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La diversità culturale nel Rojava

Fig.1bis
“Le Terre Occidentali”
Sono sanciti, quali principi fondamentali nella Carta del Rojava, la pari dignità e il diritto alla
rappresentatività nel governo del territorio di ogni popolo che vi sia stanziato, a prescindere da qualsiasi
distinzione, in una forma di democrazia diretta «dal basso» (Fig.1) e in completa parità di genere.
Nei tre cantoni (Afrin, Kobanê, Jazira ) in cui è suddiviso il territorio del Rojava vivono fianco a fianco
Kurdi, Arabi, Siriaci - Assiri, Turkmeni, Armeni, Circassi, Ceceni, Nawar e comunità etno-religiose di
musulmani, cristiani, yezidi, alawiti, ebrei, aleviti, yarsan, Bab’i, yazdani.
In questo sussidio grande spazio sarà dato al popolo kurdo, perché molti degli aspetti che lo
caratterizzano si ritrovano anche nelle altre popolazioni che vivono in Rojava.
Quindi verranno illustrati nello specifico quegli
SISTEMA DEMOCRATICO DELLA SIRIA DEL NORD aspetti della cultura degli altri popoli che si
ORGANI DI GOVERNO: SETTORI AMMINISTRATI: differenziano rispetto alla cultura kurda.
Consiglio Democratico - Condizione delle donne
Siriano - Economia
Assemblea cantonale - Difesa La co-Presidenza del Movimento per una
Assemblea cittadina - Educazione Società Democratica (TEV-DEM) regge
Assemblea di quartiere - Giustizia l’organizzazione dell’Autonomia
“Comune” - ciò che si renda Democratica del Rojava.
necessario nel tempo
Fig.1

Sul territorio del Rojava, dislocato


nel Nord della Siria (Fig.1), si sono
avvicendati nel corso del tempo,
diversi popoli. Ancora oggi questa
regione conserva una grande
varietà di culture, legate a popoli
con differenti origini, religioni,
lingue, etnie.
I KURDI
Fig.2

Ed eccolo (Fig.2) il territorio del Kurdistan,


che non corrisponde a uno stato,
ma alla regione geo-politica, in
prevalenza montuosa, attraversata
dai confini di quattro Paesi: Turchia,
Siria, iran e Iraq, che i Kurdi occupano
e nella quale sono storicamente insediati.
Il territorio e le risorse
Il popolo kurdo, il più numeroso nel mondo senza uno stato, conta più di 40 milioni di persone. Il loro
territorio d’insediamento storico è attraversato dai confini di quattro Paesi: Turchia, Siria, Iraq e Iran.
Nel territorio del Kurdistan, per lo più montuoso (Fig.4), alternato con aree steppose, si trova la culla
della civiltà, la Mesopotamia, fra i due fiumi Tigri (Fig.3, dalla rocca di Hasankeyf, Kurdistan turco) ed
Eufrate. Molto ricco di minerali, tra le risorse del territorio è anche il petrolio, soprattutto nel Kurdistan
iracheno e turco sud-orientale (Fig.5, un impianto nel Kurdistan turco, Prov. di Batman).
Fig.3 Fig.4

Nonostante le
grandi ricchezze
della regione,
comprese le risorse
idriche, la
popolazione vive
spesso in condizioni
economiche
precarie (Fig.7,
prov. di Batman).

Fig.5 Fig.6 Fig.7


Il modo di vivere e di abitare

L’economia rimane per lo più legata alle attività tradizionali dell’agricoltura e dell’allevamento e alla
produzione artigianale, anche se negli ultimi anni si stanno diffondendo prodotti industriali di bassa
qualità. In origine i Kurdi erano nomadi; oggi sono per lo più sedentari. Molti hanno dovuto prendere la
via dell’esilio a causa delle persecuzioni da parte dei governi dei territori che abitano.

Fig.8 Fig.9
Ma è ancora possibile, sulle montagne, incontrare qualche tenda di pastori che praticano la transumanza
e un seminomadismo stagionale, spostandosi con le tende (Figg.8 e 9) tra pascoli estivi in quota e
pascoli invernali a valle, dove alcuni abitano in semplici case, nei villaggi, spesso costruite con le proprie
mani (Fig.10).
Fig.10 Fig.11
In ambito rurale le abitazioni sono ancora costruite come millenni fa, con muri di pietra o mattoni di
fango impastati con paglia e asciugati al sole, intonacati con fango lisciato. Il tetto è piano, sorretto da
tronchi sui quali è sistemato un canniccio di sostegno della terra di copertura e utilizzato come se fosse
una grande stanza in più, spesso corredato di una piattaforma rialzata di metallo o legno, mobile, con
panche su tre lati, ricoperta di tappeti e cuscini, dove, secondo il bisogno, si può mangiare e dormire
(Fig.6) Queste case necessitano di una costante manutenzione, essendo soggette a dilavamento, ma
sono molto confortevoli, fresche d’estate e facili da riscaldare in inverno. Per effettuare la necessaria
manutenzione al tetto, ricoperto di terra, si utilizza uno strumento realizzato perforando un grosso
cilindro di pietra, attraversato da un tondino di metallo, foggiato in modo da formare un manico per
poter far rotolare il cilindro sulla superficie del tetto e così ricompattarlo dopo le piogge (Fig.11). Il forno
è sempre presente, se non per ogni casa, come bene collettivo al servizio di un certo numero di
famiglie, spesso anche con la funzione di luogo di ritrovo per le donne, che impastano e preparano il
pane insieme.
I forni, in terracotta (Fig.12), possono trovarsi in superficie, riparati da una struttura con pareti di fango
impastato e/o in pietra (Figg.13 e 14), coperti da un coperchio, oppure interrati. L’impasto per il pane
viene attaccato alle pareti del forno (Fig.15). Quando il pane è cotto si stacca dalla parete e cade sul
fondo, da cui viene recuperato (Fig.16).
Fig.12 Fig.13 Fig.14

Fig.15 Fig.16

Un altro tipo di pane, più


largo e sottile (Fig.19), si
prepara sul saç, una piastra
di ferro convessa posta
direttamente sul fuoco
(Figg.17 e 18)
Fig. 17 Fig.18

Fig.19 I pasti si consumano seduti per terra (Fig.20), su


una stuoia ricoperta da un tessuto, e spesso una
tovaglia che copre le ginocchia viene condivisa fra
tutti i commensali, per non sporcarsi gli abiti. Il cibo
viene posto al centro della stuoia, o su un tavolino
basso, in grandi piatti o vassoi dai quali ciascuno
attinge a piacere con le proprie posate. Il pane
fresco, sempre abbondante, viene distribuito a
ciascuno. Non manca mai il cacik, yogurt diluito con
cetriolo tagliato a fettine sottilissime, aglio, sale e
menta sminuzzata. Le bevande comprendono sempre
acqua e ayran (yogurt diluito con acqua, condito con
sale e a volte con menta essiccata). In genere i
bambini mangiano tutti insieme, su una stuoia vicina
a quella degli adulti.
Fig.21 Fig.22

Tanto nei villaggi quanto nelle città gli uomini trascorrono sovente molto tempo nella çay ocağı
(«posto dove si prepara il tè», Fig.22), chiacchierando, bevendo caffè e tè, giocando a carte o a
backgammon, fumando (il tabacco prodotto in molte zone del Kurdistan è di ottima qualità, utilizzato
pure nella preparazione di sigarette di marche molto note, Fig.23) o semplicemente sgranando tra le
dita il tespih, una sorta di «rosario» con 99 perle corrispondenti ai 99 nomi di Allah.

