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A (14): Elaborare lesperienza vissuta

Ineluttabili malinconie
Mercoled 2 novembre 2011

Il potere distruttivo delle illusioni non sar mai


documentato abbastanza! Non parlo degli esempi e degli
argomenti da addurre a sostegno della tesi della loro
pericolosit. Su questo c una letteratura autorevole, che
intendo riproporre. Mi riferisco al lavoro che facciamo su noi
stessi lungo le et ulteriori della vita, quando affiorano i ricordi
sgradevoli e quando i mancati riconoscimenti ci educano
lentamente allidea che quei riconoscimenti non arriveranno
mai, perch magari troppo tardi per noi, perch i detentori del
potere da cui dipendiamo hanno modificato le loro regole, che
non contemplano pi la nostra presenza o che la considerano
residuale, niente pi!
Gli esempi che pi mi fanno soffrire oggi non possono
diventare materia di discussione qui: il danno che gi ho
ricevuto a causa di esse si accrescerebbe ulteriormente! Questo
mi porta a pensare che di vere illusioni si trattato, che
parlarne rischioso, che questo aspetto non secondario
rispetto alla loro natura.
Lesito di questa scoperta, di cui si fanno sempre pi chiare
le implicazioni pratiche, il silenzio: leffetto pi evidente del
loro smascheramento dentro di me dato dalla scelta del
silenzio. Non parlarne con nessuno scelta morale, oltre che
una forma di difesa.
Una catena di errori che abbia prodotto guasti nei rapporti
con qualcuno e per i quali non c rimedio si traduce finalmente
in unassoluta assunzione di responsabilit. Se pure altri
avranno contribuito o addirittura saranno stati determinanti
nellevoluzione degli eventi, limpossibilit di parlarne deriva
spesso proprio dalla confusione che si generata, per la quale
non vale di pena di chiamare in causa chi non ammetterebbe
mai una responsabilit pur piccola.
La mente trascorre da un evento allaltro, cerca lanello che
non tiene, una via di fuga, un argomento a cui aggrapparsi per
fornire allaltro la possibilit di aiutarci, magari riconoscendo
una parte soltanto di responsabilit, ma inutile! In alcuni casi
non c altro da fare che arrendersi di fronte allintransitabilit
di unutopia, perch in queste dimensioni grandi si traduce il
grumo di eventi di cui non si riesce a venire a capo.
Immaginate, ad esempio, che qualcuno abbia messo in giro
voci su di me, in parte vere. Cosa dovrei fare? Andare a cercare
una per una le persone raggiunte da quelle voci per fornire
linterpretazione pi attendibile, solo perch salva la mia
immagine dal discredito? Non rischia di essere
controproducente il ricorso alle spiegazioni postume, quando
magari il tempo sta gi provvedendo a sfumare, a diluire, a
illanguidire i ricordi?
La forza delle emozioni che accompagnano levento
maggiore pu essere determinante, facendo propendere per la
strada della recriminazione, del lamento, dellindignazione, se
ci convinciamo che in quel modo restituiremo credibilit al
nostro nome.
Pi spesso, tutte le strade sono ostruite: il garbuglio tale,
la qualit umana delle persone implicate cos scadente che
preferibile tacere. Il silenzio che consegue la misura di
prudenza a cui indispensabile ricorrere per non complicare il
quadro.
Resta il compito grande dellelaborazione minuta dei
passaggi, dei sentimenti associati alle scelte intempestive, della
necessit del danno Tutto ci che si determinato nel tempo
parte della catena che ha portato al danno. In nome del
danno, non possibile invocare sconti o addirittura
assoluzioni: la pena va scontata fino in fondo.
Ci sono pene che non finir mai di scontare, perch ho gi
potuto verificare che le persone che si ritengono offese, ferite,
colpite da me anche a distanza di anni mostrano di non essere
per niente intenzionate a perdonarmi.
E compito del pudore nascondere la colpa con la catena
delle conseguenze, contribuendo a creare lo spazio
dellInconfessabile che mai nessuno conoscer.
Senza enfasi
Mercoled 9 novembre 2011

Ben nascosto tra le pieghe dellanima, il ricordo lontano


della voce aspra di mia sorella sempre vivo. Era uscita a
passeggiare come sempre con le sue amiche lungo il Corso della
citt. Naturalmente, attorniata da ragazzi vocianti che le
accompagnavano schiamazzando, come fanno sempre i ragazzi
che sciamano nel sole della giovinezza. Era il tempo in cui le
donne stavano chiuse in casa. Uscivano sempre accompagnate
da qualcuno. Il loro comportamento era seguito da tutta la
famiglia. Ne andava dellonore di tutti. Rientrando a casa, corsi
da mio padre a raccontare di averla vista in piazza. Alle sue
rimostranze io rispondevo aggiungendo sempre nuovi
particolari, per irritare e allarmare mio padre, sicuramente
spinto dalla gelosia
A un certo punto, mia sorella si rivolse a me con voce ferma
e sicura e mi disse: Tu hai locchio di bue! Ingigantisci tutto
quello che vedi! e non aggiunse altro. In quellistante non mi
resi conto dellimportanza dellaccaduto, perci continuai a
provocare confusione, senza costrutto. Unica attenuante, let.
Ero bambino.
Ma tutte le volte che ho ripensato a quelle parole nel corso
della mia vita ho sentito come un monito risuonare quella voce
dentro di me. Era come se volesse dirmi: Stai attento, perch
rischi di provocare guai con il tuo entusiasmo!. Ho sempre
chiamato poi entusiasmo lenfasi con la quale spesso mi sono
espresso in pubblico. Potrei fare lelenco completo dei pi
grandi disastri che ho provocato fino a quelli delle ultime
settimane -, contribuendo a compromettere rapporti
consolidati. Come dice la mia amica Renata: Unaltissima
quantit di incontri umani viene distrutta da una scarsa
tolleranza agli equivoci. Io so che spesso solo di inezie si tratta,
ma basta il tono di voce sbagliato, per dare una sensazione di
rimprovero. Se si alza la voce per farsi sentire, mentre altri a
loro volta creano confusione, si finisce per apparire come
aggressivi e intolleranti
Il fondo di inconfessabile da cui talvolta parliamo quella
zona dombra i cui si condensano immagini e voci che si fanno
rimprovero e rammarico. Come non sentire che qualcosa di
irrevocabile sia accaduto, se anche dopo decenni riaffiorano
brevi ricordi che pure pesano sullanima come grandi torti ed
errori, se il loro vivido apparire alla coscienza sempre
accompagnato dalla sensazione pungente di una colpa mai
espiata!?
Dedichiamo al perdono molte energie per definirne i modi e
i tempi e lopportunit e il valore morale, ma poi siamo soli con
il nostro inconfessabile, che sta l a ricordarci che quellerrore
stato propizio, perch ha consentito di comprendere quello che
andavamo facendo e ci ha aiutato a non commetterne di pi
gravi.
Ma come spiegare da cosa nasca poi il bisogno di perdono
che non trova risposta? Altri hanno trascurato di occuparsi di
noi, di lenire le ferite dellanima, di aiutarci a guarirne? Per
quali vie aprirsi a queste evidenze, lasciando entrare nella
propria anima quelli che ci amano e che magari potrebbero
essere il farmaco che cura?
La nostra esistenza fatta anche di queste schegge
luminose che mostrano zone remote della coscienza, che sono
spesso ci da cui noi proveniamo e che hanno contribuito
grandemente a fare di noi quello che siamo.
Raccontare lassenza
Mercoled 4 gennaio 2012

Di tutte le cose che ci diciamo per rimediare a


incomprensioni e fraintendimenti, dei tentativi che facciamo
per rendere la comunicazione fluida e gratificante, addirittura
degli sforzi, a volte disperati, in cui ci produciamo
incessantemente per raggiungere le mete ambite nella relazione
amorosa ci sfugge ci che di pi essenziale ci riguarda e merita
attenzione: la necessit di restituire lassenza.
E questultima che genera la malinconia damore, non
importa se si tratti di generica privazione, causata dalle
quotidiane vicissitudini della vita, o di silenzi imposti dalle
circostanze, ovvero di astensione prudente da ogni eccessiva
manifestazione di s: sempre di una mancanza si tratta.
C qualcosa che ci manca, che ci fa sentire spaesati,
proiettati nellimpermanenza delle cose, come se tutto fosse
destinato a durare poco, a precipitare nellinsignificanza.
Noi stessi ci scopriamo destituiti di senso: non sappiamo
pi bene se ci ritroviamo ancora ad occupare il posto che ci era
stato assegnato nel cuore della persona amata. Non siamo
(pi) sicuri di noi. Sembra quasi che ci sia stata tolta la faccia,
o meglio il volto, quellanima del corpo che dovrebbe bastare
sempre a far dire s a chi ci ama, al nostro semplice apparire o
allascolto rinnovato della nostra voce.
Quante volte siamo caduti nellerrore di interpretare in
modo abnorme fatti che ci sono apparsi poco chiari,
sicuramente fonte di ansia: non abbiamo pensato ogni volta che
era in questione la stessa sussistenza dellamore, come se fosse
minacciato nei suoi fondamenti?
E stato detto autorevolmente che unaltissima quantit
di incontri umani viene distrutta da una scarsa tolleranza
agli equivoci.
Provate a pensare, allora, a quegli equivoci che risulta quasi
impossibile spiegare, perch tutto si svolto fuori della sfera
della nostra azione, a volte in seguito al concatenarsi fortuito di
eventi che finiscono per farci apparire in una luce nuova,
inattesa, a tratti sgradevole agli occhi degli altri!
Non bisogna concludere in quei casi che siamo nelle mani
dellaltro, che tutto dipende dalla capacit che dimostrer di
interpretare nella maniera a noi pi favorevole ci che pure si
presenta con i caratteri inequivocabili della certezza,
dellevidenza? Possiamo escludere che almeno una volta nella
vita possiamo ritrovarci ad essere vittime di un equivoco? E se
questo ci sembra plausibile, non improbabile, perch non
ammettere che possa accadere pi di una volta? E se laltro
utilizzer la prima volta come termine di riferimento per
concludere ad ogni nuovo equivoco che fatti ripetuti stanno l
a dimostrare da soli la nostra colpevolezza, chi ci salver dalla
caduta in disgrazia, dal rifiuto, dalla chiusura, quando non
addirittura dalla rottura definitiva di un rapporto per altri versi
felice?
Quanti accorgimenti dovremo adottare perch file di
continuit intervengano a diradare presto ogni dubbio, perch
tutto si mostra allaltro, essendo trasparente lintera nostra
esistenza?
Solo se riempiremo tutti gli interstizi, generando la piacevole
illusione che tutto sotto controllo, avremo fornito allaltro la
sensazione viva di essere presente nella nostra vita, di ricevere
ininterrottamente senso: tutto ci che ci riguarda deve essere
parte della vita della coscienza dellaltro, deve essere accolto,
ospitato, diventare agente di cambiamento, oltre che fattore di
stabilit. Si potrebbe dire dellamore, di ogni forma damore, che
non altro se non raccontare lassenza.
Il non detto che ci accompagna e ci sfugge
6 gennaio 2012

La risposta che ci aspettiamo ad ogni nostra domanda


diretta (quasi) sempre al di sotto delle richieste pure insistenti
e ripetute in cui ci avviluppiamo per sapere.
Kafka ha sentenziato con uno dei suoi aforismi pi forti:
Prima non capivo perch non ricevessi risposta alla mia
domanda, oggi non capisco come potevo credere di poter
chiedere. Ma non credevo affatto, chiedevo soltanto. E
potrebbe andar bene questo argomentare, se ci sta a cuore un
pi profondo sentire a cui ricorrere e da mettere in campo,
soprattutto nelle relazioni sentimentali.
Nella comunicazione faccia a faccia, tuttavia, quando non
siano in gioco questioni vitali o bisogni di riconoscimento
radicali, vorremmo che una compiuta espressione di s
prevalesse su ogni altra tecnica comunicativa o artificio
retorico.
Eppure, niente di tutto questo interviene ad impedire una
manifestazione chiara di s non solo allaltro ma anche a noi
stessi.
C un non detto che contraddistinguer sempre le nostre
emozioni, la nostra sessualit, alcune condotte particolari,
come quella tossicomanica: non impliciti o presupposti, n
ineffabili e inconfessabili moti dellanima restano chiusi nei
meandri della psiche, ma un grumo di affezioni che non
troveranno mai le parole per esprimersi. E cos per lorgasmo
sessuale, ad esempio, per lo sballo prodotto dalle droghe, ma
nondimeno per le nostre pi semplici emozioni a cui non
riusciamo proprio a dare un nome.
Si tratta di una vera e propria zona dombra dellesperienza,
che non arriva mai a farsi paradosso se cos fosse, troveremmo
subito modo di verbalizzarlo n spirito di litote, come ha
chiamato Janklvitch latteggiamento di chi si ritrae davanti
allemozione.

Lo spirito di litote quello delluomo non pi segreto ma


discreto il quale, reprimendo in se stesso la furia espressiva
dellAppassionato e del Disperato, si ritrae costantemente
davanti allemozione. La litote una figura retorica: il dizionario
ci insegna che una formulazione attenuata, ottenuta
mediante la negazione del contrario, come quando alla
domanda come stai? rispondiamo Non male, grazie. Per
Janklvitch, il pudore sta in questa attenuazione, in questo
meno che si contrappone alla cifra della nostra cultura, il
troppo: troppe parole per dire una cosa, troppa filosofia per
esprimere un pensiero.

Non sottaciuto n rifiutato il contenuto che non si fa mai


parola. Non enigma n mistero: anche per essi troviamo
sempre la via che conduce a una qualche espressione della
realt nascosta allo sguardo.
Riusciamo forse a dare un nome alla nostra sessualit? ad
esprimere compiutamente quel vissuto esperienziale che pure
vivo e concreto in noi? Quando dobbiamo difendere una nostra
inclinazione anche innocente, ci riusciamo?
Procediamo sempre per approssimazioni, per metafore,
descrivendo una situazione o uno stato danimo e di corpo, con
la sensazione netta di non aver detto tutto. Forse, proprio
lessenziale resta, appunto, non detto.
E opinione diffusa ormai che la sessualit non pi un
tab. Come se sapessimo tutto! In realt, cosa di cui non
abbiamo pi paura come un tempo o sulla quale non pesano
pi distruttive censure etico-sociali. Quello che di essa
conserva, in realt, per noi un fascino e un incanto il piacere
non il mero godimento -, che ci appartiene in modo particolare
ed esclusivo. Non siamo disposti a credere che si tratti di
meccanismi biologici uguali per tutti. Interviene il corpo
vivente linguistico a vivere unesperienza unica, anche se
ripetuta infinite volte in modo quasi uguale. Listanza del
desiderio vuole la sua parte. E il desiderio prende forma
attraverso gesti, sguardi, suoni della voce che precedono la
parola vera e propria.
Una parte importante di noi l, nella zona dombra sulla
quale non cade mai la luce o che la luce illumina di una luce
troppo intensa perch ne emerga il disegno di una figura utile
per noi, che ci aiuti a dire compiutamente perch siamo qui e
ora e non in un intemporale e un immemoriale nunc che sfugge
al nostro sguardo.
Sapere che i silenzi dellaltro quello che in noi come
quello che fuori di noi sono fatti di una pasta che non ci
appartiene, anche se proviene da noi, pu aiutarci a vivere
meno drammaticamente gli istanti eterni che pure ci sono
concessi e che siamo condannati a veder passare
inesorabilmente come tutte le cose belle che riceviamo in dono.
Credere alla parola dellaltro
la prima mossa della ragione
6 gennaio 2012

Nella lunga esperienza di Educatore impegnato nei colloqui


di motivazione, all'interno del Centro di ascolto, c' una
'premessa teorica', da me posta alla base del lavoro di ascolto,
che non ho mai dichiarato: mi dispongo all'ascolto della
persona che per la prima volta accede alla sede prestando fede
a tutto ci che mi dir.
Non si tratta certo di una scelta ingenua: non penso che
tutto ci che viene detto sia vero senza ombra di dubbio. Non
mi guida la convinzione che chi parla non mente mai! Anzi, nel
caso del tossicomane ci stato insegnato dai Fondatori di
Comunit che essi mentono sempre, anche quando dicono la
verit!, a significare che quello che sembra vero oggi
probabilmente non sar pi vero domani per loro. Sono instabili
nei loro propositi.
Eppure, c' nel loro atteggiamento generale nei confronti di
chi li accoglie una 'disponibilit' e un'apertura di cui bisogna
'approfittare': chi varca la soglia di un Servizio pubblico o
privato ha un proprio sistema di attese che importante
conoscere e su cui fare leva. Entrare per la prima volta in un
SER.T. o in un Centro di ascolto per tossicodipendenti equivale
ad ammettere di essere invischiati in una situazione diventata
insostenibile per la persona.
A dispetto del 'sistema delle resistenze' che pure viene
messo in opera al primo accenno al cambiamento, io non
avanzo mai in direzione della proposta di cambiamento.
Addirittura, non parlo mai di un'offerta di aiuto o delle 'ragioni'
di chi accoglie il nuovo venuto.
Piuttosto, mostro interesse per la persona, per la sua salute
fisica, per il suo benessere morale. Mi domando perch sia
venuta da me. Mi muovo nello spazio ristretto in cui solitamente
ci si muove quando qualcuno viene a trovarci e non sappiamo
ancora bene cosa abbia da dirci. Siamo un po' eccitati e curiosi.
Chiediamo come abbia avuto notizia di noi. Solo dopo, invito la
persona a parlare di s.
E' questo il momento in cui l'altro non pu fare a meno di
aprirsi: stato toccato in una zona sensibile, in un momento in
cui non era avvertito e vigile; non ha compreso quello che gi
accaduto, ch stato interpellato con nonchalance a fare la
cosa a cui si resiste di pi, cio raccontare la propria vita.
Il varco cercato si mostra 'finalmente' a noi: siamo
nell'Aperto, nello 'spazio' dell'esperienza dell'altro, nell'invisibile
della sua esperienza, in cui ci immette lui stesso, come se quello
che ci mostra fosse impersonale esteriorit! Le sue emozioni gli
dicono che non cos, ma si sforzer comunque di narrare fatti,
convinto che non passeranno contestualmente altre
informazioni, schegge di vissuto, spie di quell'Inconfessabile
che ognuno di noi custodisce gelosamente, mettendolo al riparo
dagli sguardi indiscreti.
Mostrare interesse senza sottolineare l'importanza del dono
ricevuto un modo per favorire il 'flusso di coscienza', che sar
doveroso non interrompere con giudizi mai giudizi! o con la
manifestazione di emozioni che potrebbero contrastare con
quelle di chi si sta aprendo a noi.
La consapevolezza del fatto che questo accade, che accade
sempre, se solo si tratti come persona chi entra nella nostra
casa, ci che mi fa dire quanto sia importante prestare fede
alle parole dell'altro. Solo cos potremo sceverare tra ci che
caduco e ci che ha un 'fondamento' di verit nella realt
dell'altro, nella sua condizione oggettiva, nella situazione che
contraddistingue la sua esistenza, non importa se si tratti di
un'esistenza spezzata, come preferisco dire io della condizione
tossicomanica.
Chi stato accolto e 'ascoltato' torner, se avremo chiuso il
colloquio lasciando qualcosa in sospeso, ogni volta una
questione aperta, che lascer l'altro in uno stato di sospensione
punteggiato da un'ansia per cui dovr cercare una risposta nel
tempo. Senza pretendere mai che il tempo di un colloquio serva
a 'chiudere' alcunch si contribuisce a generare l'attesa di un
'seguito' del 'racconto'. L'offerta pi grande non da ricercare
solo nell'orientamento verso programmi esterni: gi
l'accoglienza nel Centro di ascolto serve a far saggiare il valore
della costruzione di una relazione umana che va a soddisfare
bisogni di riconoscimento inespressi. La sensazione viva di
'essere sempre in cammino' indurr l'altro a non spezzare il filo
che incomincia a legarlo a noi.

Credere alla parola dell'altro il primo gesto


Intervista di Francisco Mele a Paul Ricoeur
Der Abschied
14 gennaio 2012

Un tempo andavo fiero del fatto di sapere che senza cultura


non possibile nemmeno essere innamorati, perch
intimamente convinto del fatto che io possedevo la cultura
necessaria per far durare lamore destinato a durare.
Anche lo stare a distinguere tra amore che dura e amore
che non dura era operazione che facevo discendere dalla
capacit personale di alimentare la relazione amorosa e di
provvedere alla manutenzione degli affetti con abilit e
competenza.
Perfino la convinzione inveterata che bisogna rendersi
degni di essere amati stata opportunamente abbandonata da
me, a vantaggio di una pi produttiva tendenza ad affidarmi al
Caso, ai volubili capricci della fortuna: non forse vero che
anche le persone pi abiette (per noi) ricevono amore, e talvolta
sono quelle pi fortunate?
C un tempo anche per lamore, e il suo tempo si misura
quando se ne conosce la fine. E importante anche fissare la
data, se interviene la sanzione che di 13 gennaio si tratta e non
di un altro tempo e di unaltra vita.
Naturalmente, c lo strascico, che non il lungo velo della
sposa che spazzola la strada che conduce alle prime tappe della
felicit. Di un altro strascico si tratta. Il mondo preferisce dire
al plurale, perch umano che si accavallino ragioni su ragioni,
per fare luce e rivendicare verit, ma soprattutto per rimettere
insieme cocci che non combaciano pi.
Gli antropologi raccontano i modi bruschi che
prevarrebbero quando interviene una rottura nella relazione
pi importante della vita delle persone, a segnare
unincapacit che deriverebbe forse da uninadeguata
educazione sentimentale.
Il rifiuto assume la forma che Freud ha riassunto in una
parola: Versagung. Non frustrazione n privazione o
castrazione: pi correttamente, io preferirei tradurre in modo
non tecnico il termine con rifiutarsi di (rinunciare).
Propriamente, il sostantivo tedesco allude a un uso riflessivo
che possibile scegliere tra i vari significati
di Versagung: rifiutarsi di. E di che cosa mai ci rifiuteremmo nel
corso di tutta la nostra vita se non di rinunciare, di astenerci
dal cercare ancora, ma soprattutto di illuderci che ci che era
destinato a durare ancora non ha cessato di rappresentare per
noi una ragione di vita in pi?
Nellincrocio tra due vie del cuore non scegliamo sempre
quella che ci fa durare ancora, non importa se nella
sospensione calda dei giorni e delle ore in cui la presenza che
non pi tale noi cerchiamo di far durare ancora? E riusciamo
a far durare il sentimento che d voce e corpo per noi a quella
presenza! Ma essa non pi vera presenza. La sua ek-
stasis mondana non pi protesa a realizzare un nostro
significato. Il cielo si fermato. Inutile cercare di imprimere alle
stelle pi lontane un moto che si rifiutano di esprimere. Non si
ode pi palpitare in lontananza un cuore per noi. Siamo
nellinfranto.
C un altro modo, per, di rifiutarsi di rinunciare a chi
lungamente si congeda da noi senza dire arrivederci! ed un
modo mite e sereno. Occorre grazia larrendevolezza della
fantasia per arrivare a congedarsi opportunamente e in modo
non brusco: la parola pi appropriata, che torna a visitare i miei
giorni, Entsagung, che significa s rinuncia ma che non
improvviso distacco e abbandono. E come un lungo addio alla
terra, che canto, non lamento o grido trattenuto.
Magari, nella solitudine ovattata delle proprie stanze si
avvertir la presenza di cose che si odono piangere
sommessamente e che si nascondono agli occhi della gente,
ma si tratta solo di uneco restituita dalle cose che ricordano
ancora i giorni felici.
Si tratta di decidere se far durare questa voce a lungo
ancora o lasciarsi sedurre dal richiamo di altre voci, come
spesso accade al mondo e ai suoi giorni.
Noi non lasceremo che la porta, che abbiamo lasciato
aperta, si richiuda perch i freddi venti invernali sferzano il viso
o perch non giunge risposta alleco lontana della nostra voce.
Non abbiamo aperto il nostro cuore per una sola stagione.
Aprirsi a nuove evidenze
Domenica 15 gennaio 2012

Non basta avere le cose davanti agli occhi per poter dire di
aver visto. Ancor pi difficile ammettere di aver compreso
(accettato) ci che si sentito.
Tra le forme pi eroiche di non accettazione della realt c
da annoverare senzaltro lattitudine maschile a trovare in ogni
manifestazione della propria donna una spiegazione favorevole,
anche in presenza di un rifiuto secco e definitivo. Se poi si tratta
di altra donna, le torsioni che si fanno subire alla lingua e alla
logica per poter dimostrare lindimostrabile rasentano la
comicit.
Ci che risulta pi oscuro nella sua evidenza ci che non
possiamo accettare, perch talmente inaudito e inverosimile
che non se ne accetta il significato palese. Levidenza perde i
suoi caratteri di incontrovertibilit e chiarezza tutte le volte che
ci concediamo unaltra possibilit, anche senza fondamento. E
sufficiente piegare lo sguardo allindietro, per riandare
allevento che ci convince dellassurdit di ci che ci si para
davanti agli occhi oggi. E se tra le cose passate ormai ce n una
di cui siamo assolutamente certi, ci imbarchiamo in dispute
imprudenti e insistenti che dovrebbero mirare a far ammettere
che le cose sono andate esattamente come fa comodo a noi.
Ormai non ha pi senso stare a pesare e misurare il grado
di verit che hanno fatti e detti, ma chi vorr rinunciare a
segnare un punto ancora a proprio favore? perch non c altro
a cui aggrapparsi per dare respiro a ci che agonizza e langue!
Siamo convinti del fatto che se passer che abbiamo ragione
su un punto, si riapriranno scenari positivi, si disporr di una
base nuova su cui far poggiare nuove certezze, significati
condivisi Ma il fatto che anche dallaltra parte si combatte
la guerra di civilt che ha di mira solo lannientamento del
nemico! Nessuna concessione pu esser fatta proprio perch
costituirebbe un varco attraverso il quale passerebbero altre
ragioni da spendersi al mercato della riconciliazione.
Quella piazza, per, vuota. E non c sportello che possa
valere per farci da giudice nelle nostre controversie quotidiane.
Se pure da esse dipende il seguito della nostra storia, siamo
soli. In realt, non possiamo appellarci a nessuno. Nessuna
tregua invocare.
Di tutte le possibilit di azione che abbiamo di fronte ce n
una sola che andrebbe percorsa sempre. E quella di chi arretra,
si astiene, resta in silenzio a contemplare lo spettacolo delle
macerie che si mostrano ai suoi piedi, come se la realt si fosse
coalizzata tutta per mostrarci in una sola volta ci che ci siamo
rifiutati di vedere e di ascoltare a lungo.
Apprendere dallesperienza la cosa pi difficile. Eppure,
senza cadere nella tendenza a ripetere gli stessi errori,
dobbiamo contemplare lo spettacolo che si mostra nella sua
dura realt e riconoscere che di realt si tratta.
Tra verit e realt ho sempre preferito la seconda. A che
vale rivendicare questa o quella verit e lasciarsi sfuggire
loccasione per una pi compiuta e vera comprensione della
realt? Se la verit di un fatto non basta pi per salvare una
relazione sentimentale compromessa, non sar pi saggio
attenersi alla realt, anche alla realt deformata che si venuta
a determinare e in cui non riusciamo a riconoscerci? Se
accettare perfino linaccettabile non baster a sostenere
lillusione che possa ricomporsi linfranto, almeno aiuter la
conversione dello sguardo verso nuove evidenze.
Dopo ogni perdita si suole dire in modo scontato che la vita
continua, ma sta a chi ha subito la perdita trovare nella realt
ragioni soddisfacenti per riprendere a vivere dignitosamente.
Chi non avr coltivato la propria anima sentir pi forte la
mancanza. Coltivare la propria anima non solo un compito
morale: anche un modo per imparare a bastare a se stessi, e
non solo per fronteggiare il lutto e la mancanza. Ai miei alunni
ho sempre suggerito lidea che in ogni relazione significativa
dovremo portare qualcosa in dote. Quando viene meno la
ragione perch la relazione sussista, c da spendersi ancora
quella dote: importante avere in s la possibilit di
continuare a dare senso alla vita. Indipendentemente da chi
pure aveva contribuito grandemente a darle senso.
Il nostro compito
Marted 24 gennaio 2012

Che si trattasse di mani capaci di sollevarci al di sopra dellim-


mortale volgarit umana non cera alcun dubbio.
Che quelle mani, poi, fossero pi leggere di ali dangelo era nei
nostri voti.
Che addirittura lanima, librata in volo, potesse riposare
finalmente pacificata nella pi eterea e impalpabile regione del
cielo ci era stato annunciato da viandanti esperti di quelle
regioni.
Resta solo il dubbio che si tratti del crepuscolo della sera o del
crepuscolo del mattino. Provvederanno, in ogni caso, le ali fornite
da tutti coloro che ci amano a lenire il dolore dei nostri dubbi.
Abbiamo imparato a non interrogare pi il cielo e a sfidarlo con
la nostra incredulit. A quelle mani soltanto occorre dire
finalmente s. Lattesa finita.

Si potrebbe anche dire che per quanto dolorosa sia


lesperienza dellabbandono va vissuta con dignit, con un
sentimento adulto delle cose: non costituisce soltanto una
prova di ci che chiamo esatto sentire cio della necessit di
corrispondere con strumenti adeguati alla sfida della realt
laccettazione del mero dato di fatto, senza ulteriori tentativi di
rilanciare lillusione che possa esserci concessa unaltra
chance. Lelaborazione della nuova condizione non richiede il
lavoro della memoria o la cura dei contenuti di pensiero, per
intervenire sulle emozioni e trasformarle in altra cosa da quello
che sono. Lo stesso sentimento non pu essere manipolato a
proprio piacimento, dopo aver sentito, cio percepito le qualit
di valore positive di una persona per qualche decennio. Ci che
ha avuto ai nostri occhi pregio non pu essere trasformato nel
suo contrario, per non soffrire!
Il bello proprio questo: se prima abbiamo sofferto per non
essere stati a lungo ricambiati, ora bisogna soffrire per vivere
con dignit e fierezza labbandono! Altro non dato fare. In
mancanza di riconoscimenti, non disponiamo di un
interlocutore disposto a sostenere ancora la parvenza di dialogo
che non c pi. Il conflitto permanente e la litigiosit, infatti,
non sono la migliore riprova del fatto che nessuna intesa pi
possibile? E se ci troviamo di fronte a una intransitabile utopia,
perch immaginare che di altro di tratti?Il beneficio dinventare
non ha pi efficacia sullaltro. Metafora e allegoria non
funzionano pi. Resta lo spirito di litote a sostenere il compito
eroico di trasformare la ferita damore in punto di innesto per
nuove ali, giacch si tratta proprio qui di sollevarsi al di sopra
del quotidiano affanno e del vano sproloquiare insieme su ci
che poteva esser fatto e non stato pi fatto da anni. Al culmine
dellincomprensione, niente corrisponde pi a ci che abbiamo
vissuto.In presenza della rinuncia alla metafora, la dura realt
delle cose quando siamo stati privati della nostra
trascendenza nella percezione che laltro ha di noi ci vede cosa
tra le cose, non pi presenza, vera presenza. Nessuna ek-stasis
pi possibile.
Il linguaggio deve attenersi scrupolosamente alle mutate
condizioni della comunicazione. Se ancora di pi occorre
inchinarsi di fronte alla realt, sar ora per ringraziare del bene
ricevuto e fare del lungo addio da consumare unoccasione per
non trasformare la gratitudine e la riconoscenza in vuoto rito
esteriore: meglio assentarsi allora, abbandonare la scena
frettolosamente, per nascondere sentimenti che siano diversi da
quelli che vado descrivendo. Perch il sentimento in noi che
resta privo del suo oggetto non arrivi a misconoscere la realt
del soggetto che vi corrisponde importante che non tremi il
cuore, che la voce sia ferma, da nulla appannata.
Il turbamento che pure interviene a segnare il venir meno
delle file di continuit che ci hanno resi felici pu far ondeggiare
la nostra mente. La sensazione efficacemente descritta da
Kafka di mal di mare in terra ferma ineliminabile. Durer
fin quando destino che duri. Lordine del cuore scosso dal
declino della luce. La tonalit fondamentale del nostro umore
orientata ormai verso la tetraggine. E non pi la bella
malinconia damore dei tempi dellinnamoramento e del tempo
lungo dellamore. Di epicedio si tratta. Non preludio o
interludio, ormai! La presenza residuale sulla scena fa parte di
quel tipo di eventi che bisogna correttamente interpretare.
Mentre ci inchiniamo, dobbiamo indietreggiare, come fa
accortamente lattore sulla scena, che ripetutamente si affaccia
a ringraziare, per guadagnare ogni volta luscita di scena
allindietro. Con passi misurati e aggraziati, come si addice a
chi lungamente ha occupato la scena stessa. Resta leco degli
applausi a frastornare ancora un po linterprete, fino a che
anche quelleco si sar spenta e le luci gli indicheranno invano
la platea ormai vuota.
Devi saperti immergere, devi imparare,un giorno gioia e un
altro giorno obbrobrio,non desistere, andartene non
puoiquando mancata allora la sua luce.
Durare, aspettare, ora gi a fondo,ora sommerso ed ora
ammutolito,strana legge, non sono faville,non soltanto
guardati attorno:
la natura vuol fare le sue ciliegieanche con pochi bocci in
aprilele sue merci di frutta le conservatacitamente fino agli
anni buoni.
Nessuno sa dove si nutrono le gemme,nessuno sa se mai la
corolla fiorisca durare, aspettare, concedersi,oscurarsi,
invecchiare, aprslude.
GOTTFRIED BENN
La durata di unattesa
Mercoled 1 febbraio 2012

Fragile patrimonio sono i sogni,


ci fanno ricchi unora,
poi, poveri, ci scaraventano fuori
dalla purpurea porta, sul duro recinto,
dimora di prima.
EMILY DICKINSON

Il riconoscimento di una donna non la meta ambita di ogni


uomo? Sentirsi dire s. Intravvedere anche da lontano sorrisi
rivolti a noi, proprio a noi. E il viso inondato di luce, e quella
luce essere espressione di una gioia interiore che dice
chiaramente quanto sia merito della nostra esistenza, della
pura esistenza, senza altre ragioni. La voce riscaldata dallo
stesso sentimento. E infinite file di continuit, insperate e pure
presenti. Il ricordo della felicit nitido, come la nostalgia che
prende nei giorni in cui luggia cala sullanima e se ne
impossessa fino a spingerci alle lacrime.
Ma di tutti modi che conosciamo per renderci infelici ce n
solo uno che merita di essere ricordato, ed quello in cui
precipitiamo quando abbiamo la felicit a portata di mano e non
riusciamo ad afferrarla pi.
Dubitare dellamore, arrivare a credere che non abbia tante
ragioni per sussistere a lungo e che sia destinato a rivelarsi solo
fragile illusione non lesito peggiore? E non la tentazione pi
grande a cui resistere? E guardarsi intorno in cerca di un altro
amore, di un amore possibile, magari pi tenero, pi confidente
non meno rischioso, quando poi occorrer precipitarsi ad
occupare di nuovo il posto che occupavamo davanti alla nuda
porta?
Aver atteso tanto un amore che pure era stato promesso
non vera follia? e non pi folle spiare gli sguardi e misurare
le aperture dellanima allevidenza della nostra presenza e
sentire che non siamo molto presenti, che le nostre ragioni sono
insufficienti e che c da fare di pi e correre a riempire tutti gli
interstizi e donare tutto di s, le cose, le parole, il tempo di tutta
una vita? Aspettare! Che follia!
Noi credevamo che facesse parte della religione di questo
sentimento la virt dellattesa. Siamo stati educati allidea che
non bisogna pretendere il dolce che lamore distilla ora e tutte
le volte che ci accade di desiderarlo. Ci siamo acconciati a
questo compito. Lo abbiamo chiamato compito, dovere, atto
dovuto
Ci siamo denudati e scorticati lanima. Abbiamo detto s
tutte le volte che sarebbe stato necessario dire no, perch era
folle dire s. E non ci stato insegnato che di follia si trattava?
che non bisogna risparmiarsi nellesser folli?
Anche la follia abbiamo praticato con metodo, modulando
la domanda nelle stagioni dellanno e in tutti i tempi dellanima.
Con quale risultato? Abbiamo sentenziato che il risultato
sarebbe arrivato. Ma nessuno ci aveva insegnato che attendere
soltanto e sempre non saggio, stupido.

