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PRESENTATA
ALLA PROCURA DELLA REPUBBLICA
DI AOSTA
DAL REPARTO INVESTIGAZIONI
SCIENTIFICHE
DEI CARABINIERI DI PARMA
(17 settembre 2002)
1
Non tutte le fotografie presenti nel rapporto sono state rese disponibili.
Acquisizione dei dati
Mediante l'applicazione del reticolato summenzionato sono state fotografate
nuovamente tutte le tracce ematiche presenti all'interno della camera da letto, dove è
stato ucciso il piccolo Samuele LORENZI. In questa maniera i lati di ogni quadrato
del reticolato, lunghi 20 cm, costituiscono gli assi cartesiani orizzontali e verticali,
utilizzati per stabilire le esatte coordinate degli schizzi di sangue ivi presenti.
I quadranti con all'interno le tracce ematiche sono stati numerati progressivamente
mediante apposite etichette con riferimento metrico e sono stati fotografati uno ad
uno. Le proiezioni prese in considerazione sono state:
- le tracce presenti sulla spalliera del letto e sulla parete ad essa retrostante, disposte
a guisa di uno sciame di schizzi inclinato verso sinistra
- per chi guarda dal fondo del letto - ed altre macchie dislocate nell'intorno
dell'interruttore e del quadretto raffigurante una Madonna con Bambino;
- le tracce presenti sulla parte del soffitto posta sopra il letto, nell'intorno del
lampadario, disposte in senso lineare con leggera inclinazione verso il lato
dell'armadio che guarda alla finestra;
- le tracce presenti sulla parete adiacente alla finestra (a destra del letto per chi
guarda dal fondo) talune caratterizzate da una morfologia rotondeggiante, altre
invece, di forma più allungata, evidenziate in corrispondenza della tenda e sul
termosifone;
- le tracce presenti sulle ante dell'armadio posto ai piedi del letto, tutte con
andamento dall'alto verso il basso;
- le tracce presenti sul lato esterno della porta della camera da letto, consistenti
soltanto in quattro tracce ematiche, tutte dirette dall'alto verso il basso (per
quest'ultime non è stato utilizzato il reticolato anzidetto, in quanto facilmente
riferibili, usufruendo della forma perfettamente rettangolare della porta stessa).
COPERTA E PIGIAMA
Giova premettere e chiarire in questa sede che l'analisi delle tracce ematiche presenti
sulla coperta e sul pigiama è stata condotta separatamente per i due reperti,
individuando e studiando singolarmente le macchie che, soltanto successivamente,
sono state elaborate mediante il software grafico Adobe® Pho-toshop® 6.0 ed
ulteriormente processate con il software Leica® Qwin.
In altre parole, si vuole ribadire che lo studio dei parametri fisici, contrariamente a
quanto controdedotto da Torre-Robino, è stato effettuato manualmente su ciascuna
traccia selezionata, tenendo ovviamente conto delle sue caratteristiche peculiari; non
ci sembra assolutamente che questo approccio, come frettolosamente definito dai
CC.TT. della difesa a rigo 13 di pag. 18 della prima relazione sia «soltanto il frutto
dell'uso acritico e semplicistico di un programma per calcolatore».
Esso, piuttosto, è un metodo connotato da estrema scrupolosità scientifica e da
doverosa cautela e rigore che stride e rimane offeso dal percorso semplicistico e
superficiale seguito da Torre-Robino, che, rinunciando a qualsiasi misurazione sulla
coperta e/o sul pigiama, si sono fatti guidare, ancora una volta, da astratte
considerazioni.
Richiamando le conclusioni fatte circa la posizione dell'aggressore, il settore 90,
definito e riconosciuto anche da Torre-Robino come tipica zona d'ombra, ben si
adatta alle ipotesi formulate, anzi, appare come l'unica ipotesi sostenibile, come si
vedrà tra breve, tornando sull'argomento pigiama.
L'ipotesi che il pigiama fosse indossato - come riferito nella nostra relazione
preliminare - scaturisce soltanto da una obiettiva interpretazione dei risultati analitici.
Si vuole sottolineare che nel cercare di comprendere quale fosse la genesi delle tracce
ematiche presenti sia sulla casacca, sia sui pantaloni, si è sempre voluto prescindere
dalla posizione in cui gli stessi reperti furono ritrovati.
Tale posizione, infatti, per le innumerevoli variabili a cui era inevitabilmente esposta
- si pensi ad esempio alle attività di soccorso effettuate sia dalla Dr.ssa Satragni, sia
dalla squadra del 118 - poteva prevedibilmente non corrispondere (e risultare quindi
mutata) rispetto al punto in cui l'aggressore li aveva effettivamente abbandonati.
Con lo stesso approccio appena ricordato precedentemente si è quindi proceduto,
singolarmente e manualmente, anche allo studio delle macchie presenti sul pigiama.