Fig. 23

In ambito rurale, dove la legna scarseggia, il


riscaldamento è fornito dal combustibile organico
ottenuto impastando il letame degli animali in pani
tondeggianti poi lasciati essiccare al sole, che non
producono cattivo odore, bruciano lentamente e
forniscono molto calore (Fig.24)
In diversi centri del Kurdistan sono state avviate iniziative per dare alle donne l’opportunità di
procurarsi una minima indipendenza economica, tramite la creazione di cooperative di produzione in
cui lavorano in un clima di parità, comprensione e solidarietà, con entusiasmo e talvolta, come nel
caso della realizzazione di tappeti (annodati) e, soprattutto, della tessitura di kilim (tappeti piani
tessuti), recuperando un patrimonio culturale, anche iconografico, di estrema importanza, tramandato
da madre a figlia (Figg.25,26,27 e 28)

Fig.24 Fig.25
Fig.26 Fig.27 Fig.28

Una volta quest’attività era più diffusa,


perché la produzione era di utilità pratica
(sacche, contenitori vari, basti, tende,
giacigli, porte, coperte, …) ma la tradizione
continua comunque nei villaggi e a volte
anche in città in ogni casa. (Figg.29, 29bis e
30)
Fig.29 Fig30

Fig.29 bis
Fig.31 Fig.32
L’abbigliamento e il Newroz

Fig.33

Fig.34 Fig.35
Gli abiti tradizionali delle donne kurde sono molto elaborati, a più strati, luccicanti e vivacemente
colorati (Figg.31, 32 e 33). I più belli ed eleganti vengono indossati durante la celebrazione del
Newroz, il capodanno kurdo. I capelli di solito sono lasciati scoperti, oppure coperti da un leggero velo
bianco. Gli abiti maschili sono più omogenei: una tuta con pantaloni dal cavallo molto basso, o camicia
e pantaloni, sempre a cavallo basso, in tinta unita in tonalità dal nero al grigio al verde scuro, stretti in
vita da una fusciacca decorata, tessuta talvolta a kilim, avvolta in sette giri (Fig.34 e 35). Questo
abbigliamento costituisce anche l’uniforme dei peshmerga, i guerriglieri del Kurdistan iracheno.

Fig.36 Fig.37 Fig.38


Il 21 marzo, ovunque si trovi una comunità kurda, si celebra il Newroz, il nuovo anno kurdo, come per
molti popoli iranici, con l’inizio della primavera: è il momento più importante del calendario kurdo, con
un forte significato politico di affermazione identitaria (Figg.36 e 40): anche i più piccoli indossano gli
abiti più belli (Figg.37 e 38), si suona, si danza, si discute; si accendendo fuochi, attorno ai quali si
avvolgono interminabili halay (Fig.41), le danze tradizionali in cerchio, i giovani saltano i falò. Ma la
celebrazione del Newroz ricorda anche la sconfitta degli Assiri, sanguinari tiranni, da parte dei Medi (in
cui i Kurdi riconoscono i propri antenati), guidati da Ciassare, il 21 marzo del 612 a.C. Questo
avvenimento cruciale viene ricordato nel mito di fondazione del popolo kurdo, del fabbro Kawa che
riesce a liberare il suo popolo dal mostruoso tiranno-serpente Dahok (o Zohak). Per annunciare la
vittoria, vennero accesi fuochi su ogni cima del Kurdistan. (Fig.39)
Fig.39 Fig.40
Fig.41 La celebrazione del Newroz 2015 a Roma, presso il Centro Ararat.
L’economia L’economia nei territori
del Kurdistan varia
molto spostandosi dal
contesto cittadino a
quello di villaggio. In
città, benché il tasso di
disoccupazione sia più
elevato fra i Kurdi che
tra la popolazione del
paese ospitante, vi è
integrazione lavorativa.
Trova spazio ancora,
anche in molte città,
Fig.42 l’artigianato, soprattutto
Fig.44 la lavorazione dei
metalli (fabbri, ramai,
stagnatori, Figg.42 e
43), che lavorano
spesso con molta
creatività. In ambito
rurale attività
Fig.43
predominanti sono la
produzione agricola e la
pastorizia. Tra le
produzioni più pregiate
ed esportate abbiamo
albicocche e fichi seccati
al sole (Fig.44).
La musica e la letteratura
La cultura kurda è antichissima e molto ricca, con un’importante produzione letteraria. La lingua è stata
a lungo vietata, difficile usarla ancora oggi, quindi gran parte del patrimonio culturale e letterario si è
tramandato oralmente, all’interno delle famiglie e tramite l’opera dei dengbej, cantastorie che si
spostavano tra i villaggi raccontando in forma melodica, con un uso della voce molto particolare, gli
avvenimenti, le storie, la letteratura, le leggende. Uno dei poemi più amati, conosciuto da tutti i Kurdi,
che Ahmad Khani ha fissato con la scrittura alla fine del XVII sec., è la drammatica storia dell’amore
impossibile tra Mem e Zin, che vede sullo sfondo una storia più grande e le dinamiche sociali kurde. La
tomba di Mem û Zin, ad Hakkari, è meta di costante pellegrinaggio e venerazione. Le donne scrivono
sulla parete di fondo i nomi degli uomini amati lontani o in pericolo, chiedendo protezione ai due amanti.
Nell'immagine, la tomba di Mem e Zin, con due donne intente a scrivere i nomi dei loro uomini sulla
parete di fondo. (Fig.45) Recentemente la
tomba, guardata a volte da maestosi Kangal,
i cani pastori delle montagne kurde (Fig.46),
è stata ristrutturata e l'interno è stato
intonacato.

Fig.46 Fig.45
Il tatuaggio

Il tatuaggio appartiene alla cultura kurda più autentica, anche se oggi nei contesti cittadini tende a
perdersi e soprattutto a veder svanire la propria connotazione identitaria. Le donne kurde affermano in
genere di tatuarsi per una questione Fig.47
estetica, ma il significato profondo del
tatuaggio, su mani, piedi, caviglie,
polsi, seno, collo, viso, oltre a una
funzione estetica, costituisce un
importante mezzo di identificazione
con la propria comunità (Figg.47, 47bis, 47 ter).

