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Che cosa sono le energie rinnovabili?

Definiamo energie rinnovabili tutte quelle che derivano da fonti che possono essere considerate (relativamente, in
verità) inesauribili.
Il loro sfruttamento non fa diminuire la loro entità in quanto si rinnovano continuamente.
Si è soliti suddividere le energie rinnovabili in: energia solare, eolica, idroelettrica, geotermica, da biomassa, energia
marina… anche se a pensarci bene è dalla prima, proprio dal Sole, che derivano tutte le altre.
Una importante caratteristica delle fonti rinnovabili è che esse presentano impatto ambientale trascurabile, per
quanto riguarda il rilascio di inquinanti nell’aria e nell’acqua; inoltre l’impegno di territorio, anche se vasto, è
temporaneo e non provoca né effetti irreversibili, né richiede costosi processi di ripristino.

Alternative o rinnovabili?
Spesso si usano indistintamente i termini Energie alternative o rinnovabili. Ma cosa significa energie alternative?
Abbiamo citato tra le energie rinnovabili l’energia idroelettrica, si usa diffusamente da sempre; possiamo dunque
chiamarla indifferentemente alternativa?
Anche in questo caso è meglio precisare e lo facciamo con un esempio. Consideriamo per semplicità il solo settore
idroelettrico. La politica di sfruttamento è tuttora (nonostante alcuni piccoli progressi) basata su una gestione
centralizzata di enormi e complessi impianti. Gli sprechi sono ingenti e la sensibilità ecologica non è certo al top della
lista delle priorità. I piccoli impianti, oltre a presentare un impatto notevolmente inferiore, possono essere gestiti “a
misura d’uomo”, possono essere distribuiti e gestiti in piccole comunità mirando ad un interazione con l’ambiente e
non ad una sua modifica. L’energia idroelettrica che è sempre stata e sarà rinnovabile diventa in questo senso anche
“alternativa”. Insomma l’energia può definirsi “alternativa” dal punto di vista culturale, un approccio che ancora
manca nella realtà italiana.

Perchè costituiscono un tema così attuale?


Protocollo di Kyoto. L’egemonia del petrolio è un potenziale fattore di crisi. La Comunità Europea finanzia ed
incentiva ora con programmi specifici l’utilizzo delle energie rinnovabili e lo sviluppo delle tecnologie per il loro
sfruttamento. Nonostante il gran parlare, nel campo delle energie rinnovabili c’è in realtà ben poco di nuovo. Più che
di scoprire si tratta di riscoprire e sviluppare ciò che già da tempo è stato inventato e rimasto trascurato e
cristallizzato durante gli anni del petrolio facile.

Qual’è la situazione odierna?


Oggi le fonti rinnovabili rappresentano circa il 20% nelle statistiche delle fonti di energia mondiali, con una netta
prevalenza di biomasse (quasi il 14%) e idraulica (il 6%). Va accennato che il contributo del solare per il riscaldamento
e l’essiccamento e di molte biomasse, soprattutto nel Terzo Mondo, non viene in genere contabilizzato, in quanto
difficilmente valutabile al di fuori dei normali circuiti commerciali.
Nella Comunità Europea le energie rinnovabili contribuiscono per il 5,4% (circa 43 milioni di tonnellate equivalenti di
petrolio all’anno) alla copertura dei bisogni di energia primaria; le previsioni per i prossimi anni prevedono il
raddoppio di tale contributo, cioè il 9,6% per il 2005, grazie soprattutto alle biomasse, ai biocarburanti, alla
valorizzazione dei rifiuti urbani, all’energia eolica e alla minidraulica

Ma è proprio tutto rose e fiori?


La possibilità di sfruttare diverse fonti rinnovabili è oramai dimostrata. Restano ancora irrisolti problemi di efficienza
e soprattutto economici. La produzione di energia da fonti rinnovabili ha spesso dei costi poco concorrenziali rispetto
all’utilizzo dei combustibili tradizionali. Gli impianti occupano in molti casi grandi superfici (come molte wind farm o
pannelli fotovoltaici) per ottenere solamente esigue quantità di energia. I costi elevati e la scarsa diffusione delle
opportunità esistenti per accedere a fondi comunitari non fanno decollare il settore del rinnovabile in Italia.

Chi può trarne i maggiori vantaggi?


Praticamente tutti dal punto di vista ecologico. Le PMI e volendo anche i privati producendo e vendendo l’energia
erogata da piccoli e grandi impianti.

Ripensare la gestione energetica europea


Una rete continentale sulle questioni energetico-ambientali, attraverso la quale consolidare, unificare ed estendere le
mobilitazioni contro le scelte energetiche che mantengono al centro l’uso dei combustibili fossili e del nucleare, e
promuovendo strade alternative come il risparmio e l’efficienza energetica avvalendosi anche delle fonti rinnovabili.
La proposta è stata lanciata da Legambiente insieme a una cartello di associazioni ambientaliste italiane dal Forum
Sociale Europeo di Parigi: dopo il black out che il 28 Settembre ha lasciato al buio l’Italia per quasi 12 ore si è reso
necessario ripensare le politiche energetiche e gli ambientalisti italiani hanno illustrato le proposte ai colleghi europei.

“Per l’Italia - ha dichiarato Francesco Ferrante, direttore generale di Legambiente - un passaggio prioritario è
senz’altro l’approvazione di un nuovo Piano nazionale per l’energia, l’ultimo è del 1988, che definisca obiettivi di
aumento dell’efficienza e di incremento delle fonti rinnovabili e l’aggiornamento dei Piani regionali. Uno studio
recente del Ministero dell’Ambiente ha evidenziato che a parità di comfort , i consumi energetici possono essere
ridotti del 30 percento: ciò dimostra che gran parte dei bisogni di caldo, freddo e illuminazione può essere
soddisfatta, anziché con nuove centrali, utilizzando meglio e con più efficienza l’energia disponibile”.

Ma le possibilità di sfruttare le risorse fossili non sono infinite, ecco dunque che diventa vitale assicurarsi il controllo
delle risorse residue di petrolio e gas naturale (quelle più concentrate e più facilmente trasportabili, dunque molto più
preziose del carbone).

“L’obiettivo strategico - ha aggiunto Ferrante - e di lungo periodo che perseguiamo è che entro il 2050 i consumi non
rinnovabili procapite si attestino in ogni Paese del mondo entro la soglia di 1 tep fossile. Una grande sfida, possibile
ma molto impegnativa, considerando che oggi un europeo consuma mediamente 3 tep di energia l’anno e un
americano arriva quasi a 8”.

Povera di risorse fossili, più attenta degli Stati Uniti ai bisogni sociali e agli obiettivi di tutela ambientale, l’Europa
dunque ha tutto l’interesse di porsi all’avanguardia della battaglia per un nuovo modello energetico. Del resto, di
fronte all’ormai conclamata insostenibilità sociale ed ambientale dell’attuale sistema energetico, un’Europa sempre
più indipendente dal petrolio non solo è possibile, ma è quanto mai necessaria.

Bioenergia
La bioenergia è qualsiasi forma di energia utile ottenuta dai biocombustibili. La biomassa rappresenta la più
consistente tra le fonti di energia rinnovabile anche se esistono molteplici difficoltà di impiego dovute all’ampiezza e
all’articolazione delle fasi che costituiscono le singole filiere.

Le tecnologie per ottenere energia dai vari tipi di biomasse sono naturalmente diversi e diversi sono anche i prodotti
energetici che si ottengono. Ad esempio, se un materiale ha molto carbonio (C) e poca acqua (H 2O), è adatto per
essere bruciato per ottenere calore o elettricità; se, viceversa, ha molto azoto (N) ed è molto umido, può essere
sottoposto ad un processo biochimico che trasforma le molecole organiche in metano ed anidride carbonica. Infine,
combustibili liquidi adatti ad essere utilizzati nei motori a benzina o diesel possono essere ottenuti a partire da
particolari specie vegetali.

In sintesi, i processi di conversione in energia delle biomasse possono essere ricondotti a due grandi categorie:
processi termochimici e processi biochimici.

Processi termochimici: I processi di conversione termochimica sono basati sull’azione del calore che permette le
reazioni chimiche necessarie a trasformare la materia in energia e sono utilizzabili per i prodotti ed i residui cellulosici
e legnosi in cui il rapporto C/N abbia valori superiori a 30 ed il contenuto di umidità non superi il 30%. Le biomasse più
adatte a subire processi di conversione termochimica sono la legna e tutti i suoi derivati (segatura, trucioli, ecc.), i più
comuni sottoprodotti colturali di tipo ligno-cellulosico (paglia di cereali, residui di potatura della vite e dei fruttiferi,
ecc.) e taluni scarti di lavorazione (lolla, pula, gusci, noccioli, ecc.).