Ricordiamo, a tal proposito, che nelle nostre precedenti conclusioni, che qui
sinteticamente ribadiamo, si era potuto dimostrare che il pigiama risultava
compatibile nella tipologia delle tracce al settore alto della coperta (adiacenze del
settore 90), ma che per l'esclusivo pattern, particolarmente interessante sulla manica
della casacca e per le difformità riscontrate rispetto alle corrispondenti macchie della
coperta, non poteva che essere indossato al momento dell'omicidio.
Si dava prova, altresì, che il settore-zona d'ombra 90, aldilà delle considerazioni già
fatte circa la posizione dell'aggressore, non avrebbe mai potuto contenere il pigiama
«ammonticchiato o stazzonato» che fosse.
Tali conclusioni, allora preliminarmente espresse, sono state confermate dalle
ulteriori prove sperimentali - anch'esse saranno completamente fornite al termine
degli accertamenti e dei test ricostruttivi in corso - che dimostrano come su un
aggressore che indossa un pigiama e sia collocato nella posizione suggerita, si
produca un pattern di macchie estremamente contenuto in quantità diversamente da
quanto sostenuto da Torre-Varetto - e del tutto analogo a quello presente sui reperti.
Per contro, nell'ipotesi Torre-Varetto che ipotizza un pigiama non indossato, ma
disordinatamente riposto sul letto, la zona d'ombra è molto più ampia di quella
osservata sulla coperta e comunque dell'ordine di grandezza del pigiama anche se
questo non è - e non può - essere completamente disteso, ma espone più zone di
superficie, anche sul piano verticale (come sottolineano Torre-Robino).
Preconcette... «Già prima di conoscere il contenuto della relazione del R.I.S di
Parma avevamo maturato il convincimento che il pigiama esaminato non fosse
indossato quando si macchiò»... e quanto mai fragili ed inconsistenti appaiono le tesi
opposte dai CC.TT. della difesa che per giustificare un imbrattamento, solo
soggettivamente definito simile a quello della casacca in reperto, sono ricorsi ad una
sorta di «armatura» della casacca.
A tal proposito appare quantomai opportuno osservare:
- che «l'armatura» a cui sono ricorsi è una forzatura, assolutamente improponibile
in una situazione reale: la manica del pigiama nel «plastico» esibito a conclusione
della loro sperimentazione si innalza per quasi 10 cm;
- che del pigiama armato, non hanno mai mostrato il pattern prodotto spruzzandovi
sopra la vernice: ci si chiede su quali basi lo si possa poi considerare analogo a
quello presente sul reperto se non si è mai proceduto ad alcuna comparazione;
- che in nessuna delle loro prove definite paradossalmente anche come riproducibili
e ripetitive, abbiano mai usato un riferimento metrico: se lo avessero fatto si
sarebbero accorti che per ottenere un pattern solo lontanamente paragonabile a
quello del pigiama in reperto, considerando il pigiama disposto sul letto, è
necessario interessare un'area - che poi costituisce la zona d'ombra non investita
dagli schizzi di sangue che risultano coperti dall'indumento - ben più ampia del
settore-zona d'ombra 90.
ZOCCOLI
Nel corso delle varie sperimentazioni effettuate si è anche ipotizzato che l'assassino
potesse indossare gli zoccoli. Le prove effettuate hanno dimostrato che, se
l'aggressore è inginocchiato sul letto con indosso le suddette calzature, è possibile
che alcune goccioline di sangue attingano la suola degli zoccoli, producendo delle
tipiche tracce da impatto del tutto compatibili a quelle rinvenute sugli zoccoli
sequestrati alla Sig.ra FRANZONI. (Vds. fotografie sottostanti). Tale aspetto sarà
ripreso a conclusione degli accertamenti biomolecolari.
ACCERTAMENTI BIOLOGICI
Premessa
La presente relazione costituisce una integrazione agli accertamenti biologici già
espletati e documentati agli atti e si riferisce:
A. All'analisi delle tracce reperiate dalla P.G. e trasmesse al R.I.S. di Parma con f.n.
56/1-25 di prot.llo datato 07-02-2002;
B. Agli ulteriori esami effettuati sugli zoccoli (reperto 21) appartenenti alla signora
Franzoni Annamaria.
Risultati analitici
Come già riferito nella «Integrazione alla relazione tecnica» datata 6 marzo 2002
(atto n° 303/25 I.T. 2002 di profilo), gli zoccoli di colore bianco marca «Fly-Flot»
(reperto 21), all'esame macro e microscopico, esibivano tracce ematiche evidenti,
variamente disposte su entrambe le suole (vds. foto dal n. 5 al n. 11 «Integrazione
alla relazione tecnica») unitamente ad alcune microtracce, risultate positive alla
diagnosi generica di sangue, localizzate in corrispondenza della superficie dei
plantari e nell'area interna della tomaia in cuoio (vds. foto dal n° 12 al n° 40 della
stessa relazione).
