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Psicologia generale, dal cervello alla mente – Legrenzi, Papagno, Umiltà. 1. Dal cervello alla mente.

Renè Descartes (Cartesio) costituì le premesse della psicologia generale contemporanea. Lui concepì la
mente e il corpo come due entità separate, legate attraverso il meccanismo del senso comune

- Ad oggi concepiamo l’uomo e la sua mente come uno dei tanti fenomeni della natura grazie al genio di
C.Darwin (“Sull’origine della specie per la selezione naturale” 1859). Darwin parti dalla considerazione di tre
fatti.

1. Animali e pianti possono generare più discendenti di quelli in grado di vivere in un determinato
ambiente: abbiamo una potenziale crescita esponenziale delle popolazioni.

2. Eppure le popolazioni sono relativamente stabili.

3. Le risorse dell’ambiente sono limitate. Da ciò, le risorse limitate offerte dall’ambiente, producono in
natura una competizione. Tale competizione opera a tre livelli: tra componenti della stessa prole, tra
individui o gruppi della stessa specie e tra specie diverse. Da ciò continuò Darwin:

4. I caratteri individuali presentano piccole variazioni da una generazione all’altra.

5. Per ragioni non chiare ai suoi tempi, non essendo nata la genetica, la prole tende ad assomigliare ai
genitori ereditandone i tratti, comprese le variazioni casuali.

6. Queste direzioni sono governate dal caso, senza alcuna direzione.

- L’evoluzione insomma, si basa su degli “e quindi” e non su dei “perché” (Le giraffe non hanno il collo
lungo perché devono arrivare a mangiare le foglie più alte, ma alcune di esse nascevano per caso con un
collo più lungo e quindi prevalevano sulle generazioni successive). L’uomo non è più una cartesiana
congiunzione di corpo e anima ma un essere unitario frutto di un’evoluzione basata sulla seleziona, la quale
non opera su gruppi bensì su individui: è l’individuo che si adatta che sopravvive.

- Il metodo sperimentale: i primi psicologi sperimentali, circa un secolo fa, invece di osservare gli altri,
provarono ad esaminare se stessi, addestrandosi a non cambiare i processi mentali interni mentre li
esaminavano nel loro svolgimento. Questo metodo introspettivo, è stato usato per decenni agli albori della
psicologia sperimentale, basato sulla convinzione di poter controllare l’influenza dell’osservatore sui
fenomeni osservati. Il metodo introspettivo, in alcuni campi, quali la psicanalisi, ancora usato, è sufficiente
però ad isolare solo alcuni aspetti del funzionamento della amente umana. In molti casi è difficile misurare
le conseguenze di ciò che succede all’interno della nostra testa, in quanto il nostro processo di osservazione
altera il fenomeno osservato. L’introspezione non funziona. - Per reazione a tali limiti gli psicologi
provarono un’altra strada: l’osservazione esclusiva dei comportamenti direttamente misurabili. Questo
metodo incentrato esclusivamente sulla misura degli stimoli forniti e delle risposte del partecipante, che
mira a ridurre la psicologia nelle scienze della natura secondo l’impostazione darwiniana, prese nel 1913 il
nome di comportamentismo, grazie all’opera di Watson. L’introspezione era vista in ogni sua forma come
un metodo non scientifico, tanto perché l’osservazione dell’evento mentale modifica di per stessa il
fenomeno, tanto perché i dati ottenuti non sono verificabili o controllabili in alcun modo da altri individui.
Ad oggi è chiaro anche un terzo evidentissimo limite dell’introspezione, cioè la sua incapacità di rilevare
meccanismi mentali che non emergono alla consapevolezza e quindi sfuggono a tale metodo. Oggi
sappiamo che molti processi mentali sono inconsci (inconscio cognitivo). Le posizioni più dure del
comportamentismo, che non vanno oltre alla mera conseguenzialità di stimolo risposta, sono state poi
alleggerite dalla nozione di variabile interveniente cioè di processi che stanno in mezzo tra gli stimoli che
giungono ad un individuo e le risposte fornite a tali stimoli. Con l’introduzione di tali variabili, rese
necessarie per spiegare una larga spira di fenomeni osservati il comportamentismo aprirà la strada alla
rivoluzione cognitivista.
- L’insoddisfazione per il dualismo esclusivo s-r e la comparsa del computer, tanto strumento d’analisi
quanto modello di funzionamento della mente umana. Un sistema artificiale costruito dall’uomo che ci
costringe a pensare ad i suoi stati interni, e non solo alle informazioni che lo alimentano ed ai risultati
ottenuti. In un primo tempo il paragone era tra la mente ed il software ed il cervello all’hardware, ma
questa idea non si rivelò del tutto corretta. La distinzione non è deve essere tra software e hardware
quanto tra livelli di analisi, cioè tra livelli di astrazione utilizzabili per descrivere un oggetto.

- Tutte le nostre rappresentazioni mentali hanno un contenuto, vertono sempre su un qualcosa del mondo.
Uno dei compiti della psicologia cognitiva è spiegare come queste informazioni (immagini, ricordi, pensieri,
desideri, credenze) sono rappresentate internamente. Una rappresentazione è uno stato fisico, una
connessione mentale nel cervello che trasmette informazione. Presentano due aspetti: formato e
contenuto. La mente per raggiungere un obiettivo deve svolgere una serie di operazioni, e più esse sono,
più si allunga il tempo di risposta. Tutte queste serie di operazioni sono governate da un algoritmo. - L’unico
modo per capire il funzionamento della mente è indagare il piano ad essa soggiacente: il cervello. Agli albori
della scienza cognitiva, vi fu un forte interesse esclusivamente sulle operazioni mentali, a prescindere da
come queste fossero fisicamente realizzate. Solo recentemente si è iniziato ad indagare i correlati neurali di
tali operazioni collegando funzioni cognitive a parti anatomiche cerebrali. Nel 1861 P. Broca, per primo,
descrisse in seguito ad un’autopsia una lesione di una porzione limitata del lobo frontale di sinistra
collegata ad un suo deficit precedente in produzione linguistica. Da questa scoperta, tutt’oggi valida è
seguito il principio di scomposizione, che presuppone che il cervello sia composto da molte aree isolabili.
Ad oggi non si può più fare psicologia cognitiva prescindendo dalle realizzazioni fisiche dei fenomeni
mentali, dal momento che si parla di differenti livelli di analisi della stessa entità. Se prima psicologia
cognitiva, studio delle rappresentazioni mentali e degli algoritmi che le manipolano, e neuropsicologia,
studio delle basi neurali di tali operazioni, erano separate, oggi collaborano sempre più strettamente per
capire il funzionamento dell’insieme mente-cervello.

Neurobiologia.
Il cervello, al pari degli altri organi, è formato da cellule, che oltre a caratteristiche comuni a tutte le altre
cellule hanno caratteristiche specifiche che costituiscono la peculiarità dell’organo. Le cellule che formano il
cervello sono di due tipi: Neuroni e cellule gliali.

Neuroni: unità elementari dalle quali dipendo le funzioni mentali. Cellule nervose che generano e
trasmettono informazioni attraverso impulsi elettrici. Il neurone è composto, al pari delle altre cellule, da
un corpo cellulare (soma), nel quale sono collocati nucleo ed altri organelli cellulari. Il corpo si prolunga in
molte brevi appendici (dendriti) e in un’appendice più lunga (assone). La lunghezza dell’assone differenzia i
N. di proiezione, dotati di assoni molto lunghi (fino a 1mt) che connettono n. appartenenti a differenti
strutture nervose dagli interneuroni che collegano neuroni vicini tra loro. Il corpo cellulare è rivestito da una
membrana che impedisce la dispersione nell’ambiente. Il cervello umano contiene in media 25 MLD di
neuroni. La rete è composta da neuroni che non si toccano mai, anche se talvolta con membrane
vicinissime. Questi punti dove due neuroni arrivano quasi a toccarsi sono dette sinapsi.

La nozione di N. si basa su 4 postulati:

1. Il neurone è un’unità anatomica.

2. Il neurone è un’unità funzionale. Ogni N. viene influenzato solo dall’attività elettrica dei neuroni con i
quali comunica attraverso le sinapsi. La comunicazione tra neuroni avviene in un’unica direzione. Un
neurone riceve informazioni dai N. posti a monte e la invia a quelli a valle.
3. Il neurone è un’unità genetica. Tutti i N. originano da un’unica cellula progenitrice (neuroblasto). Le
connessioni che con l’ontogenesi si realizzano non sono casuali ma le cellule contraggono connessioni
specifiche prestabilite.

4. Il neurone è un’unità trofica. Il taglio dell’assone produce la degenerazione della sua parte a valle
(anterograda) e della sua parte a monte (retrograda).

- I neuroni sono quindi cellule specializzate per scambiare impulsi nervosi (impulsi elettrici), che sono il
mezzo per trasmettere informazione. Gli impulsi nervosi, provenienti dai neuroni a monte raggiungono i
dendriti e vengono trasmessi ai neuroni a valle lungo il suo assone. L’evento cruciale dell’impulso è un
aumento di permeabilità della membrana dovuto alla depolarizzazione con conseguente passaggio di ioni
dall’esterno della membrana all’interno ed una successiva ripolarizzazione della membrana. Arrivati alla
fine dell’assone, l’impulso supera, grazie al rilascio di sostanze chimiche, (neurotrasmettitori), lo spazio
sinaptico (tra le due membrane). I neurotrasmettitori depolarizzano la membrana cosi che l’impulso inizia a
viaggiare arrivando al neurone a valle. Questa sequenza ripetuta può costituire lunghe sequenze di neuroni.
Poiché la depolarizzazione della membrana produce una differenza di potenziale di ampiezza fissa ciò che
può variare è solo la frequenza delle depolarizzazioni, la frequenza degli impulsi. L’informazione è perciò
codificata in base alla frequenza di scarica (rilevabile tramite microlettrodi). Quando il neurone modifica la
sua frequenza di scarica rispetto ad una condizione di controllo si dice che è attivo. Un’area cerebrale attiva
è popolata da neuroni che modificano la loro freq. di scarica.

CELLULE GLIALI: Oltre ai neuroni, le altre cellule del cervello sono le cellule gliali, dieci volte più numerose
dei primi. Fino a non molto tempo fa si è creduto che la loro funzione fosse solo quella di nutrimento e
sostegno per i neuroni ma oggi si è scoperto che esse partecipano alla trasmissione di informazioni tra
neuroni. Alcuni tipi di cellule gliali producono una sostanza, la guaina mielinica (sostanza lipidica
isolante).che agisce da isolante per i neuroni circondandone completamente l’assone ed evitando de- e
polarizzazione, salvo per alcune interruzioni sull’assone ( nodi di Ranvier) Gli assoni mielinizzati
costituiscono ciò che è chiamata sostanza bianca, mentre i dendriti e gli assoni non mielinizzati
costituiscono la sostanza grigia.

- La trasmissione dell’impulso nervoso è legata alla differenza di carica elettrica tra l’interno e l’esterno del
neurone. Un neurone che non sta scaricando, non trasmette cioè un impulso nervoso ha una differenza di
carica elettrica fra l’interno e l’esterno dello stesso di – 70 mV (cioè l’interno del neurone è negativo
rispetto al liquido extracellulare). Questo è detto potenziale di riposo. Quando un neurone si attiva e
scarica (n. presinaptico), libera dalle sue parti terminali i neurotrasmettitori che si diffondono nello spazio
sinaptico e interagiscono con i ricettori dei neuroni ricettori specifici che si trovano oltre la sinapsi (n.
postsinaptico). Giunto a livello della sinapsi, l’impulso nervoso, che ha già percorso l’assone del n. a monte
si trasforma da elettrico in chimico. Una volta superato lo spazio sinaptico, l’impulso prosegue nuovamente
in forma elettrica sul n.postinaptico. Quando i neurotrasmettitori inviati dal n. presinaptico si legano ai
ricettori del n. postsinaptico, si possono avere due effetti diversi a seconda della struttura chimica del
neurotrasmettitore e del ricettore: una depolarizzazione della membrana postsinaptica, (potenziale
postsinaptico eccitatorio) che aumenta le probabilità che il n. ricettore scarichi nuovamente, oppure una
iperpolarizzazione della membrana del ricettore (potenziale postsinaptico inibitorio) che riduce tale
possibilità. Ovviamente sia depolarizzazione che iperpolarizzazione sono graduali in base all’intensità
(quindi alla frequenza) dell’impulso che li provoca.

- I neuroni hanno la membrana cosparsa di migliaia di sinapsi, ed è solo l’effetto cumulativo di tutte le
attività sinaptiche, eccitatorie o inibitorie, a determinare se il neurone scaricherà o no. Se la somma
algebrica di de- o iperpolarizzazioni è sufficiente a portare la membrana a un livello di depolarizzazione
(soglia di eccitazione – 65mV) si verifica un fenomeno detto potenziale d’azione (ciò che avevamo chiamato
impulso elettrico). La freq. di scarica è la freq. con cui i potenziali d’azione percorrono l’assone.
- Per convenzione la posizione delle strutture anatomiche che compongono il sistema nervoso dei
vertebrati è definita rispetto all’orientamento del midollo spinale. Il sistema nervoso presenta perciò tre
assi principali:

1. Asse antero-posteriore (o rostro-caudale)

2. Asse dorso-ventrale (o alto-basso)

3. Asse medio-latero (o centro-periferia).

Il SN di tutti i vertebrati è composto da due parti principali: il sistema nervoso centrale (SNC), contenuto
all’interno della scatola cranica, e il sistema nervoso periferico (SNP), al di fuori dei contenitori ossei. L’SNP
è a sua volta suddivisibile in SN somatico (nervi afferenti ed efferenti che portano le informazioni sensoriali
al SNC o i comandi da questo) e SN autonomo che partecipa alla regolazione dell’ambiente interno
dell’organismo. L’SNA presenta due tipi di nervi efferenti: i nervi simpatici e parasimpatici. Solitamente il
sistema simpatico mobilita risorse energetiche in situazione di emergenza o pericolo producendo tensione,
mentre il parasimpatico conserva energia producendo rilassamento. Ogni organo interno è quindi innervato
da entrambi i sistemi.