Processi biochimici: I processi di conversione biochimica permettono di ricavare energia per reazione chimica dovuta
al contributo di enzimi, funghi e micro-organismi, che si formano nella biomassa sotto particolari condizioni, e
vengono impiegati per quelle biomasse in cui il rapporto C/N sia inferiore a 30 e l’umidità alla raccolta superiore al
30%. Risultano idonei alla conversione biochimica le colture acquatiche, alcuni sottoprodotti colturali (foglie e steli di
barbabietola, ortive, patata, ecc.), i reflui zootecnici e alcuni scarti di lavorazione (borlande, acqua di vegetazione,
ecc.), nonché alcune tipologie di reflui urbani ed industriali.

Cofiring (Cocombustione)

Una immediata opportunità per l’utilizzo massiccio delle biomasse come


fonte per ottenere energia elettrica è data dalla tecnologia della co-
combustione (cofiring). Sin dal 1990 molte verifiche sperimentali hanno
dato esito positivo nella sostituzione di una porzione di carbone con
biomassa da utilizzare nella stessa caldaia dell’ impianto preesistente, ciò
può essere fatto miscelando la biomassa con carbone prima che il
combustibile venga introdotto nella caldaia o utilizzando alimentazioni
separate per la biomassa e il carbone.

Si può arrivare a sostituire il 20% di carbone con biomasse, riducendo le


emissioni di protossido d’azoto, di anidride solforosa e di anidride
carbonica.

In U.S.A. gli impianti termoelettrici a carbone predisposti per il cofiring


hanno avuto un tempo di ammortamento medio di 8 anni, ed è stato
ritenuto molto conveniente dalle stesse società proprietarie di tali
impianti.

Anche il cofiring di gas naturale con biogas o syngas può dare buoni
risultati di efficienza, anche quando applicato a sistemi medio-piccoli.

Pirolisi 
È un processo di decomposizione termochimica di materiali organici,
ottenuto fornendo calore, a temperature comprese tra 400 e 800°C, in
forte carenza di ossigeno. I prodotti della pirolisi sono gassosi, liquidi e
solidi, in proporzioni che dipendono dai metodi di pirolisi (pirolisi veloce,
lenta, convenzionale) e dai parametri di reazione. Uno dei maggiori
problemi legati alla produzione di energia basata sui prodotti della pirolisi
è la qualità dei medesimi. Spesso, infatti, il livello di qualità non risulta
essere sufficientemente adeguato per le applicazioni con turbine a gas e
motori diesel.

Indicativamente, facendo riferimento alle taglie degli impianti si può Schema del processo entropico di pirolisi
La slide sopra illustra il flusso di massa e di energia che
affermare che i cicli combinati ad olio pirolitico appaiono i più descrive il processo entropico con un alto grado di umidità
promettenti, soprattutto in impianti di grande taglia, mentre motori a MSW. La separazione di RDF riduce la quantità di scorie a
ciclo diesel, alimentati con prodotti di pirolisi, sembrano più adatti ad meno del 10% della quantità attuale. L’essiccamento
riduce il flusso di MSW a circa un terzo della sua massa
impianti di piccola potenzialità.In particolare, a livello sperimentale, si originaria, trattenendo quasi tutto il suo contenuto di
nota che:   energia.
La pirolisi concentra il contenuto di energia dell’RDF
rilasciando umidità addizionale e CO2. Il sottoprodotto dei
- con una pirolisi lenta a basse temperature e lungo tempo di permanenza vapori dell’olio sono riciclati nel processo. Il prodotto
si ha un contenuto carbone di legna di circa il 30% in peso con un complessivo ha circa il 22% del peso e contiene due terzi
dell’energia totale della massa originaria di scorie
contenuto energetico di circa il 50%;  

- la pirolisi estremamente veloce (flash pirolisi) condotta ad una


temperatura relativamente bassa (intorno a 500 °C con un massimo di
650°C) e con un tempo di permanenza molto basso (meno di 1 secondo) fa
aumentare i prodotti liquidi fino all’80% in peso; 

- a pirolisi estremamente veloce (flash pirolisi) condotta a temperature


superiori (sopra i 650°C) fa aumentare i prodotti gassosi fino all’80% in
peso;

Sul mercato sono presenti reattori di pirolisi, ottimizzati


- una pirolisi condotta in condizioni convenzionali, ovvero a temperature per il trattamento dei RSU
moderate (inferiori a 600 °C) dà origine a prodotti gassosi, liquidi e solidi
in proporzioni più o meno costanti.

La produzione di bio-olio consente di avere un combustibile a più alto


contenuto energetico se comparato con la biomassa di partenza e, una
volta stabilizzato, stoccabile per lungo tempo a temperatura ambiente
senza problemi di degradazione.

Carbonizzazione
La carbonizzazione è, in sostanza, un processo di pirolisi.

È un processo di tipo termochimico che consente la trasformazione delle molecole strutturate dei prodotti legnosi e
cellulosici in carbone (carbone di legna o carbone vegetale), ottenuta mediante l’eliminazione dell’acqua e delle
sostanze volatili dalla materia vegetale, per azione del calore nelle carbonaie all’aperto, o in storte chiuse che
offrono una maggior resa in carbone e vari altri prodotti (alcol, acido acetico, acetone, catrame, ecc.).
Il carbone di legna può essere usato come combustibile o anche come materia prima per l’ottenimento di prodotti
chimici industriali quali ad esempio i carboni attivi.

Biocombustibili solidi
La combustione è una reazione chimica in cui una sostanza (combustibile)
si combina con l’ossigeno dell’aria (comburente) sviluppando calore. La
combustione presuppone la contemporanea presenza in giuste proporzioni
di tre elementi fondamentali: il combustibile, il comburente e la
temperatura. In assenza anche di uno solo di questi fattori la combustione
non ha luogo, mentre se le proporzioni non sono rispettate si parla di
combustione incompleta.

Dal punto di vista termodinamico, la combustione è un processo di


conversione dell’energia chimica del combustibile in calore. Pellet

L’energia termica recuperata viene utilizzata generalmente per  


riscaldamento o per processi produttivi industriali oppure per generare
elettricità grazie a cicli a gas o a vapore. Però la combustione di biomassa
associata a cicli a vapore Rankine non sempre consente di ottenere ottimi
rendimenti di generazione elettrica. Valori tipici per impianti di potenza
medio – grande (nel caso delle biomasse, ciò significa almeno dell’ordine
dei 10 MW elettrici) si aggirano intorno al 25% come rendimento elettrico
netto, mentre, sono nettamente inferiori in caso di impianti di piccola
taglia. La combustione di combustibili poveri, inoltre, presenta alcune
problematiche dovute, sostanzialmente, a bassi valori di PCI , scarsa
applicazione di essiccamento e condizioni ottimali di stoccaggio al fine di Bricchetto
diminuire il contenuto di umidità, basso punto di fusione delle ceneri (in
funzione del tipo di biomassa considerata). Tali problematiche possono
essere in parte o del tutto affrontate con sistemi di cippatura,  
bricchettatura o pellets, sistemi attualmente in fase di sviluppo e
sperimentazione.

Anche alcune tipologie di scarti dell’industria del legno (segatura,


polveri) possono essere utilizzate per produrre combustibili ecologici
quali pellet, bricchetti o cippato

Il pellet si distingue per la bassa umidità (inferiore al 12 %) e per la sua


elevata densità nonché per la regolarità del materiale. Il presupposto per
l’utilizzo di questo prodotto è l’impiego di legname vergine, non trattato
cioè con corrosivi, colle o vernici. I pellets sono prodotti con la polvere
ottenuta dalla sfibratura dei residui legnosi, la quale viene pressata da Cippato
apposite macchine in cilindretti che possono avere diverse lunghezze e
spessori (1,5-2 cm di lunghezza,6-8 mm di diametro). La compattezza e la
maneggevolezza danno a questa tipologia di combustibile caratteristiche
 
di alto potere calorifico (p.c.i. 4.000-4.500 kcal/kg) e di affinità ad un
combustibile fluido. È molto indicato quindi, per la sua praticità, per
piccoli e medi impianti residenziali.