In quella sede, vista la estrema complessità delle tracce, fu possibile effettuare
soltanto alcuni prelievi, poi completati dalle relative analisi biomolecolari,
rimandando ad epoca successiva gli accertamenti restanti - compendiati nella
presente relazione - anche in considerazione della necessità di ricorrere ad una
specifica ed adeguata strategia analitica che tenesse conto dei risultati genetici
preliminari ottenuti, fino a quel momento, sugli zoccoli, riferiti nella relazione
integrativa datata 12 mar-zo 2002 (atto n° 303/29 I.T. 2002 di prot.llo).
Zoccolo sinistro
- un prelievo a campione effettuato dalle tracce ematiche dislocate sulla suola
(reperto 21-1; vds. foto n° 5 e 6 della relazione datata 6 marzo 2002);
- un prelievo in corrispondenza della minuta crosticina localizzata a circa metà
dello sviluppo longitudinale del plantare, all'altezza del bordo laterale sinistro
(reperto 21-2), asportata in toto (vds. foto n° 12 e 13 della stessa relazione);
- due tamponature effettuate in sequenza mediante FTA Paper (reperto 21-3 e 21
4), eseguite sull'area del plantare ove sono state rilevate le microtracce di natura
ematica corrispondenti ai minuti residui classificati con i numeri 1,2 e 3 (vds. foto
dal n. 19 al n. 25 della relazione citata). Dopo aver effettuato tali tamponature, la
stessa area è stata sottoposta nuovamente alla diagnosi generica di sangue
mediante il «Combur-test», il quale ha fornito ancora esito positivo;
- un prelievo mediante raschiatura dell'area sottoposta alle suddette tamponature
(reperto 21-5), al fine di prelevare ulteriori residui ematici rimasti imbrigliati sul
plantare dello zoccolo;
- un prelievo effettuato mediante raschiatura (reperto 21-6) della porzione interna
della tomaia in cuoio superiore, comprendente un debole imbrattamento e un
residuo puntiforme, classificati con i numeri 4 e 5 (vds. foto dal n° 26 al n° 29
della medesima relazione).
Zoccolo destro
- due tamponature effettuate in sequenza mediante FTA Paper (reperto 21-7 e 21-
8), eseguite sull'area del plantare ove sono state rilevate le microtracce di natura
ematica corrispondenti ai minuti residui classificati con i numeri 6, 7, 8 e 9 (vds.
foto dal n° 35 al n° 39 sempre della stessa relazione). Dopo aver effettuato tali
tamponature, anche quest'area è stata sottoposta nuovamente alla diagnosi
generica di sangue mediante il «Combur-test», il quale ha fornito ancora esito
positivo;
- un prelievo effettuato mediante raschiatura (reperto 21-9) delle stesse aree di cui
al precedente alinea;
- un prelievo effettuato mediante raschiatura (reperto 21-10) della porzione interna
della tomaia in cuoio, comprendente un tenue imbrattamento classificato con il
numero 10 (vds. foto n° 40 della stessa relazione).
I prelievi suddetti sono stati sottoposti ad estrazione del DNA seguendo la metodica
del Fenolo-Cloroformio.
Avendo osservato un pellet colorato durante la fase di precipitazione del DNA,
spesso indicatore della presenza di residui contaminanti, si è ritenuto necessario
procedere ad una ulteriore fase di purificazione degli stessi mediante colonnine
denominate «Qiagen». Alla fine di questo ulteriore passaggio i «pellet» risultavano
puntiformi e traslucidi e la soluzione di risospensione finale completamente limpida.
Considerata l'estrema esiguità di alcune delle tracce precedentemente descritte, si è
ritenuto opportuno riunificare gli estratti relativi alle tamponature effettuate in
sequenza (reperto 21/7-8) come quelli delle raschiature (reperto 21/9-10).
La successiva quantificazione del DNA è stata effettuata tramite la metodica
denominata Slot-Blot, utilizzando il «Quanriblot-Human DNA Quantitation Kit»
della ditta Perkin Elmer'911), che sfrutta il legame di una sonda comple-mentare ad
una regione alfa-satellite caratteristica del DNA dei primati (D17Z1 ). Per la lettura
dei risultati sono state costruite due curve di taratura uti-lizzando, per ciascuna, otto
campioni di «DNA Standard» a concentrazioni sca-lari note, comprese tra 20 ngr e
0,15625 ngr. Ove si consideri che 1 nanogram-mo ( 1 miliardesimo di grammo) di
DNA genomico equivale a circa 333 copie di ciascun genoma ovvero a circa 167
genomi diploidi, che corrispondono a circa 167 cellule eucariotiche"2''13), si può
facilmente intuire l'elevato limite di sensibi-lità della metodica impiegata per la
quantificazione del materiale genetico estratto (0,15625 nanogrammi equivalgono a
circa 26 cellule diploidi).
Al termine del processo sono stati ottenuti i seguenti risultati:
- esito positivo per i reperti 21-le21/9-10;
- esito ai limiti della soglia di rilevabilità della metodica per i reperti 21-3,21 – 4 e
21-5;
- esito negativo per i reperti 21-2,21-6 e 21/7-8.