- L’encefalo, alloggiato nella scatola cranica è costituito dal tronco dell’encefalo, dal cervelletto e dal
cervello. Il tronco dell’encefalo, che sostiene il cervello è costituito dal bulbo, dal ponte e dal mesencefalo.
Il cervelletto, adiacente al tronco presenta un’organizzazione macroscopica simile a quella del cervello.
Svolge un’importante funzione motoria nella coordinazione e nell’apprendimento motorio. Solitamente il
diencefalo, composto dal talamo (stazione di transito delle informazioni che raggiungono la corteccia) e
dell’ipotalamo (che regola la produzione di ormoni di tutto l’organismo) è incluso nella descrizione del
tronco dell’encefalo e non del cervello.

- Gli emisferi cerebrali sono ricoperti da uno strato di tessuto chiamato corteccia cerebrale, la quale
costituisce gran parte della sostanza grigia e nell’uomo presenta profonde pieghe e circonvoluzioni che
hanno lo scopo di aumentare la superficie della stessa senza aumentare il volume del cervello. Le pieghe
corticali più profonde prendono il nome di scissure, quelle meno profonde solchi. Le zone corticali fra due
fessure sono dette giri o circonvoluzioni. I due emisferi sono quasi completamente separati sulla linea
mediana dalla scissura longitudinale e sono collegati da alcune fibre trasversal( commissurali)i, la più
grande delle quali è il corpo calloso , la funzione delle fibre callose è quella di permettere lo scambio di
informazioni tra i due emisferi (mancanza del corpo calloso: agenesia).I due più grandi punti di riferimento
sulla superficie laterale di ciascun emisfero sono la scissura centrale (o di Rolando) e la scissura laterale (o
di Silvio) che dividono ciascun emisfero in 4 lobi: frontale, parietale, occipitale e temporale. Nonostante
siano state proposte varie mappe citorarchitettoniche, quella di gran lunga più usata è quella di Brodmann
del 1909.

SUDDIVISIONE
TELENCEFALO: CERVELLO , corteccia celebrale, sistema limbico, gangli della base( movimento
volontario): Corpo striato (nucleo caudato e putamen) e globo pallido.
DIENCEFALO:
TALAMO (stazione di transito per le informazioni che raggiungono la corteccia) e
IPOTALAMO (regola stati motivazionali e controllo ormoni grazie alla ghiandola ipofisi o pituitaria)
MESENCEFALO
METENCEFALO: CERVELLETTO e PONTE
MIELENCEFALO: BULBO o MIDOLLO ALLUNGATO
MIDOLLO SPINALE

- All’interno della sostanza bianca sottocorticale vi sono alcuni voluminosi nuclei di sostanza grigia formati
da molti neuroni. I due principali raggruppamenti sono il sistema limbico ed i gangli della base: Il sistema
limbico è implicato nella regolazione degli stati motivazionali ed emozionali. Le sue due principali strutture
sono l’ippocampo, che svolge un ruolo nei processi di memoria, e l’amigdala, che ha un ruolo cruciale nelle
emozioni. I gangli della base comprendono tre grandi nuclei sottocorticali: il nucleo caudato ed il putamen
che insieme compongono il corpo striato ed il globo pallido.

- La suddivisone anatomo-funzionale del cervello ci consente di delineare il flusso di informazione che


attraversano la corteccia producono i processi integrativi. Le informazioni raccolte dagli organi di senso
raggiungono, attraverso i nuclei specifici del talamo che fungono da stazioni di transito, le regioni corticali
dove sono localizzate le aree sensoria e sensitive primarie. Da qui, attraverso connessioni cortico-corticali,
le informazioni vengono successivamente elaborate.

1. Il risultato dell’elaborazione viene trasmesso alle aree motorio di ordine superiore e da queste all’area
motoria primaria per mediare la cosiddetta integrazione sensomotoria che porta all’esecuzione di atti
motori in risposta a stimoli.

2. L’informazione viene inviata alle cortecce associative.

 La corteccia associativa parieto-temporo-occipitale, riceve informazioni dalle are somatiche, visive e


uditive e si ritiene dia origine alla percezione.

 La corteccia associativa limbica, integrando aspetti motivazionali, mnestici ed emozionali delle


informazioni sensoriali influenza sia la corteccia associativa prefrontale sia le aree motorie di ordine
superiore permettendo agli aspetti emozionali e mnestici di influenzare la programmazione dei movimenti.
 La corteccia Associativa prefrontale, riceve fibre afferenti sia dalle aree sensoriali e sensitive, sia dalle
aree associative. Si ritiene svolga un ruolo nella selezione della risposta motoria adeguata. Il suo intervento
conferirebbe la capacità di prevedere e valutare le conseguenze di un’azione. Avrebbe il compito di
programmare un piano motorio che poi viene inviato alle aree premotorie. Da queste il piano motorio,
analizzato e scomposto in singoli programmi motori viene trasmesso all’aria motoria primaria. Metodi di
indagine: Elettroencefalogramma (EEG): E’ il primo metodo che è stato usato per correlare l’attività del
cervello e processi mentali. E’ una misura globale dell’attività elettrica del cervello. Viene registrato
mediante grossi elettrodi dall’elettroencefalografo. Il tracciato degli elettrodi segnala le variazione di
potenziale nel tessuto sottostante, riflettendo principalmente i potenziali postsinaptici graduali e i
potenziali d’azione. L’EEG può presentare onde alfa, ampie e regolari che indicano una veglia rilassata, o
onde beta, irregolari e più frequenti che sono sintomo di una veglia attiva. L’EEG è anche utilizzato per il
monitoraggio delle onde elettriche prodotte da eventi esterni o dall’esaminatore. Sono i Potenziali-evento-
correlati o evocati (ERPs), i quali riflettono l’attività neurale specificatamente correlata ad un particolare
evento sensoriale con una precisissima risoluzione temporale.

- Neuroimagine: Tecniche basate sull’approccio localizzazionista per cui il cervello è scomponibile in


strutture neurali isolabili ed adiacenti. Ogni funzione mentale è il prodotto dell’attività di una o più
strutture neurali. E’ possibile identificare quali strutture neurali sono attive quando si svolge una
determinata funzione mentale.
- Se la Tomografia assiale computerizzata (TAC) e la Risonanza magnetica (RM), forniscono immagini
strutturali dell’organo esaminato evidenziando la presenza di lesioni ma non dicono nulla circa la funzione,
la Tomografia ad emissione di positroni (PET) e Risonanza magnetica funzionale (fMRI) sono basate sulla
distribuzione del sangue, o dell’acqua in esso contenuto, nelle varie regioni del cervello per risalire a quali
strutture neurali sono selettivamente attive mentre si svolge una data funzione mentale. Le aree cerebrali
sono formate da moltissimi neuroni, i quali consumano ossigeno e glucosio in modo proporzionale al loro
grado di attività. Tanto più è elevata l’attivazione, tanto più ossigeno consumano. L’ossigeno è portato ai
neuroni dal sangue, il quale è formato a sua volta per la maggior parte da acqua. Perciò determinando
quanto sangue irrora le varie aree cerebrali è possibile determinare il loro grado di attivazione. Si inietta un
isotopo radioattivo nel circolo sanguigno e su rileva successivamente la quantità di isotopo in determinate
aree per calcolare la quantità di sangue. L’immissione dell’isotopo tipica della PET non è più eticamente
accettabile e si ricorre perciò alla fMRI, che non invasiva, sfrutta la quantità d’acqua nel sangue: un maggior
numero di atomi di idrogeno corrisponde ad un maggior afflusso d’acqua che a sua volta segnala la
presenza di più sangue. [+ idrogeno + acqua + sangue + ossigeno + attivazione]

- Stimolazione magnetica transcranica (TMS) consiste nel produrre con uno stimolatore un campo
magnetico localizzato su una porzione delimitato del cuoio capelluto. Il campo magnetico produce una
breve corrente elettrica che percorre una data struttura cerebrale a seconda del posizionamento della
spirale. Se la stimolazione è ripetitiva il risultato è l’inattivazione della regione attraversata dalla corrente
che corrisponde ad un danno cerebrale temporaneo. Secondo tale logica i sintomi che si manifestano a
causa della lesione permettono di risalire alla funzione che quell’area cerebrale svolge solitamente. Se un
compito non è più svolto in seguito all’inattivazione di una struttura, allora quella struttura è necessaria allo
svolgimento del compito.

2. La percezione.
- La percezione non un processo che si può dare per scontato basandosi su operazioni complesse che
permetto a chi percepisce di rivestire un ruolo attivo, costruendosi ipotesi su quello che c’è negli ambienti
esterni. Queste ipotesi possono essere guidate dall’esperienza passata. La maggioranza delle operazioni che
coinvolgono la percezione sono totalmente inconsapevoli.

- In termini generali si può dire che il sistema visivo funziona assumendo una certa probabilità a priori che
quel che appare è quel crediamo debba apparire. Alla luce delle nuove informazioni sullo stimolo si può
rivedere la stima iniziale. Questa procedura per stime successive è rapidissima e inconsapevole. Solo un
processo che non implica decisioni coscienti, necessariamente lente, è riconosciuto di valore adattivo per
l’organismo. L’unica possibilità che abbiamo di poter rivedere le stime in modo ragionato e consapevole è
che la risposta che dobbiamo restituire non sia di necessità impellente. Di contro la percezione si basa su un
approccio probabilistico su ciò che vediamo sul mondo esterno e che modifichiamo in base a nuove
informazioni. Questo schema teorico tiene conto dell’interazione tra input sensoriale e conoscenze a priori
nel processo percettivo.

- I processi percettivi sono concepiti nell’impostazione classica come l’insieme delle informazioni che dal
mondo esterno giungono ai nostri sensi. Questo percorso è fatto di passaggi in sequenza. La prima tappa
consiste nel passaggio delle informazioni dall’oggetto fisico esterno, indipendente dalle nostre attività, ai
recettori degli organi di senso. La seconda tappa prevede il passaggio dagli organi di senso al cervello sede
dell’elaborazione del mondo percepito. Si può così costruire la percezione:

1. Informazioni dal mondo esterno: stimolo distale.

2. Informazioni registrate dagli organi di senso: stimo prossimale.


3. La nostra esperienza diretta di soggetti percipienti: mondo percepito.

In questa impostazione classica è cruciale la direzione a senso unico del processo: dall’esterno al cervello. -
Tuttavia l’essere umano non si limita all’osservazione e alla registrazione passiva del mondo, ma dirige
l’attenzione verso ciò che crediamo sia utile per le nostre azioni presenti o future. L’azione a sua volta ci
presenta un mondo a noi modifica che possiamo di nuovo percepire per altri scopi. Potremo definirlo un
ciclo percezione -> decisione -> azione -> perc. -> dec. -> azi.

- Per l’approccio probabilistico alla percezione a parità di informazioni sensoriali, le conoscenze a priori
possono influenzare il processo percettivo. Già prima del pensiero i processi percettivi pongono alcune
condizioni per categorizzare il mondo, ordinarlo e ricondurre la complessità ad un numero limitato di
categorie [ES: quadrato – rombo]. La categorizzazione implica la gerarchizzazione, e funziona secondo un
principio di economia. E’ come se il nostro sistema percettivo avesse incorporato probabilità in merito al
funzionamento del mondo. I processi di categorizzazione implicano difatti che sia più facile scoprire in un
insieme i l diverso partendo da ciò che è normale [ES: Compiti di riconoscimento percettivo del diverso:
trova il cane capovolto / individua il colore del cerchio]. Vi è uno stretto legame tra l’uso della negazione,
che esclude qualcosa dalla normalità, ed il riconoscimento delle eccezioni alla normalità per via del
principio probabilistico di economia cognitiva. Esperimenti:

Peter Wason e Susan Carey : compiti di riconoscimento percettivo del diverso  la negazione serve nella
vita quotidiana per escludere una presupposizione, cioè per negare che una cosa vada come funziona di
solito

- Nella percezione il riconoscimento non è sempre guidato dalle informazioni presenti nell’input sensoriale
(processo bottomup = il riconoscimento della negazione è guidato da conoscenze precedenti), perché
queste possono non essere sufficienti e quindi vanno integrate (processo top-down). Entrambi questi
processi, dall’alto e dal basso, sono in gioco nella percezione sebbene, ogni volta, con rapporti di forza
diversi. I modi di integrazione variano a seconda dell’individuo facendo parte delle capacità del sistema
percettivo. La percezione non è equiparabile ad una fotografia quanto piuttosto ad una ricostruzione del
mondo esterno più o meno fedele in funzione agli scopi dell’individuo.

- In estrema sintesi lo studio della percezione umana è l’analisi di come un animale con la sua specifica
storia evolutiva, sfrutta per i suoi scopi alcune proprietà dell’informazione ottica. Altre specie, adattate ad
altri ambienti di vita, hanno selezionato differenti sistemi visivi (animali che vedono oggetti solo quando
questi si spostano, rapaci con un campo più ristretto ma più. Per l’essere umano l’informazione ottica è
costituita dalle disomogeneità presenti nella distribuzione della luce. Il concetto di informazione visiva
presente nell’input, non va perciò riferito ad un osservatore ideale, bensì ad un osservato reale con
possibilità e limiti. Esempi:

Artista danese Olafur Eliasson. (esposizione del 2003 alla Ttete Modern a Londra), si è ispirato a Wolfgang
Metzger ( chiama Ganzfeld l’assenza di informazione ottica attraverso identica energia luminosa che arriva
da tutte le parti).

