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APPUNTI SUL LINGUAGGIO «PEDANTESCO» (IN MARGINE A DUE RECENTI EDIZIONI CRITICHE)

Author(s): Antonio Stäuble


Source: Bibliothèque d'Humanisme et Renaissance, T. 47, No. 3 (1985), pp. 627-636
Published by: Librairie Droz
Stable URL: http://www.jstor.org/stable/20677235 .
Accessed: 25/06/2014 09:58

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et Renaissance - Tome XLVII - n*
Biblioth'que d'Humanisme 3, pp. 627-636.

APPUNTI SUL LINGUAGGIO ((PEDANTESCO>


(INMARGINE A DUE RECENTI EDIZIONI CRITICHE)

La fortuna dei Cantici di Fidenzio del vicentino Camillo Scroffa (1526


o 1527-1565) attestata sia dall'alto numero di edizioni (Pietro Trifone,
che ora ce ne offre la prima edizione critical, ne elenca ventisei fra Cinque
cento ed Ottocento) sia dai giudizipositividi critici
moderni (Benedetto
Croce defini il canzoniere dello Scroffa (un libriccino a suo modo
geniale 2). Il personaggio creato dallo Scroffa, il pedante Fidenzio Glotto
crisio ( lingua d'oro ), divenne presto proverbiale ed ii termine cfiden
ziano>' entr6 nell'uso corrente per definire il linguaggio da lui usato, un lin
guaggio ibrido, fatto di italiano e di latino. Il secondo Cinquecento vide
numerosi poeti operare nella scia dello Scroffa e dar vita ad una poesia di
tipo fidenziano.
Ma soprattutto nel teatro cinquecentesco che i pedanti ed il loro lin
guaggio occupano una parte di primo piano durante tutto il secolo3; va
perb precisato che il personaggio teatrale del pedante nacque in assoluta
indipendenza dallo Scroffa, poich6 i suoi primi rappresentanti risalgono
alla fine degli anni venti (Ii pedante del Belo e Il marescalco dell'Aretino),
mentre iCantici di Fidenzio appaiono verso lameti del secolo; e lo Scroffa
stesso utilizz6, come ricorda ilTrifone (p. XLVIII), la commedia del Belo.
Si pub invece rintracciare una certa eco dei Cantici di Fidenzio in alcune
commedie del secondo Cinquecento; il caso pin vistoso a quello della Gos
tanza di Girolamo Razzi, dove il pedante di turno assume il nome e la per
sonalitA letteraria di Fidenzio, come egli stesso dichiara fin dall'inizio:
Voi conosceresti, che io non sono men dotto nella Boccaccievole elo
quenza, che nella Ciceroniana. E l'opere mie lo dimostrano. Leggete i cantici
di Fidenzio, compilati in lingua Etrusca; e vedrete, se io so altrimenti parlare,
che latino. Considerate cara Madonna, che versi son questi'.

1 a cura di Pie
Camillo Scroffa, / cantici di Fidenzio con appendice di poeti f?denziani,
tro Trifone, Roma, Salerno, 1981, LIV/222 pagine, 28 00 lire.
2 e la poesia
B. Croce, Gli 'Endecasillabi' di Essione Portico di Fidenzio, inNuovi
saggi sulla letteratura italiana del Seicento, Bari, Laterza, 19492, pp. 77-83, a p. 77; vedi altri
giudizipositivi inE. Bonora, Camillo Scroffae i ?Cantici di Fidenzio?, inAA. VV., Storia
della letteratura italiana, Milano, Garzanti, vol. IV, 1970, pp. 498-502; M. Pozzi, Te?filo
Folengo e le resistenze alla toscanizzazione letteraria, inGiornale storico della letteratura ita
liana, 95, 1978, p. 178-203, a p. 203; S. Longhi, Lusus. Il capitolo burlesco nel Cinquecento,
Padova, Antenore, 1983, pp. 206-207 e 226-227.
3
Per lo stato presente degli studi sulla questione cf. A. St?uble. Una ricerca in corso: il
personaggio del pedante nella commedia cinquecentesca, in AA. VV., // teatro italiano del
Rinascimento, a cura di M. de Panizza Lorch, Milano, Comunit?, 1980, pp. 85-101.
4
G. Razzi, La Gostanza, Firenze, Giunti, 1965,1, 1, pp. 8-9.

