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23 Ortopedia- Vespasiani- 28/05 FM

Osteomielite
Stretta associazione tra l’ortopedia e la medicina interna. La chiave di questa connessione sono le protesi,
oggi gli ortopedici fanno un grande uso di protesi e queste, essendo materiale “esterno” può infettarsi. È
una complicanza molto grave e debilitante per il paziente soprattutto in termini di qualità di vita.

Definizione

Processo infiammatorio suppurativo del midollo osseo, il resto


dell’osso è interessato con fenomeni di necrosi ed osteolisi.

Normalmente il tessuto osseo è resistente alla colonizzazione


batterica. Ci sono fattori che posso favorire l’infezione (elenca
quelli nella slide).

Classificazione

Due grandi classificazioni delle osteomieliti.

La prima (per il prof è quella più corretta) è di Lew e Waldvogel che considera due parametri:

 Durata: la patologia può essere acuta o cronica


 Patogenesi: ematogena ( i germi circolano nel sangue, ci sarà una batteriemia, normalmente non si
pensa all’osso come ad una sede da “metastatizzazione settica”, però in talune condizioni questo è
possibile), da inoculazione diretta (trauma con frattura esposta: i germi entrano direttamente
all’interno dell’osso/chirurgia: è il chirurgo stesso a portare
l’infezione in sala), da focolaio contiguo (ad esempio infezione
dei tessuti molli poi trasmessa all’osso, il piede diabetico è
l’evenienza più frequentemente associata ad osteomielite delle
dita del piede). I PRO di questa classificazione sono che è
intuitiva e didatticamente molto chiara. I CONTRO sono che non
da un timing di differenziazione tra acuta e cronica e
soprattutto non c’è un corrispettivo in termini terapeutici, non
è una guida per il chirurgo nella scelta del trattamento in base
alla patogenesi (il trattamento sarà sempre lo stesso). È più
didattica meno applicativa.

L’altra classificazione è di Cierny Mader. Questa fa due analisi: valuta se l’infezione è ristretta al midollo
osseo, alla parte corticale, se è un’infezione localizzata o diffusa. Viene meno tutta la fisiopatologia del

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processo infettivo, guarda l’osso e come si


fenotipizza l’infezione. Inoltre studia anche
l’ospite, come sta, se ha compromissione locale o
sistemica.

È il classico approccio che indirizza nelle diverse


possibilità terapeutiche. Permette di capire le
condizioni dell’infezione, per capire l’approccio
terapeutico indicato, ma anche come sta l’ospite,
per modulare tale approccio in modo
personalizzato a quel paziente.

Stadio1: fa riferimento all’infezione precoce per


via ematogena, infatti si localizza nella midollare
dell’osso, che è la parte più vascolarizzata dell’osso.

Stadio2: osteomielite superficiale, ovvero quella per contiguità (come scritto precedentemente un esempio
è un’infezione da ulcera del piede diabetico)

Stadio3: è un’infezione ancora localizzata, che parte dalla corticale, prende corticale e midollare, ma ancora
localizzata, nel senso che parti di queste zone sono ancora conservate. Questo permette di effettuare una
chirurgia anche più conservativa. Il sequestro d’osso è la
presenza di una porzione di osso ormai morta, staccata e
decontestualizzata rispetto alla parte vitale, per colpa
dell’infezione. Il sequestro determina il passaggio da
osteomielite acuta a cronica, perché quel frammento
devascolarizzato nell’ambito del processo infettivo diventa
come un corpo estraneo, dove i batteri si annidano e non
arriva antibiotico. Pertanto senza chirurgia non si cura.

Stadio4: la stabilità dell’osso non è più preservata. Richiede


una resezione segmentaria.

È una classificazione più mirata a quello che deve fare il medico ed il chirurgo, ma è più specifica per le
infezioni delle ossa lunghe piuttosto che quelle piatte.