- Architetture del sistema visivo: L’input sensoriale, cioè le informazioni provenienti dal mondo esterno,
interagiscono perciò sia con i modi congeniti di elaborare le informazioni sia con le conoscenze
precedentemente acquisite. Non ci deve stupire perciò la complessità del cervello visivo. Il sistema visivo ha
dei modi prefissati di elaborare i “mattoni della percezione”, i quali si fondono in architetture complesse in
cui le componenti sono più o meno facilmente isolabili  Edgar Rubin analizza le funzioni unilaterali dei
margini (contorni delimitano i contorni di una figura rispetto ad uno sfondo, se due figure sono adiacenti, i
margini sono solo di una figura e l’altra appare come sfondo)
-I raggruppamenti percettivi: In Germania, agli inizi del ‘900, fiori una scola di ricercatori nota come
della Gestalt, i cui partecipanti si posero il problema della percezione di forme complesse: come mai
elementi o parti di immagini si raggruppano in una forma piuttosto che un’altra? Alcuni fattori ci
presentano l’immagine in modi diversi: Principio di vicinanza ,connessione, di somiglianza, di chiusura
(quando c’è un interruzione), di continuità direzione( dare una buona forma) , i quali raggruppano punti o
linee conferendo ordine e classificando il mondo. Talvolta il sistema percettivo, pur di completare un’unità
complessa interpreta come esistente qualcosa che non c’è. Ciò accade in quei casi in cui questa
integrazione rende possibile una forma più semplicemente classificabile ed ordinata. Se non avessimo tale
capacità non potremmo vedere cose ferme ed in movimento che proseguono compendone altre. Ciò ci
permette di completare le immagini. E’ evidente il valore adattivo che svolge un sistema visivo costruito
con la tendenza ad attribuire ordine e significato a ciò che vediamo, organizzandolo in unità.

LA TENDENZA DEL NOSTRO SISTEMA VISIVO è QUELLO DI ATTRIBUIRE ORDINE E SIGNIFICATO A QUELLO
CHE VEDIAMO, ORGANIZZANDOLO IN UNITà LOCALI.

Il sistema visivo funziona anche quando non c’è nulla da riconoscere, il caso più clamoroso è quello
dell’artista Pollock che negli anni ’40 inventò la tecnica del dripping (sgocciolamento), anche se era casuale
agisce sempre un fattore di organizzazione tanto da poter individuare nel quadro uno stile e stabilrne i falsi.

David Marr: creatore della figura instabile artificialmente con il computer.

Riconoscimento di Oggetti: il riconoscimento può avvenire sia dal basso, dall’imput sensoriale, sia
dall’alto, da una interpretazione sensoriale (the cat) . I processi di riconoscimento sono complessi,alcune
cose le sappiamo per nostra esperienza personale, altre dalla culture altre dalla struttura del sistema visivo.

Percezione multisensoriale: i Processi di interpretazione che guidano il riconoscimento dipendono da


processi incorporati nel sistema visivo della nostra specie e quelli dovuti da apprendimento. Esperimenti:

Wendy Adams: cerchi con chiaroscuri il nostro sistema visivo interpreta i chiaroscuri assumendo che
l’illuminazione sia dall’alto. Dopo fa addestramento in campo tattile, modificazione della consueta
interpretazione visiva dell’imput sensoriale.

Nicola Bruno : usa il cubo di Necker (cubo tridimensionale dotato solo degli spigoli)

Il cervello visivo: Le principali trasformazioni dell’informazione dalla retina fino al cervello seguono un
ricco sistema di collegamenti e connessioni. Il cervello umano, al pari di quello dei primati, è un cervello
visivo che si è evoluto per diventare tale. Nella sua corteccia possono essere individuate più di 30 aree
visive, nel senso che i neuroni che ad esse appartengono rispondono, modificando la loro frequenza di
scarica, a stimoli visivi che colpiscono la retina. Dalla retina partono almeno 10 vie, ciascuna delle quali
manda informazioni ad altre aree cerebrali. La principale tra queste è la via retino-genicolo-striata che
porta l’informazione dalla retina all’area BA 17 (lobo occipitale, in corrispondenza della nuca) e le vie
ventrale-dorsale che da BA 17 giunge al lobo parietale e temporale.La via retino genicolo striata, prende il
nome dalla sua origine, la retina, ha una stazione intermedia in un nucleo del talamo (n. genicolato laterale)
e raggiunge la corteccia visiva. Questa è’ caratterizzata da striature orizzontali ed è anche indicata con il
nome di V1 ( Area visiva primaria BA 17 o V1). Non si tratta di una via unidirezionali essendo reciproche le
connessioni da BA 17 e il corpo genicolato laterale e fra V1 e V2 (area visiva secondaria).
- L’importanza della visione per i primati è segnalata anche dalla rapidità di trasmissione dell’informazione
dalla retina alla corteccia visiva. L’intero percorso è coperto dagli assoni di due solo neuroni, il primo,
cellula gangliare della retina, manda il suo assone ai neuroni del corpo genicolato laterale, il secondo dal
genicolato laterale, manda il suo assone alla corteccia visiva. Per compiere il percorso sono sufficienti
pochi millesimi di secondo.

- Tutto il nostro campo visivo è rappresentato nella corteccia BA 17. E’ una rappresentazione retinotopica,
ovvero ogni punto del campo visivo corrisponde ad un punto di BA 17 con la relativa inversione dx – sx e
sopra – sotto. Le cellule sensibili alla luce, i recettori (coni e bastoncelli si trovano nells retina e
trasferiscono le informazioni che ricevono dalla retina ai neuroni) non sono rivolti verso la sorgente della
luce ma sono posti nell’ultimo strato di cellule della retina ed orientati nella direzione opposta. La luce
quindi per raggiungere i suoi recettori deve attraversare vari strati di cellule e vasi. L’altra stranezza è il
funzionamento dovuto ad un incrocio delle fibre della via retino-genicolo-striata in una struttura detta
chiasma ottico in modo che le porzioni osservate sono rappresentate opposte nel cervello. Come il nostro
cervello rimetta le cose a posto non è ancora chiaro.

- I neuroni presenti in V1 sono sensibili (rispondono) a caratteristiche elementari degli stimoli, come
orientamento, colore e movimento. Da V1, l’informazione visiva procede in avanti verso la via ventrale e
dorsale per raggiungere le aree extrastriate (V2/ BA18, V3/BA19 – V4, V5/MT), i quali neuroni sono
specializzati per varie combinazioni di caratteristiche quali il movimento o i soli volti umani. L’esistenza di
queste aree specializzate suggerisce che la percezione consiste nella scomposizione di una scena visiva
nelle caratteristiche elementari che la compongono, successivamente poi ricombinate da altre aree
ulteriormente specializzate. Il problema di come queste siano ricombinate è noto come blinding problem.
Le lesioni che interessano la via retino-genicolo-striata, e perciò impediscono l’arrivo di informazioni da
porzioni della retina a BA 17 producono difetti del campo visivo. Queste porzioni “oscurate” sono dette
scotoma. Qualora sia metà del campo visivo a essere cieca viene chiamata emianopsia, mentre nel caso la
lesione distrugga completamente l’area BA 17 di entrambi lati si parla di cecità corticale completa. Quando
il paziente non è in grado di riconoscere il deficit e non ha coscienza della propria malattia si chiama
anosognosia. Se il paziente nega la cecità completa si parla di sindrome di Anton.

Le lesioni possono anche alterare la percezione visiva senza produrre cecità, dal momento che da BA 17
partono due vie che svolgono funzioni diverse, Ungerleider e Mishkin distinguono la via del dove= dorsale,
e via del cosa=ventrale  principio della doppia dissociazione. Il processamento operato dalla via ventrale è
una rappresentazione percettiva cosciente dell’oggetto, quello della via dorsale è inconsce e concerne
caratteristiche spaziali che servono a guidare l’azione [grasping].:

 Atassia ottica: lesione del lobulo parietale superiore bilateralmente: presentato al soggetto un oggetto,
questi è in grado di descriverlo e riconoscerlo ma non di indicare la posizione nello spazio che questo
occupa.

 Agnosia appercettiva: lesione della parte inferiore del lobo temporale bilateralmente: presentato al
soggetto un oggetto questi non è in grado di descriverlo o riconoscerlo ma può indicare la posizione che
occupa nello spazio. L’oggetto non può essere riconosciuto quando il paziente non è in grado di formarsene
una rappresentazione mentale percettiva adeguata. L’idea è che il riconoscimento avvenga
necessariamente in seguito ad una rappresentazione percettiva, proveniente dall’esterno, che trova una
corrispondenza in una rappresentazione interna nella memoria a lungo termine.

 Nell’agnosia associativa infatti, la rappresentazione percettiva si forma, ed infatti l’oggetto può essere
descritto e riprodotto, ma non viene riconosciuto perché non c’è accesso alla memoria a lungo termine.

 La prosopagnosia è l’incapacità di riconoscere i volti umani in seguito ad una lesione nel giro fusiforme
(FFA). L’esistenza di agnosie che riguardano aree così specifiche di oggetti, suggerisce che una parte della
MLT sia riservata alla rappresentazione percettiva di categorie ed oggetti particolarmente importanti per la
specie.

3. Attenzione.
- In condizioni normali gli esserI umani, ed i loro cervelli, ricevono dall'ambiente e dall'interno del loro
corpo moltissime informazioni. Poiché solo alcune sono utili per lo scopo che si sta perseguendo, è
necessario un meccanismo che selezioni le informazioni rilevanti in entrata e scarti quelle irrilevanti.
Questo meccanismo è l'attenzione.

Attenzione spaziale: i primi studi vennero fatti da Hermann Ludwig Ferdinand von Helmholtz:
• Orientamento Attentivo indipendente dallo sguardo

• Qualità dell’analisi in seguito alla selezione attentiva

L'essere umano solitamente seleziona una posizione nello spazio orientandovi l'attenzione accompagnando
ciò con la rotazione degli occhi e del capo ( fovea: maggiore acuità visiva). Il primo problema nello studio
dell'attenzione spaziale è quello di separare la direzione dell'attenzione dalla direzione dello sguardo
essendo possibile separare la direzione dello sguardo dalla direzione dell'attenzione (orientamento
implicito). Il guardare con la coda dell’occhio dimostra che è possibile spostare l’attenzione nello spazio a
prescindere dallo sguardo. Esperimenti:

Rizzolatti (1987) e Carlo Umiltà (1991)  spostamento tra due punti dell’attenzione escludendo
movimenti oculari sottolineandone benefici (12 ms) e costi attentivi (24 ms) [prove valide, neutre, invale:
218, 230,254]. Questi variano in base alla mediazione dell’attenzione e ciò è dimostrato dalla teoria della
direzione del segnale. In questo modello, la capacità di detezione o discriminazione non dipende dalla sola
sensiblità sensoriale, ma anche dal criterio di risposta adottato dal partecipante. La SDT dunque propone
che le risposte in un compito di detezione siano il risultato di due processi psicologici: un primo processo di
elaborazione sensoriale, caratterizzato da maggiore o minore sensibilità, e un processo post-percettivo di
decisione che dipende dalla propensione al rischio. Ci sono 4 casi:

veri positivi: identifichiamo correttamente il bersaglio

falsi allarmi: identifichiamo un bersaglio che è assente

falsi positivi: non identifichiamo il bersaglio che è presente

rifiuti corretti: non identifichiamo il bersaglio che è assente

Quando l’orientamento dell’attenzione è dovuto ad una scelta del soggetto si parla di orientamento
volontario o controllato o endogeno, viceversa quando manca interpretazione del segnale cognitivo che
sposta l’attenzione l’orientamento è automatico o esogeno, e dipendente da un evento esterno al soggetto.

Il fuoco dell’attenzione: Posner (1980) L’attenzione può essere descritta metaforicamente come un
fascio di luce che si muove nell’ambiente.

E’ chiaro che nell’essere umano il fuoco della sua attenzione è meglio “illuminata” e rappresentata in modo
più dettagliato rispetto al resto dello spazio.

DIMENSIONE DEL FUOCO: Ora ci si chiede se le dimensioni del fuoco ed il suo movimento possa variare.
Sembra che le dimensioni del fuoco dell’attenzione sia inversamente proporzionali ai TR nella selezione del
bersaglio. E’ certo che è necessario un evento percettivo saliente che funzioni da bersaglio affinché
l’attenzione si sposti nello spazio e vari le sue dimensioni. La ricerca mostra come i confini del fuoco non
sono netti ma piuttosto si deve pensare all’attenzione come risorse attentive che si presentano in quantità
variabile. Così nello spazio attentivo si viene a creare un gradiente di risorse attentive che ha il suo massimo
in coincidenza del centro del fuoco e diminuisce sempre più allontanandosi da questo.

SPOSTAMENDTO DEL FUOCO: Lo spostamento dell’attenzione può essere studiato attraverso il paradigma
del suggerimento spaziale di Posner.

- Il compito del soggetto è rilevare il più velocemente possibile la comparsa di uno stimolo (target)

- In alcune prove il target è preceduto da un suggerimento (cue) circa la sua posizione

- Il risultato è che i soggetti spostano preventivamente l’attenzione nella posizione indicata dal
suggerimento

Prove valide

Il target appare nella posizione cued

Prove invalide

Il target appare nella posizione uncued

La relazione spaziale tra il cue (indizio) e il target (bersaglio) determina la velocità di risposta (TR)  effetto
di validità. Nelle prove valide i TR sono minori, in quelle invalide maggiori.

L’intervallo temporale tra cue e target  SOA brevi -300, lunghi 300+, i cue simbolici (predittivi) funzionano
con soa lunghi, i cue periferici con soa brevi.

I risultati dimostrano che i TR variano in base alla dimensione del quadrato, più sono piccoli, più i tempi di
reazione sono brevi, ciò però solo quando l’intervallo dallo stimolo è lungo.

L’effetto di validità, ovvero Tr maggiori per prove invalide si spiegano con la Metafora dello Spotligt di
Posner (attenzione=luce che si muove nello spazio), ci sono 3 operazione nel meccanismo attentivo:

1- DISANCORAGGIO (lobulo parietale inferiore)


2- MOVIMENTO-SPOSTAMENTO (collicolo superiore)
3- ANCORAGGIO (pulvinar nel talamo)

Nelle prove valide l’attenzione alla comparsa del cue è ancorata alla posizione del target, nelle prove
invalide deve essere disancorata dal cue al target. Spostare l’attenzione richiede tempo.