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628 NOTES ET DOCUMENTS

Segue la citazione dei primi due versi del primo sonetto dello Scroffa
(da noi citati piu avanti).
Il Fidenzio dello Scroffa non va tuttavia confuso con la massa dei
pedanti teatrali, ma ha una fisionomia propria, chiaramente definita ris
petto ai predecessori ed ai successori. Uno dei meriti dell'esemplare edi
zione del Trifone e stato proprio quello di avere, nell'introduzione, messo a
fuoco questa fisionomia. Fidenzio Glottocrisio appare al Trifone come un
emarginato sociale, un intellettuale frustrato
all'affannosa ricerca di un ruolo che la nuova society <volgare ormai nega.
[...] 11 gusto manieristico (e poi barocco) per la maschera verbale, la frattura
tra ilmondo delle cose e ilmondo delle parole, erano sintomi della crisi che
scuoteva dalle fondamenta l'umanesimo rinascimentale, coi suoi miti di armo
nia e di razionalith (p. XLIV).

La sua poesia pub essere letta in chiave parodistica rispetto alla tradi
zione illustre della poesia amorosa, non solo per il vistoso capovolgimento
di fondo (l'amore di Fidenzio e di tipo omosessuale ed ha per oggetto il suo
allievo Camillo), ma anche per una sapiente ripresa di temi, motivi e
moduli stilistici; la fonte (e il bersaglio) di questa operazione parodistica e
ovviamente il Petrarca, ed il sonetto iniziale (per il quale Trifone parla di
(parodia diretta ,p. XXXVII) lomette in programmatica evidenza: <(Voi
ch'auribus arrectis auscultate / in lingua etrusca il fremito e il rumore / de'
miei sospiri pieni di stupore. Ma anche altre poesie ricalcano abilmente
Petrarca; vediamo ad esempio il sonetto VIII:
Io cantarei tanto melifluamente
ch'io farei parer ansere un olore
et extrarrei da l'obdurato core
mille sospir quotidianamente,
et vedrei permutar molto sovente
quell'ampla fronte ove ha ii vexillo Amore,
et gli ocelli, contriti del suo errore,
dar pharmaco al mio cor humanamente,
e il nome ch'ogn'hor invoco et disio
assai phi sublimipeta farei
che l'alite non e del sommo Giove,
s'il mio Camil, le cui bellezze nove
s'han pedissequi fatti i pensier miei,
grate aure un di prestasse al cantar mio.

Ai riferimenti petrarchesci citati dal Trifone nel suo commento (Scroffa


1-4 = Petrarca, Canz., CXXXI 1-3; Scroffa 5-8
=
Canz., CXXXI 5-6;
Scroffa 12 = Canz., XLII 2) si pub aggiungere che il verso 7 dello Scroffa
richiamail verso 8 del sonettoCXXXI del Canzoniere (get del suo error
quando non val si pente ), mentre nella locuzione <<obdurato core del
verso 3 crediamo di poter rintracciare una suggestione indiretta della
(gelata mente del verso 4 dello stesso sonetto petrarchesco.
Il sonetto XIII dello Scroffa comincia con un abbinamento Catullo
Petrarca (anch'esso registrato dal Trifone nel commento: Catullo XLII 1
2; Canz., CCLXXXII 6):
Venite hendecasyllabi,venite
lepidiversiet voi soavi accenti;

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NOTES ET DOCUMENTS 629

e termina con una parodia del linguaggio amoroso, sottolineata dal poeta
stesso negli ultimi versi, dove Fidenzio (<interpreta il dono di Camillo e ne
ammira l' inventiva facendosi allo stesso tempo narratore e commenta
tore (un atteggiamento bivalente che troviamo, non di rado, fra i pedanti
delle commedie; vedi quanto diciamo pi avanti su Sofronio nelle Strava
ganze d'amore del Castelletti):
Di cib mi manda per presagio chiaro
questo intestino di prune exiccato,
reliquia de la sua bocca docente:
volendo dir ch'egli ha ii duro et l'amaro
expulso, et sot il dolce reservato.
0 inventiva callida et prudente!