Con residui e polveri più grossolane vengono prodotti i bricchetti, che


sono dei tronchetti pressati, in genere di 30 cm di lunghezza e 7-8 cm di
diametro. L’utilizzo è assimilabile a quello del legno in ciocchi. I processi
per la produzione di pellets e bricchetti non richiedono l’uso di alcun tipo Legname
di collante, poiché la compattazione avviene fisicamente e con l’alta
temperatura generata nel processo. La compattezza e la maneggevolezza
danno a questa tipologia di combustibile caratteristiche di alto potere
calorifico (p.c.i. 4.000-4.500 kcal/kg), è indicato per impianti medi e
grandi, ma si presta anche all’uso in piccoli impianti anche residenziali.

Cippato deriva dall’inglese Chips “pezzettini” sono pezzettini di legno


ricavati dagli scarti di segherie che lavorano piante prive di sostanze
inquinanti quali vernici, ecc.È un ottimo combustibile che usato in
apposite caldaie o stufe sprigiona una potenza calorica di Kcal/h
3000/3500 a seconda del grado di umidità.

Naturalmente tra i biocombustibili solidi bisogna annoverare i pezzi (o


Bricchettatrice
ciocchi) di legno vero e proprio, il costo è marginalmente superiore dato
che i combustibili sopradescritti possono essere ricavati da scarti
industriali e/o delle lavorazioni agricole e boschive, comunque in genere i
biocombustibili solidi sono competitivi anche nei confronti del metano,
non solo per le necessità di calore ma in alcuni casi con i sistemi adeguati
anche per la produzione di energia elettrica.

Uno dei maggiori inconvenienti della combustione dei biocombustibili


solidi è l’alto tenore di emissioni, sopratutto di CO e sopratutto nei
piccoli impianti residenziali dove può anche dar luogo ad intossicazioni
dato che tale gas è altamente tossico, oggi si possono però trovare
impianti anche residenziali che adottano la tecnologia della post-
combustione
Il CO è un gas combustibile che, se opportunamente miscelato con aria a
temperature elevate brucia. La post-combustione consiste proprio nel Pellettizzatrice
bruciare il monossido di carbonio presente nei fumi della combustione
primaria. La fiamma, lambendo le piastre in lega, resistentissima al Esistono in commercio macchine apposite
calore,e con l’ausilio di immissione di aria ricca di ossigeno (ARIA per la produzione di cippato, pellets e
SECONDARIA) da luogo al fenomeno di “pirolisi”. Tale fenomeno brucia il bricchetti, questi ultimi anche per piccole e
monossido di carbonio (CO) e demolisce la maggior parte delle molecole medie quantità, in Svezia si ha un forte
dei fumi e delle ceneri, ottenendo così una bassa emissione di materiale consumo di pellets, quasi un milione di
inquinante, massimo rendimento e sufficiente margine di sicurezza. tonnellate all’anno, non solo per piccoli e
medi impianti e non solo per riscaldamento
ma anche in centrali di cogenerazione di
alcune centinaia di MW di potenza, gli
operatori di questi impianti dichiarano che
non esiste un combustibile più economico
dei biocombustibili 

A lato: Varie tipologie di bricchetti ottenuti


da diverse specie di scarti di colture
vegetali

Con la combustione si forma un gas molto tossico e mortale:l’ossido di


carbonio (CO), dovuto alla non perfetta combustione e ciò si verifica con
qualsiasi combustibile. L’analisi dei fumi ha rilevato che l’ossido di
carbonio tende a diminuire con l’aumentare del rendimento termico e a
scomparire man mano che la combustione tende ad essere completa.
Siccome l’ossido di carbonio è un gas combustibile che se miscelato con
aria a temperature elevate brucia, la postcombustione consiste proprio
nel bruciare il CO presente nei fumi generati dalla combustione primaria.

I vantaggi di questa nuova tecnologia sono la riduzione dei gas tossici


immessi nell’ambiente, aumento del rendimento termico di circa il 10%,
risparmio economico ed energetico.

I camini prefabbricati dovrebbero essere progettati tenendo conto di


questa particolarità, dove una certa quantità di aria (detta secondaria)
dovrebbe essere fatta confluire all’interno della camera di combustione,
preriscaldata lungo il condotto di immissione e portata alla temperatura
di accensione dalla fiamma sottostante. L’aria, combinandosi con l’ossido
di carbonio prodotto dalla combustione primaria, prende fuoco generando
una seconda fiamma più vivace con temperatura elevatissima e fumo più
trasparente 
I biocombustibili solidi hanno oltretutto il pregio di poter essere
adottati e gestiti da subito anche nei paesi arretrati e in via di sviluppo

Gassificazione  
Processo di conversione del carbone e/o della biomassa in composti
gassosi (ossido di carbonio, anidride carbonica, metano, idrogeno e
miscele di essi come il syngas), eseguito per reazione con aria, ossigeno,
vapore o loro miscele. Il gas prodotto può essere impiegato direttamente
nell’industria chimica ed elettrica, o altrimenti convertito in idrocarburi
liquidi o solidi tipo cere (Processo Fischer-Tropsch).  

La gassificazione consiste nell’ossidazione incompleta di una sostanza in


ambiente ad elevata temperatura (900/1000°C) per la produzione di un
gas combustibile (detto gas di gasogeno o syngas).Il gas di gasogeno può
essere trasformato in alcool metilico (CH3OH), che può essere
agevolmente utilizzato per l’azionamento di motori e per la produzione di
biodiesel.

Le figure sopra rappresentano due impianti per la


produzione di gasogeno a partire da torba (combustibile
solido derivante dalla carbonizzazione di piante acquatiche
o palustri come sfagni, ciperacee, graminacee ecc., la
torba essiccata contiene il 40-60% di carbonio; il potere
calorifico è fra 3000 e 3500 kcal/kg.) o carbone di legna. Il
primo impianto funziona con materiale in pezzi grossi il
secondo in pezzi piccoli. In essi, la combustione in difetto
d’aria, produce una miscela di gas ricca di ossido di
carbonio e idrogeno,(syngas o gas di gasogeno o gas
illuminante o gas di città). Entrambi gli impianti erano
caricati attraverso le porte b che durante la combustione
erano chiuse ermeticamente. L’aria per la combustione
entrava dalle griglie f e i gas prodotti uscivano dalle
  condutture g.

Le tecnologie di gassificazione della biomassa sono ritenute promettenti sia perché nell’immediato possono essere
abbinate alle attuali tecnologie di produzione dell’energia elettrica, in particolare nelle centrali a gas a ciclo
combinato e sia perché possono essere abbinate alle eventuali future centrali elettriche a fuel-cell, in particolare
MCFC e SOFC, nelle quali gas composti da idrogeno e carbonio sono ottimali.
Un’ applicazione pratica della gassificazione per ottenere un’elevata
efficienza termica: A lato una caldaia ad effetto gasogeno.
Impiegando il tradizionale combustibile solido, cioè la legna o altri
prodotti vegetali, si possono ottenere dei risultati soddisfacenti.
Il combustibile solido viene sistemato in un ampio focolare posto a media
altezza della caldaia, attraverso la porta superiore la quale consente
l’introduzione di pezzi di medie e grosse dimensioni. (La capacità totale
del focolare è di 0,20 m3).

La caratteristica principale della caldaia è dovuta a fatto che nel


momento in cui il combustibile si surriscalda, produce gas naturale il
quale, attraverso particolari aperture praticate alla base della camera di
combustione, viene forzatamente convogliato nella parte inferiore della
caldaia, formando la caratteristica fiamma rovesciata. Tale sistema tende
allo sfruttamento massimo del combustibile, evitando, come nelle caldaie
tradizionali, il formarsi di piccole particelle di residui incombusti. Le
caldaie, il cui principio di funzionamento è basato sul sistema gasogeno,
sono presenti ormai da molti anni sul mercato mondiale del
riscaldamento, in grado di garantire ottimi risultati e soddisfare ogni
esigenza

L’ENEA è impegnato, in particolare presso il proprio Centro della Trisaia, in attività di ricerca e dimostrazione
sull’utilizzo delle biomasse per la produzione di energia elettrica, con particolare riferimento allo sviluppo della
tecnologia della gassificazione al fine di ottenere, con efficienza dell’80-85%, un syngas (gas di sintesi composto da H
e CO) a basso medio potere calorifico, molto flessibile e con ridotto impatto ambientale. Le macchine utilizzatrici del
syngas prodotto vanno dai classici motori alle microturbine e alle celle a combustibile. enea.it/biomassa