Fig.47bis
Ogni famiglia ha il suo repertorio di motivi, trasmessi da madre a figlia, i medesimi motivi simbolici che
si ritrovano nei kilim, i tappeti tessuti, di utilizzo più corrente e versatile, che conservano quindi più
fedelmente repertori iconografici tradizionali, in quanto non contaminati dalla committenza, soprattutto
straniera, che ormai caratterizza molta della produzione di tappeti annodati

Il Deq (il tatuaggio kurdo) è eseguito utilizzando una miscela di latte materno fresco proveniente da
donne che abbiano dato alla luce una femmina, latte, bile animale e nerofumo. La miscela viene
applicata sulla pelle, che viene forata in precedenza.
I simboli riprodotti nei tatuaggi sono diversi tra donne e uomini.
Fig.47 ter
GLI YEZIDI
Il gruppo etno-religioso degli Yezidi è indigeno del Medio Oriente. Essi parlano kurdo kurmanji, ma si
considerano per talvolta come un gruppo etnico autonomo, benché molti Kurdi li riconoscano come i
titolari della più autentica cultura kurda. Sono stati sempre perseguitati a causa del carattere sincretico
della loro religione, monoteista, che accoglie elementi dello Zoroastrismo, dell’Ebraismo, del
Cristianesimo, dell’islam. Non credono nella dannazione eterna per i peccatori, ma alla trasmigrazione
delle anime attraverso un processo di graduale purificazione in cui le anime dei peccatori rinascono sotto
le sembianze di animali per vivere un periodo di prova, al termine del quale potranno assumere
nuovamente la forma umana. Anticamente lo Yezidismo era più simile a una filosofia piuttosto che a una
religione ed era la fede originaria dei Kurdi. Ha assunto un carattere più religioso nei secoli, sotto
l’influenza dell’Islam e delle alte religioni dell’area. Essendo stati perseguitati per millenni, la loro cultura
e i fondamenti del loro credo sono stati tramandati quasi del tutto oralmente. (Shengal, Fig.50)
Fig.48 Fig.49
La sua essenza ruota intorno alla figura di Taus Melek, l’Angelo Pavone (Fig.49), ma ci sono anche altre
figure di angeli, presenti anche nella Bibbia, come Gabriele e Michele. Non è necessario recarsi in un
luogo speciale per pregare. E la preghiera non è obbligatoria, non è un dovere, ma, come del resto tutto
nello Yezidismo, è volontaria. Ciascuno può pregare dove e quando vuole, rivolto nella direzione del Sole
all’alba. Tra i suoi seguaci ci sono anche gli Yarsan (o Kaka’i) in Iran e Iraq e gli Aleviti della regione di
Dersim (Tunceli), in Turchia (v.più avanti le pagine dedicate a Fig.50
queste due comunità etnico-religiose). Molti i punti di contatto
con il Cristianesimo e con lo Zoroastrismo (Fig.51, il simbolo
dello Zoroastrismo; fig.52, l’Angelo-Pavone, simbolo dello
Yezidismo). Ma per gli Yezidi non esiste il dualismo Bene/Male,
come in quest’ultimo, soltanto il Bene; e neppure un Inferno
e un Paradiso, come per il Cristianesimo. L’anima non muore
mai, è soltanto il corpo che va incontro ai cambiamenti fisici
che lo fanno tornare terra. La vita è una continua tensione
verso il Bene, in ogni sua forma.
Gli Yezidi hanno due sacre scritture: il Libro della Rivelazione
e il Libro Nero. Se è possibile, almeno volta nella vita vanno
in pellegrinaggio al santuario di Lalish, dove risiede un
Consiglio yezida, con funzioni simili a quelle di un governo.
Sono permessi e benvisti riforme e cambiamenti, per i quali è
sufficiente che metà della popolazione sia favorevole, anche
se oggi è molto difficile riuscire ad applicare questo diritto.
L’originaria filosofia yezida riconosceva la centralità della
donna nella società. Il TAJE (Tevgera Azadiya Jinên Êzidxanê -
TAJÊ), Movimento per la libertà delle donne yezide, oggi ha
un ruolo importante e dispone anche di un braccio militare,
le Unità delle Donne di Shengal (YJS), così come sono state
istituite le Unità di Difesa degli Yezidi (YBS).
La società
La società è stratificata (ma solo a partire dall’anno 1100 circa) in diverse caste, alcune legate alla sfera
spirituale, strettamente endogame, e strutturata in clan. Le caste oggi hanno perso parte delle loro
attribuzioni, sia per l’assimilazione sia per cambiamenti sociali interni. Un certo numero di clan ha una
tomba-santuario di riferimento, intorno alla quale vengono seppelliti i defunti e dove si celebrano le
molte festività e cerimonie, tra le quali la cem, molto simile alla cem alevita, con l’unica differenza della
lingua utilizzata: il Turco nella cerimonia alevita, il Kurdo in quella yezidi. Esistono delle preghiere rituali
che vengono recitate da personaggi eminenti appartenenti alle caste dedite all’aspetto spirituale della
comunità nel corso di funerali e matrimoni.(Figg.53 e 54, Foto storiche) Abbi buoni pensieri,
Fig.53
Fig.54 pronuncia buone parole,
compi buone azioni.
Questa la “ricetta” per
essere una buona
persona. Ed è tutto ciò
che chiede questa
religione, estremamente
pacifista. Yezidi si nasce,
non lo si può diventare e
lo Yezidismo impone
l’endogamia: sposando un
seguace di altra religione,
automaticamente ci si
trova fuori dalla comunità
yezida.(Figg.53 e 54)
Oltre al santuario di Lalish, ne esistono altri distribuiti a distanze regolari sul territorio. Però la regione
considerata sede principale degli Yezidi è Shengal (chiamata Sinjar in Iraq), dove risiede la maggior
parte della popolazione.
Le festività più importanti sono: l’inizio del nuovo anno (nel mese di aprile) e la Festa dei sette Giorni
(nei primi giorni di ottobre). Tra gli eventi del Capodanno c’è la parata dell’Angelo Pavone, che vede
portare tra i villaggi yezidi lampade di bronzo sormontate dall’effigie del Pavone, normalmente
conservate nella sede della comunità. (Figg.55,56 e 57: abbigliamento tradizionale) Durante le
celebrazioni si scambiano uova decorate. Si crede che durante la Festa dei sette Giorni tutti gli Angeli,
compreso Taus Melek, visitino il santuario di Lalish (Fig.48), Il centro religioso yezidi, in Iraq
settentrionale nei pressi di Duhok e del confine con la Turchia, che Daesh ha notevolmente danneggiato
durante i suoi sanguinosi attacchi, e che rappresenta per gli Yezidi ciò che per i Musulmani è la Mecca
Fig.55 Fig.56 Fig.57
Tutti gli Yezidi appartengono a una delle tre caste in cui è suddivisa la società: la più elevata comprende
gli Sheikh (sacerdoti); ci sono poi i Pir (anziani) e i Murid (discepoli), comprendenti la maggior parte
degli Yezidi. L’appartenenza alla casta sheikh e ai pir è ereditaria, e si fa discendere spesso da doti
particolari: le famiglie cui appartengono, per esempio, possiedono capacità di guarigione, oppure
possono curare morsi di serpenti, varie malattie e disturbi, ecc. All’interno della casta degli Sheikh si
trovano i Kochek (“veggenti”), con speciali doti spirituali come la chiaroveggenza, la capacità di
diagnosticare le malattie o di conoscere il destino di un’anima una volta che abbia abbandonato il corpo.
Al culmine della struttura sociale yezida si trovano il Mir (il principe), investito del potere temporale, e il
Baba Sheikh, il capo religioso della comunità, entrambi appartenenti alla casta degli Sheikh i cui membri
discendono dai Sei Grandi Angeli che hanno assistito Melek Taus nel suo lavoro di riordino del Creato e
che praticano circoncisioni, matrimoni, funerali, battesimi e feste religiose.
Fig.52