Ancor pi6 che nella parodia letteraria o nel ritratto psicologico di un


intellettuale frustrato, i meriti dell' inventiva dello Scroffa risiedono
nell'elaborazione di un linguaggio artificiale coerente cui, come gig detto,
si e dato il nome di ?fidenziano (l'aggettivo appare anche in alcune com
medie). Il cfidenziano fu spesso accostato (o addirittura identificato) al
cosiddetto <polifilesco , il linguagio dell'Hypnerotomachia Poliphili di
Francesco Colonna (anche questa assimilazione affiora nei testi teatrali),
bench6 parecchi decenni separino Fidenzio da Polifilo.
Nella sua ampia analisi del linguaggio dello Scroffa, ilTrifone mette a
fuoco il significato che si deve attribuire ai due termini di <fidenziano> e di
<polifilesco .Ricorda dapprima il diverso clima culturale in cui apparvero
le due edizioni dell'opera del Colonna: se la prima (1499), cmassima
espressione del travaglio linguistico quattrocentesco (p. IX) ebbe un lento
smercio, la seconda (1545), col suo <sapore di reperto archeologico, di tar
lata anticaglia (p. X) ebbe maggior successo e contribul addirittura alla
fioritura della poesia fidenziana. Malgrado questa interferenza, non va
dimenticato che iiPolifilo e iCantici di Fidenzio rientrano in due contesti
storico-linguistici diversi: se l'opera del Colonna riflette la dialettica quat
trocentesca tra volgare e latino, al tempo dello Scroffa non si tratta pi di
scegliere fra latino e volgare, ma di nobilitare ed arrichire quest'ultimo
ricorrendo al <serbatoio lessicale del latino. Il polifilesco assume <la
realty fonetica e morfologica del volgare e la c nobilth lessicale del latino
(secondo la definizione di Giovanni PozziS, che ilTrifone ricorda a p. XI),
mentre il fidenziano, pur abusando dei latinismi, non esce dall'ambito del
volgare (ed in questo si differenzia anche dal macaronico del Folengo e di
altri, in cui e invece il lessico volgare ad essere adattato al sistema morfolo
gico-sintattico del latino); l'idioma dello Scroffa appare perci6 come un
linguaggioin equilibrio sul filodel possibileo del verosimile (p. XX),
relativamente moderato nell'invenzione linguistica e disciplinato nella
ricercadeglieffetti(equi ilTrifoneevidenziaun'altradifferenza,
quella col
gergo di Prudenzio nelPedante del Belo).
~grottesco

5
M.T. Casella e G. Pozzi, Francesco Colonna: biografia e opere, Padova, Antenore,
1959, vol. II, p. 79.

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Cib avvalorato dai ricchi elenchi di latinismi cinquecenteschi e fiden


ziani fornitici dal Trifone; egli li ripartisce in tre categorie: a) termini che
occupano caselle vuote del sistema lessicale; b) sinonimi di parole italiane
preesistenti, ma utilizzati per esprimere sfumature semantiche o stilistiche
leggermente diverse; c) veri e propri doppioni semantici, poi rapidamente
caduti in disuso o limitati all'uso poetico. Nello Scroffa quest'ultima cate
goria e ricchissima (contrariamente a quanto avviene in generale nella lette
ratura cinquecentesca) e costituisce un importante risultato della sua
pedantesca creativita (p. XXVI); anche nel gruppo b vi sono diverse
parole fidenziane che poi sono entrate nell'uso italiano, mentre invece il
gruppo a e scarsamente rappresentato nel nostro scrittore.
Queste osservazioni possono essere verificate ed integrate ricorrendo al
glossario, che il Trifone ha aggiunto alla propria edizione: non si tratta di
un puro e semplice elenco di parole di dubbio significato, ma di un vero e
proprio repertorio del linguaggio fidenziano, dove per ogni voce si regis
trano la data della prima attestazione, l'eventuale presenza nella prima edi
zione del Vocabolario degli accademici della Crusca (1612), riferimenti
significativi ad altri autori o dizionari e infine i casi in cui i vari lemmi
ricorrono in commedie del secondo Cinquecento (il Trifone ne ha scelte
sedici: un campionario abbastanza vario e rappresentativo). Si tratta, a
nostra conoscenza, del primo tentativo di una classificazione sistematica
del linguaggio pedantesco; e un elenco che ovviamente potra essere arric
chito di ulteriori citazioni (ad esempio l'espressione <ludo litterario , nel
senso di scuola, figura anche nella Gostanza del Razzi6 oltre che nei passi
del Belo, del Dolce, del Bruno e del Pasqualigo citati dal Trifone a p. 190;
inoltre, in un'analisi pii ampia del linguaggio pedantesco, occorrera tener
conto, oltre che del lessico e della morfologia, anche della sintassi e del
contesto in cui i termini ricorrono. Ma per ogni ulteriore sviluppo, il pre
ziosissimo strumento di lavoro allestito dal Trifone rimane il punto di par
tenza imprescindibile.
Alle venti poesie dello Scroffa, il Trifone ha aggiunto un'appendice di
poeti fidenziani; alcuni testi di questi imitatori e seguaci di Fidenzio erano
stati frequentemente inseriti in precedenti edizioni dello Scroffa e in certi
casi se ne era attribuita la paternity a quest'ultimo. Il Trifone, che gik in un
articolo di qualche anno fa aveva risolto l'attribuzione di cinque sonetti al
cosiddetto pseudo-Scroffa', ha ora portato a termine la sistemazione del
corpus secondo le varie paternity letterarie. Tutti i testi (dello Scroffa come
dei Fidenziani) sono corredati di note accurate, che indicano anche le pro
babili fonti ed analogie (soprattutto Petrarca, ma anche Virgilio, Catullo e
Ovidio).
Per finire, vorremmo soffermarci su due sonetti del pi notevole dei
seguaci dello Scroffa, di cui conosciamo solo lo pseudonimo, Iano Argiro
glotto ((lingua d'argento ; il richiamo a Glottocrisio, ?lingua d'oro ,e