La gassificazione può contribuire allo smaltimento dei rifiuti solidi urbani e/o all’utilizzo del combustibile da rifiuti. La
gassificazione degli RSU ha come prodotto un gas di sintesi (syngas) che alimenta la turbina a gas dell’impianto a ciclo
combinato.Ciò con le seguenti principali finalità:
rimuovere le barriere tuttora esistenti sull’applicazione delle tecnologie di gassificazione degli RSU; 
favorire la diffusione dei cicli combinati a gas che restano una delle tecnologie ambientalmente più valide per la
produzione di elettricità; 
ampliare il ricorso alle fonti rinnovabili (il tasso di rinnovabilità degli RSU è correntemente indicato nel 66%) 
evitare il ricorso al conferimento in discarica degli RSU. Per il sistema integrato sopra citato, è stata individuata la
scala più adatta per l’applicazione e sono stati quantificati i costi di produzione dell’energia elettrica in confronto
con i singoli cicli di riferimento: a) sola gassificazione degli RSU e b) sola produzione di elettricità con CCGN.
Con riferimento ad un insediamento urbano da 500.000 abitanti è stato trovato che l’utilizzo del syngas ottenuto dagli
RSU congiuntamente a gas naturale in una turbina da circa 100 MW (invece che i normali motori a combustione interna
come proposto dalle tecnologie correnti) consente di innalzare le rese di conversione in elettricità dal 35 al 52%
mentre i costi di produzione sarebbero pari a 0,045 €/kWh.

Biogas da digestori anaerobici 1       2 3    4     5      6      7                 8


È un processo di conversione di tipo biochimico che avviene in assenza di
ossigeno e consiste nella demolizione, ad opera di micro-organismi, di
sostanze organiche complesse (lipidi, protidi, glucidi) contenute nei
vegetali e nei sottoprodotti di origine animale, che produce biogas
costituito abitualmente per il 50÷70% circa da metano e per la restante
parte da CO2 ed altri componenti. Il potere calorifico del gas ottenuto
varia a seconda del contenuto di metano. Un valore medio può essere
posto pari a circa 23.000 kJ/Nm 3 . Il biogas così prodotto viene trattato,
accumulato e può essere utilizzato come combustibile per alimentare
caldaie a gas accoppiate a turbine per la produzione di energia elettrica o Esempio minimo di sistema per la produzione di biogas
in centrali a ciclo combinato o motori a combustione interna.
Quotidianamente viene aggiunta biomassa mescolata ad un
minimo d’acqua in un serbatoio aperto (1).La miscela
I sottoprodotti di tale processo biochimico sono ottimi fertilizzanti poiché entra per gravità nell’impianto quando si apre la valvola
parte dell’azoto che avrebbe potuto andare perduto sotto forma di (2). Il miscelatore (3), ha lo scopo di impedire la
formazione di schiume e di sedimenti. Il recipiente
ammoniaca è ora in una forma fissata e quindi direttamente utilizzabile digestore (4) è ermeticamente chiuso e coibentato . Ogni
dalle piante. Al termine del processo di fermentazione si conservano aggiunta di liquame fresco comporta uno scarico di
integri i principali elementi nutritivi (azoto, fosforo, potassio), già liquame digerito in un recipiente esterno (6). Il processo di
digestione richiede da 14 a 35 giorni, secondo la
presenti nella materia prima, favorendo così la mineralizzazione temperatura dell’impianto, per cui il rifornimento
dell’azoto organico risultando in tal modo un ottimo fertilizzante. quotidiano di liquame dovrebbe variare da 1/14 a 1/35 del
volume del digestore per mantenere il tempo di ritenzione 
Di seguito viene proposta parte della descrizione del funzionamento di un desiderato.
impianto per la depurazione delle acque reflue in un comprensorio di
25.000 persone. Il gas prodotto gorgoglia attraverso il liquame fino alla
parte superiore del digestore (5) e tramite una condotta
“La permanenza dei fanghi all’interno del digestore anaerobico dura in con silicone (7) viene portato fino al serbatoio (8). Una
precauzione importante è la sistemazione di un retino
media circa 23 giorni. Mentre si trovano all’interno del serbatoio, avviene antifiamma di ottone o rame all’inizio della condotta che
la fermentazione e grazie all’impiego di reagenti chimici e micro- porta al serbatoio. Il biogas prodottoè una miscela del 60%
organismi i fanghi vengono disgregati nelle molecole più semplici circa di metano, la parte infiammabile, e del 40% circa di
anidride carbonica.
possibili. Il processo produce anche una grossa quantità di biogas che
viene incanalata in un altro serbatoio, indirizzata alla caldaia e quindi in In una piccola
fattoria con 10 bovini, 10 suini, 50 tra
parte utilizzata per mantenere una temperatura costante di 33 gradi galline, conigli e animali vari, e 4 persone si possono
all’interno del digestore. produrre circa
4,5 metri cubi di metano al giorno,
naturalmente in una fattoria ci sono anche rifiuti vegetali,
La quantità in eccesso di gas, soprattutto nel periodo estivo, viene (stalla, orto, ecc) per cui la produzione può essere di 6/7
Nm3 al giorno se il recipiente di raccolta è debitamente
smaltita attraverso la combustione nel bruciatore posto nel centro del dimensionato, equivalente a circa 60.000 Kcal
piazzale dell’impianto. Annualmente, si calcola, questo processo produce
circa 300.000 metri cubi di gas, un terzo dei quali sono per il momento in
eccesso e vengono bruciati.” (!!? n.d.r.)
Dal trattamento delle acque reflue si ottengono anche ammoniaca e
nitrati utilizzati per la produzione di fertilizzanti e fanghi organici
utilizzati da aziende di compostaggio per ottenere ancora sostanze
fertilizzanti.

 
A Kirchdorf, in Austria, è stato installato un impianto per la produzione di Esempio di vasca per stoccaggio liquami adibita a digestore
a freddo o riscaldata con collettore di ripresa biogas
biogas, 850 tra ristoranti e case private consegnano quotidianamente
 
oltre 12 tonnellate di avanzi, L’energia elettrica prodotta in una centrale
a ciclo combinato abbinata al sistema è sufficiente ad alimentare tutta la
regione.
 
Il biogas può essere ottenuto anche dalle discariche dei rifiuti urbani.
Una discarica completamente isolata mediante impermeabilizzazione
naturale o con teli sintetici diviene un “contenitore di accumulo” del
Digestore anaerobico a caldo e gasometro
biogas che si produce in seguito al processo di decomposizione della
sostanza organica contenuta nei rifiuti. I principali composti prodotti sono  
metano ed anidride carbonica.
Per evitare dispersioni nel sottosuolo e nell’aria (con relativo rischio di
esplosioni), diffusione di odori molesti e danni alla vegetazione, il biogas
viene raccolto mediante un’apposita rete di captazione. Il sistema di
estrazione è costituito da una serie di pozzi verticali, dai quali si
dipartono a raggiera delle tubazioni fessurate, disposte orizzontalmente
in modo da raggiungere tutto il corpo della discarica; la pressione, alla
quale sono sottoposti i gas all’interno del corpo della discarica, ne
permette la raccolta e l’asportazione.
Il sistema di aspirazione del biogas può essere di tipo naturale o forzato.
Il biogas così raccolto può essere convogliato tramite un collettore
principale ad una centrale a gas per la produzione di energia elettrica e
teleriscaldamento. Da notare che il metano contenuto nel biogas sarebbe
altrimenti destinato a disperdersi in atmosfera, il metano è un gas ad
effetto serra 7 volte più attivo dell’anidride carbonica!

 
Sistema di filtrazione, desolforazione, deumidificazione e
affinamento, con stazione di compressione biogas.
Il recupero di biogas da discarica è un sistema adottato sopratutto in via
sperimentale in molti paesi, l’ Inghilterra invece ha sviluppato un vasto
 
ed efficiente sistema di recupero di biogas dalle discariche, sia per usi
termici che elettrici. Anche la Svizzera si sta attrezzando con questi
sistemi.

Veduta d’assieme di un complesso per il trattamento dei


reflui zootecnici all’interno di un progetto Altener II
 

Digestori aerobici  
La digestione aerobica è un processo biochimico di degradazione delle sostanze organiche per opera di micro-
organismi, il cui sviluppo è condizionato dalla presenza di ossigeno. Questi batteri convertono sostanze complesse in
altre più semplici, liberando CO2 e H2O e producendo un elevato riscaldamento del substrato, in modo proporzionale
alla loro attività metabolica. Quindi la fermentazione aerobica è una potenziale fonte di energia termica, sfruttabile
sopratutto in ambienti agro-zootecnici.

