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Corso di Laurea in Statistica Matematica e trattamento Informatico dei Dati

Analisi Matematica 3 appunti

Francesca Astengo

Universit` di Genova, A.A. 2010/2011 a

Indice
Capitolo 1. I numeri complessi 1. Rappresentazione geometrica dei numeri complessi 2. Il Teorema fondamentale dellalgebra 3. Radici ennesime di un numero complesso 4. Alcuni comandi Maple 5. Esercizi 1 4 5 6 8 9

Capitolo 2. Equazioni dierenziali e alle dierenze 11 1. Equazioni dierenziali 12 2. Equazioni dierenziali del primo ordine a variabili separabili 14 3. Equazioni dierenziali lineari del primo ordine 18 4. Il problema di Cauchy 21 5. Il metodo di Eulero 24 6. Equazioni dierenziali del secondo ordine, lineari, omogenee,a coecienti costanti 26 7. Alcuni comandi Maple 29 8. Equazioni alle dierenze 30 9. Esercizi 41 Capitolo 3. Calcolo dierenziale per funzioni di pi` variabili reali u 1. Limiti e continuit` a 2. Derivabilit` e dierenziabilit` a a 3. Derivate di ordine successivo 4. Ricerca di massimi e minimi, relativi e assoluti, punti sella 5. Estremi vincolati 6. Esercizi 7. Complementi su gradiente e curve di livello, n = 2 Capitolo 4. Calcolo integrale per funzioni di pi` variabili reali u 1. Il calcolo di volumi 2. Teorema di cambiamento di variabili 3. Integrali impropri (con n = 2) 4. Integrali n-dimensionali 5. La funzione Gamma di Eulero 6. Esercizi Riferimenti bibliograci 45 48 56 62 64 69 73 76 79 79 85 91 94 100 103 105

CAPITOLO 1

I numeri complessi
` E noto che lequazione x2 + 1 = 0 non ha soluzioni reali. Costruiamo un ampliamento dellinsieme dei numeri reali in modo che anche questa equazione possa avere soluzione. Introduciamo i, talvolta chiamato unit` immaginaria, come un nuovo numero. Desidera eremmo che fosse tale che i2 + 1 = 0, rispetto alle operazioni di somma e prodotto che estendano quelle dei numeri reali. Denizione 1.1. Un numero complesso ` unespressione della forma e a + ib dove a e b sono numeri reali e i ` lunit` immaginaria. Si denota con C linsieme dei numeri e a complessi. Quindi Due numeri complessi a1 + ib1 e a2 + ib2 sono uguali se e solo se a1 = a2 e b1 = b2 . Pertanto, se z ` un numero complesso, allora z = a + ib con a, b R univocamente determinati; a ` e e detto parte reale di z e b parte immaginaria. In formule: z = a + ib a = Re(z) b = Im(z). C = {a + ib : a, b R} .

Possiamo pensare a R come al sottoinsieme di C costituito dai numeri complessi con parte immaginaria nulla. I numeri del tipo ib con b R \ {0} si dicono immaginari puri. Esempio 1.1. Sono numeri complessi 3 + i2 (3 ` la parte reale e 2 ` la parte immaginaria), e e 0 + i = i (0 ` la parte reale e ` la parte immaginaria), e + i0 = e (e ` la parte reale e 0 e e e ` la parte immaginaria). e Estendiamo le regole di somma e prodotto di numeri reali in maniera naturale ai numeri complessi. Somma: Siano a1 + ib1 e a2 + ib2 due numeri complessi. Deniamo (a1 + ib1 ) + (a2 + ib2 ) = (a1 + a2 ) + i(b1 + b2 ).
1

Capitolo 1

Prodotto: Siano a1 + ib1 e a2 + ib2 due numeri complessi. Deniamo (a1 + ib1 ) (a2 + ib2 ) = (a1 a2 b1 b2 ) + i(a1 b2 + a2 b1 ). Si noti che, se b R, allora ib = bi e nel seguito scriveremo quindi indierentemente ib e bi. Ad esempio 2i oppure i2 sono lo stesso numero complesso. Esempio 1.2. Siano z = 1 + 8i e w = 9 + 3i. Allora z w = (1 + 8i) (9 + 3i) = 9 + 3i 72i + 24i2 = 9 + 3i 72i 24 = 33 69i Inoltre possiamo vericare che (0 + i)(0 + i) = i2 = 1. Valgono le propriet` di somma e prodotto analoghe a quelle dei numeri reali: a 1. Propriet` della somma: a 1.1 (propriet` associativa): per ogni z, w, v C vale (z + w) + u = z + (w + u); a 1.2 (propriet` commutativa): per ogni z, w C vale z + w = w + z; a 1.3 (esistenza elemento neutro): esiste un elemento, che indichiamo con 0 tale che per ogni z C vale z + 0 = z; 1.4 (esistenza opposto): per ogni z C esiste un elemento, che indichiamo con z tale che z + (z) = 0. 2. Propriet` del prodotto: a 2.1 (propriet` associativa): per ogni z, w, v C vale (z w) v = z (w v); a 2.2 (propriet` commutativa): per ogni z, w C vale z w = w z; a 2.3 (esistenza elemento neutro): esiste un elemento, che indichiamo con 1 tale che per ogni z C vale z 1 = z; 2.4 (esistenza inverso): per ogni z C \ {0} esiste un elemento, che indichiamo con 1 tale che z 1 = 1. z z 3. Propriet` della somma e del prodotto: a (propriet` distributiva): per ogni z, w, v C vale (z + w) v = z v + w v. a La verica delle propriet` 1.1, 1.2, 2.1, 2.2 e 3 ` abbastanza semplice. A titolo di esempio, a e controlliamo la 1.2: siano z, w due numeri complessi della forma z = a + ib e w = a + ib con a, a , b, b reali. Allora per la denizione della somma di due numeri complessi e per la propriet` commutativa della somma dei numeri reali, a z + w = (a + ib) + (a + ib ) = (a + a ) + i(b + b ) = (a + a) + i(b + b) = (a + ib ) + (a + ib) = w + z. Per la 1.3, si osservi innanzi tutto che se 0 e 0 sono due elementi neutri per la somma, allora sono uguali, perch 0 = 0 + 0 = 0 + 0 = 0 . Quindi si noti che lelemento neutro per la e z + w = (1 + 8i) + (9 + 3i) = (1 9) + i(8 + 3) = 8 + 11i

somma ` 0 = 0 + i0. Infatti, per ogni z = a + ib si ha e z + 0 = (a + ib) + (0 + i0) = (a + 0) + i(b + 0) = a + ib = z. Analogamente, per la 2.3 , si noti che lelemento neutro per il prodotto ` 1 + i0. e Per la 1.4, si noti che lopposto di a + ib ` (a + ib) = a ib. e Lunica propriet` meno banale ` la 2.4: determineremo ora linverso di z, numero complesso a e non nullo. Premettiamo due denizioni. Denizione 1.2. Sia z = a + ib un numero complesso. Si denisce il numero complesso coniugato di z come il numero a ib. Il numero complesso coniugato di z si indica con z . Propriet`. Sia z = a + ib un numero complesso. Allora: a 1) La parte reale e la parte immaginaria soddisfano Re(z) = 2) 3) 4) 5) 6)
z+ z 2

Im(z) =

z z ; 2i

z ` reale se e solo se b = 0 se e solo se z = z ; e z ` immaginario puro se e solo se a = 0 e b = 0 se e solo se z = e z = 0; e z z = z; z z = [Re(z)]2 + [Im(z)]2 = a2 + b2 ; se z1 , z2 C, allora z1 + z2 = z1 + z2 z1 z2 = z1 z2 .

Denizione 1.3. Sia z = a + ib un numero complesso. Si denisce il modulo di z come il numero (reale e nonnegativo) a2 + b2 . Il modulo di z si indica con |z|. Propriet`. Sia z = a + ib un numero complesso. Allora: a 1) |z| = ||; z 2) z z = |z|2 ; 3) z = 0 se e solo se |z| = 0; 4) se z1 , z2 C, allora |z1 + z2 | |z1 | + |z2 |

|z1 z2 | = |z1 | |z2 |.


1 z

Infatti, z

A questo punto verichiamo che vale la propriet` 2.4: linverso di z C \ {0} ` a e


z |z|2

z z |z|2

|z|2 |z|2

= 1.

z . |z|2

Esempio 1.3. Scrivere in forma cartesiana

5+9i . 2i

Si ha

1 2+i (5 + 9i) (2 + i) 1 + 23i 1 23 5 + 9i = (5 + 9i) = (5 + 9i) = = = +i . 2 2i 2i |2 i| 4+1 5 5 5 e Talvolta si dice impropriamente che i = 1; impropriamente, perch bisogna essere attenti a come si maneggiano le radici dei numeri complessi: 1 = 1 = (1) (1) = 1 1 = i2 = 1????

Capitolo 1

Vedremo maggiori dettagli in seguito.

1. Rappresentazione geometrica dei numeri complessi Un numero complesso z = a + ib si pu` identicare con la coppia (a, b) di numeri reali. o ` quindi naturale rappresentare il numero complesso z = a + ib nel piano con il punto E corrispondente alle coordinate (a, b). Il piano identicato con i numeri complessi ` chiamato e piano di ArgandGauss. z = a + ib |z| arg(z) a Scrivere z = a + ib ` dare la forma cartee siana di z, ovvero scrivere z in coordinate cartesiane. Si noti che z ` simmetrico di z e rispetto allasse delle ascisse e |z| rappresenta la distanza di z dallorigine.

ib

ib

z = a ib

Denizione 1.4. Sia z C. Un angolo per cui z = |z|(cos + i sin ) ` detto argomento di z (si denota anche arg(z)) e la rappresentazione precedente si dice e rappresentazione polare. Se z C \ {0} largomento di z ` determinato a meno di multipli di 2. Il valore di in e (, ] ` detto valor principale dellargomento. Unaltra scelta di uso frequente ` lasciar e e variare in [0, 2). Nella rappresentazione polare il numero complesso 0 ` caratterizzato dallavere |z| = 0 e e argomento arbitrario. Esempio 1.4. Scrivere in forma polare 1 + i 3. Si ha |1 + i 3| = 1 + 3 = 2. Bisogna poi determinare in modo che 1 + i 3 = 2(cos + i sin ), ovvero 1 = 2 cos 3 = 2 sin cos = 1/2 sin = 3/2 = /3 + 2k, k Z.

Largomento principale ` /3 ed ` quello che solitamente si adopera. Una forma polare di e e 1 + i 3 ` quindi 2(cos + i sin ). e 3 3

1.2 Il Teorema fondamentale dellalgebra

` Le coordinate polari sono comode nel valutare il prodotto di numeri complessi. E semplice vericare che se z = |z|(cos + i sin ) e w = |w|(cos + i sin ), allora (1.1) z w = |z| |w| cos( + ) + i sin( + ) ; basta usare pazientemente le formule di addizione di seno e coseno. Denizione 1.5. Sia z = a + ib un numero complesso, con a, b R. Si denisce ez ponendo ez = ea+ib = ea cos b + i sin b .

Si noti che questo estende la denizione della funzione esponenziale ai numeri complessi. Inoltre ` semplice vericare che e ez+w = ez ew z, w C.

Usando questa denizione, possiamo rappresentare il numero complesso z in una nuova forma, detta forma esponenziale: se z ` un numero complesso e ` un suo argomento, allora e e z = |z| ei . La formula del prodotto descritta in (1.1) diventa semplicemente: z w = |z|ei |w|ei = |z||w| ei(+) e (magia!) le formule di addizione di seno e coseno seguono facilmente dalla regola di moltiplicazione di ei e ei . Esempio 1.5. Per calcolare (1 + i)7 in forma cartesiana, abbiamo sostanzialmente due possibilit`: una ` quella di usare lo sviluppo del binomio di Newton e arontare una marea a e di calcoli. Laltra ` usare la forma polare oppure quella esponenziale di 1 + i e notare che e (1 + i)7 = ( 2 ei/4 )7 = ( 2)7 e7i/4 = ( 2)7 (cos(7/4) + i sin(7/4)) = ( 2)7 ( 2/2 i 2/2) = 8 8i. Propriet`. Sia z C. Valgono le seguenti propriet`: a a (1) |ez | = eRe(z) , in particolare ez = 0 per ogni z C; (2) Im(z) ` un argomento di ez ; e z = ez . (3) e

2. Il Teorema fondamentale dellalgebra Un polinomio a coecienti in C di grado n ` unespressione della forma e P (z) = a0 + a1 z + an z n , dove i coecienti aj sono in C per ogni j = 0, . . . , n e an = 0.

Capitolo 1

Teorema 1.6 (Teorema fondamentale dellalgebra). Ogni polinomio di grado maggiore o uguale a uno a coecienti complessi ha almeno uno zero in C.

Quindi ogni polinomio di grado n ha esattamente n zeri complessi (contati con la loro molteplicit`). Osserviamo inoltre che se P ` un polinomio a coecienti reali, allora P (z) = a e P (). Quindi se z0 ` uno zero del polinomio P , allora anche z0 lo `. Ne deduciamo che un z e e polinomio a coecienti reali di grado dispari deve avere almeno uno zero reale (cosa che gi` a avevamo notato lanno scorso a partire dal Teorema degli zeri). Come trovare radici di polinomi? Ad esempio, si determinino gli zeri di z 3 z + iz. Uno zero ` senzaltro 0. Gli altri si trovano ponendo z 2 1 + i = 0, ovvero z 2 = 1 i. Ci troviamo e col problema di determinare radici quadrate di un numero complesso.

3. Radici ennesime di un numero complesso Sia n un numero naturale, diverso da 0, 1. Se z ` un numero complesso, una sua radice e n-esima w ` un numero complesso w tale che w n = z. e Se ` un argomento di z e ` un argomento di w la relazione w n = z diventa e e |w|n ein = |z| ei . Uguagliando i moduli, ricaviamo subito che se z = 0, allora w = 0. Se poi z = 0, allora |w| = n |z| (radice nel senso reale). Inoltre gli argomenti dovranno essere uguali, a meno di multipli di 2. Quindi n = + 2k, con k Z. Abbiamo quindi ottenuto che una radice n-esima di z ` necessariamente del tipo e w=
n

|z| ei

+2k n

k Z.

Viceversa, un numero complesso della forma precedente ` una radice n-esima di z. e In sintesi: w
n

|z| ei

+2k n

: kZ

e non ` dicile convincersi che linsieme precedente consiste di n numeri complessi distinti, e che si ottengono ponendo k = 0, . . . , n1. Questi numeri sono vertici di un poligono regolare di n lati. Esempio 1.7. Determinare tutte le soluzioni dellequazione z 4 = 81.

1.3 Radici ennesime di un numero complesso

Si scrive 81 in forma esponenziale, ovvero 3 ei3/4 3 ei/4 e si calcola 4 81 = 3. Pertanto le radici quarte di +2k 81 sono della forma 3 ei 4 : k Z, ovvero sono 3 ei/4 , 3 ei3/4 , 3 ei5/4 , 3 ei7/4 . 81 = 81 ei

Esse si dispongono ai vertici di un quadrato, come indicato in gura. 3 ei5/4 3 ei7/4

Esempio 1.8. Determinare tutte le soluzioni dellequazione z 5 = 32. Si scrive 32 in forma esponenziale, ovvero 32 = 32 ei0 e si calcola 5 32 = 2. Le radici quinte di 32 sono della 0+2k forma 2 ei 5 : k Z, ovvero sono 2, 2 2 ei6/5 2 ei8/5 2 ei2/5 , 2 ei4/5 , 2 ei6/5 , 2 ei8/5 .

2 ei2/5 2 ei4/5

Esse si dispongono ai vertici di un pentagono regolare, come indicato in gura.

Esempio 1.9. Si possono risolvere anche altri tipi di equazioni. Ad esempio, cerchiamo i numeri complessi z tali che a) z 2 + i Im(z) + 2 = 0 z b) z 3 |z| = 0 c) ()4 = i |z| z

Per lequazione a), si scriva z = a + ib con a, b reali e si noti che 0 = z 2 + i Im(z) + 2 = (a + ib)2 + ib + 2(a ib) z = a2 b2 + 2a + i (2ab b). Siccome un numero complesso ` 0 se e solo se sia la sua parte reale sia la sua parte immagie naria sono nulle, abbiamo 2ab b = 0 a2 b2 + 2a = 0 (2a 1)b = 0 a2 b2 + 2a = 0

Nella seconda equazione abbiamo due possibilit`: b = 0 (che sostituita nella prima equazione a 2 d` a + 2a = 0, quindi a = 0 oppure a = 2) oppure a = 1/2 (che sostituita nella prima a

Capitolo 1

equazione d` b2 +5/4 = 0, quindi b = a della prima equazione sono: 0, 2,

5/2 oppure b = 5/2). Concludendo, le soluzioni 1/2 i 5/2.

1/2 + i 5/2,

Per le equazioni b) e c) conviene adoperare le coordinate esponenziali. Se z = r ei allora Quindi o accade che r = 0 (e questo vuol dire che z = 0) oppure r 2 e3i 1 = 0, cio` e 2 3i r e = 1. Quindi, se r = 0, si deduce che r = 1 e 3 = 2k, al variare di k in Z. Le soluzioni di b) sono: 0, 1, ei2/3 , ei4/3 . Inne nella c) z = r ei , quindi da cui, o accade che r = 0 o accade che r 3 e4i 1 = 0. Il che vuol dire che o z = 0 oppure r 3 e4i = i = ei/2 , ovvero r = 1 e 4 = /2 + 2k, al variare di k in Z. Le soluzioni di c) sono allora: 0, ei/8 , ei3/8 , ei7/8 , ei11/8 . 4. Alcuni comandi Maple (1) Il comando complex vi rende un numero complesso. Ad esempio, complex(2)=2I complex(2,3)=2+3I (2) I comandi Re, Im, conjugate vi permettono di trovare parte reale, immaginaria e il complesso coniugato. Ad esempio Re(2+3*I)=2 Im(2+3*I)=3 conjugate(2+3*I)=2-3I (3) Il comando abs vi fa trovare il modulo del numero complesso. Ad esempio abs(-2)=2 abs(3-4*I)=5 (4) Il comando argument vi fa trovare largomento in (, ]. Ad esempio argument(-2)= argument(-1+I)= 3 4 (5) Il comando polar converte in coordinate polari. polar(3+4*I)=polar(5,arctan(4/3)) Nel risultato, 5 ` il modulo e arctan(4/3) largomento. Lo stesso si ottiene con il e comando convert(z,polar). Tenete presente che potete scrivere il numero complesso r eia in coordinate esponenziali scrivendo polar(r,a). Ad esempio il risultato di polar(2,5)*polar(3,-1):simplify(%); ` polar(6, 4). e 0 = r 4 e4i i r = r(r 3 e4i i), 0 = z 3 |z| = r 3 e3i r = r(r 2 e3i 1).

1.5 Esercizi

(6) Il comando che userete di pi` ` solve. Ad esempio ue solve(x^2+x+1,x); vi permette di trovare le soluzioni dellequazione x2 +x+1 0. La risposta di Maple ` = e 1 1 1 1 2 + 2 I 3, 2 2 I 3 Per memorizzare in una sequenza le soluzioni di una equazione e ottenerle poi in forma polare potete scrivere a:=[solve(z^3+8*I,z)]; b:=seq(polar(a[i]),i=1..3); La risposta di Maple ` e I + 3, I 3, 2 I
1 polar(2, 6 ),polar(2, 5 ),polar(2, 1 ) 6 2

5. Esercizi 1) Calcolare 2 + 8i; 2 ei/6 ; 2 + 3i (4 5i); 2 + 3i 4 5i; 2 i + 6 ei/2 ; 5; 2+i 1 7i ; ; ( 3 + i)6 ; Re((4 i)(5 + 2i)); |7 24i|; |2 ei/6 |. i 4 + 3i 2) Siano z1 = 1 + 2i e z2 = 3 + i. Calcolare z1 + z2 . Rappresentare nel piano complesso i numeri z1 , z2 e z1 + z2 . z1 + z2 z1

z2

3) Siano z1 e z2 due numeri complessi. Dare una interpretazione geometrica della somma di z1 e z2 e dedurne che |z1 + z2 | |z1 | + |z2 |. 4) Rappresentare nel piano complesso gli insiemi {z C : arg z = /3} {z C : |z i| = 3} {z C : Re(z) = e} {z C : 0 Re(z) 1} {z C : Im(z) = 1} {z C : z = z} {z C : arg z (/3, /2)} .