Osteomielite ematogena

Si può sviluppare con diverse modalità: Febbre, dolore forte,


limitazione,
infiammazione
locale,
tumefazione.
Rara nell’adulto,
ha localizzazione
vertebrale. Il
tipico paziente
adulto è anziano
(In questi casi è
difficile distinguere se sono primariamente delle spondilodisciti
con interessamento vertebrale secondario o se sono osteomieliti con interessamento discale.)

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Queste forme si vedono maggiormente nei bambini e tipicamente


nelle ossa lunghe:
femore, tibia ed
omero. La
localizzazione elettiva
nei diversi ristretti è
dipendente dalla
vascolarizzazione e
dalla permeabilità. Nel
bambino la metafisi delle ossa lunghe è una zona molto
vascolarizzata, con molte fenestrature dove l’infezione può
penetrare, cosa che non succede nell’adulto. In quest’ultimo
la vascolarizzazione vertebrale invece diventa molto

importante.

La circolazione metafisaria nel bambino non è anastomizzata con quella epifisaria, quindi questo blocca la
possibile contaminazione epifisaria. Il processo infettivo cerca però una via di fuga laterale, in un’infezione
già avanzata quello che può accadere è il coinvolgimento della cavità articolare. Il bambino con
l’osteomielite ematogena si presenta con un ginocchio gonfio dolente perché ha un’artrite settica. Dopo la
radiografia, la tc o la risonanza si scoprirà sotto il processo di osteomielite. Nell’adulto l’artrite settica si
cura in artroscopia, lavando bene la cavità articolare, impostando poi una terapia antibiotica. Nel bambino
si dovrà fare anche una chirurgia appunto di pulizia dell’osso, altrimenti dopo pochi giorni il problema torna
a presentarsi.

Un’altra possibilità è che l’infezione non guadagna la capsula, c’è un tentativo di arginare quindi una
reazione periostale, con formazione di un vero e proprio callo a compartimentalizzare. In ogni caso si dovrà
operare.

Ultima possibilità che l’infezione si lateralizza velocemente, non c’è una reazione periostale tale da arginare
il processo e si crea una fistola.

Questo sono possibilità tipiche quando la sede sono le ossa lunghe.

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(reazione periostale classica con processo infettivo sottostante: immagine rx)

Negli adulti i pazienti a rischio sono quelli proposti


nella slide.

(anemia falciforme: perché favorisce infarti ossei,


questi a loro volta favoriscono la penetrazione di
batteri in una zona dove ci sta contiguità a livello
osseo con il torrente circolatorio, quindi possono

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esserci diversi tipi di focolai in corso di batteriemia, si possono creare


vere e proprie metastatizzazioni settiche a livello dell’osso. In questo
caso per ragioni biologiche sono favorite anche le salmonelle minori.)

Le osteomieliti vertebrali hanno una diagnosi ritardata soprattutto negli


anziani perché i sintomi della febbre, del deterioramento delle
condizioni sistemiche sono più attenuati. Inoltre i crolli vertebrali,
l’artosi, le ernie discali, sono patologie comuni nell’anziano, quindi
l’infezione non è la prima cosa che viene in mente. Ovviamente una
diagnosi ritardata fa si che la vertebra raggiunga un’instabilità tale che
alla fine crolla e porta il paziente ad avere dei dolori acuti e può dare
complicanze come la compressione midollare, che possono determinare lesione neurologiche a lungo

termine.

Eziologia

S. aureus è il più comune in tutte le età, soprattutto nei tossico


dipendenti o con accessi vascolari. Questo perché è un
patogeno che vive e guadagna dalla cute.

S. epidermidis

Nel bambino: H influenzae (anche se la vaccinazione sta


riducendo la prevalenza di questo tipo di agente infettivo).
Sono anche
qui possibili
(ma meno
comuni) gli Streptococchi di gruppo B, gli Enterobatteri,
la Candida, soprattutto nei neonati con cateterizzazione
venosa centrale.