Un mandarino era innamorato di una cortigiana. Sar


vostra disse lei solo quando voi avrete passato cento notti ad
aspettarmi seduto su una sedia, nel mio giardino, sotto la mia
finestra. Ma alla novantanovesima notte, il mandarino si alz,
prese il suo sgabello sotto il braccio e se nand. ROLAND
BARTHES, Frammenti di un discorso amoroso

Quale nobilt mai vorrete trovare nella lunga attesa che non
trova ricompensa, in un estenuarsi che non salva nemmeno la
propria dignit residua? Quando questultima sia stata
intaccata, ha senso parlare ancora damore? Aveva senso
parlarne poco fa?
LInconfessabile
Gioved 2 febbraio 2012

Probabilmente, il grumo che ci portiamo dietro per tutta


la vita a spingerci in avanti: la somma dei bisogni e desideri
insoddisfatti, tutto linconfessabile, le ragioni da chiarire,
lamore che non abbiamo ricevuto.Quando affiora il ricordo del
male che abbiamo fatto, che non ci abbandona, un nuovo
compito ci aspetta. Cercare vie duscita che valgano ad
alleggerire il peso che opprime la coscienza. Eravamo liberi e
leggeri, finalmente paghi di noi, in quiete, in pace, quando
sopraggiunta con un incubo notturno la traccia di un atto a
volte antico, di tanti anni fa. Il pessimo privilegio dellet
ulteriore proprio questo: affiorano ricordi sgradevoli alla
coscienza. E bisogna sistemarli da qualche parte! Trovare un
posto significa riuscire a convivere con ci che turba lanima,
incrinando la pace raggiunta. Si tentati di andare a chiedere
perdono alle persone che hanno subito il torto, ma quando si
tratti di torto grande, al pensiero della riparazione associato
il timore di un devastante ingresso e di una messa in
discussione troppo grande. Come contenere, infatti, lira di chi
pure si lament di noi, senza ricevere giustizia e compenso?
Laltro sar capace di perdono sincero? Apprezzer una
richiesta di perdono? Ne sar pago? Avvertir il tormento che ci
porta a quel gesto? Comprender il suo compito? che
attendiamo noi ora conforto e compassione, addirittura
benevolenza? Tutto lo strascico conseguente alla rievocazione
dei fatti e dei torti sar contenibile nel tempo? E certo che non
si allargher poi a tutte le persone che sapevano, che
parteciparono e condannarono lerrore? Non vorranno ripagare
con uguale moneta, infliggendo anni di sofferenza e dolore,
patimenti nel corpo e nellanima?
Ma di quel grumo che ci portiamo dentro pi grave peso
dato da tutto lamore che non abbiamo ricevuto. Se vero che
lattitudine al dono, che abbiamo sviluppato e lungamente
praticato, ha comportato sempre la sensazione viva di un
compenso grande almeno quanto ci che donavamo, scopriamo
ancora con il tempo che non basta il dono, che nella relazione
umana, comunque essa si qualificher, vogliamo reciprocit,
che si realizzi uno scambio di risorse, che laltro si ricordi di
noi, che sia gentile, che ci faccia sentire quella forma
elementare di riconoscenza che fatta di sorrisi e strette di
mano, di abbracci e di calda accoglienza. Ma sono queste tutte
cose che non possiamo chiedere a nessuno.
La gratitudine non il ringraziamento e basta. Non
semplice riconoscenza per il bene ricevuto. Essere grati
spontanea capacit damore, un consentire affettuoso che
proviene da uno scioglimento, unarrendevolezza della fantasia
che io chiamo grazia. Ecco, vorremmo che ci si dicesse con
grazia che le cose da quella parte vanno bene e, senza dire
grazie!, ci si mostrasse quella condizione di benessere
raggiunto, che non salute e omeostasi soltanto, ma vera pace.
Noi vorremo che qualcuno, tutti i qualcuno a cui abbiamo
fatto dono del tempo, sentisse che noi esistiamo, che abbiamo
le nostre file di continuit, che scorrono parallele e non si
incontrano mai con le sue, ma che in qualche modo generano
risonanze nella sfera degli affetti.
Noi vorremmo che laltro avesse il coraggio di sentire senza
timore linsorgere di un caldo affetto nei nostri confronti e che
esprimesse quel coraggio con gesti inequivocabili, senza temere
di scivolare in altri improbabili sentimenti. Che sapesse
distinguere in s e riconoscere un affetto individuandone la
natura disinteressata e innocente.
Vorremmo sentirci amati, per placare lantico fermento in
noi che ci fa ricordare ancora le braccia accoglienti della madre
sempre presente e sollecita, fonte di vita infinita e di bene.
Nei momenti di tristezza siamo portati a dire che vorremmo
un po damore, ma si tratta di espressione sbagliata, perch
allude a qualcosa che viene sempre equivocato. Vorremmo
soltanto avvertire nitidamente che qualcuno sente con gioia la
nostra presenza, che siamo una vera presenza. Il dono pi
grande sentirsi dire che siamo presenti nella vita di una
persona, che ne siamo parte viva. Questo basterebbe a riempire
un vuoto. Le nostre solitudini ne uscirebbero confortate dal
canto silenzioso di unanima che sa di noi.
Noi siamo persone
Mercoled 8 febbraio 2012

Tutto quello che c da sapere anche tutto quello che c


da fare: coltivare lanima, facendosi mente ospitale. Dedicarsi
quotidianamente almeno a un esercizio spirituale, per
innalzarsi finalmente al di sopra dellimmediato. Arrivare a
contemplare tutta la vita con sguardo sereno, senza rinunciare
mai allo stupore riconoscente di fronte al bene ricevuto.
Scoprire dentro let adulta i limiti gravi di uno dei propri
Maestri e non sapervi porre rimedio, perch laccesso alla sua
realt inibito, non aiuta a fondare pi sobriamente le proprie
certezze: si tentati di costruire il proprio vaso ignorando del
tutto lesempio rappresentato dal vaso pi bello costruito dal
Maestro. Lo smarrimento che consegue alla scoperta impone
un compito nuovo. Bisogna ridisegnare la mappa della propria
esistenza, assegnando nuovi spazi a figure alle quali non era
stato assegnato un posto definitivo nel proprio cuore.
La malinconia che cala sullanima di quelle difficili da
curare. Educarla, cio farle produrre un nuovo senso da dare
alle cose, faticoso, perch impresa solitaria. Restituire valore
esclusivo e pieno alla personale esperienza di Educatore, a
dispetto delle smentite della realt, compito di tutti gli
Educatori degni di questo nome. I mancati riconoscimenti
stanno l a dimostrare che la lunga attesa non valsa a niente.
Bisognava continuare a credere nel proprio operato, senza
fondare su attestati improbabili.
Lamore non altro che dono. La lotta per il riconoscimento
a cui pure ci dedichiamo quasi sempre sterile e vana.
Levidenza specifica dellamore un incontrovertibile. Di esso
impossibile dubitare. Tutte le volte che siamo costretti a farlo
una chimera inseguiamo, vane ombre che non acquisteranno
mai consistenza per noi. Meglio volgere lo sguardo altrove.
Sulla neve sporca di questi giorni affiora ogni tanto qualche
forma di vita o si posa una creatura vivente, a ricordarci che
non bisogna mai chiudersi alla possibilit di nuove evidenze. La
novit di ognuna delle persone che ci vengono incontro
interessate al nuovo che avanza da noi il mistero a cui
inchinarsi. Sorridere a questo nuovo il vero dono a cui dire s.
Dicerie
Gioved 9 febbraio 2012

Ci che pregavi con amore,


che come cosa sacra custodivi,
il destino alle vane ciance umane
ha abbandonato per ludibrio.
La folla entr, la folla irruppe
entro il sacrario dellanima tua,
e di misteri e di sacrifici ad essa
aperti tu arrossisti tuo malgrado.
Ah, fosse mai che le ali vive
dellanima librata sulla folla
potessero salvarla dallassalto
dellimmortale volgarit umana!
FDOR TJUTCEV

Emanciparsi dalle dicerie non impresa facile per nessuno.


Sentirsi addosso per anni lo sguardo indagatore e risentire
allinfinito laccusa di chi aveva buone ragioni per parlar male
di noi esperienza interiore nota a tutti. Con questa faremo i
conti rassegnati, perch ci appartiene, ha un fondamento nella
realt. Pi difficile districarsi dal grumo delle cose non dette,
dei ricordi nebulosi, delle prove insufficienti che pure fanno
storia, quando si dica di noi qualcosa che ci ferisce perch non
vera.
Bisogna provare ripetutamente a scontrarsi con questo
immateriale nemico, per trovare il modo di sconfiggerlo, e
scoprire che vincerlo non quasi mai possibile. Le forme
della negazione, che pure abbiamo indagato e provato, possono
anche non funzionare.
Nel tempo riaffiora fastidiosa la sensazione che di noi si sia
affermata unimmagine che non corrisponde a tutti i nostri
sforzi, alle fatiche fatte per avanzare andando incontro alla
vita.
Forse, la risposta tutta qui, in questo procedere che non
si lascia fermare da alcunch. Se il passato non passa, se le
persone mostrano di non aver compreso, di non aver perdonato;
se il silenzio dellindifferenza e della disattenzione riempie
ancora spazi grandi della nostra esistenza, io credo che non ci
resti altro da fare che emanciparci da tutto ci che veicolato
dalla diceria.
Convivere per decenni con questo tarlo nellanima
possibile, e lo facciamo, ma a volte i prezzi da pagare in termini
di malinconia sono cos grandi che preferibile andarsene,
abbandonare il campo che pure abbiamo occupato con una
presenza significativa per anni e anni. Se la nostra presenza
non mai diventata una vera presenza, se i dovuti
riconoscimenti non arrivano, non ha pi senso aspettare. Non
c pi niente da aspettare. Siamo soli con lo stigma che ci
stato assegnato.
Mi ritrovo in cuor mio a dirmi ironicamente, con le parole
di Bruce Springsteen: Io sono della razza di quelli che se ne
vanno. Non ricordo pi perch lui lo dicesse di s, e non mi
interessa qui: mi bastano le parole, per rendere lidea del da
farsi.
Disinvestire emotivamente, abituarsi al silenzio, facendone
non pi un motivo di attesa o di speranza, come avevamo
iniziato a fare tanti anni fa, convinti che quello fosse il da farsi.
Abituarsi allidea che non riceveremo risposte, che il nostro
valore non dipende (pi) da quel riconoscimento, che lamore
che non abbiamo ricevuto non mai stato. Non arriver mai.
Non si tratta di ricordare il bene ricevuto, perch abbiamo
una memoria viva del Bene. Sappiamo riconoscerlo anche da
pochi segni. Ci basta un cenno, un messaggio, il tono di una
voce.
Non bisogna deprimere necessariamente il significato e il
valore di ci che fino a poco fa ne aveva per noi. Bisogna fare di
pi!
Il compito grande e difficile destituire di valore anche chi
ne ha uno grande, e non solo per noi.
Mi riferisco alle persone a cui abbiamo affidato in tutto o in
parte la nostra vita, che mostrano di non sapere che lamore
non revocabile in dubbio. Non ha senso immaginare che possa
essere sospeso, in attesa di chiarimenti da parte nostra. La
battaglia per il riconoscimento nel campo degli affetti non pu
durare a lungo. Non deve durare troppo.
E al di fuori della sfera amorosa vale la stessa regola che
mi sto dando. Il tempo mi dice ci che reale nelle relazioni
umane e ci che non lo , ci che vivo e che vive, ci che
appare a intermittenza, ci che tende a svanire senza apparire
pi.
Se considero tutti i miei sforzi, linvestimento emotivo e
sentimentale, i doni e le parole, e se poi mi fermo a valutare la
risposta ricevuta, non mi posso sbagliare se rivolgo lo sguardo
agli atti compiuti dallaltro nei miei confronti.
Lo sguardo deve allargarsi al pi ampio significato
dellesistenza dellaltro, per fissare in comportamenti
significativi e conchiusi il senso che laltro assegna alla mia
esistenza. Se non si tratta di atti chiari, non ha senso illudersi
ancora sul sentire dellaltro.
La nostra piccola morte quotidiana
Gioved 9 febbraio 2012

La prima volta che abbiamo sperimentato il venir meno di


nostra madre, con il semplice fatto che si sia allontanata da noi,
e quando poi sia uscita di casa, o quando, ancora, una
lontananza prolungata ce ne abbia fatto sentire la mancanza,
stato come morire: abbiamo sentito che potevamo perderla per
sempre; abbiamo temuto per lei. E per noi. Ci siamo sentiti per
la prima volta soli.
E stato detto autorevolmente che si trattato dellingresso
inaugurale della morte nella vita. Perch vita significa
pienezza, presenza, contatto, calore Morte significa
lontananza, assenza, mancanza, abbandono, perdita
Tuttavia, quello che ci interessa segnalare oggi la seconda
parte del gioco del bambino, che cerca di esorcizzare lassenza
della madre simulando la sua scomparsa e la sua
apparizione: Fortsignifica, pi o meno, sparisci; Da significa
riappari. Giustamente, stato sottolineato da Freud che la
parte pi impegnativa del gioco la seconda: si tratta in
sostanza di inventare, immaginare, chiamare alla vita qualcosa
che non c, che non pi o che temporaneamente soltanto ci
stato sottratto.
Una formula che ho usato spesso Chi non ricorda il bene
ricevuto non spera dice la stessa cosa, a proposito della
malinconia in cui precipitiamo non appena una persona a noi
cara si allontani: torniamo subito a cercarla, per ristabilire un
contatto, per verificare che tutto sia come prima, che siamo
sempre oggetto del suo amore
Una ragione del turbamento in cui cade chi si senta
abbandonato va ricercata, paradossalmente, nella capacit di
ricordare il bene ricevuto, cio nel continuare a credere di
essere amato. Bisogna rinunciare a chiedere.

Prima non capivo perch non ricevessi risposta alla mia


domanda, oggi non capisco come potessi credere di poter
chiedere. Ma non credevo affatto, chiedevo soltanto. FRANZ
KAFKA, Considerazioni sul peccato, il dolore, la speranza, la
vera via.

Tutte le volte, allora, che torneremo a fare esperienza della


mancanza anche pi volte nel corso di una giornata -, invece
di sprofondare nella mancanza, orientando lo sguardo verso
lassenza, lamentando la lontananza intervenuta, dovremo dare
spazio al pi esatto sentire, che consiste nel rievocare la realt
dellaltro, il corteo dei giorni felici, i doni, i gesti, gli atti che
quella persona ha compiuto a nostro vantaggio
Quando ci interroghiamo sul sentire adulto, dobbiamo
riconoscere che la maturazione del nostro sentire passa
attraverso lesperienza ripetuta della mancanza, che
costitutiva della nostra condizione di uomini, che va vissuta
come costitutiva, essenziale: non si tratta di episodi da cui
attendersi un esito felice, abbandonandosi allillusione, o da
temere, perch assediati sempre e comunque dal rischio
imminente della perdita.
Loscillazione tra illusione e speranza ineliminabile:
quando ricordiamo il bene ricevuto, non temiamo la
mancanza; quando, invece, ci sembra di aver perso un bene
prezioso, che si sia solo allontanato da noi, non facciamo che
ripetere assurdamente unesperienza di abbandono che non
ha fondamento nella realt.
Lillusione il dispositivo a cui la mente si abbandona
sempre, come se fosse incapace di apprendere, anticipando un
evento solo probabile: apparentemente, si tratta di un tendere
verso beni che sono a portata di mano; in realt, quello che
potrebbe accadere solo probabile. Essere smentiti dalla realt
una delle esperienze che facciamo pi di frequente, dalla
quale per riusciamo ad apprendere male come non cadere
ancora vittime di unillusione.
Ad ogni nuova smentita, facciamo succedere una caduta
nella malinconia, come se avessimo perduto un bene che ci era
stato promesso. Ma si trattava solo di una delle nostre chimere.
Il tempo pi lungo
Domenica 12 febbraio 2012

Il tempo dellamore prevede lunghi addii. Visto dallaldiqua,


il momento della rottura sembra un istante, un tempo breve
come uno spartiacque, un confine, una frontiera. Immaginiamo
un ultimo incontro, con qualche lacrima, magari un ultimo
abbraccio o un eroico stupore e basta: un sentire adulto che
tutto comprende e tutto accetta. Oppure, uno sbraitare ancora
e recriminare e invocare il tempo felice dellaccordo e
dellintesa In realt, nella migliore delle ipotesi, un lungo
morire, strascico di silenzi e mancate risposte, la vile prudenza
di chi attende magari che si consumi il congedo in mezzo ad
errori anche pi grandi che poi pi difficile perdonare. E
importante scambiare la causa con leffetto, come fanno i
sociopatici: i nostri ultimi errori, effetto dei silenzi e delle
mancate risposte, diventano causa grande e conferma della
giustezza dellabbandono.Non dubitare della propria salute
mentale tutto: affannarsi a dimostrare, con argomenti
inoppugnabili o rispolverando le teorie dellamore che spiegano
laccaduto o che giustificano fraintendimenti e incomprensioni
o, peggio ancora, risalire a una causa pi antica, che assolva
dalla colpa di cui ci siamo macchiati, perch vero baricentro
della realt, inutile. Ci che pi difficile da accettare e che
non sempre ci viene detto chiaramente meglio rifugiarsi in
uno sdegno senza parole e agitare lo spettro dellirredimibile,
dellimperdonabile, per sentirsi al sicuro! questo: se alla
base di un sentimento c la percezione delle qualit di valore
di una persona, allo stesso modo lamore, con la sua evidenza
specifica, poggia interamente sullaccettazione incondizionata
della persona a cui il cuore si apre; se interviene un giudizio di
valore diverso, se la nostra persona ha perso il suo pregio agli
occhi dellaltro, i segni saranno chiari: il silenzio del cuore
silenzio del cuore, non pudore, attesa, compunzione
Equivocare sui segni inutile! Essi hanno un significato.
Possiamo attardarci quanto vogliamo, immaginando
elaborazioni a nostro favore, che possiamo essere perdonati
Verr il tempo il cui il tempo non pi tempo. Allora, salutare
uscire di casa e andare a controllare che tutto sia in ordine: che
il cielo sia ancora in cielo, che il fiume non abbia invertito il suo
corso, che nevichi perch inverno, che il giornalaio abbia
conservato per noi il giornale come sempre. Magari il suo
sorriso non sar farmaco n rimedio ai mali che opprimono
lanima. Sentire nellaria un profumo nuovo, di cose gi viste,
ma sentire lumile splendore della vita che si impone con la sua
evidenza, comunque, aiuter a pensare che da qualche parte
potremo depositare le nostre emozioni, per ingannare un po il
cuore, che non vuol saperne di questo disincanto. C
addirittura chi ci sorride.
Quel cinquanta per cento che sfugge al pieno controllo
Domenica 12 febbraio 2012

Il fallimento della propria vita sentimentale sicuramente


un evento di rilievo a cui forse bisognerebbe dedicare un po di
tempo in pi, ma faticoso stare a ricostruire decenni di scelte,
le svolte, le lunghe trepidazioni, gli investimenti, gli studi!
Ci sarebbe da esibire, infatti, anche una ricca bibliografia
su amore e i suoi compagni, per documentare i passaggi da una
teoria allaltra, con gli sforzi fatti per aderire sempre pi alla
realt e non perseverare nellerrore.
Stare a dire di aver tentato tutto, aver provato tutto, ogni
cosa e il suo contrario, per una corretta manutenzione dei
sentimenti quasi superfluo. Chi non si adopera per salvare
ogni giorno la vita, per farla durare ancora?
Di tutte le teorie percorse e provate sulla propria pelle, per
saggiarne la validit, quella che contempla la coesistenza di
luce e ombra non stata mai abbandonata da noi. Ancora pochi
giorni fa abbiamo scoperto una perla teorica di prima
grandezza: il saggio di Carlo Serra intitolato Intendere lunit
degli opposti: la dimensione musicale nel concetto eracliteo di
armonia, perch convinti sempre che una pi chiara visione
della vita possa aiutare a viverla meglio, se si riesce a
contemperare e ad accettare la contraddittoriet delle
situazioni, i paradossi dellesperienza, gli inevitabili
fraintendimenti
Abbiamo applicato la teoria junghiana dellOmbra alla vita,
suggerendo a lei di tenerne conto: una donna non immune da
errori e non il centro del mondo e non sempre equilibrata e
razionale e ragionevole e senza emozioni
Pi che altro, si sarebbe trattato di praticare un po di umilt
di fronte alla vita, riconoscendo i diritti altrui, preoccupandosi
del benessere della persona e curando di non procurare inutile
dolore e infelicit.
Ma di tutte le cose che abbiamo sentito dire dellamore da
poeti e filosofi la pi convincente quella che fa risalire a
Platone lidea che nelle cose damore non sappiamo dire bene
quello che vogliamo e la volont di sapere precede e
accompagna ogni esperienza amorosa: un po come dire che
si cresce strada facendo, che si correggono gli errori ritrovando
la strada, quando una ragione qualsiasi pu farci deviare o farci
smarrire.
Un tempo si credeva nella seriet delle intenzioni (a questo
tema Vladimir Janklvitch dedica il primo volume del
suo Trattato delle virt). I movimenti di liberazione di ogni
genere negli ultimi quarantanni hanno travolto molte cose
cattive, ma probabilmente hanno buttato anche il bambino con
lacqua sporca.
Mi sono sempre chiesto, infatti, che fine abbia fatto la
seriet delle intenzioni di una persona. Come sia possibile non
fondare su questa virt umana le cose damore. C chi
preferisce, invece, revocare in dubbio ogni giorno la realt dei
sentimenti, come se ogni volta di nuovo ci fosse da dimostrare
che esistono!
La vera fatica questa. E per questa ragione, forse, che ci
ritroviamo oggi a pensare come sia possibile che incomba
ancora su di noi il compito di dover dimostrare, dimostrare,
dimostrare! E allegramente crediamo di poter concludere che
non vale proprio la pena di impiegare i pochi decenni che ci
sono rimasti da vivere a dimostrare che esistiamo, che siamo
persone, che siamo fallibili, che ci accade di provare emozioni
sbagliate che ci affrettiamo subito a correggere, che non
siamo interessati allamore a pagamento e nemmeno alla
pratica ripetuta della ginnastica sessuale in altri giardini.
Umberto Galimberti ha scritto un volumetto intitolato Le
cose dellamore, che dedica A Tatjana, per ragioni che mi sono
in parte note e in parte ignote. LIntroduzione si apre, poi, con
una massima di Franois de La Rochefoucauld: La cosa pi
difficile da trovare nei legami damore lamore.
Da una parte, ci troviamo di fronte a un fondo enigmatico e
buio da cui tutti, maschi e femmine, ci ritroviamo a divinare;
dallaltra, dobbiamo riconoscere che lamore la relazione
amorosa un recipiente in cui ritroveremo al mattino quello
che vi abbiamo messo la sera.
Se non impareremo a fare i conti con tutto ci che sfugge al
nostro controllo, accettando le smentite che ci vengono dalla
realt, ci ritroveremo soli a suonare la cetra sotto un ampio
faggio, magari vagheggiando un amore che nessuno ha
conosciuto mai e che solo noi siamo in grado di esprimere.
Il freddo dentro
Sabato 25 febbraio 2012

Stupisce non tanto che il soggetto sia felice


senza saperlo, ma che si faccia unidea
di beatitudine da cui si senta escluso.
JACQUES LACAN

La nostra cecit forse incapacit di accettare che un altro


sia incapace di amare? che sia segnato da aridit del cuore?
Trascorriamo lunghissimi periodi della nostra vita avendo sotto
gli occhi un comportamento ripetuto che ha un chiaro
significato per il cuore se una persona non risponde alle
nostre lettere, ci affanniamo a giustificare il suo
comportamento senza mai accettare il rifiuto come rifiuto -, ma
mettiamo a tacere il cuore, impedendogli di comunicare alla
mente le sue conclusioni, che magari si tratta di un
comportamento non occasionale, non un mero vezzo, qualcosa
che si possa facilmente perdonare: le mancate risposte del
cuore per anni, per decenni, sono la riprova di una mancanza
di sensibilit, di una durezza di cuore che non comprendiamo.
Siccome il nostro cuore stato educato, quando eravamo
ancora bambini, al rispetto, abbiamo con il tempo imparato a
dare un nome a tutte le cose e a sentire, a rispondere
paradossalmente con un sentimento al discreto della realt.
Abbiamo istituito sempre file di continuit, anche l dove
prevaleva il discreto.
E discreto il contrario di continuo. La durezza di cuore
la cattiveria dispiegata, laridit del sentire, il silenzio degli
affetti, il mancato riconoscimento del valore delle cose del cuore
che non si riduce a un solo momento!
Il lavoro pi difficile da svolgere avventurarsi
nellesistenza deprivata e nel non-luogo di unanima che non
conosce le parole dellamore.
La nostra pi grande cecit consiste nel non aver voluto
credere, tutte le volte che abbiamo sentito le parole Io non so
amare, a quel non-luogo di unanima. Magari dallaltra parte
sar stato mobilitato il dispositivo la macchina delle risposte
comportamentali al nostro vivo sentire, ma non sapremo mai se
quel cuore era un vero cuore, se provava veri sentimenti, se
assegnava valore alle nostre cose o se non si limitava, piuttosto,
a rispondere ai fatti con comportamenti simili ai nostri, agli
eventi quotidiani con performance adeguate, senza nessun
moto interiore.
E di due giorni fa lesperienza di un colloquio con la moglie
di un tossicomane attualmente impegnato in un programma
residenziale. Invitata a raccontare la storia di una relazione
conclusasi con la separazione, Enrica ha riferito i
comportamenti tenuti da sua madre e dalla madre di Enzo.
Mentre sua madre aveva accolto Enzo come un figlio e suo
padre aveva dato tutto il suo denaro ai due, perch avviassero
lattivit economica progettata, la madre di Enzo si era rivelata
fredda e austera, impaziente e intollerante: non voleva i suoi
nipotini in casa! Ne sopportava solo uno alla volta Enrica non
ha esitato a definire la suocera, da lei sempre rispettata, come
persona priva di sensibilit e di capacit di amare.
Ho subito ammirato in lei la capacit di visione, il coraggio
di far parlare il cuore, che raramente si inganna: le sue parole
corrispondono allesperienza fatta di contatto con la madre di
Enzo.
Del seguito del colloquio non dir nulla, come delluso da fare
delle informazioni preziose ricevute.
La riflessione corre solo a quel cuore, a quel non-luogo
dellanima, al volto senzanima di una madre che non ha fatto
posto in s per i membri della famiglia che pure ha voluto.
Non mi preme dire altro qui. La scienza difficile con cui mi
sto scontrando da qualche anno proprio quella del silenzio del
cuore. Tra le cose misteriose questa sicuramente la pi ardua
da comprendere e da accettare. Pi di ogni altra cosa, urgente
decidere cosa fare, considerato che affiora sempre pi un
fenomeno che si estende o che solo ora riusciamo a vedere
rappresentato dalle persone che non riescono a rispondere con
il cuore alle sollecitazioni del cuore.
Riconoscere queste persone per potersi difendere dal freddo
che si portano dentro. E poi?
Ma tu mi ami davvero?
Gioved 15 marzo 2012
*

Una variante introdotta da me a questo dialoghetto


lacaniano la seguente:
Tu non mi ami pi. Non vero! Ti amo. Ecco! Vedi!
Non mi ami pi.
La domanda eccessiva dapertura illustra in modo
esemplare la natura del desiderio.
Il desiderio eccede sempre la domanda. Noi vogliamo sempre
di pi di quello che la parola riesce a dire. Il desiderio vorrebbe
attingere limpossibile. In questo caso, aspiriamo al possesso
dellaltro. Non alla propriet esclusiva. Non vorremmo
sequestrare un corpo e rinchiuderlo l dove nessun altro possa
trovarlo. Gi dire corpo poco: vogliamo di pi. Sappiamo che
non basta incatenare e chiudere, per ottenere ci che sguscia
da tutte le parti. Tener fermi i corpi non basta: ci che si sottrae
alla vista, per svanire sempre di nuovo, linvisibile
dellesperienza dellaltro. E unanima ci che aspiriamo a
raggiungere e ad abbracciare. A comprendere e a fare nostra.
Ma tutto ci che vogliamo non qui, accanto a noi, di fronte a
noi. Non senso e tatto
Se soltanto poniamo mente al fatto che a volte ci strega un
sorriso e quello vorremmo fare nostro per sempre, come
incatenarlo a noi, come impedire che sia inghiottito per sempre
nel gorgo di ci che fu, immemori del fatto che potrebbe tornare
e tornare ancora? Il volto che esprime quel sorriso potrebbe
ancora farci dono della felicit dellistante eterno della sua
apparizione.
Di tutte le epifanie mondane che la vita ci offre perch
possiamo goderne non sono le pi effimere quelle che ci
innamorano e ci riempiono gli occhi di lacrime e il cuore di
nostalgia?
E a che vale dire della nostra malinconia, che sar
derubricata a follia, che si tratta di malinconia damore, che gli
umani non possono fare a meno tutti di provarla, se la pena
che ci assale a volte ci abbatte e ci strania e ci fa vaneggiare
oltre ogni ragionevole misura?
E stato pure detto del desiderio che emozione distruttiva,
se travalica i confini dellaccettabile e del tollerabile e del
lecito
Noi sappiamo schiantarci nellattesa di un semplice sorriso,
perch segretamente convinti che quel sorriso preludio a beni
pi grandi riservati a noi. E se pure qualcuno ci dir che, al
pari del desiderio, lillusione emozione distruttiva quando
travalichi i confini del reale per sconfinare nel delirio damore,
chi fermer la febbre damore e ci far finalmente trovare i bordi
del reale in cui riposare pacificati, paghi della promessa che al
termine di un sorriso non precipit il mondo intero nel dubbio
e che ci sarebbe stato ancora posto per noi in quel cuore che
per un istante soltanto si apr alla realt della nostra presenza?
Le parole non si disperdano nel vento!
Luned 26 marzo 2012

Immaginare un patto di fedelt e stipularlo alla maniera


antica, magari con un giuramento damore, pu servire nel
tempo. Senza cedere alle derive della propria epoca, che
sconsiglierebbero giuramenti e patti e promesse, perch lo
scarto tra le parole e le cose sarebbe ormai incolmabile e perch
la parola non sarebbe pi credibile alle nostre latitudini di
pensiero, urgente procedere alla maniera di Odisseo, che
costru il letto nuziale sul tronco di un albero e condivise il
segreto solo con lei, con la donna che avrebbe saputo aspettare
oltre ogni ragionevole dubbio.
Magari chiedere a lei di volere la sua vecchiaia pu risultare
inizialmente facile e vana richiesta, ma se ripeteremo ogni anno,
per tutti gli anni, la stessa intenzione damore anche in mezzo
alle incomprensioni pi grandi e ai fraintendimenti pi gravi,
giover alla fine a mostrare nella sua semplice purezza
lingenuo sentire di un cuore animato da un affetto adulto che
nulla chiede alle lusinghe dellora e alle attrattive della bella
apparenza, per mirare a pi sostanziali dialoghi damore, al
confidente abbandono e allattesa fiduciosa di chi ricorda il
bene ricevuto.
Lei si abbandoner alle schermaglie damore con una
risposta interlocutoria: Purtroppo, dovr accontentarmi!
Noi le diremo: Rispondi con amore!
Sentirsi dire poi: Tu sei lunica persona che vorr accanto
a me sufficiente come viatico per il tempo che verr.
Potersi allontanare sicuri di essere amati e di poter contare
sui giorni e i mesi e gli anni che restano aiuta a calmare i
tumulti del cuore, che si ostina a chiedere ancora un amore che
forse non mai mancato, ma che avremmo voluto stampare a
caratteri di fuoco nel cielo, perch si mostrasse sempre nella
sua specifica evidenza a ricordare il tempo che non passa
invano, perch lessere non si risolva nel suo svanire.
Immaginare dialoghi di tal fatta non peregrino elucubrare
notturno, se le angustie della mente si scioglieranno nellunico
bene che costituisca lunica verit, cio che lamore sempre
reciproco.
Nel tempo dellusa e getta delle cose che non durano o che
perdono presto il loro pregio, indispensabile poter contare
sugli affetti che durano.
E questa qualit lunica che conti per un sentire adulto,
mai pago di s, perch le ragioni del cuore non stanno tutte nel
cuore. La sua legge vuole che il bene lungamente vagheggiato e
sognato e accarezzato sia condiviso con chi forse aspettava
proprio noi per pronunciare parole di verit e di saggezza, a
proposito dellet ulteriore e dei suoi delicati istanti eterni e
delle file di continuit che siamo impegnati a tessere
pazientemente perch le nostre parole non si disperdano nel
vento.
Lamore (pi) difficile
Domenica 8 aprile 2012