Poiché la soglia minima di rilevazione del kit «Quantiblot» è pari a 0,15625 ngr,
nell'ipotesi che tali estratti avessero una concentrazione di DNA da collocarsi al di
sotto della citata soglia, gli stessi sono stati sottoposti ad una fase di concentrazione
in etanolo al fine di tentare comunque una possibile estrapolazione dei relativi profili
genetici.
Gli estratti suddetti sono stati amplificati mediante PCR-Multiplex, utilizzando il kit
in commercio denominato «Identifiler», prodotto dalla ditta Applied Biosystem.
Complessivamente sono state studiate 15 regioni polimorfìche del DNA, più una
come marcatore del sesso (Amelogenina), scelte tra quelle più frequentemente in uso
per la diagnosi individuale.
A causa dell'esiguità del materiale genetico estratto (reperti 21-3,21-4 e 21-5) e di
quello rilevabile sui restanti prelievi (reperti 21-2,21-6 e 21/7-8), si è tenuto conto
della possibilità di incorrere, nella fase di amplificazione, nei noti fattori che
globalmente vengono racchiusi con il termine di «effetti stocastici» (sproporzioni tra
picchi allelici in un genotipo eterozigote se non addirittura perdita di uno dei due
alleli conosciuto come «alleile drop-out», comparsa di picchi allelici anomali,
conosciuti come «stutter-band», etc.). Pertanto, si è ritenuto opportuno seguire una
strategia analitica mirata, nota come «sequential multiplex amplifìcation» (SMA): si
tratta di una procedura basata sulla valutazione della riproducibilità degli
accertamenti, attraverso l'amplificazione seriale del medesimo estratto di DNA alla
stessa concentrazione e/o a concontrazioni leggermente differenti.
A tale scopo, il DNA estratto dai reperti 21-3, 21-4 e 21,-5 è stato inizialmente
amplificato e tipizzato. Successivamente, gli stessi estratti, sono stati sottoposti ad un
processo di concentrazione in etanolo seguito da una serie di amplificazioni a varie o
medesime diluizioni.
Quest'ultimo passaggio è stato seguito anche per i prelievi che hanno fornito esito
negativo alla fase di quantificazione del DNA, già sottoposti al processo di
concentrazione (reperti 21-2,21-6 e 21/7-8).
Risultati analitici
In base a ciò è stato possibile dedurre che il profilo genotipico complesso ottenuto
dal materiale estratto dalla raschiatura e dalle due tamponature effettuate sul plantare
dello zoccolo sinistro della signora Franzoni (reperti 21-3, 21-4 e 21-5), corrisponde
ad un profilo genotipico di tipo misto, ovvero riconducibile a più di una persona.
Si è quindi passati alla interpretazione del profilo, seguendo le linee guida riportate in
letteratura, eseguendo per ciascuna regione esaminata la possibile attribuzione
allelica, tenendo conto dei potenziali contributori e del loro apporto quantitativo al
profilo, in maniera assolutamente indipendente da qualsivoglia profilo di confronto.
Tale studio interpretativo ha consentito di stabilire che il profilo genico in parola è da
ricondurre a più di una persona (presenza di tré alleli su più marcatori testati;
sbilanciamento fra le altezze dei picchi su diversi genotipi eterozigoti) e che in
relazione al rapporto delle altezze dei picchi della regione dell’amelogenina (sesso),
maggioritario per l'X rispetto all’Y, è attribuibile a materiale genetico di tipo misto,
in parte riconducibile ad un soggetto di sesso maschile e per la restante parte ad un
soggetto di sesso femminile.
Una volta attribuito ed identificato il profilo si è quindi proceduto alla sua
comparazione con i campioni biologici di confronto, vale a dire con i profili
appartenenti a Stefano Lorenzi, Annamaria Franzoni e Samuele Lorenzi, il che ha
consentito di stabilire che il profilo misto ottenuto dalle tracce estratte dallo zoccolo
sinistro è complessivamente attribuibile ad Annamaria Franzoni ed alla vittima
Samuele Lorenzi.
In particolare, seguendo l'approccio SMA, sono stati ottenuti una serie di risultati
(verificabili nei relativi elettroferogrammi allegati) alcuni dei quali esibiscono una
chiara ed evidentissima commistione di DNA proveniente dalla vittima e dalla
signora Franzoni. Infatti:
Prove sperimentali
In considerazione dei risultati ottenuti dall'analisi dello zoccolo sinistro della signora
Franzoni, ed allo scopo di confermare gli esiti raggiunti, si è ritenuto opportuno
effettuare una prova sperimentale atta a riprodurre le possibili condizioni di
imbrattamento riscontrate sul reperto in sequestro ed avviare le tracce sperimentali
così ottenute all'analisi del DNA.