{z C : 1 < |z| 2}

{z C : |z| = 3}

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Capitolo 1
1 z

5) Per quali z complessi non nulli vale z +

R?

6) Vericare che per ogni n in N e R vale

(cos + i sin )n = cos(n) + i sin(n).

Dedurne le formule di duplicazione e triplicazione di un angolo. 7) Trovare linsieme delle soluzioni (e rappresentarlo nel piano complesso) delle equazioni z 3 = 8i z4 + 1 i 3 = 0 z 8 = 1 z = |z|2 z 2 2Re(z(1 + i)) i = 0 z 3 z 2 = 0.

CAPITOLO 2

Equazioni dierenziali e alle dierenze

Introduciamo le equazioni dierenziali e alle dierenze partendo da un semplice problema: quello di studiare la crescita di una popolazione. Indichiamo con p(t) il numero di individui di una popolazione ssata (ad esempio, tutti i cittadini italiani, ma anche tutti i batteri di una coltura, ecc.) al tempo t. Supponiamo che, in un intervallo (piccolo) di tempo h, laumento del numero degli individui di una popolazione sia proporzionale al tempo trascorso e al numero di individui allistante iniziale. Questo si esprime dicendo che per una certa costante di proporzionalit` a vale a p(t + h) p(t) = a h p(t) o anche, p(t + h) p(t) = a p(t) h h = 0. h = 0,

Passando al limite per h 0 nella relazione precedente otteniamo p (t) = a p(t). Questo ` un esempio di equazione dierenziale; lincognita ` la funzione p(t) e lequazione e e esprime una condizione sulla derivata prima della funzione p(t). La costante a si pu` intero pretare come il tasso di crescita (istantaneo) della popolazione. A questo punto mi dovreste obiettare che la funzione p assume solo valori discreti, quindi non ` derivabile. In realt` il problema ha interesse quando la popolazione ` molto grande, e a e quindi uttuazioni di una unit` possono essere pensate come molto piccole. Lo stesso tipo a di equazione si incontra anche in chimica (decadimento radioattivo), sica (circuiti LC),... Qualora fossimo pi` interessati a rilevazioni annuali del numero di individui (o comunque a u intervalli di tempo pressati), non avrebbe senso passare al limite per h 0. Lequazione p(t + h) p(t) = a h p(t) pu` essere riscritta pensando che la rilevazione sia fatta anno per o anno (h = 1anno, previsione per i prossimi anni): p(n + 1) p(n) = a p(n) n = 2004, 2005, . . . .

In questo modo abbiamo ottenuto una equazione alle dierenze.


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Capitolo 2

1. Equazioni dierenziali Una equazione in una incognita ` unespressione del tipo f (x) = 0, dove f ` una funzione e e assegnata di una variabile reale. Una soluzione dellequazione ` un x0 tale che f (x0 ) = 0. e Nelle equazioni dierenziali ordinarie lincognita ` una funzione di una variabile reale, che e di solito si indica con y(x); lequazione coinvolge la funzione y e alcune delle sue derivate. Il termine ordinarie si riferisce al fatto che la funzione incognita dipende solo da una variabile e quindi le derivate che compaiono sono derivate ordinarie. Ci sono altri tipi di equazioni dierenziali in cui le incognite sono funzioni di due o pi` variabili e nellequazione compaiono u la funzione incognita e alcune delle sue derivate parziali. Una equazione dierenziale di ordine n ` unespressione del tipo e F (x, y(x), y (x), . . . , y (n)(x)) = 0, dove F ` unespressione che coinvolge n + 2 variabili, ossia una funzione denita in un sote toinsieme di Rn+2 . In parole pi` povere, unequazione dierenziale di ordine n ` unequazione u e che coinvolge la funzione, le sue derivate no a quella di ordine n e la variabile indipendente. Una soluzione dellequazione dierenziale ` una funzione y(x) denita e derivabile n volte in e un intervallo I R non vuoto tale che per ogni x I si abbia (x, y(x), . . . , y (n)(x)) dom F e F (x, y(x), y (x), . . . , y (n) (x)) = 0 x I. Si chiama integrale generale dellequazione linsieme di tutte le sue soluzioni. Lequazione si dice in forma normale se ` possibile esplicitare nellequazione la derivata di e ordine pi` alto, ovvero se pu` essere messa nella forma: u o y (n) (x) = f (x, y(x), y (x), . . . , y (n1) (x)), dove f : Rn+1 R ` una funzione. e Nellequazione compare la funzione incognita y(x) insieme alle sue derivate, tutte calcolate nello stesso punto x. Siccome il punto ` sempre lo stesso, talvolta si omette la dipendenza e da x e si scrive semplicemente y (n) = f (x, y, y , . . . , y (n1) ). Esempio 2.1. Lequazione x y = y non ` in forma normale, perch non ` possibile scrivere e e e y = y/x, a meno di non sapere che x ` sempre diverso da 0. e Una equazione non in forma normale potrebbe non avere soluzioni, come (y )2 + y 2 + 1 = 0. Tratteremo solo tre tipi di equazioni in forma normale: del primo ordine a variabili separabili, del primo ordine lineari, del secondo ordine lineari omogenee a coecienti costanti.

2.1 Equazioni dierenziali

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In particolare, unequazione di primo ordine in forma normale ` del tipo e y (x) = f (x, y(x)); una sua soluzione ` una funzione y(x) denita e derivabile in un intervallo I R non vuoto e e tale che per ogni x I si abbia (x, y(x)) dom f e y (x) = f (x, y(x)). Gracamente, possiamo pensare che con lequazione dierenziale assegniamo in ogni punto il valore della derivata (cio` della pendenza che deve avere la tangente alla funzione incognita se passante e per il punto (x, y) del piano).

2.5

1.5

0.5

0.5

In questa gura abbiamo considerato la funzione f (x, y) = (x 1)(y 3 y); in blu ` rappresentata la derivata in ogni e punto e in rosso il graco di una soluzione limitatamente allintervallo (0.5, 2.1). Si notino anche le (probabili) soluzioni costanti y = 0, y = 1, y = 1 (a queste altezze, la tangente ` orizzontale). e
2 1.5 1 0.5 0 0.5 1 1.5 2 2.5

1.5

2.5 2.5

Lesempio pi` semplice di equazione dierenziale del primo ordine che sappiamo gi` risolvere u a in molti casi ` e y (x) = f (x) con f funzione assegnata e continua su un intervallo J. Risolvere questa equazione dierenziale signica trovare tutte le primitive della funzione f sullintervallo J. Come sappiamo, non ci sar` una sola soluzione, ma ce ne saranno innite, in dipendenza da una costante a arbitraria. Sar` invece unica la soluzione che assume un certo valore pressato y0 in un a punto assegnato x0 dellintervallo J. Esempio 2.2. Trovare lintegrale generale dellequazione y (x) = x2 . Determinare la soluzione tale che y(3) = 1. Si ha y(x) = x2 dx =
x3 3

+ c, al variare di c R.

Quella soluzione tale che y(3) = 1 si ottiene dallequazione 1 = y(3) = 9 + c, ovvero 3 e y(x) = x 8. Un altro modo di procedere per trovare la soluzione particolare ` quello di 3 x calcolare y(x) = 1 + 3 t2 dt.

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Capitolo 2

Con un poco pi` di fatica, sappiamo risolvere anche lequazione dierenziale del secondo u ordine y (x) = f (x) con f funzione assegnata e continua su un intervallo J, ripetendo due volte il procedimento di integrazione denita. In tal modo otterremo innite soluzioni, in dipendenza da due costanti arbitrarie. Sar` invece unica la soluzione che assume un certo valore pressato y0 in un punto a assegnato x0 dellintervallo J e la cui derivata assume il valore pressato y1 in un punto x1 di J. Esempio 2.3. Trovare lintegrale generale dellequazione y (x) = x2 . Si ha y (x) =
x4 12

x2 dx =

x3 3

+ c1 x + c2 , al variare di c1 , c2 R.

+ c1 , al variare di c1 R. Ma allora y(x) =

x3 3

+ c1 dx =

Esempio 2.4. Trovare lintegrale generale dellequazione y (x) = x1 nellintervallo J = 1 (0, +). La precisazione in questo caso ` dobbligo, perch la funzione x ` continua sul suo e e e dominio R \ {0}, che ` unione di due intervalli disgiunti. e In J si ha y(x) = x1 dx = log x + c, al variare di c R.

Osserviamo che in J = (, 0) lintegrale generale sarebbe stato linsieme delle funzioni del tipo y(x) = x1 dx = log(x) + c, al variare di c R. 2. Equazioni dierenziali del primo ordine a variabili separabili Queste sono equazioni dierenziali della forma (2.1) y (x) = f (x) g(y(x))

o, pi` brevemente, y = f (x) g(y), dove f e g sono funzioni continue. u Cerchiamo di sviluppare un metodo che ci permetta di trovare tutte le soluzioni. Iniziamo col determinare gli zeri della funzione g, ovvero determinare le soluzioni dellequazione (algebrica) g(y) = 0. Se g(y0 ) = 0, allora ` immediato vericare che la funzione e y(x) = y0 ` soluzione dellequazione (2.1), perch y (x) = 0 per ogni x. e e Supponiamo ora di sapere che la funzione y in un qualche punto assuma un certo valore che non sia uno zero di g. Allora ci sar` un intervallo J in cui y(x) non ` mai uno zero di g e a e quindi in tale intervallo ha senso riscrivere lequazione dierenziale (2.1) nella forma: (2.2) y (x) = f (x) g(y(x))

2.2 Equazioni dierenziali del primo ordine a variabili separabili

15

Siano ora F (x) una primitiva di f (x) e G(t) una primitiva di della funzione composta, G(y(x)) = G (y(x)) y (x) =

1 . g(t)

Per la regola di derivazione

1 y (x). g(y(x))

Quindi la (2.2) ci dice che F (x) e G(y(x)) sono funzioni che hanno la stessa derivata nellintervallo J. Allora dovr` esistere una costante c R tale che a G(y(x)) = F (x) + c. Il problema ` quello ora di ricavare y(x) nella formula precedente. Notiamo che in teoria il e 1 procedimento dovrebbe poter essere portato a termine: la derivata G (y) = g(y) non ` mai e nulla nellintervallo J, ovvero sempre positiva o sempre negativa; quindi G ` strettamente e crescente o strettamente descrescente, quindi invertibile e y(x) = G1 (F (x) + c) fornisce una soluzione dellequazione (2.1). Inoltre si noti che se g non si annulla, ` unica la soluzione passante per un punto (x0 , y0 ) e ssato. Ricapitoliamo quanto detto nel risultato seguente. Teorema 2.5. Siano I, J due intervalli, f : I R e g : J R due funzioni continue con g(y) = 0 per ogni y J. Siano x0 I e y0 J. Allora il problema y (x) = f (x) g(y(x)) y(x0 ) = y0 ha ununica soluzione. Esempio 2.6. (modello di crescita di una popolazione) Trovare lintegrale generale dellequazione y (x) = a y(x), dove a R ` il tasso di crescita (o decrescita se negativo). e Si tratta di unequazione a variabili separabili, in cui f (x) = a e g(y) = y, per esempio. Determiniamo dapprima gli zeri di g: g(y) = y si annulla solo per y = 0, quindi c` la e soluzione costante y(x) = 0. Supponiamo ora che y(x) non sia sempre nulla e applichiamo il ragionamento precedente. Una primitiva della funzione f (x) ` la funzione F (x) = a x; una primitiva della funzione e 1/g(y) = 1/y ` la funzione G(y) = log |y|. Pertanto per un c R e G(y(x)) = log(|y(x)|) = a x + c, da cui, chiamando per brevit` k = ec , a |y(x)| = eax+c = k eax .

16

Capitolo 2

Siccome y deve essere derivabile in tutti i punti, dovr` essere a y(x) = k eax oppure y(x) = k eax

per ogni x. Notando che k = ec > 0, possiamo scrivere tutte le soluzioni nella forma yk (x) = k eax kR

Cos` facendo abbiamo recuperato anche la soluzione costante y(x) = 0, che corrisponde a prendere k = 0. Levoluzione di una popolazione, che allistante iniziale x = 0 vale k > 0 ` la seguente: la e popolazione si mantiene costante se a = 0, cresce diventando innitamente grande se a > 0, si estingue se a < 0. Esempio 2.7. Trovare tutte le soluzioni dellequazione y (x) = x y(x)2 . Determinare poi la soluzione tale che y(1) = 2 e il suo dominio. Si tratta di una equazione a variabili separabili, in cui f (x) = x e g(y) = y 2 . Le soluzioni costanti si ottengono trovando gli zeri della funzione g: in questo caso la funzione costante y(x) = 0 per ogni x ` soluzione dellequazione dierenziale. e Altre soluzioni si trovano supponendo y = 0 e calcolando primitive di f e 1/g. Una primitiva 2 1 di f ` F (x) = x2 . Una primitiva di 1/g(y) = 1/y 2 ` G(y) = y . Pertanto per un c R e e G(y(x)) = da cui y(x) = x2 2 . + 2c 1 x2 = + c, y(x) 2

Lintegrale generale dellequazione ` quindi linsieme formato dalle funzioni ycost (x) = 0 e e 2 yc (x) = x2 +2c , al variare di c R. Si noti che il dominio delle soluzioni del tipo ycost e yc con c > 0 ` tutto R. Invece, se c 0 il dominio di yc ` un intervallo, che pu` essere scelto, e e o per ora arbitrariamente, tra gli intervalli (se non vuoti) (, 2c), ( 2c, 2c) e ( 2c, +). In particolare la soluzione tale che y(1) = 2 si ottiene (dopo aver scartato la soluzione costante, che non verica questa propriet`) determinando c in modo che a yc (1) = 2 = 2. 1 + 2c

Si ottiene c = 1, quindi la soluzione ` y1 con dominio lintervallo che contiene il punto 1, e 2). ossia ( 2,

2.2 Equazioni dierenziali del primo ordine a variabili separabili

17

Inne, vediamo come possono essere svolti gli stessi conti in maniera pi` immediata. Dopo u aver determinato le soluzioni costanti, si scriva lequazione nella forma dy = x y 2. dx Supponiamo che a primo membro si tratti di un vero e proprio quoziente e portiamo a sinistra tutto quanto contiene la variabile y e a destra tutto quanto contiene la variabile x dy = x dx y2 Ora introduciamo il segno di integrale indenito in ambo i membri dy = x dx y2 e, calcolando gli integrali indeniti, arriviamo alle stesse conclusioni. 3 Esempio 2.8. Trovare lintegrale generale dellequazione y (x) = 2 x y(x)(y(x) 2). Iniziamo col determinare soluzioni costanti. Queste si trovano risolvendo lequazione (algebrica) y(y 2) = 0, da cui y = 0 e y = 2. Le soluzioni costanti sono le funzioni y(x) = 0 e y(x) = 2 per ogni x 0 (deve aver senso lequazione dierenziale, che contiene x). Se invece in un qualche punto si ha y(x) = 0, 2 allora dovr` essere a 3 dy x dx. = y(y 2) 2 3/2 3 Lintegrale a secondo membro ` immediato: 2 x dx = 3 x +C. Ripassiamo come ottenere e 2 3/2 1 una primitiva della funzione razionale a primo membro: occorre scrivere la frazione y(y2) 1 1 come combinazione lineare di due frazioni semplici del tipo y e y2 , quindi determiniamo a, b R in modo che a b 1 = + . y(y 2) y y2 Questo vuol dire che 1 = a(y 2) + by, da cui si ricava a = 1/2, b = 1/2. Ma allora 1 1 1 1 dy = dy + dy y(y 2) 2 y 2 y2 y2 1 1 1 + C . = log |y| + log |y 2| + C = log 2 2 2 y Quindi per un c R 1 y2 = x3/2 + c log 2 y da cui, ponendo k = e2c y2 3/2 = k e2x . y Ragionando come nellesempio 2.6, possiamo concludere che y2 3/2 = k e2x , con k R y

18

Capitolo 2

(per k = 0 recuperiamo la soluzione costante y = 2). Esplicitiamo y e otteniamo che lintegrale generale ` formato da funzioni del tipo e 2 y(x) = , 1 k e2x3/2 al variare di k R e dalla soluzione costante y(x) = 0 (volendo, si pu` notare che questa o soluzione si ottiene per k ). Se k 0, le soluzioni sono denite su [0, +); se k > 0 il dominio risulta pi` piccolo. u Esempio 2.9. Trovare tutte le soluzioni dellequazione y (x) = (ex 1)/(ey(x) + 1). Qui il problema ` che non si riesce a esplicitare (anche se teoricamente possibile) la soluzione. e Infatti, separando le variabili, otteniamo ex x + c = = (ex 1) dx (ey + 1) dy = ey + y + k

e, anche se la funzione y ey + y ` invertibile, non sappiamo scriverne linversa. e Il problema dellunicit` della soluzione verr` discusso in seguito (si veda lesempio 2.12). a a 3. Equazioni dierenziali lineari del primo ordine Queste sono le equazioni dierenziali del tipo (2.3) y (x) = a(x) y(x) + b(x), dove a e b sono funzioni continue in un intervallo ssato J. Nel caso in cui la funzione b(x) sia identicamente nulla, lequazione (2.3) si dice omogenea. Unequazione lineare e omogenea ` a variabili separabili (con g(y) = y e f (x) = a(x)) e si e risolve come indicato nella sezione precedente. Innanzi tutto, si trova la soluzione costante y = 0. Separando le variabili, otteniamo dy = a(x) dx y e quindi, indicando con A(x) una primitiva di a(x) sullintervallo J log |y| = A(x) + c con c R. Risolvendo rispetto a y otteniamo Si noti che ec assume ogni valore reale diverso da zero e che y = 0 ` soluzione. Possiamo e quindi scrivere tutte le soluzioni dellequazione omogenea nella forma (2.4) y(x) = k eA(x) con k R. y = ec eA(x) .

2.3 Equazioni dierenziali lineari del primo ordine

19

Se invece lequazione non ` omogenea (b(x) = 0), cerchiamo una soluzione della forma e (2.5) y(x) = k(x) eA(x) ,

dove k(x) ` una funzione incognita. Questo metodo ` chiamato metodo di variazione delle e e costanti, perch la costante k che compare nella formula (2.4), che fornisce la soluzione e dellequazione omogenea associata, diventa qui una funzione. Sostituendo la (2.5) nellequazione dierenziale (2.3), otteniamo condizioni sulla funzione k(x). Precisamente, siccome A (x) = a(x), dalla (2.5) si ottiene y (x) = k (x) eA(x) + k(x) eA(x) a(x). Sostituendo nella (2.3), abbiamo k (x) eA(x) + k(x) eA(x) a(x) = a(x) k(x) eA(x) + b(x), da cui k (x) = b(x) eA(x) e inne k(x) = b(x) eA(x) dx.

Abbiamo quindi ottenuto che ogni soluzione ` della forma e y(x) = eA(x) b(x) eA(x) dx,

` dove A ` una primitiva di a nellintervallo dato J. E nascosta nella formula precedente una e costante arbitraria, implicita nel simbolo di integrale indenito. Esempio 2.10. (il debito di ossigeno) Quando corriamo o facciamo uno sforzo, consumiamo pi` ossigeno rispetto a quanto ne consumeremmo in condizioni normali di riposo. In partiu colare, se corriamo velocemente, il nostro corpo brucia una quantit` di ossigeno superiore a a quella che riesce a immettere respirando. Si crea quello che chiamiamo debito di ossigeno. Quando ci fermiamo, il nostro corpo continua a immettere ossigeno in quantit` maggiore a di quanto servirebbe normalmente in una situazione di riposo, per cercare di recuperare e saldare il debito di ossigeno. Indichiamo con t il tempo e con y(t) il debito di ossigeno al tempo t. Il debito y(t) varia principalmente in seguito a due condizioni: nellunit` di tempo, cresce in maniera proporzionale a alla potenza, cio` al lavoro che dobbiamo compiere nellunit` di tempo; decresce in maniera e a proporzionale alla velocit` con cui respiriamo, che ` determinata dal fabbisogno do ossigeno. a e Possiamo quindi scrivere y (t) = a y(t) + b p(t), dove a, b sono costanti positive (legate al singolo individuo, ad esempio la capacit` dei suoi a polmoni, il suo peso, ecc.) e p(t) indica la potenza da esplicare (nota).