Sistemi Small modular


I piccoli sistemi modulari alimentati con le più svariate tipologie di
biomassa potrebbero potenzialmente soddisfare il fabbisogno energetico
di oltre 2,5 miliardi di persone attualmente sprovviste di energia
elettrica. Ciò per il fatto che queste popolazioni vivono in aree con
abbondante disponibilità di biomassa destinabile all’ottenimento di
combustibili bioenergetici, piccoli sistemi modulari da 5 kW a 5 MW
potrebbero rappresentare soluzioni ottimali per le piccole comunità o
interi villaggi. Non di meno questi sistemi possono avere un potenziale
mercato anche nei paesi industrializzati in quanto hanno costi di
produzione e di gestione molto interessanti e competitivi anche grazie
alla loro modularità e taglia che permettono di avere una fonte di energia
elettrica e calore in prossimità dei luoghi di utilizzo.
 
Il laboratorio nazionale per l’energia rinnovabile (NREL) con sede nel
Colorado (USA) con la partecipazione di altri laboratori di ricerca stanno
puntando molto su questi sistemi con progetti e realizzazioni in fase di
studio e verifica di costi ed efficienza. 

Un sistema prevede l’utilizzo di microturbine per cogenerazione esistenti


in commercio (immagine a lato) integrate in un gassificatore di materiale
legnoso (immagine sopra), il prototipo è di 30 kW e il costo di scala
potrebbe essere inferiore ai 500 € al kW, per la produzione di elettricità
l’efficienza è del 25-30%.

A lato: generatore elettrico-termico da 7 kW a gasogeno da biomassa, tali


sistemi possono avere costi nell’ordine di 1000 € al kW e possono essere
alimentati con le più diverse tipologie di residui da biomassa. In questo
prototipo la produzione di elettricità ha un’efficienza del 12-20%
(valutazioni NREL) adatto in situazioni con rilevante fabbisogno di energia
termica.

Altre tecnologie prevedono l’utilizzo di motori termici stirling alimentati


anche direttamente con biocombustibili solidi, nell’immagine a lato un
sistema in fase precommerciale cofinanziato dal NREL, le potenze vanno
da 500 W a 10 kW, l’efficienza è del 12-15%, + 50% energia termica
Bio Carburanti
I biocarburanti sono prodotti derivati dalla biomassa che, oltre a prestarsi per produrre calore e/o energia elettrica,
possono essere usati per autotrazione, sia miscelati con i carburanti da combustibili fossili e sia, in alcuni casi, utilizzati
puri.

 
Bio Etanolo
La fermentazione alcoolica è un processo di tipo micro-
aerofilo che opera la trasformazione dei glucidi contenuti
nelle produzioni vegetali in bioetanolo (alcool etilico) .
Risulta un prodotto utilizzabile anche nei motori a
combustione interna normalmente di tipo “dual fuel”,
come riconosciuto fin dall’inizio della storia
automobilistica. Se, però, l’iniziale ampia disponibilità ed
il basso costo degli idrocarburi avevano impedito di
affermare in modo molto rapido l’uso di essi come
combustibili, dopo lo shock petrolifero del 1973 sono stati Impianto per la produzione di bioetanolo e zucchero.
studiati numerosi altri prodotti per sostituire il carburante
delle automobili (benzina e gasolio); oggi, tra questi
prodotti alternativi, quello che mostra il miglior
compromesso tra prezzo, disponibilità e prestazioni è
proprio il bioetanolo, in alcuni paesi del sudamerica viene
utilizzato puro in normali motori a combustione interna
opportunamente tarati. Nell’immediato potrebbe essere
utilizzato additivato alla benzina fino al completo
sfruttamento delle risorse agricole disponibili senza dover In questo stabilimento francese si producono 150 tonnellate di zucchero e 200
lasciare improduttive le vaste aree per le quale oggi si ettolitri di bioetanolo all’anno, oltre alla polpa di barbabietola disidratata e
incentiva il non sfruttamento in base alle vigenti norme pressata per l’industria dei fertilizzanti
sulle eccedenze agroalimentari. I residui di lavorazione e
Esempi della quantità di etanolo ottenibile con le tecnologie standard per ettaro
produzione sono sostanze azotate e minerali quindi di coltura
fertilizzanti che riimmessi nei terreni di coltura
completano e chiudono il ciclo energetico, in pratica si Canna da zucchero 7 tonnellate
sfrutta il potere dei vegetali di produrre energia per Mais 3 tonnellate
azione della fotosintesi clorofilliana. Barbabietola da
4 tonnellate
zucchero
Patate 3 tonnellate
Le materie prime per la produzione di etanolo possono :In USA si possono acquistare vetture alimentate a bioetanolo, anche se, per le
cilindrate proposte, non possono essere considerate ecologiche
essere racchiuse nelle seguenti classi: 
Residui di coltivazioni agricole;
Residui di coltivazioni forestali;
Eccedenze agricole temporanee ed occasionali;
Residui di lavorazione delle industrie agrarie e agro -
alimentari;
Coltivazioni ad hoc; 
Chrysler Sebring
Rifiuti urbani.
 
Per quanto riguarda le coltivazioni ad hoc, quelle più
sperimentate e diffuse sono la canna da zucchero (si veda
l’esperienza Brasiliana), il grano, il mais. Ci sono poi altre
colture, quali la bietola, il sorgo zuccherino, il topinambur
ed altre, che rimangono ancora in fase sperimentale. Dodge Stratus
Secondo la loro natura, le materie prime possono essere  
classificate in tre tipologie distinte:
Materiali zuccherini: sostanze ricche di saccarosio come
la canna da zucchero, la bietola, il sorgo zuccherino,
taluni frutti, ecc.
Materiali amidacei: sostanze ricche di amido come il
grano, il mais, l’orzo, il sorgo da granella, la patata,
Mercedes C320 Sedans
Materiali lignocellulosici: sostanze ricche di cellulosa
come la paglia, lo stocco del mais, gli scarti legnosi, ecc.
 
 
Un progetto innovativo ad opera di una società canadese è
stato applicato ad un impianto in fase di costruzione in
Nuova Scozia, questo impianto viene definito
“bioraffineria” ed è basato su una tecnologia avanzata del
frazionamento a vapore (steam fractionation),
frazionamento sequenziale della biomassa con
autoidrolisi, la produzione del bioetanolo si ottiene da
materiale lignocellulosico quindi meno pregiato di quello
che attualmente viene utilizzato per ottenere bioetanolo,
questo comporta un minor costo del prodotto finito
potendo utilizzare sia colture ad hoc ma a basso costo e
sia biomassa derivante dagli scarti agro-industriali,
forestali, ecc. Secondo i responsabili del progetto è
necessario un minor apporto di energia per la produzione,
gli attuali processi di distillazione richiedono, secondo i
più recenti studi, 66 unità di energia per ottenerne 100
Ford Taurus Wagon
con un incremento di energia ottenuta del 34%. I
sottoprodotti di produzione sono fertilizzanti, materiali
polimerici biodegradabili e altri prodotti utili
nell’industria chimica. Particolare attenzione progettuale
è stata posta per evitare l’emissione di inquinanti alla fine
del ciclo produttivo, i responsabili dichiarano che l’acqua
di scarico è potabile.
Una società di Palermo sta ingegnerizzando un sistema
simile che dovrebbe portare alla realizzazione di un
impianto pilota in Malaysia sfruttando i rifiuti dell’olio di
palma prodotto in quella regione, il costo dell’impianto è
di 35 milioni di dollari e produrrà 80.000 m3 di etanolo
all’anno, il ritorno dell’ investim ento è previsto in circa 2
anni.
Negli USA sono stati effettuati alcuni interessanti studi sulle potenzialità del bioetanolo tra le quali:

Minor costo della benzina se additivata con bioetanolo, tenendo presente che in quel paese la benzina ha un costo
nettamente inferiore al nostro.
Maggior profitto per i coltivatori delle colture adatte ad ottenere bioetanolo, riduzione del deficit commerciale,
13.000 nuovi posti di lavoro
L’ultimo studio sul bilancio energetico nella produzione del bioetanolo segnala un attivo del 34%, tenendo presente che
si basa sull’odierna tecnologia e non prende in considerazione le innovazioni che sicuramente ci saranno nei prossimi
anni.

Un rapporto governativo indica che le sovvenzioni date all’industria petrolifera sono maggiori di quelle concesse
all’industria del bioetanolo, altri rapporti indicano molte sovvenzioni nascoste concesse all’industria petrolifera.