Possiamo dire quindi che

ATTENZIONE ENDOGENA:

- È Più Lenta
- È legata a conoscenze pregresse (cue)
- Può essere interrotta inibita

ATTENZIONE ESOGENA

- È più veloce
- Avviene a prescindere dalle conoscenze e cue
- Non può essere interrotta

Posner e Cohen ( 1984)  IOR (inibizione di ritorno) è la tendenza ad evitare di riorentare l’attenzione su
posizione spaziali o oggetti già esplorati. Si verifica solo nell’attenzione esogena involontaria, è posseduto
da molte specie, si riscontra anche nei neonati.
Attenzione selettiva: (selezione di una posizione nello spazio o di caratteristiche dell’oggetto). La
porzione dello spazio selezionata dall’osservatore è processata in modo particolarmente efficiente. Se è
vero che la posizione nello spazio è fondamentale per la selezione attentiva, questa non è l’unica
caratteristica sulla base della quale l’attenzione opera una selezione. Un tipico compito di attenzione
selettiva prevede la presentazione di un’immagine con forme geometriche e la richiesta successiva se uno
stimolo (con indicazioni per forma e colore) sia stato presentato o meno a prescindere dalla sua
localizzazione spaziale.

- Paradigma della ricerca visiva di Treisman (1988) le singole caratteristiche di un oggetto nello spazio
(forma, colore, dimensione) sono processate senza la mediazione dell’attenzione (in modo preattentivo).
Ci sono due processi:

1 Preattentivo: il nostro sistema cognitivo estrae le caretteristiche principali

- Rapido, automatico,in parallelo


- 1 caratteristica = TR brevi
- + caratteristiche = TR lunghi
- I TR non dipendono dal numero dei distrattori
- Non interviene l’attenzione

2 Attentivo (attenzione focalizzata) : combinazione delle caratteristiche

- Più lento, seriale


- TR si allungano con + distrattori

Fattori che Influenzano l’Efficienza della Ricerca Visiva

• Salienza del Target: grado di diversità tra Target e ciascuno dei Distrattori.

– (Maggiore diversità = Maggiore efficienza nella ricerca visiva

• Grado di omogeneità tra i Distrattori: somiglianza dei Distrattori tra loro.

– Maggiore omogeneità = maggiore efficienza nella ricerca visiva

Nell’ES. precedente colore forma e dimensione sono processate in maniera automatica in parallelo. Dunque
tutti gli stimoli presenti nel campo visivo sarebbero processati simultaneamente per determinare se uno di
essi possieda la (unica) caratteristica che è oggetto dell’operazione di selezione (degna di attenzione).
Quando il bersaglio è infatti definito da una sola caratteristica i TR sono rapidi e gli errori minimi, non
interessati per altro dal numero di distrattori. La situazione cambia drasticamente quando il bersaglio è
definito da due caratteristiche dovendo intervenire l’attenzione che opera in serie (focalizzata) non
bastando più quella in parallelo, spostandosi su vari stimoli fino a che il bersaglio non è individuato o si ha
processato tutti gli stimoli. Questo processamento è attentivo e opera in modo seriale ed i TR aumentano
con l’aumentare dei distrattori.

- Attenzione spaziale e selettiva permettono di selezionare l’informazione rilevante per lo svolgimento di


un compito e di sottoporla ad un processamento efficiente. Nell’attenzione spaziale la base per la selezione
è la posizione nello spazio, in quella attentiva la base è una determinata caratteristica.

E l’informazione non processata? Esistono due teorie:


1. Ipotesi della selezione precoce: il processamento dell’informazione non selezionata perché non rilevante
è interrotto molto presto e talvolta non inizia neppure.

2. Ipotesi della selezione tardiva: Il processamento dell’informazione non rilevante è comunque completo.

 Effetto Simon (1969): I TR sono più rapidi se stimolo e risposta non dalla stessa parte del corpo. Ciò
dimostra che l’informazione sulla posizione dello stimolo, pur non essendo rilevante e non soggetta alla
selezione attentiva ha un effetto sulla risposta. L’informazione irrilevante viene senza dubbio processata.

 Effetto Eriksen (1974): A due lettere S e T che compaiono sullo schermo al centro di una stringa di altre
lettere(fiancheggiatori) sono associati due comandi . Quando si presenta la situazione congruente con tutti
stimoli uguali (TTTTT) i TR sono inferiori alla situazione incongruente (SSTSS). Ciò deve significare che
l’informazione irrilevante viene processata e rallenta la selezione.

 Effetto Stroop (1935): Presentati nomi dei colori su uno schermo, il soggetto deve dire a voce alta non il
nome del colore che legge, ma il colore del font usato. I TR sono nettamente inferiore nella condizione
congruente (rosso scritto in rosso) piuttosto che nella condizione incongruente (rosso scritto in verde),
sintomo che l’informazione irrilevante (ciò che vi è scritto) è comunque processata. Ciò è dovuto alla
difficoltà che incontra l’attenzione selettiva a sopprimere l’informazione non rilevante che tende ad
innescare una risposta (la lettura) che è diventata automatica

 Effetto Navon (1977): soggetto sono presentante delle grandi lettere (livello globale) formate dal lettere
più piccole (livello locale). I TR sono più brevi quando si chiede di individuare le lettere a livello globale e più
lenti nella situazione incongruente, quando si deve individuare la lettera a livello locale che differisce da
quella globale (H formata da tante s) perché anche il livello locale viene processato.

- E’ chiaro che vi sia una difficoltà dell’attenzione selettiva a impedire il processamento dell’informazione
non rilevante quando questa proviene da una porzione dello spazio nella quale è diretta l’attenzione
spaziale.

L’informazione è processata senza attenzione:

 Priming negativo: Per priming si intende solitamente un effetto di facilitazione conscia o inconscia. Il
priming negativo è invece il caso in cui la risposta ad uno stimolo è rallentata per via delle caratteristiche
degli stimoli precedenti. Le caratteristiche non rilevanti di uno stimolo precedente anche se non
influenzano direttamente la risposta a quello stimolo (precedente), sia stata comunque elaborata e poi
arrestata da un meccanismo inibitorio. Quest’ultimo però agisce per un tempo limitato e gli effetti
dell’informazione precedentemente processata ma irrilevante nello stimolo antecedente riemergono alla
presentazione dello stimolo successivo rallentandone la risposta. (priming 25 ms)

 Change blindness: E’ una delle conseguenze più clamorose del fallimento dell’attenzione e consiste
nell’incapacità di rilevare cambiamenti eclatanti nel campo visivo. Ciò dimostra che noi non mostriamo
attenzione a tutti gli elementi della scena visiva, i quali non sono percepiti coscientemente.

 Attentional blink: E’ l’ammiccamento visivo: uno stimolo presente nel campo visivo non viene rilevato per
un fallimento dell’attenzione. Succede quando sono da selezionare più bersagli nella stessa scena e
conseguenzialmente il soggetto deve monitorare la serie di stimoli individuando i due bersagli. L’idea che
spiega il fallimento è l’attenzione, impegnata a processare il primo bersaglio “ammicchi” e impedisca di
rilevare il secondo. Il secondo viene mancato non se presentato insieme al primo, perché i due sarebbero
processati insieme, né se troppo distante, ma quando l’attenzione è impegnata, dopo averlo individuato a
processare il primo bersaglio.

- I fallimenti presentati avvengono in soggetti normodotati privi di patologia alcuna. L’attenzione può fallire
e quando ciò accade viene a mancare la rappresentazione cosciente di una porzione di realtà esterna.
Questo fatto accresce in pazienti affetti da eminegligenza spaziale unilaterale (neglect) [lesione al lobulo
parietale inferiore che presiede all’orientamento dell’attenzione], caratterizzati da un deficit di attenzione
spaziale per cui una metà della realtà non è rappresentata al livello cosciente ma è comunque processata.
Questa patologia a prima vista suggerirebbe che la selezione attentiva agisca molto precocemente nel
corso del processamento dell’attenzione (ip. della selezione precoce): l’attenzione non può orientarsi verso
sx e ciò rende impossibili anche le fasi iniziali del processamento dell’informazione che proviene da questa
parte dello spazio. L’evidenza empirica dimostra invece che in assenza di attenzione il processamento
dell’informazione è comunque completo e che la rappresentazione percettiva si forma ugualmente ma non
ha accesso alla coscienza. L’attenzione non è quindi necessaria per il processamento dell’informazione, ma
è necessaria perché le rappresentazioni, risultato del processamento, diventino coscienti.

- In che modo il processamento dell’informazione rilevante è più efficiente di quella non rilevante? Per
rispondere è necessario abbandonare l’aspetto selettivo dell’attenzione e guardare al suo aspetto
intensivo: L’efficienza del processamento cognitivo dipenderebbe dalla quantità di risorse attentive (o di
processamento) disponibili. Convogliare le risorse attentive al processamento dell’informazione rilevante e
sottrarle al processamento di quella irrilevante permette di modulare l’efficienza del processamento in
accordo con l’esigenza del compito. Ciò emerge chiaramente nell’interferenza da doppio compito, per cui
svolgere due compiti contemporaneamente può portare a scarsi rendimenti:

1. Interferenza strutturale: Se i due compiti che devono essere eseguiti condividono lo stesso meccanismo
(periferico di uscita o di ingresso – stessi muscoli – centrale – memoria di lavoro) è sempre impossibile
mantenere l’efficienza ad un livello paragonabile a quello che si raggiunge quando i compiti sono eseguiti
separatamente in sequenza.

2. Interferenza da competizione per le risorse: Interferenza riscontrata quando i due compiti non
condividono lo stesso meccanismo né centrale né periferico. Il fenomeno viene attribuito al fatto che i
processi mentali richiedono l’impiego di una certa dose di risorse attentive. Poiché la quantità d’impiego di
quest’ultime sarebbe limitata tanto maggiore è la quota utilizzata per un compito (compito primario), tanto
minore sarà quella residua dedicata ad un altro (secondario). Per quanto manchi una definizione univoca di
risorse attentive, tutte convergono sull’idea di una sorta di “energia mentale” che può essere abbastanza
facilmente trasferita da un compito all’altro.

- La prestazione di un soggetto umano in un gran numero di compiti si modifica profondamente con


l’esercizio. Gli effetti dell’esperienza sulle prestazioni sono così clamorosi che ha indotto molti studiosi a
sostenere l’esistenza di due diversi tipi di processamento dell’informazione qualitativamente diversi:
automatico e controllato:

1. Processamento automatico: E’ rapido, non impegna la memoria a breve termine e non richiede
l’impiego di risorse attentive. Ciò comporta che più processi automatici possono essere svolti
simultaneamente senza alcun tipo di interferenza. L’impressione è che si svolgano al di fuori del controllo
volontario del soggetto che non li inizia volontariamente né può interromperli arbitrariamente prima del
completamento dell’esecuzione.

2. Processamento controllato: E’ lento e soggetto ai limiti di capacità della MBT (e/o di quella di lavoro) e
richiede l’impiego di risorse attentive. Per i suddetti limiti non è possibile svolgere due processamenti
controllati contemporaneamente. Danno l’impressione di essere sotto il controllo diretto del soggetto e di
poter essere iniziati e interrotti arbitrariamente. Il ruolo cruciale di questo processamento è di assicurare
una massima flessibilità alle azioni poiché senza di esso ci limiteremo ad azioni automatiche e stereotipate.
Un processamento controllato con l’esercizio può diventare automatico una volta che l’informazione venga
depositata nella memoria procedurale, sezione della MLT.
Basi neurali dell’attenzione: Non potendo negare che i movimenti oculari siano legati ai movimenti
dell’attenzione, Rizzolatti ha proposto la teoria premotoria dell’attenzione spaziale, secondo la quale i
meccanismi neurali che presiedono all’orientamento dell’attenzione coincidono con i meccanismi neurali
che presiedono alla programmazione dei movimenti oculari. E’ indubbio che allo spostamento degli occhi
coincida quello dell’attenzione. Questa accresciuta salienza della posizione nello spazio verso la quale si
dirigono gli occhi si verifica indipendentemente dal fatto che il movimento oculare sia programmato e poi
eseguito o solo programmato ma non eseguito. Dunque la programmazione dell’attenzione è la
conseguenza automatica della programmazione del movimento oculare, e poiché la programmazione del
movimento oculare dipende dall’attività della corteccia premotoria ecco dato il nome della teoria.

- L’informazione spaziale necessaria alla programmazione del movimento oculare, raggiunge, tramite la via
dorsale il lobo parietale (lobulo parietale inferiore: p. automatico / superiore: p. controllato). Da qui
l’informazione raggiunge la corteccia premotoria dedicata alla programmazione dei movimenti oculari (Ba 8
o campi oculari frontali). I comandi raggiungono poi il collicolo superiore ed infine per l’esecuzione i nervi
oculomotori. Nel caso dello spostamento dell’attenzione senza i movimenti oculari, l’informazione
raggiunge BA 8 per la programmazione ma qui si arresta. QUINDI:

INFORMAZIONE

| tramite via dorsale

LOBO PARIETALE

CORTECCIA PREMOTORIA (BA 8)

COLLICOLO SUPERIORE

NERVI OCULOMOTORI

- Non della stessa opinione sono altri studiosi autorevoli quali Posner per il quale i circuiti neurali per il
movimento dell’attenzione e oculari non coincidono. Se il circuito per i movimenti oculari è quello appena
descritto, per quello dell’attenzione sarebbero individuati tre parti indipendente dedicati alle tre fasi
dell’attenzione: disancoraggio, spostamento, ancoraggio.

- Per concludere, l’attenzione ha l’effetto di rendere più efficiente il processamento dell’informazione


rilevante a discapito di quella irrilevante. L’orientamento rende più saliente una posizione su cui si
concentrano le risorse attentive a discapito di un’altra, la selezione rende più saliente una caratteristica
privilegiata e l’impegno mentale concernete le risorse attentive viene assegnato in modo differenziale alla
posizione o alla caratteristica che deve essere processata efficientemente.