6
G. Razzi, op. cit., I, 1, p. 8.
7 ? : Scroffa
P. Trifone, Per il testo dei ? Cantici di Fidentio e pseudo-Scroffa, inFilolo
gia e critica, 4, 1979, pp. 1-20.

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evidente), e confrontarli con i rispettivimodelli (non indicati nel commento


del Trifone); ecco ilprimo:

Argiroglotto(VII) Bembo (V)


Il crispo di fin auro erroneo crine, Cin d'oro crespo e d'ambra tersa e pura,
la fronte pid ch'intacta neve albente, ch'a l'aura su la neve ondeggia e vole,
i nigri ocelli, il bel naso decente, occhi soavi e piu chiari che '1 sole,
le genule di rose et di pruine, da far giorno seren la notte oscura,

la bocca che rinchiude riso, ch'acqueta ogni aspra pena e dura,


peregrine
margariterubinie perle,ond'escono parole
ilmento, il lacteo collo ove sovente
ludendo van le Chariti divine, d'avorio, che i cor distringe e fura,

i dexterrimi membri, il corpo facto cantar, che sembra d'armonia divina,


con somma symmetria, la venustate senno maturo a la pi verde etade,
del mio Heryllo, i suavissimi costumi, leggiadria non veduta unqua fra noi,

m'hanno del tutto a me stesso subtracto, giunta a somma belts somma onestade,
et cosi illectii simplicettilumi frlec e i oo ooi o
ch'io non veggioet non probo altra beltate. grazie, ch'a poche il ciel largodestina.

IBrichiamoal Bembo ci sembraevidente,non tantoper ii temadella


descriptio (questa segue rigorosamente le regole retoriche, thevogliono la
descrizione fisica procedere dall'alto in basso, e quindi non deve necessa
riamentedipenderedal Bembo) quanto per le analogie di vocabolario nei
primi sei versi (?crispo -<crespo o;?auroa -<(oro ; erroneo -<ondeggia
e vole ; ?crine -?crin ; ?neve ; rocelli-occhi ; o peregrine marga
rite -r irubini e perler).
PiUc sottile ci sembra l'utilizzazione del modello in questo caso:

Argiroglotto(VI) Catuo (V)


Viviam, suaviolomio, et con syncero Vivamus,mea Lesbia, atque amemus,
perfettoamor conglutinianciinuno, rumoresquesenumseveriorum
e i rumoridel populo importuno omnesunius aestimemusassis.
habbiam per stoltiet repugnantial vero; solesoccidereet redirepossunt:
et se ifmagistro rigido et severo nobis cum semel occidit brevis lux,
vi suadesse a non donarvi a alcuno, nox est perpetua una dormienda.
ditegli contra audacter che quel uno da mi basia mille, deinde centum,
ch'egli ha vi fa approbar questo sentiero. dein mille altera, dein secunda centum,
deinde usque alteramille, deinde centum
Pu itsolmergernelmar b'ignitaface dein, cummilia multa fecerimus,
et prodirpoi de lemuscose grotte conturbabimusilla, ne sciamus,
con via phi Bella et phi serena Luce: aut nequismalus inviderepossit,
a noi, comedei?acter
disteconr una volta a he i piaceorain
Giove
ques iizae(V
cum im basiorum.
tartumsciatesse Vvau )e
extinguerquesta nostrabreve luce,
dormirconvieneuna perpetuanotte.
a o r a
Ance alco, s a h i d fd (

Cf. E. Farai, Les Arts po?tiques du XIIe et du XIIIe si?cles, Parigi, Champion, 1924,
p. 80; R. Avensani, Intorno a Francesco Colonna eMarco Antonio Ceresa, inBiblioth?que
d'Humanisme et Renaissance, 24,1962, pp. 435-440, a p. 439; E. de Bruyne, Etudes d'esth?ti
que m?di?vale, Givevra, Slatkine Reprints, 1975 (riproduzione dell'edizione uscita a Bruges
nel 1946), II, pp. 173-202; F. Spaltenstein, Commentaire des ?l?gies de Maximien, Roma, Isti
tuto svizzero, 1983, p. 113.