Vari studi sul minor inquinamento dell’aria quando i carburanti fossero additivati con bioetanolo e la non
contaminazione dei terreni e delle falde freatiche nel caso di sversamento incidentale del bioetanolo nell’ambiente.
Bio Metanolo  
Chimica del metanolo (alcool metilico) Una ditta tedesca sta per mettere in commercio un “generatore” da 1 kW con
relative “cartucce” di metanolo da 250ml, omologate per essere trasportate
anche in aereo, il costo sembra poter essere competitivo, l’autonomia è fino a 5
L’alcool metilico o spirito di legno o carbinolo o metanolo, volte maggiore delle più moderne batterie ad accumulo (per ogni ricarica)
di formula CH3OH, venne scoperto nel 1661 da Boyle nei  
prodotti di distillazione del legno. Nel 1812 Taylor notò
che le proprietà chimiche dell’alcool metilico e quelle
dell’alcool etilico erano molto simili. Da qui la frode
alimentare che portò all’uso del metanolo nella
vinificazione, con esiti spesso mortali. Nel 1835 Dumas e
Péligot ne determinarono la costituzione. In natura si
trova sotto forma di estere: salicilato nell’essenza di fiori
di arancio; oppure come etere con numerosi fenoli
(eugenolo, vanillina, ecc.). L’alcool metilico era ottenuto
industrialmente per distillazione secca del legno. Il
distillato, detto acido pirolegnoso, contiene il 3-5% di
alcool metilico la cui separazione è molto laboriosa. L’ultima proposta della stessa ditta , in compartecipazione, vuole
Attualmente tutto l’alcool metilico si ottiene per commercializzare un sistema integrato per alimentare i portatili con una
idrogenazione dell’ossido di carbonio secondo la reazione autonomia che dipende dalle ricariche di scorta: una cartuccia da 125ml (un
bicchiere) ha una autonomia per 7 ore di lavoro continuo
CO+2H2DCH3OH. Bisogna operare a 350-400 °C e a circa
 
200 atm. in presenza di ossido di cromo e ossido di zinco.
Il prodotto così ottenuto è puro e le rese sono pressoché
quantitative. Il metanolo è un liquido mobile che bolle a
67 °C, miscibile in acqua e in numerosi solventi.
Industrialmente viene impiegato come solvente per la
produzione di eteri metilici degli acidi organici e
inorganici. Per ossidazione con aria in presenza di rame o
argento dà la formaldeide. 
La Daimler Chrysler ha sviluppato una tecnologia che usa il metanolo per
L’utilizzazione del gas di gasogeno quale vettore risolvere il problema dell’accumulo di idrogeno in modo da renderlo disponibile
energetico pone alcune limitazioni legate essenzialmente “al distributore” senza dover creare una apposita rete di distribuzione.
ai problemi connessi con il suo immagazzinamento e Il metanolo viene “volatilizzato” insieme ad acqua ed inserito nel “reformer”.
Qui, la miscela viene in contatto con un catalizzatore (della Basf ) a base di
trasporto, causa il basso contenuto energetico per unità di ossido di rame ed altri ossidi di metallo . Ad una temperatura di funzionamento
volume. Ciò fa sì che risulti eccessivamente costoso il che varia da 200°C a 350°C, il metanolo e l’acqua sono convertiti in idrogeno ed
trasporto su lunghe distanze. in anidride carbonica.Questa miscela di gas “attiva” una fuel cell per ottenere
l’energia elettrica.Questo processo genera meno anidride carbonica dei motori a
combustione interna.
Tali inconvenienti possono essere superati trasformando il Il prototipo è dotato del reattore ATR (Reformer AutoTermico). In questo
“dispositivo d’avviamento” il metanolo, insieme ad acqua e ad aria, è riformato
gas in alcool metilico che può essere agevolmente parzialmente in idrogeno e parzialmente “combusto”. Ciò porta rapidamente il
utilizzato per l’azionamento di motori. sistema d’avviamento alla giusta temperatura di funzionamento, come con i
veicoli diesel nel passato.
È chiamata “Necar5”, ha un’autonomia di 500 Km e una velocità superiore ai
Il metanolo, può essere successivamente raffinato per 150Km/h
ottenere benzina sintetica che può essere paragonata alle
benzine tradizionali, oppure impiegato nella produzione
del biodiesel

Dopo la crisi energetica, la necessità di sostituire il


petrolio con combustibili alternativi ha risvegliato notevoli
interessi verso l’uso energetico dell’alcool metilico o
metanolo, specie nel settore dei trasporti dove può essere
usato puro o mescolato alla benzina, senza porre eccessivi
problemi di riprogettazione dei motori, oppure nelle
centrali termiche o con tecnologie avanzate (ad esempio
nelle pile a combustibile, in sostituzione dell’idrogeno).
Fino agli anni Settanta tutto Il metanolo commercializzato
nel mondo è stato ricavato da sintesi (CO+H2) o da gas
naturale. Dopo la crisi energetica, vi è stata una notevole
ripresa d’interesse per la produzione di metanolo a partire
dalla biomassa. Il processo per la produzione di metanolo
rappresenta una fase successiva, per esempio, al
trattamento delle sostanze di rifiuto per via biologica. In
un altro tipo di trattamento, per esempio del gas d’acqua,
miscela di CO, CO2 e H2 a partire da carbone e acqua, il
gas è raffreddato, depurato dagli inerti e dai componenti
dello zolfo e introdotto in un reattore intermedio per
aumentare il rapporto fra idrogeno e ossido di carbonio,
mediante la reazione H2O+CO -> H2+CO2. Il prodotto
risultante è infine immesso in un convertitore dove, in
presenza di catalizzatori, avviene la reazione esotermica
principale CO + 2H2 -> CH2 OH. In questo passaggio circa
l’80% del valore energetico del gas iniziale viene trasferito
al metanolo. Il rendimento del processo di liquefazione
per gli impianti attualmente commercializzati, con
gassificatori ad aria e del tipo a letto fisso, è del 35÷38%.
Tuttavia la notevole attività di ricerca e sviluppo sul
processo di gassificazione con ossigeno a letto fluido
condotto sia in Germania sia negli USA ha messo a punto
processi con rendimenti superiori al 50%. Un impianto
americano, che utilizza tali processi, produce 428 t/giorno
di metanolo partendo da 910 t/giorno di materiale
lignocellulosico.
La coltivazione di colture adeguate, con alto valore lignocellulosico, permetterebbe di supplire all’attuale domanda di
petrolio e gas utilizzando meno del 10% del terreno disponibile per tali colture, alcune specie vegetali non abbisognano
di terreni particolarmente fertili, non richiedono diserbanti e hanno bisogno di modeste quantità d’acqua,
praticamente solo quella delle precipitazioni atmosferiche.

In Sudafrica degli scienziati ritengono che si possa ottenere metanolo in abbondanza e a costi contenuti con una
tecnologia biochimica che utilizza specifici batteri anaerobici.
Bio Diesel  
Il Biodiesel è un prodotto naturale utilizzabile come
carburante in autotrazione e come combustibile nel
riscaldamento, con le caratteristiche indicate
rispettivamente nelle norme UNI 10946 ed UNI 10947.

• è rinnovabile, in quanto ottenuto dalla coltivazione di


piante oleaginose di ampia diffusione;
• è biodegradabile, cioè se disperso si dissolve nell’arco
di pochi giorni, mentre gli scarti dei consueti
carburanti permangono molto a lungo;
• garantisce un rendimento energetico pari a quello dei
carburanti e dei combustibili minerali ed un’ottima
affidabilità nelle prestazioni dei veicoli e degli impianti
di riscaldamento.

Si ottiene dalla spremitura di semi oleoginosi di colza, soia, girasole ecc… e da una reazione detta di transesterificazione,
che determina la sostituzione dei componenti alcolici d’origine (glicerolo) con alcool metilico (metanolo).