Fig.51

I TATUAGGI
In genere le donne yezidi non ammettono che i loro tatuaggi abbiano funzioni magiche, tendendo a dire
che li fanno per zina (decorazione) o per hilwa (bellezza); è indubbio però che questi segni siano
praticati in quanto viene riconosciuto loro un potere magico, in grado di tenere lontani sofferenza e
dolore e di preservare la buona salute. Durante gli anni 1930 Henry Field documentò alcuni tatuaggi che
rimandano all’antica religione mitraica: il dio del Sole Mitra uccide il toro del paradiso e dal suo sangue
nasceranno un serpente e un cane, i simboli delle forze bilanciate del bene e del diavolo.
Questa immagine non ha un numero. E merita una pagina tutta per sé. Dilbirin, fotografo kurdo, me l’ha
inviata, direttamente da Kobane. È una donna kurda yezidi che ha perso un figlio durante gli scontri per
difendere non soltanto la loro terra, ma anche l’ideale, divenuto realtà in Rojava, di una vita e di una
società libera e giusta, in cui ciascuno sia importante per ciò che è. Anche per noi. Gelek spas. Grazie.
GLI ASSIRI-ARAMEI E I CALDEI
Gli Assiri, oggi identificati anche con i Siriaci o Aramei, sono un popolo semitico, originariamente
nomade, aramaico cristiano (Fig.58 e 59), aderente a diverse chiese della tradizione assira d’Oriente e
d’Occidente, menzionato più volte nella Bibbia, stanziato in Mesopotamia (Bayn Naharaim, "Tra i due
fiumi", o Aram-Naharaim, 'i fiumi degli Aramei", in Aramaico). Costituiscono il 10-12% della popolazione
siriana e, per lo più assimilati ormai alla popolazione araba, parlano l’Arabo piuttosto che l’Aramaico
come lingua madre. Circa un milione di Assiri vive fuori Fig.59
dalla Siria e circa 400000 ne sono fuggiti negli ultimi anni.
Affermano di essere autoctoni, discendenti degli Assiri
archeologicamente documentati fin dal 2000 a.C. circa.
Fin dalla prima islamizzazione dell’area, gli Assiri hanno
conosciuto l’oppressione e la persecuzione, tanto che
oggi solo poche centinaia di migliaia di persone
parlano la loro lingua madre.
Fig.58
Gli Assiri possiedono un’identità in quanto nazione, non soltanto come comunità religiosa. La città di
Dêrîk è abitata a Nord in gran parte da kurdi musulmani, a Sud da Assiri cristiani (circa 500 famiglie)
che parlano l’Aramaico, insegnato anche nelle scuole. L’Autonomia Democratica del Rojava riconosce
interessi comuni e uguaglianza dei popoli della regione, rappresentati democraticamente ed equamente;
in tutta la loro storia in Siria gli Assiri non hanno mai visto riconosciuti i loro diritti come ora in Rojava e
per la prima volta le loro lingue sono ufficialmente riconosciute.

Fig.60

Gli Aramei attualmente hanno


accettato di fondersi con gli Assiri,
(Fig.60) divenendo un unico popolo: le
loro lingue e le loro culture sono molto
simili e hanno vissuto insieme per
secoli, ma originariamente non si
trattava di un unico popolo.
La lingua
Si possono individuare tre suddivisioni principali di ordine religioso all’interno del popolo assiro: i Caldei
(Assiri Cattolici), gli Assiri e gli Aramei, che aderiscono a diverse Chiese, parlano tutti la lingua siriaca
(una variante orientale della lingua aramaica), con diversi dialetti, reciprocamente intelligibili, ma si
tratta etnicamente dello stesso popolo, gli Assiri e tutti questi gruppi si definiscono "Suraya", che
originariamente significava "Assiro". Dopo l'esilio babilonese, il nome Caldei divenne sinonimo di
Babilonesi, indicando anche i sapienti, specialmente astrologi e divinatori (astrologia e divinazione
nell'antico Oriente erano considerate vere scienze). I resti dell'antica scienza dei Caldei si possono
ritenere contenuti nella letteratura babilonese scritta in caratteri cuneiformi, dove però non si distingue
più ciò che può far capo a Babilonia da ciò che fu caldeo.
La maggior parte degli Assiri parla una versione moderna
del Siriaco, conosciuto nella propria lingua come Suryoyo,
ma un buon numero parla un dialetto della lingua neo-
aramaica detta Turoyo. Come gli Assiri dell’antichità,
anche quelli odierni usano (con un proprio alfabeto) una
lingua semitica, quindi della stessa famiglia dell’Arabo e
dell’Ebraico: la lingua neo-aramaica assira, una moderna
evoluzione dell’Aramaico, parlato 2000 anni fa da Gesù e
dagli apostoli, una lingua molto antica, già diffusa fra le
popolazioni dell’Impero Assiro prima della sua definitiva
caduta, nel 612 a.C. Questo legame è alla base della
controversa autoidentificazione fra questa minoranza
etnico-religiosa e il grande, antico impero mesopotamico.
(Fig.61, riproduzione di parte della decorazione di una
sedia assira da Khorsabad)

Fig.61
Le persecuzioni. Il Seyfo Fig.62
Nel 1915 l’impero ottomano decretò che tutte
le popolazioni non turche dovevano essere
eliminate: seguirono deportazioni e massacri,
che costarono la vita a 1500000 di Armeni,
750000 Assiri e 500000 Greci del Ponto, oltre
ad altri gruppi Cristiani e Yezidi. Gli Assiri
chiamano questo periodo buio della loro storia
Seyfo (in aramaico “spada”) e il riconoscimento
del Seyfo del 1915 è per loro della massima
importanza per la propria memoria collettiva.
Le milizie kurde collaborarono in parte con
l’esercito ottomano in questo genocidio. Per
questo nel 2013 il movimento kurdo nel
Kurdistan del Nord ha riconosciuto la propria
responsabilità storica, presentando le proprie
scuse, unica forza in Turchia ad averlo fatto,
mentre il governo turco continua a non
riconoscere la verità storica del genocidio. E
ancora nel 2014 e nel 2015, purtroppo,
continuano a venir denunciati atti mirati
all’annientamento culturale ed allontanare
fisicamente le popolazioni assire e cristiane, come attacchi alle chiese assire e a siti importanti nei
territori ove esse risiedono. Nel luglio 2013 il Fronte al-Nusra e Al Qaeda attaccarono il Rojava: gli Assiri
vivevano nella parte meridionale delle province di Hesekê e Serêkaniyê e molti di loro furono rapiti e
uccisi. Si verificò allora un esodo di massa verso la Turchia e l’Europa, anche se il Consiglio Nazionale
Assiro dichiara che qualora la situazione dovesse migliorare ci sarà un rientro dei fuoriusciti. La maggior
parte degli Assiri rimasti sono entrati a far parte del TEV-DEM. (Fig.62)
La cultura gastronomica

L’alimentazione caldea e assiro-aramea non si discosta in modo significativo da quella dei popoli
limitrofi, benché esista un Assyrian Food Festival che si svolge con cadenza Fig.63
annuale, nel mese di settembre, presso l’Assyrian Cultural Center of
Bet-Nahraine, a Ceres, in California.