20

Capitolo 2

Partendo da una situazione di riposo y(0) = 0 e dovendo eettuare un lavoro uniforme nel tempo (cio` p(t) =costante, ad esempio p(t) = 3), il debito di ossigeno soddisfa e y (t) = a y(t) + 3b, y(0) = 0. Risolvendo questa equazione, con il metodo della separazione delle variabili oppure con la formula risolutiva delle equazioni lineari, otteniamo 3b y(t) = (1 eat ). a

3b a

t La funzione p(t) = 3

t Il relativo debito di ossigeno y(t)

che ha soluzione

Invece, mettendoci a riposo (p(t) = 0) dopo una corsa che ha prodotto un debito di ossigeno pari a y0 , y (t) = a y(t), y(0) = y0 , y(t) = y0 eat . y0

0 La funzione p(t) = 0

t Il relativo debito di ossigeno y(t)

In generale, supponendo di passare gradatamente da una situazione di sforzo a una di riposo, otterremo una sorta di avvicendamento delle situazioni precedenti: supponiamo che 3 t [0, 1] p(t) = 3(2 t) t (1, 2) 0 t2 allora la soluzione di y (t) = a y(t) + b p(t), y(0) = 0

2.4 Il problema di Cauchy

21

` data da e

3b (1 eat ) t [0, 1] a 3b a at y(t) = a2 (1 + 2a at (a + e )e ) t (1, 2) 3b at 2a e (e ea a) t2 a2

La funzione p(t)

Il relativo debito di ossigeno y(t)

4. Il problema di Cauchy Ci sono criteri abbastanza generali per potere stabilire se una equazione dierenziale ammetta o meno una soluzione. Particolare attenzione ` rivolta al problema di Cauchy, in cui e lequazione dierenziale ` accoppiata a un valore iniziale: e (2.6) y (x) = f (x, y(x)) y(x0 ) = y0

Supponiamo che f sia una funzione continua in un rettangolo aperto (=lati esclusi) A di R2 e che il rettangolo Ra,b centrato in (x0 , y0) e di lati di lunghezze 2a e 2b sia contenuto in questo aperto. Vedremo in seguito cosa vuol dire che una funzione di due variabili ` continua, e ma possiamo immaginare che questo signica che in punti vicini i valori di f non siano troppo diversi. In formule: Poniamo M = max {|f (x, y)| : (x, y) Ra,b }. Supponiamo inoltre che esista una costante L > 0 tale che per ogni coppia di punti del tipo (x, y1 ), (x, y2 ) in Ra,b (2.7) |f (x, y1) f (x, y2 )| L |y1 y2 |. Ra,b = (x, y) R2 : |x x0 | a, |y y0 | b A.

Teorema 2.11 (di esistenza e unicit`). In queste ipotesi, esiste una e una sola soluzione del a problema (2.6), denita e con derivata prima continua nellintervallo (x0 , x0 + ), con b = min a, M .

22

Capitolo 2

In particolare, se lequazione ` a variabili separabili, della forma y (x) = h(x) g(y(x)), le e ipotesi del teorema di esistenza e unicit` si traducono nei fatti: a 1. la funzione h(x) ` continua sullintervallo [x0 a, x0 + a]; e 2. la funzione g(y) ` continua sullintervallo [y0 b, y0 + b]; e 3. esiste una costante L tale che |g(y1) g(y2)| L |y1 y2 | per ogni scelta di punti y1 , y2 in [y0 b, y0 + b]. In queste ipotesi, per il teorema di Weierstrass, le funzioni h e g sono limitate, quindi esistono due numeri Mh e Mg tali che per ogni (x, y) in Ra,b |h(x)| Mh Allora possiamo concludere che |h(x)g(y)| Mh Mg e |h(x)g(y1) h(x)g(y2 )| Mh L |y1 y2 | |g(y)| Mg .

e quindi c` esistenza e unicit` della soluzione nellintervallo (x0 , x0 + ), con = e a b min a, Mh Mg . Si noti inoltre che lipotesi 3. ` senzaltro vericata se la funzione g ` anche derivabile con e e continuit` sullintervallo [y0 b, y0 + b]. Infatti, in questo caso, per il Teorema di Weierstrass a anche g risulta limitata. Poniamo L = max {|g (y)| y [y0 b, y0 + b]}. Siano ora y1 , y2 in [y0 b, y0 + b]; dal Teorema di Lagrange, esiste un punto c nellintervallo aperto di estremi y1 e y2 tale che g(y1 ) g(y2) = g (c)(y1 y2 ). Quindi |g(y1) g(y2 )| = |g (c)| |y1 y2 | L |y1 y2 |.

Nel prossimo esempio, mostriamo che la soluzione potrebbe non essere unica se le ipotesi del teorema non sono soddisfatte. Esempio 2.12. Il problema y (x) = |y(x)| y(0) = 0 ha come soluzione la funzione costante y(x) = 0, ma anche la funzione y(x) = x2 /4 x 0 0 x<0

a In questo caso (x0 , y0) = (0, 0) e la funzione f (x, y) = |y| non verica la propriet` (2.7) in nessun rettangolo che contiene lorigine. Infatti, dato b > 0, se esistesse L > 0 tale che | |y1 | |y2|| L|y1 y2 | y1 , y2 [b, b], |y1 | L y1 [b, b]. |y1 |

allora, prendendo in particolare y2 = 0, dovrebbe valere che |y1 | L|y1 | y1 [b, b] quindi

2.4 Il problema di Cauchy

23

Ma questo ` impossibile, perch limy1 0 e e

|y1 | |y1 |

= +.

Si noti che, come nellesempio 2.7 il dominio della soluzione potrebbe essere pi` piccolo u della proiezione sullasse delle ascisse del dominio di f : il problema di Cauchy trattato in quellesempio y (x) = x y(x)2 y(1) = 2 ha come soluzione la funzione y(x) = x22 con dominio ( 2, 2), mentre f (x, y) = x y 2 2 ` denita e regolare su tutto R2 . e Scopo dei prossimi esempi ` mostrare limportanza del fatto che lequazione dierenziale sia e in forma normale. Esempio 2.13. Si considerino i seguenti problemi (P 1) x y (x) = y(x) y(0) = 0 (P 2) x y (x) = y(x) y(0) = 1 (P 3) x y (x) = y(x) y(2) = 4

in cui lequazione dierenziale non ` in forma normale. La dierenza importante che possiamo e notare fra questi problemi spicca subito quando proviamo a sostituire il dato iniziale dentro lequazione. Nel problema (P 1) lequazione diventa 0y (0) = 0, ossia lidentit` 0 = 0; nel problema (P 2) a otteniamo lequazione 0y (0) = 1, ossia 0 = 1 priva di soluzioni; nel problema (P 3) otteniamo lequazione 2y (0) = 4, che ha solo la soluzione y (0) = 2. Da quanto appena osservato deduciamo che il problema (P 2) non ammette soluzioni. Invece i problemi (P 1) e (P 3) potrebbero avere soluzioni. Occupiamoci prima del problema (P 3). Siccome il nostro punto iniziale ` 2, esiste un intorno e di 2 in cui x = 0, quindi in tale intorno lequazione dierenziale ` equivalente a e y(x) (2.8) y (x) = x che ` a variabili separabili. Risolvendo questa equazione otteniamo soluzioni della forma e y(x) = k x, con k in R. Imponiamo la condizione iniziale y(2) = 4 e otteniamo che y(x) = 2x. Il problema (P 3) ha quindi come unica soluzione la funzione y(x) = 2x con dominio R. Lunica dierenza con la soluzione del problema (P 3 ) scritto in forma normale (P 3) z (x) = z(x) x z(2) = 4

` nel dominio della soluzione: z(x) = 2x con dominio (0, +). e Inne consideriamo il problema (P 1). Nel punto iniziale lequazione dierenziale ` sempre e soddisfatta, indipendentemente dal valore della derivata della soluzione in questo punto.

24

Capitolo 2

Vediamo cosa pu` succedere se x = 0. In queste ipotesi ci riportiamo allequazione in forma o normale (2.8), che ha soluzione del tipo y(x) = k x, con k in R. Tutte queste soluzioni vericano la condizione iniziale y(0) = 0. Quindi il problema (P 1) ha innite soluzioni.

5. Il metodo di Eulero Qualora si sappia che una soluzione del problema (2.6) esiste ed ` unica, ` possibile ape e prossimare tale soluzione con il metodo di Eulero. Con questo metodo, si ottengono i valori approssimati yn dei valori della soluzione y(x), calcolata nei punti x0 , x1 = x0 + h, x2 = x0 + 2h, x3 = x0 + 3h, ... dove h > 0 ` chiamato passo dellapprossimazione. e Il metodo di Eulero approssima la soluzione y(x) mediante una spezzata, in cui ogni segmento ha lunghezza orizzontale h e pendenza determinata dal valore di f (x, y) nellestremo sinistro. In formule: y0 (assegnato) y1 = y0 + h f (x0 , y0) y2 = y1 + h f (x1 , y1) ... yn+1 = yn + h f (xn , yn ) e si approssima il graco di y(x) con i segmenti di estremi (xn , yn ). Siano K1 = max {|1 f (x, y)| : (x, y) R} K2 = max {|2 f (x, y)| : (x, y) R} . Si pu` dimostrare (ma va oltre i nostri scopi) che lerrore che si commette nellintervallo o (x0 , x0 + ) ` controllato da e K1 K 2 (e 1), h 2K2 ossia decresce linearmente al decrescere del passo h. Questo metodo ` abbastanza crudo e pu` essere migliorato nel modo seguente. Anzich ssare e o e la pendenza del segmento approssimante tramite il valore di f (x, y) nellestremo sinistro, potremmo pensare di usare il suo valor medio, ovvero: f (xn , yn ) + f (xn+1 , yn+1 ) . 2 Purtroppo questa formula nella maggior parte dei casi ` inservibile, perch yn+1 compare e e anche nel membro di destra; tuttavia, ad esso possiamo sostituire il suo valore approssimato che troveremmo con il metodo di Eulero e ottenere f (xn , zn ) + f (xn+1 , un+1 ) , (2.9) un+1 = zn + h f (xn , zn ) zn+1 = zn + h 2 yn+1 = yn + h

2.5 Il metodo di Eulero

25

Questo metodo ` noto come metodo di Eulero migliorato. Si pu` dimostrare che lerrore e o tra la soluzione esatta y(x) e la soluzione approssimata che otteniamo congiungendo con segmenti i punti (xn , zn ) dati dalle (2.9) migliora rispetto al precedente ed ` controllato da e h2 4 dove K e K sono tali che max max df (x, y(x)) : x [x0 , x0 + ) K dx d2 f (x, y(x)) : x [x0 , x0 + ) K . dx2 K + K 3K2 eK2 (1+
hK2 2

1 ,

Lordine di convergenza del metodo migliorato ` quadratico in h e quindi ci aspettiamo che e al decrescere di h con il metodo migliorato si debba ottenere una soluzione pi` simile a quella u esatta. Esempio 2.14. Abbiamo gi` trovato la soluzione del problema a y (x) = x y(x)2 y(0) = 1 che risulta essere data da y(x) = x22 con dominio R. Vediamo cosa avremmo ottenuto +2 adoperando il metodo di Eulero o il metodo di Eulero migliorato sullintervallo [0, 2] con passo 0.2. Scriviamo un semplice programmino f:=(x,y)->x*y(x)^2: x(1):=0: y(1):=-1: u(1):=-1: z(1):=-1: for j from 1 to 10 do x(j+1):=x(1)+j*0.2: y(j+1):=y(j)+0.2*f(x(j),y(j)): u(j+1):=z(j)+0.2*f(x(j),z(j)): z(j+1):=z(j)+0.5*0.2*(f(x(j),z(j))+f(x(j+1),u(j+1))): end do; data:=seq([x(j),y(j)],j=1..11); datamigl:=seq([x(j),z(j)],j=1..11); PLOT(POINTS(data,SYMBOL(_SOLIDDIAMOND),COLOR(RGB,0,0,1)), POINTS(datamigl,SYMBOL(_ASTERISK),COLOR(RGB,0,1,0)));

26

Capitolo 2

Il risultato del programma ` la gura a e anco, in cui abbiamo aggiunto la linea rossa (il graco della funzione soluzione). Congiungendo i pallini blu otteniamo lapprossimazione del metodo di Eulero. Congiungendo le stelle verdi otteniamo il graco della soluzione fornita dal metodo migliorato, che pare essere una approssimazione migliore della soluzione esatta.

6. Equazioni dierenziali del secondo ordine, lineari, omogenee, a coecienti costanti Una equazione dierenziale lineare e omogenea del secondo ordine e a coecienti costanti ` e del tipo (2.10) dove a e b sono numeri reali. Osserviamo innanzi tutto che se y1 e y2 sono soluzioni di questa equazione dierenziale, anche y = c1 y1 + c2 y2 ` soluzione, comunque si scelgano c1 e c2 in R. e ` E naturale cercare soluzioni di questa equazione della forma e x con da determinarsi, perch le soluzioni delle equazioni del primo ordine lineari, omogenee e a coecienti costanti e sono di questo tipo (cfr. lesempio 2.6). Dal momento che y (x) = e x y (x) = 2 e x , sostituendo y(x) = e x nellequazione (2.10) abbiamo 2 e x + a e x + b e x = 0. Ricordando che e x non si annulla mai e raccogliendolo, otteniamo lequazione (2.11) 2 + a + b = 0. Morale: se ` radice dellequazione (2.11), allora e x ` soluzione dellequazione dierene e ziale (2.10). y (x) + a y (x) + b y(x) = 0,

2.6 Equazioni lineari del secondo ordine a coecienti costanti

27

Si presentano tre casi, a seconda che il discriminante = a2 4b dellequazione (2.11) sia positivo, negativo, oppure nullo. Nel primo caso, ovvero se = a2 4b > 0, allora la (2.11) ha due radici reali e distinte, 1 e 2 . In questo caso possiamo dire che y(x) = c1 e1 x + c2 e2 x ` soluzione dellequazione dierenziale (2.10) per ogni scelta di c1 , c2 in R. Inoltre, si e potrebbe dimostrare (ma non lo facciamo) che la formula precedente fornisce tutte le soluzioni dellequazione al variare di c1 , c2 in R.
7 Esempio 2.15. Si trovi lintegrale generale di y 4y + 4 y = 0 e la soluzione tale che y(0) = 1, y (0) = 0.

Si ha

7 7 = 0 = 2 oppure = 1 . 2 4 Quindi lintegrale generale, ossia linsieme di tutte le soluzioni, ` formato da funzioni del e tipo 1 7 y(x) = c1 e 2 x + c2 e 2 x 2 4 +

al variare di c1 , c2 in R. In particolare, la soluzione tale che y(0) = 1, y (0) = 0 sar` di quella a forma, con c1 e c2 soluzioni di y(0) = c1 + c2 = 1 y (0) = 7 c1 + 1 c2 = 0 2 2 ovvero c1 = 1 c2 1 7 7 c2 + 2 c2 = 0 2 2 ovvero
1 c1 = 6 c2 = 7 . 6

Quindi la soluzione particolare richiesta ` e 7 1 1 7 y(x) = e 2 x + e 2 x . 6 6 Nel secondo caso, ovvero se = a2 4b < 0, allora la (2.11) ha due radici complesse coniugate, diciamo i. Ci ricordiamo che e(i)x = ex cos(x) i sin(x) . Questo ci suggerisce che y1 (x) = ex cos(x) e y2 (x) = ex sin(x) potrebbero essere soluzioni dellequazione dierenziale data. Sostituendo, non ` dicile convincersi che questo ` eettie e vamente vero. In sintesi, in questo caso possiamo dire che y(x) = c1 ex cos(x) + c2 ex sin(x) ` soluzione dellequazione dierenziale (2.10), per ogni c1 , c2 in R. Inoltre, si potrebbe e dimostrare (ma non lo facciamo) che la formula precedente fornisce tutte le soluzioni dellequazione, al variare di c1 , c2 in R.
5 Esempio 2.16. Determinare tutte le soluzioni dellequazione dierenziale y + y + 2 y = 0.

Abbiamo 5 ++ =0 2
2

1 9 1 3 = = i, 2 2 2

28

Capitolo 2

quindi tutte le soluzioni sono date da y(x) = c1 e 2 x cos( 3 x) + c2 e 2 x sin( 3 x). 2 2 Inne nellultimo caso, se = a2 4b = 0, allora la (2.11) ha una sola radice = a/2. a Questo ci permette di concludere che in questo caso y(x) = k e 2 x ` soluzione dellequazione e di partenza, per ogni k in R. Tuttavia questa formula non fornisce tutte le soluzioni, come mostra il seguente esempio. Esempio 2.17. Determinare una soluzione non nulla di y 4y + 4y = 0 tale che y(0) = 0. Siccome 2 4 + 4 = ( 2)2 = 0 solo per = 2, allora possiamo dire che y(x) = k e2x ` e soluzione. Ma, anch sia y(0) = 0, occorre che k = 0. Tuttavia lequazione dierenziale ha e anche la soluzione y(x) = x e2x , che ` non nulla e verica la condizione iniziale data. e Per trovare tutte le soluzioni nel caso = 0, ci viene in aiuto il metodo di variazione delle a costanti: immaginiamo che la (2.10) abbia non solo la soluzione y(x) = k e 2 x , dove k ` una e ax e costante, ma pi` in generale una soluzione della forma y(x) = k(x) e 2 , dove k(x) ` una u funzione, che adesso determiniamo. Siccome y (x) = k (x) e 2 x
a a a a k(x) e 2 x 2 a a a2 k(x) e 2 x 4 1 1

y (x) = k (x) e 2 x a k (x) e 2 x +


a

sostituendo y(x) = k(x) e 2 x nellequazione (2.10) abbiamo k (x) e


ax 2

a k (x) e

ax 2

a a a a a2 a + k(x) e 2 x + a k (x) e 2 x k(x) e 2 x + b k(x) e 2 x = 0. 4 2 a

Dal momento che = a2 4b = 0 e e 2 x non si annulla mai, lequazione precedente diventa semplicemente k (x) = 0, che ha come soluzioni i polinomi di primo grado. In sintesi, nel caso = a2 4b = 0, tutte le soluzioni sono della forma a y(x) = e 2 x (c1 x + c2 ) , al variare di c1 , c2 in R. Esempio 2.18. Trovare tutte le soluzioni dellequazione y (x) + 2y (x) + y(x) = 0 e, in particolare, quella tale che y(0) = 1, y (0) = 1. Il polinomio associato allequazione dierenziale ` 2 + 2 + 1 = ( + 1)2 e quindi ha una e sola radice = 1. Allora tutte le soluzioni dellequazione sono date dalla formula y(x) = ex (c1 x + c2 ) ,

2.7 Alcuni comandi Maple

29

al variare di c1 , c2 in R. In particolare, quella che soddisfa le condizioni iniziali ` tale che e y(0) = c2 = 1 y (0) = c2 + c1 = 1 Quindi la soluzione particolare richiesta ` e y(x) = ex . Riassumendo: Teorema 2.19. Siano a e b numeri reali e 1 , 2 radici dellequazione ausiliaria 2 + a + b = 0. Allora tutte le soluzioni dellequazione dierenziale y (x) + a y (x) + b y(x) = 0 sono della forma: c1 e1 x + c2 e2 x se a2 4b > 0 e quindi 1 = 2 y(x) = c1 eRe(1 ) x cos(Im(1 )x) + c2 eRe(1 ) x sin(Im(1 )x) se a2 4b < 0 e quindi 1 = 2 x e 1 (c + c x) se a2 4b = 0 e quindi 1 = 2 1 2 7. Alcuni comandi Maple Maple risolve molte equazioni dierenziali, in particolare quelle a variabili separabili e quelle lineari. Il comando ` molto semplice: dsolve. e Ad esempio, supponiamo di voler risolvere lequazione dierenziale y = 2y + x, che memorizziamo, per comodit`, chiamandola ed. Scriviamo quindi a ed := diff(y(x),x) -2*y(x)-x= 0; Il successivo comando dsolve(ed); permette di ottenere la risposta: 1 y(x) = 4 1 x + e2x C1 2 1 che vuol dire y(x) = 1 2 x + C e2x . 4 Si possono inserire anche le condizioni iniziali. Ad esempio, dsolve(ed,y(0)=0,y(x)); risolve la precedente equazione con la condizione iniziale y(0) = 0. Una derivata del secondo ordine si scrive come diff(y(x),x,x) e cos` via. Inoltre si possono risolvere i problemi ai valori iniziali per via numerica, usando diversi metodi di approssimazione, anche pi` accurati del metodo di Eulero. I comandi u ovvero c2 = 1 c1 = 0.