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tutta una serie di immagini e termini simili, abilmente disseminati in


momenti e posizioni diverse da quelle in cui ricorrono nell'originale latino
-
(le cifre fra parentesi indicano ovviamente i versi): ?conglutinianci (2)
- ?rumores
?conturbabimus (11); (rumori (3) (2); ohabbiam per
-
stolti (4) - (unius aestimemus assis (3); ?severo (5) <severiorum
et - ?soles occidere et redire
(2); <pub il sol [...] prodir (9-10) possunt
- - nox est perpetua una
(4); ?a noi [...] una perpetua notte (12-14)
dormienda (6).
Particolare attenzione merita a nostre avviso il sostantivo ?suaviolo ,
usato da Argiroglotto come vezzeggiativo dell'amato, ma che ovviamente e
anche diminutivo di ?suavium , bacio, e quindi rinchiude in se un rinvio
implicito ai ?basia che dominano i versi 7-13 di Catullo. Ed e significativo
che il termine latino ?suaviolum o ?saviolum appaia due volte in
Catullo, nel senso di ?bacio ,nel carme XCIX (vv. 2 e 14) che fa parte del
ciclo di Iovenzio e quindi delle poesie catulliane di argomento omoses
suale9. Argiroglotto inserisce dunque nella palese imitazione del carme V di
Catullo un sotterraneo richiamo ad un'altra poesia dello stesso autore;
questo richiamo contiene una specie di olegittimazione letteraria del pas
saggio dall'eterosessualitA all'omosessualitA e permette per di pi6 il gioco
fra l'idea di bacio ed il vezzeggiativo (di cui si possono trovare testimoni,
per la forma non diminutiva ?savium o csuavium , in Terenzio, Eunu
chus, 456 e, in campo umanistico, nella commedia Fraudiphila di Antonio
Cornazzano 10).Argiroglotto ha dunque istituito, grazie ad un'abile opera
zione stilistica, un sottile sistema di connotazioni.
La ricercatezza del richiamo a accentuata dal fatto che il diminutivo
?suaviolum (o ?saviolum ) e estremamente raro nella letteratura latina;
oltre che ai versi catulliani citati, la redazione del Thesaurus linguae latinae
ha registrato solo due altri esempi (entrambi nelle Metamorfosi di
Apuleio)". Si aggiunga che la forma non alterata osuavium (o ?savium )
appare prevalentemente in epoca arcaica (41 volte in Plauto) e tardiva (9
volte inApuleio), come si pub facilmente constatare ricorrendo alla tabella
comparativa dell'uso dei termini ?osculum , ?basium e ?s(u)avium ,
figurante nella voce osculum del Thesaurus". Proprio la rarith del termine
e la sua patina non classica (Apuleio fu autore molto apprezzato da gram
matici e ?pedanti cinquecenteschi3) ci sembrano indicativi di un gusto e

9 .Quinn, Catullus ? An Interpretation,


Su cui vedi Londra, Batsford, 1972, pp.
242-256 (cap. IV, ?The Homosexual Poems?); sul lessico di Catullo cf. M.N. Wetmore,
Index verborum catulliani^, New Haven, Yale University Press, 1912 e V.P. McCarren, A
Critical Concordance to Catullus, Leida, Brill, 1977.
10 testo critico e traduzione a cura di S.
Antonii Cornazani, Fraudiphila, introduzione,
Pittaluga, Genova, Istituto di filologia classica e medievale, 1980, p. 104.
11
Met., 2,10, 3 e 7,11,4. Ringraziamo sentitamente la dott. Ursula Keudel, della reda
zione del Thesaurus, che ci ha cortesemente fornito queste indicazioni (il volume del Thesau
rus contenente le voci s(u)avium e s(u)aviolum non ? ancora uscito).
12
Thesaurus linguae latinae, vol. IX 2, 1108.
13
Cf. C. Dionisotti, Gli umanisti e il volgare fra Quattro e Cinquecento, Firenze, 1968,
pp. 117-122.