Nell’adulto: Stafilococco rimane la causa prima


dell’osteomielite ematogena, ma stanno prendendo
piede anche forme da gram negativi
(Enterobatteriacae), soprattutto i pz con patologie
croniche (tumori, diabete) sono più a rischio.
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Altri agenti: Anaerobi (poco frequenti), micobatteri


(più implicati nell’ambito della spondilite
tubercolare), miceti (di solito in associazione a
condizioni di immunodepressione importanti,
quindi paziente che presentano condizioni
fortemente predisponenti).

Osteomielite non ematogena

Inoculazione diretta:

 post traumatica: dipende molto dal tipo


di agente patogeno coinvolto. È tutt’ora
presente in policlinico un paziente che ha
messo la gamba dentro la “mototrebbia”:
oltre ad essersi rotto tibia e perone ed
aver squarciato muscoli, strutture
legamentose e cutanee, c’è un rischio di
infezione polimicrobica altissimo. Il
contesto quindi è molto importante per
capire la possibile eziologia dell’infezione
e quindi anche la terapia antibiotica
empirica con cui iniziare (nel caso
precedente si sceglierà un trattamento ad
ampio raggio).

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 post chirurgica/iatrogena (insita nella chirurgia è la possibilità di veicolare germi, ma dipende anche
dalla resistenza del sistema immunitario dell’ospite, come reagisce di fronte all’inoculo): le
inserzioni protesiche sono la prima cause di infezione dei tessuti ossei o molli peri scheletrici
nell’ambito della pratica ortopedica. Per quanto riguarda l’inoculazione diretta legata alle fratture
esposte, incidenza in aumento. Solitamente in questi casi ci si aspetta una infezione rapida, quindi
si fa una terapia antibiotica per sperare di sterilizzare l’osso che eventualmente è venuto in
contatto con l’agente infettivo. Anche in sala viene fatta una pulizia dei tessuti molli anche
sottocutanei. Non è detto che questo basti. Il paziente può comunque andare incontro ad infezione
dopo qualche mese e questo cambia notevolmente le condizioni di cura.

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Per contiguità:

 da tessuti
molli adiacenti: le
principali condizioni
predisponenti sono il
piede diabetico e le
piaghe da decubito.
Nelle piaghe da
decubito ciò che
favorisce l’infezioni
sono una serie di
fattori: il paziente è
anziano e spesso porta pannoloni che sicuramente portano una contaminazione microbica
notevole, ma il fattore dominante è un problema di vascolarizzazione. In quella zona il paziente ha
una continua compromissione del circolo, per questo si tende a spostarlo continuamente e non
farlo stare sdraiato. Nella slide si fa riferimento ad una osteomielite del calcagno in età pediatrica,
il prof dice di averle viste anche da decubito nell’adulto. (sacro e calcagno sono zone preferenziali
per ulcere, anche se nel calcagno la pressione è minore ed ha un cuscinetto di sostegno maggiore).
Si tratta ovviamente di pazienti anziani con aterosclerosi, diabete e le infezioni sono
frequentemente polimicrobiche, nelle ulcere da decubito ed anche nel diabetico
 Rt di capo e collo

Presentazione clinica

L’osteomielite è un tipo d’infezione che richiede


quasi sempre il medico ed il chirurgo, l’unico caso in
cui richiede solo il medico è quella acuta, ovvero
l’osteomielite contratta per via ematogena ancora
localizzata alla midollare dell’osso. Il paziente avrà
febbre, dolore.

L’osteomielite cronica da un dolore più sordo, ci sarà


fistolizzazione e tumefazione. Ciò che spesso accade
è il paziente che operato di protesi viene dopo molto
tempo ad osservazione (dopo un anno), in questi casi

l’infezione è stata contratta tardivamente per via ematogena,


il paziente sente dolore e poi viene fuori la fistola che
chiaramente mi fa fare diagnosi di una osteomielite peri
protesica che coinvolge anche l’osso vicino alla protesi. Il
cronico ha una presentazione molto più subdula e molto più
lenta rispetto l’acuto.