Sono stati acquistati dal commercio un paio di zoccoli della medesima misura, colore
e marca di quelli in reperto, che sono stati fatti successivamente calzare, da una
volontaria, per un tempo sufficientemente lungo per rilasciare, nei plantari, materiale
biologico (sudore), durante normali attività domestiche.
E’ stato poi effettuato un piccolo prelievo di sangue dal suo primogenito, che è stato
depositato in micro quantità ed in più punti sul plantare degli zoccoli, avendo cura di
trasferire solo minime quantità osservabili microscopicamente ed, in quanto tali,
assimilabili alle tracce osservate sui reperti. In seguito, sempre attraverso il controllo
al microscopio, sono state isolate quelle aree che esibivano micro coaguli di sangue
puntiformi (vds. foto n° 26-28) che risultavano i più simili, per aspetto cromatico e
quantità a quelli individuati sugli zoccoli della signora Franzoni (reperto 21). Essi
sono stati quindi prelevati mediante una tamponatura seguita da una raschiatura, in
aderenza a quanto già effettuato sui reperti.
Risultati analitici
2. L'insieme dei dati ottenuti, cui è stato applicato lo stesso approccio interpretativo
dettato dalla letteratura ed utilizzato per i reperti, ha consentito di stabilire che il
profilo genotipico ottenuto è un profilo di tipo misto, riconducibile ad un soggetto
di sesso maschile (maggioritario) e per la restante parte ad un soggetto di sesso
femminile, complessivamente attribuibile ai due volontari (madre-figlio) utilizzati
per la sperimentazione, secondo le componenti alleliche principali osservate. In
altre parole, il profilo ottenuto è risultato chiaramente attribuibile alla
commistione di DNA proveniente dal figlio maschio e dalla propria madre.
3. Per alcuni dei campioni sperimentali realizzati è stato possibile evidenziare la
prevalenza della componente maschile (residui ematici) rispetto a quella
femminile (residui di sudore), fatto salvo comunque sempre la presenza delle
componenti alleliche riferibili al donatore del sangue. Inoltre è stato possibile
apprezzare un accentuato rumore di fondo (picchi estranei a quelli relativi ai due
donatori), non direttamente attribuibili ad effetti stocastici, ma a generiche tracce
di contaminazione, stante la maggiore quantità di materiale genetico a
disposizione per taluni estratti.
Gli estratti di DNA diluiti a concentrazioni scalari, hanno mostrato chiaramente un
deterioramento progressivo della qualità dell'elettroferogramma prodotto
(diminuzione dell'altezza dei picchi ed aumento in proporzione della rilevanza del
rumore di fondo e/o di anomalie legate al processo di replicazione del DNA), fino
alla manifesta comparsa di tangibili effetti stocastici (perdita di alleli, squilibrio tra le
aree di alleli eterozigoti ecc.).
Sono stati utilizzati zoccoli dello stesso tipo e modello di quelli in reperto, sottoposti
a normali condizioni d'uso da parte di una volontaria, successivamente imbrattati con
micro quantità di sangue prelevato al figlio maschio primogenito, che sono state
deposte con cura al loro intemo.
L'esame microscopico delle esigue tracce depositate sui plantari, ha consentito di
controllarne gli aspetti morfologico e cromatico, allo scopo di ottenere e prescegliere,
per le successive analisi genetiche, quelle che risultavano le più simili per
consistenza e quantità alle micro tracce presenti negli zoccoli della signora Franzoni.
L'intero processo estrattivo e di purificazione del materiale genetico a disposizione
ha fornito, inoltre, degli esiti quantitativi decisamente sovrapponibili a quelli ottenuti
dalle tracce estratte dagli zoccoli in sequestro (reperto 21).
Attraverso l'amplificazione seriale del DNA, estratto dalla tamponatura e dalla
raschiatura effettuate sul plantare dello zoccolo destro, alla stessa concentrazione e/o
a diluizioni scalari (approccio SMA), in analogia a quanto praticato sulle tracce in
reperto, è stato possibile ottenere un profilo genotipico di tipo misto, riconducibile ad
un soggetto di sesso maschile (maggioritario) e per la restante parte ad un soggetto di
sesso femminile, complessivamente attribuibile ai due volontari (madre-figlio)
utilizzati per la sperimentazione, riconducibile alla commistione di DNA proveniente
dal figlio maschio e dalla propria madre.
Vi è una completa riconducibilità, infatti, alla donatrice madre (sudore) e al donatore
figlio (sangue), dell'assetto genetico misto estrapolato dalla tamponatura e raschiatura
sui plantari, con una costante presenza della componente ematica (alleli del donatore
figlio), talvolta chiaramente predominante.
Si può concludere affermando che gli assetti genici misti ottenuti sperimentalmente
sono risultati complessivamente paragonabili a quelli ottenuti dallo zoccolo sinistro
della signora Franzoni.