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NOTES ET DOCUMENTS 633

ci inducono a pensare che il <suaviolo di Argiroglotto non sia dovuto ad


uno spontaneo intervento della memoria poetica, ma sia invece il risultato
di un'operazione stilistica cosciente in tutte le sue fasi. Tutto cis ci sembra
confermato da una verifica che possiamo rapidamente compiere grazie al
glossario del Trifone: <suaviolo non a isolato in area "pedantesca per
ch6 ricorre in un'altra poesia dello stesso Argiroglotto, in una dello Scroffa
e nella commedia L'idropica del Guarini (nel femminile <suaviola>), men
tre <suavio appare ancora nello Scroffa e nelle commedie La Gostanza
del Razzi e Ilfedele del Pasqualigo: ai casi citati dal Trifone aggiungiamo
<suaviolo nel ((proprologo del Candelaio del Bruno.

Introducendo la sua eccellente edizione della commedia Stravaganze


d'amore di Cristoforo Castelletti 14,Pasquale Stoppelli cita un passo tratto
da un cavviso di Roma (raccolta di note sulla politica e la vita romana
inviate a Francesco Maria della Rovere), conservato manoscritto presso la
Vaticana; l'anonimo cronista registra la rappresentazione di Stravaganze
d'amore, avvenuta il 3marzo del 1585 e fornisce un giudizio positivo sugli
<histrioni che <sostentaro dilettosissimamente la commedia, e negativo,
invece, sulla commedia stessa, <d'arte et di favola alquanto difettosa ; un
giudizio, quest'ultimo, che si pub anche oggi condividere.
L'interesse della commedia e la ragione principale per cui va accolta
con favore la sua prima edizione critica (dopo le quattro stampe veneziane
avvenute tra il 1587 ed il 1613) risiede nelle sue implicazioni culturali. Lo
Stoppelli sottolinea che si tratta di una commedia <(a due volti (di intrec
cio e di tipi), che perb <non appaiono mai giustapposti (p. 13). Personal
mente riteniamo che il secondo volto, quello dei personaggi, sia molto pi6
interessante del primo. Anzitutto i personaggi sono portavoci di un pluri
linguismo estremamente ricco, anche per una commedia rinascimentale:
italiano medio, italiano petrarcheggiante, italiano fidenziano o pedan
tesco, dialetti napoletano e romanesco, gergo furbesco. Una caratteristica
che non ha certo facilitato il lavoro di interpretazione dell'editore
commentatore (si veda, oltre alle note, il ricco glossario alle pp. 157-167).
Ma i vari personaggi sono anche portavoci di determinate istanze culturali;
pensiamo ad alcune discussioni su argomenti alla moda, come il dibattito
sull'amore platonico (ricalcato in parte, come lo Stoppelli fa notare a p. 66,
sul Cortegiano del Castiglione) che nella prima scena del secondo atto
oppone Rinuccio e Ostilio, o alla discussione di poetica fra il pedante
Sofronio ed il buffone napoletano Bell'Umore, dietro la quale si intrav
vede, in chiave burlesca, la contrapposizione cinquecentesca fra classicisti
ed anticlassicisti;Ia quintessenzadel dibattito6 infattiriassuntanelle repli
che seguenti (III, 5, p. 96):

14 ?
Cristoforo Castelletti, Stravaganze d'amore Comedia, Testo critico, introduzione
e note a cura di Pasquale Stoppelli, Firenze, Olschki, 1981 (?Biblioteca dell'Archivium Rom?
ni?im ?, Serie I, voi. 164), 172 pagine, senza indicazione di prezzo.

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634 NOTES ET DOCUMENTS

- Collo Petrarca sto io? E c'aggio da spartire collo Pe


BELL'UMORE
trarca? Chesta a n'autra storia, mo. Vui sapiti ca la poesia a tutto furore, e nui
autri poeti tutti simo crapicciusi. Como me vene na chimera a la capo, accussi
la lasso correre, senza ponere mente a longo o curto, a sillabe o sillabette.
-
SOFRONIO Si conosce, poich6 fate i vostri versi altri di cinque, altri di
dodici e altri di quattordici sillabe. E vero che la poesia a furore, ma non dee
perb altri misurarsi col compasso del suo capriccio. Conviene al buon poeta
servar le regole e non dilungarsi dalle mete prescritte dagli approvati composi
tori.