4. Emozioni
- L’emozione segnala che è avvenuto un cambiamento nell’ambiente esterno o interno e che tale
cambiamento è stato soggettivamente percepito come saliente. L’emozione è un processo interiore
scatenato da un evento emotivamente significativo che si manifesta come esperienza soggettiva,
comportamento espressivo, comportamento motivato, cambiamento corporeo.

- Le emozioni sono accompagnate da risposte fisiologiche. Lo stadio iniziale di una risposta emotiva è
sostanzialmente un output motorio riflesso, diverso dall’attività motoria a cui diamo inizio
volontariamente. Il sistema motorio deputato al controllo delle risposte emotive reagisce automaticamente
e involontariamente e comprende due branche:

1. La risposta scheletrica involontaria: include una serie di manifestazioni specie-specifiche che coinvolgono
cambiamenti rapidi ed involontari nell’espressione facciale, vocale, nella postura e nei movimenti messi in
atto ai fini della sopravvivenza.

2. Risposta vegetativa: Comprende modificazione fisiologiche e ormonali. I segnali che scatenano queste
risposte hanno origine nell’ipotalamo, responsabile della regolazione dell’ambiente interno e connesso
all’amigdala il principale trigger per le emozioni al centro del cervello.

I segnali sono comunicati tramite due vie:

1. Sistema nervoso autonomo : agisce rapidamente attraverso il controllo neuronale, controlla la


muscolatura liscia, è involontario
2. Sistema endocrino: agisce lentamente attraverso gli ormoni (ipofisi nell’ipotalamo,es. ghiandola
surrenale=adrenalina). Esso comprende

- Simpatico
- Parasimpatico
- Componente enterica (tratto digerente)

Tutto ciò determina l’attivazione fisiologia chiamata arousal.

 Teoria periferica della E. di James-Lange: L’emozione è provocata dalla consapevolezza di specifici


cambiamenti a livello corporeo .

James (1884) propose che la percezione di un “evento eccitante” determinasse direttamente una risposta
fisiologica e l’interpretazione cognitiva di tale risposta fosse il fenomeno indicato come emozione, ovvero le
emozioni sono secondarie ai fenomeni fisiologici. Le differenti emozioni rifletterebbero le nostre
interpretazioni di stati fisiologici diversi. Non aumenta il battito cardiaco perché abbiamo paura, ma
abbiamo paura perché aumenta il battito cardiaco. L’evento emotigeno determinerebbe una serie di
reazioni vegetative e la percezione di queste modificazioni fisiologiche sarebbe alla base dell’esperienza
emotiva. STIMOLO  REAZIONE CORPOREA  SENTIMENTO = meccanismo innato instintuale. Inoltre
Lange voleva condurre le risp fisiologiche a particolari regioni del tronco cerebrale. Questo venne
contestato da Cannon nel 1927 perché:

- I visceri hanno risposta troppo lenta


- La separazione chirurgica dei visceri non compromette le emozioni
- L’attività vegetativa non è in grado di differenziare gli stati emozionali

 Teoria centrale delle E. Cannon-Bard: Per ciascuna delle principali emozioni esistono dei meccanismi nel
sistema nervoso centrale che producono cambiamenti fisiologici appropriati. Gli stimoli emotigeni dovevano
provocare simultaneamente sia la componente fisiologica sia l’esperienza stessa dell’emozione.

Cannon (1927) concordava sul fatto che le risposte fisiologiche giocasse un ruolo cruciale nelle emozioni.
Tuttavia riteneva che le risposte fisiologiche da sole non potessero spiegare le esperienze emozionali
soggettive. Se le emozioni fossero state la percezione di modificazioni corporee allora avrebbero dovuto
dipendere interamente dalla presenza di una corteccia motoria e sensoriale intatta. Poiché la rimozione
della corteccia non eliminava le emozioni, James aveva torto. Per Cannon le risposte fisiologiche sono
troppo lente e spesso impercettibili e come tali non possono spiegare la percezione soggettiva cosciente
che è di fatto rapida e intensa. L’obiezione primaria era che James disobbediva alla neuroanatomia
funzionale almeno come essa era concepita al tempo: l’ipotalamo è la struttura cerebrale coinvolta nelle
risposte emotive agli stimoli e tali risposte sono inibite dalle regioni corticali di origine più recente dal punto
di vista evoluzionistico. I segnali nervosi provenienti dall’ipotalamo sarebbero in grado di indurre le
manifestazioni espressivomotorie delle emozioni e di determinare gli aspetti soggettivi dell’esperienza
tramite le connessioni con la corteccia. Così Canon riteneva che non fosse anatomicamente possibile per gli
eventi sensoriali scatenare una risposta fisiologica prima che vi fosse una percezione cosciente.

 La teoria dei due fattori (cognitivo-attenzionale): Entrambe le teorie elencate presentano delle
caratteristiche reali ma non spiegano interamente il fenomeno. Scatcher (1964) suggerì che le reazioni
fisiologiche contribuivano all’esperienza emozionale facilitando una valutazione cognitiva focalizzata di un
evento fisiologicamente attivamente, e questa valutazione, cioè la percezione cognitiva dello stato di
attivazione e la sua interpretazione attraverso il processo di denominazione, era ciò che definiva esperienza
emotiva soggettiva. Le emozioni era così il risultato di un processo a due stadi:

1. si produceva l’attivazione fisiologica come risposta allo stimolo (arousal)


2. vi era l’elaborazione cognitiva del contesto in cui lo stimolo era occorso (interpretazione)

Secondo Schachter, quando all’aumento dell’attivazione non corrisponde una cognizione appropriata si
attiva un processo di “ricerca di informazioni e autoattribuzione”:
La teoria per sottolineare che l’emozione è il frutto di due processi indipendenti quali attivazione fisiologica
e contesto è detta dei due fattori. Un corollario è che se ridotta l’attivazione fisiologica è ridotta anche
l’intensità dell’esperienza emotiva (non nei pazienti con lesioni al midollo che, pur non avvertendo
sensazioni corporee non mostrano riduzioni dell’esperienza emotiva).

 La teoria della valutazione cognitiva: Lo psicologo americano Lazarus, abbandonò l’aspetto


dell’attivazione fisiologica interessandosi alla relazione o distinzione fra esperienza emotiva e cognizione.
Se già Scatcher aveva dato importanza all’elaborazione cognitiva, Lazarus riteneva che le emozioni fossero il
risultato di una valutazione cognitiva e che il ruolo di tale valutazione fosse quello di calcolare quanto ogni
specifica situazione sia favorevole o sfavorevole agli obiettivi. Due individui che valutano differentemente
una situazione risponderanno con emozioni differenti. Esistono cioè fattori di predisposizione e stili
cognitivi che portano a valutazioni diverse della stessa situazione e quindi diversa esperienza emotiva. Ciò
dimostrava la predominanza della cognizione sull’emozione ed il potere dell’abilità cognitive nel suscitare
un’emozione, la quale non compare mai in modo casuale ma è il frutto di un’attività di conoscenza e di
valutazione ed è collegata alle sue implicazioni e agli scopi dell’individuo. E’ evidente che le emozioni sono
risposte soggettive flessibili e non dei riflessi in cui ad uno stimolo corrisponde una stessa risposta
involontaria. Lazarus ci dice che le emozioni originano come risposta al significato di una data situazione.
Non sono attivate dall’evento in sé ma dal significato attribuitogli. I processi cognitivi precedono le
emozioni. Esistono due passaggi:

APPRAISAL PRIMARIO: VALUTAZIONE IMMEDIATA DELLA RILEVANZA (POSITIVA, NEGATIVA, NEUTRA) DI


UNA SITUAZIONE RISPETTO A INTERESSE PERSONALE E CONGRUENZA CON I PROPRI SCOPI.

APPRAISAL SECONDARIO: VALUTAZIONE DELLE STRATEGIE PIU EFFICACI PER FRONTEGGIARE LA


SITUAZIONE (COPING)

-COPING SUL PROBLEMA: SI PUO’ MODIFICARE LA SITUAZIONE PER RENDERLA CONGRUENTE CON GLI
OBIETTIVI?

-COPING SULL’EMOZIONE: SI E’ IN GRADO DI ADATTARSI AGLI EVENTI MODIFICANDO IL MODO E GLI


OBIETIVI?

-RESPONSABILITA’: CHI E’ RESPONSABILE DEGLI EVENTI:NOI O GLI ALTRI? - ASPETTATIVE SUL FUTURO:
QUALI SONO LE PROBABILITA’ CHE LE CIRCOSTANZE CAMBINO?

- Questa teoria subì molti attacchi. Secondo Zajonc, le emozioni sono preminenti ed indipendenti dalla
cognizione  semplice effetto di esposizione= per cui le persone preferiscono esposrsi a stimoli a cui sono
statati già esposti, anche se non hanno un ricordo di questa esposizione quindi non è possibile esercitare
controllo cognitivo su ciò che si prova. Di fatto entrambi erano d’accordo sul fatto che per provare
un’emozione era necessario elaborare l’informazione sensoriale.

Approccio dimensionale: Le emozioni non sono entità distinte ma vengono classificate sencondo una
scala che tiene conto della valenza positiva o negativa (perché dietro ogni emozione vi è un interesse
dell’individuo e dal livello di attivazione ( un’emozione può essere nuova, l’individuo riesce o meno a far
fronte allo stimolo e quindi dipende dalla sua capacità di coping , dal controllo se le emozioni non sono
compatibili con le regole sociali). Esistono due approcci dimensionali principali:

- CIRCOLARE : valenza asse orrizzontale, attivazione asse verticale

- DISTINZIONE APPROCCIO FUGA: le emozioni sono classificate in base alla motivazione, ovvero alla
propensione all’azione. Vi sarebbero emozioni di avvicinamento (gioia, sorpresa, rabbia) ed
emozioni di fuga (tristezza disgusto paura). Vi sarebbe un’asimmetria cerebrale nella
rappresentazione della tendenza approccio-fuga.

Le emozioni di base: Darwin e dopo Ekman (1992)  EMOZIONI FONDAMENTALI:

• PAURA = Fuga da un pericolo [amigdala]

• RABBIA = difesa da un pericolo, distruzione [giro frontale inferiore e giro paraippocampale]

• TRISTEZZA = elaborare una perdita/trovare sostegno sociale [giro frontale medio e testa del nucleo
caudato]

• GIOIA =trarre vantaggi dall’ambiente [cingolo anteriore e giro temporale destro]

• DISGUSTO = protezione da ingerire sostanze pericolose [insula, parte di corteccia del lobo temporale]

• SORPRESA =esaminare il mondo

Emozioni UNIVERSALI, INNATE e ciascuna ha un PATTERN DI ATTIVAZIONE CEREBRALE:

Darwin aveva detto che nell’essere umano vi fosse un numero limitato di emozioni di base connesse alla
sopravvivenza della specie.

Ekman (1973) studia l’espressione facciale delle emozioni in culture profondamente diverse tra loro:

1.Universalità delle emozioni di base come strutture biologiche identiche in tutti gli uomini.
COMPORTAMENTO EMOTIVO INNATO Ciascuna di esse è caratterizzata da un unico insieme di movimenti
facciali attivati da uno specifico programma di istruzioni codificate dal sistema nervoso e quindi la capacità
di compierli sembra innata (cechi congeniti) e presente universalmente. Nello studio delle espressioni
facciali vanno distinti due livelli: molecolare , cioè movimento dei singoli muscoli e molare insieme di questi
movimenti minimi.Ekman e Friesen (1971) hanno elaborato il FACS (Facial Action Coding System) per la
codificazione di tutti i movimenti facciali individuando 44 movimenti muscolari facciali visibili

(INOLTRE gni emozione primaria abbia un suo tipico pattern di attivazione cerebrale: [paura – amigdala,
disgusto – insula, gioia – cingolo anteriore, tristezza – giro frontale…]. - Il comportamento emotivo innato,
di cui fa parte l’espressione facciale può essersi sviluppato nel corso dell’evoluzione solo in virtù del suo
valore adattivo e funzionale.)

2. Al di la’ della base universale per l’espressione delle emozioni, esistono tuttavia una serie di ‘dispaly
rules’ regole di manifestazione sociali di esibizione delle emozioni, accentuazione, attenuazione,
neutralizzazione o negazione, simulazione o mascheramento.

Espressione vocale: le emozioni sono espresse attraverso la prosodia (intonazione) e l’intensità. La capacità
di riconoscere le espressioni vocali diminuisce con l’età e soprattutto per la collera. Highlings-Jackson
(1879) emisfero destro è responsabile degli aspetti emotivi del linguaggio.

LA REGOLAZIONE DELLE EMOZIONI L’essere umano ha una capacità nota come regolazione delle E. che
utilizzata con successo riduce l’attivazione dell’amigdala e dell’insula. Questa capacità, che si sviluppa dai
primi anni di vita è essenziale per il benessere psico-fisico modellando la condotta emotiva di fronte ad un
evento emotigeno in modo da orientare il tipo di esperienza e manifestazione nel modo più consono alla
situazione. La comparsa di una psicopatologia può infatti dipendere dal mancato sviluppo di questo
meccanismo o viceversa da un uso eccessivo.

Nel modello di Gross (2006) ci sono 3 strategie primarie di regolazione delle emozioni:

1. SOPPRESSIONE (corteccia prefrontale dorsolaterale)


2. RIVALUTAZIONE COGNITIVA (corteccia dorsolaterale sinistra)
Vedere una certa situazione in una luce diversa, può avvenire tramite reinterpretazione o
distanziamento. [metodo più efficace]

3. SELEZIONE SITUAZIONE, attività distraente

Pattern per la regolazione 

IN GENERALE:area prefrontale : cingolo anteriore e corteccia dorsolaterale e frontale. La corteccia


prefrontale esercita un certo grado di controllo sull’amigdala.