Fig.64 Fig.65

Un tipo di pane particolare, che in aramaico si chiama kiliçe (“spada”, fig.63),


viene preparato e servito in genere quando ci si ritrova alla morte di una
persona (Kibe). Un’altra preparazione tipica aramea è la costata ripiena di
riso e carne (Fig.64), come pure intestini ripieni in umido o al forno (Fig.65).
I CIRCASSI

Comunità circasse vivono in Rojava dal 1878.


In genere il loro percorso per giungervi li ha
visti arrivare dapprima dai Balcani e dal
Caucaso a Samsun, città portuale turca sul
Mar Nero, da lì spostarsi in seguito a Kayseri,
in Anatolia centrale, per poi passare in territorio
siriano.
Gli Adighè sono uno dei popoli autoctoni più
antichi del Caucaso (Fig.66), originario delle
regioni N-O. La Turchia ne ospita la comunità
più grande, circa la metà della loro totalità.
Adighè è il nome con il quale si indentificano e
che indica pure la loro lingua. Nelle zone a
Ovest del Caucaso, in Circassia, gli Adighè sono
spesso conosciuti semplicemente come Circassi,
termine che comprende varie tribù del Nord
del Caucaso, e sono noti per la bellezza delle loro
donne. Nel 1920, quando la Siria divenne parte
del Mandato Francese, i Circassi siriani si
schierarono spesso contro gli Arabi ribelli,
danneggiando i rapporti tra i due popoli. Come i
Kurdi, furono oggetto di una politica di
arabizzazione. I Circassi che abitano a Cizîrê non
costituiscono una comunità molto numerosa e Fig.66
sono musulmani sunniti.
I CECENI
I Ceceni chiamano se stessi “Nokci”; costituiscono il più
grande gruppo etnico nativo delle regioni a Nord del
Caucaso. (Fig.67) Dal 1994 al 1996 in tutta la Cecenia
(regione della Russia della quale sono originari) si è
combattuta una guerra sanguinosa, che ha portato morte
e distruzione in numerose città. Al di fuori del territorio
russo, comunità cecene sono presenti in Turchia, Siria e
Giordania. Giunsero anche nel Nord della Siria durante la
Guerra del Caucaso intorno al 1850, che portò alla
annessione all’Impero Russo del territorio della Inguscezia
(con Ossezia e Cecenia) e alla deportazione, ordinata da
Stalin, di molti Ceceni in Kazakistan del 1944, mentre altri
immigrarono durante l’Impero ottomano. Sono per la
maggior parte musulmani, convertiti nel XV sec., sotto la Fig.67
dominazione dell'Impero Ottomano. Alcuni seguono la corrente Sufi dell'Islam sunnita chiamata
Muridismo e circa la metà dei Ceceni appartiene a fratellanze Sufi, dette anche confraternite islamiche.
Prima dell'adozione dell'Islam, praticavano una insieme di tradizioni religiose e credenze locali, che
prevedeva numerosi rituali, riferiti per lo più alla pastorizia e all'agricoltura, come i riti per favorire la
pioggia (che avevano luogo il primo giorno dell'aratura), il Giorno di "Sela il Tuonante", il Giorno della
Dea Tusholi. La società cecena è strutturata attorno a 130 Teip o clan, ciascuno guidato da un capo
spirituale, fondati più su legami alla terra che su vincoli di sangue, con relazioni reciproche piuttosto
conflittuali, soprattutto in tempo di pace, mentre in guerra tendono ad allearsi. I teip sono suddivisi in
"gar"(rami), e i gar in "nekye" (famiglie patriarcali). La società cecena può essere identificata dal
termine "nokchalla", che implica un codice morale ed etico di tipo “cavalleresco”, dalla generosità e dalla
salvaguardia dell'onore delle donne, generando però talvolta comportamenti estremi, che fanno sì che le
donne cecene lottino ancora contro una struttura sociale di tipo fortemente patriarcale .
I TURCOMANNI

I Turcomanni, in origine nomadi (Fig.68) sono complessivamente


(stime non ufficiali) da 1,5 a 3,5 milioni e vivono nelle regioni
dell’Asia Centrale, a Est del Mar Caspio, sulle pendici orientali
dell’Altopiano Iranico (Iraq, Siria e Iran) e sull’Altopiano Anatolico.
Nella Siria di oggi si stima che ne siano rimasti, per lo più
arabizzati, poco più di 200000, per lo più musulmani sunniti e con
un’organizzazione sociale di tipo patriarcale: l’1% di quanti erano
prima dello scoppio della guerra; una esigua comunità vive nel
Rojava, ed è parte della popolazione turca ottomana che era Fig.68
rimasta a vivere in Siria dopo il crollo dell’Impero Ottomano. I Turcomanni hanno vissuto per secoli in
pace con i Kurdi e gli Arabi. Sotto i regimi degli Assad in Siria fu vietato loro l'uso della lingua madre e
non vennero riconosciuti come gruppo etnico. Sono stati fra i primi a prendere le armi contro Assad fin
dall'estate del 2011 e hanno combattuto al fianco dei Kurdi siriani contro i miliziani di Daesh durante gli
assalti a Kobane. I Turkmeni iracheni, prevalentemente nelle province di Mosul, Erbil, Kirkuk, Salahaddin
e Diya, ma anche Baghdad e Wasit, sono circa 3 milioni di persone (cifre variabili secondo le fonti),
rappresentando il 13% della popolazione. Nell'Iraq post-Saddam sono riconosciuti come componente
etnica, la terza, dello stato. Contrariamente ai turkmeni siriani, sono in maggioranza di religione
musulmana sciita e considerano Kirkuk la loro "capitale".
Non hanno più un legame diretto con il Turkmenistan, come potrebbe suggerire il loro nome e la
maggior parte di loro parla Arabo, mentre una minoranza parla ancora una variante locale del turco
moderno e Azeri. Vivono di allevamento del bestiame e della tessitura di tappeti, ancora diffusa.
Alcuni gruppi sono anche identificati con i nomadi Yörüks, presenti in Anatolia centro-occidentale e
meridionale, in un’esistenza sempre più difficile, per l’espansione dei centri urbani e lo sfruttamento
intensivo del territorio.
GLI ARMENI