I due contendenti non si accontentano perb di teoria ed offrono


entrambi un campione della loro abilith: Sofronio un sonetto ricco di meta
fore e di ridondanze, i cui versi terminano tutti con parole (latine o latineg
gianti) in -s, Bell-Umore un omadrigaletto amoruso di cinque versi, che
viene subito fatto oggetto, da parti di Sofronio, di una serrata e puntale
analisi critica.
La figura di Sofronio merita un'attenzione particolare. Egli e uno dei
personaggi che lo Stoppelli definisce protagonisti, anche se sono al di fuori
del ?gioco degli amoripoligonali (p. 12) che dA it titoloalla commedia.
Sofronio osserva e commenta l'azione che si svolge attorno a lui con un
atteggiamento un po' didattico, simile a quello assunto nel citato dialogo
con Bell'Umore. E' lui ad esempio che preannuncia il lieto fine della com
media invitando altri personaggi ad ascoltare la voce della ragione (V, 12,
p. 150), e lui a pronunciare it tradizionale saluto finale agli spettatori (V,
16, p. 155). La parte da lui svolta nella trama non lo rende quindi necessa
riamente ridicolo, contrariamente a tanti altri pedanti delle commedie cin
quecentesche, spesso vittime di beffe e tranelli, o oggetto di improperi e
minacce da parte di altri personaggi.
L'aspetto ridicolo di Sofronio e da cercare invece nel suo linguaggio,
che e una traduzione delle teorie esposte nel citato dibattito con
Bell'Umore. E' sostanzialmente un italiano aulico e arcaico, con qualche
parola latina, ma anche con parecchie frasi pi o meno ?normali ; egli si
vale di pochi procedimenti stilistici particolari, ma questi colpiscono pro
prio per la loro estrema ed ossessiva frequenza. Salta subito all'occhio
l'uso e l'abuso del linguaggio figurato; itdiscorso di Sofronio e infittito di
metafore, non scelte a caso, ma adoperate con una certa coerenza ed una
tecnica abbastanza abile, come in questo passo (II, 3, p. 71):
Tu ne sei principale e potissima cagione, percioche sendo l'albero del
senno di messe Metello gik stato ferito gravemente dalla secure della perdita di
messer Fabrizio, suo genero e tuo cognato, il quale si crede che rimanesse
insieme col legno tranghiottito dalle salse onde... obrutus insanis forte reman
sit aquis... e perb crollandosi e poco in pie posandosi, tosto che l'impetuoso
ventodella tuamentitamorte ilpercosse,non solo lo sfrond6e schiant6i suoi
rami, ma l'abbatt6, lo sterpb e lo svelse dalle radici. (Radicitus eruta pinus ,
disse ilPoeta. Tu non ha gik imbevutinellamia scuola cotesticostumi.Voglio
ire a trovar or ora messer Mettelo e ispiergargli il foglio delle tue sceleragini, le
quali sono si esorbitanti, che n6 lingua ne penna al vero aggiunge.

Queste righe rivetano un'altra preditezione di Sofronio (comune del


resto a motti pedanti): le ridondanze e le strutture binarie, a livetlo sia tessi
cale, sia sintattico. Inoltre, come tutti i pedanti, Sofronio fa un ampio uso

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NOTES ET DOCUMENTS 635

di citazioni, che lo Stoppelli ha diligentemente identificato nelle sue note;


una statistica delle citazioni vede, se non abbiamo contato male, Petrarca
arrivare nettamente in testa con 30 citazioni (28 dal Canzoniere e 2 dai
Trionfi), seguito da Virgilio (17: Eneide 15, Bucoliche I e Georgichel),
Ovidio (6:Metamorfosi 2, Tristia 2, Remedia amoris 1 eHeroides 1), Ora
zio (3, tutte dall'Artepoetica), Regulae iuris tam civilis quampontifici (2),
Cicerone (1, Prima catilinaria), Claudiano (1, De raptu Proserpinae),
Dante (1, Purgatorio), Seneca (1, Ercole sull'Eta), e Stazio (1, Achilleide).
Colpisce l'assenza dei Disticha Catonis, massicciamente presenti in tante
commedie pedantesche, dal Pedante del Belo al Candelaio del Bruno.
Talvolta Sofronio ricorre addirittura a citazioni che potremmo chia
mare <composte contaminando due (o piu) fonti nella stessa frase o uti
lizzando un autore latino ed uno italiano per esprimere lo stesso concetto;
nell'esempio seguente (V, 12, pp. 150-151) due citazioni virgiliane (Aen.,
IX, 446-447 e Ecl., V, 78) sono tradotte ricalcando due versi petrarcheschi
(Canz., CCCXXVII, 12 e 14):
0 fausto, almo, gaio e fortunato giorno! Si quid mea carmina possunt (se
le mie rime alcuna cosa ponno) semper honos nomenque tuum laudesque
manebunt (fia del tuo nome qui memoria eterna).