30

Capitolo 2

ed := diff(y(x),x) -2*y(x)-x= 0; ic:= y(0) = 0.6713967071418030: sol := dsolve({ed,ic}, numeric, range=0..1); sol(0.5); chiedono di risolvere per via numerica il problema di Cauchy y 2y x = 0 y(0) = 0.6713967071418030 nellintervallo [0, 1]. Dopo chiediamo il valore approssimato della soluzione nel punto x = 0.5. la risposta di Maple ` e [x = 0.5, y(x) = 2.00461547065071244]

Come nel caso del metodo di Eulero, possiamo poi disegnare un graco approssimato.

8. Equazioni alle dierenze In questa sezione la funzione incognita, che indicheremo sempre con y, sar` denita su un a insieme discreto, che solitamente rappresenta rilevazioni fatte a intervalli di tempo spaziati uniformemente. Un esempio in economia: la funzione y pu` rappresentare il capitale che, o impiegato ad esempio in BTP, cresce grazie a una cedola che viene pagata ogni sei mesi; in questo caso, possiamo pensare la funzione y come denita sullinsieme discreto e spaziato uniformemente
1 1 0, 2 anno, 1anno, 1anno e 1 , 2anni, 2anni e 1 , . . . = 0, 2 , 1, 3 , 2, 5 , . . . . 2 2 2 2

Solitamente si prende lintervallo temporale di lunghezza 1, quindi y ` denita sullinsieme dei e numeri naturali o un suo sottoinsieme. Una tale funzione si chiama successione. Solitamente, il valore in n N della successione y si indica con yn anzich con y(n). e 8.1. Generalit`. Sia y : N R. La derivata discreta della successione y rappresenta la a variazione di questa funzione nellunit` di tempo. Pertanto deniamo la successione derivata a discreta y della successione y come (y)n = yn+1 yn . La derivata seconda discreta 2 y della successione y ` la derivata discreta della derivata e discreta. In formule: (2 y)n = ((y))n = (y)n+1 (y)n = yn+2 2yn+1 + yn .

2.8 Equazioni alle dierenze

31

Esempio 2.20. Calcolare derivata discreta e derivata seconda discreta delle successioni: a) yn = 1 c) yn = n
2

n N,

b) yn = n d) yn =
1 n

e) yn = 2n

n N,

n N,

n N,

f ) yn = an

n N \ {0} ,

n N; a R dato .

a) Si ha (y)n = yn+1 yn = 1 1 = 0 per ogni n. Facilmente si deduce che (2 y)n = (y)n = 0. b) Si ha (y)n = yn+1 yn = n + 1 n = 1 per ogni n. Ricordando a), si deduce che (2 y)n = (y)n = 0. Sin qui, tutto ` analogo al caso continuo: la derivata della funzione f (x) identicamente 1 ` e e 0; la derivata di x ` 1. e c) Si ha (y)n = (n + 1)2 n2 = 2n + 1 e (2 y)n = 2. Qui si intravvede una piccola dierenza col caso continuo: la derivata di x2 ` semplicemente e 2x. d) Si ha (y)n =
1 n+1

1 n

1 = n(n+1) . Inoltre (2 y)n =

1 n+2 1 , x

2 n+1

1 n

2 . n(n+1)(n+2)

Lanalogo continuo di questa successione ` la funzione e derivata seconda ` x23 . e

la cui derivata ` x12 e la cui e

e) Si ha (y)n = 2n+1 2n = 2n . La successione 2n coincide pertanto con la sua derivata discreta (e quindi anche con le sue derivate di ordine successivo). f) Si ha (y)n = an+1 an = (a 1)an . La successione an coincide pertanto con multiplo della sua derivata discreta. Da cui (2 y)n = (a 1)2 an . Le funzioni del tipo an hanno quindi lo stesso comportamento delle corrispondenti funzioni esponenziali continue ax , ma ci sono alcune dierenze importanti: innanzi tutto, mentre an ha senso anche quando a 0, le funzioni ax si considerano solo quando la base a ` positiva e strettamente. Inoltre, nel caso continuo la base privilegiata ` il numero di Nepero e, e x x n ((e ) = e ); nel caso discreto, la successione del tipo a che coincide con la sua derivata discreta ` 2n . e Denizione 2.1. Una equazione alle dierenze di ordine k ` una espressione del tipo e (2.12) f (n, yn , yn+1, . . . , yn+k ) = 0 n N

dove f : N Rk+1 R ` una funzione. Una soluzione dellequazione alle dierenze ` una e e successione y : N R che soddisfa la (2.12).

32

Capitolo 2

Equivalentemente, possiamo pensare a unequazione alle dierenze di ordine k come a una espressione che contiene la funzione incognita y e le sue derivate discrete sino allordine k. Esempio 2.21. Lequazione alle dierenze pu` essere riscritta come (y)n yn = 0. Ricordando lesempio 2.20e), oppure notando o che ad ogni passo yn+1 = 2yn , si ricava facilmente che le soluzioni di questa equazione alle dierenze sono del tipo k 2n , al variare di k R.
2 Esempio 2.22. Vericare che la successione yn = 1 n , denita per n 1 ` soluzione e dellequazione alle dierenze

yn+1 2yn = 0

Sostituendo otteniamo

(n + 1) yn+1 + n yn = 2n 3
2 n+1

n 1. +n 1
2 n

(n + 1) yn+1 + n yn = (n + 1) 1 come volevasi.

= n + 1 2 + n 2 = 2n 3,

Non tutte le equazioni alle dierenze ammettono soluzioni.


2 Esempio 2.23. Lequazione alle dierenze (yn + yn+1)2 + yn = 1 non ammette alcuna soluzione (la somma di due quadrati non potr` mai essere 1). Di nuovo, possiamo scrivere a 2 2 lequazione come ((y)n + 2yn ) + yn = 1, ovvero facendo comparire loperatore derivata discreta.

Studieremo una importante classe di equazioni alle dierenze: quelle lineari a coecienti costanti, di ordini 1 e 2. Queste equazioni ammettono sempre soluzioni. Sono della forma (2.13) L(yn+2 , yn+1 , yn ) = b, dove b ` un numero reale L ` una funzione lineare della forma e e se lordine ` 1, e L(yn+2 , yn+1, yn ) = yn+1 + a yn L(yn+2 , yn+1, yn ) = yn+2 + a1 yn+1 + a2 yn per certi a, a1 , a2 R. ` E facile vericare che in entrambi i casi vale L(yn+2 + zn+2 , yn+1 + zn+1 , yn + zn ) = L(yn+2 , yn+1, yn ) + L(zn+2 , zn+1 , zn ) per ogni , R, per ogni yn e zn successioni (` la condizione di linearit` di L). e a Lequazione alle dierenze (2.14) L(yn+2 , yn+1 , yn ) = 0 si dice equazione omogenea associata allequazione L(yn+2 , yn+1 , yn ) = b. se lordine ` 2, e

2.8 Equazioni alle dierenze

33

Due sono le propriet` fondamentali, vere in generale: a


Teorema 2.24. Se la successione yn ` soluzione dellequazione (2.13), allora ogni altra e soluzione di (2.13) si scrive come somma di yn e di una soluzione dellequazione omogenea associata (2.14).

Dimostrazione. Se yn ` soluzione dellequazione (2.13), allora L(yn+2 , yn+1, yn ) = b. e Inoltre se zn ` soluzione di (2.14), allora L(zn+2 , zn+1 , zn ) = 0. Quindi, sommando, e L(yn+2 + zn+2 , yn+1 + zn+1 , yn + zn ) = L(yn+2 , yn+1, yn ) + L(zn+2 , zn+1 , zn ) = b, ovvero yn + zn ` soluzione di (2.13). e

Viceversa, se wn ` soluzione di (2.13), allora L(wn+2 , wn+1, wn ) = b. Ma allora, per dierenza, e


quindi zn = wn yn ` soluzione di (2.14), ovvero wn = yn +zn , con zn soluzione dellomogenea e associata. L(wn+2 yn+2 , wn+1 yn+1 , wn yn ) = L(wn+2 , wn+1 , wn ) L(yn+2 , yn+1, yn ) = b b = 0,

Teorema 2.25. Se zn e wn sono soluzioni di (2.14), allora per ogni , R anche zn + wn ` soluzione di (2.14). e Dimostrazione. Segue banalmente dalla linearit` di L. a 8.2. Equazioni alle dierenze lineari a coecienti costanti di ordine 1. In questa sottosezione ci occupiamo di trovare tutte le soluzioni dellequazione alle dierenze (2.15) yn+1 + a yn = b ` E evidente che una soluzione di questa equazione alle dierenze risulta univocamente determinata una volta che si conosca il suo primo termine. Iniziamo dallo studio dellomogenea associata, ovvero di yn+1 + a yn = 0 n N. Ricordando il Teorema 2.25, data una qualsiasi soluzione non banale di questa equazione, tutte le soluzioni si otterranno da questa moltiplicando per una costante. Si cerca una soluzione del tipo yn = n , con R da determinarsi. Sostituendo nellequazione omogenea, otteniamo n+1 + a n = 0 per ogni n N, ovvero (2.16) ( + a) n = 0 Siccome 0 = 1 (con la convenzione che 00 = 1), necessariamente deve essere = a. Daltra parte, se = a tutte le equazioni (2.16) sono vericate (anche per n > 0). Quindi tutte le soluzioni dellequazione omogenea associata sono date da yn = c (a)n n N n N. n N.

34

Capitolo 2

(con la convenzione che 00 = 1). Ci occupiamo ora del caso non omogeneo, cio` b = 0 e cerchiamo di determinare una soluzione e yn di questa equazione, della forma pi` semplice possibile. Tutte le soluzioni si troveranno u poi sfruttando il Teorema 2.24. Visto che il secondo membro ` costante, proviamo a vedere se la (2.15) pu` avere una e o soluzione costante. Quindi proviamo a capire se per qualche k R la successione yn = k pu` essere soluzione. Tale k deve vericare o yn+1 + a yn = k + a k = b k (1 + a) = b,

quindi se b = 0 e 1 + a = 0 questa equazione non ha mai soluzioni; se invece 1 + a = 0, allora si trova che k = b/(1 + a). Se poi 1 + a = 0, cio` a = 1, si prova a trovare una soluzione della forma yn = k n, con k e da determinare sostituendo nellequazione. Per a = 1 si ha yn+1 + a yn = k (n + 1) k n = k = b.
e Riassumendo: una soluzione yn di (2.15) ` yn =

b/(1 + a) a = 1 bn a = 1

n N,

tutte le soluzioni sono della forma


yn = yn + c (a)n ,

al variare di c R

ricordando al solito che 00 = 1. Esempio 2.26. Determinare tutte le soluzioni dellequazione alle dierenze yn+1 + 3yn = 8, n N. Cerchiamo dapprima tutte le soluzioni dellequazione omogenea associata: yn+1 + 3yn = 0. Immaginando una soluzione del tipo n otteniamo che deve essere soluzioni di + 3 = 0, ovvero = 3. pertanto tutte le soluzioni dellomogenea associata sono del tipo c (3)n , al variare di c R.
Cerchiamo ora una soluzione yn dellequazione completa, della forma yn = k, cio` costante. e Tale costante deve vericare k + 3k = 8, quindi k = 2.

Quindi tutte le soluzioni dellequazione sono date dalla formula yn = 2 + c (3)n , al variare di c R. n N,

2.8 Equazioni alle dierenze

35

In particolare, la soluzione che verica y0 = 1 si ottiene risolvendo 1 = y0 = 2 + c (3)0 , che fornisce c = 1. Quindi la soluzione dellequazione (completa) tale che y0 = 1 ` e yn = 2 (3)n , n N.

Esempio 2.27. Indichiamo con Pn la produzione di un determinato bene nel corso del mese n e con Dn la domanda relativa a quel bene. Possiamo modellizzare la relazione tra produzione e domanda con lequazione Dn = a b P n dove a e b sono costanti reali positive (a rappresenta il massimo interesse del consumatore e al crescere della produzione ci sar` meno interesse verso quella merce). a Loerta On nel mese n di quel determinato bene dipende dalla produzione del mese precedente (immaginando un mese per distribuire la nuova merce ai punti vendita) ossia On = c Pn1. Una situazione di perfetto equilibrio si presenta quando la domanda uguaglia loerta. Questo accade quando a b Pn = c Pn1 . Questa equazione ci dice quindi quanto si deve produrre per una situazione ottimale in cui la domanda uguaglia loerta. Otteniamo una equazione lineare e non omogenea: Pn+1 + c Pn = a . b b
c Le soluzioni dellomogenea associata sono multipli di b a costante b+c . Quindi n

. Una soluzione particolare ` la e

Pn =

a b+c

+ const c b

8.3. Equazioni alle dierenze lineari a coecienti costanti di ordine 2. In questa sottosezione ci occupiamo di trovare tutte le soluzioni dellequazione alle dierenze (2.17) yn+2 + a1 yn+1 + a2 yn = b n N.

Iniziamo dallo studio dellomogenea associata, ovvero di (2.18) yn+2 + a1 yn+1 + a2 yn = 0 n N.

` E evidente che una soluzione yn di questa equazione alle dierenze risulta univocamente determinata una volta che si conoscano i suoi due primi termini y0 e y1 . Supponiamo di conoscere due soluzioni zn e wn di (2.18). Ricordando il Teorema 2.25, per ogni c1 , c2 R anche c1 zn + c2 wn ` soluzione di (2.18). Quindi la soluzione yn corrispondente alla scelta di e

36

Capitolo 2

y0 e y1 in R coincider` con la combinazione lineare c1 zn + c2 wn se c1 , c2 sono soluzioni del a sistema c1 z0 + c2 w0 = y0 c1 z1 + c2 w1 = y1 . Questo sistema ammette soluzioni per ogni possibile scelta di y0 , y1 R se e solo se ` di e Cramer, ovvero se (z0 , z1 ) e (w0 , w1 ) sono indipendenti: det z0 w0 z1 w1 = 0.

Occorre quindi trovare due soluzioni zn e wn per cui il determinante appena scritto non sia nullo. Si cerca soluzione del tipo yn = n , con da determinarsi. Sostituendo nellequazione (2.18), otteniamo n+2 + a1 n+1 + a2 n = 0 per ogni n N, ovvero (2.19) (2 + a1 + a2 ) n = 0 n N. Siccome 0 = 1 (con la convenzione che 00 = 1), necessariamente deve essere (2.20) 2 + a1 + a2 = 0.

Daltra parte, se ` radice di (2.20), allora tutte le equazioni della formula (2.19) sono e vericate (anche per n > 0). Come nel caso delle equazioni dierenziali, si presentano tre casi, a seconda del discriminante dellequazione di secondo grado. Primo caso: se = a2 4a2 > 0, allora il polinomio 2 + a1 + a2 ha due radici reali e 1 distinte, che chiamiamo 1 e 2 . Allora zn = n e wn = n risultano soluzioni dellequazione 2 1 omogenea (2.18) e vericano la condizione di indipendenza: det z0 w0 z1 w1 = det 1 1 1 2 = 2 1 = 0. n N,

Quindi tutte le soluzioni dellequazione omogenea associata sono date da y n = c1 n + c2 n 2 1 al variare di c1 , c2 R. Esempio 2.28. Determinare tutte le soluzioni dellequazione alle dierenze yn+2 yn = 0. Determinare poi la soluzione tale che y0 = 0, y1 = 2. Cerchiamo una soluzione del tipo n . tale dovr` vericare lequazione 2 1 = 0, che ha a due soluzioni reali e distinte = 1. Pertanto tutte le soluzioni dellequazione alle dierenze sono date da yn = c1 1n + c2 (1)n = c1 + c2 (1)n n N, al variare di c1 , c2 R.

2.8 Equazioni alle dierenze

37

La soluzione tale che y0 = 0, y1 = 2 corrisponde a scegliere c1 , c2 soluzioni di c1 + c2 = 0, ovvero c1 = 1, c2 = 1. Pertanto tale soluzione ` e c1 c2 = 2, n N.

yn = 1 + (1)(1)n = 1 + (1)n+1

Secondo caso: se = a2 4a2 = 0, allora il polinomio 2 +a1 +a2 ha una sola radice reale, 1 = a1 /2. Allora tutte le successioni del tipo k (a1 /2)n risultano soluzione dellequazione omogenea (2.18) per ogni k in R. Supponiamo per il momento che a1 = 0 e sfruttiamo il metodo di variazione delle costanti: immaginiamo che unaltra soluzione sia della forma wn = kn (a1 /2)n , con kn successione da determinarsi. Ricordando che a2 = 4a2 , si ha 1 0 = wn+2 + a1 wn+1 + a2 wn = kn+2 a21 = a21
n+2 n+2

+ a1 kn+1 a21

n+1

a2 1 4

kn a21

Daltra parte kn+2 2 kn+1 + kn = 2 kn = 0 se kn ` della forma kn = c1 + c2 n. In e particolare, se scegliamo kn = n, le successioni zn = (a1 /2)n e wn = n (a1 /2)n sono soluzioni dellequazione alle dierenze (2.18) e vericano la condizione di indipendenza: det z0 w0 z1 w1 = det 1 0 a1 /2 a1 /2 = a1 /2 = 0.

(kn+2 2 kn+1 + kn ) .

(tranne nel caso in cui a1 = 0). Quindi tutte le soluzioni dellequazione omogenea associata sono date da yn = c1 (a1 /2)n + c2 n (a1 /2)n n N, al variare di c1 , c2 R. Lulteriore caso in cui a1 = 0, ` banale: lequazione ` yn+2 = 0 per e e ogni n N, che ha come soluzione una qualsiasi successione nulla dal secondo termine in poi. Terzo caso: se = a2 4a2 < 0, allora il polinomio 2 + a1 + a2 ha due radici reali 1 complesse coniugate; siano esse i. Allora possiamo dire che ( + i)n e ( i)n sono soluzioni dellequazione omogenea, per` purtroppo sono successioni a valori complessi e, di o solito, si ` interessati a trovare soluzioni che siano successioni a valori reali. Se scriviamo e i in forma esponenziale, sapremo meglio calcolare ( i)n . Se r = 2 + 2 e ` un e argomento di + i, allora i = r ei quindi ( i)n = r n ei n = r n cos(n) i sin(n) . Come nel caso delle equazioni dierenziali, scopriamo che le successioni reali zn = r n cos(n) e wn = r n sin(n) sono ancora soluzioni dellequazione (2.18). Inoltre vericano la condizione di indipendenza det z0 w0 z1 w1 = det 1 0 r cos() r sin() = r sin() = 0,

38

Capitolo 2

(si ricordi che = 0 mod , dal momento che = 0). Quindi tutte le soluzioni dellequazione omogenea associata sono date da yn = c1 r n cos(n) + c2 r n sin(n) al variare di c1 , c2 R. Esempio 2.29. Determinare tutte le soluzioni di yn+2 2yn+1 + 2yn = 0. Lequazione associata a questa equazione alle dierenze ` 2 2 + 2 = 0, che ha due radici e complesse coniugate 1 i.
i 2 /4 1 1+i

n N,

Dobbiamo trovare la forma esponenziale di questi numeri complessi. La distanza dallorigine di 1 i ` 2; inoltre i triangoli rettangoli in gura sono e isosceli, quindi un argomento ` /4. Possiamo scrie vere 1+i= 2 ei/4 2 ei/4 .

1i

1i=

A questo punto abbiamo tutti gli elementi per poter scrivere tutte le soluzioni dellequazione alle dierenze data. Esse sono yn = c1 ( 2)n cos(n/4) + c2 ( 2)n sin(n/4) n N, al variare di c1 , c2 R. Ci occupiamo ora del caso non omogeneo, cio` b = 0 e cerchiamo di determinare una soluzione e yn di questa equazione, della forma pi` semplice possibile. Tutte le soluzioni si troveranno u poi sfruttando il Teorema 2.24. Immaginiamo una soluzione che sia costante: yn = k per ogni n N. Allora k deve vericare k + a1 k + a2 k = b k(1 + a1 + a2 ) = b. Questa equazione ammette soluzione quando 1 + a1 + a2 = 0 e quindi k = b/(1 + a1 + a2 ). Se poi 1 + a1 + a2 = 0, immaginiamo una soluzione della forma yn = k n. Un tale k dovr` a vericare k (n + 2) + a1 k (n + 1) + a2 k n = b k (2 + a1 ) = b. Questa equazione ammette soluzione quando 2 + a1 = 0 e quindi k = b/(2 + a1 ).