Fig.69
Gli Armeni (Fig.69, la bandiera nazionale) erano storicamente stanziati in Anatolia orientale. Nell’attuale
Armenia, paese a maggioranza cristiana, rappresentano il gruppo etnico preponderante; dopo la
Diaspora armena, molte comunità sono oggi diffuse in tutto il mondo. La Chiesa armena ha una
tradizione antichissima, che risale al III secolo d.C. (l'Armenia è considerata la prima nazione al mondo
ad aver adottato, nel 301, il Cristianesimo come religione ufficiale). Fin dall'antichità gli Armeni hanno
coltivato le loro tradizioni artistiche, che riflettono una cultura e in un paesaggio unici. La vita quotidiana
si esprime nel modo più artistico in ricami, decorazioni, intagli e nel design. Sul territorio armeno sono
sparsi quasi 4.000 monumenti storici –antiche caverne, templi, chiese, monasteri e migliaia di originali
“khachkar” (cippi funerari di pietra intagliati con croci e fitti motivi ornamentali, Fig.71) - risalenti a
diverse epoche, dalla preistoria all'età ellenistica, dalla prima epoca cristiana a quella medievale. Fig.70
Gli Armeni hanno una storia lunga 2000 anni in Siria: molti
di coloro che vivono in Rojava vi sono giunti come profughi
sfuggiti al genocidio compiuto dall’Impero ottomano, che
aveva creato campi di concentramento del deserto siriano:
il loro viene ritenuto il primo genocidio dell’era moderna.
Oggi la popolazione armena in Siria è di circa 100000 persone,
di cui una quota significativa vive in Rojava: a Qamişlo, Dêrîk
(comunità fondata dopo il genocidio del 1915), Hesekê e
Serêkaniyê.
La maggioranza degli Armeni presenti nel Rojava parla l’Arabo
siriano e l’Armeno occidentale. La lingua armena è ancora
parlata e insegnata a scuola fino al sesto anno. Gli Armeni
collaborano con il TEV-DEM e fanno parte dell’Asayîş e delle YPG. Ma quando nel 2013 i
Con la costituzione del sistema dell’Autonomia democratica, gli Arabi miliziani di Daesh
sono sempre più coinvolti nella gestione del Rojava: grazie al sistema della invasero la regione di
doppia carica, la presidenza è ripartita fra Kurdi, Arabi, Assiri, Armeni e Til Koçer, la maggior
Circassi, secondo la composizione della popolazione locale. parte degli Arabi si
rifugiò nei villaggi
kurdi limitrofi, dove
trovò accoglienza,
chiedendo aiuto alle
YPG, che liberarono
la regione. In seguito
a questi eventi le
popolazioni si
avvicinarono molto e
numerosi Arabi e
Cristiani della
regione si unirono ai
combattenti kurdi
(YPG-Unità di
Protezione Popolare-
e YPJ-Unità di
Protezione delle
Donne o Unità di
Difesa delle Donne).
Da allora tra gli Arabi
cresce il sostegno ai
Fig.71 Fig.72
Kurdi.
Prelibatezze: il pane (Fig.70) e una tipica conserva tradizionale. (Fig.72)
GLI ARABI

Il gruppo etnico degli Arabi, di madrelingua araba, originario della Penisola Arabica (Figg.73 e 74), con
l’emergere dell'Islam (VII sec.) ha assunto, grande rilevanza mondiale, con una popolazione oggi di
circa 450 milioni di persone (di fatto è il secondo gruppo etnico al mondo, dopo i Cinesi Han). Sono per
la maggior parte insediati nei 22 stati membri della Lega degli Stati Arabi, localizzati in Medio Oriente,
Nordafrica, parte nel Deserto del Sahara e nel Corno d'Africa, abitati in maggioranza da Arabi e la cui
lingua ufficiale maggioritaria è l'Arabo, identificati nell’espressione “mondo arabo”. Questi non vanno
confusi con l'insieme del mondo islamico, sia perché alcuni paesi arabi comprendono significative
minoranze cristiane o di altre religioni, sia perché solo il 25% circa dei Musulmani è costituito da Arabi,
mentre numerosi Paesi a maggioranza islamica (solo per citarne alcuni, la Turchia, il Kirghizistan, l'Iran,
l'Afghanistan, il Pakistan, il Bangladesh, o l'Indonesia) non sono arabi. Figg.73 e 74
La millenaria cultura araba ha avuto enorme importanza per il pensiero e la storia occidentale,
fornendole un contributo inestimabile, che gli Europei hanno assimilato e fatto proprio: dai numeri ai
logaritmi, dall’astronomia all’architettura. Il Rojava, in particolare il cantone di Cizîrê, è un esempio
vincente di equilibrata coesistenza in una regione multietnica e multireligiosa, dove la diversità culturale
è stata reinterpretata come ricchezza culturale. I co-presidenti del consiglio di Cizîrê, il cantone con la
maggior concentrazione di popolazione araba, sono il capo della tribù araba Şammar e una donna kurda
ex comandante delle YPG. All’inizio del mandato francese sulla Siria, nel 1921-22, gli Arabi siriani erano
nomadi (il primo villaggio arabo a Cizîrê nacque nel 1939). La convivenza tra Arabi e Kurdi non è stata
sempre facile. Durante gli anni Venti, Kurdi e Arabi si sono scontrati più volte. Nel 1965 il Partito Ba’ath
decise di istituire una “Cintura araba” lungo il confine turco, dal confine con l’Iraq a Serêkaniyê, per
cambiare la composizione demografica della
regione, sostituendo gli Arabi ai Kurdi.
Nel 1973 la Siria iniziò un ulteriore processo di
arabizzazione nella regione di Jazirah: lungo il
confine turco furono costruiti 41 villaggi arabi,
espropriando due milioni di ettari di terra di
proprietà di famiglie kurde; tutti i toponimi kurdi
furono arabizzati e alla popolazione dei nuovi
villaggi furono aggiunte circa 4000 famiglie arabe.
Il momento più critico nei rapporti tra Arabi e
Kurdi si ebbe con la rivolta (şerhildan) di Qamişlo
del 2004: molte tribù arabe si allearono con il
regime baathista per attaccare i kurdi, che
risposero alla provocazione. Talvolta scoppiano
conflitti anche tra tribù arabe schierate con i
kurdi e altre contro.
Fig.75
GLI EBREI
Il popolo ebraico è un gruppo etno-religioso che prende origine dagli Israeliti del Vicino Oriente antico.
L'etnia, la nazionalità e la religione ebraiche sono fortemente correlate: l'Ebraismo è la fede tradizionale
della nazione ebraica e guida i fedeli sia nella vita pratica sia nella fede, configurandosi anche quale
modo di vivere, che ha reso piuttosto difficile tracciare una netta distinzione tra Ebraismo, cultura
ebraica, e identità ebraica. (Fig.76, un Ebreo kurdo, 1930). In epoche e luoghi diversi, si sono sviluppati
fenomeni culturali prettamente ebraici, non di precipuo carattere religioso, a partire sia da fattori interni
all'Ebraismo, sia da dinamiche sociali e culturali interne alle comunità, sia dall'interazione di comunità di
Ebrei con l’ambiente circostante, dando luogo a culture ebraiche molto diverse, peculiari delle rispettive
comunità, ciascuna autenticamente ebraica. La Torah ("insegnamento", Fig.77) comprende 5 Libri (per
questo chiamata Pentateuco): Genesi, Esodo, Levitico, Numeri e Deuteronomio, che trattano storia,
dottrina, pratica, religione e morale e, insieme ai Dieci Comandamenti, costituisce la base dottrinaria
dell'Ebraismo. Tra gli Ebrei si
distinguono due gruppi
principali:
gli Ashkenazim e i Sephardim,
o "Ispanici" (Sefarad significa
"Spagna" o "Iberia" in Ebraico,
denunciando la loro base
spagnola e portoghese);
Mizrahim, o "Orientali"
(Mizrach in Ebraico significa
"Est"), comprendenti gli Ebrei
mediorientali e nordafricani,
costituiscono un terzo grande
gruppo, sebbene vengano a
volte definiti Sefardi per ragioni Fig.77
liturgiche. Fig.76
GLI ALEVITI