Raffronto diretto dei risultati analitici conseguiti sugli zoccoli (reperto 21) con quelli
relativi agli zoccoli utilizzati nelle prove sperimentali
Vengono di seguito elencati i confronti eseguiti tra i reperti e gli sperimentali:
1. L'osservazione in parallelo delle aree apicali dei plantari a circa 2-3
ingrandimenti, consente di osservare un'analoga superficie interessata dall'usura
dovuta al prolungato contatto con i piedi (vds. foto 29-30).
2. Ad un maggiore ingrandimento (circa 20-50 volte) è invece possibile ap-
prezzare delle microaree di colore rossastro adsorbite sulla matrice porosa dei
plantari, del tutto paragonabili fra loro per forma, caratteristiche cromatiche e
dimensioni (vds. foto 31-34).
3. L'ampiezza delle aree dei picchi sui profili misti estrapolati dagli zoccoli
sperimentali e non, sono assolutamente comparabili per le tamponature (tra i 300
e i 2000 RFU per entrambi), mentre per le raschiature, i picchi più alti delle prove
sperimentali, sono quasi il triplo di quelli relativi al reperto 21 (tra i 100 e 3000
RFU i primi e 100 e 1000 RFU i secondi).
4. Gli alleli delle rispettive componenti maschili e femminili, ignote per il reperto 21
e note per gli zoccoli sperimentali, sono indicate con la relativa designazione
allelica (numeri in nero posizionati sopra i picchi). È evidente la presenza di tutti
gli alleli riconducibili alle copie descritte (Samuele Lorenzi/Annamaria Franzoni
e sangue primogenito maschio/sudore madre donatrice), nei rispettivi assetti
genici complessi rappresentati (reperto 21 e zoccoli sperimentali).
5. Le aree ellittiche rosse contraddistinguono, invece, degli extra picchi non
direttamente riconducibili alle due rispettive coppie di pertinenza, genericamente
imputabili ad effetti stocastici e/o ad un intrinseco deposito di materiale
eterogeneo connaturato all'utilizzo del tipo di calzatura e ad una fisiologica
contaminazione. Le precedenti osservazioni sugli elettroferogrammi prodotti sono
rappresentate da appositi pannelli raffiguranti contestualmente gli assetti genici
complessi estrapolati dallo zoccolo sinistro della signora Franzoni e dallo zoccolo
sperimentale destro.
A pag. 18 dell'elaborato dei CC.TT. del prof. Torre e del dott. Robino, in relazione ad
una possibile interpretazione del «profilo genetico misto complesso» riguardante «le
microtracce sul bordo anteriore del plantare dello zoccolo sinistro», si riconosce
come «palesemente misto» l'assetto genico in parola. Al contempo si riporta che «per
ammettere che la commistione tra DNA contenuti nella traccia appartenga
effettivamente a Samuele Lorenzi e ad Annamaria Franzoni, occorre in pratica
invocare lo sbilanciamento dei picchi alleila, riconoscere insomma che il profilo ha
caratteristiche che lo rendono di difficile interpretazione e dunque non idoneo a
giustificare conclusioni perentorie».
L'evocare un banale sbilanciamento allelico per rendere inidonea qualsiasi
conclusione interpretativa del profilo in parola, è quanto mai riduttivo e
scientificamente scorretto. E’ noto che la valutazione di un profilo misto, come
quello in oggetto, deve tenere certamente conto di una serie di linee guida generali
ampiamente riportate nella letteratura intemazionale, peraltro già richiamata
(sbilanciamento allelico, altezze/aree dei picchi, numero degli alleli per loci, rapporto
percentuale di stutter-band). È altrettanto vero, però, che tale approccio
interpretativo, seppur legato a criteri di rigorosità scientifica, deve comunque
indirizzarsi ad una valutazione complessiva, che va valutata caso per caso, e che
deve necessariamente tener conto dell'alto numero dei marcatori testati e
dell'esperienza specifica, così come della casistica di chi effettua l'interpretazione.
In particolare lo sbilanciamento evidenziato per il locus CSF1PO è stato
naturalmente riprodotto nel misto sperimentale per il locus vWA, con uno
«sbilanciamento dei picchi alleila» pressoché identico nel rapporto fra le aree dei
picchi (vds. elettroferogramma comparativo 1 - pag. 65).
Inoltre, attraverso l'approccio analitico «sequential multiplex amplification» (SMA),
ovvero la mera ripetizione delle analisi in serie, è stato riprodotto per il locus
CSF1PO il rapporto tra le aree di picchi auspicato dai CC.TT. della difesa (vds.
elettroferogramma comparativo 2 - pag. 66), ad ulteriore dimostrazione della
difficoltà nel lasciarsi andare ad imprudenti valutazioni basate su singoli marcatori.
Questo tipo di considerazioni relative alla perdita di bilanciamento dei picchi allelici,
sono state osservate non solo per il locus CSF1PO ma anche per altri sei loci STR: in
particolare, per quanto riguarda i loci vWA, D18S51, D13S317, D16S539, D2S1338
e D5S818 (vds. elettroferogramma 1T), desumibili dalla osservazione degli
elettroferogrammi relativi alle numerose serie di amplificazioni effettuate.