2.8 Equazioni alle dierenze

39

Inne, se 1 + a1 + a2 = 0 e 2 + a1 = 0, ovvero se a1 = 2 e a2 = 1, immaginiamo una soluzione del tipo yn = k n2 . Allora k dovr` vericare a k (n + 2)2 + a1 k (n + 1)2 + a2 k n2 = b quindi k = b/2. Riassumendo b/(1 + a1 + a2 ) se 1 + a1 + a2 = 0 yn = bn/(2 + a1 ) se 1 + a1 + a2 = 0, 2 + a1 = 0 2 bn /2 se 1 + a1 + a2 = 0, 2 + a1 = 0. 2k = b,

Esempio 2.30. Determinare le soluzioni dellequazione alle dierenze yn+2 2yn+1 + yn = 3. Studiamo dapprima tutte le soluzioni dellequazione omogenea associata, ovvero dellequazione yn+2 2yn+1 + yn = 0. Questa ha soluzioni della forma n se il numero ` radice di e 2 2 + 1 = 0, ovvero se = 1. Abbiamo quindi che tutte le soluzioni dellequazione alle dierenze omogenea associata sono date da zn = c1 1n + c2 n 1n = c1 + c2 n al variare di c1 , c2 R.
Determiniamo ora una soluzione dellequazione completa, della forma yn = k. Tale costante k deve vericare k 2k + k = 3, che per` non ha soluzioni. Proviamo quindi con yn = k n o e troviamo di nuovo una equazione priva di soluzioni 2k 2k = 3. Inne con yn = k n2 3 2 troviamo 2k = 3. Quindi yn = 2 n ` soluzione dellequazione completa. e

n N,

Tutte le soluzioni dellequazione alle dierenze sono quindi della forma


3 yn = 2 n2 + c1 + c2 n

n N,

al variare di c1 , c2 R. Esempio 2.31. Sempre pensando a fenomeni economici, che solitamente non sono istantanei, ecco un altro esempio. Indichiamo con Pn il prezzo di un certo bene al tempo n, con On loerta, con Dn la domanda. Lequazione della domanda ` del tipo e Dn = a b P n dove a e b sono due costanti positive; a rappresenta il consumo massimo che si potrebbe avere di un dato bene posto che abbia costo nullo, mentre a/b rappresenta il prezzo che quel bene non deve superare (altrimenti il consumo diventerebbe nullo). Loerta segue invece la legge On+1 = c + f Pn ,

40

Capitolo 2

dove c 0 e f sono due costanti positive e si possono spiegare in questo modo: se il prezzo di un bene ` nullo, allora nessuno lo produce; ma allaumentare del prezzo, aumenta linteresse e del produttore, che nel periodo seguente aumenta anche la produzione. Quando On = Dn ci troviamo nel caso pi` semplice, che porta a una equazione alle dierenze u di ordine uno per il prezzo Pn : con soluzione a b Pn+1 = Dn+1 = On+1 = c + f Pn Pn = ovvero b Pn+1 + f Pn = a + c
n

a+c f a+c + P0 . b+f b+f b Il prezzo quindi oscilla (dato che f < 0) e, se f < 1, si stabilizza verso b b

a+c b+f

quando n .

Una situazione pi` complicata si presenta quando domanda e oerta non sono uguali e si u generano delle scorte Sn . Le scorte sono ovviamente linvenduto dellanno in corso e dei precedenti e il prezzo cala al crescere dellinvenduto, ossia per g > 0 si ha Otteniamo quindi per il prezzo una equazione alle dierenze del secondo ordine
a+c e Lequazione completa ha come soluzione particolare quella costante Pn = b+f (che ` la stessa di prima); le soluzioni dellequazione omogenea associata dipendono dalle soluzioni dellequazione caratteristica:

Sn Sn1 = On Dn

Pn+1 Pn = g(Sn Sn1 ) = g(On Dn ). Pn+2 (1 bg) Pn+1 + f g Pn = (a + c)g.

che possono essere reali oppure complesse. Se entrambe le radici (nel caso di discriminante nullo la radice) hanno modulo strettamente minore di uno, allora di nuovo il prezzo Pn tende a+c allequilibrio b+f per n . In ogni caso, il prodotto delle radici ` f g > 0. Se f g > 1 sicuramente almeno una delle radici e ha modulo maggiore di uno e il prezzo non tende allequilibrio. Si crea una situazione di instabilit`: troppa avidit` da parte del produttore (f grande) che cerca di sfruttare laumento a a del prezzo o troppa paura da parte del consumatore (g grande) che fa crollare il prezzo.

Pn+2 (1 bg) Pn+1 + f g Pn = 0

2 (1 bg) + f g = 0

2.9 Esercizi

41

9. Esercizi Equazioni dierenziali. 1) Sia data lequazione dierenziale y = 2ex y 2 . (1 + ex )3

a) Determinare le eventuali soluzioni costanti. b) Determinare la soluzione soddisfacente la condizione iniziale 4 y(0) = . 5 2) Data lequazione dierenziale x+1 y 3x, x trovarne le soluzioni sulla semiretta x > 0. y (x) = 3) Si consideri lequazione dierenziale y = 2y y 2. a) Sia y0 un qualunque valore reale ssato. Si determini la soluzione tale che y(0) = y0 ; b) provare che se y0 (0, 2) allora la soluzione ` denita per ogni t 0 ed ammette e limite nito per t +. Calcolare il valore di tale limite; 4) Si consideri lequazione dierenziale 1 sin(x + 1). t a) Se ne determinino le soluzioni costanti e lintegrale generale; b) si scriva la soluzione che verica la condizione x(1) = 1. x (t) = 5) Trovare lintegrale generale dellequazione dierenziale y = t(4 y) . (2 + t)2

Determinare quindi la soluzione particolare y = f (t) tale che f (0) = 4 + e1 . 6) Si consideri lequazione dierenziale y = ey 1 . ey

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Capitolo 2

a) Per ogni valore di , individuare le soluzioni costanti e scrivere lintegrale generale dellequazione; b) ssare = 1 e scrivere esplicitamente la soluzione che verica la condizione y(0) = log 2, identicandone il dominio. 7) Si scriva la soluzione del problema e3x y (x) = y(x) + e3x 1 + e3x y(0) = 1. 8) Risolvere lequazione dierenziale y (x) = xy + e4x x+1

e determinare la soluzione particolare che verica la condizione iniziale y(0) = 0. 9) Risolvere lequazione dierenziale xy = y 2 4y + 3. Determinare quindi (se esistono) le soluzioni denite su tutto R. 10) Si calcolino tutte le soluzioni dellequazione dierenziale y y = et . Si indichi con y0 (t) quella particolare soluzione tale che y(0) = 1. Determinare la soluzione y0 (t). 11) Confrontare le approssimazioni ottenute con il metodo di Eulero e il metodo di Eulero migliorato con passo 0.02 relative alla soluzione del problema (di cui sappiamo trovare la soluzione) y = x y y(0) = 1, sullintervallo [0, 1]. 12) Approssimare, con passo 0.02 nellintervallo [1, 4] la soluzione del problema y = x+y xy y(0) = 1.

2.9 Esercizi

43

13) Approssimare, con passo 0.02 nellintervallo [0, 5] la soluzione del problema y = x ey y(0) = 0. 14) Determinare tutte le soluzioni dellequazione Determinare poi la soluzione tale che y(0) = 1, y (0) = 0. 15) Determinare tutte le soluzioni dellequazione Determinare poi la soluzione tale che y(0) = 2, y (0) = 1. 16) Determinare tutte le soluzioni dellequazione Determinare poi la soluzione tale che y(0) = 0, y (0) = 1. Equazioni alle dierenze. 1) Determinare tutte le soluzioni dellequazione alle dierenze yn+1 + 3yn = 8 Determinare poi la soluzione tale che y0 = 1. n N. y (x) 6y (x) + 9y(x) = 0. y (x) 2y (x) + 26y(x) = 0. y (x) 2y (x) 8y(x) = 0.

2) Determinare tutte le soluzioni dellequazione alle dierenze Determinare poi la soluzione tale che y0 = 0, y1 = 3. yn+2 5yn+1 + 6yn = 4 n N.

3) Determinare tutte le soluzioni dellequazione alle dierenze 4yn+2 + 4yn+1 + yn = 0 Determinare poi la soluzione tale che y0 = 0, y1 = 1. n N.

4) Determinare tutte le soluzioni dellequazione alle dierenze yn+2 + yn = 2 n N.

CAPITOLO 3

Calcolo dierenziale per funzioni di pi` variabili reali u

Scopo di questa sezione ` studiare le principali caratteristiche dei graci di funzioni di pi` e u variabili, con particolare attenzione allo studio dei massimi e minimi. Una funzione f dallinsieme A allinsieme B (brevemente: f : A B) ` una legge che ad e ogni elemento di A fa corrispondere al pi` un elemento di B. Si chiama dominio di f il u sottoinsieme degli elementi A a cui ` assegnato un elemento di B. Il graco della funzione ` e e il sottoinsieme di A B dato da {(a, b) A B : a dom f e f (a) = b} Limmagine di f ` il sottoinsieme di B formato dagli elementi raggiunti da A tramite f . e In formule Im f = {b B : a dom f tale che f (a) = b} . Tratteremo funzioni denite su (sottoinsiemi di) Rn a valori in Rm . Nel caso in cui m = 1, si parla di funzioni reali di n variabili reali. Nel caso in cui m > 1, si parla di funzioni a valori vettoriali. Il graco di queste funzioni ` dunque un sottoinsieme di Rn Rm ; siccome e possiamo visualizzare oggetti al pi` tridimensionali, oltre al caso di funzioni reali di una u variabile reale (quelle di Analisi 1 e 2), potremo disegnare graci di funzioni reali di due variabili oppure di funzioni a valori in R2 di una variabile. Solitamente disegneremo i graci di funzioni reali di due variabili, usando i pacchetti di Excel o di Maple o di MatLab . Usiamo la seguente notazione: indichiamo con x = (x1 , . . . , xn ) il punto di Rn di coordinate ` (x1 , . . . , xn ). E facile calcolare la distanza tra due punti x = (x1 , . . . , xn ) e y = (y1 , . . . , yn ) utilizzando pi` volte il teorema di Pitagora: u
n

dist(x, y) =
k=1

(xk yk )2 .
n

In particolare, la distanza di x dallorigine 0 = (0, . . . , 0) ` e


k=1

x2 ; talvolta si chiama norma k

di x e si indica con x .
45

46

Capitolo 3

Indicheremo solitamente un punto di R2 con la coppia di coordinate (x, y), anzich (x1 , x2 ) e 3 e un punto di R con la terna di coordinate (x, y, z), anzich (x1 , x2 , x3 ). e Se x e y sono due punti di Rn , allora x + y indica la somma dei due vettori x e y, ossia x + y = (x1 + y1 , . . . , xn + yn ). Se ` un numero reale, x indica la moltiplicazione dello e scalare per il vettore x, quindi x = (x1 , . . . , xn ). Facilmente possiamo controllare le seguenti propriet`: a Esempio 3.1. Si disegni il graco della funzione f : [0, 4] R2 data dalla formula f (t) = cos t sin t t [0, 4]. x = || x dist(x, y) = x y x+y x + y .

Si tratta di una funzione a valori vettoriali. Nellimmagine ci sono tutti i vettori di modulo 1, per le note propriet` di seno e a coseno. Il graco ` unelica che si avvolge e due volte attorno allasse delle t.

Esempio 3.2. Si determinino graco e immagine della funzione distanza in R2 , ovvero della funzione f (x, y) = x2 + y 2.

Essa ha dominio R2 e assume tutti i valori reali non negativi. Inoltre ` costante e sulle circonferenze centrate nellorigine e f (x, 0) = |x|. Pertanto il suo graco ` il e cono disegnato in gura.

2.9 Esercizi

47

Un metodo semplice per rendersi conto di come pu` essere fatto il graco di una funzione o 2 f : R R ` quello di studiare le cosiddette linee di livello, ovvero i sottoinsiemi del piano e del tipo {(x, y) dom f : f (x, y) = k} al variare di k in R. Esempio 3.3. Determinare graco e immagine della funzione f (x, y) = 4 x2 y 2 .

Essa ha dominio {(x, y) : x2 + y 2 < 4} e assume tutti i valori in [0, 2]. Infatti se k R ` tale che k = 4 x2 y 2, ale lora k deve essere maggiore o uguale a 0. Quadrando otteniamo x2 + y 2 = 4 k 2 , quindi k 2 e inoltre la curva di livello k ` una circonferenza centrata nellorigine. e Il graco di f ` la mezza sfera disegnata in e gura.

Supponiamo di voler ottenere il graco dellesempio 1 con Excel. Immaginiamo di porre i valori assunti dalla variabile x nella prima colonna e quelli della variabile y nella prima riga, lasciando vuota la cella A1. Quindi riempiamo le celle della prima riga dalla B in avanti con i valori da 1 a 1 con lincremento desiderato. Ripetiamo lo stesso con le celle della colonna A dalla 2 in gi` (pi` rapidamente, possiamo copiare la prima riga e poi incollarla con il comando u u Paste special in cui scegliamo lopzione transpose). A questo punto, mettiamo nella cella B2 il valore della funzione. Siccome desideriamo copiare e incollare tale regola anche nelle altre celle, occorre usare il simbolo $ opportunamente: scriviamo = SQRT($A2 2 + B$1 2). Leetto, quando copiamo e incolliamo il contenuto della cella B2 nelle altre celle ` quello e desiderato: verr` calcolato il valore della funzione nella coppia determinata dallelemento in a colonna A e stessa riga e dallelemento nella prima riga e stessa colonna. Selezioniamo la tabella che abbiamo creato e inseriamo il graco con il comando Insert->Chart e scegliamo il type Surface. I Subtype della prima riga creano il graco, i Subtype della seconda riga creano le linee di livello. Una volta inserito, si pu` selezionare il graco e vederlo meglio o ruotandolo. Con Maple usiamo il comando plot3d(sqrt(x 2 + y 2),x=-1..1,y=-1..1);

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Capitolo 3

selezionando il graco ` possibile ruotarlo, cambiarne i colori, ecc. Possiamo anche memoe rizzare la funzione f e poi disegnarne il graco scrivendo f:=(x,y)->sqrt(x^2+y^2); plot3d(f,-1..1,-1..1); Per disegnare le linee di livello, occorre caricare il pacchetto plots (si fa una volta sola nel le) e poi usare il comando contourplot:

with(plots); f:=(x,y)->sqrt(x^2+y^2); contourplot(f,-1..1,-1..1); I graci di queste pagine sono stati ottenuti con MatLab . Ci sono diversi comandi, ma i principali sono surf (disegna la supercie), mesh (disegna la griglia) e contour (disegna le linee di livello) e le versioni easy ezsurf, ezmesh e ezcontour. Le versioni easy possono essere usate anche direttamente nella command window; il graco del cono ` stato ottenuto e con il comando ezmesh((x 2 + y 2) (1/2),[-1,1,-1,1]).

1. Limiti e continuit` a Il concetto di limite per funzioni di pi` variabili ` simile a quello per funzioni di una variabile. u e Iniziamo da alcune considerazioni sui sottoinsiemi di Rn . Denizione 3.1. Sia x0 Rn . Un sottoinsieme U di Rn della forma U = {y Rn : y x = dist (x, y) < r} dove r > 0 e si dice intorno aperto del punto x0 se esso contiene x0 . Nel caso n = 1, gli intorni aperti di x0 sono gli intervalli aperti che contengono x0 . (x0 , y0 ) U Nel caso n = 2, gli intorni aperti di (x0 , y0 ) sono i dischi aperti (cio` senza il bordo) che e contengono (x0 , y0 ) allinterno.

x Rn

Un insieme V ` un intorno di innito se ` della forma e e V = {x Rn : x > R} con R > 0.

3.1 Limiti e continuit` a

49

Nel caso n = 2, gli intorni di innito sono i complementari dei dischi chiusi (ovvero considerati con il loro bordo) centrati nellorigine. Sia A un sottoinsieme di Rn . Un punto x di Rn {} si dice punto di accumulazione per A se ogni suo intorno interseca A in punti distinti da x stesso. Come nel caso di funzioni di una variabile, i punti di accumulazione del dominio di una funzione sono quelli in cui possiamo calcolare i limiti.

Sia A linterno dellellisse, come disegnato in gura. I punti di accumulazione di A sono i punti interni e dellellisse.

Sia B = {(x, y) R2 : x2 < y}. B I punti di accumulazione di B sono e {(x, y) R2 : x2 y} .

Denizione 3.2. Sia f : Rn Rm e sia x0 un punto di accumulazione per il dominio di f. Dato L Rm {} si dice che lim f(x) = L
xx0

se per ogni intorno V di L esiste un intorno U di x0 tale che per ogni x in U tranne al pi` u x0 si ha che f(x) V . Non ` dicile convincersi che se f(x) = (f1 (x), . . . , fm (x)) e L = (1 , . . . , m ) Rm , allora e si ha lim f(x) = L se e solo se lim fk (x) = k k = 1, . . . , m.
xx0 xx0

In particolare, nel caso di f : Rn C R2 , allora si ha limxx0 f(x) = L se e solo se limxx0 Re(f(x)) = Re(L) e limxx0 Im(f(x)) = Im(L). Nel seguito, tranne quando diversamente specicato, ci baster` considerare il caso m = 1. a Inoltre, sempre nel caso m = 1, possiamo dare senso alla denizione di limite anche se = .

50

Capitolo 3

Valgono le principali propriet` dei limiti viste per funzioni di una variabile: unicit` del limite, a a permanenza del segno, regole di calcolo dei limiti. Vorrei ricordare la regola di limite per funzioni composte: se g : R R ` una funzione continua in e limxx0 f (x) = , allora e limxx0 g(f (x)) = g(). Esempio 3.4. Calcolare lim(x,y)(0,0)
sin(x2 +y 2 ) . (x2 +y 2 ) sin t t

Si ricordi che la funzione t=0 t=0

g(t) =

` continua. Per le regole di limite del prodotto e della somma, e


(x,y)(0,0)

lim

x2 + y 2 = 0.

Per la regola di limite di funzioni composte appena ricordata, con f (x, y) = x2 + y 2, si ha sin(x2 + y 2 ) = lim g(f (x, y)) = g(0) = 1. (x,y)(0,0) (x2 + y 2 ) (x,y)(0,0) lim Nel caso di funzioni di una variabile abbiamo introdotto la nozione di limite sinistro e limite destro. Quando n > 1 ci si pu` avvicinare al punto x0 in uninnit` di modi e, se il limite o a esiste, in ognuno di questi modi dobbiamo ottenere sempre lo stesso valore limite. Illustriamo pi` diusamente la situazione nel caso n = 2. Supponiamo che f : R2 R, u (x0 , y0 ) sia un punto di accumulazione per il dominio di f e lim(x,y)(x0 ,y0 ) f (x, y) = . Ci possiamo avvicinare al punto (x0 , y0 ) lungo una qualsiasi curva che giaccia nel dominio di f . Se valutiamo il limite della funzione lungo una qualsiasi di queste curve, abbiamo da valutare il limite di una funzione di una sola variabile (che dovremmo saper fare). Ebbene: questo limite deve essere uguale a . Questa propriet` ` soprattutto utile quando vogliamo ae dimostrare che un limite assegnato non esiste, come nellesempio seguente. Esempio 3.5. Studiare lim(x,y)(0,0) f (x, y) dove f (x, y) =
xy . x2 +y 2

Innanzi tutto, il dominio di f ` R2 privato di (0, 0), quindi lorigine ` punto di accumulazione e e per il dominio di f . Siccome la funzione sullasse x (ossia in punti del dominio con y = 0) ` nulla, possiamo e iniziare pensando che se ci avviciniamo allorigine mantenendoci sullasse x i valori della funzione sono prossimi a zero. In particolare, se il limite esiste, allora ` 0. e Avviciniamoci allorigine lungo unaltra retta, ad esempio la retta y = x. Lungo questa retta 1 abbiamo f (x, y) = f (x, x) = 2 , quindi se ci avviciniamo allorigine mantenendoci sulla retta 1 y = x ci sembra di dover star vicini al valore 2 . Siccome non si pu` contemporaneamente star vicini a 0 e a 1 , ne dobbiamo concludere che o 2 il limite non esiste.

3.1 Limiti e continuit` a

51

Nella gura di destra vediamo le linee di livello della funzione, che formano un fascio di rette per lorigine.

Si potrebbe pensare che se esiste il limite su ogni retta e questi limiti sono uguali, allora esiste il limite della funzione, perch in questo modo esauriamo tutte le possibili direzioni e in cui avvicinarsi al punto. Questo ` assolutamente FALSO!!! Guardate cosa succede nel e prossimo esempio. Ci sono inniti modi di avvicinarsi a un punto dato, non esistono solo le rette.