La trans esterificazione

 
Le materie prime necessarie sono olii vegetali, anche usati, aspetto questo che rende molto interessante l’utilizzo del
biodiesel.                                      

• Il Biodiesel è una fonte energetica rinnovabile e come tale comporta anche un ciclo produttivo che interessa altri
settori come l’agricoltura.
• Parte dell’olio da trasformare può essere fornito da paesi del Centro- est Europa (futuri paesi UE) che dispongono di
immense superfici scarsamente utilizzate. Se destinate a queste produzioni non genererebbero ulteriori eccedenze
in ambito Comunitario.
• le zone povere del nostro territorio, (terreni marginali) in passato adibite a coltivazione ed attualmente
abbandonate, potrebbero fin da subito specializzarsi nella produzione di semi di colza, soia e girasole, dando così
nuove opportunità al mercato del lavoro locale. Può essere anche ottenuto da olii vegetali usati, il cui recupero è
stato disciplinato dal DLgs 5 febbraio 1997, n° 22. Questo consente di sottrarre definitivamente gli olii vegetali usati
dal circuito dell’alimentazione zootecnica o da utilizzi ancora più pericolosi per la salute umana.

La sua produzione è del tutto ecologica, poiché non presuppone la generazione di residui, o scarti di lavorazione. La
reazione di transesterificazione prevede la generazione di glicerina quale “sottoprodotto” nobile dall’elevato valore
aggiunto, della quale sono noti oltre 800 diversi utilizzi.

L’utilizzo può essere diretto poiché non richiede alcun tipo d’intervento sulla produzione dei sistemi che lo utilizzano
(motori e bruciatori).
• Nell’autotrazione (motori diesel) sia puro che miscelato con il normale gasolio.
• Nel riscaldamento.

Il Biodiesel nel riscaldamento può essere utilizzato direttamente sugli impianti esistenti, sia puro (al 100%) che in
miscela con gasolio in qualsiasi proporzione.

Il biodiesel in autotrazione

Il funzionamento, l’usura dei motori e le prestazioni sono del tutto assimilabili a quelle ottenute con gasolio
tradizionale in termini di resa ed affidabilità. 

• puro al 100 % od in miscela con gasolio in qualunque proporzione, in tutti i mezzi di trasporto dotati di motore diesel
di recente concezione, i quali possono usufruirne senza accorgimenti tecnici;
• puro al 100 % in tutti i mezzi di trasporto dotati di motore diesel di produzione antecedente, con lievi modifiche da
eseguire in officina (sostituzione di guarnizioni e condotti il gomma, eventuali semplici modifiche al circuito di
iniezione);
• in miscela con gasolio fino al 30- 40% su tutti i mezzi di trasporto dotati di motore diesel, di qualunque età, senza la
necessità di accorgimenti tecnici.

Aspetti Ambientali

In confronto con il gasolio, il Biodiesel determina numerosi effetti positivi per l’ambiente:

• non contribuisce all’«effetto serra» poiché restituisce all’aria solo la quantità di anidride carbonica utilizzata da
colza, soia e girasole durante la loro crescita;
• riduce le emissioni di monossido di carbonio (- 35%) e di idrocarburi incombusti (- 20%) emessi nell’atmosfera;
• non contenendo zolfo, il Biodiesel non produce una sostanza altamente inquinante come il biossido di zolfo e
consente maggiore efficienza alle marmitte catalitiche;
• diminuisce, rispetto al gasolio, la fumosità dei gas di scarico emessi dai motori diesel e dagli impianti di
riscaldamento (-70%) 
• non contiene sostanze pericolosissime per la salute quali gli idrocarburi  aromatici (benzene, toluene ed omologhi) o
policiclici aromatici; 
• giova al motore grazie ad un superiore potere detergente che previene le incrostazioni; 
• non presenta pericoli, come l’autocombustione, durante la fase di di trasporto e di stoccaggio; 
• la sua diffusione determina l’attivazione di un circuito virtuoso che promuove lo sviluppo di produzioni agricole non
destinate alla alimentazione (non food), quindi non generatrici di eccedenze. 

Le Emissioni del Ciclo di Vita

Confronto dei centri di costo in termini energetici per la produzione di biodiesel e diesel
Biodiesel Diesel
Produzione semi, fertilizzanti e pesticidi
Estrazione petrolio
Produzione piante oleoginose
Trasporto Trasporto
Estrazione dell’olio
Operazioni di raffineria
Transesterificazione in biodiesel
Distribuzione Distribuzione
Approssimativamente è possibile stabilire che l’estrazione/ coltivazione dell’olio di semi richiede circa il 41%
dell’energia dell’intero processo, la raffinazione ne richiede il 23%, mentre la transesterificazione ne richiede il 5% ed
il restante 31% rappresenta il contenuto energetico del metanolo.

Il bilancio energetico per la produzione di Biodiesel è riportato nella tabella seguente basandosi sul confronto di 26
studi disponibili in letteratura ( Sharmer & Gosse , 1996).
Bilancio energetico del Biodiesel [GJ/ ha]
Energia per produrlo 26- 35
Energia ricavata dal Biodiesel 42- 50
Energia ricavata dai sottoprodotti 31- 37
Le variabilità dei valori dipende dalla raffinatezza del processo produttivo adottato.

Trattandosi di una fonte energetica rinnovabile il bilancio risulta essere sempre più che positivo.
Importantissimo inoltre il contributo ai fini energetici dei “sottoprodotti” che già da soli renderebbero il processo
vantaggioso.
Nel caso di impiego di olii usati, i vantaggi sono ulteriormente amplificati.

Emissioni di Gas (effetto serra)

In uno dei più completi studi sulle fonti energetiche, realizzato da Sheehan e colleghi (1998) sono emersi molti aspetti
vantaggiosi nella valutazione del Biodiesel come valida fonte di energia rinnovabile:

• Il bilancio energetico nel life- cicle è di soli 0.31 unità di energia fossile per produrre 1 unità di Biodiesel.
• Le emissioni di CO2 nel suo ciclo di vita sono particolarmente basse ( una riduzione del 78% rispetto al gasolio
fossile), suggerendone un utilizzo urbano.
• Le emissioni di particolato risultano essere complessivamente il 32% di quelle del gasolio (il particolato sotto ai 10
µm - altamente nocivo - inferiore del 68%).
• Il monossido di carbonio CO è il 35% rispetto al gasolio.
• Gli ossidi di zolfo SOx non superano mai l’8% rispetto al gasolio.
• La quasi totale assenza di zolfo e le sue proprietà chimico- fisiche suggeriscono l’impiego del Biodiesel come
additivo al gasolio fino a specifiche ULS (Ultra Low Sulfur).

Conclusioni

• Da tutti gli studi ed i dati emerge quanto sia vantaggioso e auspicabile l’utilizzo di fonti energetiche PULITE e
RINNOVABILI come il Biodiesel.
• Il Biodiesel oltre ad essere pulito ed economicamente conveniente, rappresenta una valida via per la
differenziazione delle fonti energetiche, essendo in proposito l’Italia il fanalino di coda della UE.
• In ultimo, ma non per importanza, è bene porre l’attenzione sul valore dei “sottoprodotti” dell’intero processo di
produzione che, anzichè imbarazzanti e scomodi scarti di lavorazione, costituiscono coprodotti nobili dall’alto
valore aggiunto, sia in termini energetici che economici.
Bio Gas  
Il biogas viene prodotto da residui organici , ad esempio
come prodotto di processo nel trattamento dei reflui
fognari. Può essere adoperato in veicoli progettati per
essere alimentati a metano, il gas deve essere prima
purificato per poterlo usare come carburante per
autovetture. Il rimanente materiale proveniente dal
trattamento dei residui organici, può essere utilizzato
come fertilizzante di alta qualità.

Biogas a Stoccolma

L’uso del biogas prodotto localmente è un esempio di un


processo energetico a catena chiusa. 

La città di Stoccolma sviluppò inizialmente impianti per la


produzione di biogas per ridurre la generazione di gas Distributore di metano da biogas a Stoccolma
responsabili dell’effetto serra, provenienti dalle
discariche e dagli impianti fognari. Adesso, il biogas viene
purificato ed utilizzato come carburante sostituendo circa
360.000 litri di benzina all’anno.

Dal 1997 la quantità di biogas annualmente venduta a


Stoccolma è più che triplicata, portandosi a più di 180.000 Volvo S60
Nm3 L’utilizzo di questa quantità di biogas fa risparmiare
ogni anno 850 GJ di energia da combustibili fossili. A
partire dal 2001, a Stoccolma saranno prodotti circa 4,5
milioni Nm3 di biogas sufficienti per alimentare 3.000
auto.