Gli Aleviti, ferventi sostenitori della fondazione della Repubblica di Turchia e della sua laicità, hanno
subito discriminazioni per la loro concezione eterodossa dell'Islam fin da epoca ottomana, portandoli a
mimetizzarsi quanto possibile, tanto che ancora oggi non si conosce con esattezza il loro numero. La
loro fede non prevede l’obbligo delle 5 preghiere quotidiane, né del Ramadan (il mese di digiuno) né
dell’Haji (il pellegrinaggio a La Mecca); celebrano cerimonie (Semah, inserite nel 2010 nella lista del
Patrimonio Immateriale dell’Umanità UNESCO), uomini e donne insieme, accompagnate da musica e
danza, nelle cemevi (“case della comunità). Per gran parte della loro storia sono stati chiamati, con
intento dispregiativo, kızılbaş (“teste rosse”), a causa di una bandana rossa annodata sul capo, guardati
spesso con sospetto e diffidenza, sfociati anche in sanguinosi massacri, come quello di Kahramanmaraş
(1978) e di Sivas (luglio 1993). Un terzo della popolazione alevita è kurda. Fig.78
Gli Alawiti (i seguaci della Alawiyya), detti anche Nusayri, sono un gruppo religioso principalmente
diffuso in Siria, cui aderisce anche Bashar al-Asad, presidente siriano dal 2000, e prima di lui, suo padre
Hafiz al-Asad, da non confondere con gli Aleviti, presenti in Turchia. La dottrina alawita, imperniata sulla
devozione ad Alī (Fig.79), cugino e genero del profeta Maometto, nacque nel X sec.; le sue cerimonie
sono mantenute gelosamente segrete. Dopo la caduta dell'Impero ottomano, sotto il mandato francese,
gli Alawiti e altri gruppi minoritari ottennero l’autonomia, furono arruolati nelle truppe coloniali e molti
capi tribù coltivarono l’ideale di una nazione alawita indipendente: un territorio degli "Alaouites" fu
creato in effetti nel 1925 e il suo governo, istituito a Latakia nel 1930, durò fino al febbraio 1937.
(Fig.80) Gli Alawiti, convinti di essere i veri e migliori musulmani, credono in una lettura esoterica del
Corano e, come gli sciiti ismailiti, in un sistema di incarnazione divina. Essendo i rituali segreti e non
accettando convertiti, non hanno mai pubblicato i loro testi sacri e la
loro teologia, di cui la maggior parte degli adepti conosce ben poco,
gelosamente custodita da una ristretta cerchia di iniziati maschi.
All'età di 18 o 20 anni, tutti gli uomini alawiti seguono un breve corso
d’iniziazione, e devono allora decidere se vogliano o no studiare la
religione e associarsi a uno Shaykh per cominciare il lungo processo di
iniziazione e studio. Gli Alawiti riconoscono i 5 pilastri dell'Islam,
considerandoli però prescrizioni simboliche, seguite da pochi, quindi la
maggior parte dei musulmani (sunniti) li considerano eretici. Nel 2016 è
stato reso pubblico un Documento che intreccia aspetti politici e religiosi,
presentandosi come una "Dichiarazione di riforma della Identità",
prendendo le distanze dagli aspetti più intolleranti della politica di Assad,
con l’obiettivo di sanare i contrasti che da
secoli interessano Alawiti e musulmani
sunniti, la maggioranza della popolazione
siriana che dal 2011 preso le armi contro la dittatura. Fig.79 Fig.80
I NAWAR
I Nawar sono un popolo nomade Rom, originario dell’Asia meridionale, in particolare dell’India, poco
numeroso e molto disperso su un ampio territorio, parlante il Domari, una lingua indo-ariana, variante
mediorientale della lingua Romaní, che mostra contaminazioni col Turco, il Kurdo e l’Arabo. Circa 100
famiglie Nawar vivono, in condizioni precarie e oggetto di pregiudizi, alla periferia di Qamişlo e nelle
aree rurali; l’amministrazione della città assicura di aver offerto loro delle abitazioni, ma loro
preferiscono continuare a vivere nelle tende e nelle baracche. I Nawar sono tradizionalmente famosi
come musicisti, animano quindi matrimoni e celebrazioni, e come ammaestratori di animali. (Fig.81)
Fig.81

In Siria il loro numero si aggira tra i 100000 e i 250000 individui, per lo più sedentari. I Nawar
comprendono alcuni sottogruppi: i Dom (sunniti), i Turkmeni (sunniti e sciiti), gli Abtal (sciiti), gli
Albanesi (sunniti), Kurdi (sunniti), e i Kaoli (sunniti, che parlano un dialetto persiano). I Dom e I
Turkmeni sono I gruppi più numerosi.
GLI YARSAN