Esempio 3.6. Studiare lim(x,y)(0,0) f (x, y) dove f (x, y) = x2 y/(x4 + y 2). Innanzi tutto, il dominio di f ` R2 privato di (0, 0), quindi lorigine ` punto di accumulazione e e per il dominio di f . Siccome la funzione sullasse x (ossia in punti del dominio con y = 0) ` nulla, possiamo e iniziare pensando che se ci avviciniamo allorigine mantenendoci sullasse x i valori della funzione sono prossimi a zero. In particolare, se il limite esiste, allora ` 0. e Avviciniamoci allorigine lungo unaltra curva, ad esempio la parabola y = x2 . Lungo questa 1 curva abbiamo f (x, y) = f (x, x2 ) = 2 , quindi se ci avviciniamo allorigine mantenendoci sulla parabola y = x2 ci sembra di dover star vicini al valore 1 . 2 Come prima, concludiamo che il limite non esiste. Notare per` che per ogni m R si ha limx0 f (x, mx) = limy0 f (0, y) = 0, ovvero il limite o valutato lungo qualsiasi retta ` 0. e

52

Capitolo 3

Nella gura di destra vediamo le curve di livello della funzione, che sono parabole del tipo y = a x2 con a R. Un metodo pratico per poter calcolare un limite, quando non funzionano le regole di calcolo gi` note, ` quello di valutare il limite uniformemente rispetto alla direzione. Il trucco a e consiste nello stimare la funzione (di cui si desidera calcolare il limite) con unaltra funzione pi` semplice perch radiale. Di funzioni radiali si sa calcolare il limite utilizzando il teorema u e per le funzioni composte. Poi si utilizza il criterio del confronto. Tutto questo procedimento si ottiene facilmente passando in coordinate polari intorno al punto (x0 , y0 ). Esempio 3.7. Calcolare, se esiste, lim(x,y)(0,0) f (x, y), dove f (x, y) = x (y+1)+y . Sullasse x2 +y 2 x il limite ` 1, quindi, se esiste, il limite ` 1. Valutiamo quindi la quantit` |f (x, y) 1|, e e a usando coordinate polari. Il nostro scopo ` quello di maggiorare questa quantit` con una e a funzione che dipende solo dalla distanza dal punto (0, 0), dove stiamo calcolando il limite, e, al tendere a 0 di questa distanza risulti innitesima. Per il teorema del confronto risulter` a anche |f (x, y) 1| 0. Nel nostro caso abbiamo r 2 cos2 (r sin + 1) + r 2 sin2 1 |f (r cos , r sin ) 1| = r2 r 2 cos2 (r sin + 1) + r 2 sin2 r 2 = r2 r 3 cos2 sin = r cos2 = 2 r r 0. +
r0
2 2

Quindi 0
(x,y)(0,0)

lim

|f (x, y) 1| lim r = 0
r0

e allora lim(x,y)(0,0) |f (x, y) 1| = 0, cio` lim(x,y)(0,0) f (x, y) = 1. e Come appena visto nellesempio, il metodo per calcolare lim(x,y)(x0 ,y0 ) f (x, y), dove (x0 , y0 ) R2 , consiste nel:

3.1 Limiti e continuit` a

53

1. capire, mediante una restrizione, quanto pu` valere il limite da calcolarsi poniamo o debba valere ; 2. passare in coordinate polari attorno al punto (x0 , y0 ) dove si deve calcolare il limite ovvero x = x0 + r cos e y = y0 + r sin ; 3. poniamo che sia nito; allora occorre trovare una stima, uniforme rispetto a , del tipo |f (x0 + r cos , y0 + r sin ) | g(r) con g funzione di r tale che limr0+ g(r) = 0; 4. a questo punto concludiamo per il teorema del confronto 0
(x,y)(x0 ,y0 )

lim

|f (x, y) | lim g(r) = 0 +


r0

che lim(x,y)(x0 ,y0 ) |f (x, y) | = 0, ovvero che lim(x,y)(x0 ,y0 ) f (x, y) = . Il metodo va opportunamente modicato come segue nei casi in cui = oppure si debba calcolare un limite per (x, y) : se = +, allora occorre modicare i punti 3. e 4. in 3. trovare una stima, uniforme rispetto a , del tipo f (x0 + r cos , y0 + r sin ) g(r) con g funzione di r tale che limr0+ g(r) = +; 4. allora per il confronto
(x,y)(x0 ,y0 )

lim

f (x, y) lim g(r) = +.


r+

(Analogamente se = ). Se invece si deve calcolare un limite per (x, y) , si scelgano coordinate polari centrate in (0, 0) e si faccia tendere r a + nel punto 3 (o 3). Esempio 3.8. Calcolare, se esiste, lim(x,y)(0,0) f (x, y), dove f (x, y) = sin(|x|+2|y|) . Innanzi x2 +y 2 tutto semplichiamo la situazione moltiplicando e dividendo per |x| + 2|y|. Il vantaggio ` e che sin(|x| + 2|y|) |x| + 2|y| sin(|x| + 2|y|) 2 = 2 + y2 x |x| + 2|y| x + y2

e il primo fattore tende a 1, quindi ci basta occuparci del secondo. Poniamo h(x, y) = |x|+2|y| . x2 +y 2 1 Lungo lasse x, si ha h(x, 0) = |x| +, per x 0. Quindi, se esiste, il limite vale +. Passiamo in coordinate polari centrate in (0, 0). Siccome | cos | + 2| sin | 1 per ogni , abbiamo |r cos | + 2r| sin | h(r cos , r sin ) = r2 | cos | + 2| sin | = r 1 +. r r0+ Quindi il limite ` +. e

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Capitolo 3
x . x2 +y 2

Esempio 3.9. Calcolare, se esiste, lim(x,y) f (x, y), dove f (x, y) = il limite ` 0. In coordinate polari centrate in (0, 0) valutiamo e |f (r cos , r sin )| = r cos r2 | cos | = r 1 0. r r+

Lungo lasse y

Quindi il limite ` 0. e Denizione 3.3. Sia f : Rn R e sia x0 un punto del dominio di f . Si dice che f ` e continua in x0 se per ogni > 0 esiste > 0 tale che se x x0 < e x domf , allora |f (x) f (x0 )| < . Questo equivale alla richiesta
xx0

lim f (x) = f (x0 )

nel caso in cui x0 sia un punto di accumulazione per il dominio di f . Per le regole di calcolo dei limiti, le funzioni polinomiali sono continue. Per le funzioni continue valgono i seguenti teoremi (analoghi a quelli visti lo scorso anno) sulle generalizzazioni a pi` variabili degli intervalli e degli intervalli chiusi e limitati. u Denizione 3.4. Un insieme A Rn si dice connesso se comunque scegliamo due punti a, b in A ` possibile congiungere tali punti con una spezzata giacente in A. e Teorema 3.10 (degli zeri). Sia f : A Rn R una funzione continua e sia A un insieme connesso. Inoltre esistano due punti a, b in A tali che f (a) > 0 e f (b) < 0. Allora esiste uno zero di f , ovvero esiste c in A tale che f (c) = 0. Corollario 3.11 (valori intermedi). Sia f : A Rn R una funzione continua e sia A un insieme connesso. Dati a, b in A, allora f assume in A tutti valori tra f (a) e f (b). Un importante uso del teorema degli zeri o del suo corollario ` nello studio di disequazioni. e Esempio 3.12. Determinare e disegnare nel piano il dominio della funzione f (x, y) = x2 + y 3 1.

Si ha dom f = {(x, y) R2 : x2 + y 3 1 0}. Dobbiamo quindi indicare i punti (x, y) di R2 per cui x2 + y 3 + 1 0. Occupiamoci dapprima dei punti che soddisfano luguaglianza, ovvero y = 3 1 x2 .

3.1 Limiti e continuit` a

55

(0,2)

(0,0)

Il piano viene diviso dal graco di y = 3 1 x2 in due aperti connessi, quello bianco e quello azzurro. Scegliamo un punto qualsiasi in ognuno di questi aperti connessi. Ad esempio, scegliamo i punti (0, 2) e (0, 0). Siccome la funzione g(x, y) = x2 + y 3 1 ` continua e g(0, 2) = 7 > 0 allora si avr` anche g(x, y) > 0 e a in tutto laperto connesso che contiene (0, 2), perch altrimenti e in questo aperto connesso si dovrebbe trovare un punto (x, y) per cui g(x, y) = 0. Analogamente, siccome g(0, 0) = 1 < 0, allora g(x, y) < 0 su tutto laperto connesso che contiene (0, 0). Quindi dom f risulta la regione evidenziata in bianco in gura, compreso il graco di y = 3 1 x2 . f (x, y) = log(y(x2 1) 1).

Esempio 3.13. Determinare e disegnare nel piano il dominio della funzione Si ha dom f = {(x, y) R2 : y(x2 1) 1 > 0}. Siccome la funzione g(x, y) = y(x2 1) 1 ` continua, utilizziamo il metodo di prima. Iniziamo disegnando i punti (x, y) di R2 per cui e y(x2 1) 1 = 0, ovvero y(x2 1) = 1. Ma allora x = 1 e y = 1/(x2 1). Il piano viene diviso dal graco di y = 1/(x2 1) in quattro aperti connessi. Scegliamo i punti (0, 0), (2, 1) e (0, 2) (uno in ogni regione) e calcoliamo
(2,1) (2,1)

g(0, 0) = 1 g(2, 1) = 2 g(0, 2) = 1.


(0,0)

(0,-2)

Siccome g ` continua, dovr` essere g(x, y) < 0 nella regione e a che contiene (0, 0) e g(x, y) > 0 in ciascuna delle regioni colorate. Quindi dom f risulta lunione delle regioni colorate in gura, escluso il graco di y = 3 1 x2 .

Denizione 3.5. Un insieme A Rn si dice aperto se ogni suo punto risulta interno, ovvero se per ogni a A esiste un intorno aperto U di a tale che U A. Un insieme K Rn si dice chiuso se il suo complementare ` aperto. e Teorema 3.14 (di Weierstrass). Sia K Rn un insieme chiuso e limitato e sia f : K R una funzione continua. Allora f ` limitata e ammette massimo e minimo assoluti, ovvero e esistono y1 e y2 in K tali che min f = f (y1 ) f (x) f (y2 ) = max f Esempio 3.15. Dire se la funzione f (x, y) = ex
2 y 2

x K.

+ sin x2 + xy 2x y 0, x 2y 0

ha massimo e/o minimo assoluto sullinsieme K = (x, y) R2 : x + y 1,

56

Capitolo 3

y=2x

La funzione f ` continua, come composta di e funzioni continue.


y=x/2

Con il solito metodo possiamo disegnare linsieme K e notare che ` il triangolo chiuso colorato e in giallo, quindi chiuso e limitato. Per il Teorema di Weierstass, la funzione f ammette massimo e minimo assoluti in K.

x+y=1

Nella prossima sezione svilupperemo metodi che ci permetteranno di calcolare i valori massimo o minimo assoluti di una funzione.

2. Derivabilit` e dierenziabilit` a a Iniziamo a affrontare il problema in maniera ingenua, cercando di trasferire le nostre conoscenze di funzioni di una variabile. 2.1. Derivate direzionali. Sia f : Rn R e sia x0 un punto interno al dominio di f , ovvero esista un intorno aperto U contenuto in dom f . dom f x0 Consideriamo una retta per il punto x0 . Allora possiamo restringere la funzione f a questa retta e ottenere una funzione di una variabile, che sappiamo derivare. In formule, se v = (v1 , . . . , vn ) ` un vettore in Rn \ {0}, allora la retta e per x0 e parallela a v ` descritta in forma parametrica e dallequazione (vettoriale) x(t) = x0 +tv al variare di t in R. Per t sucientemente piccolo i punti x(t) sono nellintorno aperto U, quindi sono nel dom f . Possiamo chiederci se la funzione di una variabile f (x(t)) risulta derivabile in t = 0.

f (x0 + tv) f (x0 ) . t0 t Qualora questo limite esista nito, lo si chiama derivata di f in x0 secondo il vettore v e si f indica con v (x0 ). lim Tra le derivate direzionali sono importanti quelle secondo i vettori della base canonica di Rn (quelli che hanno tutte le componenti nulle, tranne una che ` uguale a 1). Una derivata e direzionale secondo un vettore della base canonica si chiama derivata parziale. Solitamente

Denizione 3.6. Si dice che f : Rn R ` derivabile (o derivabile Gateaux) in x0 interno e al dom f secondo il vettore v Rn \ {0} se esiste nito

3.2 Derivabilit` e dierenziabilit` a a


j

57

se ej = (0, . . . , 1, . . . , 0), cio` ej ` il vettore della base canonica che ha un 1 al posto j, allora e e f la derivata parziale j-esima viene indicata con uno dei simboli j f , xj , fxj , fj . Calcolare la derivate parziale j-esima ` molto semplice: basta trattare le altre coordinate come costanti. e Se n = 2 si usano anche i simboli
f , x

x f e

f , y

y f per indicare le derivate parziali di f .

Esempio 3.16. Calcolare le derivate parziali di sin(x2 y). Trattando y come costante e derivando rispetto a x, otteniamo x sin(x2 y) = 2xy cos(x2 y). Trattando x come costante e derivando rispetto a y otteniamo y sin(x2 y) = x2 y cos(x2 y). Esempio 3.17. Calcolare le derivate direzionali nellorigine della funzione f (x, y) =
x2 y x4 +y 2

(x, y) = (0, 0) (x, y) = (0, 0)

2 2 Fissiamo un vettore (v1 , v2 ) con v1 + v2 = 0. Allora se t = 0 abbiamo

t2 v 2 tv2 1 f (0 + tv1 , 0 + tv2 ) f (0, 0) = 4 41 2 2 t t v1 + t v2 t =


2 v1 v2 0 2 2 v 4 + v 2 t0 t 1 v1 /v2 2

v2 = 0 v2 = 0.

Osserviamo che la funzione dellesempio precedente ` derivabile secondo tutte le direzioni e 1 nellorigine, tuttavia non ` continua in (0, 0), perch f (x, x2 ) = 2 per ogni x = 0. Questo e e esempio ci mostra che una nozione di derivabilit` sensata per funzioni di pi` variabili deve a u essere pi` forte (vorremmo che le funzioni derivabili risultino pi` regolari delle funzioni u u continue). Lanno scorso abbiamo visto che la nozione di derivabilit` in x0 ` equivalente al fatto di poter a e approssimare la funzione con un polinomio di grado 1 vicino a x0 a meno di innitesimi di ordine superiore. Geometricamente, questo fatto si esprime dicendo che il graco della funzione vicino a x0 ` molto vicino a quello della retta tangente al graco in x0 . e Lidea dellapprossimazione tramite la retta tangente, che nel caso di pi` variabili diventa u un piano tangente, ` quella che si dimostra vincente nel caso di funzioni di pi` variabili. e u Iniziamo a richiamare alcune nozioni sui graci di funzioni lineari in Rn . 2.2. Piani in R3 iperpiani in Rn+1 . Un piano in R3 pu` essere pensato individuato o mediante un punto P0 e un vettore V dello spazio vettoriale R3 . Infatti possiamo dire che un punto P sta nel piano passante per P0 se il vettore P P0 ` ortogonale al vettore V . e In formule questo si esprime dicendo che il prodotto scalare tra P P0 e V deve essere nullo: V, P P0 = 0 P .

58

Capitolo 3

Se P0 ha coordinate (x0 , y0 , z0 ) e V = (v1 , v2 , v3 ) nella base canonica, allora troviamo lequazione dei punti P = (x, y, z) del piano v1 (x x0 ) + v2 (y y0 ) + v3 (z z0 ) = 0. Il vettore V si dice vettore normale al piano . Viceversa, unequazione lineare in x, y, z della forma ax + by + cz = d dove a, b, c non sono tutti nulli, rappresenta lequazione di un piano con vettore normale (a, b, c) (passante per (0, 0, d/c) se c = 0, passante per (d/a, 0, 0) se a = 0, per (0, d/b, 0) se b = 0). Si noti che se c = 0, allora il piano non ` verticale e ` il graco della funzione lineare e e (x, y) = d a b x y. c c c

Un iperpiano in Rn+1 ` un sottoinsieme di Rn+1 formato da tutti quei punti che hanno e prodotto scalare costante con un vettore ssato dato, detto anche vettore normale. Pertanto unequazione lineare della forma
n+1

aj xj = b
j=1

dove aj , b R

rappresenta un iperpiano in Rn+1 e precisamente quelliperpiano che ha prodotto costante (= b) con il vettore (a1 , . . . , an+1 ). Quando an+1 = 0 il piano non ` verticale. e 2.3. Dierenziabilit`. Vogliamo dire che una funzione risulta dierenziabile in un a punto x0 se in quel punto ha un iperpiano tangente non verticale. Necessariamente la restrizione di questa funzione a ogni retta parallela agli assi x(t) = x0 +tej dovr` risultare derivabile, come funzione di una variabile in t = 0, ovvero la funzione dovr` a a risultare parzialmente derivabile e f (x0 + tej ) f (x0 ) . t0 t La retta tangente, nel piano individuato da ej e en+1 , sar` del tipo xn+1 = f (x0 ) + j f (x0 ) t; a n+1 vista nello spazio R avr` equazione parametrica a i f (x0 ) = lim k = 1, . . . , n xk = x0k + tkj xn+1 = f (x0 ) + j f (x0 ) t quindi ha vettore direzionale vj = (0, . . . , 1, . . . , j f (x0 )). Liperpiano tangente dovr` cona tenere tutte queste rette tangenti al variare di j = 1, . . . , n, quindi il suo vettore normale N
j

3.2 Derivabilit` e dierenziabilit` a a

59

dovr` essere ortogonale a tutti i vj . Questo vuol dire che a N, vj = 0 j = 1, . . . , n. j = 1, . . . , n,

Allora le componenti di N = (N1 , . . . , Nn+1 ) soddisfano le equazioni 0 = N, vj = Nj + Nn+1 j f (x0 )

da cui Nj = Nn+1 j f (x0 ). Se scegliamo, ad esempio, Nn+1 = 1, otteniamo che Nj = j f (x0 ) ovvero liperpiano tangente deve avere equazione
n

xn+1 = f (x0 ) +
j=1

j f (x0 )(xj x0j ) = f (x0 ) + f (x0 ), x x0

dove abbiamo indicato con f (x0 ) il vettore f (x0 ) = che si chiama gradiente di f in x0 . Proponiamo quindi la

f f (x0 ), . . . , (x0 ) x1 xn

Denizione 3.7. Si dice che f : Rn R ` dierenziabile (o derivabile Frecht) nel punto e e x0 interno al dominio di f se
xx0

lim

f (x) f (x0 ) f (x0 ), x x0 = 0. x x0

La condizione di tangenza si esprime non solo dicendo che limxx0 f (x)f (x0 ) f (x0 ), x x0 = 0, ma specicando che si tratta di un innitesimo di ordine superiore alla distanza. Nel prossimo teorema vediamo che la nozione di dierenziabilit` ora introdotta implica la a continuit` e che il gradiente pilota le derivate secondo un vettore. a Teorema 3.18 (del dierenziale). Sia f dierenziabile in un punto x0 interno al dominio di f . Allora a) f ` continua in x0 ; e b) f ` derivabile in x0 secondo ogni vettore v non nullo e e

f (x0 ) v

= f (x0 ), v .

Dimostrazione. Siccome i polinomi sono funzioni continue, il prodotto scalare e il quadrato della norma sono funzioni continue. Quindi limxx0 f (x0 ), xx0 = f (x0 ), 0 = 0. Da cui
xx0

lim f (x) = lim f (x) f (x0 ) f (x0 ), x x0 + f (x0 ) + f (x0 ), x x0


xx0

= f (x0 ), ovvero f ` continua in x0 . e

60

Capitolo 3

Occupiamoci ora di b). Osserviamo innanzi tutto che la condizione di dierenziabilit` implica a che f (x0 + tv) f (x0 ) f (x0 ), tv lim = 0. t0 |t| Infatti la funzione di cui calcoliamo il limite ` semplicemente la restrizione alla retta t e f (x)f (x0 ) f (x0 ),xx0 ; inoltre per t 0, x = x0 + tv x0 . x0 + tv della funzione x xx0 Siccome il prodotto scalare ` lineare in ciascuna variabile, si ha e f (x0 + tv) f (x0 ) f (x0 + tv) f (x0 ) f (x0 ), tv + f (x0 ), tv lim = lim t0 t0 t t t f (x0 ), v f (x0 + tv) f (x0 ) f (x0 ), tv + = lim t0 t t f (x0 + tv) f (x0 ) f (x0 ), tv = f (x0 ), v + lim t0 |t| = f (x0 ), v .

|t| t

e e Per lultimo passaggio, si noti che |t| ` limitata e la funzione tra parentesi quadre `, come t abbiamo detto allinizio, innitesima. Ma allora f ` derivabile in x0 secondo ogni vettore v non nullo e e
x3 y x2 +y 2 f (x0 ) v

= f (x0 ), v .