Lessico emozionale: assegnare un nome alle esperienze emozionali

L’intelligenza emozionale: capacità di percepire e esprimere le emozioni, di utilizzare le emozioni per


risolvere un problema o prendere una decisione

Processo emozionale: valutazione, risposte fisiologiche ed emotive, azione. L’intenzionalità prolunga


l’azione e l’emozione.

MISURAZIONE EMOZIONI:
- Diretta = si basa sull’introspezione, i partecipanti espongono le loro emozioni o attitudini ( ma
risente delle convenzioni culturali)

- Indiretta = inibizione o facilitamento di un comportamento. L’emozione influenza le nostre azioni e


di conseguenza le nostre risposte. Oppure psicofisiologia (relazione tra stati mentali e fisiologici)
misurando la conduttanza cutanea ( elettricità pelle), l’ammiccamento (aumento del battito
palpebre), riflesso di trasalimento

EMOZIONI E MEMORIA:
Le prestazioni migliorano all’aumentare dell’attivazione, raggiungono un punto massimo e poi declinano.
Ciò è conosciuto come legge di Yerkes-Dodson (1908). Se il livello di attivazione ovvero lo stress è troppo o
insufficente è improduttivo. Verso il punto ottimale il nostro ricordo è migliore, al contrario sarà ridotto.

Un modello recente distingue l’ansia cognitiva ( paura) dall’ansia somatica (percezione cosciente
dell’attivazione fisiologica). Più c’è ansia cognitiva più graduale incremento ansia somatica, dopo un certo
punto decade.

L’ippocampo= consolidamento
Amigdala= modula il consolidamento

Ormoni= compromettono la memoria. I glucocorticoidi (ormoni dello stress liberati dalla ghiandola
surrenale) esposizione prolungata del tempo inibisce ippocampo. In situazioni stressanti i dettagli periferici
vengono dimenticati.

EMOZIONI E ATTENZIONE:
Gli eventi emozionali sono distraenti, l’emozione trattengono l’emozione, è difficile staccarsi dal
bersaglio emozionale. Tuttavia possono anche migliorare e facilitare l’attenzione ma dipende dal
compito. La facilitazione di solito avviene con stimoli negativi (amigdala).

5. Memoria.
- Nella storia della psicologia le prime idee che prevedevano l’esistenza di almeno due sistemi di
memoria differente iniziano a comparire già nell’800. William James fece una distinzione tra
Memoria Primaria: transitoria e fragile, (memoria a breve termine) consistente nei contenuti della
coscienza; Memoria Secondaria: permanente, contenente informazioni non presenti alla coscienza
ma che possono essere riattivati all’occorrenza (memoria a lungo termine)
Nel 1949 Hebb formulò una vera a teoria a due componenti, due tipi di memoria. La MBT,
dipendente da un’attività elettrica temporanea nel cervello e la MLT rappresentata da
modificazioni neurochimiche più durature. Il concetto di memoria unitaria venne definitivamente
superato dagli anni ’60 quando è stata proposta una prima distinzione tra sistemi anatomo-
funzionali che sottendono alla MBT e sistemi per la MLT. La prova più evidente di ciò veniva da
diversi tipi di amnesici. I classici amnesici con lesioni a livello temporale mediale o diencefalo
presentavano problemi nella rievocazione e apprendimento di nuove informazioni, se pur questi
riescano a ripetere sequenze di cifre subito dopo la presentazione. Vi sono invece altri pazienti con
lesioni alle aree perisilviane di sinistra che sono in grado di ripetere solo una, o due cifre
immediatamente dopo la presentazione, ma la capacità di apprendere e revocare è intatta. Una
doppia dissociazione che mette in luce l’esistenza di due processi separati.Dunque:
MLT  temporale mediale o diencefalo
MBT  aree perisilviane di sinistra
[Primng = effetto primacy / recency] L’effetto di ultima posizione è preservato nei pazienti con
decifit di MLT, mentre quello di prima posizione è preservato nei MBV
MODELLO MODALE di Atkinson e Shiffrin (1968). Questo modello prevedeva tre tipi diversi di
memoria. La componente più breve era rappresentata da una serie di sistemi sensoriali che
includevano una memoria sensoriale visiva (iconica) e acustica (ecoica). Per A. l’informazione fluiva
poi da questi sistemi sensoriali paralleli ad un singolo magazzino a breve termine che agiva come
una memoria di lavoro a capacità limitata con capacità immagazzinative e manipolative. Era perciò
considerato responsabile sia della codificazione dell’informazione nella MLT sia del successivo
richiamo. Interagendo con la MLT, l’apprendimento dipendeva da entrambi i magazzini.
- Il problema più grande di tale modello risiedeva nell’apprendimento. Non vi furono riscontri
infatti sull’idea che più a lungo un’informazione era mantenuta nel magazzino di MBT più era facile
trasferirla nella MLT. Craik e Lockhart (1972) propose allora la teoria dei livelli di elaborazione più
che dalla durata il grado di apprendimento ed il trasferimento nella MLT dipende dalla profondità
e ricchezza della codificazione. Altro problema del modello modale veniva dalla neuropsicologia.
Questo sosteneva che il passaggio per il magazzino MBT fosse cruciale per il trasferimento nella
MLT. Tuttavia pazienti con lesioni al sistema di immagazzinamento a breve termini non mostrano
difficoltà ad apprendere mantenendo una MLT intatta.
MEMORIA LAVORO (o breve termine): Nel 1974, Baddeley ed Hitch hanno suggerito di sostituire
al concetto unitario di MBT, un sistema più complesso a tre componenti a cui hanno dato il nome
di memoria di lavoro (WM), un sistema cognitivo che permette il mantenimento temporaneo e la
successiva elaborazione di informazioni nel cervello. Questo modello è suddiviso nell’esecutivo
centrale e due sottosistemi ausiliari (circuito fonologico e taccuino visuospaziale). Tutti e tre
avrebbero capacità limitata:

 Esecutore centrale: Sistema di controllo che dispone di un quantitativo limitato di capacità di


elaborazione

 Circuito fonologico: Comprende:


a) un magazzino fonologico a breve termine, mantiene la traccia per pochi secondi, passivo.
EFFETTO DI SOMIGLIANZA FONOLOGICA = informazioni che hanno un suono simile si
confondono.

Giro sovramarginale (parte inferiore del lobo parietale sinistro)


b) ripasso subvocale o articolatorio, attivo.
EFFETTO DI LUNGHEZZA DELLE PAROLE= stimoli verbali lunghi che richiedono quindi più
tempo per essere articolati, vengono ricordati meno bene
SOPPRESSIONE ARTICOLATORIA = per sillabe irrilevanti (bla bla bla) non c’è ripasso
articolatorio. Ciò indebolisce lo span ( capacità della MBV)

Area di Broca (parte inferiore e posteriore lo frontale sinistra)

. Nella MBV è implicato l’apprendimento Pazienti con il circuito fonologico lesionato, individuato
nella parte inferiore del lobo parietale sinistro (giro sovramarginale) difatti non imparano parole
nuove

 Taccuino visuospaziale: Sistema necessario a mantenere temporaneamente e manipolare


informazioni visive e spaziali al pari del circuito fonologico, ma a differenza di questo non è ben
localizzato neuralmente ma sembrano comunque interessate aree posteriori dell’emisfero sinistro.
Possiamo distinguere due componenti dinamiche:
a) Visual Cache= informazioni rif. A pattern visivi statici

b) Inner scribe= patter spaziali


Aree posteriori emisfero destro, e alcune sinistro come le aree visive primarie

 Buffer episodico: introdotto più di recente, consisterebbe in un magazzino multimodale limitato,


una specie di interfaccia di codici differenti che integra le informazioni provenienti dai due
sottosistemi con quelle provenienti dalla MLT e sarebbe accessibile consapevolmente [ES:
raggruppamento e categorizzazione].

MEMORIA A LUNGO TERMINE è anch’essa frazionabile in componenti separate:

 MLT Esplicita (dichiarativa): comprende le forme di MLT che possono essere rievocate
consapevolmente e descritte come ricordi, fatti o idee. Essa si suddivide a sua volta in

 M. episodica: Capacità di rievocare eventi specifici ricordandone i dettagli. E’ retrospettiva se


coinvolge eventi passati avvalendosi del contesto spazio-temporale in cui tali eventi hanno avuto
luogo ed è prospettiva se concerne il ricordo di eventi futuri. La maggior parte delle nostre
conoscenze sulla Memoria Episodica derivano dal caso HM (rimozione bilaterale dei lobi temporali
mediali)  memoria retrogada, eventi precedenti all’intervento ma mantiene ricordi remoti e
amnesia anterograda, non è in grado di apprendere nuove informazioni. Questo dimostra che le
strutture del lobo temporale mediale incrementano la nostra memoria ma con il passare del
tempo (remoti) vengono trasferiti in altra sede. Importanti sono anche Talamo (dorso mediale e
anteriore) e ipotalamo (corpii mamillari) [diencefalo].
- un tipo particolare di memoria episodica è quella prospettica, rivolta al futuro.

 M. semantica: Conoscenza generica del mondo, la sapienza generale non collegata ad alcun
evento specifico.

 MLT Implicita: riguarda forme non consapevoli di memoria che si esprimono attraverso una
modificazione del comportamento senza alcuna conscia rievocazione e senza la necessità di
rievocare l’episodio originale.. Esistono molti sistemi di memoria implicita che Squire ha ridotto a
quattro:
1.La memoria procedurale: corrisponde alla capacità di acquisire abilità motorie o cognitive
gradualmente attraverso la pratica. L’esercizio permette di migliorare prestazione, accuratezza e
velocità d’esecuzione senza che l’episodio precedente, o le regole per svolgere il compito vengano
riattivati. Sarebbero i gangli della base, strutture sottocorticali, ad essere cruciali
nell’apprendimento procedurale ( nucleo caudato e sostanza nera). I pazienti amnesici sono in
grado di acquisire nuove abilità. Prove per apprendimento procedurale:
- rotor.porsuit : inseguire con un puntatore un bersaglio in movimento
-SRTT o Serial Reaction time
I malati di Parkinson e Huntington hanno compromissione memoria procedurale

2. Priming: Consiste nel fatto che l’esposizione ad uno stimolo facilita la sua tendenza ad essere
percepito o elaborato più rapidamente la volta successiva. Le regioni della corteccia che
circondano le aree sensoriali primarie che ricevono gli stimoli visivi controllano il priming visivo,
ma ne esiste anche uno semantico o concettuale. L’apprendimento esplicito si differenzia da
quello esplicito perché nel primo non è presente il livello di elaborazione e resta così inconscio. Il
priming inoltre si differenza dall’apprendimento procedurale perché basta una sola esposizione
allo stimolo.
3. Condizionamento: Altra forma di apprendimento implicito che si differenzia in varie forme:
A. Condizionamento classico: Scoperto da Pavlov a fine ‘800 utilizzando esperimenti con i cani
consiste nell’associazione ripetuta fra uno stimolo condizionato e uno incondizionato che,
presentanti contiguamente e con frequenza producono una risposta condizionata, un
rafforzamento . Un altro aspetto è l’effetto Garcia= avversione per un sapore e il condizionamento
valutativo =modificazione nella valutazione dello stimolo condizionato positivo o negativo se lo
stimo incondizionato è positivo o negativo.

B. Condizionamento operante o strumentale: A differenza del precedente in cui i legami fra stimolo e
risposta dipendono unicamente dalla contiguità temporale e dalla ripetizione, qui i legami dipendono anche
dagli effetti conseguenti alla risposta (legge dell’effetto). Thordike (esperimento gatti chiusi in gabbia)
Skinner ( modellamento/ shaping, dare cibo all’animale vicino apetura gabbia)dimostrò che se per un
animale compiere un’azione porta dei benefici [rinforzo positivo o negativo] nel giro di qualche risposta
(tentativi ed errori) questi imparerà a compiere sistematicamente quell’azione. Inoltre i rinforzi possono
essere primari ( fame sete sonno) o secondari (denaro). Il rinfonzo punizione/ricompensa -> dopamina
(sostanza nera del mesencefalo)

Comportamenti umani= gioco d’azzardo, apprendimento di nuove parole (linguaggio determinato


dal condizionamento operante)

MEMORIA AUTOBIOGRAFICA: Riguarda sia eventi personali (memoria episodica) sia informazioni su noi
stessi (memoria semantica = sé esperito.

Conway:

- la memoria autob. Si basa su costruzioni mentali dinamiche e transitorie. Hanno una struttura gerarchica
secondo i vari periodi della vita, collegati con recollection.

Eventi (fine-inizio) generali -> specifici - >dettagli sensoriali


I dettagli sensoriali ci convincono che quel ricordo è corretto e riuscire a rievocarli dipende dalla
coscienza autonoetica, cioè la capacità di riflettere sui nostri pensieri.
-come memoria lavoro esiste un Working Self= serve a codificare quello che è, che è stato e che
sarà.
PARTE ANTERIORE LOBO FRONTALE, REGIONE PREFRONTALE, AREE OCCIPITO-TEMPORALI (VISULA
IMAGERY)

COME SI FORMA IL RICORDO:

1. Codifica: E’ la registrazione iniziale dello stimolo, l’informazione è trasformato in una


traccia mnestica, cioè in una rappresentazione mentale che mantenga aspetti
dell’esperienza stessa. Qualsiasi forma di memoria comincia con una fase di codifica.
Questa può essere influenzata dall’attenzione ( eventi stressanti riducono fuoco
dell’attenzione) e dalla profondità dell’elaborazione e l’apprendimento distribuito ( tempo
costante dedicato all’apprendimento) di Ebbinghaus con sillabe sensa senso
LE strutture cerebrali coinvolte sono la mediale del lobo temporale e frontale. Se la codifica è
profonda corteccia frontale sinistra e para ippocampale. Se il materiale è verbale = emisfero
sinistro, non verbale= emisfero destro
2. Consolidamento o ritenzione: Una volta codificate le informazioni attraversano una fase
di stabilizzazione e indipendenti dal lobo temporale mediale. Il consolidamento si riferisce
all’idea che i processi neurali, dopo la prima registrazione e codifica, contribuiscono
all’immagazzinamento permanente del ricordo. Esistono due teorie contrapposte:
- modello standard il consolidamento inizia quando l’informazione, registrata nella
neocorteccia, è trasformata in una traccia dell’ippocampo e strutture correlate. Il legame in
una traccia di memoria coinvolge un consolidamento a breve termine che si completa in
poco tempo. A questo punto comincia un processo di consolidamento a lungo termine:
all’inizio ippocampo e strutture correlate sono necessari, ma poi, più il consolidamento
procede, meno è il loro contributo.
- la teoria della traccia multipla invece, l’ippocampo continuerebbe a essere necessario per
la riattivazione delle tracce di memoria ed ogni volta che si riattiva la traccia mnestica si
forma una nuova traccia. L’informazione sul contesto spazio-temporale che conferisce il
carattere episodico richiede il continuo intervento dell’ippocampo.