Lamore pi difficile non quello contrastato o infelice. Non


nemmeno lamore di lontano o lamore non corrisposto. Non
parliamo nemmeno dellamore inutile di chi si ritrovi con la
persona sbagliata in un tempo sbagliato della propria e
dellaltrui vita.
Della vasta fenomenologia dellamore molto stato
raccontato. Ci sembra di saperne tutto. Dopo aver rinunciato
per un po allidea dellidillio, che la storia si debba
necessariamente concludere con le nozze, riusciamo
finalmente a concepire tutto quello che c al di qua dellideale
e dellarmonia e dellaccordo perfetto. Anche, talvolta, al di fuori
della sana normalit. Daltra parte, non potendo disporre di un
ufficio reclami in caso di insuccesso n di una guida a tempo
pieno che ci distolga dalle esperienze che possono risultare
nocive alla nostra salute, non ci resta che provare. Non
rinunceremo ad amare le persone sbagliate, quelle che ci
amano in modo goffo e inadeguato, o capriccioso e
imprevedibile. Non smetteremo di inchinarci riconoscenti di
fronte a chi non merita per niente il nostro amore e non manca
occasione per farci soffrire ancora un po, magari perch
convinto che la vita sia cos, niente altro che un economico tiro
alla fune, in cui bisogna prendere il pi possibile e condannare
laltro al ruolo di chi d soltanto. E che dire del cuore arido di
chi non risponde mai alle nostre dichiarazioni damore?
Vorremo forse lasciare inabissare unesistenza che di noi ha
bisogno per proseguire il gioco perverso del rinvio e basta? Degli
amori inutili abbiamo gi parlato, e di come siano costati la vita
ad alcuni dei nostri ragazzi, ma basta stare un po pi attenti:
riconoscere laltezza a cui si situa loggetto damore vitale, per
non dover dire poi di essersi scontrati con una realt difficile da
governare.
Sicuramente non smetteremo di sognare lamore che dura
e faremo di tutto perch si realizzi. Nel frattempo, ci ritroviamo
a vivere amori impuri ed imperfetti, incompleti e incompiuti,
addirittura mai nati. Nel paese delle chimere c posto per tutti,
per i sogni pi pazzi e per lillusione estrema, quella di chi si
avventura pericolosamente in territori inesplorati, mai esplorati
(da noi).
Uno scrittore si chiedeva qualche decennio fa se ci sono
sentimenti che non sono mai stati raccontati, ma faceva
riferimento a situazioni note come la situazione atomica pi
che ad esperienze personali in cui lasse della realt inclinasse
dalla parte del grigio, indifferente al primato del bianco e del
nero. Voglio dire che una variante di un genere noto come
un nuovo genere, perch magari cambia la lunghezza
dellattesa, perch la storia si interrompe sul pi bello Si pu
lasciar morire una bella storia. Si pu decidere di non far
nascere un amore che sarebbe faticoso far vivere. E via
amoreggiando C poi la ricerca inesausta di chi spera di fare
cose strane, addirittura astratte, e se ne va convinto che pure
quella sia una strada percorribile: baster trovare un partner
disposto a sacrificarsi per asfaltarla con noi!
Ma di tutti gli amori di cui siamo capaci, al di l di tutto ci
che esperienza e prudenza pure suggeriscono, il pi difficile
sicuramente lamore che riserveremo a chi non sappia
incarnarsi, mantenendosi a debita distanza, senza rinnegare
mai lamore promesso o addirittura sbandierato sotto le pi
imprevedibili forme per noi. Magari ci sentiremo dire tutto
quello che dobbiamo fare per non deludere le aspettative di
decenni, per confermare un impegno preso e per proseguire con
la fissazione di mete sempre nuove e pi avanzate.
Continueremo a guardare altrove, perch ci si dice che il nostro
compito quello, servire il mondo, amando per lo pi le persone
sbagliate. E se poi nel numero delle persone sbagliate
ritroveremo anche chi lungamente ha guidato i nostri passi,
poco importa, se la stessa persona gi di nuovo in cammino
per obiettivi ancor pi alti, perch a tutti fu assegnato il destino
di chi cerca, non di chi abbia gi trovato.
Consistere qui e ora, in mezzo a questa notte piovosa, in
attesa di unaltra resurrezione, dolce e aspro ad un tempo. Il
compito pi urgente dare un nome a questo amore, dargli
spazio e farlo durare. Soltanto qui ci sembra di consistere
veramente in pace, non altrove, magari in una pacificata e
inerte quiete mattutina, lontano dai tumulti e dagli affanni, dai
giusti rimproveri e dalle inquiete attese di sempre.
Toccare lanima
Luned 16 aprile 2012

Se lespressione toccare lanima dellaltro non risultasse


immediatamente tattile, riferimento diretto a una
manipolazione che plasma, che d una (diversa) forma alla
cosa, potrebbe anche andar bene per noi. Ma se la depuriamo
di questo suo senso fisico, dellidea di una pressione, di un
abbraccio quasi, e delleffetto plastico su ci che sta oltre la
superficie, direi che perfetta, perch il tocco appena
accennato, quasi uno sfiorare la superficie e basta, a cui alludo,
si risolve in una vibrazione intensa che assomiglia ad una voce.
Accostarsi a unanima e avvicinarsi soltanto, avvicinandosi
indefinitamente, come se lo spazio da percorrere fosse una
spaziatura sonora interminabile, al pari di unonda che si
propaga da noi verso laltro per ritornare contemporaneamente
verso di noi, (ri)sospinta dallaltro, atto pi che gesto. Non un
semplice passo un passo semplice in direzione di ma il
frastuono di unonda, il fragore di acque sommosse che si
propagano con il rumore che le accompagna e che aspira a farsi
onda, riverbero dei moti del cuore.
Con la voce soltanto, al di qua del comprendere di un
abbraccio, arrivare l, dove si incontra unesultanza trattenuta
e si coglie il respiro, il sospiro, laffanno, limpercettibile ansito
breve che sale dalle vertiginose profondit del cuore, nel buio
tremante palpito di unemozione.
Ai confini dello sguardo incontriamo esattamente questo
ondeggiare, che assomiglia al mal di mare in terraferma. Non
un malessere compiuto, dispiegato. Piuttosto, lesitazione che
precede e accompagna laccenno a un moto lento e misurato,
che distilla e trattiene limpulso a raggiungere la meta
desiderata.
Il ritrarsi del corpo, che quasi si torce, per mimare la
volont di un indugio perplesso, attende risposta, lassenso
ulteriore ad un moto che aspira a farsi passo di danza, voluta
di fumo al cospetto di chi non pu essere (ancora) toccato
veramente.
Nella misura di unonda trattenuta chiuso il senso di un
procedere che non vero avanzare nello spazio fisico che separa
(ancora).
Continuare a separare lo spazio fisico in infinite particelle
da attraversare un centellinare il gusto dellonda dellaltro che
allo stesso modo procede verso di noi, riconoscendo unonda
familiare, non pi perturbante per noi.
Il puro contatto delle voci e il corrispondersi affannato del
respiro e il moto agitato e casuale delle braccia e delle gambe,
quasi a voler cercare posizioni pi sensibili a quanto sta per
accadere, si placa in un sorriso, breve assenso soddisfatto,
quasi un placato porre termine a una lunga contesa per la
verit.
Il consenso che giunge fino a noi non il termine della
beatitudine e nemmeno il rasserenato stupore di chi sia stato
raggiunto contro la propria volont senza opporre resistenza.
Non ci fu contrastato diniego n altero disdegno in un
inespressivo restare. Piuttosto, una bocca appena spalancata
che non riusciva a dire ancora leffetto di quel tocco che era
stato uno sfiorare appena.
Il moto accennato della superficie dellanima imprime il suo
ritmo al sorriso e al respiro che accompagna il rapido affanno,
il trattenuto sospiro.
Come onda che corrisponda allonda dei ricordi, laltro
avverte londa che sale, londa del ricordo evocato dalla nostra
voce accorata. Riconosce leffetto del nostro tocco prudente e si
abbandona a fiducioso e confidente sorriso.
Un tipo di bellezza
Venerd 27 aprile 2012

C un tipo di bellezza di cui non parlano artisti e filosofi e


che non si pu fermare in alcun modo in unopera. Essa giunge
inaspettata come un temporale di primavera, per arricchire i
giorni e confermare la realt di un legame. Parla solo a noi e
torna a mostrarsi anche in forme inedite e nuove.
Non si tratta di contemplare un oggetto dotato di
caratteristiche seduttive, perch colpisce al cuore. Non produce
sommovimenti e sobbalzi n irrigidimenti repentini, quasi fosse
spavento limmensurabile epifania che si avanza.
E il suo volto, la voce, il passo nervoso e incerto a proporre
unapertura improvvisa del cuore.
Siamo abituati a fissare in unimmagine e basta le armonie
e le simmetrie, le linee che parlano alla fantasia e la eccitano,
facendole sognare storie che nessuno narrer mai. Non
chiamiamo bellezza la figura che salva, perch contiene la
promessa dellistante che seguir. Ci basta leterna e
immutabile pulchritudo di sempre, quella che ci vince e ci
riempie il cuore di nostalgia, come se avessimo perduto ci che
non abbiamo posseduto mai! E stato dato il nome
di desiderium a questa follia della mente, a questo accarezzare
la mancanza e lassenza di ci che non ci appartiene. La sua
origine forse proprio in quellastratto contemplare
unimmagine e basta. Come se da un calco potesse sollevarsi il
profumo della vita e raggiungere i nostri sensi e stordirci con la
sua dolcezza!
Io preferisco per me lo sguardo incerto e compunto, e una
voce sempre ferma e insinuante, a volte roca e stridente, che
stanno l a ricordarmi il dolce che si nasconde dietro laspro
rimprovero e il rimpianto dolente di chi non accetta il distratto
discorrere di cose che non si incontrano mai con la bellezza
nascosta, che sta l, davanti ai nostri occhi, racchiusa tutta in
quella superficie di sguardi e di suoni e di gesti trattenuti e
scomposti.
Al piacere statico della contemplazione e basta preferisco la
danza della vita, che fatta delle cose a noi note, che si fanno
miele che si distilla per approssimazioni e contrasti. La
promessa di un abbraccio. Lincedere solenne e misurato, quasi
ci fosse da occupare in ogni istante una posizione nellaria, alla
maniera di una danza. Lintonazione calda della voce. Ma
soprattutto, lo sguardo rivolto verso di me. Proprio verso di me.
Non come sono soliti guardare nelle ore stanche della sera i
vicini e i lontani. Ma nelle prime ore del mattino, quando la vita
una promessa, e quella promessa sorride a me, solo a me.
Questo tipo di bellezza tutta nellincanto delle cose,
nellincontaminato stupore del mattino della vita.
Nellascolto stupefatto dellessere
che si risolve nel suo svanire
Domenica 29 aprile 2012

Tra le cose difficili a cui dare un significato la pi insidiosa


per noi, perch capace da sola di generare le pi dure illusioni,
lesperienza degli sguardi e delle attenzioni di cui possiamo
divenire oggetto da parte di una persona che voglia esprimere
ammirazione, calda simpatia e rispetto.
Limpazienza che ci prende allimprovviso finisce per
colorare di significati ulteriori un aurorale interesse, che non
dovrebbe essere destinato a proseguire e a tradursi nella
costruzione di una relazione duratura. La persona che ci
sorride ci sorride e basta. Lapertura che mostra nei nostri
confronti far parte di un personale stile umano, che si
manifesta ogni volta di nuovo con lo stesso sorriso e la stessa
apertura. Ogni persona che incontrer sar oggetto delle stesse
attenzioni, della stessa cortesia.
Il riguardo che ci viene riservato ci sembra troppo esclusivo,
quasi fosse unaffezione suscitata da noi, solo da noi. Finiamo
per credere che stia nascendo qualcosa di speciale, magari
unamicizia nuova.
Se poi si tratta di donna che appunta lo sguardo su di noi,
come rinunciare alla tentazione di sprofondare nella pi dolce
delle illusioni, immaginando altri mondi e altre vite, cieli nuovi
e terra nuova? E gi Paradiso!
Il destino a cui rischia di essere votato ogni maschio
esattamente questo: non riuscire a mantenersi sulla soglia,
attenendosi a ci che appare, senza andare oltre ci che
appartiene allo spazio dei puri dati di fatto.
Non dovremmo mai sentirci autorizzati ad andare oltre ci
che ci viene dispensato: una donna dovrebbe sentirsi libera di
manifestare un istintivo moto di simpatia; dovrebbe essere
libera di sorriderci e di intrattenersi a discutere amabilmente
con noi, se la compagnia sar amabile Ma tutto questo e altro
ancora finisce l.
Ci sono donne dotate di una innata freschezza, che non
possono fare a meno di esprimere le loro emozioni, senza che
questo poi voglia dire che ne nascer un impegno, che i moti
dellanima e i gesti debbono condurre di necessit alla
concessione di un incontro ancora e farsi preludio a file di
continuit per noi.
Ci scioglieremo dallabbraccio che non c stato con la
stessa leggerezza con cui avremo conversato. Il sorriso elargito
si spegner sulle labbra della persona incontrata senza rimedio.
La malinconia che ci prende subito, perch avvertiamo
distintamente che tra poco tutto finir e finir per sempre,
invoca un rimedio. Bisogna trattenere la fonte della felicit
subitanea che abbiamo provato.
Allora, sciuperemo con la stessa rapidit con cui siamo stati
proiettati in Paradiso il bene appena ricevuto. La caducit di
quella bellezza cosa a cui non vogliamo rassegnarci. Vogliamo
lamore che dura. Non ci accontentiamo di quello che non dura.
Non esitiamo, infatti, a chiamare gi amore un moto dellanima
trattenuto e sospeso. Magari ci convinciamo del fatto che non
amore, che non detto che debba essere chiamato sempre
amore questo dolce che si distilla per noi nelle subitanee
epifanie mondane della bellezza. Faremo tutte le necessarie
distinzioni, per non irritare il giudice severo che ci richiama alla
realt, ma i demoni che ci accompagnano possono essere messi
facilmente a tacere, presi dal miele che pregustiamo ad ogni
istante che procediamo verso leternit.
Questo soltanto sappiamo fare. Stropicciare gli angeli senza
rimorsi. Ignorare listante eterno che solo ci concesso,
incuranti del rischio di perdere il poco che pure ci concesso.
Tra i tanti Paradisi che amiamo edificare per noi, quando
appare un nuovo che ci sconvolge lanima per un po, ce n uno
che merita maggiore prudenza.
Dovremmo imparare larte dei congedi, la difficile arte degli
addii, che pure si impone ad ogni pi sospinto, tutte le volte
almeno che uno stupefatto avanzare della vita verso di noi si
risolve in un altrettanto rapido svanire. Non vorremmo essere
in quellintervallo che precede la felicit, perch non
riconosciamo i segni del tempo. Non si annuncia nessun
Paradiso ancora. Perch lanima si proietta allora verso un
premio che non corrisponde a nessuna promessa dichiarata?
La creatura in ascolto. Tendere a sentire le giuste voci
compito solenne. Solo cos la vita non ci prender in giro.
Contro linattendibilit dei sentimenti
Domenica 2 settembre 2012

E stupisco che lamore


abbia questo volto interno.
MARIO LUZI
Il 24 novembre 1980, giorno di acquisto delle Elegie
duinesi di Rilke, presenti nella Collezione di poesia Einaudi,
scoprii tra i temi della poesia stessa linattendibilit dei
sentimenti. Naturalmente, non mi impegnai a circoscrivere
lapplicabilit del concetto al solo campo della poesia rilkiana:
ancora oggi, non in quel quadro che mi spiego unidea cos
radicale sul nostro sentire. Assumevo i temi negativi di Rilke
come espressione forte di una conoscenza dellanima che
superava quella degli studiosi tutti della mente e dei filosofi.
Era come se procedere fosse possibile solo a condizione di avere
sconfitto quellidea.
Io conoscevo gi la Lettera di Lord Chandos di Hugo von
Hofmannsthal, in cui si descriveva una crisi del linguaggio che
si spingeva fino al punto di confessare la perdita di senso di
parole come corpo, anima, mente, spirito, ma si trattava di
una societ che viveva forse la saziet di una condizione
annoiata e stanca che solo in parte poteva essere ricondotta alla
temperie culturale in cui erano nate le Elegie.
Avvertii, tuttavia, che da pi parti giungevano a me segni di
una crisi spirituale profonda ed estesa, che arrivava a incrinare
i fondamenti dellesistenza umana.
Mi colp la Terza Elegia in particolare, l dove parlando del
giovane, il poeta si rivolge alla ragazza per ammonirla: egli non
ama solo te; anzi, in te egli sogna lantico fermento, tutte le
donne che ti hanno preceduta; egli vede in te, oltre te, tutte
quelle donne E come potrebbe essere diversamente!?
I luoghi della poesia in cui lo scompiglio e il turbamento si
accampano sulla scena, mostrando un paesaggio straniato ed
estenuato, sono tanti: basta rivisitare per intero il testo delle
dieci elegie.
Ai miei occhi sonava sinistramente come destabilizzante
unidea che negava consistenza ai sentimenti. Ero ancora
convinto che essi vivessero quasi di vita propria, che niente
potesse scalfire un moto perenne che era dellanima, dunque
insondabile e inafferrabile.
In seguito, mi ritrovai solo a combattere teoricamente
contro un fantasma che rendeva insicuro il territorio su cui
riposavano le mie certezze. Chi potrebbe negare che nel silenzio
della nostra anima a fatica facciamo i conti con il nostro
sentire? Ricorriamo allaiuto della Poesia per dare senso ai
nostri terrori e alle vanificazioni di cui facciamo continuamente
esperienza. Intermittenze del cuore, arcipelago delle
emozioni, confusione dei sentimenti e altro ancora
contribuirono nel tempo a farmi sentire che vacillava il senso
della stessa esperienza personale.
Pi di tutto, per, fu determinante lostinazione di una
donna, una feroce insicurezza personale che si nascondeva
dietro una personalit forte e autoritaria. Questultimo tratto di
personalit, per, avrebbe dovuto rendermi certo che
uneducazione autoritaria a sua volta aveva generato quella
mentalit ristretta e che non si trattava di un dettaglio facile da
emendare. Solo ora so cosa sia langustia della mente. Ci
inventiamo esercizi spirituali per correggere e favorire la
crescita personale, ma occorre una disponibilit al
cambiamento perch acquisti senso lespressione esercizi
spirituali. I farmaci non bastano. Occorre la volont del
malato di guarire. Se il malato, poi, accusa il medico e lamico
e lamante e il compagno di vita e rifiuta il farmaco, ci che resta
il calvario quotidiano della recriminazione e del sospetto, del
fraintendimento e dellequivoco, che la vita dispensa a piene
mani a tutti noi. Se non si impara a raggiungere e superare,
come intu genialmente una mia alunna di primo liceo, tanti
anni fa, si resta impantanati e si impone al partner di star
fermo, perch ad ogni angolo il rischio del tradimento. Se poi,
ogni incidente di percorso, pure chiarito, e infinite volte, resta
l, come documento di tradimenti reali, effettivamente
consumati, c da chiedersi se siamo in presenza di quella che
stata chiamata psicopatologia della vita amorosa; se, cio,
abbiamo sbagliato partner; o se non si tratti, piuttosto, ancora
della vita che pretende da noi prove ulteriori di una volont
damore non sufficientemente dimostrata.
Ho recitato la mia parte fino in fondo, perch come mi ha
insegnato Edgar Lee Masters in questo consiste lonore. Ho
lasciato la psicopatologia sullo sfondo per non impazzire
assieme a lei e ho continuato ad onorarla, onorando il patto
damore. Non ho mai creduto alla spada di Alessandro che, a
Gordio, con un sol colpo sciolse tutti i nodi: io credo che a noi
spetti, non essendo generali di un esercito in guerra, di
sciogliere i nodi della vita uno per uno, senza immaginare mai
che siano troppi per noi. Solo cos andremo incontro al nostro
Destino e realizzeremo una parte grande di noi. Anche se ci
sembra di essere invischiati, immersi in un errore, vivremo fino
in fondo il tempo mondano che abbiamo scelto di vivere tanto
tempo fa. A questo tempo apparteniamo. Da esso impossibile
sciogliersi, immaginando brevi transizioni, passaggi indolori,
ma soprattutto spiagge felici e ristoro e pace.
Quando ho iniziato a scrivere su di me, qualche anno fa, ho
chiamato Etsagung, rinuncia, il da farsi. Ma rinuncia non
significa colpo di spada, interruzione brusca di una vita di
relazione che non quasi mai del tutto esaurita. Si tratta di
educare, di curare quella relazione, per accelerare processi di
decantazione delle scorie, per favorire la fuoriuscita di tutto
ci che giace al fondo da tempo senza risposta, per stabilire la
distanza che sola permette scelte ulteriori
Rinuncia accettare la condizione residuale di chi gi
andato via, ma resta l fino a quando tutto si sar consumato.
E non parlo di giorni o di mesi. Parlo di anni. Tutti i processi
sentimentali non ammettono scorciatoie. Tutto ci che non
stato curato a sufficienza continuer a manifestare la sua
virulenza emotiva.
Rinuncia uno stato di grazia. E arrendevolezza della
fantasia. E riconoscere al mondo la sua vittoria, come direbbe
Kaf-ka. Non rassegnazione, passiva accettazione del male e
dellerrore. Stare dentro lasimmetria di una relazione che non
poggi su una forte reciprocit di intenti e di atti consapevoli
difficile e duro, ma pu costituire una ragione a cui non
sottrarsi, in nome di un sentimento antico che non cessa di
esercitare il suo fascino sul nostro cuore.
Rinuncia la rinuncia alla pretesa di sapere tutto, di
possedere sempre lintuizione dellamore e di sapere sempre
cosa sia bene per tutti. Labbandono di ogni metafisica del
sesso, che contrapponga maschio e femmina, comporta
lassunzione dellaltro al rango di persona e basta: lesperienza
sentimentale si consuma tra due singolarit qualunque, che si
ritrovano luna di fronte allaltra, con il compito di disegnare i
confini del territorio di unesperienza che si far comune se
significati condivisi animeranno lesperienza stessa. Per fare
questo, bisogna rinunciare alla pretesa di sapere gi cosa
significhi essere maschio: scoprir che tipo di maschio sono
soltanto di fronte a lei, che, a sua volta, dovr scoprire che cosa
significhi essere donna soltanto di fronte a me. Nel fuoco
dellesperienza soltanto affiorer il magma originario, da cui
proveniamo, e si crescer a nuova consapevolezza Abitare la
distanza uno dei modi di questa rinuncia.
La prova pi grande da affrontare, tuttavia, unaltra. Di
fronte al fatto che le donne tendono naturalmente a non
credere alle parole damore di un maschio, di cui potranno
dubitare a lungo, c da fare una cosa esemplificata in modo
perfetto da Hugo von Hofmannsthal nella commedia Luomo
difficile (1918). Dopo che lamica e a suo modo mentore
Antoinette si rivolge ad Hans Karl rimproverandogli di
mostrarsi in modo contraddittorio e ingannevole, egli
lapostrofa con queste parole:
Ma lo sa Antoinette che cos cuore, lo sa? Che un uomo ha a
cuore una donna lo pu mostrare con una sola cosa al mondo:
con la durata, con la costanza. Solo cos. Questa la prova,
lunica.
Queste parole, apprese nel 1976, quando lessi la prima volta
il volumetto di Hofmannsthal, sono diventate poi il mio Karma,
il fondo dellesistenza personale a cui ho attinto sempre
certezze, come un Destino che supera le mie ragioni e quelle di
ogni maschio.
Noi ci portiamo dentro poche certezze, che costituiscono le
nostre poche certezze. Per me, quella di Hans Karl Bhl una
verit indiscussa.
La conseguenza grande di questa certezza nel tempo, nella
considerazione di quello che facciamo della nostra esistenza,
che abitare il tempo. Nella dimensione che ci propria
soltanto acquister senso e consistenza il sentimento che
proviamo per una persona. La seriet delle intenzioni non
basta. Giustamente.
Ci che muore non meritava di essere ricordato.
Mercoled 5 settembre 2012

Tutto ci che muore non merita di essere ricordato.


Unimpietosa sepoltura sia riservata a ci che abbiamo
lasciato precipitare nella dimenticanza.
Pi dignitoso trattamento merita ci che finito sotto il peso
della malinconia del cos fu: contiene in s i germi del riscatto,
la possibilit della redenzione.
Solo noi decidiamo che qualcosa irredimibile.
Imprescrittibile. Imperdonabile.
Non esiste unars oblivionalis, unarte del dimenticare. Non
possiamo attivamente agire sulla materia dei nostri ricordi per
sbarazzarcene. Quello che possiamo fare ben pi efficace, se
poniamo mente alla damnatio memoriae a cui destiniamo
persone e cose che abbiano deluso tutte le nostre aspettative.
Prestiamo attenzione pi alle grossolane esperienze di cui pi
facilmente ci liberiamo, se abbiano turbato la nostra sensibilit
o se abbiano lasciato un segno doloroso nellanima.
Leffigie di un uomo curata e trasmessa ai sopravvissuti
da coloro che siano destinatari di uneredit di affetti. La
dimensione personale del ricordo intrisa di moti del cuore che
la sostengono. Senza di questi, leffigie finisce per essere
trascurata. Il prolungamento della vita delle cose dipende per
intero dalla nostra capacit di narrare: non si muore una sola
volta!
Noi ci adoperiamo a mantenere in vita lungamente la
presenza di coloro che abbiamo amato. La durata delle cose
subisce la stessa sorte: durano presso di noi, se abbiamo
assegnato loro un valore particolare.
Non forse lo stesso destino che riserviamo ai nostri amori?
La loro durata dipende forse dalla loro natura? non siamo noi
a farli durare, assegnando loro le caratteristiche indispensabili
perch sopravvivano alle tempeste della vita?
Ma se cos, non giusto dire che ci che muore non merita
di essere ricordato?
La vera attesa
Gioved 6 settembre 2012

E sorprendente ritrovarsi a pensare, pur sapendo bene che


cos, quanto sia facile credere di credere. Illudersi di essere
innamorati. Cercare di esserlo e per un po credere che sia cos.
Quante storie sono finite, per questa via, nel numero di ci che
non mai nato! In parte, questo genere di esperienza
riconducibile a unattitudine tutta maschile, la tendenza a
vedere in ogni donna una possibile compagna di vita. Le
fantasie sessuali, le fantasticherie, i film, come dicono i
tossicomani, si sprecano, a tutte le et! Ma non patetico
abbandonarsi a questa attivit della mente, perch partecipa
anche il cuore, che quasi si abbandona al gioco, mobilitando i
suoi eserciti migliori: malinconie, affanni, angustie, gelosie,
attese, sospiri, promesse
Lattivit pi interessante, tuttavia, andr ricercata
nellanticipazione di dialoghi, che stata gi riguardata
autorevolmente come anticipazione di incontri. Tralasciando il
corteo che segue, e che fatto di lunghi corteggiamenti segreti,
di relazioni immaginarie, di amori mai dichiarati, pi
significativo lepilogo di ogni storia. Scoprire che si tratta di
storie senza storia rende sempre pi faticoso procedere, fino
alla necessaria accettazione dellerrore. Si trattava solo di storie
senza futuro. Ci che interviene ad interrompere la catena delle
illusioni ad occhi aperti non il lavoro della mente, ma proprio
il cuore, che alla fine non se la sente di continuare in un gioco
senza riscontri. Lillanguidirsi della passione, dello slancio
verso la persona reale, che non pi oggetto ambito, meta
ideale di sogni damore, occasione di felicit La ricerca della
persona reale diventa faticosa, a suo modo rivelatrice.
Allimprovviso, affiora unindifferenza che ci stupisce, perch
non credevamo che potesse attecchire in noi, che amiamo
pensarci come persone dotate di sensibilit sempre viva.
Com possibile che una figura femminile a cui eravamo
intensamente interessati perda le sue attrattive per noi, come
se avessimo sperimentato linsussistenza dellattrazione per la
persona? Dov finita la tensione accumulata, lintenzione di
aprirsi alla realt, che stava quasi per manifestarsi prepotente?
Dobbiamo concludere, allora, che di inattendibilit dei
sentimenti si tratta? Non sar dipeso anche dai segnali che
attendevamo dallaltra parte, che non sono mai arrivati? Non
sar intervenuto un motivo di delusione a convincerci del fatto
che ci eravamo sbagliati sulla persona a cui eravamo sul punto
di aprire il nostro cuore? Non forse proprio la conoscenza
morale, da noi spesso invocata, che ha fornito a noi le giuste
informazioni che aspettavamo, per decidere cosa fare di noi, se
lanciarci nellavventura amorosa oppure no?
Tra mente e cuore, allora, non potremo fare a meno di
ascoltare luna e laltro, ora luno, ora laltra. Senza commettere
lerrore di lasciare al cuore il compito di decidere da solo. Che
sia un cuore pensante il nostro. Un vivo sentire ci guidi sempre,
ma sotto lo sguardo vigile della nostra mente, che conosce le
strade che abbiamo gi percorso e sapr indicare sempre
quanto di vero ci sia nel nostro sentire, se su un autentico
valore riposa il credito concesso a un altro cuore, se una vera
storia crediamo che sia possibile intrecciare con il destinatario
dei nostri palpiti. E importante scoprire per tempo se i transiti
immaginati in una direzione e nellaltra siano possibili, se
saranno realt dal primo giorno. Le vere attese sono quelle che
durano poco.
Rinunciare a rendersi infelici
Domenica 9 settembre 2012

Temo che pochi conoscano il potere distruttivo delle


illusioni, che ne siano cio coscienti. La nostra mente disposta
ad ammettere questo fenomeno. Altra cosa riconoscere nella
propria esistenza i segni di tale azione, considerando ampie
porzioni temporali dellesistenza stessa. Riconoscere di essersi
ingannati su una persona a cui siamo stati lungamente legati
non poi cos facile a farsi!
La distruttivit di cui parlo non risiede in un potere diretto
dellillusione sulle cose o in una natura violenta dellillusione
stessa, come se fosse una forza che si abbatte su qualcuno! La
negativit insita nella tendenza ad illudersi sempre sullo stesso
oggetto, anche dopo ripetute smentite della realt, dipende per
intero da noi, dal fatto che facciamo derivare un sentimento,
una relazione, un incontro non dalla conoscenza morale ma da
preconoscenze, anticipazioni dellesperienza, impressioni,
vaghe sensazioni a cui non segue alcuna verifica! Quando si sia
consolidato un giudizio sulla persona o sia stato fissato un
criterio per lazione, e per anni sia stato perseguito sempre lo
stesso fine, il trascorrere del tempo non ci aiuter ad
allontanarci da quelle false premesse, dai falsi fini assegnati
allazione. Se poi siamo convinti che ogni relazione sentimentale
sia destinata a portare con s una promessa di miglioramento,
di cambiamento, che sicuramente seguir, finiremo per
aspettare per anni, anche per decenni il cambiamento
desiderato.
Ci che di pi drammatico interviene a richiamarci alla
realt, nellacm, nel momento nevralgico dellesperienza
sentimentale, il cumulo degli effetti a distanza, delle
conseguenze di scelte lontane che continuano a farsi sentire: gli
schiaffi in faccia, le sonore smentite, che non sono veri richiami
alla realt; dipende ancora dal nostro sentire, dal modo di
percepire le cose la capacit di vedere ci che abbiamo sotto gli
occhi. Possiamo continuare per anni ancora a negare la realt,
fino alla catastrofe successiva, fino allultima catastrofe,
quando ci ritroviamo in un vicolo cieco e siamo costretti a
guardare indietro. E pure questo volgersi a considerare la
strada fatta non garanzia di risveglio, di resipiscenza, di
ravvedimento.
Parlare di strada fatta segno di una condizione di forte
spaesamento. Quale uso possibile fare ora di una strada che
alle nostre spalle? Ci fregeremo di un titolo di merito, per aver
finalmente capito? Chiuderemo al traffico la strada percorsa,
per non tornarvi mai pi? quando sappiamo bene che non ha
senso immaginare un ritorno! Sanciremo con decreto solenne
la fine di un errore? E come si amministrano gli errori? Basta
dire che non torneremo a fare quello che abbiamo appena
finito di fare? Come se non sapessimo bene che siamo tutti
condannati a commettere sempre gli stessi errori!
Allora, non ci resta che assumere il vero problema come il
problema da affrontare: la nostra tendenza a illuderci, a
costruire vane chimere su basi inconsistenti, progettando
imprese al limite della disperazione, pur di soddisfare il bisogno
di assegnare alla vita dei sentimenti fini che sono ad essi
estranei. Pretendere, ad esempio, di rendere felice una persona
che presumiamo non lo sia (a sufficienza) stupido. Lunica
cosa che abbia veramente senso concedere a se stessi il diritto
di essere felici. Solo su questa base e con questa premessa e
con questa istanza avremo qualche chance contro la nostra
tendenza a renderci infelici.
*
Leggere Istruzioni per rendersi infelici, di Paul Watzlawick
e poi ancora: e poi
Le angustie della mente
Luned 10 settembre 2012

La nostra angustia ci sfuggita fin troppo. Da cinque anni,


ormai, non facciamo altro che parlare di noi, delle nostre
umidit gastriche, come avrebbe detto Sartre. Senza costrutto.
Scrivere avr fatto sicuramente bene a noi. Sar stato igiene
mentale. Saremo venuti in chiaro di noi stessi. Ma fuori di qui,
nella vita di relazione, nelle relazioni significative tutto andato
peggio di come avremmo voluto. Abbiamo avuto la conferma
del fatto che la scrittura non serve a niente. Non serve,
soprattutto, a farci amare (di pi). Anche questo esercizio si
rivelato una pratica privata, solitaria. Lunico risultato
conseguito la chiarezza. Potremmo continuare allinfinito a
mettere puntini sulle i e lo faremo ancora! -, ma senza
convinzione. Senza altra ragione, se non quella privata: si scrive
per se stessi.
Anche se questa solo una delle Rubriche curate, di certo la
pi corposa. quasi la ragion dessere di questo sito. Oggi mi
ritrovo a pensare che angustia della mente, ormai, questo
insistere sulla propria vita sentimentale. tempo di spalancare
gli occhi. Spalancare le finestre.