Esempio 3.19. Si studi la dierenziabilit` in (0, 0) della funzione a f (x, y) = 0 (x, y) = (0, 0) (x, y) = (0, 0).
f (0, 0) x

Siccome la funzione ` nulla sugli assi, allora le derivate parziali in (0, 0) sono nulle: e f (0, 0) = 0. La funzione f ` dierenziabile in (0, 0) se risulta essere 0 il e y
(x,y)(0,0)

lim

(x, y) = =

(x,y)(0,0)

lim

f (x, y) f (0, 0) f (0, 0), (x, y) x2 + y 2

x3 y . (x,y)(0,0) (x2 + y 2 )3/2 Valutando il modulo di questa espressione in coordinate polari otteniamo: lim r 4 cos3 sin x3 y = (x2 + y 2)3/2 r3 r 0.
r0

Pertanto

(x,y)(0,0)

lim

(x, y) = 0 e f risulta quindi dierenziabile in (0, 0). Il piano tangente in

(0, 0) al graco della funzione ` z = 0. e In alcuni casi ` molto semplice vericare che una funzione ` dierenziabile. e e Teorema 3.20. Sia x0 un punto interno al dominio di f e in un intorno di tale punto esistano e siano continue tutte le derivate parziali di f . Allora f ` dierenziabile in x0 . e

3.2 Derivabilit` e dierenziabilit` a a

61

Dimostrazione. Diamo unidea della dimostrazione nel caso n = 2. Siano, come in gura, P0 = (x0 , y0), P = (x, y), Q = (x, y0 ) punti nellintorno di (x0 , y0) dove le derivate parziali sono continue. Dobbiamo vericare che f (P ) f (P0 ) f (P0 ), P P0 tende a zero con ordine maggiore di P P0 , per P P0 . dom f
P

Sia Q il punto che ha stessa ordinata di P e stessa ascissa di P0 , come in gura. Scriviamo f (P ) f (P0 ) = f (P ) f (Q) + f (Q) f (P0 ).

P0

In questo modo, arriviamo al punto P , partendo da P0 , muovendoci dapprima a y costante e dopo a x costante. Siccome la funzione f ha derivate parziali continue in un intorno di P0 , possiamo applicare il teorema di Lagrange e dire che esistono punti , compreso tra x e x0 , e compreso tra y e y0 , tali che

f (Q) f (P0 ) = x f (, y0)(x x0 ). Possiamo quindi scrivere f (P ) f (P0 ) f (P0 ), P P0 come (x f (, y0) x f (x0 , y0 ))(x x0 ) + (y f (x, ) y f (x0 , y0 ))(y y0 ). Dobbiamo controllare che questo tenda a zero pi` velocemente di P P0 per P P0 . u Daltra parte (x f (, y0) x f (x0 , y0 ))(x x0 ) (x x0 )2 + (y y0 )2 |x f (, y0) x f (x0 , y0 )|

f (P ) f (Q) = y f (x, )(y y0 )

e, siccome le derivate parziali sono continue nellintorno di P0 , questa quantit` tende a zero a per (x, y) (x0 , y0). Analogamente per il secondo addendo. Esempio 3.21. La funzione f (x, y) = ex derivate parziali sono x f (x, y) = ex y f (x, y) = ex
2 +y 2 2 +y 2 2 +y 2

cos(x + y) ` dierenziabile in R2 , perch le sue e e


2 +y 2

cos(x + y) 2x + ex cos(x + y) 2y + ex

sin(x + y) sin(x + y)

2 +y 2

e sono continue come composte di funzioni continue. Sia f : A Rn R una funzione denita sullinsieme A aperto e sia g = (g1 , . . . , gn ) una funzione a valori vettoriali denita sullintervallo (a, b) e tale che per ogni t in (a, b) si abbia g(t) A. Allora possiamo considerare la funzione composta f g, cio` t f (g(t)), che ` e e una funzione di una variabile reale.

62

Capitolo 3

Teorema 3.22 (di derivazione della funzione compostaprima versione). Sia t0 in (a, b) e supponiamo che tutte le funzioni gj siano derivabili in t0 , j = 1, . . . , n. Sia inoltre f dierenziabile in g(t0 ). Allora la funzione composta f g ` derivabile in t0 e e d (f g)(t0 ) = dt
n j=1 j f (g(t0 )) gj (t0 ) = f (g(t0)), g (t0 ) ,

dove g (t0 ) denota il vettore

(g1 (t0 ), . . . , gn (t0 )).


2 +y 2 )

Esempio 3.23. Siano f (x, y) = e(x funzione f g. Si ha f (x, y) = (2x e(x


2 +y 2 )

e g(t) = (cos t, sin t). Calcolare la derivata della

e g (t) = ( sin t, cos t). Allora d (f g)(t) = 2 cos t e1 ( sin t) 2 sin t e1 (cos t) = 0. dt (Del resto f g ` la funzione che vale costantemente e1 ) e Le funzioni dei prossimi esempi sono tutte derivabili o dierenziabili in tutti i punti del loro dominio. Vogliamo solo illustrare il signicato delle formule. Esempio 3.24. Siano f (x, y) = cos(x + 2y) e g(t) = (t2 , t 2). Calcolare la derivata della funzione f g. Si ha f (x, y) = ( sin(x + y), 2 sin(x + y)), quindi f (t2 , t 2) = ( sin(t2 + t 2), 2 sin(t2 + t 2))

f (cos t, sin t) = (2 cos t e1 , 2 sin t e1 )

, 2y e(x

2 +y 2 )

), quindi

e g (t) = (2t, 1). Allora d (f g)(t) = ( sin(t2 + t 2))(2t) + (2 sin(t2 + t 2)) = 2(t + 1) sin(t2 + t 2). dt 3. Derivate di ordine successivo Sia data una funzione f : A Rn R e supponiamo che esistano in A, insieme aperto, le derivate parziali di f . Le derivate parziali si possono considerare a loro volta come funzioni denite in A e ci potremmo chiedere se tali funzioni sono a loro volta derivabili parzialmente. Denizione 3.8. Se le funzioni j f sono derivabili parzialmente, si dice che f ammette derivate parziali del secondo ordine (o derivate parziali seconde). Si indica con kj f la funzione k (j f ). Nel caso in cui k = j si parla di derivate parziali 2 seconde pure (ovvero si deriva rispetto alla stessa variabile) e talvolta si usa la notazione j per indicare jj ; nel caso in cui k = j si parla di derivate parziali seconde miste.

3.3 Derivate di ordine successivo

63

In generale, se j = k, non ` detto che kj f = jk f . Tuttavia, se la funzione f ` sue e cientemente regolare, lordine di derivazione non conta; questo ` il contenuto del prossimo e teorema. Teorema 3.25 (di Schwarz sulle derivate miste). Sia f : Rn R una funzione e sia x0 un punto interno al dominio di f . Supponiamo che in un intorno di x0 esistano le derivate parziali kj f e jk f e siano continue in x0 . Allora kj f (x0 ) = jk f (x0 ). Esempio 3.26. Sia f (x, y) = Vericare che xy f (0, 0) = yx f (0, 0). Possiamo scrivere le derivate parziali seconde di una funzione in un punto x0 raggruppandole in una matrice in questo modo: 11 f (x0 ) 12 f (x0 ) . . . 1n f (x0 ) 21 f (x0 ) 22 f (x0 ) . . . 2n f (x0 ) . . . . . . . . . n1 f (x0 ) n2 f (x0 ) . . . nn f (x0 ) xy y 2x2 x +y 0
2 2

(x, y) = 0 (x, y) = 0.

Questa matrice si chiama matrice Hessiana di f in x0 e si indica con Hessf (x0 ). Se la funzione f ha derivate parziali seconde continue, allora questa matrice ` simmetrica. e

Abbiamo visto che se f ` dierenziabile in x0 , allora f si pu` approssimare in un intorno U0 e o di questo punto tramite il suo piano tangente, ovvero un polinomio in n variabili di grado 1: f (x) = f (x0 ) + f (x0 ), x x0 + x x0 (x x0 ) e lim (t) = (0) = 0.
t0

x U0

Cosa succede se la funzione ` pi` regolare, ad esempio con derivate parziali seconde cone u tinue? Analogamente al caso di funzioni di una variabile, possiamo approssimare la funzione nellintorno di un punto ssato mediante un polinomio (in n variabili) di grado 2. Teorema 3.27 (formula di Taylor di ordine 2 con resto di Peano). Sia f una funzione con derivate parziali continue sino allordine 2 in un intorno U0 del punto x0 . Allora
1 f (x) = f (x0 )+ f (x0 ), xx0 + 2 Hessf (x0 )(xx0 ), xx0 + xx0 2 (xx0 )

x U0

e lim (t) = (0) = 0.


t0

Dimostrazione. Se x = x0 + h con h in Rn . Restringiamo lattenzione alla funzione ristretta alla retta per x0 e x (o alla porzione di retta che cade nel dominio di f ): consideriamo la funzione g(t) = x0 + th per t (, 1 + ). Allora g(0) = x0 e g(1) = x e g(t) ` un punto e della retta passante per x0 e x. Allora la funzione = f g ` una funzione di una variabile e

64

Capitolo 3

reale, cui applichiamo la formula di Taylor del primo ordine, centrata in t0 = 0 con resto di Lagrange: esiste cx (0, t) tale che (3.1)
1 (t) = (0) + (0)t + 2 (cx ) t2 .

Ma dal Teorema 3.22 di derivazione della funzione composta abbiamo


n

(t) =
j=1 n

hj j f (x0 + th) hj
j=1 n

(t) = =
j=1

d j f (x0 + th) dt
n

hj
k=1

hk k j f (x0 + th).

Quindi
n

(0) =
j=1 n

hj j f (x0 ) = f (x0 ), h hj hk kj f (x0 ) = Hessf (x0 ) h, h .

(0) =
j,k=1

Notiamo che (1) = f (x) e quindi sostituendo t = 1 nella (3.1), aggiungendo e togliendo il termine del secondo ordine, otteniamo
1 f (x) = f (x0 ) + f (x0 ), h + 2 (cx )

= f (x0 ) + f (x0 ), h +

1 2

1 Hessf (x0 )(h), h + 2 { (cx ) Hessf (x0 )(h), h } .

Dobbiamo ancora controllare che il termine tra parentesi grae tende a 0 abbastanza rapidamente quando x x0 , cio` h 0. Si ha e { (cx ) Hessf (x0 )(h), h } hj hk = [kj f (x0 + cx h) kj f (x0 )] 2 h h 2 j,k=1
h h n

k e a Ogni addendo ` il prodotto di j 2 , che ` una quantit` limitata, per [ ] che tende a 0 per e h la continuit` delle derivate seconde. a

4. Ricerca di massimi e minimi, relativi e assoluti, punti sella Sia f : Rn R e sia x0 un punto nel dominio di f . Denizione 3.9. Si dice che x0 ` un punto di massimo relativo per f se esiste un intorno e U di x0 tale che f (x0 ) f (x) x U dom f. Se vale la diseguaglianza stretta f (x0 ) > f (x) per ogni x U dom f escluso x0 , si dice che x0 ` un punto di massimo relativo forte. e

3.4 Ricerca di massimi e minimi, relativi e assoluti, punti sella

65

Denizione 3.10. Si dice che x0 ` un punto di minimo relativo per f se esiste un intorno e U di x0 tale che f (x0 ) f (x) x U dom f. Se vale la diseguaglianza stretta f (x0 ) < f (x) per ogni x U dom f escluso x0 , si dice che x0 ` un punto di minimo relativo forte. e Supponiamo per un momento che n = 2, ossia f : R2 R, e che (x0 , y0 ) sia un punto di massimo relativo per f . La funzione f (x, y0 ), restrizione di f alla retta passante per (x0 , y0 ) della forma y = y0 , deve avere un massimo relativo per x = x0 . Quindi la derivata (rispetto alla variabile x) della funzione f (x, y0 ) deve essere nulla in x0 . Analogamente, la restrizione della funzione f alla retta passante per (x0 , y0) della forma x = x0 deve avere un massimo relativo per y = y0 e quindi la derivata (rispetto a y) della funzione f (x0 , y) deve essere nulla in y0 . Nel caso generale, lenunciato dice: Teorema 3.28. Se f ` dierenziabile in x0 e x0 ` un punto di massimo o di minimo relativo e e per f , allora f (x0 ) = 0. I punti x0 tali che f (x0 ) = 0 si dicono punti critici. Denizione 3.11. Si dice che un punto critico x0 ` un punto sella se per ogni intorno U di e x0 esistono punti x e y in U tali che f (x) < f (x0 ) < f (y).

(0, 0) ` punto di max rel per 1 x2 y 2 e

(0, 0) ` punto sella per xy e

Se la funzione f ` di classe C 2 , tramite un test sulla matrice Hessiana, possiamo stabilire se e un punto critico ` di massimo relativo, minimo relativo, o sella, almeno nella maggior parte e dei casi. La formula di Taylor di ordine 2 centrata in un punto critico x0 diventa pi` semplice e, u attraverso tale formula riusciamo a stabilire il segno di f (x) f (x0 ) in un intorno di x0 tramite lo studio della matrice Hessiana.

66

Capitolo 3

Iniziamo con il caso n = 2 e, per semplicare le notazioni, supponiamo che x0 = (0, 0) e che lapprossimazione data dallapprossimazione di Taylor del secondo ordine sia buona in un intorno dellorigine, ovvero che f sia di classe C 2 . Allora
1 f (x, y) f (0, 0) 2 (ax2 + 2bxy + cy 2)

a b . Ci siamo ricondotti al problema di studiare il segno di un b c polinomio omogeneo di grado 2. Si avr` f (x, y) f (0, 0) > 0 in ogni punto (x, y) in un a intorno di (0, 0) tranne al pi` (0, 0) se ax2 + 2bxy + cy 2 > 0 in ogni punto (x, y) = (0, 0). u Sotto quali condizioni su a, b, c questo accade? dove Hessf (0, 0) = Se y = 0 questo succede quando a > 0. Supponiamo allora a > 0 e y = 0. Si ha ax2 + 2bxy + cy 2 > 0 in ogni punto (x, y) con y = 0 se e solo se at2 + 2bt + c > 0 per ogni t R, quindi deve essere ac b2 > 0. In sintesi abbiamo controllato che se valgono entrambe le condizioni 1. f (0, 0) = (0, 0), 2 2. a = x f (0, 0) > 0 e det(Hessf (0, 0)) = ac b2 > 0, allora (0, 0) ` un punto di minimo relativo per f . e Analogamente, se valgono entrambe le condizioni 1. f (0, 0) = (0, 0), 2 2. a = x f (0, 0) < 0 e det(Hessf (0, 0)) = ac b2 > 0, allora (0, 0) ` un punto di massimo relativo per f . e Inne, se 1. f (0, 0) = (0, 0), 2. det(Hessf (0, 0)) = ac b2 < 0, allora (0, 0) ` un punto sella. e Torniamo al caso generale e, per brevit`, indichiamo con H la matrice Hessiana di f in x0 . a Si ha f (x) f (x0 ) = 1 H(x x0 ), x x0 + x x0 2 (x x0 ) 2 1 x x0 x x0 = x x0 2 H , + (x x0 ) , 2 x x0 x x0

3.4 Ricerca di massimi e minimi, relativi e assoluti, punti sella

67

dove lim (t) = (0) = 0. Per il Teorema di permanenza del segno, il segno di f (x) f (x0 )
t0

in un intorno piccolo di x0 ` determinato dal segno di Ht, t , dove t = e n di lunghezza 1 in R e avremo:

xx0 xx0

` un vettore e

Teorema 3.29. Sia f una funzione con derivate parziali continue no al secondo ordine in un aperto di Rn . Sia x0 un punto in questo aperto tale che f (x0 ) = 0 e sia H la matrice Hessiana di f in x0 . a) Se Ht, t > 0 per ogni t Rn con t = 1, allora x0 ` un punto di minimo relativo e per f . b) Se Ht, t < 0 per ogni t Rn con t = 1, allora x0 ` un punto di massimo e relativo per f . c) Se esistono t1 , t2 Rn con t1 = t2 = 1, e Ht1, t1 < 0, Ht2, t2 > 0, allora x0 ` un punto sella. e

Il caso a) si presenta quando la forma quadratica associata alla matrice simmetrica H ` e denita positiva, ovvero quando H ha tutti autovalori positivi. Il caso b) si presenta quando la forma quadratica associata alla matrice simmetrica H ` e denita negativa, ovvero quando H ha tutti autovalori negativi. Il caso c) si presenta quando la forma quadratica associata alla matrice simmetrica H ` e indenita, ovvero quando H ha sia autovalori positivi sia autovalori negativi. Esempio 3.30. Determinare massimi e minimi relativi della funzione f (x, y) = xy e(x
2 +y 2 )/2

La funzione ` super-regolare, perch ` composta di polinomi con la funzione esponenziale. e ee Calcoliamo il gradiente e la matrice Hessiana. x f (x, y) = y e(x
2 +y 2 )/2 2 +y 2 )/2

y f (x, y) = x e(x

x2 y e(x

2 +y 2 )/2 2 +y 2 )/2

xy f (x, y) = yx f (x, y) = (1 x2 ) e(x


2 y f (x, y) = 2xy e(x
2 +y 2 )/2

2 x f (x, y) = 2xy e(x

2 +y 2 )/2

xy 2 e(x

= y(1 x2 ) e(x
2 +y 2 )/2

2 +y 2 )/2 2 +y 2 )/2 2 +y 2 )/2

xy(1 x2 ) e(x
2 +y 2 )/2

= x(1 y 2) e(x

= (1 y 2)(1 x2 ) e(x xy(1 y 2 ) e(x

y 2(1 x2 ) e(x
2 +y 2 )/2 2 +y 2 )/2

= xy(x2 3) e(x
2 +y 2 )/2

= xy(y 2 3) e(x

2 +y 2 )/2

Iniziamo a selezionare i punti per cui f (x, y) = 0. Questo accade quando y (1 x2 ) = 0 x(1 y 2 ) = 0 ovvero (x, y) {(0, 0), (1, 1), (1, 1), (1, 1), (1, 1)} .

68

Capitolo 3

Analizziamo la matrice Hessiana in ciascuno di questi casi: H(0, 0) = H(1, 1) = 0 1 1 0 2e1 0 0 2e1 H(1, 1) = 2e1 0 0 2e1 = H(1, 1)

= H(1, 1).