3. Recupero dell’informazione: E’ l’aspetto più importante che consente di accedere ai


ricordi. Immagazziniamo molto più di quanto riusciamo a rievocare. Il recupero avviene
quando vi è un appropriato suggerimento (Tulving) che riattiva gli elementi da ricordare. La
traccia dell’evento e il suggerimento devono essere compatibili affinché il ricordo abbia
luogo, nel senso che devono essere legati da una qualche relazione di tipo associativo o
una sovrapposizione di informazioni in modo che la traccia sia convertita in ricordo. Un
ricordo episodico essendo una rappresentazione integrata può essere rievocato anche da
un solo tratto tra i vari che lo compongono che può corrispondere anche ad una piccola
parte dell’informazione prima codificata. La parte mediale del lobo temporale è cruciale
per questa integrazione di elementi e per il loro richiamo. Altro contributo essenziale è
dato dai lobi frontali [Amnesia per la fonte: lesione lobi frontali, difficoltà nel ricordare da
chi e come si è appreso qualcosa]. Le aree prefrontali sono essenziali nel pianificare la
rievocazione perché selezionano le strategie adeguate per facilitare il richiamo e servono
per risolvere i conflitti o interferenza tra vari ricordi [Lesioni frontali: interferenza di più
ricordi che si sovrappongono]. Altro ruolo svolto dai lobi frontali è il monitoraggio e la
valutazione dei ricordi rievocati.
- Contesto: Altro fattore essenziale per rievocare un ricordo è l’ambiente in cui esso si è
consolidato. [Dipendenza dal contesto ]. Non è solo l’ambiente esterno in cui avviene
l’apprendimento a facilitare il richiamo, ma anche l’ambiente interno (stato emozionale o
alterazione psico-fisica) può svolgere la stessa funzione.
1985 Tulvin distingue due tipi di riconoscimento: ricordo (rievocare episodio durante il
quale si è appreso) conoscenza o familirità ( si sa di aver già incontrato quello stimolo ma
non si ricorda episodio di apprendimento)
OBLIO : E’ innegabile che le informazioni apprese possano essere dimenticate con il corso del
tempo. Ci sono due teorie a proposito dell’oblio:
- la prima sostiene che le tracce di memoria si deteriorano diventando indistinguibili con il
passare del tempo,
- la seconda, più valida neuroscientificamente, suggerisce che una traccia mnestica si perde
perché oscurata da altre informazioni apprese successivamente. Se la traccia decade
spontaneamente il fattore cruciale dovrebbe essere semplicemente il tempo trascorso, se
invece decade per interferenza di altre informazioni, diventa fondamentale il numero di
eventi e di informazioni che si apprendono nell’intervallo di tempo tra la prima
informazione e il momento del ricordo. L’oblio di informazioni dovuto all’arrivo di nuovi
dati è detto interferenza retroattiva, tuttavia può succedere che la traccia precedente è
più forte e si mantiene in favore di quella nuova (interferenza proattiva).
- - La memoria non è infallibile. Esistono delle vere e proprie illusioni di memoria per cui il
ricordo che abbiamo differisce da ciò che è realmente accaduto. L’errore può avvenire in
qualsiasi delle tre fasi (codifica, consolidamento, richiamo) e può verificarsi anche in
episodi apparentemente vividi ad alto contenuto emozionale. L’errore, ipotizza Barlett già
dal ’32 è dovuto al fatto che il ricordo parte da un concetto chiave e continua come una
ricostruzione “scenica” dell’evento accaduto tramite schemi e dettagli completivi che
possono essere distorti. In particolare tutti i soggetti tendono a razionalizzare i propri
ricordi inserendo involontariamente fattori estremamente plausibili ma talvolta mai
accaduti Inoltre accade che la memoria semantica prevalga su quella episodica: in questo
modo la rievocazione di un ricordo/episodio può essere influenzata dalle conoscenze
generali che si hanno nel momento del richiamo [effetto di relazione].
ERRORI DI MEMORIA:
-Associazioni semantiche (eventi che hanno caratteristiche comuni)
-Errori di attribuzione (evento immaginato ricordato come realmente accaduto)
-Suggestione post-evento
-Errori di datazione (effetto telescopio)

Apprendimento:
- stimolo-risposta : approccio meccanicistico
- cognitivismo : Tolman 1932, esperimento ratti in labirinto, apprendimento non motorio ma
apprendimento per segnali. Altro tipo di apprendimento è quello latente senza rinforzo. Ciò
dimostra che l’apprendimento è un processo attivo di tipo cognitivo.
- Il condizionamento può essere una memoria implicita, Claparede esperimento pazienti amnesici
nasconde ago nella mano, giorno dopo no mano anche se non ricordano.

CASO SHERESHEVSKI “memory man”


- Span illimitati
- Serial probe (memoria seriale)
- Sinestesia
- Usa meccanismo particolare di conversione degli item in immagini visive.
6. FUNZIONI ESECUTIVE E COGNIZIONE MOTORIA
- Nel 1986 Baddeley introdusse il concetto di memoria di lavoro, che comprendeva diverse componenti:
due magazzini di MBT, uno dedicato all'informazione verbale e l'altro all'informazione visuospaziale,
due meccanismi di servizio che regolavano la durata della permanenza dell'informazione nei magazzini
di MBT, e un esecutivo centrale. L'espressione funzioni esecutive deriva da questa proposta di
Baddeley. Tuttavia è emerso che i compiti che avrebbero dovuto essere assegnati all'esecutivo centrale
erano troppi e troppo diversi fra loro.

Tutte le funzioni esecutive controllano lo svolgimento dei processi cognitivi, ma se non è ancora chiaro
il modo in cui lo fanno, sappiamo che sono differenziate sulla base di compiti nei quali si pensa
intervengano. Un aspetto centrale, chiarito già da diverso tempo è la loro dipendenza dai lobi frontali
(da qui sindrome frontale per indicare deficit delle funzioni esecutive conseguenti al lesioni cerebrali). I
lobi frontali sono suddivisibili però in tre parti:

1. La parte più posteriore è l’area motoria primaria (BA 4) dove sono rappresentati i muscoli del corpo,
dipendono i movimenti volontari (l’omuncolo motorio), e lesioni in questa parte provocano paralisi che
non hanno nulla a che fare con la sindrome frontale.

2. Più in avanti si incontra l'area premotoria (BA 6) che insieme al lobo parietale svolge un ruolo cruciale
nella programmazione dei movimenti, i quali saranno poi eseguiti con l'intervento dell'area motoria
primaria. Anche lesioni in questa zona provocano deficit di motricità che non rientrano nella sindrome
frontale. BA 6 si vanno individuate alcune aree speciali:

A. BA 44: Interviene nella programmazione dei muscoli della fonazione. È interessante notare che
l'equivalente di quest'area dell'uomo, nella scimmia e è l'area F5, che interviene nella
programmazione dei movimenti della mano. L’are BA 44 dell’emisfero sinistro è area di Broca.

B. BA 8 che programma i movimenti oculari. Essendo l'uomo, come gli altri primati, un animale
prevalentemente visivo, non sorprende la necessità di un controllo dei movimenti oculari
particolarmente raffinato. Il programma motorio messo a punto nell'area BA 8, viene inviato, per
l'esecuzione, ad una struttura sottocorticale, il collicolo superiore, e da qui ai nuclei dei nervi
oculomotori del tronco dell'encefalo. L'esistenza di questo percorso è un ulteriore prova
dell'importanza del sistema visivo per il primate. Infatti questo è un percorso speciale, dal
momento che tutti gli altri movimenti programmati nelle aree premotorie sono eseguiti attraverso
un percorso differente: dall'aria premotoria all'area motoria primaria, e da qui, attraverso vie
nervose discendenti, ai nuclei dei nervi motori del tronco dell'encefalo e del midollo spinale.

C. SMA o area supplementare motoria

Nell’area premotoria ci sono anche i NEURONI SPECCHIO***, scoperti da Rizzolatti.

3. La parte più anteriore del lobo frontale invece comprende diverse aree, dette prefrontali (BA10), che
sono raggruppate in aree prefrontali d'orso-laterali, ventro-mediali ed orbitali. E’ la lesione delle aree
prefrontali che provoca quei deficit indicati con l'espressione sindrome frontale. È importante notare
che questa è la parte del cervello di gran lunga più sviluppata nell'uomo in confronto a tutti gli altri
animali, tanto che si è detto che sono le aree tipicamente umane del cervello: non solo sono state le
ultime a svilupparsi nell'evoluzione filogenetica, ma sono anche le ultime a svilupparsi nello sviluppo
ontogenetico, non raggiungendo la piena maturazione prima dei 15 anni.
- Le funzioni esecutive sono note dal 1848 grazie al caso di Phineas Cage ( incidente, sbarra di metallo nel
cranio distrugge aree prefrontali) recupero fisico e intellettuale ma era aggressivo, non aveva controllonelle
relazioni sociali. Più tardi nel 1940 Hebb e Penfield osservarono che in questi pazienti i processi cognitivi
fossero intatti ma fosse andata persa l'abilità di controllarli, organizzarli e di seguirli nella sequenza
corretta: l’ipotesi che ne conseguiva era che le aree prefrontali fossero il substrato neuronale di questi
processi di controllo e pianificazione e che le lezioni a queste aree le compromettessero producendo la
sindrome frontale.

- Abbiamo detto che c'è accordo generale sul fatto che l'esecutivo centrale di Baddeley svolga molte
funzioni distinte, le funzioni esecutive, e che si sia conveniente scomporlo in tali funzioni, le quali possono
essere considerate separatamente  BATTERIE DI TEST

1. Inibizione:

 Il compito di Stroop: Prevede la presentazione di nomi di colori scritti in caratteri colorati. Il compito del
partecipante è di pronunciare il più rapidamente possibile il colore con il quale è scritta la parola ignorando
la parola stessa. I partecipanti normali rispondono più lentamente nella condizione incongruente
commettendo qualche errore. Ciò è dovuto al fatto che in essa l'esecuzione della risposta corretta richiede
l'inibizione della possibile risposta non corretta. Il processo di inibizione richiede tempo e può fallire. I
pazienti con lesioni delle aree prefrontali dimostrano TR eccezionalmente lenti nella condizione
incongruente commettendo un grande numero di errori. Questo compito richiede la capacità di inibire le
risposte non corrette, capacità che è compromessa dopo la lesione delle aree prefrontali. Le ricerche di
neuro immagine hanno evidenziato che nel compito di Stroop vi sia una cospicua attivazione di strutture
neurali localizzate anteriormente nel cervello.

 Il compito di compatibilità spaziale S-R: prevede che il partecipante risponda ad uno stimolo presentato
su uno schermo premendo un pulsante posto a sinistra o a destra in corrispondenza o in difformità con la
posizione dello stimolo. I TR sono più lente gli errori più numerosi nella condizione incompatibile. Questo
fenomeno, detto effetto di compatibilità, si verifica perché la comparsa dello stimolo provoca
automaticamente l'attivazione della risposta spazialmente corrispondente. Nella condizione incongruente
quindi la risposta che si attiva automaticamente è opposta rispetto a quella richiesta dal compito e perciò
deve essere inibita. Questo processo inibitorio richiede tempo e rallenta la risposta e l'inibizione delle
risposte errate è una delle funzioni esecutive che viene compromessa dalle lesioni delle aree prefrontali

 Il compito go/no-go: Altro classico test di inibizione della risposta è il compito Go-no go. Ai partecipanti
vengono presentati degli stimoli, ad esempio delle lettere, e le istruzioni sono di rispondere premendo un
pulsante a tutte le lettere, ad eccezione di una sola, alla quale non si deve rispondere. Se la lettera “bonus”
viene presentata infrequentemente, quando questa compare, il partecipante deve inibire una tendenza a
rispondere, e più la sequenza “Go” si allunga più forte diventa la tendenza a rispondere e maggiore deve
essere l’inibizione.

 Il compito del segnale di stop: Il compito del segnale di stop prevede che i soggetti devono eseguire un
compito di tempo di risposta in base agli stimoli acustici o visivi. Quando però dopo lo stimolo visivo viene
presentato un segnale di stop acustico, la risposta non deve essere seguita. Si è osservato che un aspetto
cruciale in questo compito è il ritardo con il quale il segnale di stop viene presentato rispetto allo stimolo.
Più lungo è il tempo che trascorre, più si è sviluppato il processo di preparazione della risposta e più difficile
risulta interromperlo; quindi più è alto il ritardo del segnale più è probabile che il partecipante commetta
errori rispondendo.

2.Flessibilità cognitiva. La flessibilità cognitiva è un’abilità cruciale perché permette l'adattamento


all'ambiente circostante. Una risposta che era perfettamente accettabile e molto efficace in una certa
situazione diventa non accettabile quando le condizioni ambientali mutano anche di poco. Perciò la
capacità di modificare rapidamente, in accordo con le richieste del momento, i criteri che guidano la nostra
risposta è una delle principali funzioni esecutive.