Ritrovarsi per qualche decennio in una condizione di stallo, e


addirittura vedere regredire la qualit della propria vita, e
persistere nellerrore forse cosa che meriti ancora analisi e
approfondimenti? Ormai, solo noia.
Perdersi
Sabato 22 settembre 2012

Attraversare lesperienza della perdita duro ad ogni et. Il


senso di vuoto che si prova non mancanza delloggetto
damore (soltanto). Siamo noi quel vuoto. Le cose si appannano
perch il nostro sguardo appannato. In verit, non vogliamo
tenere gli occhi spalancati sul mondo, perch vedremmo solo
cose, non il colore delle cose.
Se una lezione dobbiamo ricavare da questa esperienza
forse proprio in questa destituzione di senso che riguarda noi,
i soggetti amorosi. Perdere un amore significa perdersi,
smarrire il senso di s, una porzione grande della propria
identit.
E se esce intaccata, ferita lidentit personale, vorr dire che
aveva senso la teoria dellamore che assegna al soggetto
amoroso limportanza pi grande: nellesperienza sentimentale
a due esce accresciuta la mia identit, addirittura realizzo la
mia identit, cio rendo reale una parte di me, forse la pi
importante, la pi grande di fronte allaltro.
Labbandono della relazione, la separazione di fatto, la
mancanza che conseguono alla rottura del legame si
costituiscono come una negazione di me, un rifiuto, un
mutamento del giudizio che sorreggeva il sentimento, il venir
meno del valore che mi era stato assegnato. Perci corretto
pensare che di me si tratta, della mia identit, del mio modo di
consistere e di declinarmi nel mondo.
Sotto lo sguardo dellaltro io apro il mio cuore e lascio
entrare laltro, che non soggetto conoscente soltanto ma
prima di tutto senziente, paziente, parlante. Laltro risponder
a quellapertura. Dovr decidere che farsene della mia libert,
se legarla a s con il legame damore o con lacci e catene; dovr
dare un senso ai giorni, e nelle costellazioni di senso che ne
deriveranno dovr decidere quale posto io occupi nel ritaglio di
tempo in cui mi sar dato poi consistere.
Tuttavia, la mia esistenza non dipende interamente dal
consenso dellaltro. Se cos fosse, mi ritroverei nellassoluta
insicurezza (un capitolo importante de Lio diviso di Ronald
Laing, sulla schizofrenia, non a caso intitolato Linsicurezza
ontologica). La dipendenza dallaltro, nella relazione
sentimentale, fisiologica. Essa diventa patologica quando si
fa disfunzionale.
La mia esistenza non dipender in modo disfunzionale da
quella dellaltro, se la mia fragilit e i miei limiti saranno
rispettati e se sapr custodire lo spazio interiore, difendendolo
dagli attacchi esterni, anche della persona oggetto del mio
amore. Non debbo permettere che parti importanti della mia
esistenza siano erose dallinsicurezza dellaltro. Se questo
accade, vuol dire che da una parte o dallaltra ci sono carenze
nella costruzione delledificio della personalit che si
riverberano sulla relazione sentimentale.
Escluso tutto ci che disfunzionale, patologico, non resta
che considerare lo stato di sofferenza personale che deriva da
una normale perdita sentimentale. Lelaborazione del lutto
non compito che si possa esaurire in un tempo breve. Dopo
anni, talvolta decenni, andati in fumo, si tratta di ridefinire il
senso di quegli anni, di quei decenni. La persona amata era
quella giusta per noi? Eravamo compatibili? Era prevedibile
lesito finale? Poteva essere evitato con comportamenti pi
adeguati? Le infinite domande a cui sottoporremo la nostra
coscienza serviranno a liberare la coscienza stessa da quelle
forze che ci legano ancora a chi non c pi.
Al di l e oltre ogni strategia ed esercizio e terapia, per,
conta saper illuminare la propria esperienza, rendendo chiare
le ragioni che hanno portato a stringere una relazione come
quella che stata appena distrutta. Apprendere dallesperienza
compito difficile, e su esso torneremo, ma di questo si tratta:
di fare i conti solo con se stessi.
Quello che non possiamo fare questo: revocare in dubbio
le scelte consapevoli fatte. Amore non cieco, anzi insegna a
vedere. Amore visionario, creativo, immaginifico
Linvestimento sentimentale prodotto non pu essere svilito,
come se fossimo stati guidati da forze oscure! Noi abbiamo
scelto proprio quella persona, con i suoi difetti ben noti a noi.
Non eravamo ciechi nel momento della scelta. Non possiamo
dichiararci oggi desti, come se fossimo dormienti!
Noi possiamo fare una sola cosa, con onore: accettare la
lontananza, lassenza, la mancanza, la perdita come prezzi da
pagare, per lesito negativo di una nostra impresa umana.
Lesperienza del dolore, poi, connaturata alla condizione
umana. La vita fatta di assenze, separazioni, perdite.
C un tempo anche per il dolore. Non possiamo sottrarci al
potere del tempo. Viviamo nel tempo. Siamo il tempo della
nostra coscienza.
Distillare istante per istante ogni colpo che verr dal dolore
conseguente alla perdita. Solo cos potremo assegnare il giusto
posto nella nostra esistenza allesperienza sentimentale
conclusa. Dal significato che sapremo dare ad essa
dipenderanno le scelte che faremo ancora per dare senso alla
nostra vita, intrecciando nuovi legami sentimentali.
Perch solo il bene alla fine degno di considerazione
Gioved 27 settembre 2012

La rozzezza la prassi della stupidit ROBERT MUSIL


Il tempo della lotta per il riconoscimento finito (per me). Le
vane richieste e laffanno e la preoccupazione di essere
finalmente accettato, accolto, apprezzato, magari giudicato per
il mio lavoro o per le mie qualit umane sono pratiche
abbandonate, a vantaggio di un pi sereno sentire, fatto di
pacificato stupore, per lumana stupidit.
Questo divertito stupore che a volte mi assale come una
benedizione, perch mi consente di vincere limpazienza, che
sempre vorrebbe esigere giustizia, andare addirittura
allincasso, come se da qualche parte ci fosse uno sportello
approntato per noi, per farci ritrovare lincanto perduto!
Siamo liberi di continuare a credere che quanto ci stato
negato fin qui sar prontamente elargito, magari con qualche
altra dilazione ancora, ma arriver, oh, arriver il premio
ambito. Qualcuno si alzer per dire s, e allora potremo perdere
i sensi per raggiunto orgasmo.
La fiera della vanit, con il corteo dei trucchi e delle
meschinit che sempre contraddistinguono le condotte degli
stupidi, sta l, sempre in prima pagina. E come quel tipo di
Educatore si fa per dire! che non risponde al telefono, se lo
chiami, e che non risponde alle tue lettere, se gli scrivi, facendo
derivare il proprio potere da questi gesti regali che apparentano
le persone alle pi basse specie prive di anima.
Le virt italiche sono note. Furono elencate da Leopardi nel
suo famoso Discorso sopra lo stato presente dei costumi
deglItaliani. Da allora nulla cambiato. Gli italofoni si
affannano tutti ad inseguire vane chimere, facendosi guidare
dalle sirene del potere. Disdegnano la pubblica utilit e la lealt
civile, a vantaggio di immediati riconoscimenti, strappati con i
mezzi pi abietti. Limportante in Italia sempre vincere, mai
partecipare.
Io preferisco per me questo tempo di mezzo, non pi torrida
estate, non ancora pungente inverno, in cui sembra di potersi
fermare ancora a conversare, magari nello spazio virtuale, con
dolci amici e conoscenti, che non disdegnano il retto conversare
cittadino, accompagnandosi con donne virtuose le famose
trenta! e riservate che preferiscono il riserbo al clamore della
scena.
E possibile incontrare ancora donne di cui non si
conoscano le nudit e che non aspirino a stare sotto i riflettori,
mai dimentiche di s, dei loro concreti doveri, giustamente
chiuse nel perimetro della loro esperienza umana.
Questo tempo passer, e come non ci lamentammo del caldo
eccessivo, non lo faremo con il freddo eccessivo, e non ci
attarderemo a discettare sulle mezze stagioni e sullaumento dei
prezzi. Altre delizie ci attendono, nellarena della vita, dove non
si consumano aspre contese per un posto in seconda fila. Non
siamo nati per primeggiare noi, ci basta un posto qualsiasi da
dove sia possibile sentire distintamente le voci care di coloro
che non sono mai risentiti con noi.
Da questa umanit senza potere riceveremo tanti doni, non
insperati, perch ciascuno di coloro che amiamo non ha
bisogno delle nostre richieste per pronunciare il s per cui forse
siamo venuti al mondo, per cui ci siamo sollevati al di sopra
della condizione misera da cui proveniamo.
Non poter amare
Gioved 27 settembre 2012

Il dolore pi intenso non linfelicit, bens lincapacit di tendere


alla felicit; lintelligenza pu solo fingere, per sopravvivere, di
non accorgersene, anche se il riso della conoscenza prorompe
forte e disincantato. CLAUDIO MAGRIS, Itaca e oltre
E doloroso ricevere da una cara amica la notizia della fine
dellamore della sua vita. E ancor pi doloroso sentirle dire che
il dolore che la sta devastando non dato dalla perdita della
persona amata ma dal non poter amare.
Uno spirito analitico non tarderebbe a scorgere dietro tutto
ci nientaltro che lutto. Noi crediamo, invece, che si tratti
daltro. Questa infelicit, che conosciamo bene, che molti
conoscono per non essere parte della schiera dei favoriti degli
di, limpossibilit di cogliere la felicit, di afferrarla, pur
avendola a portata di mano.
Come non pensare, infatti, che l fuori ci sono innumerevoli
persone alle quali sarebbe possibile dare il proprio amore e nello
stesso tempo sentire che ora non prudente, che sarebbe solo
un modo per compensare una mancanza, che a unillusione
finita si corre il rischio di aggiungere una nuova illusione,
aprendo il proprio cuore alla persona sbagliata?
Quello che possiamo promettere
Domenica 30 settembre 2012

58. Ci che si pu promettere. Si possono promettere azioni, ma non


sentimenti, perch questi sono involontari. Chi promette a qualcuno
di amarlo sempre o di odiarlo sempre o di essergli sempre fedele
promette qualcosa che non in suo potere; invece pu ben
promettere quelle azioni, che sono s, di solito, effetto dellamore,
dellodio e della fedelt, ma che possono anche scaturire da altri
motivi: giacch a unazione conducono pi vie e motivi. La promessa
di amare sempre qualcuno significa cio: finch ti amero, compir
verso di te le azioni dellamore; se non ti amer pi, continuerai a
ricevere da me le stesse azioni, anche se per altri motivi, sicch nella
testa del prossimo persiste lillusione che lamore sia immutato e
sempre il medesimo. Si promette, dunque, di continuare
nellapparenza dellamore quando, senza accecarsi da s, si giura a
qualcuno eterno amore. FRIEDRICH NIETZSCHE, Umano, troppo
umano

La verit dellassunto niciano risiede nel fatto che per noi oggi
la sfera tutta del sentire contiene porzioni significative della
vita della coscienza che ci sfuggono: non siamo del tutto
padroni del nostro sentire.
Le ragioni che sono alla base dellamore ci sono in parte note,
in parte sconosciute.
Quello che diviniamo dal nostro fondo enigmatico e buio ci
rivela a noi stessi e alla persona amata. Tuttavia, preferiamo
concentrare la nostra attenzione su ci di cui siamo
consapevoli, trattando separatamente larea
dellinconsapevolezza, come se questultima fosse estranea alla
vita del sentimento, unespressione involontaria non
riconducibile alla sua natura!
In questo senso, possiamo dire che i sentimenti sono
involontari. Almeno in parte, sfuggono al nostro controllo. Di
qui il rischio ricorrente dellillusione. Non poi cos difficile
inseguire le sirene di un cuore che poi si riveler di poco pregio!
Braccia chiuse
Domenica 7 ottobre 2012

Abbracciare ed essere abbracciati non sono la stessa cosa. Noi


possiamo abbracciare i nostri nipotini, perfino i nostri cani, e
sentirci ripagati, remunerati quasi del dono che facciamo, come
se qualcuno stesse l ad abbracciare noi, a confortare noi Ma
non la stessa cosa che essere abbracciati! Forse le nostre
braccia sono troppo grandi, troppo ampie per essere contenute
da altre braccia o forse sbagliamo noi perch ci immaginiamo
sempre con le braccia aperte, pronti a soccorrere o, pi
semplicemente, a fare la nostra parte: comprendere dentro le
nostre braccia il bisogno di altri che attendono. Dovremmo,
forse, chiudere le nostre braccia, e rannicchiarci quasi, per farci
oggetto damore e permettere che altri facciano a noi quello che
forse non dovremmo fare solo noi! Forse il segreto tutto qui,
nelle nostre braccia spalancate, come i nostri occhi che non si
stancano mai di bere il mondo, di succhiare quasi tutta la
bellezza che promana umile dalle cose. possibile stringere in
un abbraccio anche lei, senza che si avveda che nel contatto
casuale da cui ci sciogliamo troppo presto si nasconde un bene
lungamente atteso che sognavamo per noi. forse solo da lei
che ci attendiamo lo scioglimento, che la guerra dei
fraintendimenti e delle incomprensioni cessi, per non rinnovare
altre vanificazioni e ritrovarsi qui ancora con le braccia
saldamente aperte!
Non avete niente da dirmi
Marted 9 ottobre 2012

importante trovare le parole, per riuscire finalmente a dire


la cosa, quello che si agita dallaltra parte. O meglio, quello che
si tace dallaltra parte. Insomma, del significato del silenzio
abbiamo detto (quasi) tutto! Mancava da dire, forse, lultima
possibilit, quella che da tempo immemorabile era sotto i nostri
occhi, ma che non riuscivamo a vedere, perch troppo evidente,
tanto che ci accecava: voi non avete niente da dirmi. Delle verit
luminose, questa la pi luminosa. Tutte le volte che qualcuno
ha qualcosa da dire lo dice: potr tacere una speranza segreta,
ma si legger nei suoi occhi e nel volto e negli atti quello che
nasconde; se, pi probabilmente, n dagli occhi, n dal volto,
n dagli atti trasparir alcunch, possiamo tranquillamente
concludere che quella persona non ha niente da dirci.
Non sar pi difficile pensare questa indifferenza o questa
vilt, perch ha un nome: il nostro estinto significato. Una
vanificazione, come direbbe il poeta Zanzotto. Quello che poteva
tradursi in un incontro, in una relazione umana non mai
nato. Oppure, venuto meno.
Ieri, 8 novembre 2012, sono riuscito a dire finalmente a lei,
assimilandola alla schiera di cui parte: voi non avete (pi)
niente da dirmi. A me queste parole sembrano bellissime,
perch mi permettono di vedere chiaro quello che non riuscivo
a vedere, a causa del potere distruttivo dellillusione che,
assieme alle altre due emozioni distruttive maggiori la rabbia
e il desiderio -, mi inducevano a persistere nellerrore: chiedere
ancora e aspettare.
Un elogio del silenzio
Marted 9 ottobre 2012

Anche la rabbia ne esce ridefinita. Nella sua forma pi rozza


e primitiva non altro che risposta alle mancate risposte,
ostinazione contro il silenzio. Questultimo, nelle relazioni
umane, non altro che vilt o misconoscimento efficace della
verit che laltro non ha niente da dirci. Allora, la rabbia non
sar rivolta allaltro e al suo silenzio, ma si far astratto furore,
che durer fino a quando la verit ben rotonda non si
accamper sulla scena e noi ci sentiremo pacificati, se saremo
capaci di riconoscere che di un addio si trattato.
Quanto lungo dovr essere il silenzio del cuore, prima di
arrivare ad ammettere che di questo si tratta? che altro non
arriva fino a noi, se non duro silenzio? Non la durezza del cuore
dellaltro o altre bizzarre invenzioni della mente aiuteranno a
vedere giustamente. Il nostro significato estinto.
Gli addii possono essere bruschi oppure no. Quando non
sono bruschi, essi hanno la caratteristica che stiamo cercando
di descrivere da tutti i lati. Si risolvono semplicemente nel
silenzio. Laltro attende lilluminazione che ci faccia finalmente
vedere ci che pure gi evidente.
Perch poi bisognerebbe preferire un brusco addio, quando
comunque seguir il silenzio e lattesa dellilluminazione che ci
faccia vedere ci che pure gi evidente?
Rabbia illusione desiderio
Marted 9 ottobre 2012

Nelle relazioni sentimentali avviate sulla strada del


tramonto lincidenza di illusione, rabbia e desiderio di varia
intensit e peso. Siamo abituati a considerare ora luna ora
laltra emozione, pi interessante volgere lo sguardo ad esse,
appuntando lattenzione su una in particolare, per vedere cosa
accade quando nello stesso tempo sia operante unaltra delle
due rimanenti. Sicuramente, il desiderio si fa ostinato nelle sue
richieste ossessive, come se fosse dovuto un abbraccio o una
pi completa seduta damore tutte le volte che ci sembra
ragionevole abbracciare, toccare, penetrare! Nelle cose
damore una verifica severa sulle aporie del desiderio data
proprio dai riscontri negativi di cui si fa esperienza.
La potenza dellillusione sostiene sempre il desiderio. I
ripetuti dinieghi, ad ogni nuova richiesta, saranno oscurati da
pi benevole interpretazioni di ci che non viene riguardato
senzaltro come diniego. Ogni schiaffo in faccia si fa massaggio,
addirittura carezza! Vediamo solo quello che vogliamo vedere.
un po come quando si chiede perch continui a stare con il
partner alla moglie di un alcolista a cui sia stato spezzato un
braccio dal coniuge abusante. Lei risponder pressa poco cos:
Pasquale buono, quando non beve. Anche noi saremo
portati a ricordare soltanto il bene ricevuto, che sar esercizio
corretto tutte le volte che ci troveremo a sperimentare lunghe
file di continuit, ma che sar utile volgere nel suo contrario
tutte le volte che ci ritroveremo davanti alla porta chiusa.
Una buona responsabilit nel nostro vacuo errare risiede
nella convinzione che il desiderio sia la radice dellamore, che
abbia addirittura una sua autonomia. Un tempo ero convinto
che fosse un primum assoluto, che non ci fosse prova pi
grande del fatto di nominare il desiderio di fronte alla propria
donna: cosa poteva costituire prova pi grande del fatto di
desiderarla?
Che dire poi della rabbia, che interviene puntualmente a
sostenere ogni mossa del desiderio, nel vano tentativo di
spezzare incomprensibili resistenze? Solo lalternanza con
lillusione che possa cadere la resistenza con blandizie e
complimenti contribuisce ad attenuare la rabbia fino a
depotenziarla.
In ogni caso, le emozioni si fanno distruttive quando non si
riesca a vedere, ad accettare il nuovo che avanza. Ma ci che c
da vedere non ci si mostra sempre nella sua palmare evidenza!
Occorrono occhi di seconda vista per dare un nome a ci che
pure ci accade di vedere. Se Amore non cieco, anzi insegna
a vedere, diremo qui che non ci conduce solo alla corretta
visione del bene che riceviamo: nel tempo della miseria, ci
sostiene nella contesa di sapienza: ci dice quando tempo di
tornare a casa, perch il nostro tempo scaduto!
Il nostro tragediare quotidiano
Venerd 19 ottobre 2012

Il terrore degli di tragediato ed esagerato nella vita privata dei


Romani e in quella pubblica sino al massimo; [] ne segue che la plebe
viene tenuta a freno con oscuri terrori e con tale tragedia (POLIBIO).
Unansia tragica, dunque, che si vive giorno per giorno, nel rito pi
che nel mito, nella quotidiana superstizione pi ancora che nella
rievocazione storico-drammatica delle preteste di Nevio, Ennio,
Accio, Pacuvio. C appena bisogno di dire che nelle parole di Polibio
le espressioni tragedia e tragediare hanno valore puramente
negativo e di dispregio, come a indicare unangoscia irrazionale e
assurda; esse sono scritte nel segno di una pragmatica avversione
per il tragico, a cui si ispira anche la polemica di Polibio contro gli
storici tragici. Tuttavia, lo spostamento del tragico dal mondo mitico
a quello rituale della religio caratteristico dei Romani: un tratto che
noi moderni possiamo mettere in rilievo, svolgendo in questo senso le
osservazioni di Polibio su quello che si chiamerebbe il tragico
quotidiano della religio italica. SANTO MAZZARINO, Il pensiero
storico classico, II,1, EDITORI LATERZA 1966: pp.59-60

La prima volta che ne ho sentito parlare stato nel 1968,


durante lanno accademico 1967-1968, il mio primo anno del
Corso di Filosofia alla Sapienza di Roma. Ero curvo su Il
pensiero storico classico di Santo Mazzarino, Maestro di Storia
romana. Non capivo bene la portata della sua riflessione sul
tragico.
Dopo aver letto in tutto questo tempo i tragici greci e poi i
moderni, la riflessione dei filosofi e dei critici letterari
sullessenza del tragico, ho continuato ad interrogarmi su quel
tragediare quotidiano che ancora oggi mi affascina, perch
credo di averne colto qualche aspetto essenziale.
Se il cuore della tragedia, il suo acm, dato dalle opposte
volont divine che confliggono nella coscienza delleroe
protagonista, e se lesito del drn, cio dellagire tragico,
sempre lo stesso, possiamo concentrare la nostra attenzione su
un momento che ancora appartiene anche a noi. Mi riferisco
al tempo che precede la scelta, che vede leroe sempre diviso,
nella condizione di chi comunque sbaglier, qualunque cosa
scelga.
In questione, tuttavia, non lo statuto del tragico. Il sapere
tragico, piuttosto, ci che ci preme mettere a fuoco, cio la
possibilit di arrivare a qualche conoscenza attraverso il
conflitto drammatico che questa forma esprime.
Diventa pi chiaro quello che chiameremo tragediare
quotidiano, il nostro tragediare quotidiano, se pensiamo alle
grandi scelte che abbiamo affrontato, quando, ad esempio,
abbiamo dovuto definire i modi del legiferare in materia di
aborto. Di una scelta tragica si trattato, perch eravamo tutti
divisi tra il non legiferare per non riconoscere la realt
dellaborto -, cosa che avrebbe comportato il perpetuarsi delle
pratiche clandestine, che tanto hanno nociuto alla salute delle
donne e alla loro stabilit psicologica, e il legiferare, che avrebbe
tutelato la salute delle donne in strutture sanitarie pubbliche,
ma sarebbe stato la sanzione della liceit dellaborto.
Potremmo dire, in breve, che ritrovarsi di fronte alla scelta
e non poter scegliere, esitare di fronte alla scelta il tragediare,
cio vivere la condizione tragica di scissione interiore tra due
ragioni tra le quali necessario scegliere.
Immaginate ora una madre a cui sia morto un figlio per
droga. Immaginate ancora che questa madre, in virt della sua
profonda religiosit, senta la presenza di questo figlio fino al
punto di vivere ancora, dopo quasi due anni, con lui ogni
giorno; che parli di lui ogni giorno; che faccia ruotare gran parte
della sua vita ora intorno al compito della memoria.
Da una parte, operante il ricordo doloroso di ci che il figlio
effettivamente stato; dallaltra, londa dei ricordi le riporta un
cumulo di memorie tutte positive: la gioiosit, la vitalit, la
sensibilit, la creativit di quel figlio.
C chi non comprende il lavoro della memoria che lei sta
compiendo, per salvare dalloblio in cui inevitabilmente
precipiter tutto ci che di buono pure suo figlio stato: c chi
vorrebbe che lei tacesse, che smettesse addirittura di andare al
cimitero, che si sbarazzasse degli oggetti e di tutte le cose che
testimoniano il suo passaggio sulla terra! E tutto questo in
nome della verit, di una sola verit, della verit di ci che lui
stato nella seconda parte della sua vita.
C chi crede, invece, che lei faccia bene a proseguire
nellopera strenua di difesa dalle ingiurie del tempo della parte
della vita di suo figlio che lo vedeva felice e inconsapevole del
destino che lo attendeva.
Io chiamo tragediare quotidiano la condizione di questa
madre che sicuramente custodisce in s il ricordo di quelle due
verit, a cui dovrebbe forse rendere omaggio laicamente, senza
farne cadere nessuna. Veramente difficile, per, per una madre
contemplare il lato oscuro di quella esistenza spezzata,
considerandolo alla stregua di tutto quello che fu luce nella vita
di suo figlio!
Mentre rivive le cose buone sar sicuramente lacerata
dallinsidia perenne delle cose cattive che pure furono e che
vengono in qualche modo ricordate dallo spettacolo della vita di
coloro che conobbero suo figlio.
Un esercizio spirituale in pi potrebbe essere anche questo:
individuare e fissare le situazioni in cui ci ritroviamo a vivere
noi e coloro che ci circondano, riservando unattenzione
particolare a tutte quelle in cui due ragioni si combattono in
noi, lacerando la nostra coscienza.
Il nostro tragediare quotidiano fatto di tutti gli affanni che
provengono da situazioni esterne a noi ma che ci vedono in
qualche modo coinvolti, con la profondit delle questioni
religiose e mitiche o con la profondit dei garbugli del nostro
cuore. Questi ultimi non traggono origine da numina, come
chiamavano i Romani la volont degli dei, o da timai, come
chiamavano i Greci i contrastanti discorsi degli stessi dei.
Nella foresta dei simboli di cui intessuta lesperienza,
spesso ci si para davanti la necessit della scelta. Talvolta, non
siamo noi con la nostra coscienza di fronte al compito a dover
scegliere: la nostra coscienza diventa campo di battaglia per
compiti a cui non riusciamo a sottrarci; il tempo della scelta
non il tempo della decisione immediata.
Lo strascico della contesa si porta con s una parte
importante delle nostre energie, fino alla consumazione di quel
tempo tragico, fino alla risoluzione del conflitto.
Oltre ogni radicale dissidio, si accampa sulla scena la
coscienza pacificata: siamo pronti per un altro inciampo, per
un altro impedimento, per i malintesi e le incomprensioni che
ci aspettano. Per i torti e i soprusi, i dinieghi e le menzogne. Di
essi fatta la nostra vita.
Barlumi di anime
Che noi si scriva, si parli o solo si sia visti
Venerd 19 ottobre 2012

Che noi si scriva, si parli o solo si sia visti


rimaniamo evanescenti. E tutto il nostro essere
non pu in parola o in volto giammai trasmutarsi.
Lanima nostra da noi immensamente lontana:
per quanta forza si imprima in quei nostri pensieri,
mostrando le anime nostre con far da vetrinisti,
indicibili i nostri cuori pur sempre rimangono.
Per quanto di noi si mostri, continuiamo ignoti.
Labisso tra le anime non pu essere collegato
da un miraggio della vista o da un volo del pensiero.
Nel profondo di noi stessi restiamo ancora celati
quando al pensiero dellessere nostro parliamo.
Siamo i sogni di noi stessi, barlumi di anime,
e lun per laltro resta il sogno dellaltrui sogno.
FERNANDO PESSOA, Trentacinque sonetti, Passigli Poesia

Ci affanniamo ad uscire dallanonimato, a dare voce al


desiderio, a mostrare di noi le pi intime erranze; tocchiamo i
nostri corpi, afferriamo le mani, stringiamo le braccia, entriamo
in profonda intimit. Eppure, dopo ogni sguardo, dopo ogni
bacio e abbraccio, dopo la spossatezza dei sensi, stringiamo tra
le mani forme evanescenti, ombre di ombre, nientaltro
possediamo saldamente. Una pi forte presa basterebbe in
ultimo a restituirci una chiara visione e il chiaro significato delle
cose?
Ma se questo svanire il proprio di ogni cosa, se non ci fosse
dato altro, se non sospirare lamata, perch affannarsi a cercare
ancora lo sguardo e il bacio e labbraccio, quando non ci fu mai
uno svanire veramente? Le cose amano nascondersi alla vista.
E allora, ci che pure si eclissa risorger per noi sotto altra
forma, incanto di una voce e di un vasto incedere, ansito breve
e spasmo incontrollato. Un invisibile e un indecidibile si donano
perplessi alla creatura in ascolto. Non sappiamo quando
torneremo a sentire il canto di donna che ascolta s stupefatta
esistere.
Una segreta tragedia
Luned 22 ottobre 2012

Sono sempre i nostri muri quelli contro cui


urtiamo e su cui proiettiamo la nostra immagine
del mondo, sia che cerchiamo di amplificare il
nostro spazio, sia che vi accatastiamo i nostri
beni.

Solo chi rimane completamente se stesso si


presta alla lunga a venire amato, perch solo cos,
nella sua pienezza vitale, pu simbolizzare per
laltro la vita, essere avvertito come una potenza
di essa. Non vi errore pi grande nellamore
delladattarsi timorosamente luno allaltro e di
uniformarsi a vicenda.

Un eterno rimanere estranei nelleterna


vicinanza dunque il segno pi pertinente e
inalienabile di ogni amore in quanto tale: non
solo nel disprezzo o nellamore non ricambiato,
infatti, ma dappertutto, ovunque dove ci si ama,
luno sfiora solo laltro lasciandolo poi a se stesso.
E sempre una stella irraggiungibile che noi
amiamo, e ogni amore sempre nella sua
profonda essenza una segreta tragedia, ma
proprio per il fatto di esserlo riesce ad avere effetti
cos potentemente produttivi.
LOU ANDREAS SALOME, Riflessioni
sullamore (1900)

A proposito delle ragioni di un amore, se ci chiediamo


perch proprio quella persona sia diventata oggetto del nostro
amore, siamo giunti ad una consapevolezza tragica: siamo
divisi, in noi, tra le ragioni manifeste e quelle che ci sfuggono,
tra chiarezza e oscurit.
Sulle ragioni manifeste stato scritto per secoli. Possiamo
dire di sapere per quante vie possiamo incamminarci. E stata
descritta, con Il portiere di notte, perfino la nazificazione del-
lamore.
Meno noti sono i percorsi, gli infiniti percorsi possibili che
abbiamo ricondotto alla nostra capacit di divinare da quel
fondo enigmatico e buio di cui ci parla Platone. Tentare di
costruirne una mappa impresa impossibile, perch dovrebbe
coincidere con la nostra capacit di invenzione, con la sfera
della nostra libert.
Lattivit di cui parliamo limprovvisazione. Quante volte ci
capitato di stupirci di noi stessi, per aver detto (e fatto) cose
che sembravano avere un soggetto diverso da noi? Possiamo
parlare anche di spontaneit. Allopera la fantasia, la facolt
inconscia della nostra anima che produce ad occhi aperti
discorsi e azioni. Diremo, allora, che ci sono i momenti in cui
controlliamo le nostre azioni, che sono prodotti per lo pi
consapevoli del nostro sentire. Ci sono, poi, momenti di
abbandono, di espressione di s incontrollati: i nostri atti non
sono veri atti, perch si tratta di manifestazioni impreviste della
sensibilit contraddistinte da gestualit, mimica facciale,
vocalit. Oltre il dominio del verbale puro.
Siamo portati tutti a credere nellamore per questa ragione,
perch il sentimento si manifesta in forme imprevedibili e
questo ci fa pensare che sia autentico il sentire di chi vi si
abbandona, non essendovi controllo alcuno sui comportamenti
e sugli atteggiamenti personali. Quanto pi grande questo
abbandono, tanto pi chiaro ci apparir lattaccamento che la
persona realizza quotidianamente nei confronti delle persone
che ama.
Tuttavia, la natura di questo attaccamento sar influenzata
dal modo di sentire e dalla sua intensit, dalleducazione
sentimentale della persona e dalle convinzioni che
accompagnano quel sentire.
La seriet delle intenzioni di una persona, allora, dovr
essere osservata nel tempo e cos compresa, fino a nuova
smentita da parte della realt.
Di questultima, forse, bisognerebbe parlare veramente. Il
senso comune, e noi con esso, portato a pensare la realt
come la pura oggettivit, lo spazio dei dati di fatto che non
sfuggono mai alla comprensione, tanto forte la luce con cui ci
si mostrano. Sembra che stiamo parlando di ci di cui non sia
possibile dubitare mai in alcun modo.
A me piace dire nel Centro di ascolto in cui lavoro che alla
verit preferisco la realt (c una madre che mi guarda con
sospetto: mi ricorda periodicamente che sa bene che io non
credo nella verit!, come se fossi un viandante che ha smarrito
la strada): solo la realt smentisce veramente le mie illusioni e
falsifica le mie congetture, le supposizioni, ogni argomentare
quotidiano su ci che vi , se non ci sia opportuna congruenza
tra le parole e le cose. La conquista pi grande proprio nel
riconoscere che la nozione di realt pi ampia di quella di
verit. come se la realt fosse pi vera della stessa verit! C
pi verit nella contraddittoriet del reale che non nella fissit,
nella rigidit di un fatto che pure sar vero, perch accaduto.
Ce ne sono le tracce, le prove, le testimonianze. Tuttavia, la
verit di un piccolo fatto non pu essere assunta nelle relazioni
umane al rango di verit ultima. Se cos fosse, se invocassimo
quella piccola verit come guida per lazione, rischieremmo di
farci guidare ora da questo ora da quel fatto, senza venire a
capo di alcuna verit vera. Per questo, io preferisco dire che la
verit il tono di un incontro. Vladimir Janklvitch chiama le-
presque-rien, il-quasi-niente, quello che stringiamo tra le mani
quando ci affanniamo ad inseguire le nostre verit quotidiane.
Inscritta nei registri del Reale, del Simbolico e
dellImmaginario, la nostra esperienza non la cosa di cui si
appropria tanto facilmente il senso comune, per dire che ieri
abbiamo fatto questo e questaltro ancora, come se tutto ci che
apparso si fosse mostrato nella sua evidenza incontrovertibile.
I tre super-concetti possono essere compresi solo se
pensati in connessione luno con laltro.
Secondo Recalcati Reale, Simbolico e Immaginario sono tre
vettori, tre linee di forza. Abbiamo il vettore che va dal reale
allimmaginario. Il reale coperto dallimmaginario d il senso di
realt e la realt precisamente leffetto di questo ricoprimento
immaginario del reale. La castrazione rende possibile laccesso
alla realt. La realt non il reale per Lacan. La realt il reale
coperto dallimmaginario e dal simbolico. La freccia che va
dallImmaginario al Simbolico la freccia del senso. La
dimensione della verit implica il rapporto tra immaginario e
simbolico. La verit si d come simbolizzazione
dellimmaginario. Ogni volta che accade la simbolizzazione
dellImmaginario c effetto di verit. Dobbiamo partire da
qui per comprendere le vie che prende la nostra coscienza
quando si abbandona allesperienza amorosa. Per fare
veramente i conti con la verit credo che costituisca una via
obbligata fare i conti con la realt.
2 novembre
Mercoled 31 ottobre 2012

Il 2 novembre sar una buona occasione per piangere i


propri morti, ma sperabile che ci siano lacrime a sufficienza
per piangere tutti coloro che sono morti alla speranza di essere
amati da noi o almeno considerati, rispettati, riconosciuti. Che
dire poi di noi, morti nel cuore di chi ci aveva promesso lungo
amore! ma forse no, ci eravamo solo illusi di aver sentito le
parole pi lunghe, quelle che durano pi di una notte destate!
Bisognerebbe istituire una Giornata della vita speciale, per
ricordare gli amori mai nati, quelli delle lunghe attese e quelli
che aspettiamo ancora.
Accanto allimmortalit dellanima personale, bisognerebbe
celebrare lillusione eterna, la chimera che non ci abbandona
mai e che risorge sempre, a popolare i nostri sogni ad occhi
aperti di vani ragionamenti, inutili anticipazioni, rovinosi
entusiasmi, racconti senza storia.
Bisognerebbe prevedere una particolare forma di assistenza
per coloro che sono inclini a fantasticare troppo, a fondare
scampoli di felicit su pochi sorrisi, magari abbracci ripetuti,
emozionanti rendez-vous con la seduzione e lincanto. Come se
la vita fosse unincantevole serata dautunno, alle soglie di un
inverno che non arriver mai!
Invece arrivato il gelido vento degli ostinati silenzi e degli
scarti improvvisi, i rilanci ossessivi e i dinieghi. Sapevamo gi
dellinverno del cuore. Abbiamo attraversato le nostre solitudini
e costruito per noi un acconcio deserto che valesse come prova
di inesausto amore. Abbiamo vissuto uno per uno tutti i nostri
inverni, paghi di ogni pi aspro rimprovero e rammarico, perch
presi dalla nostra parte. Labbiamo recitata tutta, di una sola
cosa delusi, che non ci fosse riservato nemmeno un addio. La
nostra colpa fu grande, tanto che non mai stata nominata.
Deve essere stata veramente grande, se ci apprestiamo a
piangere noi la morte di chi non fu da noi amato come avrebbe
voluto!
Acquisto e Povert
Gioved 1 novembre 2012