A pag. 19 dell'elaborato dei CC.TT. della difesa, si parla poi di altezze di picchi al di
sotto dei 150 RFU, «da interpretarsi con cautela» secondo quanto riportato nelle
avvertenze dalla stessa ditta produttrice del kit denominato Uentifiler. Gli stessi
definiscono come «assai difficile - e dunque arbitrario - stabilire se un picco o la
componente di un picco - corrisponda ad una stutter band o ad un picco allelico
reale, ma sbilanciato di un genotipo eterozigote».
Anche in questo caso appare quanto mai superficiale l'approccio scientifico utilizzato
dai CC.TT. della difesa, poiché i picchi allelici al di sotto dei 200 RFU riguardano
prevalentemente i marcatori a più alto peso molecolare, ovviamente penalizzati nel
processo di replicazione del DNA in una situazione di carente disponibilità di
materiale genetico/bersaglio. Le regioni del DNA a più basso peso molecolare hanno
infatti delle altezze di picco che arrivano anche a superare i 1000 RFU e sono quindi
più che scientificamente affidabili secondo quanto riportato in tutti i gruppi di lavoro
e contemplato nei protocolli dei più importanti gruppi di lavoro intemazionali
(Interpol, ENF-SI, SGWCAM, etc.) che si sono preoccupati di tracciare delle linee
guida sui controlli di qualità per gli accertamenti genetici forensi. Ancora una volta
quindi è necessario valutare nell'insieme le 16 regioni del DNA amplificate, per
giungere ad una valutazione scientifica che sia davvero complessiva (vds. visione
generale delle serie ripetute di amplificazioni).
A pag. 20 dell'elaborato, i CC.TT. della difesa osservano che «il profilo genetico dei
possibili contributori alla traccia mista era ben noto e la sua conoscenza ha
indubbiamente - intendiamoci, senza alcuna malafede - influenzato l'interpretazione
del RIS., secondo la quale il profilo caratterizzato dalle tracce presenti sulla parte
anteriore del plantare dello zoccolo sinistro è pacificamente riferibile al DNA di
Samuele Lorenzi, in commistione con quello della madre. Eppure da un simile
profilo misto, senza la conoscenza a priori dei genotipi dei potenziali contributori,
sarebbe stato di certo impossibile estrapolare correttamente il profilo di Samuele
Lorenzi».
Poiché chiamati in causa nello specifico, i CC.TT. del P.M. specificano che:
1. chi ha effettuato l'interpretazione/attribuzione allelica del profilo misto in
parola, non ha materialmente eseguito le analisi e quindi non conosceva la
provenienza delle tracce, né la loro significatività nel contesto della dinamica
delittuosa, come da routine di laboratorio;
2. solo dopo il riconoscimento di un assetto genico misto, verosimilmente
riconducibile a più di una persona di ambo i sessi (vds. risultati analitici reperti
21-3-21-5), ed alla successiva identificazione dei possibili contributori, esso è
stato confrontato con i profili genici della vittima, dell'indagata Annamaria
Franzoni e di suo marito, Stefano Lorenzi.
A pag. 21 dell'elaborato, i CC.TT. della difesa, riportano inoltre che «in particolare
preme sottolineare che è assolutamente imponibile affermare con sicurezza che la
traccia mista sia costituita da sangue di Samuele Lorenzi in associazione ad altro
materiale cellulare e non, invece, esattamente il contrario» ed ancora «essa non
fornisce alcuna indicazione sull'epoca in cui le tracce, ora tipizzate, si depositarono
effettivamente sul substrato».
Per quanto non siano disponibili evidenze scientifiche dirette circa la riconducibilità
del materiale genetico estratto al sangue piuttosto che al sudore e/o ad altrui fluidi
biologici, è più che ragionevole supporre, all'interno del particolare contesto
delittuoso ed alla luce delle caratteristiche proprie delle micro tracce individuate
all'interno dello zoccolo sinistro che i residui ematici non possano che appartenere a
Samuele Lorenzi. Proprio per confutare o meno tale presupposto, i CC.TT. del P.M.
hanno ideato la sperimentazione meglio delineata m precedenza, tramite la quale non
sono state rilevate altrettante evidenze scientifiche in grado di rigettare l'ipotesi
formulata. Per quanto precede, contro il presupposto che il sangue sulla parte
anteriore del plantare dello zoccolo sinistro sia riconducibile a Samuele Lorenzi, non
sono emerse, allo stato, evidenze scientifiche di alcun tipo.