Yarsan, o Ahl–e-Haq, significa “Popolo della Verità”; è una minoranza etnica e religiosa kurda iraniana,
presente per lo più nella provincia a predominanza kurda di Kermanshah, nel Rojhilat (il Kurdistan
Iraniano, nel Nord-Ovest dell’Iran), ma ha anche seguaci in Iraq (dove talvolta sono chiamati Kaka'i) e
in Turchia. Sebbene il numero degli Yarsan si aggiri sui 5 milioni in totale, e in Iran superi il milione, la
Repubblica Islamica dell’Iran, a predominanza sciita, li considera Fergh-e-Zaleh, un “falso culto”.
Praticano una religione sincretica, fondata nel XIV Fig.82
sec. da Sultan Sahak; il suo fine ultimo è indicare
agli uomini come raggiungere la Verità. Gli Yarsan
venerano il sole e il fuoco e seguono i principi di
uguaglianza, purezza, giustizia e unità, che portano
alcuni studiosi a cercarne le radici nei riti mitraici.
Con l’antico festival di Mehregan (“Mehr” significa
“cortesia”), gli Yarsan salutano l’inizio dell’autunno,
rendendo omaggio alla conoscenza, all’amore, alla
luce e all’amicizia, con danze e canti bilingue (Farsi
e Kurdo). Le donne, simbolo della generosità di
Madre Natura, sono al centro di queste celebrazioni,
durante le quali vengono celebrate con riconoscenza.
Il Mehregan, è anche il momento dei ringraziamenti,
compiuti anticamente bevendo vino, danzando e
cantando per sei giorni. Dato che oggi in Iran le
regole islamiche vietano l’alcool e la danza e il canto
delle donne, i Kurdi Yarsan continuano a celebrare
questa festa con poesie e canti eseguiti dagli uomini.
Gli Yarsan hanno una propria letteratura, scritta per
lo più in Kurdo Gorani e sono menzionati in testi
religiosi storici; la loro dottrina è avvolta nel segreto, come si svolgono in segreto
pure le cerimonie e i rituali, in cui la musica riveste un ruolo di primo piano
(Fig.82). Il Tambur è uno dei simboli sacri dello Yarsanismo e viene sempre Fig.83
suonato durante le cerimonie religiose (Fig.83).
Indice e credits delle immagini

1bis https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Flag_of_Syrian_Kurdistan.svg Public Domain


1 https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Rojava_february2014.png?uselang=en Public Domain, adapted
2 https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=2699359 Public Domain
3, 4, 5, 6, 7, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 17, 18, 21, 22, 23, 24, 25, 26, 27, 28, 31, 32, 34, 36, 37, 38, 41, 42, 43, 44, 45, 58, 68, 71
Fotografie di Laura Anania, Area kurda di Turchia (Hasankeyf, Batman, Yayıvantepe, Midyat, Topraktepe, Doğanşehir, Şanlıurfa, Kulp,
Şanlıurfa, Diyarbakır, Roma, Mardin, Cizre, Midyat, Nemrut Dağı, Akhtamar Adası)
8, 9, 40, 50, 59, 73, 74, 75 Fotografie di @Zanyar Omrani 2015 Mobile Photography (Shengal, Rojava), direttamente dal Rojava.
10, 39 Fotografie di Mazlum Şahin (Çengelli dağları, Sivas-Divriği), caro amico kurdo di vecchia data, amico delle sue montagne
19, 46, 70, 72 Fotografie di Roxane Photo (Kurdistan Iraq)
29, 29bis, 30 Fotografie di Luca Rafanelli (due Senneh Kurdi persiani, un tappeto turco di villaggio, probabilmente dall’Anatolia
orientale, della prima metà XXsec.), esperto su tappeti e kilim
33, 35, 47 Fotografie di Gérard Valck, che si è dimostrato immediatamente disponibile a fornirmi i suoi scatti.
47bis, 47ter Fotografie di Barış Balseçer
48 Fotografia di Serdar Baran, prezioso collaboratore, sempre, la mia anima kurda
49 http://iers.grial.eu/modules/introduction/islamii/islam2index-7.html Public Domain
51 https://it.wikipedia.org/wiki/File:Faravahar-BW.svg Public Domain
52 http://ultimatehistoryproject.com/history-of-the-yezidi.html Public Domain (Tawus or Taus is depicted as a peacock)
53 http://ultimatehistoryproject.com/history-of-the-yezidi.html Public Domain (Yezidi women in the late 19th or early 20th century)
54 https://no.m.wikipedia.org/wiki/Fil:Yezidischld.JPG Public Domain (A French post card showing Yezidi leaders meeting with a
Chaldean clergyman in Mesopotamia. XIX sec.)
55 https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Yezidi_Man-2.png Public Domain (Yazidi man in traditional clothes, 1920, National
Museum of Georgia. Author: Max Karl Tilke, 1869-1943)
56 https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Yezidi_Woman-2.png Public Domain (Yezidi Woman in traditional clothes, 1920,
National Museum of Georgia. Author: Max Karl Tilke, 1869-1943)
57 https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Yezidi_Man.png Public Domain (Yazidi man in traditional clothes, 1920, National
Museum of Georgia. Author: Max Karl Tilke, 1869-1943)
61 https://www.needpix.com/photo/25200/furniture-horse-assyrian-chair-decorative-decoration-ancient-designs-royal Public
Domain
62 https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Assyrian_genocide_o2p.svg Public Domain (By Rafy - Own work based on File:Assyrian
genocide map.svg, Public Domain, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=15378068)
63, 64 e 65 Fotografie di Selim Fırat Sağlam (Caro amico arameo, cui devo anche molte delle informazioni sulla cultura assiro-
aramaica)
66 https://it.m.wikipedia.org/wiki/File:Expulsion_map_of_the_Circassians_in_19th_century.PNG Public Domain (Map showing the
location of Circassia and the expulsion routes (1859-1864) of the Circassians and other Caucasian peoples to the Ottoman Empire,
after the Russian annexation of the North-Caucasus following the Crimean War of 1853-1856)
67 https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=1503926 By PANONIAN - Own work, Public Domain
69 http://www.banderas.pro/banderas/bandera-armenia-1.gif Public Domain
76 By Unknown - https://i.pinimg.com/originals/7b/88/d9/7b88d98ebdc7e31ec0c872e74b1771df.jpg, Public Domain,
https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=62588474 (Kurdish Jew in Iraqi Kurdistan, 31 January 1930) Public Domain
77 By Moumou82 - Own work, Public Domain, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=21203247 (Rouleaux de la Torah
dans la synagogue, Beth Yaacov accompagnés d'un yad)
78 http://www.kapa-news.gr/2016/12/blog-post_704.html Authorized by Peter Stathakopoulos, journalist - editor – administrator
Kapa News portal.
79 http://www.wikiwand.com/it/Alauiti Public Domain
80 By From a French postcard - Made available here: http://mideastimage.com/index.aspx, Public Domain,
https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=2273558 (A post card from around 1900 of an Alawite man posing with his
hatchet, sword, and rifle. Alawites, populate mainly the coastal mountains near Lattakia in North Western Syria.
81 By Phillips-Wolley, Clive, 1854-1918 - The book: "Savage Svânetia"., Public Domain,
https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=4418944 (Persian gipsy musicians in Svaneti, 1883)
82 Fotografia di Partow Hooshmandrad (Ostād Ṭāher Yārwaysi one of the greatest tanbur masters and kalāmḵwāns of the Gurān
region) Authorized by the Author. Roshan Cultural Heritage Institute Endowed Faculty Associate Professor, Department of Music
Middle East and Persian Language & Culture Studies Coordinator California State University Fresno
83 https://upload.wikimedia.org/wikipedia/en/5/53/Tanbur.gif Public Domain

Fotografia in evidenza di Dilbirin Remo, Kobane (donna yezida tatuata di Kobane)

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