Il mito quello platonico di Poros e Penia. Poros ebbro, venendo


meno alla sua natura di figlio di Mtis, si congiunge con la Sete
senza fine di Penia, col non-essere del soddisfacimento illusorio
ed effimero, con la privazione e la miseria che succedono ad ogni
apparente appagamento. Eros nasce da questo obnubilamento
della potenza e pienezza dellEssere. Pandora il frutto di questo
deragliamento dellEssere, la donna del desiderio per la quale,
secondo Esiodo, entra nel mondo la morte.
MASSIMO CACCIARI, Dallo Steinhof. Prospettive viennesi del
primo Novecento, ADELPHI 1980, pag.171

Lamore preso sul serio non un venticello primaverile,


capriccioso e imprevedibile. Se c dellimprevedibile, proviene
dalla vita stessa, non dalla sua natura. Siamo noi gli
imprevedibili. Sarebbe forse pi corretto dire che siamo gli
inesauribili. Stupisce sempre, infatti, latteggiamento di chi
crede di sapere tutto del proprio partner, come se tutto fosse
gi stato detto e tutto dovesse ripetersi sempre uguale! In
realt, la paura che detta la regola allaltro: Non cambiare,
non mostrare mai di te ci che non mi sia gi noto e familiare!
Fa che io stia sempre bene. Donami la sicurezza di un amore
caldo e accogliente, tenero e gentile! Non allontanarti troppo e
non distinguerti troppo, fino al punto che io possa perderti di
vista! Tieni a bada i tuoi demoni cattivi, perch io non abbia a
soffrirne mai! Sii buono con me!
La piccola ansia che subito si impadronisce del soggetto
amoroso di fronte alloggetto damore ha la sua ragion dessere
nel fatto che laltro non oggetto ma, a sua volta, soggetto
amoroso: vita attiva, lavoro, interessi, inclinazioni, modi di
sentire, atteggiamenti che non coincidono quasi mai con quelli
del partner.
Il grande equivoco che viene imbastito ai danni dellamore si
consuma fin dalle prime battute, quando si decida che siamo
simili, che lamore unisce, che pu tutto, che quello che non ci
piace cambier o lo cambieremo! Una delle cose pi orrende che
abbia sentito risale a una performance di una moglie esperta
della vita che ripeteva stizzita: Sto insieme a questuomo da
venti anni e in tutto questo tempo non sono riuscita a
cambiarlo!. Le resiste, si oppone, recalcitra. Eppure, lei
possiede unintuizione dellamore che egli si ostina a non voler
comprendere e fare propria. Il filosofo americano Davidson ha
scritto unopera che fin dal titolo tutta un
programma: Annullare la distanza uccide. E distanza ogni
differenza che ci divide, ci allontana, ci fa soffrire. Amore
questo: riconoscere come differenza la differenza e accettarla,
cio viverla come produttivo contatto e scambio. Oltre la guerra
dei sessi, vero amore accettare laltro cos come . Fin
dallinizio. Senza farsi accecare dalla propria luce,
dallentusiasmo, dalla passione, dal sentimento che nasce.
Amare prendersi cura di un distante, di un lontano, nella
differenza in pace che sola garantisce allamore durata e
certezza.
Insicurezza la nostra insecuritas, paura di perdere laltro,
perch dimentichi di noi, incapaci come siamo di accettare la
nostra Povert per cogliere dellamore Acquisto, la dote che pure
dobbiamo possedere per accostarci alla realt dellaltro. Roland
Barthes ha scritto severamente che senza cultura non
possibile nemmeno essere innamorati. Poros e Penia, Acquisto
e Povert. Se andiamo incontro allamore armati solo della
nostra Povert, cio della mancanza da cui proveniamo tutti,
rischiamo di mancare allappuntamento, cio di non incontrare
veramente la realt dellaltro, che sar sempre un celarsi dietro
le apparenze attraverso le quali pure si mostrer e si doner a
noi. Acquisto tutto ci che viene a noi dallaltro, a cui dovremo
dare il giusto significato, per non essere sempre e soltanto
Povert, cio la marca di una mancanza.
Incertezza scoprire la differenza e contemplarla come un
irriducibile, perch vogliamo ridurre, assimilare laltro a noi;
perch vogliamo trasformare ci che pure diciamo di amare.
Sicurezza accettazione della realt dellaltro. Cos com.
Questo esattezza del sentire, maturit affettiva, capacit di
rendersi felici. Crescita, trasformazione, cambiamento si danno
dentro questo quadro ordinato. E il nostro ordine del cuore
che rende possibile lamore in tutte le sue forme.
Un giorno gioia e un altro giorno obbrobrio
Domenica 11 novembre 2012

Devi saperti immergere, devi imparare,


un giorno gioia e un altro giorno obbrobrio,
non desistere, andartene non puoi
quando mancata allora la sua luce.
Durare, aspettare, ora gi a fondo,
ora sommerso, ed ora ammutolito,
strana legge, non sono faville,
non soltanto guardati attorno:
la natura vuol fare le sue ciliegie
anche con pochi bocci in aprile
le sue merci di frutta le conserva
tacitamente fino agli anni buoni.
Nessuno sa dove si nutrono le gemme,
nessuno sa se mai la corolla fiorisca
durare, aspettare, concedersi,
oscurarsi, invecchiare, aprlude.
GOTTFRIED BENN

Linsostenibile leggerezza dei nostri amori si scontra ad ogni


pi sospinto con la pesantezza delle cose. Noi vorremmo non
tanto un idillio senza fine, quanto un respiro, pi spazio,
unudienza maggiore, risposte pronte, disponibilit di tempo,
ma ci scontriamo con la pienezza della realt: la realt
dellaltro piena, perch si svolge nel tempo; scandita da
interessi, impegni, obblighi di ogni genere. E questo non ci
piace. Sembra una congiura che laltro trama ai nostri danni,
per farci soffrire.
Non siamo capricciosi. Non pretendiamo che non vada a
lavorare, ma ci farebbe piacere che almeno una volta lo facesse.
E solo per noi. Per stare accanto alla nostra malinconia. Per
farla diradare.
Insomma, non vorremmo urtare contro i nostri muri:
sappiamo che sono solo i nostri muri quelli che si ergono
davanti a noi, ma concedeteci che alcuni muri siano riguardati
come muri, altrimenti tutta la realt si risolverebbe in favola e
nulla sarebbe pi certo!
Lo abbiamo ammesso per primi: la leggerezza dei nostri
amori insostenibile! Da una parte sembra che ci sia una
libert senza limiti, cio una disponibilit assoluta; dallaltra,
una rigida acquiescenza a tutte le richieste del reale, senza
concessione alcuna al libero gioco del desiderio! Di questultimo
abbia seguito nel tempo i numerosi slittamenti, tanto che ci
convince la sentenza di Hofmannsthal che abbiamo vagheggiato
da lontano:

Maturit distinguere sempre pi nettamente e legare


sempre pi profondamente.

Non ci spaventa pi la distanza che il tempo mette in mezzo,


provvedendo a far risaltare di ognuno lidentit compiuta, con
la forza del carattere. Non solo file di continuit intervengono a
garantire la solidit della relazione sentimentale. La maturit
degli affetti ci consente di osservare laltro che si allontana
senza provare pi quel senso di abbandono che provavamo un
tempo. Oggi sappiamo bene che torner. Abbiamo imparato a
ricordare il bene ricevuto, per questo non smettiamo mai di
sperare che laltro torni sempre a procurare il nostro bene.

Un giorno gioia e un altro giorno obbrobrio.

Come non considerare ancora la condizione di chi non


scelse la propria solitudine e non smise mai di chiedere, di
aspettare, di illudersi ancora? I giorni dellobbrobrio sono tutti
di chi solo e non potr certo ricavare motivo di gioia dallesser
solo. Lesercizio pi duro condensato nella prescrizione del
poeta, che non esita a raccomandare di concedersi, di
oscurarsi, di riconoscere che giunto il tempo residuale di
unora che non pi ora, perch non c pi lincanto della
luce di una volta. Eppure, ci sono ancora i giorni che sono gioia
e i giorni che sono solo obbrobrio, tetra nostalgia e barbara
malinconia.
Tra la solitudine a cui tutti siamo votati, che accompagna
ogni processo di maturazione personale, e la solitudine di chi
patisce langustia della mente dellaltro, lapatia dei sensi, non
disgiunta da aridit di cuore, facile comprendere quanto
questultima forma di solitudine renda pi arduo laprslude.
C pomeriggio e pomeriggio. Ci spaventa il crepuscolo della
sera tutte le volte che ci ricorda la felicit perduta. A che vale la
nostalgia della bellezza, se non ci pi concesso di tendere la
mano a stringere ancora la mano di chi aveva promesso lungo
amore e oggi tace, dimentico di s e delle pi dolci promesse di
un tempo? E sera.
Laggressivit umana come paradossale risposta paranoica
alla gratificazione
Il soggetto inconscio del desiderio che noi siamo e la
vittoria dellIo contro la vita: linvidia della vita
allorigine dellaggressivit umana
Marted 15 gennaio 2013

A pagina 50 del suo Jacques Lacan. Desiderio, godimento e


soggettivazione, Massimo Recalcati illustra incisivamente lesito
violento e la successiva pacificazione del soggetto che abbia
esercitato la sua aggressivit contro il pi simile, il pi
prossimo a lui: Loggetto colpito come insegna Aime una
versione idealizzata del soggetto che colpisce. il suo ideale
esteriorizzato. Lammirazione idealizzante d luogo a
unaggressivit invidiosa perch lesistenza delloggetto mostra
persecutoriamente al soggetto ci che esso non . In questo
senso, colpire laltro sempre colpire se stessi. Per questo, nel
caso Aime, Lacan indica come sia proprio la punizione del
crimine, la sua sanzione simbolica la reclusione di Aime in
carcere -, a riassestare i ruoli simbolici e a rivelarsi come
pacificante per il soggetto. [Torneremo sul caso Aime, su cui
Lacan riferisce nella sua Tesi di Dottorato di Medicina,
pubblicata nel volume Della psicosi paranoica nei suoi rapporti
con la personalit (1932), che inaugura un interesse costante,
destinato a protarsi fin dentro la tarda maturit: la paranoia
coincide tout court con la personalit (Seminario XXIII, pag.50);
una tendenza primaria delluomo.]
Sembrerebbe, cos, tutto spiegato, anche il caso di Erika De
Nardo, la ragazza di Novi Ligure che uccise la madre e il
fratellino. Gustavo Pietropolli Charmet, che faceva parte del
Collegio dei periti che dovevano stabilire se Erika fosse
colpevole, annot nei suoi appunti che alla domanda: Tua
madre ti voleva bene? Erika aveva risposto: Non lo so.
Charmet comment in seguito: Come possibile andare in giro
per le vie del mondo senza sapere che tua madre ti vuole bene?
La sua conclusione, che per tutto questo tempo io non avevo
capito, fu: Erika, dunque, colpevole.Proprio perch le
condizioni di salute di Erika non furono definite buone si parl
di un disturbo di personalit che forse le impediva di sentire,
cio provare emozioni e sentimenti -, io non riuscivo a
comprendere la natura della sua colpevolezza: era capace di
intendere, ma era anche capace di volere? La sua era una
volont libera, posto che non era sostenuta adeguatamente
dalla percezione del valore, del significato della madre e del
fratello?Anche una volta accertato che lei come il marito che
uccide la moglie in casa, come tutti noi che spesso esplodiamo
contro laltro senza una ragione prossima, cio senza una causa
chiara sana di mente, ci ritroveremmo comunque di fronte
a una colpa, che trae origine da quella che Lacan chiama
invidia della vita, perch la nostra risposta aggressiva non
conseguente ad una frustrazione ma ad una
gratificazione. Ci che si staglia davanti a noi non qualcosa
che ci viene negato: paradossalmente, dalloggetto della nostra
invidia aggressiva deriva solo amore, sovrabbondante amore. Il
rifiuto dellaccettazione di quellamore dipende dai sentimenti
negativi che esso suscita in noi, che ci sentiamo esclusi da esso,
e proprio mentre pi grande si fa la cura nei nostri confronti!
Ci sentiamo esclusi, perch le forze che ingabbiano la nostra
parte buona ci fanno proiettare sullaltro sentimenti
persecutori, inducendoci ad elaborare pensieri negativi che
sono solo la proiezione della nostra parte cattiva: finiamo per
odiare nellaltro quello che non troviamo in noi. Uccidiamo
nellaltro quello che noi vorremmo essere, quello che abbiamo
sempre sognato di essere.La causa della nostra aggressivit
tutta nella fissazione irrigidita nello stadio dello specchio,
nella mancata accettazione della scissione originaria tra il
soggetto inconscio del desiderio che noi siamo e lideale dellIo
con il quale erroneamente ci identifichiamo, pretendendo di
ricondurre ad unit la dualit insanabile che solca la nostra
coscienza: noi non proveniamo da una unit originaria a cui
poter tornare: ogni nostalgia di questo genere condannata ad
essere insoddisfatta, non pu essere soddisfatta da niente e da
nessuno. Superare lo stadio dello specchio, allora, significa
abbandonare la pretesa di unit per imparare a cogliere e a
rispettare la diversit, la differenza irriducibile con laltro che
in noi, come con laltro che fuori di noi.
Restare per sempre
Gioved 24 gennaio 2013

Ci sono giorni in cui non ti prende la malinconia, e fino a sera


tu non cerchi altro che qualche parola accorta, che sia disposta
a prenderti per mano e a condurti oltre la soglia del dolore
muto. Che giunga balsamo ristoratore, lenimento, fresco
sentore di cose pulite. Ti basterebbe una voce disposta a farsi
mano protesa nellattimo estatico in cui ancora non pronta la
guarigione e si intravvede appena la promessa di un bene
leggero e durevole. E in quella apertura, nel sorriso appena
accennato, nel calore della voce che precipitano i grumi di
dolore. E si sciolgono quasi dincanto. Scende invocata la voce
amica di donna innamorata a ricordare il tempo del fremito e
dellansito breve. I sospiri trattenuti a che valgono ora, lei
assente? Non si apparecchia il miracolo per noi. Nessuna
epifania mondana interverr a rischiarare il cielo. Piove
dappertutto. E solo nella presenza il miracolo. Non altro il
miracolo. A che serve lazzurra lontananza di romantica
memoria? A prolungare uno strazio indicibile. Noi non
vogliamo cieche speranze, per cullarci ancora in una vana
attesa. Vogliamo consistere qui, in questo tempo incerto della
nostra vita, paghi di vedere soltanto le nostre file di continuit.
Che scenda finalmente dal cielo la creatura che salva. Che
scenda in mezzo a noi, e restare per sempre sia il suo compito.
Non chiediamo altro al cielo! E il miracolo da mostrare sia la
mano accorta che apre e chiude il nostro cuore, come fa
altrettanto accortamente la primavera con i primi suoi boccioli:
non c voce capace di toccare le cose che non ci faccia pensare
alle sue piccole mani!
Lascesi della scrittura
Sabato 9 febbraio 2013

Il suo scopo non comunicare n convincere nessuno, bens


superare il confine tra realt e immaginario. MICHEL
FOUCAULT

Fare della Scrittura un costume, una mentalit non vuol


dire aspirare al riconoscimento riservato ai grandi scrittori o
presumere di essere tali. Molti di noi hanno preso a scrivere
nelle pi diverse et della vita, non importa se poesie, racconti
o testi come i nostri che non rientrano in nessuno dei generi
conosciuti ma soddisfano quel bisogno di scrivere di s che
viene addirittura raccomandato in quanto terapeutico. gi
sufficiente farlo essendo spinti da bisogno di chiarezza e di
verit. Scrivere in pubblico, poi, compito arduo, in quanto si
esibisce lordito delle relazioni interne e la trama delle relazioni
esterne, finendo sempre per svelare qualche cosa di s che
viene strappato alle regioni dellInconfessabile. Finisce per
risultare facile farlo, trovando il coraggio di pubblicare sempre,
grazie a una ragione molto sottovalutata: le persone non
leggono, per di pi non leggono fino in fondo, ma soprattutto
non si dedicano allesercizio della lettura, con lintento di fare
della lettura stessa una pratica di vita, una disposizione ad
apprendere, un esercizio spirituale, cio una pratica di libert.
Solo tardi, quando si sia scritto molto e con qualche
competenza teorica, si arriva a capire che mentre scriviamo,
scopriamo la Scrittura, quellattivit spontanea e a modo suo
creativa che si fa mentre si scrive: scopriamo con stupore che
quasi qualcun altro che scrive per noi o, meglio, una sorta di
automatismo interviene a guidare la mano. stato detto
autorevolmente che la Scrittura ci precede, ci istituisce come
autori del testo, facendo s che attraverso di noi si esprima la
nostra Ombra, la parte nascosta, silente, il profondo,
linconscio, il soggetto del desiderio che noi siamo.
Non abbiamo mai compreso quanto riferiscono gli scrittori
a proposito della pagina bianca, che costituirebbe, in alcuni
casi, motivo di grande timore! Forse perch non siamo scrittori
di professione, non ci mettiamo mai di fronte alla pagina bianca
non avendo gi qualcosa da dire. Proprio quando ci sentiamo
gravidi, prendiamo la penna per dare libero sfogo a ci che
urge, che preme in noi
Qui ci interessa indicare una zona dellesperienza da noi
investita di un compito essenziale: lesercizio dellascesi, di cui
la Scrittura parte. Ascesi non solo purificazione, rinuncia,
elevazione spirituale. Nellatto della scrittura, la fatica che
facciamo ad esprimerci fino in fondo costituisce un lavoro
doloroso di espressione compiuta di s che comporta sempre il
sacrificio di una parte di s, di quellIo che non ama certo
mostrare il lato dellesistenza che normalmente non appare o
rischia di non essere sufficientemente rischiarato dallo sguardo
altrui: la parte emersa, pur essendo visibile, o proprio per
questo, sfugge ai pi, che non sanno leggere o che cercano
altrove il senso della nostra presenza, rinunciando a farsi
guidare dallapparenza verso linvisibile dellesperienza, che
costituisce lunica realt da conoscere, quando non si
smarrisca il filo che conduce ad essa e che permette ogni volta
di tornarvi di nuovo; la parte sommersa, che non
necessariamente tutta inconscia, pertiene alla regione invisibile
dellesperienza personale a cui quasi nessuno interessato ad
accedere, tranne chi ci ami di vero amore, non necessariamente
una matura donna sensibile. Talvolta, una nipotina affezionata
penetra pi a fondo di una donna adulta titolata.
Paradossalmente, cerchiamo un pubblico che sia capace di
raggiungerci l dove siamo veramente, mentre ci sforziamo di
nascondere in superficie le nostre cose, depositandole proprio
l dove pochi le vedranno, cio sotto gli occhi di tutti.
Inizialmente, si cerca il proprio pubblico, si immagina che
esista una schiera di lettori costanti impegnati a legare insieme
quanto andiamo dicendo oggi alle conclusioni importanti a cui
giungemmo un anno fa o un mese fa. Grazie alla rilevazione
quotidiana del numero degli accessi alle pagine web, alla
distribuzione geografica dei lettori, ma soprattutto al tempo di
permanenza sulle singole pagine, si scopre presto che quasi
nessuno legge fino in fondo, considerato il tempo che richiede
una lettura che infrange la prima regola raccomandata per il
web, cio la brevit. Sappiamo bene come si scrive per il web,
cosa renda gradevole la lettura e cosa induca il lettore a non
abbandonare la pagina. Tuttavia, a noi interessa altro. Avendo
appreso a nostre spese che la scrittura non ci far amare di pi
da chi ci ama gi o che susciter sentimenti analoghi in
qualcun altro; che non ci metter a contatto con nessuno, se
non occasionalmente e per brevi periodi; che non far di noi un
autore per il solo fatto di scrivere; che la scrittura di s serve
solo a noi, come la stesura del riassunto di un altro testo. Una
casa editrice pubblicherebbe mai una raccolta di riassunti? Un
pubblico colto ed esigente perderebbe il proprio tempo a leggere
generici riassunti? Questo tipo di testo risponde ad una
esigenza privata e basta. Allo stesso modo, raccontare di s non
attivit che possa interessare e intrattenere se non persone
che arrivino a cogliere risonanze in s che valgano come
altrettanti echi di quanto andiamo facendo. Dunque, non c
qua o l un testo compiuto che aspiri ad essere riconosciuto
come tale. C solo la scrittura, il succedersi ripetuto di un
esercizio di comprensione delle proprie ragioni, dei propri
risultati e delle proprie sconfitte. Il valore di verit e il piacere
del testo che si pu ricavare dalla lettura sono assegnati ai
frammenti che si rimandano tra di loro, perch di ordito si
tratta, perch conta il volo della mente, trovare le parole, non
creare un pubblico disposto a non abbandonarci mai.
Il vero pubblico della nostra scrittura siamo noi stessi.
Forse, noi scriviamo proprio per raggiungere quella parte di noi
che non conosciamo, che ci sfugge, che straripa da tutti i lati,
che non si lascia chiudere in un testo per sempre. A noi serve
poter mostrare a noi stessi il risultato di una ricerca costante
di senso, perch abbiamo fame di senso, perch il nostro amor
proprio e lautostima e lassertivit e il rispetto di s sono
soltanto parole, se non sapremo dire a noi stessi i modi e le
ragioni del nostro consistere qui e ora, in questora buia della
notte, mentre i nostri fantasmi assediano la nostra mente e non
ci lasciano dormire e non ci consentono di aspettare lalba per
affacciarci a dire ancora il nostro bisogno damore a chi vorr
sentirlo.
Il bisogno di esistere
Mercoled 20 febbraio 2013

Lessere oggetto damore , per cos dire, il luogo in cui solamente la


persona esiste e pu quindi anche venire alla luce. (Max
Scheler, Essenza e forme della simpatia)

Ricevere un primo sguardo interessato e poi inequivocabili


gesti di affetto e complicit, e poi scoprire che non occorre
alcuno sforzo per istituire file di continuit in un cercarsi e
trovarsi e manifestarsi la gioia del contatto e dello scambio non
quello che comunemente poi si chiama felicit? Non forse la
gioia sovrabbondante il culmine della tensione sentimentale?
Sentire in ogni istante la presenza dellaltro e non dubitarne
mai.

Immaginate ora che questo stia accadendo a un ragazzo di


trentanni o forse pi. E non importa che sia un tossico e che
la sua donna non sia poi quello che ci vorrebbe per lui, a
giudicare dai suoi racconti. Basta leggergli negli occhi la
sovrabbondanza e la continuit e il corteo dei giorni felici. Non
forse questo sentirsi vivi? Non riconoscimento,
accrescimento di s, sicurezza raggiunta? Non si ha pi paura.

Di tutte le forme di benessere che lamore procura c quella


pi trascurata, che emerge chiara nei giorni dellabbandono e
della miseria, cio il rafforzamento e il completamento
dellidentit personale. Se a definire questultima nel tempo
concorrono fattori pi sostanziali e concreti lindipendenza
economica fornita dal lavoro, lautonomia personale che si
realizza nella vita di relazione -, a partire dalla certezza di
essere amati che ci si protende verso il mondo con fiducia,
incoraggiati ad osare. Si pi assertivi. Il curriculum vitae ha
una riga in pi. Nessuno andr in giro a dire: abbiate fiducia in
me, ho una donna. Tuttavia, il cuore lo pensa. Quel sentimento
di s diventa la base su cui riposano le altre certezze. Anche i
filosofi hanno detto che nelle cose damore ne va della nostra
identit. Si dilata il senso del tempo: il futuro non pi una
minaccia; si pensa a quello che potrebbe esser fatto pi in l di
un giorno. C qualcuno che ci autorizza a sperare.
Dellamore di un uomo per una donna, dellamore
ricambiato, diremo che soddisfa il nostro bisogno di esistere, se
esistere significa trascendere il puro dato vitale, la condizione
di sussistenza nel presente e basta. Il carattere temporale
dellesistenza personale permette di dire che consistere
nel qui e nellora ha senso se quello stesso consistere oscillare
tra progetto e destino, protesi verso il progetto della propria
esistenza, cio verso la realizzazione del soggetto del desiderio
che noi siamo. Abbiamo bisogno damore perch soltanto sotto
lo sguardo benevolo di una donna ci sentiremo al riparo dalle
ingiurie del tempo. I colpi della sorte non ci troveranno esposti
e impreparati. Fraintendimenti e incomprensioni, invidie e
gelosie, esclusioni e negazioni non ci vedranno soccombere.
Sapremo sempre raggiungere e oltrepassare la soglia del tempo.

Non conosceremo la stagnazione del desiderio e linaridirsi


del cuore. Occupiamo un luogo illuminato che ci scalda il cuore
e ci chiama incessantemente ad esistere.

Ma la cosa migliore non furono quei baci e neppure le passeggiate


serali, o i nostri segreti. La cosa migliore era la forza che quellamore
mi dava Hermann Hesse

Immaginate ora il tempo della miseria e dellabbandono,


meglio ancora il tempo che precede ogni abbandono, quando
un amore sia di quelli che non durano per sempre, e
immaginate di avere di fronte un ragazzo di trentanni o forse
pi, che si sia legato a una donna che lo fa soffrire gi, che gioca
a non farsi trovare, ma che gli concede capricciosamente attimi
estatici e abbandoni assoluti, ci prodigheremo a dire che non
vero amore, che esso non durer, quando il ragazzo, istruito
dalla vita a riconoscere il vero amore, chiamer amore anche
questa pena del cuore, per la compiutezza e la continuit mai
raggiunte? Se chiameremo amore ogni amore, anche quello non
corrisposto o che cessi di essere tale, non sar sempre per quel
bisogno di esistere che alla base della nostra esperienza
amorosa: non siamo forse noi a dire amore prima di aver avuto
la certezza di essere amati, e di essere amati di amore vero,
quello che fatto di file di continuit ininterrotte e con i chiari
caratteri di ci che durer per sempre?

Jacques Lacan ha scritto che lamore sempre corrisposto.


Se cos, se cos deve essere per poter dire amore, non
dovremo imparare allora a curare meglio il nostro bisogno di
esistere, senza incorrere nellerrore, magari ripetuto nel tempo,
di affrettarci a chiamare amore quello che presto si riveler solo
una canzone di Cole Porter?
NellAperto trover il suo ubi consistam ogni nostro pi
intransitabile stato di abbandono
Gioved 21 marzo 2013

Il bisogno di esistere non soddisfatto solo dallamore


ricambiato. Senza rassegnarsi alla condizione dolente di chi
stato abbandonato e non riesca a ritrovare una dimensione
piena dellesistenza personale, conta spostare il baricentro della
realt sul proprio S, sulla parte oggettiva della personalit,
sullimmagine depositata nella vita delle relazioni, nel lavoro
Non sullio e le sue pretese di controllo e di dominio, di presa
diretta e di direzione.
C londa del desiderio da soddisfare. Sempre. E il desiderio
ci riporta alla vita e alle sue innumerevoli opportunit. La realt
piena, secondo la grande psicoanalisi. La dimensione del
vuoto perdita di senso, fascino della dissolvenza, delirio di
immobilit. Allostinazione del vano chiedere sostituire la
ricerca di senso, non rinunciando mai a darne uno ad ogni
nuova evidenza. Dobbiamo imparare a governare i nostri
sentimenti, attraversando il deserto del nostro scontento e
curando pazientemente ogni pi dura mancanza che si
aggiunga alla mancanza che ci costituisce. Cedere alla
tentazione di esistere. Abbandonare la dura soglia. Non
attardarsi nellattesa.
Ek-sistere, cio protendersi oltre la mera percezione della
propria ferita, per attingere il pi corposo S, tutto quanto con
il tempo si stratificato e che stato costruito accatastando i
beni ricevuti, fino a farne muro al vuoto dei giorni perduti.
C dellaltro dentro e fuori di s. Il lungo inverno del
disamore deve essere attraversato impegnandosi a coltivare la
propria anima: non bisogna trascurare il giardino della propria
interiorit, armandosi degli attrezzi appropriati, per consentire
alle pi piccole piante di crescere e di affermarsi alla luce che
attende.
In attesa del distacco definitivo, prepararsi al peggio, al
deserto che verr. La traversata pu durare anche anni. Non ha
senso restarsene immobili a implorare la pace perduta. Curare
unanima il compito pi grande. Anche la propria anima.
Se lamore fu troppo grande, se linvestimento emotivo e
sentimentale non consente oggi di riguadagnare spazi perduti,
per poter dire giardino, impegnarsi a diradare le nebbie che
impediscono di raggiungere i confini del mondo per piantare la
bandiera della disperazione e lasciarla l.
I sei lati del mondo vanno ridisegnati tutti: alto, basso,
avanti, dietro, sopra, sotto. La tenda senza teli. Restano esili
bacchette a ricordare che un tempo l cera una casa. Il vento
freddo e arido del silenzio ha portato via con s ogni riparo. I
confini di ogni lato sono perduti.
Imparare a perimetrare la propria esperienza il da farsi.
Fare un tetto. Inventarsi una porta. Chiudere finestre.
Tracciare confini. Occupare saldamente lo spazio
dellaldiqua. Arredare la provincia delluomo. Curare piante nei
vasi e in giardino. Sistemare ogni giorno vestiti e suppellettili
nelle proprie stanze. Togliere la polvere ogni giorno. Restituire
allo spazio della propria esistenza i caratteri della casa. Riaprire
i confini allospitalit. La cura nellaperto.
Lesperienza del dolore soltanto garantisce il governo dei
sentimenti. Senza scadere in una masochistica accettazione
della sofferenza che ci stata inflitta, dobbiamo virilmente dire
s a un dolore che ci appartiene. Di esso definire le ragioni. Ma
affrettarsi a portare fuori il cane. Innaffiare le piante. Mettere
nei cassetti la biancheria pulita e stirata. Attivare
laspirapolvere. Restituire trasparenza ai vetri. Riassettare il
letto. Liberare il giardino dagli sterpi abbandonati. Ordinare
ogni angolo della casa. Fare pulizia di fino, come viene
insegnato ai ragazzi nelle Comunit educative: controllare che
non ci siano ombre sui rubinetti e sulle maioliche del bagno e
della cucina; passare il detergente sui lampadari, sotto i tavoli,
lungo il battiscopa, sullo stipite di ogni porta Ma, soprattutto,
uscire a fare la spesa, provvedere alla manutenzione della
macchina, rinnovare la carta didentit scaduta, controllare in
libreria le novit, come un tempo. Fermarsi a parlare con tutti
quelli che hanno qualcosa da dirci. Prima o poi, ci ritroveremo
di fronte a una nuova evidenza, accanto a tutto ci che gi si
mostra a noi, che richieder da parte nostra che diamo senso
allaperto, alla vita che di nuovo ci viene incontro.
Tra unapparenza e laltra: unaltra solitudine
Sabato 23 marzo 2013

Il potere grande dellillusione tutto qui, nella sua capacit


di far durare nel tempo, anche per anni, addirittura per
decenni, il sentimento di qualcosa che accadr, che accadr a
breve, che senzaltro accadr. Almeno, cos ci stato detto e
promesso. Magari con vaghe allusioni, sicuramente con rinvii e
pretesti credibili, per impegni verosimili, impedimenti reali, ma
crescenti.
Il difetto grande della fonte dellillusione risiede nel fatto che
deve essere quasi totale, avvolgere e riempire tutto il tempo,
mantenerci in uno stato di sospensione che non si traduce mai
in una parola chiara, una sentenza definitiva. Noi vorremmo
anche un giudizio di condanna senza appello, i sensi di una
decisione irrevocabile che aiutasse a mettere il cuore in pace,
distogliendo magari lo sguardo altrove, per concentrarsi meglio
sulle proprie umidit gastriche, da sempre aborrite, quasi
fossero trasgressione morale o tradimento. Dovevamo essere
interamente proiettati sulla chimera, presi dal sogno ad occhi
aperti, dalla favola di ci che sarebbe accaduto. Ma che
puntualmente non si verificato.
La distruttivit di questa emozione sta esattamente nel fatto
che ci accade di chiedere, di ostinarci nella ricostruzione di
momenti e di cose dette, per carpire un segreto, per far rilevare
la crepa che dovrebbe immettere in una nuova verit,
concedendoci finalmente lo squarcio di luce sulla nostra
condizione, che poi tutto ci che chiediamo. La pericolosit
dellinsistenza nella povert da cui parla. E la mancanza il
peccato di origine.
Ci era stato promesso ci che immancabilmente presente in
ogni relazione sentimentale che si rispetti. La promessa non
risiede in un giuramento o in un patto sottoscritto con un rito
non scritto. E sufficiente imboccare la strada del sentire
condiviso perch poi si finisca giustamente per accampare
diritti che non sono riconosciuti.
Ci scaraventa nel paese senza tempo delle chimere la
convinzione di stare in un patto, di averlo sottoscritto con
qualcuno che ha detto s assieme a noi, che avrebbe nel tempo
rispettato laccordo, come noi abbiamo fatto fedelmente ogni
giorno per mesi e per anni, ingenuamente convinti del fatto che
passare dal riconoscimento quotidiano e dalle corrispondenze
amorose ai silenzi studiati e ai dinieghi faccia ancora parte del
patto.
Siamo ciechi. Diventiamo ciechi. Levidenza dellamore che
sola conta non c pi. Ora altre evidenze si impongono alla
vista che non vede, perch presa da altre evidenze, dai vuoti
riempiti da noi, che prestiamo le parole e ci diciamo quello che
nessuno ci sta dicendo, che continuiamo a credere a ci che
non c l davanti a noi, luminosa presenza di sempre.
Siamo nella mancanza, eppure riscaldiamo il nostro cuore
di una fede che proviene senzaltro dal bene ricevuto, che ci
acconciamo a credere che sia ancora l, a due passi da noi,
dunque ancora per noi.
Questa nostra fede non merita la smentita crudele che non
verr, che non viene. Noi crediamo di non meritare una
smentita, per aver lungamente prestato fede allamore. Questo
ci sembra di poter dire a noi stessi, per affrontare i giorni
sempre uguali, trafitti solo dal dolore della mente, che si
affanna a cercare un varco che non si apre pi.
Il nuovo in cui ci ritroviamo quando arriviamo a decidere di
non credere pi e questo ci che prevalentemente non
facciamo dato dal puro vuoto della mancanza, dalla perdita
di senso di qualcosa di cui non ci siamo sbarazzati ancora.
Siamo lucidamente infelici, perch comprendiamo bene che la
felicit a portata di mano, ma non riusciamo ad afferrarla.
Questa linfelicit pi grande.
Lindugio e lostinazione nascono da qui, da questa
sensazione di possibile che sconfina in una libert infinita. E
tutto nelle nostre mani. Sembra quasi che il nostro destino sia
nelle nostre mani. Ma si tratta solo del fatto che siamo a
due passi dalla decisione di riprenderci la nostra vita, per
ritrarci al di qua dellamore in cui avevamo creduto.
Noi possiamo oscillare indefinitamente tra apparenza e
realt, tra la falsa apparenza dellamore che non c pi e la
bella apparenza di un tempo, che rinviava alla evidenza
prorompente dellamore.
Il destino dellinfelicit tutto qui, in questo credere inutile
nellevidente apparenza che non (pi) tale, perch il nostro
cuore, impegnato a far esistere e a far durare nel tempo loggetto
damore, continua a generare la luce e il calore che riscalda
laltro furtivamente, che non si lascia pi toccare lanima dalle
piccole mani che aprono e chiudono delicatamente, come fa
accortamente la primavera con i suoi primi boccioli.
Che c di peggio del fatto di ricordare il tempo felice nel
tempo della miseria? - Ricordando Domenica, 6 febbraio
2011
Feierlich und gemessen Solenne e misurato
Luned 25 marzo 2013

Come il movimento di una Sinfonia che si levi in crescendo


per sostare meditante, in attesa della pausa breve, il cuore a
volte avanza intrepido in mezzo alle voci che si accavallano
scomposte per affermare la sua nota, il timbro di unanima. Si
ferma, allora, interdetto e perplesso, distratto da quelle voci che
si fanno frastuono fastidioso e rumore, per ritrovare maestoso
il cammino appena interrotto: il tempo di unesitazione e poi di
nuovo un polifonico succedersi di piani di realt sfiorati,
accennati, decisamente toccati.