Dallesame degli autovalori o dai criteri visti nel caso n = 2 abbiamo che (0, 0) ` un punto e sella, (1, 1) e (1, 1) sono punti di massimo relativo (con massimo relativo 1/e), (1, 1) e (1, 1) sono punti di minimo relativo (con minimo relativo 1/e). Si pu` anche notare che 1/e sono massimo e minimo assoluto di f su R2 . o Infatti lim(x,y) f (x, y) = 0, quindi esiste R > 0 tale che |f (x, y)| < 1/2e se x2 +y 2 R. Nel disco chiuso {x2 + y 2 R} la funzione f assume massimo e minimo assoluti per il Teorema di Weierstass. Se il massimo o il minimo assoluti sono assunti in punti interni, allora ritroviamo i valori precedenti. Daltra parte |f (x, y)| < 1/2e se x2 + y 2 = R, quindi 1/e sono massimo e minimo assoluti. Esempio 3.31. E se fosse detH = 0? Provate a ragionare sul punto critico (0, 0) nei seguenti casi: f (x, y) = x2 + y 4 g(x, y) = x2 y 4 h(x, y) = (y x2 )(y 2x2 )

e scoprirete che: f e g hanno la stessa matrice hessiana in (0, 0), tuttavia (0, 0) ` punto di e minimo per f e di sella per g. Per accorgervi di questo fatto potete notare che f (x, y) > 0 = f (0, 0) se (x, y) = (0, 0), quindi (0, 0) ` punto di minimo per f . Invece g(0, y) = y 4 < 0 e e 2 g(x, 0) = x , quindi (0, 0) ` punto di sella per g. e La funzione h ha ancora una sella in (0, 0), tuttavia ogni restrizione a una retta per (0, 0) del tipo t (tv1 , tv2 ) ha un minimo per t = 0. In generale, se vogliamo determinare il massimo e il minimo assoluti di una funzione continua su un insieme dato, possiamo ragionare in questo modo. Innanzi tutto, analizziamo linsieme: se linsieme ` chiuso e limitato, allora possiamo usare il Teorema di Weierstrass e dire che e senzaltro esistono massimo e minimo assoluti. Tali valori saranno assunti in punti del tipo: punti di non dierenziabilit` a punti in cui il gradiente ` nullo (detti punti critici) e punti della frontiera (del bordo) dellinsieme. Nella prossima sezione svilupperemo un metodo che ci permetter` di trovare punti di massimo a o di minimo sulla frontiera di un insieme. Se poi linsieme non ` chiuso oppure non ` limitato, dobbiamo anche analizzare i limiti e e (allinnito se linsieme non ` limitato) della funzione agli estremi dellinsieme. e

3.5 Estremi vincolati

69

5. Estremi vincolati Un esempio di problema vincolato ` il seguente: dobbiamo costruire un recipiente per consere vare 100mc. di acqua. Per comodit` lo costruiremo a forma di parallelepipedo. Il materiale a che adoperiamo per` ` costoso, se desideriamo che lacqua mantenga inalterate le sue prooe priet`, quindi decidiamo di costruirlo senza coperchio e di supercie pi` piccola possibile. a u Quanto devono misurare gli spigoli, anch la supercie sia minima? e Possiamo formalizzare il problema precedente in questo modo: se indichiamo con x, y, z le lunghezze dei lati del parallelepipedo allora il volume V = xyz = 100mc. e la supercie ` S = e xy +2xz +2yz. Ovviamente le lunghezze sono positive. Desideriamo quindi trovare il minimo assoluto della funzione xy+2xz+2yz denita sullinsieme {(x, y, z) R3 : x > 0, y > 0, z > 0} soggetta al vincolo xyz = 100. Un primo metodo, consigliabile quando il vincolo ` particolarmente semplice, consiste nellue tilizzare il vincolo per ridurre il numero di variabili. Nel nostro caso, possiamo ricondurci al problema di determinare il minimo di una funzione f di due variabili ponendo z = V /(xy). Allora f (x, y) = S(x, y, V /(xy)) = xy + 2V /y + 2V /x ` la funzione di cui occorre trovare il e 2 minimo sullinsieme A = {(x, y) R : x > 0 y > 0}. ` E facile rendersi conto che ci deve essere il minimo assoluto di f su A, perch se x, y 0 e i e limiti si intendono con (x, y) A, allora
(x,y)

lim f (x, y) = +

(x,y)(,0) x

lim

f (x, y) = +

(x,y)(0,) y

lim

f (x, y) = +.

Cerchiamo allora tale minimo. Siccome f ` dierenziabile in A, se (x, y) ` punto di minimo e e allora deve essere f (x, y) = 0, ovvero x f (x, y) = y 2V /x2 = 0 e y f (x, y) = x 2V /y 2 = 0 3 2V , y = 3 2V . Siccome tale

che ha come (unica) soluzione in A il punto di coordinate x = soluzione ` unica, ` senzaltro il punto di minimo cercato. e e La nostra scatola deve quindi avere base quadrata di lato minima trovata ` 3 3 (2V )2 . e 3

2V e altezza

V /4. La supercie

Un altro esempio di problema vincolato ` il seguente. Un produttore di tessuti prepara due e qualit` di cotone misto lana: una, pi` pregiata con il 20% in peso di lana, il 50% di cotone e a u il rimanente 30% di poliestere; laltra, meno pregiata, con il 10% di lana, il 40% di cotone e il rimanente 50% di poliestere. La qualit` pi` pregiata ` venduta a 3 al chilo e quella meno a u e pregiata a 2 al chilo. Il magazzino contiene 2 tonnellate di lana, 6 tonnellate di cotone e 6 tonnellate di poliestere. Quanti chili di ciascun tessuto dovr` produrre per massimizzare il a suo guadagno?

70

Capitolo 3

Possiamo pensare che x siano le tonnellate di tessuto pregiato da produrre e y le tonnellate di quello meno pregiato. Si desidera massimizzare f (x, y) = 3000x + 2000y. I materiali a disposizione in magazzino forniscono i vincoli 20%x + 10%y 2 50%x + 40%y 6 30%x + 50%y 6, insieme alle ovvie richieste x 0, y 0. In questo caso i vincoli sono espressi in forma di disuguaglianze e quindi otterremo una regione interna, in cui cercare punti critici, e la sua frontiera. Dobbiamo analizzare i punti interni al poligono in gura per cui f = 0 (non ce ne sono). Inne dobbiamo cercare il massimo assoluto sulla frontiera, ovvero restringere la funzione ai lati AB, BC, CD, DE, EA e su ciascun lato cercare il E massimo assoluto della funzione.
D C v A B

In questo caso, f ` una funzione lineare, quindi gli e eventuali massimo e minimo assoluti si potranno trovare solo nei vertici. Calcoliamo quindi i valori di f in ciascuno dei vertici e otteniamo

f (A) = f (0, 0) = 0 f (D) = f ( 60 , 120 ) = 13 13

f (B) = f (10, 0) = 30 000


420 000 13

f (C) = f ( 20 , 20 ) = 3 3

100 000 3

Il massimo protto ` quindi di 33 333 e si ottiene confezionando 6.6666 tonnellate di tessuto e pregiato e 6.6666 tonnellate di tessuto meno pregiato. Allo stesso risultato saremmo potuti arrivare con un poco meno calcoli utilizzando il signicato geometrico del gradiente. Abbiamo visto, nel Teorema 3.18 (del dierenziale), che se f ` dierenziabile in un punto x, allora la derivata rispetto al vettore non nullo v ` data dal e e prodotto scalare del gradiente di f in x e il vettore v. In formule, se ` langolo formato da e f (x) e dal vettore v di norma 1, v f (x) = f (x), v = f (x) v cos = f (x) cos . Pertanto f cresce pi` rapidamente nel verso del gradiente (corrispondente a cos = 1) u e decresce pi` rapidamente nel verso opposto al gradiente (corrispondente a cos = 1). u Inne la variazione di f ` nulla nella direzione tangente allipersupercie di livello per il punto e x (casi corrispondenti a cos = 0), ovvero il gradiente in x ` ortogonale allipersupercie di e livello passante per x. Tornando allesempio del produttore di tessuti, il gradiente di f in ogni punto ` (3000, 2000). e In modulo ` molto grande, ma ha la stessa direzione del vettore v disegnato in gura. La e freccia del vettore ci indica che il punto di massimo assoluto tra i vertici deve essere C. Questo metodo fornisce una buona indicazione quando sia la funzione sia i vincoli sono lineari.

32 307.69

f (E) = f (0, 12) = 24 000.

33 333.33

3.5 Estremi vincolati

71

In sintesi, un problema vincolato consiste nel massimizzare o minimizzare una certa funzione f (x) soggetta a un vincolo denito da una o pi` equazioni della forma g(x) = 0. u Denizione 3.12. Siano f, g1 , . . . , gk : Rn R funzioni denite in un aperto A di Rn . Si ponga S = {x A : g1 (x) = = gk (x) = 0}. Un punto x0 in S ` un punto di massimo e relativo per f soggetta al vincolo S se esiste un intorno U di x0 tale che f (x) f (x0 ) per ogni x S U. Analoga ` la denizione di punto di minimo relativo vincolato. In generale si dice punto di e estremo (relativo) vincolato un punto di massimo o di minimo (relativo) vincolato. Teorema 3.32 (dei moltiplicatori di Lagrange). Siano f, g1 , . . . , gk : Rn R funzioni con derivate parziali continue in un aperto A e sia k < n. Indichiamo con S il vincolo, ossia S = {x Rn : g1 (x) = = gk (x) = 0} . Supponiamo che x0 S sia un punto di estremo relativo vincolato per f e che la matrice 1 g1 (x0 ) 1 g2 (x0 ) . . . 1 gk (x0 ) 2 g1 (x0 ) 2 g2 (x0 ) . . . 2 gk (x0 ) . . . . . . . . . n g1 (x0 ) n g2 (x0 ) . . . n gk (x0 )
k

abbia rango k. Allora esistono 1 , . . . , k R tali che f (x0 ) +

j=1

j gj (x0 ) = 0.

I numeri 1 , . . . , k vengono detti moltiplicatori di Lagrange. Useremo solo il caso in cui il vincolo ` denito da una sola equazione g(x) = 0. In questo e caso il teorema aerma che se x0 ` un estremo vincolato e g(x0 ) = 0, allora esiste 0 R e tale che f (x0 ) + 0 g(x0 ) = 0, ovvero (0 , x0 ) ` un punto critico per la funzione (detta e lagrangiana) L(, x) = f (x, y) + g(x, y).
S={g(x,y)=0}

P0

Nel disegno, la situazione nel caso n = 2. Tratteggiate sono alcune linee di livello della funzione. La condizione trovata vuol semplicemente dire che se un punto ` un estremo relativo vine colato, allora i gradienti di f e g in quel punto devono essere paralleli, come in P0 .

72

Capitolo 3

f (P1 )

Altrimenti, se g e f nel punto di estremo relativo non fossero paralleli, come in P1 , allora la proiezione di f (P1 ) lungo la retta tangente al vincolo in P1 sarebbe non nulla. Chiamiamo v questa proiezione. Ma allora f avrebbe una derivata direzionale positiva nella direzione di v e una negativa nella direzione opposta. Quindi muovendosi lungo il vincolo S, la funzione f crescerebbe o decrescerebbe allontanandosi da P1 nella direzione di v o di v. Quindi P1 non pu` essere n punto di minimo n punto di o e e massimo relativo per f soggetta al vincolo a S.

P1 v g(P1 )

Si noti che il teorema dei moltiplicatori di Lagrange non garantisce che una soluzione esista: esso fornisce un metodo per trovare una soluzione che, per altre considerazioni fatte, deve esistere. Inoltre non si occupa dei punti in cui g = 0. Esempio 3.33. Vericare che (0, 0) ` punto di minimo per f (x, y) = x soggetta al vincolo e 2 2 3 S = {(x, y) R : g(x, y) = y x = 0}. Il fatto che f (0, 0) = 0 sia minimo assoluto vincolato a S ` ovvio, dal momento che se e (x, y) S, allora x 0, quindi f (x, y) = x 0. Col metodo della lagrangiana L(x, y, ) = x + (y 2 x3 ), siamo ricondotti al trovare le soluzioni di L = y 2 x3 = 0 L = 1 3x2 = 0 x L = 2y = 0. y La lagrangiana non ha punti critici (lultima equazione ha soluzioni y = 0 oppure = 0; ma: se y = 0, si ricava dalla prima che x = 0, ma allora la seconda non ` soddisfatta; se invece ` e e = 0, la seconda di nuovo non vale). La ragione per cui il metodo dei moltiplicatori di Lagrange non funziona ` che il gradiente e di g nel punto di minimo ` nullo. Questo corrisponde al fatto che la funzione g ` regolare, e e ma la sua curva di livello 0 presenta una cuspide in (0, 0). Quando usiamo il metodo dei moltiplicatori di Lagrange dobbiamo quindi tener conto del fatto che un punto di estremo vincolato pu` essere: o

3.6 Esercizi

73

un un un un

punto punto punto punto

in cui non sono continue le derivate parziali di f o di g; in cui g = 0; estremo per il vincolo; critico della lagrangiana.
7 2

Esempio 3.34. Determinare, se esiste, il punto della curva y = x2 4x + allorigine.

pi` vicino u

Possiamo considerare g(x, y) = x2 4x + 7 y come la funzione che denisce il vincolo 2 S = {(x, y) R2 : g(x, y) = 0} e come funzione da minimizzare la f (x, y) = x2 + y 2 , che ` il quadrato della distanza dallorigine (e ha gli stessi punti di minimo della distanza e dallorigine). Osserviamo innanzi tutto che il minimo assoluto esiste, perch f tende a + se (x, y) . e g Inoltre sia f sia g sono funzioni con derivate parziali continue e y (x, y) = 1, quindi g non ` mai nullo. e In questo caso la funzione lagrangiana ` e L(x, y, ) = x2 + y 2 + x2 4x + e ha come punti critici i punti tali che L = x2 4x + 7 y = 0 2 L = 2x + (2x 4) = 0 x L = 2y = 0. y C` un unico punto critico della lagrangiana, in corrispondenza di x = 1, y = 1 , = 1. e 2 1 1 Pertanto il punto 1, 2 ` il punto di minimo assoluto per f . ha f 1, 2 = 5 , quindi la e Si 4 7 e distanza minima della parabola y = x2 4x + 2 dallorigine ` 25 .
7 2

y ,

6. Esercizi 1) Determinare il dominio e i punti di accumulazione per il dominio delle seguenti funzioni f : R2 R e, eventualmente con il comando ezcontour di MatLab , disegnare le linee di livello: f (x, y) = xy ; x+y f (x, y) = xy; f (x, y) = log(1 + xy); f (x, y) = x2 xy . y2

74

Capitolo 3

2) Calcolare, se esistono, i seguenti limiti: x2 + y 2 ; (x,y)(0,0) y lim x2 y 2 ; (x,y)(0,0) 2x4 + y 4 lim lim x2 + y; sin(x y) ; (x,y)(0,0) cos(x + y) lim 2x2 xy ; (x,y)(1,2) 4x2 y 2 lim

(x,y)

lim x y;

(x,y)

(x,y)

lim x2 + cos y;

x2 y . (x,y) x2 + (y 1)2 lim

3) Dire se i seguenti sottoinsiemi di R2 sono connessi e/o compatti (x, y) R2 : x2 + y 0 , (x, y) R2 : x2 + 9y 2 4 , (x, y) R2 : xy > 2 .

4) Dire dove le seguenti funzioni sono dierenziabili: f (x, y) = (y x2 )(y 2x2 ); f (x, y) = f (x, y) = xy y 2x2 x +y 0
x3 y x4 +y 2
2 2

f (x, y) =

x2 + y 2 ; xy y
x4 y x4 +y 2

(x, y) = (0, 0) (x, y) = (0, 0); (x, y) = (0, 0) (x, y) = (0, 0);

f (x, y) = f (x, y) =

x0 x < 0; (x, y) = (0, 0) (x, y) = (0, 0).

5) Determinare e classicare i punti critici delle funzioni: f (x, y) = 2x3 6xy + 3y 2 f (x, y) = x 8 + y y x f (x, y) = cos x + cos y.

6) In quale direzione aumentano maggiormente le seguenti funzioni in ciascuno dei punti assegnati f (x, y) = 3x 4y in (0, 2) x in (0, 0) f (x, y) = 1+y f (x, y) = log(x2 + y 2 ) in (1, 1)? 7) Determinare massimo e minimo assoluti di 2xy sullinsieme denito dalla disequazione |x| + |y| 4. 8) (dicilino) Determinare, se esistono, massimi e minimi assoluti su R2 per le funzioni dellesercizio 1, seconda riga. 9) (dicile) La temperatura nel punto (x, y) ` data dalla funzione e f (x, y) = 140 + 30x2 60x + 120y 2 . 8 + x2 2x + 4y 2

3.6 Esercizi

75

Determinare, se esiste, la temperatura minima. 10) Dobbiamo preparare un pacco postale. Lucio richiede che i pacchi siano a forma di parallelepipedo rettangolo in modo che la somma dellaltezza pi` il perimetro della base u non ecceda 6 metri. Qual ` il volume massimo che possiamo spedire? e 11) Massimizzare x3 y 5 soggetta al vincolo x + y = 8. 12) Determinare la distanza minima dallorigine della supercie xyz 2 = 2. 13) Determinare i valori massimo e minimo di xy + z 2 sulla palla x2 + y 2 + z 2 1. 14) Si deve costruire una scatola di base rettangolare senza coperchio e di volume ssato V (in metri cubi), impiegando due materiali diversi. Il materiale usato per la base della scatola e per la parte frontale costa cinque volte tanto (al metro quadro) quello da usare per le rimanenti facce. Quali devono essere le dimensioni della scatola, per renderne minimo il costo? 15) Determinare i punti di massimo e di minimo assoluto della funzione f (x, y) = (x 2y)2 soggetta al vincolo x2 + 4y 2 1 0. 16) Sia S linsieme S = {(x, y) R2 : x(x2 1) = y 2 }. Determinare i punti di S aventi ordinata minima e quelli aventi ordinata massima. 17) Determinare i punti di massimo e minimo assoluto di f (x, y) = ey {(x, y) R2 : y 0, x2 y 2 0, x2 y 4 0}.
2 x2

nellinsieme S =

76

Capitolo 3

7. Complementi su gradiente e curve di livello, n = 2 Si ricordi che il graco di f ` un sottoinsieme di Rn+1 . Abbiamo detto che se f : A R e ` una funzione denita su un aperto A Rn e dierenziabile nel punto x0 di A, allora e liperpiano di equazione xn+1 = f (x0 ) + f (x0 ), x x0 ` tangente al graco di f nel punto (x0 , f (x0 )). e Il vettore (f (x0 ), 1) ` uno dei due vettori normali al piano tangente al graco di f e e quindi al graco stesso di f nel punto (x0 , f (x0 )). In particolare per n = 2 consideriamo il graco di f in R3 :

il piano tangente al graco di f nel punto (x0 , y0 , f (x0 , y0 )) ` la funzione lineare (x, y) = e f (x0 , y0) + x f (x0 , y0 ) (x x0 ) + y f (x0 , y0 ) (y y0 ) e ha graco z = f (x0 , y0 ) + x f (x0 , y0 ) (x x0 ) + y f (x0 , y0 ) (y y0 ). Il vettore normale al piano che abbiamo disegnato ` (f (x0 , y0), 1). e

3.7 Complementi su gradiente e curve di livello, n = 2

77

Sezioniamo ora il graco di f con il piano parallelo al piano x, y a quota f (x0 , y0) e otteniamo una curva C, in formule:

z = f (x, y) z = f (x0 , y0 )

78

Capitolo 3

Proiettiamo la curva C sul piano x, y: otteniamo cos` la curva di livello di f passante per il punto (x0 , y0 ), ossia la curva Ripetiamo la stessa operazione con il piano tangente: sezioniamo col piano z = f (x0 , y0 ) e otteniamo lintersezione di due piani z = f (x0 , y0 ) + x f (x0 , y0) (x x0 ) + y f (x0 , y0 ) (y y0 ) z = f (x0 , y0 ) Se f (x0 , y0) = 0, i due piani non sono coincidenti e la loro intersezione ` una retta. Tale e retta sta nel piano tangente al graco, quindi ` tangente alla curva C. Proiettiamo ancora e sul piano x, y e otteniamo la retta r0 di equazione che risulta quindi essere tangente alla curva di livello C0 . Il vettore f (x0 , y0 ) ` ortogonale e a r0 e quindi a C0 nel punto (x0 , y0 ). x f (x0 , y0 ) (x x0 ) + y f (x0 , y0 ) (y y0 ) = 0 C0 = (x, y) R2 : f (x, y) = f (x0 , y0 ) .

CAPITOLO 4

Calcolo integrale per funzioni di pi` variabili reali u

La denizione di integrale denito per funzioni di una variabile reale ` motivato dal problema e del calcolo delle aree: si desidera calcolare larea della regione piana delimitata dal graco della curva y = f (x) e dallasse delle ascisse. Per funzioni di due variabili reali il problema ` quello di calcolare il volume del solido dee limitato dal piano xy, dal graco dellequazione z = f (x, y) e da un cilindro retto di base assegnata B. Le prime denizioni ricalcano la teoria dellintegrale di Riemann vista lo scorso anno: inizialmente ci occuperemo del caso in cui B ` un rettangolo (o, nel caso n-dimensionale, e un prodotto di intervalli), deniremo somme superiori e somme inferiori in maniera ovvia. Successivamente ci occuperemo dellintegrazione su domini pi` generali dei soli rettangoli: u triangoli, cerchi, corone circolari,... e, nei casi di dimensione maggiore, cilindri, sfere,...

1. Il calcolo di volumi Trattiamo dapprima il caso di R2 , in cui si calcolano volumi. Supponiamo che f : R2 R sia una funzione limitata e, per ssare le idee, non negativa. Sia R il rettangolo [a, b] [c, d] e supponiamo che R dom f . