaniano ver


to esporre soltanto in modo insuf
no di uno Spirito determinato m
si dischiude nel modo pi intenso
cos le possibilit a lui immanent
te sull'idea di un Infinito assolut
Cusano, e inoltre sulla sua concez
re le tracce e le potenze dell'Infi
cosmo e in tutte le forme del sap
risulta difficile valutare la specu
senzialmente originale. In essa
operazionalizzazione del concetto
Ficino conferisce all' infinita vi
- in quanto creata - la propria f
autooriginarsi, minimizza tuttavi
della rappresentazione del feno
conseguenze, per far apparire l'u
Deus e non come peccator. Pres
zione di un'infinita virtus dello
sua creativit a rendere il pensi
stretto, oggettivo e determinante

104 Nella storia del concetto di Infini


umano prima di Cusano si dovrebbero co
- affermazioni paragonabili in Agostino,
fessiones, X, 8, 14: Magna ista vis est m
et infinitum. Quis ad fundum eius perv
nscio quid horrendum, deus meus, prof
et hoc ego ipse sum. Quid ergo sum, deu
ta et immensa vehementer - Eriugena,
divina essentia, ad cuius imaginem facta e
certo fine terminatur - Tommaso d'Aqu
noster ad infinitum in intelligendo extend
lectus in infinitum nisi esset aliqua res i
tem intellectus est quodammodo infinita i
cies numerorum augendo, et similiter s
etiam universale, quod est virtute infinit
dividua, quae sunt potentia infinita. Q
Vili, 16; I, 328, 26 ss.; anche il quodamm
Cfr. anche Summa contra Gentiles, III, 5
potest (Ficino: merito quiescit numquam
I, 331, 11). Quod exinde ostenditur, quo
molitur apprehendere, unde, qualibet lin
hendere. Et similiter in numeris. Et haec
mathematicis ... Non ... intellectus substa
substantias creatas quantumque eminente
gendum substantiam quae est altitudinis
105 Cfr. supra, p. 317.

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324 W. Beierwaltes

niana e tomasiana, aperto per


ultimo, grazie allo sviluppo ch
teoretico di matrice neoplatonica, si conservato in esso qualcosa
dell'antico, ulteriormente dimostratosi come verificativo in un pro-
cesso di trasformazione produttiva 106.

106 Sulla storia degli influssi della filosofia di Ficino cfr., fra gli altri, P.O. Kristel-
ler, Eight Philosophers of the Italian Renaissance, Stanford 1964 (rist. 1966), pp. 49 ss.
A.J. Festugire, Philosophie de l'amour de Marsile Ficine et son influence sur la littratu-
re cent seize au XVIe sicle, Paris 1941 2. A. Reckermann, Amor Mutuus. Annibale Carrac-
cis Galleria-Farnese-Fresken und das Bild-Denken der Renaissance, Kln 1991. Th. Lein-
kauf, Mundus combinatus. Studien zur Struktur der barocken Universalwissenschaft am
Beispiel Athanasius Kirchers SJ (1602-1680). W. Beierwaltes, Subjektivitt, Schpfertum,
Freiheit. Die Philosophie der Renaissance zwischen Tradition und neuzeitlichem Bewut-
sein, in Autori Vari, Der bergang der Neuzeit und die Wirkung von Traditionen (Schrif-
ten der Joachim Jungius-Gesellschaft der Wissenschaften Hamburg, Gttingen 1978, pp.
15-31); Plotins Erbe, cit., pp. 89 ss.

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