E cos che avanza la voce del desiderio nelle notti di luna,


quando la sua pelle rispecchia il volto di Selene e tuttintorno
festa di cicale e la nottola tace. E questo silenzio che siamo
protesi ad ascoltare. Siamo in attesa. Quando la cicala
interromper il suo monotono frinire, il verso spettrale
delluccello notturno annuncer sinistri eventi al cuore. Questo
temevamo. Che un segno esterno si facesse segnale, promessa
smentita di nuovo dal cicaleccio del mondo, che si fa da presso
a dire cose inaudite e strane. Che il tempo dellamore finito.
Gi il poeta aveva messo in guardia: il canto dellallodola cosa
ben diversa dal canto dellusignolo. La notte finita.

Perch non accettiamo la felicit di un giorno di una notte


e pretendiamo, invece, file ininterrotte di continuit, una
condizione riservata solo agli dei immortali? Non fu voce del
desiderio anche la sua? Non erano rivolti a noi sorrisi e gemiti,
i dolci sguardi e le pause assorte dellanima? Cosaltro chiedere
al cielo, se non unaltra notte ancora, un incontro ancora con il
nostro destino, il miele delle ore e dei giorni, non degli anni e
dei secoli, la Luna su di lei, il dolce che si distilla nel cuore
affannato? che si calmi il respiro, per pi delicati affanni, per
labbraccio, i capelli scompigliati e i lacci del cuore finalmente
vinto dalla grazia e dal canto che monotono incede a ricordare
che anche unaltra notte passata?
Sia allora solenne e misurato il canto dellanima che muta
risponder al canto di lei. Osservare lincanto del suo stupefatto
esistere. Unaltra nota ancora. Salutare insieme il giorno che
avanza, io pianoforte, lei violino, e sentire leco della cicala,
perch la notte continui ancora nel cuore assonnato e stanco.
Dopo lamore
Venerd 29 marzo 2013

un dolore diverso e difficile da sopportare. Non colpisce


una regione del cuore tra le altre. Ne esce alterato il senso di
tutta unesistenza.
Ci siamo affacciati alla vita in un mondo in cui il matrimonio
era indissolubile, lamore eterno, lesperienza sentimentale del
tutto oscura: la cultura romantica era ancora operante: la
sfera degli affetti confinava con lassoluto e leterno. Nessuno
era in grado di pensare i sentimenti: essi apparivano nella
nostra vita misteriosamente e sembrava che dovessero durare
per sempre. La loro genesi, lo sviluppo, la durata erano
questioni che nessuno si poneva. Si trattava di doni della vita
sui quali nessuno osava interrogarsi. La mancanza di chiari
riferimenti concettuali e lassenza di avvertimenti sul da farsi
portavano tutti a credere che ci si dovesse affidare alla loro
bont, salvo poi affrontare separatamente la questione
dellerrore e quella del male come prodotti della libert
personale: ogni errore e ogni colpa andavano ascritti alla sfera
della responsabilit personale: i sentimenti negativi potevano
essere riguardati come oggetti da studiare e su cui discutere.
Direi che soprattutto lamo-re conservava laura di mistero che
aveva guadagnato nel tem-po.
Se avessimo avuto intelletto damore, avremmo tenuto
insieme luce e ombra, illuminando la zona luminosa, magari
per decidere meglio di che cosa tutta quella luce fosse fatta,
senza trascurare gli avvertimenti che pure ci venivano
dallesperienza e che avrebbero dovuto renderci consapevoli di
quanta ombra ci fosse in quellesperienza.
stato detto autorevolmente che lamore non cieco, anzi
insegna a vedere. Ma quanta sapienza si richiede per arrivare
a vedere e poi ad agire sulla base di ci che si compreso
dellaltro? Perch, pure in mezzo a questo chiaro vedere, non
riusciamo a decidere quasi mai che non vale la pena di
inaugurare una relazione che si presenta gi con caratteri a dir
poco problematici? La conoscenza dellaltro possibile solo
dentro la relazione sentimentale conclamata? Perch non
riusciamo a dare (il giusto) peso agli avvertimenti
dellesperienza e al giudizio di coloro che, talvolta, ci mettono in
guardia dal proseguire sulla strada imboccata?
Abbiamo impiegato quasi tutta la vita a districarci nella
foresta dei sentimenti, ostentando nella vita quotidiana una
certa sicurezza sul nostro sentire e sulla possibilit di
intrecciare relazioni sentimentali soddisfacenti. Fino a quando
non abbiamo scoperto che eravamo impegnati in una battaglia
per il riconoscimento senza fine. In realt, ogni cosa
significativa e sana vive nel tempo, fatta di momenti di verifica
che non possono essere rimandati allinfinito: abbiamo appreso
a nostre spese che modi sbagliati di intendere i rapporti uomo-
donna, ad esempio, influenzano pesantemente la relazione
affettiva, interferendo con i modi di risposta alla domanda
damore. Ambivalenza e irresolutezza, che sono le
caratteristiche di fondo della sensibilit romantica, sono la
peste che trasforma poi ogni cosa, alterando il fragile equilibrio
che sempre tiene insieme ogni relazione che si basi sulla
reciprocit dello scambio. Senza tale chiara volont, siamo di
fronte alla patologia del sentimento, alla malattia dellamore. Ci
sono amori malati che bisogna aiutare a morire, per salvare la
propria salute mentale e tornare a vivere in modo sano. Quando
ci accada di essere noi loggetto del rifiuto, se lesito finale tarda
a manifestarsi, per la pura volont di perpetuare un rapporto
che non si vuole troncare, a noi resta il comito di gestire il
malato terminale. Bisogna aiutarlo a morire. E non facile.
un dolore difficile e diverso da sopportare. Quando lo stato
di sospensione e la vana attesa si fanno deserto degli affetti, e
ogni contatto non ci recher pi alcun conforto, ci ridurremo
ad oscillare tra buone maniere e recriminazione. Come se ci
fosse qualcosa da salvare ancora!
Ci siamo chiesti negli ultimi decenni cosa si debba
raccontare ai ragazzi in materia di sentimenti, particolarmente
oggi, in un tempo in cui si parla solo di emozioni, raramente di
sentimenti. Si pu dire che lamore un sentimento a tempo,
che di solito dura qualche anno, difficilmente per tutta la vita?
La realt delle tante unioni felici si presenterebbe subito alla
mente come un argomento efficace contro tanto realismo.
Resta il fatto che il costume cambiato. Il modo di sentire
collettivo si fatto pragmatico, cio meno propenso a sposare
teorie generali buone per tutti i casi. Ognuno di noi portato a
pensare che il campo degli affetti forse il campo in cui la
libert personale si manifesta pi ampiamente. Siamo, tuttavia,
ancora soli di fronte alla vita e al suo spettacolo: le cose si
manifestano a noi in modi sempre inediti, anche se ci
affanniamo a vedere sempre lo stesso nelle pi diverse
situazioni, per quel bisogno di identit che impone il ricorso
allimmagine della continuit della vita. Ad essa applichiamo
schemi di comodo, per metterci al riparo dalla tempesta delle
passioni e dalle intermittenze del cuore. Giuriamo fedelt ed
eternit per gli affetti che proviamo, ma ci scontriamo con il
venir meno degli stessi. Si smette di amare, per la gravit delle
incomprensioni, per linsuperabilit dei fraintendimenti, per la
volont di non perdonare.
un dolore diverso e difficile da sopportare, perch non c
pi amore. A questo non eravamo preparati. Abbiamo saputo
affrontare tutto, le nascite e le morti, lesaltazione per ogni
nostra nuova nascita, ma anche lafflizione per le perdite per
cui non eravamo pronti. Questo dolore pi forte della stessa
morte. Non perch lamore fosse grande e abbracciasse ogni
cosa in noi, ma per il fatto che questo abbandono ha il sapore
del rifiuto, che si accompagna ad altri rifiuti che stiamo vivendo
negli stessi mesi e nelle stesse ore. A questo dolore non siamo
riusciti a dare ancora un nome.
un dolore diverso e difficile da sopportare. Ne esce
ridefinito il senso di tutta unesistenza, perch lamore per noi
non solo lamore per una donna: non si trattato solo di una
storia damore. Quando alloggetto delezione sono state
riservate le cure che nemmeno una figlia ha ricevuto e sono
stati compiuti i gesti che avrebbero dovuto assicurare per
sempre il riconoscimento e lamore ricambiato, non possibile
fare a meno di pensare che si trattato di un sentimento mal
riposto, di una fiducia immeritata. Il tempo del disamore porta
inevitabilmente con s il disincanto. Allincanto perduto
succede fatalmente la prosa quotidiana. Tutte le forme di
deprivazione che vanno a costituire il tempo-dolore non
possono essere compensate n surrogate da alcunch. Per chi
scrive non si trattato di una canzone di Cole Porter.
Non ci basta primavera?
Marted 16 aprile 2013

Accade raramente di ritrovarsi a considerare che


unoccasione preziosa stata sciupata per insipienza e per
impazienza. Siamo convinti che intervenga a compromettere
una relazione umana che stava per nascere la nostra stupidit
o una catena di sfortunate coincidenze. Equivoci,
fraintendimenti, incomprensioni Mentre, invece, solo
limpazienza a guidarci verso la rovina.

Negli uomini ci sono due peccati capitali, da cui derivano tutti


gli altri: impazienza e negligenza. Per limpazienza sono stati
cacciati dal Paradiso, per la negligenza non vi tornano. Ma forse
c un solo peccato capitale: limpazienza. Per limpazienza sono
stati cacciati, per limpazienza non ritornano.
FRANZ KAFKA, Considerazioni sul peccato, il dolore, la speranza e la vera via

Non si pu dire, per, che non ci si possa adoperare ad


arginare la piena dei nostri affetti, per orientarli verso sponde
pi sicure. Basta ritornare a fare con metodo quello che ci
eravamo disposti a fare prudentemente.

Tutti gli errori umani sono impazienza, interruzione


precipitosa di ci che metodico, apparente recinzione intorno
allapparente.
FRANZ KAFKA, Considerazioni sul peccato, il dolore, la speranza e la vera via

Quello che resta l a ricordarci chi siamo lerrore commesso


invadendo il campo con affrettate iniziative, con lenfasi e
lentusiasmo, leccesso di interpretazione e il malcelato
interesse ad acquisire un amico in pi. Bisogna far finta di
niente, magari fischiettare spensierati, per ingannare la vita e
farle credere che il giardino non ha bisogno di acqua n di
particolari attenzioni. Non ha bisogno di delicatezza n di essere
maneggiato con cura. Non provvede primavera a risarcire le sue
creature con i venti opportuni e le acque salutari e le ondate di
luce e il tepore improvviso? Perch chiedere ormai quello che
sicuramente verr a recare conforto e ristoro? Linverno finito.
A che vale laffanno e la corsa e il trepido interrogare? Primavera
arrivata.
Il nostro sentire
Sabato 14 settembre 2013

Leggere ROBERTA DE MONTICELLI, Lordine del cuore. Etica e


teoria del sentire, GARZANTI 2003

Il sentire che Roberta De Monticelli osserva in questo


saggio componente fondamentale della nostra affettivit,
esplorata nelle diverse manifestazioni: dalle infinite sfumature
affettive della percezione sensoriale alla vicenda degli stati
danimo, dagli umori alle emozioni, dai sentimenti alle
passioni Ricondurre questi fenomeni allinterno di una
visione dinsieme significa anche cominciare a tracciare una
personologia, ovvero una teoria di ci che siamo. Per condurre
la sua analisi, Roberta De Monticelli esplora lo stato della
ricerca filosofica per intraprendere poi quella riduzione
allessenziale di marca fenomenologica al termine della quale
si potr affrontare il tema dellindifferenza morale e della
banalit del male.

Un Seminario sul sentire

Intervista a Roberta De Monticelli


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Intervista a Roberta De Monticelli sul sentire (Festival di
filosofia di Modena, 2008)

Leggere Lordine del sentire tra affetto e valore: il rapporto


fondamentale tra formazione della persona e incontro con laltro,
di MARA DELLUNTO

[Recensione della rivista LINDICE]:


Roberta De Monticelli ha iniziato i suoi studi con lavori
dedicati a Husserl, Wittgenstein, Frege e Leibniz, che discutono
gli aspetti logici e ontologici del loro pensiero. Nellultimo
periodo ha dedicato particolare attenzione al problema, insieme
epistemologico, etico e ontologico, della persona, in volumi
come La conoscenza personale. Introduzione alla
fenomenologia (Guerini, 1998; cfr. LIndice, 1999, n. 10) e La
persona, apparenza e realt (Cortina, 2000). Questo suo ultimo
libro ne costituisce lideale proseguimento nella direzione di
una fondazione delletica.
Letica riguarda le persone: io, tu, noi. Che cosa sono le
persone? Anzitutto, non sono cose. Pi precisamente, una
persona unentit dotata di individualit essenziale: unica,
irripetibile, non replicabile in serie. Quasi unovviet: per il
senso comune, ma non per la filosofia, nella quale signoreggia,
da Aristotele a P.F. Strawson, una teoria per la quale Socrate
Socrate perch possiede una serie di propriet localizzate
spazio-temporalmente. Eppure, per fare di una persona quella
persona, questo non basta, ed ecco come verificarlo. Se chiedete
a un innamorato perch ama la sua amata, vi risponder: non
perch bella, buona, intelligente, qui o l, prima o dopo, ma
perch lei; in quel perch lei sta proprio il senso di unicit
e irripetibilit delle persone.
Letica, daltra parte, deve rispondere al problema di come
distinguere il bene dal male. Qual la soluzione secondo De
Monticelli? So che qualcosa bene perch sento che bene il
sentire essendo la percezione di qualit di valore nelle cose
(prima tesi fenomenologica). Qui sorge una facile obiezione: il
sentire soggettivo, dunque anche bene e male lo sono, e cos
letica si dissolver nel relativismo. Lobiezione sorge da una
considerazione riduttiva del sentire, e per rimuoverla
necessario analizzare con precisione il sentire stesso.
Anzitutto, laffettivit umana un intreccio complesso di
tendere e sentire: azione e risposta da una parte, ricezione e
ascolto dallaltra. Senza ascoltare non si potr mai rispondere
adeguatamente. Seconda tesi fenomenologica dunque la
seguente: la componente tendenziale dellaffettivit deve
fondarsi su quella ricettiva; il tendere si fonda sul sentire.
In secondo luogo, il sentire una struttura stratificata con
decorso ascensionale: posso sentire il piacere di questo
massaggio o il dolore di questa ferita (livello del piacere e del
dolore), ma posso anche sentirmi male perch oggi tutto va
storto o euforico perch la fortuna mi arride (livello dei sensi
vitali e degli umori), e posso, infine, ammirare quella persona
per la sua intelligenza, essergli grato per la sua generosit,
amarlo perch lui, ecc. (livello dei sentimenti). A ogni strato
in gioco una distinzione tra bene e male, che procede dal
giudizio questo piacevole o doloroso sino al giudizio questo
uomo degno di ammirazione, stima, amore, ecc.. Il primo
strato permette giudizi valoriali rispetto a cose, il secondo
rispetto alla nostra persona, il terzo rispetto ad altre persone. Il
giudizio diretto su altre persone particolarmente delicato.
Ogni altro, abbiamo detto, unico e irripetibile: il che lo rende
un valore in s. Il livello dei sentimenti permette di sentire
questa irripetibile individualit. Come? La risposta si articola
in due momenti, statico e dinamico. Solo al livello dei
sentimenti in gioco una comparazione di valori: il giudizio
sullaltro un giudizio secondo la mia scala di valori, comparata
con quella dellaltro. La scala di valori, detta anche
agostinianamente ordine del cuore, contribuisce a fare di
ciascuno unindividualit essenziale, e per questo un valore per
s (momento statico). Come si forma un ordine del cuore? Con
leducazione del sentire: esercizio alla precisione assiologica che
si guadagna soprattutto nel contatto con gli altri (momento
dinamico).
Fin qui si detto che il sentire stratificato e che
strutturato secondo un ordine del cuore, risultato di
uneducazione. Laccusa di relativismo non ancora superata:
infatti, se ogni ordine del cuore diverso, e se ciascuno giudica
secondo il proprio, ogni giudizio sar relativo. Occorre
guadagnare la nozione di rispetto, e di qui quella di base
universalmente obbligante. Se risultato di unopportuna
educazione, la scala di valori di ciascuno, oltre le differenze
individuali, dovrebbe permettere di sentire lindividualit di
ognuno: tale sentimento il rispetto, il sentire che a ognuno
dovuto lo stesso per il semplice fatto che una persona. Come
nasce il sentimento del rispetto? Con lamore. Come abbiamo
visto, se io amo e sono amato, in questo abbraccio sono in gioco
le nostre individualit come tali, nella loro purezza e
irripetibilit. Purtroppo, non si pu amare tutti, ma si pu
estendere questo sentimento, in forma debole, nella forma del
rispetto per tutti: il rispetto diviene cos lombra vuota
dellamore unombra importantissima per la morale. Laccusa
di relativismo cade, se si suppone che ciascun ordine del cuore
debba essere compatibile con una base universalmente
obbligante, il cui contenuto appunto il rispetto, il sentimento
di ci che dovuto a ognuno in quanto tale. Ora disponiamo
della risposta completa allobiezione: il sentire ha una struttura
stratificata e non momentanea, che cresce e va educata;
ciascuno giudica secondo il suo personale ordine del cuore, ma
questa variet non porta al relativismo, perch ogni ordine del
cuore deve essere compatibile con una base universalmente
obbligante, che ha come contenuto il rispetto. La nozione di
rispetto deve essere supportata da quella di individualit
essenziale: rispetto laltro perch lo riconosco come
individualit essenziale; in secondo luogo, il rispetto il vertice
di un processo educativo: i sentimenti vanno risvegliati, e
lamore svolge un ruolo indispensabile in questo risveglio.
Le tesi principali del libro ci paiono due, una ontologica e
una di filosofia morale: esistono entit dotate di individualit
essenziale; letica si fonda sul rispetto come sentimento di ci
che dovuto a ognuno in quanto tale. Accanto a queste tesi ce
ne sono numerose altre: il realismo assiologico, la priorit del
sentire sul tendere, la stratificazione e complessit del sentire,
la necessit di educare il sentire. Non tempo di discuterle
tutte, e ci soffermeremo solo su tre problemi, relativi alle due
tesi principali. Anzitutto: perch una persona unindividualit
essenziale? Il modo pi persuasivo per mostrarlo ci pare quello
che fa appello alle parole dellinnamorato: Amo lei perch lei.
Ora, a partire dallamar-lei-perch--lei (sentimento
dellindividualit come tale) postulata metafisicamente
lesistenza di entit dotate di individualit essenziale, senza che
questa inferenza sia sufficientemente argomentata. Invero, De
Monticelli ci rinvia a un suo testo in preparazione, Persona e
individualit essenziale. Sullontologia e lepistemologia
dellindividualit: forse l, piuttosto che in Lordine del cuore,
sar da ricercarsi la risposta alla domanda.
In secondo luogo: scopo del libro fondare unetica sul
sentire; di fatto, esso fonda unetica sul rispetto. Il rispetto
definito come sentimento di ci che dovuto a ognuno in
quanto tale, in quanto cio individualit essenziale
sentimento, dunque, completamente a priori, purificato da
qualsiasi riferimento alla sensibilit. noto come Kant abbia
fondato unetica totalmente razionale e a priori, depurata da
ogni residuo sensibile, convinto che solo cos si potesse evitare
il relativismo morale. De Monticelli, daccordo con laccusa di
formalismo di solito mossa a Kant, ha tentato di fondare
unetica non relativistica sullaffettivit, ma per evitare il
relativismo ricorsa a un sentimento a priori come il rispetto.
Si tratta ancora di unetica del sentire?
In terzo luogo: come evitare che lindividualit si trasformi
in assolutezza del relativo? La risposta del libro la seguente:
ciascun ordine del cuore individuale deve essere compatibile
con una base universalmente obbligante, il cui contenuto il
rispetto. Sembra profilarsi per un corto circuito
dellindividualit: lindividualit ha il suo limite nel rispetto; il
rispetto si definisce come il sentimento dellindividualit. In
questo libro, De Monticelli ha tentato di ribaltare due popolari
luoghi comuni della filosofia, che individualit e sensibilit,
sotto rispetti diversi, comportino relativit. Al lettore, che non
vogliamo troppo influenzare con le nostre perplessit, il compito
di giudicare se ci sia riuscita o meno.
I narcisisti non guariscono mai
Sabato 14 settembre 2013

Angustia della mente, apatia dei sensi e aridit di cuore


concorrono sicuramente a farci percepire laltro come poco
sensibile ai richiami di chi cerchi le vie daccesso al suo cuore.
Pi doloroso ancora limpatto con le persone dotate di Io
ipertrofico, piene di s, mai disposte a concedere il perdono,
portate a rilanciare sempre senza riconoscere i diritti dellaltro,
incapaci di credere ai sentimenti altrui.
Narcisismo, disturbo narcisistico di personalit,
anaffettivit sono i territori da esplorare. tempo di guardare
negli occhi la Medusa che ci pietrifica con il freddo che si porta
dentro.

Un caso esemplare, al riguardo, quello di Erika De Nardo


che il 21 febbraio 2001, allet di sedici anni, uccise sua madre
e suo fratello, con la complicit del suo fidanzatino. Tre anni
dopo il delitto e un anno dopo la condanna definitiva, su Erika
scese il silenzio. Lidia Ravera scrisse allora Il freddo dentro
(Rizzoli, 2003), una lettera ad Erika di 175 pagine con la quale
esce dal silenzio e pone domande, perch Erika ha spostato le
frontiere dellorrore, le ha rese domestiche. Le ha situate in un
interno borghese, perfino virtuoso. Fra la gente perbene. Erika
rassomiglia troppo ai ragazzi normali. E,
contemporaneamente, turpe e banale, estrema e mediocre,
cattiva e sciocca, colpevole e ingenua. Il suo gesto ha
disordinato il tranquillo scenario delle nostre convinzioni. []
Il silenzio si richiuso su tutto quel sangue versato,
commentato, esposto. Ha coperto le impronte, le
intercettazioni, le confessioni involontarie, quelle volontarie, le
bugie. Ha coperto la tragedia e la commedia che la tragedia ha
bruscamente interrotto. Il silenzio si sostituito alle accuse,
allo sconcerto, allorrore. E sceso su di te come un sudario, a
ripararti dagli sguardi, a spegnere lattenzione. Tutti ne
parlano, attorno a te, di questo silenzio, te lo porgono come un
dono, lo brandiscono come una spada contro chi vuole ancora
parlare. E diventato un progetto educativo, il silenzio. I
riflettori, dicono, ti hanno fatto male. Non si pu regalare una
ribalta a una giovane narcisista.Non si pu premiarla con la
notoriet dopo che ha ucciso.Infatti, non si pu.Ma neanche
si pu premiarla con il silenzio, dopo che ha offeso le nostre
certezze.Lei ha bisogno di silenzio, noi abbiamo bisogno di
risposte, o almeno di continuare a porci delle domande, a
riflettere, a pensare, perch Erika un caso estremo, ma il
freddo che dentro di lei potrebbe essersi insinuato anche in
altri corpi giovani, in altre anime. Come una malattia. E la colpa
potrebbe essere anche nostra. [dal risvolto di copertina]

Dopo aver dedicato anni allo studio delle forme pietrificate


del sentire, ci sembra di poter dire qualcosa di definitivo. Ci
piacer essere smentiti da visioni pi adeguate della realt.
Risponde Umberto Galimberti, la rubrica settimanale
dellinserto D di Repubblica, del 20 luglio 2013 Narcisisti
senza speranza? -, presenta la lettera di uno psicologo e
psicoterapeuta che lamenta la sua condizione di narcisista.
Questo lettore dichiara di essersi sottoposto a lunghe
psicoterapie, anche per prepararsi al suo lavoro, ma di avere
scoperto che il suo narcisismo di fondo era rimasto intatto. La
sua vita affettiva era precaria e tormentata. Si rivolge al filosofo
e psicoterapeuta Galimberti per chiedere aiuto, considerato che
il 15 giugno nella stessa rubrica Perch quelli che si amano
troppo non sanno amare aveva incontrato la sentenza che
segue: Dai narcisisti bisogna stare lontani perch
costituzionalmente non sanno amare. E dal narcisismo non
guariscono mai. Galimberti risponde con Freud: Al progetto
terapeutico si frappone naturalmente lincapacit di amare del
narcisista, che si sottrae alla prosecuzione della cura, per
affidare alla persona amata lulteriore processo di guarigione,
con tutti i rischi connessi alla pesante dipendenza del malato
da colei che si prestata a questo estremo salvataggio.
Galimberti conclude: A questo punto non resta che sperare che
lamore faccia miracoli, e qualche volta li fa.
A parte questa conclusione ottimistica e illusoria, resta il
dato, di cui da tempo facciamo esperienza anche sulla nostra
pelle, dellincapacit di amare, dellinsensibilit, dellaridit di
cuore di chi affetto da questa malattia.
Tacere il silenzio
Luned 30 settembre 2013

Tra i compiti maschili, tra i doveri taciti che ogni maschio


dovrebbe imparare a riconoscere e praticare c il silenzio su di
s, su quella parte desperienza difficile e dolorosa che si
richiede per conservare dignit e rispetto di s: mi riferisco alla
conduzione di s nella lunga fase dellelaborazione
dellabbandono.
Arrivare a concepire tanto non facile, e non detto che ci
si arrivi. Si passa attraverso atteggiamenti contrastanti e
diversi, dalla recriminazione al mugugno al lamento accorato,
alla domanda sterile.
Si fanno prove a non finire, per arrivare alla certificazione
certa della fine di una storia damore. Si richiede forse un
prolungato estenuarsi in pratiche residuali perch dallaltra
parte non si vede un chiaro distacco e un esplicito congedo con
dichiarazioni verbali del disamore ormai compiuto.
Anche se esperti di illusioni e competenti in materia, per
aver lungamente lavorato su di s, si prolunga allinfinito la
coda sentimentale: non sufficiente ricevere chiari segni della
fine del sentimento dallaltra parte: il disinvestimento non
semplice ritiro, un ritrarsi e basta. Occorre ridefinire porzioni
spesso grandi della propria esistenza, perci si prende tempo.
Abbiamo gi discusso la falsa alternativa sempre supposta
vera tra brusche rotture e strascico infinito di domande senza
risposte e compagnia bella, come direbbe il giovane Holden.
Chi preferisce la rottura improvvisa e traumatica convinto
del fatto che finir l, che non ci sar un lungo seguito di
recriminazioni e tutto il resto.
Chi abbia sperimentato luna e laltra cosa sa bene che
comunque si richiede una cura lunga anni, anche decenni.
Solo chi non sa delle cose damore e non abbia conosciuto
labbandono sposa la tesi della bont degli abbandoni secchi,
senza contatti ulteriori e lunghe spiegazioni e
accompagnamento funebre. Da noi si chiama accompagno.
Non che sia indispensabile laccompagno del partner, per
carit! Alla bisogna pu andar bene chiunque, anche uno
sconosciuto che si riveli curioso di noi e voglia darci buoni
consigli, non potendo dare cattivi esempi.
Provvede sempre il tempo a condurci nella zona importante
che ci preme qui registrare e descrivere.
Il lavoro pi importante quello che si fa da soli, al riparo
da sguardi indiscreti, ma soprattutto poco attenti.
Magari si confida a persone diverse, amici alla lontana, il
fallimento della propria vita sentimentale perch non si tratta
soltanto della fine della storia pi recente con lucidit e voce
ferma, per scoprire volta per volta quanto sia inutile farlo.
Lesercizio pi importante quello che si riesce a portare a
buon fine con il partner involato.
Non basta equilibrio, misura, distacco, serenit e
compagnia bella. Traspare sempre, nei momenti pi impensati,
la tendenza evidente a provare fastidio, quando non
risentimento, per antichi vizi del partner che, magari, non
riesce a correggere davanti a noi.
La soluzione pi efficace il silenzio, ma soprattutto la
capacit di tacere il silenzio, cio di non stare ancora l a dire
non rispondo per questo motivo e non telefono per
questaltro motivo. Bisogna ricorrere alla dissimulazione
onesta, cio alle bugie inventate a fin di bene, per nascondere
ogni pi piccola emozione che possa innescare ancora i circoli
viziosi che hanno generato la lunga coda che non finisce mai.
Il partner involato continuer a stuzzicare e provocare in
noi emozioni negative, quando non distruttive come ira,
desiderio, illusione -, ma proprio questo che occorre imparare
a fare: tacere senza dire nulla a nessuno del proprio silenzio.
Ci apparir chiara la ragione e lutilit di questo tacere
quando avremo provato stanchezza per lumiliazione in cui ci
siamo cacciati ogni volta che avremo mostrato la nostra
vulnerabilit a chi non la rispetta pi, ammesso che labbia mai
rispettata.
Tacere sul nostro silenzio il modo pi efficace per tornare
a prendersi cura della propria dignit: se amore scoprire la
fragilit dellaltro e non approfittarsene (Hegel), solo con un
estremo atto di pudore cio rendendo inconfessabile ogni pi
personale moto dellanima riusciremo a credere alla timida ala
della speranza, che ci fa scorgere come desiderabile una pi
respirabile aura intorno a noi, anche se non si intravvede
allorizzonte alcuno sguardo benevolo che non renda vana
lattesa.
Il compito pi difficile restituire valore alla propria dignit,
dopo aver lungamente condiviso quanto di pi personale e di
pi intimo possediamo, convinti che solo dallamore e da
unintensa vita di relazione potessero derivare tutte le ragioni
per sentirsi vivi e utili.
Ci devessere qualcuno come Lei
Marted 10 dicembre 2013

Accade qualcosa:
Non ho mai dubitato
che ci dovesse essere
qualcuno come Lei,
ma ora Lei c realmente,
e la mia gioia straordinaria
per questo durer sempre.
Lettera di Ingeborg Bachmann a Hannah Arendt 16 agosto 1962

Questo breve testo compare in esergo nellopera di Laura


Boella Le imperdonabili. Etty Hillesum, Cristina campo, Ingeborg
Bachmann, Marina Cvetaeva, Tre Lune Edizioni 2000.
Potrebbe far pensare ad unemozione e basta. Un
trasalimento. In realt, dice un sentimento, la scoperta
dellesistenza dellaltro, una gioia quasi incontenibile, come
siamo soliti dire quando ci accade qualcosa di grande, che ci
supera.
E apparsa Lei, figura grande di qualcosa che era sepolto
nel nostro cuore. Lei ha dato voce a un bisogno inespresso. La
sua epifania mondana crea uno spazio inedito. Venerazione,
Amicizia, Devozione, Amore.
Abbiamo bisogno di credere che esista qualcuno che sia pi
grande di noi. Qualcuno che non dobbiamo sforzarci di amare,
perch la sua esistenza ci viene incontro con il suo semplice
apparire. Del genere delle cose perfette, vera esistenza, pronta
a farsi vera presenza nella nostra vita. Coltiviamo una segreta
speranza, grati del privilegio ricevuto. Immaginiamo gi beni
preziosi nascosti nelle piccole cose che accadranno.
Proclamiamo di essere sempre disposti a riconoscere a tutte
le creature lo statuto dellesistente, assegnando nello stesso
tempo gradi di trascendenza personale, livelli di
consapevolezza di s pi o meno alti a poche persone speciali.
Deve trattarsi daltro, quando esprimiamo questa chiara
gratitudine. Loggetto del nostro sguardo riserva inesauribile
di bene, tesoro di fedelt, sorpresa ripetuta.
Abbiamo incontrato raramente persone che potessero farci
provare un sentimento dellaltro cos grande. Se non siamo
disposti a credere che si tratti di persone che appartengono a
un genere superiore, riusciremo ad inchinarci con la stessa
umilt di fronte alle altre creature?
La gioia provata allatto della scoperta di questa esistenza
speciale per noi durer sempre. John Donne ha scritto: Tu cos
viva / che pensarti basta / a fare veri i sogni / e le favole storia!
Estrema forma di platonismo dello sguardo, basta pensare Lei
perch quella gioia si rinnovi.
E quasi un amore quello che ci prende in ogni atto di
empatia, ch non riducibile a pura immedesimazione o
partecipazione comprensiva. Quellesistenza si staglia corposa
nella sua misteriosa consistenza davanti a noi, promessa di
quel retto conversare cittadino di cui sentiamo cos spesso la
mancanza.
Certo, si tratta di qualcuno con cui poter parlare! Ritrovarsi
luno di fronte allaltro e guardarsi negli occhi e sorridere
amabilmente dellimmortale volgarit umana. Tutto
considerare, niente giudicare tale da non potersene distaccare
senza affanno.
Quello che desideriamo per noi, oltre ogni immaginabile
godimento, stare in quel dialogo che non cade mai, perch
Lei non smetter di essere fonte di nuove scoperte. Pi
dellamore, perch esperienza delusoria, aspettiamo un
incontro.
Chi ha abitato lungamente la vita senza nulla disprezzare
di ci che umano accetter di buon grado anche la nostra
conversazione, forte della consapevolezza che ogni cosa che sia
stata creata buona e santa, se contemplata dallalto della
collina.
Laltra corte
Domenica 22 dicembre 2013