Dal 1 gennaio 2001 i camion della Migros (la più grossa


catena di supermercati della svizzera, che non vende
sigarette o alcool ) fa girare i propri camion a biogas
prodotto con i resti dei propri ristoranti, supermercati, Volvo V40
impianti di produzione
In Svezia alcune Volvo di serie possono essere rifornite a biogas-metano

Bio Idrogeno  
Un progetto integrato, che vede coinvolti l’ENEA e diverse
società industriali (Ansaldo, Fiat, Peugeot, Renault),
nonchè università italiane e straniere (L’Aquila, Vienna,
Londra, Belfast, Patrasso) ed enti di ricerca europei (VTT,
ECN), si propone di:

• sviluppare processi e tecnologie per la produzione di


biocarburanti liquidi (etanolo) da destinare alla
produzione di H2 per autotrazione on board;

• sviluppare processi e tecnologie per la produzione di


idrogeno mediante reforming catalitico di oli di pirolisi;

• sviluppare, mettere a punto e caratterizzare un processo


Tra i numerosi prototipi di auto ad idrogeno la Honda ha realizzato una vettura
di gassificazione a vapore di biomasse per la produzione di interessante se non altro per la contenuta potenza proposta
syngas ad alto contenuto di idrogeno per la generazione
distribuita di energia elettrica mediante celle a
combustibile;
• sviluppare e caratterizzare un processo di gassificazione con ossigeno per la produzione di un syngas ad alto
contenuto di idrogeno da utilizzare in combustori di turbine a gas e in caldaie di post combustione;
• sviluppare processi e tecnologie di separazione dell’idrogeno dal gas prodotto da impianti di gassificazione che
sfruttano differenti tecnologie.

Le attività ENEA previste, svolte presso il Centro Ricerche Trisaia, sono così articolate:

• ottimizzazione dei processi di pretrattamento delle biomasse, dell’idrolisi enzimatica e della fermentazione per
rendere competitiva la produzione di etanolo mediante processi biologici;

• upgrading degli oli ottenuti dalla pirolisi delle biomasse mediante stabilizzazione del prodotto;

• messa a punto di differenti tecnologie per la gassificazione da biomasse con produzione di syngas ad alto tenore di
idrogeno;

• sviluppo di tecnologie innovative per il cleaning e l’arricchimento in idrogeno del syngas prodotto;

• sperimentazione dell’integrazione dell’impianto di gassificazione con cella combustibile a carbonati fusi (MCFC).

Una delle possibilità più concrete per ridurre i costi è l’utilizzo delle parti lignocellulosiche delle piante (fusto, foglie
ecc.) che spesso costituiscono un residuo delle coltivazioni e processi industriali. L’etanolo prodotto può a sua volta
essere utilizzato in motori a combustione interna, miscelato con la benzina o sotto forma di ETBE.

Un’altra possibilità consiste nella produzione on board di idrogeno e utilizzazione in celle a combustibile, eliminando
quindi tutti i problemi connessi allo stoccaggio dell’idrogeno.

La produzione di biocombustibili gassosi rende molto più versatile l’impiego delle biomasse e permette di utilizzarle
direttamente in motori a combustione interna e in cicli combinati, con sensibili incrementi dei rendimenti energetici di
conversione e con possibilità di produrre direttamente energia elettrica per potenze e richieste specifiche.

In particolare la gassificazione con ossigeno e/o vapore permette di produrre gas ad alto tenore di idrogeno che si
presta ad essere utilizzato anche in celle a combustibile e/o per la produzione diretta di idrogeno.
Bio Prodotti

 Oltre a dare un notevole contributo alla produzione di prodotti alimentari ed essere una potenziale risorsa energetica
considerevole la materia organica fotosintetica, opportunamente trasformata, può avere molteplici impieghi:

 
Materiali per l’industria edilizia ed abitativa e per la produzione di compositi
Fibre tessili
Prodotti per l’industria quali lubrificanti, solventi, plastiche biodegradabili, additivi vari, ecc. 
Cellulosa, carta ed assimilati
Fertilizzanti o ammendanti per i terreni agricoli
 

Da notare che la produzione di energia da biomasse in genere è intermedia nel processo di trasformazione delle stesse:
dalle attività forestali per l’industria del legno e per l’edilizia si ottengono scarti utilizzabili per fini energetici, da
questo processo si ottengono scarti utilizzabili nell’industria dei fertilizzanti, lo stesso principio è valido per l’industria
delle fibre tessili vegetali, dei prodotti industriali e dell’industria alimentare agro-zootecnica.

Impatto Ambientale
La valorizzazione delle biomasse, quando è inserita e organizzata in un contesto di filiera ed efficiente valorizzazione
di tutte le sue componenti, consente notevoli benefici di tipo ambientale e socio economico sia a livello locale e
territoriale che planetario. Ad esempio, l’uso energetico delle biomasse vegetali è considerato uno dei più efficienti
sistemi per ridurre le emissioni di gas serra (come previsto dagli accordi di Kyoto del 1998), in quanto la CO 2 emessa
durante la produzione di energia dalle biomasse è pari a quella assorbita durante la crescita delle piante, mentre i
combustibili fossili utilizzati emettono CO 2 che si accumula nell’ambiente. Un altro importante contributo allo sviluppo
sostenibile può derivare da un incremento dell’uso del legno e derivati in sostituzione di altri materiali il cui impiego
risulti più “costoso” sia energeticamente che ambientalmente, sfruttandone il ruolo di “sequestratore” di CO 2 e la sua
versatilità come materia prima; il tutto in un contesto di salvaguardia e miglioramento del sistema forestale .

Le emissioni di inquinanti acidi, ossidi di azoto, polveri e microinquinanti possono essere controllati con le moderne
tecnologie di combustione e depurazione dei fumi. Il basso contenuto di zolfo e di altri inquinanti fa sì che, quando
utilizzate in sostituzione di carbone e di olio combustibile, le biomasse contribuiscano ad alleviare fenomeni di
acidificazione.

Potenziale
Uno studio condotto dal CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche), assieme ad ENEA (Ente per le nuove tecnologie,
l’energia e l’ambiente) e Università degli Studi di Roma “La Sapienza” CIRPS (Centro interuniversitario di ricerca per lo
sviluppo sostenibile) ha reso noto che da biomasse si potrebbero ottenere 3.360.000 tonnellate di idrogeno all’anno,
equivalenti a circa 100.000 GWh di energia elettrica, come dire che da sole le biomasse potrebbero soddisfare il 50%
del fabbisogno di energia elettrica o il 30-40% del fabbisogno di combustibili e carburanti.

Il 30 Ottobre 2003 l’associazione Itabia ha presentato in Parlamento una relazione sul potenziale delle biomasse e ha
stimato in almeno 60 milioni di Tep la quantità in Italia di biomasse tra recuperi e produzioni dedicate: più di un terzo
degli attuali consumi totali di energia.

Le svariate tecnologie per ottenere energia da biomasse sono molto interessanti anche per la grande quantità di nuova
occupazione che potrebbero produrre (solo in Italia ci sono 250.000 ettari non coltivati a causa delle direttive
comunitarie sulle eccedenze dei prodotti agricoli alimentari) e per il fatto che ottenere energia da questa fonte
significa sfruttare materie prime che ora sono oggetto di inquinamento (discariche,fosse biologiche,boschi e terreni
incolti e/o abbandonati ecc.) inoltre favorirebbe la convenienza a rimboschire a rotazione quelle superfici ora spoglie
a tutto vantaggio della resistenza idrogeologica alle frane, il presidio e l’attività forestale permette inoltre una minor
facilità dell’opera dei piromani.
Aspetti Economici
È evidente che le diverse fasi del ciclo produttivo del combustibile da biomassa, sia esso di origine agricola o forestale,
creano posti di lavoro e favoriscono la ripresa dei settori agricolo e forestale. Inoltre, anche l’industria collegata alle
tecnologie di conversione energetica potrebbe trarre un considerevole beneficio occupazionale. Circa 1.700 posti di
lavoro per TWh/anno sono necessari per produrre energia elettrica da biomasse, contro i 100 richiesti per la fonte
nucleare e 115 per il carbone.

Secondo uno studio dell’UE il danno prodotto dai combustibili fossili è valutabile in 0,03-0,08 €/kWh per il carbone,
0,02-0,05 €/kWh per il petrolio e 0,01-0,02 €/kWh per il gas naturale.

Un altro recente studio dell’Unione Europea ha stabilito che i costi sanitari per le conseguenze dannose prodotte per
ogni litro di benzina bruciata dalle auto nelle città sono di 0,7 Euro.

Benefici per la politica energetica

L’energia delle biomasse vegetali contribuisce a ridurre la dipendenza dalle importazioni di combustibili fossili e a
diversificare le fonti di approvvigionamento energetico oltre che al perseguimento degli obiettivi imposti nell’ambito
delle conferenze internazionali sul clima.

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