Diagnosi

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 esami ematici: ci sarà sicuramente


infiammazione quindi negli esami di laboratorio
avremo pcr e ves elevate.

(osteomielite acuta avrà PCR: 300 procalcitonina


probabilmente mossa, dolore e febbre. Osteo.
Cronica avrà PCR: 70 ed un rialzo dei GB meno
evidente. Questo ad indicare che sebbene sia una
patologia clinicamente più silente, a livello di
laboratorio da comunque delle alterazioni dei
valori)

 Emocultura: positive soprattutto nelle


acute (mai fare il colturale dalla fistola
o dal tessuto molle infetto. Quello che
si va ad isolare non è detto sia
l’agente dell’infezione profonda e
questo potrebbe direzionare su una
terapia antibiotica non risolutiva,
perché non specifica per il vero
agente patogeno dell’infezione)
 Radiografia standard: poco sensibile,
spesso negativa specie all’inizio della
patologia.
 Tc e Rmn: rilevano la distruzione dell’osso, la reazione periostale. La risonanza è più
specifica nelle fasi precoci e permette di studiare i tessuti molli. È l’esame di scelta nelle
osteomieliti vertebrali perché permette di verificare l’eventuale espandimento,
compromissione ed il coinvolgimento midollare, che è la complicanza che più preoccupa,
soprattutto in caso di crolli vertebrali.
 Pet: poco specifica, costosa, poco diffusa.
 Scintigrafia ossea: importanza nelle infezioni periprotesiche, perché l’infiammazione che
può svilupparsi intorno ad una protesi a volte può essere dovuta ad una reazione ad
esempio alla metallosi della protesi stessa, come una specie di “rigetto” che avviene in
taluni soggetti che hanno una loro ipersensibilità alla protesi. In queste reazioni aspecifiche
può essere utile la scintigrafia ossea a leucociti marcati. Sono comunque tecniche da
riservare a casi specifici, perché molto costose.

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 Biopsia: diagnostica
microbiologica. I culturali
fatti dalla cute, soprattutto
in persone anziane, sono
tutti positivi per
stafilococchi resistenti,
questo è del tutto
aspecifico. Bisogna andare
in profondità, fare una
biopsia ossea (si fa nelle
osteomieliti vertebrali) e
provare ad avere una
diagnosi in questo modo.
Oppure spesso succede che
se si presenta un paziente diabetico con
ulcera da osteomielite lo si manda dal
chirurgo per toilette chirurgica e
contemporaneamente si fa un
culturale: il problema è che spesso
questo sarà un falso negativo, per un
comune errore dei medici. Il paziente
che viene con 10000bianchi,
osteomielite cronica, 37.3 di
temperatura, VES alta, PCR alta, la
prima cosa che si tende a prescrivere è
l’antibiotico e poi si manda il pz in sala
operatoria. Con pregressa terapia antibiotica ovviamente il prelievo in sala verrà negativo.
Soprattutto se si tratta di un’osteomielite cronica ( nell’acuta con pz setticemico
l’antibiotico va dato subito dopo l’emocultura), piuttosto che prendere il tampone e fare
l’antibiotico creando il problema di sopra, il pz dovrebbe fare una diagnostica di secondo
livello (TC RMN), diagnosticata l’osteomielite profonda si va in sala con il debritment
chirurgico, si fa il culturale, inizio una terapia antibiotica mirata. Questo è un servizio
enorme al paziente, ma si fa solo nel 50 % dei casi. Solitamente il paziente entra in sala con
pregresse terapie antibiotiche empiriche che limitano la positività del culturale o peggio
fanno terapia sulla base del solito stafilococco cutaneo, preso da tampone. Sono infezioni
che richiedono una terapia lunga, quindi capire l’eziologia è fondamentale.

trattamento

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L’unica forma curabile è l’osteomielite acuta,


una volta che diventa cronica, che si forma il
sequestro d’osso quello diventa un santuario
per i batteri, non posso fare altro che aprire
pulire e l’infezione ha colpito tutto l’osso non
posso far altro che tagliare e togliere l’osso
stesso.