 Compito “Wisconsin Card sorting test”: Questo test è noto per valutare il danno delle aree prefrontali. Di
fronte al partecipante sono poste quattro carte ognuna caratterizzata da una forma, colore, e da un
numero. Il soggetto che ha in mano un mazzo di carte simili deve, una per volta, accoppiarle a una delle
quattro carte iniziali. Per far ciò può usare il numero, il colore, o la forma. Non gli viene detto però quale sia
il criterio da utilizzare. Una volta che il soggetto lo ha indovinato, l'esaminatore dopo qualche ripetizione
cambia senza informarlo il criterio in modo che la scelta che fino a quel momento era pertinente si rivela
sbagliata. A questo punto è necessario stabilire, per prove ed errori, quale sia il nuovo criterio da impiegare.
I pazienti con lesioni alle aree prefrontali scopro il primo criterio in un numero di volte uguale a quello di
soggetti di controllo. Tuttavia mostrano grande difficoltà al momento di cambiare il criterio: i pazienti con
lesioni alle aree prefrontali continuano infatti ad impiegare il primo criterio per molte e molte prove a
dispetto delle risposte negative mancando di flessibilità nel passare da un processo cognitivo all'altro.
Questo sintomo di perseverazione è uno dei segni più sicuri della sindrome frontale.

Cambiamento di compito (task Switching)

3. Organizzazione gerarchica dell’azione e pianificazione di sequenze di processi cognitivi: L'esecuzione di


qualsiasi compito richiede l'intervento di un gran numero di processi cognitivi. Questi processi non possono
succedersi in modo casuale ma devono realizzarsi con secondo una precisa sequenza. Inoltre, l'esecuzione
efficiente del compito richiede che la stessa sia pianificata in anticipo prima che l'azione stessa abbia inizio.
 Il compito della torre di Hanoi e della torre di Londra, richiede l'uso di tre pioli e di tre anelli di diametro
diverso inanellati sul primo piolo. Il compito del partecipante è quello di spostarli tutti sul terzo piolo
muovendo un solo anello alla volta ed evitando di porre un anello più grande sopra ad uno più piccolo. Il
compito può essere eseguito nel numero minimo di mosse solo se le stesse, e la loro sequenza, sono prima
pianificate a livello mentale. I pazienti con lesioni delle aree prefrontali impiegano un numero eccessivo di
mosse e dimostrano deficit di organizzazione e pianificazione di una sequenza di processi cognitivi.

4. Monitoraggio: Fra le funzioni esecutive è da includere anche quella che permette di monitorare il
contenuto delle rappresentazioni interne o di monitorare la propria prestazione durante l'esecuzione del
compito stesso. Per testare la prima capacità si è soliti utilizzare un compito in cui vengono presentati su un
cartoncino sei elementi, ed il partecipante deve indicarne uno. Successivamente sono ripresentati gli stessi
sei elementi ma in un ordine diverso ed il partecipante deve indicarne un altro che non sia quello già
indicato nella prima prova. Si procede così per tutte e sei le prove. L'idea è che il compito sia eseguito
depositando in memoria di lavoro la prima scelta, poi la seconda e così via, e viene controllato o monitorato
continuamente il contenuto della memoria stessa per evitare di commettere un errore scegliendo di nuovo
l'oggetto già scelto. Poiché sei elementi sono certamente entro limiti della capacità della memoria di
lavoro, la prestazione dipende dalla capacità di monitorare il suo contenuto. I soggetti normali non hanno
problemi nello svolgere il compito, purché il numero di elementi rispetti i limiti della capacità della
memoria di lavoro. I pazienti con lesioni delle aree prefrontali invece mostrano una prestazione inferiore a
quella di partecipanti sani, pur non dimostrando deficit in compiti memoria breve termine che richiede
semplicemente di ricordare gli stimoli presentati. Studi di neuroimmagine hanno dimostrato che nel
compito di monitoraggio dei contenuti della memoria di lavoro si attivano infatti le aree prefrontali
dorsolaterali.

5. Coordinamento delle risorse attentive (o processamento/doppio compito): A volte può accadere che sia
necessario svolgere contemporaneamente due compiti e che, perciò, diventi necessario coordinare la loro
esecuzione. Ciò richiede l'intervento delle funzioni esecutive. Se delle risorse attentive e dei processi di
interferenza si è già parlato nel capitolo sull’attenzione, quello che ci interessa ora è come le funzioni
esecutive coordinino l’esecuzione contemporanea di due compiti. Se i due compiti condividono uno stadio
di processamento è impossibile mantenere l'efficienza della loro esecuzione ad un livello paragonabile a
quello che si raggiunge quando i due compiti sono eseguiti separatamente. Si parla di interferenza
strutturale quando i due processi che si svolgono contemporaneamente da utilizzano entrambi gli stessi
meccanismi per l'accesso siano essi periferici che centrali. Le funzioni esecutive devono quindi intervenire
per determinare quale dei due compiti abbia la precedenza per l'accesso al meccanismo comune. I casi più
interessanti sono quelli nei quali però l'interferenza da doppio compito si osserva in assenza di
competizione per il meccanismo comune. I processi non automatici richiedono una quota di risorse
attentive che sono disponibili in quantità limitata, e proprio per questo, tanto maggiore è la quota da esse
impegnata per l'esecuzione di uno dei due compiti, tanto minore è la quota residua disponibile per
l'esecuzione dell'altro. Le funzioni esecutive interverrebbero cosi nell'assegnare le quote di risorse ai due
compiti simultanei (compito primario, compito secondario).

6. Controllo delle azioni: Abbiamo visto come le funzioni esecutive gestiscono la programmazione
dell'azione attraverso la rappresentazione di una sequenza di processi mentali. Nel caso della
rappresentazione di una serie di movimenti, abbiamo la programmazione motoria (programma motorio=
non siamo consapevoli dei singoli movimenti ma del risultato finale della nostra azione). Quindi secondo la
nostra esperienza soggettiva:

RAPPRESENTAZIONE VISIVA -> DECISIONE ->PROGRAMMA MOTORIO.

Questo però non corrisponde ai processi neurali che realmente avvengono. Libet (1985)studi su quando
avviene la decisione e quando la pogrammazione e esecuzione, registrare attivitàm elettriche del cervello di
un uomo che alza volontariamente la mano, il processo risulta contrario:

AREA PREFRONTALE decisione volontaria AREA PREMOTORIA processo mentale e programmazione


AREA MOTORIA movimento

La decisione si attiva 350 ms dopo dell’area motoria 150 ms prima dell’esecuzione.

PROGRAMMAZIONE DEL MOVIMENTO Evidenza forte in favore dell'esistenza di programmi motori emersi
dalla ricerca di Rosenbaum (1980). Il compito del soggetto consisteva nel raggiungere con una mano un
bersaglio posto davanti a lui. Vi erano tre variabili indipendenti modificate nel corso dell'esperimento, il
bersaglio poteva essere grande o piccolo, vicino lontano, a destra o sinistra della linea mediana del corpo.
La variabile dipendente era il tempo di reazione medio. L'aspetto più interessante era però che il
partecipante poteva essere informato in anticipo su una, due o tutte e tre le caratteristiche del bersaglio.
L'ipotesi di Rosenbaum era che, in assenza di informazioni preliminari, il partecipante avrebbe dovuto
mettere a punto l'intero programma motorio dopo la presentazione del bersaglio e ciò avrebbe richiesto
tempo i tempi di risposta relativamente lunghi. Quando invece venivano fornite in anticipo informazioni
sulle caratteristiche del bersaglio, parte del programma motorio sarebbe stato messo a punto prima della
sua presentazione, con conseguente accorciamento dei TR. I risultati confermarono la predizione, con TR
tanto più rapidi quanto più informazioni sul bersaglio erano fornite in anticipo, cioè quanto più il
programma motorio poteva essere preparato prima della presentazione del bersaglio. Le funzioni esecutive
interverrebbero in questo caso inibendo il programma motorio errato.

NEURONI SPECCHIO***
gruppo di ricerca guidato da Giacomo Rizzolatti nelle aree premotorie (F5) del macaco. In quest'area si
trovano due tipi di neuroni la cui attività è legata alla programmazione del movimento:
1. I neuroni canonici si attivano quando l'animale afferra un oggetto, e la loro frequenza di scarica
varia al variare del tipo di presa. Il tipico neurone canonico risponde anche quando la scimmia
osserva semplicemente un oggetto che può essere afferrato con la presa per cui esso è
specializzato.
2. I neuroni specchio invece rispondono soltanto se c'è un'interazione fra un effettore biologico
(mano bocca) e un oggetto. Questi neuroni rispondono sia quando la scimmia compie un'azione
specifica, sia quando osserva un altro individuo compiere la stessa azione. Un importante aspetto
funzionale dei neuroni specchio è la relazione fra le loro proprietà visive e le loro proprietà motorie.

Essi mostrano congruenza fra le azioni viste e le azioni eseguite che codificano. In altre parole c'è
congruenza fra la risposta allo stimolo visivo e lo stimolo motorio; se un neurone si attiva quando
l'animale esegue un’azione, si attiva anche quando l'animale osserva un altro individuo compierla.

 Si considerano come neuroni specchio strettamente congruenti quelli nei quali l'azione osservata e
l'azione eseguita corrispondono in termini di scopo e di mezzi impiegati. Questi neuroni costituiscono il
30% dei neuroni specchio presenti in F5.

 Si considerano come i neuroni genericamente congruenti quelli che, per attivarsi, non richiedono
l'osservazione di un'azione identica, ma solamente lo scopo per il quale il neurone è specializzato non
avendo importanza il tipo di azione svolta.

Sono state avanzate due ipotesi principali sul ruolo funzionale dei neuroni specchio:

A. La prima, proposta da Jeannerod (1994) sostiene che l'attività dei neuroni specchio stia alla base
delle abilità di imitare le azioni altrui.
B. B. La seconda ipotesi proposta da Rizzolatti sostiene che l'attività dei neuroni specchio permette la
comprensione delle azioni altrui. La comprensione delle azioni altrui è cruciale nei rapporti sociali e
si affianca alla teoria della comprensione basata sulla teoria della mente. Rizzolatti non pretende
che i neuroni specchio rappresentino l'unico meccanismo per comprendere le azioni altrui ma che
questi forniscono un meccanismo molto più semplice e diretto rispetto al dispositivo Tom, creando
una corrispondenza fra la rappresentazione prodotta quando un soggetto compie un'azione e la
rappresentazione prodotta quando uno soggetto osserva un'azione identica compiuta da un altro.
In questo modo il sistema dei neuroni specchio trasforma l'informazione visiva in conoscenza. Sono
molti gli esperimenti che hanno dimostrato che neuroni specchio scaricano esclusivamente quando
vi è la comprensione del significato dell'azione osservata, e quindi il suo scopo, e non alla
osservazione della semplice azione.

Studi di neuroni specchio sull’uomo

EEG  attività elettrica corticale esecuzione e osservazione del movimento

TMS registra i MEPs (potenziali evocati motori) , però solo per muscoli che si sarebbero usati se il
movimento osservato fosse stato eseguito, quindi c’è un aumento selettivo di Meps

Midollo  il midollo spinale attua un meccanismo inibitore che evita all’osservatore di compiere l’azione
che sta guardando
DIFFERENZE NEURONI SCIMMIA E UOMO:

- solo nell’uomo si attivano i neuroni specchio anche per movimenti intransitivi privi di significato
- solo nell’uomo i neuroni sp. Si attivano anche con movimenti che compongo l’azione e non l’aione
globale

PERSONALITà
TRATTO = disposizione, inclinazione, percezione

-I tratti sono dominio-generali, pur avendo una diversa rilevanza nei diversi contesti.

APPROCCI ALLO STUDIO DEI TRATTI

a) Approccio idiografico: Singolarita’ dell’insieme dei tratti di una persona


b) Approccio nomotetico: tassonomia dei tratti da applicare a tutte le persone

-La personalità è l’architettura dei tratti  descrivere, prevedere, spiegare la COSCIENZIOSITà:

- diligente

- puntuale

- motivato

- affidabile

La complessità dei sistemi psicologici che contribuiscono all’unità e continuità dell’esperienza individuale e
della condotta sia nel modo in cui viene espressa sia nel modo in cui viene percepita dall’individuo e dagli
altri. È espressione, percezione di sé, e altrui.

Ipotesi della sedimentazione linguistica (Cattel): La maggior parte delle differenze individuali rilevanti sono
codificate come parole singole nel linguaggio naturale.

Uno studio lessicale in Italia (Caprara e Perugini, 1994) sulla generalizzabilità degli aggettivi (chiarezza,
utilità, desiderabilità sociale, frequenza)

Marker: aggettivi tipici di ciascun tratto:

-Estroversione: espansivo, dinamico, vivace

-Stabilità emotiva: equilibrato, cauto , calmo

I principali approcci fattoriali allo studio della personalità:

-Uso dell’analisi fattoriale per identificare le dimensioni di personalità


-Impiego del questionario come metodo principale di indagine sulla personalità

-Organizzazione gerarchica delle dimensioni di personalità

-Esistenza di caratteristiche individuali stabili che permettono di prevedere il comportamento individuale

Il Modello dei Cinque Fattori: i “Big Five

•Estroversione/Energia

•Amicalità (Gradevolezza)

•Coscienziosità

•Stabilità emotiva (Nevroticismo)

•Apertura mentale (Cultura)

- è caratterizzato da elevata comprensività, economicità e accessibilità. Consente di esaminare e valutare la


personalità con i termini che le persone usano abitualmente per comunicare, descrivere e giudicare se
stesse e gli altri

-consente di esaminare e di fare previsioni rispetto ad importanti “criteri esterni” connessi all’adattamento
psicosociale, come il successo scolastico e lavorativo e il benessere psicologico

Limiti del Big Five

-I Cinque Fattori non sono stati riscontrati in tutte le culture, soprattutto negli studi di tipo emico

-Fattori estratti a livello di popolazione solo in parte trovano riscontro a livello di individui

-Abitualmente le persone usano un numero più limitato di fattori per descrivere se stesse e gli altri

-I Cinque Fattori non esauriscono la varietà delle caratteristiche che descrivono la personalità, né
permettono una descrizione accurata delle singole individualità

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