Sono stati chiamati codici daccesso. Pare che siano stati


smarriti. In altre parole vuol dire che gli uomini non sanno pi
come corteggiare le donne. Non corteggiano pi le donne.
A parte il fatto che lautrice del libro in cui illustrata la
tesi passi sbrigativamente a dire che tocca alle donne
corteggiare ora, che le donne inspiegabilmente non lo fanno,
non hanno ancora iniziato a farlo, bello abbordare un
maschio, magari per bere un drink insieme, resta da capire
perch mai una donna che offre un drink, magari per arrivare
a farsi una scopata con voi, chic, mentre un maschio non ha
pi i codici daccesso al cuore pardon, alla vagina di una
donna! e questo cosa buona e giusta.
Il difetto del dotto argomentare dellAutrice del libro sta
proprio nel fatto che tutto per lei si riduce a sesso e seduzione.
Sembra che le donne non accettino pi di essere corteggiate:
tanto vero che si rifiutano di far conoscere le chiavi daccesso
a non so pi bene cosa. Toccherebbe a loro corteggiare ora,
salvo decidere di non farlo. Una prima conclusione a cui facile
arrivare questa: un uomo che decida di comprare il suo libro
o un masochista o spera di trovarci qualcosa di utile per un
maschio.
La verit che le donne sono scomparse. La
loro voluptas castrandi ha raggiunto vette ineguagliate prima
nella storia della presenza delluomo sulla terra.
Dopo aver concesso alla metafisica dei sessi un ultimo
tributo, resta da dire soltanto che restano le donne concrete con
cui facile parlare. Non resta che aprire ad esse il proprio cuore
e ogni volta che lo riterremo opportuno per noi, se mossi da
sinceri sentimenti, proporre la conoscenza reciproca. Amore
desiderio di conoscenza.
Nellarrischio della relazione scopriremo se e fino a che
punto sia possibile procedere insieme, se si tratti di un incontro
oppure no, se sia vera presenza oppure no.
Accade sempre qualcosa, se cerchiamo persone
(invece di cercare sempre e soltanto maschi e
femmine)
Luned 23 dicembre 2013

Accade sempre qualcosa tutte le volte che abbandoniamo le


ferree certezze ideologiche su ci che maschio e ci che
femmina per tentare di avanzare nella terra
incognita dellesperienza dellaltro. E una persona che
incontriamo.
Siamo convinti del fatto che il Maschio e la Donna non
esistano pi, che sia passato il tempo in cui era possibile
assegnare a un campo o allaltro in modo esclusivo capacit e
competenze, abilit e attitudini: si trattava di vere e proprie
nature. Non si avevano dubbi sulla razionalit di una parte e
sulla sensibilit dellaltra. Come se la prima fosse appannaggio
esclusivo di un genere! Come se lo stesso genere non
possedesse sensibilit alcuna!
Abbiamo anche avvolto di un alone di mistero unesistenza
quella femminile che in realt possiede la stessa dose di
mistero che avvolge tutte le creature, se mistero, poi, significa
incognito, sconosciuto, ma non impenetrabile.
E se ogni nostra difficolt dipendesse per intero dalla nostra
attitudine a sostare senza impazienza presso la realt dellaltro,
a dare valore a sguardi, sorrisi, disponibilit umana, gentilezza,
udienza?
Non dipende per intero dal tempo che ci viene concesso la
possibilit di entrare nella vita di una persona, nellinvisibile
dellesperienza personale, fino a cogliere quanto di pi
nascosto si possa immaginare e che non mai il segreto
ultimo, il cuore della cosa stessa?
Cosa chiameremo vita ed esistenza, anima ed esperienza,
se non sapremo sentire sulla superficie delle cose la traccia che
conduce oltre la superficie stessa? e perch poi si dovrebbe di
necessit abbandonare la superficie per guadagnare un grado
di realt pi grande, quando occhi e sguardo, bocca e voce, viso
e volto, assieme ai movimenti del corpo che non sono mai
disgiunti dai moti dellanima ci parlano e non da azzurre
lontananze ma da una viva presenza che si staglia sempre l di
fronte a noi?
Vorremo opporre occhio a sguardo, bocca a voce, viso a
volto, vita ad esistenza, a vantaggio di occhi, bocche, visi, vite,
dimentichi di quanto dipenda da noi saper toccare i confini
dello sguardo altrui, farsi guidare dalla voce alle soglie
dellanima, rinvenire segni, tracce, semi che diano senso
allumano consistere di chi viva presenza, senza cessare mai
di essere al contempo chiara trascendenza? e cosa vuol dire non
abbandonare mai la superficie delle cose se non che su di essa
depositato il senso? E l che si nasconde il senso delle cose,
non in insondabili profondit ancestrali o personali.
Solo se ci faremo guidare dallapparenza della cosa della
persona potremo cogliere il senso dellesistenza altrui, senza
nulla trascurare di ci che pure si mostra a noi. Dare un volto
alle persone compito nostro. Fare di una vita una biografia
compito nostro. Lasciar esistere e favorire il consistere di una
persona compito in parte nostro.
Sicuramente, rappresentarsi una donna in un modo che sia
accettabile per lei pu sembrare cosa facile. Eppure, questo
compito.
Crescono a dismisura nella societ separazioni e divorzi.
I single costituiscono un terzo della popolazione adulta. Le
relazioni sentimentali tra maschi e femmine, al di l del
frastuono sessuale, sembra siano difficili, sempre pi difficili.
Di tutti i maschi giovani che conosco e frequento da anni
quasi tutti sostengono che le donne non si trovano, che
difficile trovarne sane di mente, che vogliono comandare solo
loro, che ballano da sole e cos via. Altrettanto grande il
numero delle ragazze che lamentano la difficolt di costruire
relazioni durature con maschi che a quarantanni non hanno
ancora finito di smaltire le smanie delladolescenza
Torniamo al punto di partenza: codici daccesso smarriti?
In realt, occorre ripartire sempre dalla presenza, dal rapporto
concreto con persone concrete, con le quali instaurare rapporti
basati su chiarezza e onest di intenti. Non pensabile che
sulla base della chiarezza non ci sia altrettanta chiarezza. Non
pensabile che ad un chiaro sentire non corrisponda un sentire
altrettanto chiaro.
Se ci ritroviamo dentro rapporti asimmetrici, in cui non ci
sia risposta soddisfacente alle attese personali, cosa buona e
giusta far partire lorologio, darsi il tempo necessario per
stabilire se valga la pena oppure no continuare a cercare ci
che nellaltro non si trova. Possiamo accontentarci anche del
poco che riceviamo. C chi si accontenta anche del nulla che
riceve! C perfino chi riceve solo violenze! Quando lamore si
ammala, non pi amore. Se non c reciprocit e rispetto, non
amore. E altro.
E tempo di approdare a una visione laica dellamore, per
arrivare a comprendere nel suo campo semantico anche le
patologie dellamore.
Urge non una riforma intellettuale e morale, come suggeriva
Gramsci, ma pi modestamente una educazione sentimentale,
per uscire dallanalfabetismo emotivo che ci opprime.
Dante esaltava le trenta donne in Firenze che
avevano intelletto damore. C da chiedersi, al riguardo, se si
tratti di sensibilit personale coltivata ed educata dalla
famiglia e dalla scuola che invochiamo o di una
personale phronesis, di nativa saggezza, accresciuta con
lesperienza e con lo studio.
Di certo, ci aspettiamo reciprocit, uno scambio di risorse
anche dentro le relazioni sentimentali, perch la mancanza da
cui proveniamo non si faccia solitudine gratuita e
incomprensione.
In questo umano consistere si giocher la nostra capacit
di fare manutenzione degli affetti, perch il sentire personale
duri oltre il godimento di un giorno. C differenza tra le vive
emozioni che pure ci animano e il durevole sentire che proprio
dei sentimenti! Non pi tempo di ridurre tutto a stato
emozionale, per dare voce e spazio finalmente allo strato
personale della sensibilit, il luogo della nostra umanit e il
tratto distintivo della nostra personalit: il sentimento. La vita
della nostra mente proviene dalla vita delle relazioni e si nutre
di essa. Perch cos difficile mettere al centro i sentimenti?
Lamore sempre ricambiato (J.Lacan)
Sabato 8 marzo 2014

Mettiamo insieme due ragazzi o due adulti che siano


espressione di due stili di attaccamento diversi, ad esempio,
insicuro luno, evitante laltro, cosa verr fuori?
Da sempre, la nostra percezione dellaltro/a nelle
relazioni sentimentali influenzata da fattori estetici, materiali,
qualche volta morali. Nessuno si mai sognato di andare a
vedere che tipo di madre avesse il partner. Chi pu dire di avere
ben chiaro cosa significhi trasmissione intergenerazionale
degli stili di attaccamento? E se pure abbiamo scoperto, per la
stessa esperienza diretta per aver conosciuto la madre del
nostro partner -, che tipo di attaccamento abbia segnato la vita
del partner, non abbiamo attribuito importanza alla cosa,
magari convinti del fatto che non siamo tutti uguali, che le
persone cambiano, saltando da unillusione allaltra.
Ma torniamo allipotesi peggiore che ci venuta in mente
oggi: lincontro tra una persona che abbia appreso lo stile
insicuro e una persona che abbia appreso lo stile evitante. Se
linsicuro, ad esempio, un maschio che si scontri con i codici
daccesso dimenticati e aspetti sempre di essere ricambiato
senza ricevere risposte sentimentali, molto probabilmente non
attribuir al partner evitante la responsabilit della propria
infelicit: se non sa risalire agli stili di attaccamento personali,
non importa quanto ereditati, continuer ad illudersi, ad
aspettare, a chiedere, a immaginare un cambiamento che non
arriver mai.
Bisogna ringraziare il discorso del capitalismo, con
lideologia pubblicitaria e lestensione del suo dominio a tutta
la vita privata delle persone, se linebetimento generale di
individui sostanzialmente eterodiretti ci riporta sempre
allanalfabetismo emozionale delle persone! Quello che
credevamo ci appartenesse di pi proprio ci che ci sfugge,
perch non sappiamo: nessuno ci ha insegnato cosa siano
emozioni e sentimenti, e nessuno sembra intenzionato a farlo.
Questa umanit inconsapevole che noi siamo cosaltro pu fare,
in mezzo a tanta inattendibilit e ignoranza?
Di ci di cui non si pu parlare non si deve tacere
Luned 24 marzo 2014

Di ci di cui non si pu parlare non si deve tacere. Sono


parole di Francesca Rigotti, contenute nella sua presentazione
a Lansia si specchia sul fondo di Hans Blumenberg. Paradosso
affascinante quello che le parole nascondono: non siamo
sempre portati a pensare wittgensteinianamente che di ci di
cui non si pu parlare si deve tacere, se non altro per il fatto
che siamo di fronte allineffabile, cio a qualcosa per cui non ha
senso cercare le parole per dirlo?
Andare in cerca di sempre nuove metafore non solo
compito dei metaforologi: nella vita di relazione, dentro tutte le
relazioni umane, ma soprattutto dentro le relazioni daiuto, il
ricorso al parlar figurato dobbligo. Metalinguaggio e primato
della voce accompagnano spesso il quotidiano lavoro di
traduzione e il commercio con il parlare dellaltro, quando si
dia il suo contributo alla comunicazione emozionale.
Ci di cui non si pu parlare, allora, potr essere
riguardato come un fondo da bonificare, fin dove possibile,
lasciando che il resto di inesplorato continui a costituire per noi
linattingibile che proprio della realt umana di ognuno di noi,
specialmente quando si tratti di quellInconfessabile che
costituisce lessenza del pudore, il meccanismo morale a cui
ricorriamo per proteggere dalle incursioni esterne il nucleo
fragile della nostra anima.
Non tacere su ci di cui non si pu parlare indispensabile,
se si tratta del fondo enigmatico e buio di cui parla Platone a
proposito delle cose damore. Da quel fondo non facciamo altro
che divinare, per dare voce allordine del cuore. Non possiamo
non rispondere alla domanda di senso che proviene dal
desiderio dellaltro che incessantemente interpella il nostro
desiderio. Il nostro parlare si staglia sempre su uno sfondo
aperto che chiede risposte, anche quando apparentemente
nessuno parla.
Ci di cui non si pu parlare pu configurare talvolta la
presenza di un indecidibile, quando il concatenarsi delle
circostanze ci mette di fronte a qualcosa che non possiamo
nominare, perch, se lo facciamo, lo lasciamo esistere. Nelle
cose umane non siamo quasi mai di fronte al nodo di Gordio:
non si decidono i destini universali, quando siamo di fronte a
una scelta difficile. Talvolta, occorre rimandare la scelta o
addirittura rinunciare ad essa. importare riconoscere questi
momenti e viverli per quello che sono: non prudente pensare
ogni volta che sia doveroso rispondere alle sfide della realt.
Non tutte le sfide vanno raccolte. Quando, in particolare, sia
confuso e ambiguo il quadro della situazione dellaltro, non
spetta sempre a noi sciogliere le ambiguit e diradare le nebbie
che offuscano la coscienza dellaltro. Possiamo decidere che non
valga la pena di inoltrarsi nella terra incognita dellesperienza
dellaltro, se non siamo stati invitati a farlo o se il nostro
sguardo suggerisce a noi per primi prudenza e attenzione: esso
punto di vista personale, sempre prospettiva parziale,
animato da interessi anche esclusivi, scopi privati, ragioni
imperscrutabili. Perch laltro dovrebbe coincidere con le
nostre ragioni, i nostri interessi, i nostri scopi?
Al di l di tutto ci che precede, tuttavia, ci preme esaltare
le situazioni in cui di ci di cui non si pu parlare non si deve
tacere. Quando ci sentiamo in pericolo, nessun indecidibile,
non lineffabile n un inconfessabile ci fermeranno.
Attraverseremo tutti i confini, spezzeremo tutti i nodi intricati,
non ci spaventer n ci scoprir timidi la terra incognita,
labisso stesso della nostra libert non costituir motivo di
insicurezza. Lincertezza della realt personale come quella
dellaltro non ci paralizzer.
Epifanie mondane: Il primo apparire
14 agosto 2014

Aver cura del vivente richiede tempo, attenzione, attesa: in


una parola, pazienza. (Gabriella Caramore)
Ad ogni nuovo ingresso nella stanza, tutte le volte che si
presenta qualcuno per la prima volta nella sede del Centro di
ascolto lasciamo che la cosa accada, come se non stesse
accadendo niente di sconvolgente, niente che non ci sia gi
noto, per aver visto nella nostra lunga vita apparire cose e
persone: alla prima volta non abbiamo attribuito significati
speciali; la particolarit di ognuno, la novit di ognuno ci
sempre parsa in qualche modo scontata. Si trattato sempre di
catalogare immediatamente la persona come utente interessato
ad una richiesta di aiuto. Qualche volta siamo stati colpiti pi
del solito dalla drammaticit del racconto, ma anche questo
aspetto della cosa stato riassorbito allinterno della
consuetudine della-scolto: ci che si presenta
drammaticamente cessa di esserlo quando si siano inquadrati
i problemi e si sia stabilita la relazione.
Se questo ci che ci appare di noi stessi, se restiamo alla
superficie delle cose, ben pi intenso e profondo risulter lo
sguardo che accoglie, se leggiamo pi attentamente la scena:
gentilezza e disponibilit umana non sono qualit private,
caratteristiche di personalit che appartengano a pochi! La
formazione professionale degli ascoltanti formazione
permanente che mira a educare allascolto attivo ogni persona
che sia interessata ad aprirsi alle voci del mondo: si tratta di
dare valore alle molteplici presenze che si accampano sulla
scena, per cui linfinito trascorrere da una persona allaltra
che in questione. Bisogna apprendere a percorrere il ponte
che avremo gettato tra noi e laltro, perch sia possibile
trascorrere da una direzione allaltra indifferentemente.
Accogliere ed essere accolti accettare ed essere accettati,
riconoscere dignit allaltro e vedersi riconosciuti nella propria
dignit. Nel momento in cui laltro avverte che le sue parole
hanno peso non pu fare a meno, a sua volta, di aprirsi, di
accogliere, di accettare, di ricambiare le attenzioni, di offrire le
personali risorse per favorire la conoscenza di s. Lo scambio di
risorse e la reciprocit, assieme allinterazione emozionale,
generano il legame.
La marcia di avvicinamento progressivo, che apertura alle
ragioni dellaltro, lesplorazione della sua ambivalenza, la
possibilit offerta allaltro di elaborare i due lati
dellambivalenza fanno dellascoltante un camminante.
Laccesso allinvisibile dellesperienza dellaltro non ingresso
in una zona dellanima paragonabile a un luogo ideale: ,
piuttosto, il momento in cui emerge un vissuto personale a
costituire di fatto la possibilit del contatto emotivo: il nostro
sistema di significati la nostra mente incontra un altro modo
di declinarsi nel mondo, che ancora sconosciuto per noi.
La terra incognita che ci si para davanti propriamente
lesperienza dellaltro. Avvertire di essere dislocati altrove, di
essersi allontanati per un po dalle proprie ragioni per
conoscere altro per amore di altro gi essere partiti in
direzione dei sei lati del nondo: dovremo stabilire con laltro il
significato di alto e basso, avanti e indietro, destra e sinistra:
ci che chiamiamo Kairs, cio tempo debito, il momento
opportuno per poter dire che siamo qui e ora, che occupiamo lo
stesso spazio e ci moviamo nello stesso tempo; la qualit
dellaccordo a cui si arriva dopo aver camminato insieme
guardando nella stessa direzione.
Il movimento verso se stessi, verso gli altri, verso il mondo
costituiscono i tre fondamenti dellautoeducazione, il costituirsi
dellesperienza come Erfahrung, viaggio, cammino.
Da Erlebnis a Erfahrung.
DI CHE COSA PARLIAMO QUANDO PARLIAMO
DAMORE: Elaborare abbandono e perdita in absentia,
cio riconoscere che di abbandono e perdita si tratta
Domenica 15 febbraio 2015

Sar pensabile come paradosso dellesperienza il fatto di


ritrovarsi ad elaborare il significato di unesperienza
sentimentale senza poter contare sul contributo dellaltro o
destino di ogni relazione consumata dal tempo e dalle
circostanze che spetti a chi resta il compito di decidere cosa ne
vada di s, delle proprie ragioni, del tempo che resta? Quando
ormai si sia scoperto che un accordo sulle cose non pi
possibile e il tasso di litigiosit oscura ogni buona intenzione,
sar sufficiente riguardare la cosa, la relazione, come
compromessa e basta, al punto che non si dia in nessun modo
la possibilit di dare un senso a ci che resta, per fare in modo
che sia un resto che dura oltre ogni insanabile contrasto?
Il tono stesso di questa riflessione forse sbagliato: se
lasimmetria costitutiva di ogni relazione sentimentale gi
problema, cosa dire di una relazione in cui laltra parte
afasica, non parla, non pu parlare, perch non sa di s, non
avendo mai avuto il linguaggio dei sentimenti per dire chi e
cosa. Forse tutto si riduce prosaicamente a una psicopatologia
dellesperienza amorosa. Ostinarsi a chiedere e a cercare e ad
aspettare non ha senso, se non si siano avute gi risposte, se
non si sia gi trovato ci che si cercava, se il tempo dellattesa
non sia mai stato definito. Lassenza dellaltro, allora, andr
riguardata e vissuta correttamente come abbandono e perdita.
Lelaborazione richiesta sar quella del lutto, perch di ci che
non vive non si pu dire altro, se non che non pi vera
presenza, non pi presenza.
Se sempre vero quanto segue

E quasi impossibile separare dal nostro spirito quello che


non c. Che cosa dunque saremmo, senza laiuto di ci che non
esiste? Ben poca cosa, e i nostri spiriti disoccupati
languirebbero, se le favole, i fraintendimenti, le astrazioni, le
credenze e i mostri, le ipotesi e i sedicenti problemi della
metafisica non popolassero di esseri e di immagini senza oggetti
i nostri abissi e le nostre tenebre naturali. I miti sono le anime
delle nostre azioni e dei nostri amori. Non possiamo agire che
movendo verso un fantasma. Non possiamo amare che quello
che creiamo. PAUL VALERY
allora dovremo lasciare lultima parola al nostro cuore e alle
sue ragioni: in questa parte della nostra vita, siamo disposti a
credere solo alle parole del nostro maestro Jacques Lacan:
Lamore sempre ricambiato. A chi si ostina a credere che il
vero amore o lamore puro o lamore bello o lamore sincero o
lamore sia amare comunque e chiunque, perch conta solo
amare, posso solo augurare un rapido risveglio: capire dopo
decenni di aver vissuto un amore inutile, ch magari non mai
stato ricambiato, non aiuta a sentirsi bene. Non esistono,
tuttavia, strade brevi o scorciatoie: nessuno apprende
facilmente la lezione della realt. Un sano sentire incorpora
quotidianamente nellesperienza personale dosi crescenti di
realt: lo sguardo benevolo dellaltro la conferma di essere
nella realt. Se non si corrisposti, lunica realt possibile
quella sognata.
DI CHE COSA PARLIAMO QUANDO PARLIAMO
DAMORE : Levidenza specifica dellamore
Luned 16 febbraio 2015

Bisognerebbe dare maggior credito allamore e


abbandonarsi ad ogni idillio che si presenti a noi, per tastare i
polsi alla vita e sincerarsi delle intenzioni della passante che si
rivolge a noi. Lincanto di uno sguardo che cerca noi e che ci d
senzaltro la nozione di un vivo interesse per noi va sostenuto,
per non ritrovarsi sempre a sognare lamore perfetto che si
incarna in un cuore pensante che sa di noi, che tutto avverte e
che riesce ad anticipare i nostri desideri, mentre siamo costretti
a chiedere chiedere chiedere.
Lamore non dovrebbe aver bisogno di chiedere alcunch.
E tacita intesa, ma soprattutto grazia, arrendevolezza della
fantasia. Ho sempre pensato che, al di l delle teorie paludate
dellarte, la bellezza sia qualcosa che viene verso di me,
qualcosa di cui mi dato fare esperienza, che si perpetua dentro
la mia esperienza. Altrimenti, solo pallida emozione estetica.
Leducazione estetica ci spinge a fruire di opere che non sono
state concepite per noi. E ne sentiamo il valore, la grandezza.
Proviamo il piacere estetico Il segreto dellarte, come ci ha
insegnato Roland Barthes, non qualcosa di nascosto da
carpire allopera. Il segreto vivere con Emily, con Virginia
Quello che sconvolge la nostra vita, allo stesso modo, la
bellezza vivente. Ricordo ancora la professoressa di Storia
dellarte di Liceo. Era cos dolorosamente bella in tutte le sue
manifestazioni che dicevamo tutti di lei che era unopera darte.
Lei era la vera opera darte, per noi! Lamavamo tutti, maschi e
femmine. Scoprimmo con lei il tremendo della bellezza al suo
inizio. Ci spaventava.
Lamore dovrebbe essere cos. Una tragica adorazione del
bello che sta l per noi, che parla a noi, che ci riconosce, che d
voce ai nostri pensieri nascosti, che ci corrisponde sempre, che
non si stanca di noi. Lontano e irraggiungibile, come ogni
persona che non si lasci stropicciare da noi, ma disponibile,
disposta a procedere verso di noi, promessa mantenuta e
sempre tacitamente rinnovata. E il fare anima.
In questa luce
Gioved 19 maggio 2016

Se ci fosse una ragione per queste sventure


potrei dare una frontiera al mio dolore:
quando il cielo piange, la terra non straripa?
Se i venti infuriano, non impazzisce il mare
col suo grande volto rigonfio minacciando
il cielo? E tu vuoi una ragione
per questo tumulto? Io sono il mare.
William Shakespeare, Tito Andronico

E forse questo il tempo della sintesi, della forma compiuta,


della chiarezza raggiunta. Non dellarmonia, dellequilibrio,
della misura. La traccia della strada gi fatta utile
economicamente, cio per leconomia delle energie mentali, per
non dover ripercorrere sempre di nuovo quanto gi stato
esplorato e ricondotto a unit. Sintesi, Forma, Libert,
Responsabilit sono Grundworte (Grundwort la parola
fondamentale, ci che c di pi originario: la base a cui tutto
ricondurre. Tutto ci che c da sapere.) Naturalmente, i
traguardi raggiunti non sono perfezione, compiutezza, esito,
approdo. Ogni nuova conoscenza costringe a ridefinire porzioni,
a volte significative, di realt.
Non dico di essere padrone di me, ma consapevole s, pi
consapevole. So chi sono.
Non c maturit da raggiungere. Nessuna parola definitiva
da pronunciare sulle cose. La maturit degli affetti altra cosa,
come lesattezza del sentire, che per me oggi sono quasi tutto:
le persone possono essere accessibili oppure no; se non lo sono,
pazienza! C sempre un buon libro che aspetta. E questo
tutto. Questo sufficiente, per poter dire di essere a buon
punto.
Avverto un sentore di risarcimenti in corso, di compensi. Le
cose lungamente dibattute, i reclami e le rimostranze
incominciano a ricevere risposta. Sembra, cos, che le cose
tornino al loro posto. Ma il posto non c pi. Non occupo pi
il posto di prima. Sono tornato ad essere situazionista: credo
solo nelle cose in cui credono coloro i quali stanno facendo
qualcosa con me.
Il panorama cambiato. Niente pi come prima. Ho
smesso di fare domande, ma anche di credere che sia sufficiente
chiedere. Non avendo ricevuto risposta per troppo tempo, ho
smesso di chiedere, senza, per questo, dover credere o poter
credere. Il disincanto la fine della tensione verso lunit che
ha sempre contraddistinto la mia vita. Ho rinunciato al
mio Streben.
Non sono pi mancino, cio allocentrico. Ho creduto per la
gran parte della mia vita che al mio mancinismo corrispondesse
una natura che la medicina aveva scoperto e segnalato, cio la
tendenza dei mancini a mettere sempre gli altri al centro: non
ho mai avuto bisogno di primeggiare; mi bastato sempre
lavorare bene, per il raggiungimento di obiettivi desiderabili,
quasi sempre per laffermazione di altre persone.
Accetto la castrazione. Accetto il dolore. Non mi scontro pi
con lOmbra femminile. Raggiungere e Oltrepassare compito
rinnovato, da apprendere sempre di nuovo. Fare i conti con
le emozioni altrui impresa ineludibile, soprattutto quando la
rozzezza prevale. Se i parlanti sapessero come lemozione
tradisca sempre uno stato (pi o meno permanente) della
mente, starebbero pi attenti alle loro parole! Di fronte
allindomita volont di affermazione di s, oltre ogni ragionevole
dubbio, tuttavia, sempre importante concedere al mondo la
sua vittoria, almeno fino a quando non sia possibile riprendere
liniziativa, per riconquistare lo spazio perduto, o per acquistare
spazio vitale.
La difesa dello spazio sociale comune in cui consentire ad
altri ancora di muoversi, perch poi lo spazio educativo si
trasformi in spazio transizionale sostenuta oggi da una
serena e convinta idea teorica: che leducazione sia esercizio di
esperienza e che si debba dare forma al lavoro educativo, per
difendere lidea stessa che ci sia una dimensione educativa
dellagire umano e uno spazio da occupare, accanto al lavoro
terapeutico e al lavoro sociale.
Demoni.
Luned 30 maggio 2016

La scrittura, come elemento dellascesi, ha una


funzione etopoietica: essa un operatore della
trasformazione della verit in ethos.Il suo scopo
non comunicare n convincere nessuno, bens
superare il confine tra realt e immaginario.
MICHEL FOUCAULT

Nello scrittore il pensiero non guida il linguaggio


dal di fuori []. Le mie parole sorprendono me
stesso e mi consegnano al pensiero. JACQUES
DERRIDA

Il linguaggio non della lingua, ma del cuore. La


lingua solo lo strumento con il quale parliamo.
Chi muto muto nel cuore, non gi nella
lingua Quali le tue parole, tale il tuo cuore.
PARACELSO (Citazione contenuta in James
Hillman, Lanima del mondo e il pensiero del
cuore, Adelphi 2005, pag.41).

Parliamo qui di ao, del demone personale di Hillman:


del carattere, della ghianda, della nostra natura profonda, delle
inclinazioni, delle vocazioni, di ci che di pi proprio si d di
una singolarit qualunque. E la voce che parla per noi, la
presenza sempre assente che si fa sentire inducendoci a fare
altro rispetto a ci che diciamo di voler fare e che a volte ci
mettiamo a fare, tradendo il nostro pi profondo sentire. Il
nostro demone pu essere anche un demone cattivo, una voce
diabolica, forza che divide, che abbatte, che distrugge: Hillman
parla di seme cattivo. Le nature malvagie esistono. Esiste la
cattiveria.
E demone per noi qui il dio della scrittura in noi, la forza e
la voce che premono e che chiedono di accedere allespressione.
Lo abbiamo scoperto tardi, quando la vita aveva gi provveduto
ampiamente a fornirci degli strumenti che credevamo
indispensabili ad agire e che credevamo fossero i soli di cui
poter disporre per sentirsi anima e non solo un groviglio di
energie e di facolt scarsamente gerarchizzabili e disposte a
sottomettersi a una logica qualsiasi, nemmeno a quella
dellineffabile, che non chiede rigore e consequenzialit.
Abbiamo impiegato tempo, molto tempo per arrivare a
comprendere le forze contrastanti in noi, a tutte riconoscere
dignit e senso, a tutte dare ugualmente voce e direzione: la
cusaniana coincidentia oppositorum< ci convince: la coesistenza
del Bene e del Male nelluomo il primo dato dellesperienza da
riconoscere.
Siamo partiti dallimprovvisazione, dalla scoperta di una
parte grande di noi che parla quando teniamo una lezione o
quando dobbiamo prendere la parola di fronte a un vasto
pubblico, avendo rinunciato a leggere per intero il nostro
discorso, magari affidato alla scrittura. La lezione frontale, poi,
non pu mai essere letta: non sarebbe lezione. Abbiamo
lottato per trentanni e pi per arrivare a prevedere tutto quello
che avremmo detto ai nostri alunni, lezione per lezione. Negli
ultimi anni di insegnamento, abbiamo scoperto che le migliori
lezioni erano quelle improvvisate, non preparate in nessun
modo. Abbiamo assaporato sempre pi lemozione di quella
impreparazione a cui ci esponevamo.
Siamo stati guidati, ancora, dallidea platonica dellamore
che ci veniva restituita da Umberto Galimberti, l dove evocava
un fondo enigmatico e buio dal quale saremmo tutti impegnati
a divinare, per fare i conti con la dicibilit dellindicibile.
Oggi siamo felici di sapere che c un demone in noi che ci
precede e ci guida, ci salva e ci danna, perch esso il nostro
destino. Abbiamo fatto nostro, infatti, il detto di Eraclito o
nrop ao -, come stato interpretato da Hillman per
primo: A ciascuno destino il proprio carattere.