Nei paz diabetici o compromessi dal punto di


vista vascolare, onde evitare di andare
incontro a continue amputazioni, l’approccio
migliore è la rivascolarizzazione prima e dopo
la chirurgia, questo perché sono condizioni che
non compromettono lo stato generale da un
momento all’altro, piuttosto il rischio di
sopravvivenza di quell’arto.

Slide: schemi di penetrazione dell’osso sulla base del quale vengono scelti gli antibiotici.

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Infezioni protesiche

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È un percorso infinito e molto frustrante sia per


il medico che per il paziente. La causa può
essere una contaminazione veicolata dalla
protesi durante la chirurgia o una diffusione di
batteri dalla ferita chirurgica che ci impiega del
tempo a rimarginarsi. Più tardivamente la
provenienza è invece ematogena.

PRECOCI: entro 3 mesi, da germi molto virulenti


come lo stafilococco e lo pseudomonas in
qualche diabetico, inoculati nel momento della
chirurgia.

Sintomi: febbre e dolore, il paziente non sta


mai bene.

RITARDATA: da 1 o 2 mesi ad un anno, germi sempre portati durante la chirurgia, pero sono meno virulenti.
Il più comune è Propione Bacterio Acnes (responsabile dell’acne), alter ego dello stafilococco, presente sulla
cute di ciascuno, molto lento a crescere. Il paziente dopo la protesi quindi sta bene anche se c’è stato
l’inoculo, i dolori iniziano dopo un anno.

TARDIVA: dopo due anni dalla protesi. Non è stato il chirurgo a portare il germe, ma si tratta della classica
setticemia o batteriemia tardiva.

Il concetto chiave che rende un incubo queste infezioni è il


concetto del biofilm. Il biofilm è il vero problema che porta
a perdere la battaglia contro le infezioni protesiche. Se una
comunità di batteri si attacca alla protesi e fa biofilm è
come trovare cellule tumorali che dormono in un ospite, la
terapia chemioterapica è basata sulla loro attività, quindi
ogni cura è totalmente inutile. Posso combatterli quando si
“muovono”, ma è una battaglia a perdere, non sono
eradicabili.

Approccio al paziente

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Pz con protesi 1 mese e mezzo fa, ginocchio dolente, tumefazione, caldo. Penso ad una infezione: esami del
sangue (infiammato), prelievo liquido sinoviale (valuto la conta cellule, i cut off sono molto eterogenei, ma
di soliti se ci sono più di 1000 neutrofili a livello del liquido implica che il soggetto ha un’infezione). Ci sono
due possibilità:

 sintomi presenti da meno di tre settimane o protesi a meno di un mese dall’impianto (fresca):
posso provare ad aprire pulire e lasciare la protesi, pensando che il biofilm non si sia formato.
 se la protesi è di oltre il mese o i sintomi ci sono da più di tre settimane (in realtà più che dei
sintomi, ci basiamo solo sulla durata della protesi), ci sono due possibilità:
1) tolgo la protesi e ne metto una nuova (molti rischi, si fa nel caso di pz molto defedato ed anziano
a cui si risparmiare un intervento può valere il gioco).
2) la cosa migliore sarebbe quella di togliere tutto, mettere uno spaziatore antibiotato (una falsa
protesi che rilascia antibiotico locale e
stabilizza l’articolazione) e dopo un
periodo di tempo di terapia antibiotica
per via anche parenterale, si rimette il
tutto.

Chiaramente se le infezioni sono recidive,


il pz è particolarmente compromesso,
l’unica via di trattamento è
l’amputazione, perché l’infezione tende
sempre ad estendersi e se diventano
sistemiche portano il paziente a rischio di
vita.

(il prof non spiega la slide sul trattamento antibiotico, perché non crede sia fondamentale ai fine
dell’esame di ortopedia)

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