Altrove Sofronio dichiara apertamente la sua fonte (Ii, 4, p. 72):


(Aurea omnia discerpunt et nubibus irrita donant ,Vergilio; ?Irrita ven
tosae rapiebant verba procellae , Stazio; cIl vento ne portava le parolen,
Petrarca. lo vo' scoprirti pria che tramonti la diurna stella. Ecco che un verso
disavedutamente mi s'e attraversato per la bocca. Posso ben dire col Sulmo
nese: c(Quicquid conabar dicere, versus erat ; il qual carme l'altero e raro
mostro de' toschi poeti trasport6 dal Tebro e l'Arno cosf dicendo: ?Che
volendo parlar cantava sempre .

Un brano, questo, che ci rimanda a quell'atteggiamento cdidattico e


?commentatore di cui gik si e parlato ed a proposito del quale si potra
ricordare come nella Commedia dell'arte la funzione del <corago , cioe di
colui che doveva dirigere in scena i singoli attori, fosse spesso affidata
all'attore che interpretava il dottore (erede spirituale del pedante), proprio
perch6 questi piu facilmente si poteva mettere in margine all'azione, in
positzione di osservatore.
Stravaganze d'amore offre del resto anche altri aspetti che potremmo
chiamare ?metateatrali : l'utilizzazione di spunti zanneschi (V, 13, p. 151
e cf. Introduzione, pp. 16-18) e soprattutto la contrapposizione fra il vero
buffone Bell'Umore e il finto buffone Alessandro (che si fa chiamare Gra
ziano), nei quali rivive la differenza di rango fra il <buffone di stanza ed il
.buffone di piazza ; quest'ultimo era il vero e proprio cerretano che,
come e noto, veniva apertamente disprezzato non solo dai letterati, ma
anche dagli stessi attori della Commedia dell'arte".

15
Sull'ostilit? che professionisti affermati come Isabella e Francesco Andreini mostra
vano verso i cerretani cf. R. Tessari, Commedia dell'Arte: La Maschera e l'Ombra, Milano,
Mursia, 1981, p. 63.

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636 NOTES ET DOCUMENTS

Tutto ci6 induce le Stoppelli ad avanzare un'interessante ipotesi,


secondo la quale alcuni personaggi (Sofronio, Bell'Umore, ma anche
Metello vittima di un astrologo imbroglione e Rinuccio paladino del plato
nismo amoroso) sarebbero ?epigoni dell'illusione rinascimentale di dare
all'uomo la chiave della conoscenza universale, siano filosofi siano alchi
misti o astrologi (p. 18); l'ideologia controriformistica dominante nella
Roma di fine secolo vorrebbe esorcizzarli attraverso il ridicolo; Strava
ganze d'amore si opporrebbe anche al Candelaio del Bruno con it quale
presenta analogie, come una specie di ((controcanto ottimistico e cattolico
(p. 19). Un'ipotesi evidentemente da verificare: se si possono far rientrare
in essa i personaggi del Castelletti, sari certo pi U"difficile costringervi altre
figure di pedanti; questa caricatura dell'intellettuale pullula infatti nelle
commedie cinquecentesche fin dal terzo decennio del secolo ed in aree geo
grafiche molto diverse. Se l'ipotesi dello Stoppelli e giusta, occorrerk pro
cedere con cautela prima di estendere agli altri pedanti queste particolari
caratteristiche di Sofronio.
Lo Stoppelli ha corredato la sua edizione di tutti gli strumenti filologici
opportuni (il gia citato glossario, nota al testo, bibliografia) nonche di una
nota sul dialetto romanesco, dove l'analisi puntuale di vocalismo, conso
nantismo, morfologia e costrutti dimostrano il processo di <toscanizza
zione del romanesco, sotto la spinta del carattere sovraregionale della
corte pontificia. Al commento, preciso e documentato, vorremmo aggiun
gere un piccolo contributo: in un racconto scherzoso del buffone Alessan
dro (III, 9, p. 112) appaiono i nomi ((Calicut e <Oga Magoga , che lo
Stoppelli definisce <(localith immaginarie : si tratterk di <Calcutta o, pi6i
probabilmente, di ?Calicut (altra citta indiana, sulla costa occidentale,
nota in Europa perch6 vi aveva fatto scalo Vasco de Gama nel 1498) e
dell'espressione biblica <Gog e Magog (<Et cum consummati fuerint
mille anni, solvetur Satanas de carcere suo, et exibit, et seducet Gentes
quae sunt super quatuor angulos terrae, Gog etMagog, et congregabit eos
in praelium ,Apocalisse, 20, 7).

Losanna. Antonio STAUBLE.

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