*
Quando Foucault afferma che la scrittura, come elemento
dellascesi, ha una funzione etopoietica: essa un operatore
della trasformazione della verit in ethos, allude a un potere
grande della scrittura che dobbiamo chiarire. Intanto, farne un
elemento dellascesi vuol dire che con essa realizziamo la
nostra Ascesi fondamentale, cio rispondiamo a unistanza
profonda per quanto riguarda lesito dei conflitti nei nostri
rapporti con il mondo, per cui essa diventa fattore mediativo,
elemento di compromesso quasi, giacch non risposta
immediata, irriflessa, n mera spontaneit. E dare unaltra
voce al contrasto, affermare una verit che giace al fondo:
affermare una voce che ha in s la spinta etica costruttiva. E
in questo la ragione della trasformazione della verit in ethos
(etopoiesi): un fare ethos, costume, mentalit, comunit. Se
vero che le comunit non esistono, non sono mai esistite, il fare
comunit si render possibile, forse, a questa condizione, che il
soggetto del desiderio faccia sentire la sua voce, listanza
profonda e pi vera di s, attraverso la verit che la scrittura sa
restituire. Evidentemente, sar la scrittura di s la via che
conduce ad ascesi, verit, ethos. Cos, uno stile diventer
modello, termine di confronto, exemplum. I parlanti troveranno
il modo di comunicare e trasmettere parresia. Dire la verit in
pubblico, proporre un diario in pubblico costituir la garanzia
di verit, consentir la trasformazione pi difficile, cio
lassunzione della verit proclamata allinterno del discorso
pubblico. Uno stile personale si far stile collettivo, mentalit.
E cosaltro pu essere questo stile se non dire la verit? La
natura della scrittura, tuttavia, per cui essa ci precede e ci
istituisce come scrittori, la condizione di verit. Non siamo
noi a scrivere: la scrittura, piuttosto, che ci d la parola.
Diamo voce ai nostri demoni. Ricostruiamo la genealogia del
nostro sapere individuale. Andiamo alla radice del bene e del
male in noi. Scendiamo ai nostri Inferi, per risalire rinnovati
nello spirito. Quando ci sentiamo beanti, cio quando la ferita
sanguina, dobbiamo lasciare che sanguini, che parli, che ci dica
di noi. Solo per questa via riusciremo ad incontrare laltro che
in noi, come laltro che fuori di noi.
DI CHE COSA PARLIAMO QUANDO PARLIAMO DAMORE :
Un amore che non accetti lingiustizia
Gioved 11 giugno 2015

Bisognerebbe dire no a tutti gli amori che tollerano tutto,


perfino lingiustizia. La distrazione e la disattenzione e
limpazienza e lo scarto improvviso che conduce ai silenzi per
niente sovrumani, piuttosto equivoci e vili. Le vane attese, come
pure i silenzi interessati e il vuoto scambiato per mistero e
fascino. Bisognerebbe accusare il mistero di sottrarre a noi
lincanto della parola che salva, perch pellegrina di pace. Lo
sguardo per niente indagatore di chi non vede il nostro bisogno
damore. E giustizia salvare ogni cosa, anche i grumi pi
piccoli di dolore. A tutto essere sensibili. Tutto perdonare. Tutto
comprendere. Tutto accettare. In nome di una giustizia che non
abbia bisogno di sforzarsi di comprendere, che tutto sappia
prevedere e accettare, che non debba fare fatica a perdonare
malintesi ed equivoci, fraintendimenti e involontarie ambiguit.
Di questo amore si dir che pronto a tollerare limpuro, a
trovare sempre la via che conduce al cuore delle cose, l dove
la luce fioca, fin troppo scarsa. Nella penombra della vita
schiva, del rossore improvviso, dellesitazione, degli scarti
inattesi. Negli ansiti brevi e nelle pause del cuore, nello stupore
e nel terrore. Essere raggiunti proprio l dove si annida il timore
di non essere trovati divino. tutto quello che si chiede alla
vita. Non dover mai sperimentare il silenzio di chi non abbia
nulla da dirci.
Dalla polvere io innalzo una voce di protesta: voi non
vedeste il mio lato in fiore! lamenta il personaggio di Edgar Lee
Masters contro la superficie del mondo. Questultima, separata
da ci che pi proprio della vita di un uomo o di una donna,
solo vuoto simulacro, mai abitato prima dora.
comprensibile poi che si trovi deludente la risposta che verr.
Bisogna tenere insieme le opposte polarit, praticare lidea che
la verit tollera la contraddizione, saper custodire nel fondo
dellanima i materiali di scarto che sono stati utilizzati ed ogni
palpito ed anelito. Questo giusto come il pane.
Questa fame di giustizia potrebbe essere riconosciuta
facilmente in ogni umano, se non ci fosse velo sugli occhi e la
coscienza non si facesse vischiosa in chi continua a pensarsi
amante e umano, magari compassionevole e solidale con il
dolore altrui. Ad un mondo che si abituato a non chiedere
amore, perch preferisce lapatia dei sensi e laridit del cuore,
pur non di non patire la ferita che sanguina, non sapremmo
cosa dire nella notte dei sensi, se non di fare luce sul deserto
che avanza e che non educa ad altre trascendenze. A che vale
averlo attraversato, infatti, e magari essere rimasti a lungo a
fare esercizi, se poi non si nasce a nuova vita, inchinandosi
dinanzi al piccolo che nulla chiede, se non di essere notato e
nominato? facile trascurare i grumi, magari facendosi
prendere dal bagliore delle cose grandi, come se la vita fosse
solo spostare macigni pi in l! Meglio fermarsi a chiedersi la
ragione dei massi e di tutto il resto, per non correre il rischio di
non vedere i piccoli grumi fatti di inerzie e mancanze, mugugni
e recriminazioni, di tutto lInconfessabile e non-detto e implicito
e presupposto, dei rimproveri e degli sberleffi della fortuna,
soprattutto nei momenti in cui la vita ci prende in giro.
Ci vorrebbe unaltra voce per riuscire a dire dove ci
troviamo, e la risposta non : qui. Solo una mente ospitale,
disposta a custodire tutto linespresso e limplicito e il
presupposto che ci precede, potr accedere allInconfessabile
che ci rende introvabili. Solo occhi di seconda vista potranno
gettare uno sguardo sul viandante che noi siamo, senza
pretendere che sia lui a dire la meta che lo guida e la patria che
si lasci alle spalle e le ragioni dellandare. Come i vecchi
situazionisti del secolo scorso, siamo scettici sulle mete e le
patrie e le ragioni dellandare. Preferiremmo condividere i sensi
del nostro consistere con un altro viandante, a sua volta
impegnato a professare una filosofia del mattino, la fedelt alla
terra, il congedo da chi tutto sa e tutto pu e non ha mai tempo
per chinarsi sui grumi del nostro dolore per sollevarsi fino a noi.
Il tempo dellelaborazione (1)
Luned 10 ottobre 2016

Considerando le et della vita, ad ogni nuova svolta accade


di chiedersi quanto abbia influito sul senso di s che ci
accompagna leducazione ricevuta in famiglia, laria che si
respirava in casa, il sentimento del tempo, con le paure di ogni
genere che segnavano i giorni.Tutti noi proviamo paura,
magari dicia-mo timore, incertezza, perplessit, dubbio,
esitazione, per non dire paura. Preferiamo tacere il sentimento
che accompagna lincertezza, che verte su ci che vi l fuori,
magari prima di uscire di casa. Ogni nuovo incontro, ogni
appuntamento importante ci mette agitazione, eccita la nostra
fantasia: anticipiamo gran parte di ci che vorremmo
accadesse, ma che puntualmente non avviene. E lo sappiamo
bene ogni volta, quando ci disponiamo nellattesa di un
incontro.
I teorici della politica hanno parlato della piccola paura
che proviamo e che fa bene alla democrazia: il sentimento del
limite, che ci fa temere sanzioni e punizioni.
I rimproveri di mio padre mi hanno accompagnato fino alla
sua morte, e su di essi ho scritto dolorosamente contro: posso
dire oggi che non sopporto il pi piccolo rimprovero.
Le parole che ci venivano riservate erano accompagnate
dalla mortificazione: gli adulti ci dicevano che dovevamo
abbassare lo sguardo, e non dovevamo ridere durante la
cerimonia dei rimproveri. Solo tardi ho compreso che
mortificare dare la morte, volere la morte della parte negativa
di una persona, e le intenzioni erano buone, ma forse il
bersaglio che veniva colpito non era sempre quello giusto: ne
usciva ferita lanima, mortificato non solo lorgoglio ma tutto il
sentimento di s. I nostri educatori, i genitori e le maestre, non
distinguevano tra la persona e il comportamento. Noi capivamo
che dovevamo essere sbagliati noi, se persistevamo negli stessi
comportamenti. Non sempre a un rimprovero seguiva un
abbraccio. O forse, s. Rischiamo oggi di pensare che avremmo
avuto bisogno di pi amore, ma non vero. Abbiamo avuto
tanto amore, solo che era forte la paura di essere picchiati, cosa
che accadeva ogni giorno. Forse, abbiamo ricevuto troppi
schiaffi, perci oggi non sopportiamo lo schiaffo del silenzio che
uccide. Se ci chiediamo cosa leghi questo nostro presente al pi
lontano passato della nostra vita, francamente non sappiamo
pi rispondere. La tentazione di credere che le rinunce e gli
abbandoni e le dimissioni di oggi siano il frutto e il riflesso di
pi antiche offese da respingere. Una piccola parte di noi
patisce loffesa dellamor proprio ferito. Altre ragioni prevalgono
in chi mostra di non conoscere la strada che porta al nostro
cuore. Elencarle tutte o dare ragione di quelle che pi
verosimilmente influiscono sulle scelte altrui vano esercizio,
ch conta solo nellelaborazione simbolica del lutto, che andr
condotta fino in fondo, magari ingannando il cuore con qualche
bella menzogna che lo aiuti a riprendere il cammino interrotto.
La tendenza a sublimare meccanismo di difesa efficace
ancora e per qualche aspetto nobile, giacch riscatta il
nemico, con lofferta unilaterale dellonore delle armi. Se poi
riesce a prevalere il gioco preferito del riconoscimento realistico
della vittoria conseguita dallaltro, abbandonare il campo
operazione poco dolorosa, che non segnata da alcun
rimpianto: alla malinconia del cos fu segue il sentimento delle
cose belle che pure prevalsero in unavventura comune lunga e
feconda.
La dissimulazione onesta prevarr. Diremo una bugia.
Assegneremo allet raggiunta e alla stanchezza la decisione di
andar via, anche se non ci sentiamo n stanchi n vecchi. Chi
vuole raccattare gli ultimi pettegolezzi, per vederci chiaro, non
avr soddisfazione. Non abbiamo nulla da imputare alla nostra
infanzia, che stata felice, anche se accompagnata dalla paura;
n al comportamento altrui, oggi, che era segnato da tante
buone ragioni, se siamo qui a fare i conti con un ultimo
distacco. Le parole pronunciate da Kant morente Es ist gut,
Sta bene ci piacciono, perch indicano accettazione di un
compimento; come ci piacciono le parole di Goethe morente
Mehr Licht, Pi luce -, perch indicano domanda ulteriore di
senso. Non di morte si tratta, certo!, ma che qualcosa si sia
esaurito certo. Krisis vuol dire soprattutto passaggio a un
nuovo ordine. Fine di un ordine e transizione verso un nuovo
ordine. tempo di pulizie in casa. Le vecchie carte vengono
buttate via, per fare posto a ci che verr. Il timore del nuovo
sentimento antico, forte come i rimproveri di un tempo e i
silenzi studiati di oggi.

*
Si devono al pediatra e psicoanalista inglese Donald
Winnicott le nozioni di oggetto transizionale e area
transizionale. Loggetto transizionale (la pluricitata coperta di
Linus) quel-loggetto che consente al bambino la graduale
separazione dalla madre, che d luogo alla paradossale
esperienza di sperimentare lassenza pur mantenendo un senso
di continuit. La sua funzione quella di unire e separare al
contempo il bambino e la madre, offrendo un contenimento ai
vissuti angosciosi e depressivi che il processo di separazione
porta con s. Larea transizionale unarea intermedia tra
lindividuo e la realt: non nel soggetto, ma non coincide
nemmeno con la realt esterna. Larea transizionale, nella sua
dimensione illusoria e creativa di simbolizzazione, si configura
come spazio del gioco e dellesperienza culturale.Proprio a
partire dallanalogia tra esperienza ludica ed esperienza
formativa, entrambe caratterizzate da una dialettica di finzione
e di realt, Riccardo Massa ha riconosciuto una funzione di
natura transizionale alleducazione. Dove per dimensione
transizionale si intende che leducazione viene a istituire una
regione intermedia e mediativa, di contatto e di passaggio tra
mondo esterno e vita soggettiva, richieste cognitive e bisogni
affettivi, cose reali e immaginario infantile, attraverso modalit
di sostituzione simbolica e di sperimentazione operativa
(Massa, 1987).Il concetto di spazio transizionale (nella
declinazione di area potenziale) stato quindi utilizzato come
pertinente descrittore dellarea dove ha luogo levento formativo a
qualsiasi et (Mattana, 1993). Uno spazio tempo di esitazione,
distinto ma contiguo allo spazio-tempo non formativo. In esso
ha luogo una potente trasformazione, ma al suo interno tale
trasformazione protetta e pu quindi essere
elaborata.Risulta evidente quanto tale interpretazione dello
spazio educativo sia feconda per tentare di illuminare la
complessa relazione tra educazione e vita. Non solo, essa si
rivela ancor pi preziosa laddove lintervento educativo abbia a
che fare con situazioni di crisi e di disagio, in cui la
trasformazione necessita lelaborazione di vissuti angosciosi e
terribili, connessi al sentimento della separazione e della
perdita.Oggi il concetto di elaborazione si esteso fino a
comprendere lattivit psichica nel suo complesso. Essa indica
la fatica di assimilazione interna della carica affettiva di un
evento o di una rappresentazione in contrapposizione a una
risposta di tipo reattivo ed evacuativo verso lesterno. In questo
senso la capacit di pensare i propri pensieri e unattivit
riflessiva emotivamente situata sono entrambe esempi di
elaborazione. Fare dellelaborazione il concetto-chiave in
educazione per indicare lappropriazione soggettiva
(significazione) dellesperienza vuol dire sottolineare alcune
caratteristiche gi presenti nellaccezione freudiana di
Verarbeitung. Innanzitutto lelaborazione implica una fatica
(labor) cognitiva e affettiva che il soggetto deve compiere in
proprio. In questo senso un modello di elaborazione pedagogica
dellesperienza trova senza dubbio la sua pi naturale
rispondenza operativa in un approccio di tipo laboratoriale, che
invita il soggetto ad attivarsi in prima persona. In secondo
luogo, lelaborazione implica la possibilit di differimento
dellazione. Tradotto in chiave educativa, ci significa che
piuttosto che far fare delle cose lobiettivo deve essere quello
di inaugurare tempi e spazi di riflessivit sulle cose che si
fanno. Lelaborazione ha quindi a che fare con la funzione della
memoria e della narrazione ai fini di una presa di coscienza sui
propri processi interni. Lelaborazione non pu essere ridotta a
unoperazione intellettualistica, ma ha a che fare con
lesperienza vissuta. Pi che capire si tratta di comprendere,
unazione che coinvolge il soggetto nella sua interezza. Di qui il
valore profondamente trasformativo del processo elaborativo e,
quindi, le resistenze al cambiamento che esso attiva. Ecco
perch, bench lelaborazione non possa essere compiuta da
altri fuorch dal soggetto stesso, essa abbisogna di una
mediazione relazionale e di uno spazio protetto in cui avere
luogo. (da MARIO MAPELLI, Il dolore che trasforma.
Attraversare lesperienza della perdita e del lutto, Franco Angeli
Editore, pp.33-34)
Il tempo dellelaborazione (2) Il silenzio
Mercoled 12 ottobre 2016

*
Winston, come fa un uomo a esercitare il potere
su un altro uomo?. Winston riflett. Facendolo
soffrire rispose GEORGE ORWELL

Non si pu mai dire quanto sia destinata a durare lesperienza del dolore
che accompagna i processi di elaborazione simbolica dellesperienza vissuta,
se lelaborazione interessa la rottura dei legami affettivi e labbandono sia da
elaborare in absentia.
Il silenzio, che viene scelto come risposta alla domanda di senso che
accompagna il lavoro di riflessione sullesperienza trascorsa, assume talvolta
i caratteri del rifiuto: da parte nostra, non si tratta di vedere a tutti i costi
corrisposto un sentimento che non costituisce pi la ragione di un legame;
piuttosto, ci aspettiamo che laltro non si eclissi, rifiutandosi di situarsi
allaltezza del passaggio, della transizione a un nuovo ordine per noi.
Abbiamo bisogno di comprendere in che modo laltro si sia sottratto al
faticoso lavoro quotidiano di contrattazione dei significati delle cose:
dobbiamo dare un nome al soggetto che abbiamo amato e che precipita
sempre pi nellinsensato, dal momento che non riusciamo pi a far
corrispondere alle nostre parole le cose. La comunicazione, infatti, si ammala
per questa ragione, perch viene meno il senso: come nel caso del lutto,
dobbiamo dare un senso a un nuovo che non ne ha ancora uno. Il senso che
aveva per noi venuto meno. Dobbiamo ridefinire intere porzioni della nostra
esistenza, alla luce del senso nuovo da dare a ci che ne aveva gi uno, ma
che lo ha perduto per noi.
Il silenzio che viene opposto dallaltro pu essere riguardato poi come
espressione di una volont che ha posto alla base del rapporto di coppia il
potere, laffermazione volubile e unilaterale di s su di noi: ad esempio, una
concezione dellamore tutta basata sullidea che debba essere sempre il
maschio a servire la donna e che solo debba dimostrare interesse e
attaccamento per lei produrr indefinitamente un silenzio produttivo, ch c
da aspettare solo il cadavere del nemico portato dalla corrente; la prevalenza
dei modi autoritari spia di una mentalit ristretta, a sua volta figlia
delleducazione autoritaria ricevuta; laridit di cuore, infine, ma non per
ordine di importanza, alla base di tanti fallimenti a cui vanno incontro
relazioni sentimentali in cui sia presente lincapacit di amare, che si
manifesta soprattutto con il silenzio del cuore.
Se di elaborazione simbolica si deve parlare, c da chiedersi a quale
simbolo si debba far corrispondere la figura del silenzio che ci viene
restituita, perch possa partire il lavoro di ricomposizione dellinfranto a un
livello pi avanzato: il tempo dellelaborazione sar lungo per questa ragione,
per la difficolt che incontreremo a dare un nome al silenzio dellaltro.
Trovare le parole non basta. Le parole debbono curare la ferita della perdita,
riempiendo un vuoto, cio dando (nuovo) senso alle cose. Non si tratta
semplicemente di tornare a vivere, riprendendo il cammino interrotto.
Quando una relazione sentimentale abbia occupato una parte grande
della nostra vita, e quando, in aggiunta, sia stato condiviso uno spazio politico
o sociale, se interviene il silenzio di coloro che dovrebbero proteggere lo
spazio comune, si aggiunge per noi silenzio a silenzio. Dobbiamo
destreggiarci fra due piani di realt intrecciati, che fanno pensare allerrore
iniziale commesso, quando si assunse lo spazio sociale come luogo di
incontro e prolungamento della relazione privata. Degli errori che si
commettono nelle cose damore, questo il pi difficile da correggere:
assegnare al lavoro vissuto insieme il compito di alimentare e di sostenere la
vita dei sentimenti rischioso, per il fatto che le divergenze che facilmente
insorgono nel tempo sul lavoro contribuiranno a minare le fondamenta della
relazione sentimentale. La confusione dei piani di realt facile in chi, nella
coppia, non abbia grandi risorse private da mettere in campo per proteggere
lintimit dalla vocazione a comandare: lo spettro dellOmbra femminile,
che si aggira ad ogni pi sospinto intorno a noi, continuer ad invadere il
campo, senza lasciare spazio al confidente abbandono di un tempo.
Se lo spazio pubblico finisce per esaurire quasi le occasioni di vita
comune, tutto subisce una torsione ideale: limmagine che ci eravamo fatta
del partner e della relazione viene coperta dalla funzione pubblica, nella
quale verranno trasferite e proiettate le tensioni che erano rimaste irrisolte nel
privato. Di qui, la necessit di combattere la battaglia per la chiarezza e per
il riconoscimento nella sfera pubblica. Loscillazione tra i tentativi fatti in una
sfera e poi nellaltra dovranno trovare un approdo, uno sbocco nel pubblico,
se esso sar diventato il luogo dellamore. Lerrore iniziale potr essere
corretto solo cos, cercando di distinguere e poi di separare i due piani di
realt. Lo sforzo iniziale teso a distinguere, con lindicazione forte al partner
dei compiti, dei metodi, delle funzioni e dei ruoli delle persone impegnate
nellimpresa pubblica potrebbe non sortire alcun effetto. Si render
necessario, allora, porre il problema formale del rispetto dei compiti, dei
metodi, delle funzioni e dei ruoli delle persone: sar la verifica dei poteri, da
cui dipende tutto ci che sar. Se la risposta del partner sar la manipolazione
dello spazio politico a suo favore, per conservare il potere acquisito a nostro
sfavore, e se tender a ricondurre sempre tutto alla sfera privata, come se solo
l le questioni potessero essere affrontate e risolte, riproponendo nella sfera
privata la stessa pretesa di prevalere, senza scendere mai a patti, senza
cooperare, senza concedere mai a noi il rispetto dei nostri diritti, non rester
che combattere la battaglia politica nella sfera pubblica, dichiarando al
partner che sar assunto come piano di realt esclusivo quello pubblico, con
tutto quello che seguir. Se i tratti di personalit dellaltro non gli
consentiranno di cambiare, di introdurre modifiche sostanziali al
comportamento, riportando nella sfera pubblica le cose a posto e operando,
di conseguenza, le necessarie distinzioni, per salvare limpresa comune dal
conflitto permanente e la relazione sentimentale dalla dissoluzione, non
rester che rendere pubblico il dissenso, formalizzando le critiche e cercando
il sostegno allinterno della realt lavorativa e presso i superiori, se si tratti
di realt associata. In assenza di risposte adeguate, se gli associati si
schiacceranno sulle posizioni del nostro partner, misconoscendo le nostre
ragioni, non ci rester altro da fare se non abbandonare il campo: ci
dimetteremo nella sfera pubblica e metteremo fine alla relazione
sentimentale, dopo aver verificato che la strumentalizzazione e la
manipolazione delle persone e la negazione dei ruoli avr reso impraticabile
la scena.
Il punto di maggiore chiarezza, per noi, stato il silenzio del cuore nel
nostro partner, che non ha saputo dire S per tutto il tempo del dissenso
politico e delle verifiche formali alla nostra domanda di democrazia interna,
che era accompagnato dallincapacit di esprimere chiari sentimenti nei nostri
confronti: nessuna distinzione intervenuta, nessuna separazione dei piani di
realt stata operata, per correggere e salvare il salvabile. Il nostro abbandono
stato accompagnato dal silenzio politico del nostro partner, degli associati
tutti, dei superiori.
Il lavoro di elaborazione del lutto prosegue ora su altre questioni aperte
per noi, in parte gi affrontate e parzialmente chiarite. Il silenzio del cuore del
partner da ascrivere sicuramente ad angustia della mente e a inerzia dei
sensi, per curare i quali abbiamo lavorato vanamente per anni: la terapia
delle idee suggerita dalla Consulenza filosofica e dalla pratica degli Esercizi
spirituali non ha sortito nessun effetto. Probabilmente, una psicoterapia si
renderebbe necessaria per porre rimedio ai guasti che provoca una personalit
inquieta e irrisolta: il rapporto con il passato personale e familiare e
linsicurezza di fondo che segnano i comportamenti e la sfera del sentire della
persona sono lo scoglio contro il quale hanno fatto naufragio tutti i nostri
tentativi di cura: se sempre vero che lamore non cieco ma, anzi, ci
insegna a vedere, altrettanto vero che lamore non cura e non guarisce, se
non ci sia la volont di migliorare la propria vita, a fronte del disagio e del
dolore inflitti a chi circonda la persona che resiste.
Il tempo dellelaborazione (3) Oltre il silenzio
Mercoled 12 ottobre 2016

La terra di nessuno in cui ci ritroviamo a consistere precariamente oggi


ci nota. Pi che di vuoto, si tratta del nulla che precede ogni scelta, la
condizione di chi si ritrovi di fronte a un nuovo non ben definito ancora. E
la nostra libert che assume i contorni della sospensione e della dilatazione a
dismisura del tempo della coscienza, considerato che lo stesso spazio era
occupato in precedenza da relazioni umane che sono venute meno e da
compiti da cui siamo stati abilmente esclusi. Quello che ci ritroviamo a
chiedere senza esitazione, direi perentoriamente, oggi, il pieno rispetto
della nostra identit e del nostro valore. A questa sola condizione siamo
disposti ad uscire di casa per andare incontro al mondo. Non siamo chiusi
orgogliosamente nella nostra beata solitudine, che non siamo interessati a
considerare la sola beatitudine possibile. Siamo in buona compagnia con noi
stessi, ma preferiamo essere contaminati ancora dal contatto con lumanit
altrui, soprattutto con limpegno politico e sociale.
Il tempo dellelaborazione (4) - Il tempo dellamore
Luned 17 ottobre 2016

Il potere della memoria non risiede nella sua


capacit di far risorgere una situazione o un
sentimento effettivamente esistiti, ma in un atto
costitutivo della mente legato al proprio presente
e orientato verso il futuro della propria
elaborazione (Jacques Drrida)

Continuare a scrivere sullelaborazione segno del carattere


residuale dei discorsi attuali: ci che resta un resto, il
sopravvivere di ci che vorremmo inerte, non pi vivo, n
operante in noi. Il riconoscimento di un peso che avrebbero
ancora le cose significa, poi, che il desiderio deve essere
interpretato ancora, nonostante i ripetuti addii e le rotture e la
distanza e il tempo trascorso. Catalogare e archiviare il passato
possibile a condizione che sia tutto chiaro. Il lavoro della
memoria, tuttavia, comprende il presente, per il quale si
procede nellelaborazione dellesperienza vissuta, e il futuro che
viene preparato dal modo di consistere oggi qui. Il carattere
simbolico dellelaborazione implica una ricomposizione di s su
altri piani di realt che non sono dati, non sono gi dati.
*
Siamo abituati a concepire lelaborazione la riflessione
sullesperienza vissuta come strumento da mettere al servizio
dellabbandono, della perdita, del lutto. Se prevale questo
richiamo al lavoro da fare su di s quando siamo nel lutto, cio
in tutte le forme di perdita di cui dato fare esperienza, sar
necessario estendere il lavoro a mancanza, lontananza,
assenza, che non comportano di necessit una perdita. La
malinconia damore, che consustanziale alla
mancanza, andr combattuta con le opportune strategie di
apparizione, a cui faremo ricorso nella vita quotidiana per
esorcizzare la mancanza.Il desiderio di conoscenza (dellaltro
che in noi, come dellaltro che fuori di noi) che accompagna
la domanda damore chiede di sapere ma non sempre
orientato nella direzione giusta: lo sguardo si rivolge al passato,
come se in quel tempo immemoriale fosse depositato il germe
della verit che salva. Vogliamo sentirci dire che le cose sono
andate come vorremmo che fossero andate (solo chi sia dotato
di maturit affettiva sapr accogliere la verit dellaltro che si
dischiuder davanti a noi attraverso i suoi racconti, che
andranno ascoltati e basta: vera maturit saper custodire nel
proprio cuore la realt dellaltro, oltre le paure e le insicurezze
personali). Ci rendiamo prigionieri del passato, quando la
vera conoscenza del presente: la persona con la quale siamo
impegnati a stabilire una relazione una presenza, si far per
noi vera presenza, se noi sapremo costruire un legame che non
sia condizionato dalla paura n dal risentimento.Laltro
impegnato a consistere nel presente, essendo preso, come noi,
dal compito di elaborare il proprio passato, per farne
unoccasione da mettere al servizio del presente. Il presente-ora
luogo dellesperienza che non si esaurisce nello spazio breve
di un giorno, di un avvenimento, di un gesto datato tempo-
ora, il nunc che siamo impegnati a dilatare nel dominio del
tempo vissuto, per farne possibilit di consistere e certezza del
sentire. Lordine del cuore, infatti, non estraneo alla
dimensione personale del tempo: assegnare allaltro il posto che
gli compete nella percezione che ne realizzeremo operazione
ripetuta nel tempo, che ci consente di verificare la bont del
nostro interesse, la forza del sentire, il valore assegnato alla
persona.Chi si staglia davanti a noi non mera presenza,
vuota parvenza: lapparizione dellaltro ingresso nella nostra
esistenza, se contribuiremo a dare senso a quella apparenza,
legandola saldamente alla realt dellaltro. Si dar incontro, se
sapremo, da una parte e dallaltra, tenere insieme apparenza e
realt della persona, istituendo le file di continuit che
costituiscono la vera garanzia della bont della quotidiana
contrattazione del significato delle cose; nellancora che
torniamo a ripetere e nellancora della volont di sapere che
sar reso possibile dare vita a quella continuit che far poi
storia. E sar storia da costruire, non rievocazione del passato
personale, da spendersi in un improbabile commercio dei
significati delle cose. E il futuro della propria elaborazione di cui
parla Jacques Derrida.Vivere nel passato, avendo assegnato
ad esso il potere di fare giustizia nellamore, perch luogo in cui
sarebbe depositata la verit personale, consegnarsi alla
malinconia del cos fu, vissuto come imperdonabile,
imprescrittibile, irredimibile: rinunciare alla possibilit della
redenzione del tempo, al riscatto delle azioni compiute, al lavoro
di elaborazione del passato, in vista di un significato ulteriore
da dare alle cose. E il presente il tempo dellamore, ch il
tempo della presenza, della trascendenza personale,
dellulteriorit di senso, che contribuiamo ad assegnare giorno
per giorno alla vita della coscienza con i nostri atti.La
valorizzazione della trascendenza della persona dellaltro passa
attraverso il riconoscimento della trascendenza come realt
della persona che attingiamo facendoci guidare dal suo modo
di apparire: solo tenendo insieme apparenza e realt riusciremo
a cogliere la profondit del sentire personale, cio la sfera del
sentimento, che ci conduce al cuore della realt della
persona.Il visibile ci conduce sempre allinvisibile
dellesperienza dellaltro. Il volto, lo sguardo, la voce, la parola,
gli atti dellaltro sono i suoi invisibilia, la realt pi vera della
persona. Ad essi daremo voce, nella contrattazione dei
significati: indicheremo ci che vediamo, ci che lamore ci fa
vedere. Lintelletto damore sapr dare un volto alla persona,
sapr risalire dallo sguardo al soggetto inconscio del desiderio,
si far guidare dalla voce verso le oscurit dellOmbra,
accostandosi sempre pi alla realt della persona. Il presente
lo spazio ampio della temporalit della coscienza, il luogo del
suo consistere, la dimora del suo essere. Lek-stasis mondana
la propensione oltre i meri fatti, nellatmosfera rarefatta ma
concreta delle parole, dei gesti, delle azioni, che materializzano
la spinta del desiderio: la tensione verso laltro, che si afferma
nel desiderio di conoscenza dellaltro, rivela i modi di darsi e di
sottrarsi dellanima, nella sua apertura alla dimensione estatica
dellaltro: la nostra trascendenza protesa verso la
trascendenza dellaltro; i nostri invisibilia cercano gli invisibilia
dellaltro. Il commercio delle anime, quando si dia incontro,
costituisce il luogo della verit: per noi, la verit il tono di un
incontro (Hofmannsthal); solo imparando ad abitare la
distanza (Rovatti) poi riusciremo a dare voce adeguata al
desiderio, trascorrendo coraggiosamente da un luogo allaltro,
secondo i suoi spostamenti metonimici.

Cadiamo sempre in un errore prospettico di cui non ci


rendiamo conto quando ci attardiamo su posizioni sterilmente
preoccupate del mero recupero del passato, mentre dovremmo
considerare il vero compito di consistere nel presente, il nostro
presente, e da l muovere i nostri passi verso un futuro da
costruire come spazio dellelaborazione dellesperienza vissuta,
luogo di tutti i vissuti che affiorano alla coscienza e che
reclamano una ulteriorit di senso e spazio nella stessa
coscienza, listituzione di file di continuit nella trama di
sempre nuovi racconti, perch ci che stato non precipiti nella
malinconia del cos fu: solo ci che raccontato prende vita;
dare forma alle cose questo nominare e dare voce a ci che
preme dolorosamente in noi e che ci chiama a sempre nuovi
compiti, allesercizio rinnovato della parola che incanta e
commuove il viandante che in noi. Rimettersi in cammino
gioiosamente la scienza della vita che vita davvero.

coraggio di vivere questo congedarsi dalle secche del


passato che non passa, per dare nuova voce ad ogni richiamo
delle cose che chiedono senso, che si dia senso a tutte le voci
che si accampano sulla scena della vita intorno a noi: ad esse
corrispondere non tradire il senso della nostra presenza
quasi un venir meno alla fedelt alla terra che ci sostiene e che
ci nutre -, se il posto che andranno ad occupare in noi quelle
voci contribuir a dare senso alla nostra vita, facendo diventare
biografia linfranto, se chi ci guarda interessato a raccontarci
la favola della nostra vita. questo corrispondere alle nostre
attese che d senso allattesa e alla speranza. Avviene, talvolta,
che un ascoltante riesca ad essere angelo per noi. Massimo
Cacciari ha scritto che la creatura in ascolto: quell va
scritto in corsivo, per significare che non di pochi ascoltanti di
professione il compito di costituire occasione di salvezza per
qualcuno. Ad ognuno di noi sia angelo chi gli sta accanto, che
sia capace di raccontare a noi quello che siamo stati, perch sia
possibile consistere in questo presente e sperare di essere amati
ancora.
Il tempo dellelaborazione (5): Il tempo lungo
della simbolizzazione e della categorizzazione del
nostro sentire
Venerd 20 gennaio 2017
*

30 ottobre 1940
Il dolore non affatto un privilegio, un segno di nobilt, un ricordo di Dio. Il
dolore una cosa bestiale e feroce, naturale come laria. E impalpabile,
sfugge a ogni presa e a ogni lotta; vive nel tempo, la stessa cosa che il
tempo; se ha dei sussulti e degli urli, li ha soltanto per lasciar meglio indifeso
chi soffre, negli istanti che seguiranno, nei lunghi istanti in cui si riassapora
lo strazio passato e si aspetta il successivo. Questi sussulti non sono il
dolore propriamente detto, sono istanti di vitalit inventati dai nervi per far
sentire la durata del dolore vero, la durata tediosa, esasperante, infinita del
tempo-dolore. Chi soffre sempre in stato dattesa attesa del sussulto e
attesa del nuovo sussulto. Viene il momento che si preferisce la crisi dellurlo
alla sua attesa. Viene il momento che si grida senza necessit, pur di
rompere la corrente del tempo, pur di sentire che accade qualcosa, che la
durata eterna del dolore bestiale si un istante interrotta sia pure per
intensificarsi. Qualche volta viene il sospetto che la morte linferno
consister ancora del fluire di un dolore senza sussulti, senza voce, senza
istanti, tutto tempo e tutto eternit, incessante come il fluire del sangue in
un corpo che non morir pi.
Cesare Pavese, Il mestiere di vivere, Einaudi 1952, pag.191

Lesito della pratica dellelaborazione, che viene esercitata


sulla nostra esperienza del dolore, ci mette davanti alla potenza
del simbolo. Solo se accompagnata dai necessari processi di
simbolizzazione, e se questultima preceduta da unaccurata
e precisa categorizzazione del nostro sentire, lelaborazione
sortisce effetti trasformativi: il dolore ci trasforma, se sappiamo
condurre il lavoro su noi stessi nella maniera dovuta.
Intanto, bisogna attraversare lesperienza del dolore fino in
fondo, senza risparmiarsi nulla che ci venga riservato in sorte:
essa preceduta e accompagnata da estenuazione e dolore
della mente e angoscia e tedio; scandita nel tempo, percezio-
ne pura del fluire del tempo-dolore, che non smette di scavare
dentro di noi, lasciandoci nella confusione e nellerrore. Queste
ultime condizioni dello spirito postulano il complesso lavoro di
analisi dei contenuti di coscienza, per distinguere paziente-
mente emozione e concetto e finalmente correggere ci che c
da correggere, se ci troviamo di fronte a scarsa esattezza del
sentire. La trasformazione avviene in noi, se sapremo riconosce-
re la realt dellaltro, cos come essa .
La durata del lavoro di elaborazione conseguente ad abban-
dono o perdita pu durare anche per decenni, fino a quando
non si arrivi a trovare la cifra dellaccaduto, se la ferita non cessi
di sanguinare perch il lavoro finito, avendo il tempo trovato
il suo compimento. Ogni indugiare ed insistere ed ostinarsi nel
chiedere senso, infatti, segno di un tempo che non cura, come
un ritrovarsi in mezzo al guado, senza meta e senza direzione
di marcia: ne va di noi, del modo di consistere nel tempo, del
raccordo da istituire di nuovo tra identit e memoria, dopo che
il ricordo abbia agito sulla vecchia identit per congedarsi da
essa; ma decidersi, cio staccarsi dal vecchio, non basta, perch
bisogna alzarsi al mattino e andare incontro al giorno, avendo
scelto se farsi guidare da un demone buono o da un demone
cattivo.
Lesercizio dellinterrogazione infinita sar fruttuoso, se non
ci stancheremo di ripercorrere la strada fatta, a costo di sco-
prire ogni volta di nuovo che non ora, non lora del nuovo
sentire: il nunc in cui ci ritroviamo a consistere, per quanto sia
un tempo dilatato oltre il ritmo dellorologio, se pure il tempo
della nostra coscienza, lungo quanto si vuole e lento e poco
cadenzato, non porter con s buone nuove per noi, se non
interverr a dargli senso significato e direzione una cate-
gorizzazione pi ampia, la riconsiderazione dellincidenza delle
vecchie categorie a vantaggio di un orizzonte di senso che non
le comprenda pi. E questo uno dei passaggi pi duri per noi:
emanciparsi da modi di guardare alle cose su cui siamo stati
fermi per ampie porzioni della nostra vita non gesto, azione,
semplice decisione. Non difficile dire no a ci che scopriamo
essere causa del nostro dolore; pi difficile staccarsi da quello
che siamo stati, e poterlo contemplare da riva come fa il
naufrago che si volga a considerare ancora il pericolo passato.
Se non arriviamo a vedere il pericolo, se non ci sentiamo allac-
m di una prolungata esposizione al pericolo, non coglieremo il
rischio di essere colpiti ancora e di restare prigionieri di ci da
cui pure vorremmo liberarci. Quando si tratti di un oggetto
damore, di persona lungamente amata, non facile modificare
il suo significato, attribuendole quel tanto di negativo che pure
si richiede, perch acquisti le caratteristiche di ci che ci
colpisce, che ci ferisce, ci abbatte, perch sia possibile infine
perseguire il fine del taglio, del distacco, della rottura,
dellabbandono di ci da cui siamo stati abbandonati. Esatto
sentire vuol dire proprio questo: avere il coraggio di rinunciare
allidealizzazione delloggetto damore, per proseguire sulla stra-
da dellanalisi critica dei gesti, delle parole, degli atti compiuti
nei nostri confronti, avendo cura che ci si riferisca a cose
precise e non a sensazioni, vaghe intuizioni, allusioni,
supposizioni.
Un esempio forte del modo pi corretto di procedere
alleutanasia di un amore partire dallidea per niente scontata
che lamore sempre ricambiato, come sostiene Jacques
Lacan. Se non cos, se abbiamo fondati motivi per dubitare
dei sentimenti del nostro partner, non ci resta che sottoporre a
verifica stringente ogni manifestazione di s che laltro orienti
verso di noi, senza trascurare mai gli effetti che producono su
di noi le sue manifestazioni di s. In assenza di benessere, se
addirittura si provi disagio, sofferenza, ci sono gi le condizioni
per dubitare della bont di un sentimento.

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