Circa la datazione delle tracce tipizzate, poi, pur sprovvisti di chiare informazioni
scientifiche, va sottolineato che gli zoccoli sperimentali sono stati calzati per diversi
giorni, solo durante alcune ore della giornata. Pur non essendo possibile immaginare
delle riproduzioni sperimentali tali da attagliarsi alla tempistica d'uso del reperto 21
(zoccoli in sequestro), la mera sperimentazione condotta non si discosta di molto ne
morfologicamente, ne cromaticamente, ne per le quantità di materiale genetico
estratto ne, tantomeno, per gli assetti genici misti prodotti da quelli del caso reale.
Ancora una volta, quindi, non esistono, allo stato, evidenze scientifiche contro
l'ipotesi sperimentale formulata, e cioè che gli zoccoli di cui al reperto 21 siano stati
utilizzati dall'indagata Annamaria Franzoni e solo successivamente interessati da
materiale ematico di riporto prima del sequestro.
In conclusione, circa la valutazione del significato delle tracce sugli zoccoli riportato
dai CC.TT. della difesa dalla pag. 21 alla pag. 25, appare opportuno citare quanto
segue «se qualcuno avesse calzato quegli zoccoli con piedi sporchi di sangue umido
questo si sarebbe spalmato, diffuso per strisciamento» e viceversa «se di sangue, e
di sangue di Samuele Lorenzi si trattasse, sarebbe invece ben più logico (si
tratterebbe di microscopiche crosticine) attribuirle ad accidentale contaminazione
avvenuta durante e dopo il repertamento: si badi che gli zoccoli sono stati repertati,
trasportati per molti chilometri e maneggiati quando il sangue (ci interessa
soprattutto quello più abbondante sulle suole) era secco: e, come tale, friabile edotto
a cedere a seguito di urti e scuotimenti, minute particelle che facilmente possono
aver raggiunto (immaginiamo ad esempio uno o tutti e due gli zoccoli posti in una
scatola o in un sacchetto) qualsiasi parte della loro superficie e, soprattutto, quella
interna, rimanendovi intrappolate in prossimità degli interstizi tra tomaia e
plantare».
Sebbene apprezzabili siano stati gli sforzi condotti dai CC.TT. della difesa nel
delineare la carenza di talune evidenze scientifiche, appaiono quanto mai fantasiose
le ricostruzioni citate, la «revisione critica» effettuata in cui, talvolta, si accenna a
sangue spalmato, diffuso per strisciamento e, talaltra, a materiale ematico friabile ed
atto a cedere che «miracolosamente» si sarebbe intrappolato nella matrice porosa del
plantare di uno zoccolo, in un'area ben lontana dagli interstizi tra tomaia e plantare.
Appare oltremodo inopportuno ogni ulteriore commento, con particolare riferimento
alle presunte contaminazioni avvenute durante il trasporto, assolutamente destituite
di qualsiasi fondamento e soltanto tese all'esclusivo tentativo di vanificare
un'importante risultanza ematogenetica.
«L'impossibilità di giungere a conclusioni perentorie riguardo ai possibili
contributori» e le considerazioni espresse dai CC.TT. della difesa che «le micro
tracce ali'interno degli zoccoli assumono, nella comprensione del caso, una valenza
praticamente nulla già per l'ambiguità della loro natura», sembrano pertanto assai
fragili ed inconsistenti ed ancora una volta frutto di una limitatissima esperienza
nello specifico settore e del ricorso a vantazioni astratte e soggettive che non tengono
neppure conto della letteratura più recente.
Conclusioni
Alla luce delle osservazioni sperimentali e dei risultati genetici acquisiti, è possibile
affermare quanto segue:
A. la superfìcie del plantare dello zoccolo sinistro della signora Franzoni, è
sicuramente interessata da materiale genetico misto appartenente alla specie
umana;
B. una parte di detto materiale è sicuramente attribuibile a microtracce di natura
ematica variamente ubicate, sia in relazione al loro particolare aspetto
morfologico/cromatico sia per la chiara positività ottenuta attraverso diagnosi
generica di sangue;
C. gli assetti genotipici complessi riscontrati, sono riconducibili a più di un soggetto
di sesso differente;
D. i profili genotipici ottenuti dai prelievi effettuati sullo zoccolo sinistro
(tamponature e raschiatura), sono decisamente compatibili con l'ipotesi
della presenza di materiale misto, riconducibile alla commistione di sangue
della vittima Samuele Lorenzi (di gran lunga più ricco di cellule nucleate)
con il sudore dell'indagata Annamaria Franzoni (meno ricco in cellule
nucleate rispetto al primo). Tale risultato appare ulteriormente suffragato:
- dalle prove sperimentali da noi condotte su zoccoli dello stesso tipo e modello
di quelli in reperto, sottoposti a normali condizioni di usura da parte di una
volontaria e successivamente imbrattati con micro quantità di sangue
appartenenti al proprio figlio maschio;
- dalla presenza di caratteristiche macchie di sangue, prodottesi per proiezione
(vedi conclusioni relative allo studio ed alla interpretazione delle macchie di
sangue riportate nel capitolo che precede) che dimostrano che gli zoccoli in
sequestro erano presenti nella stanza al momento dell'aggressione.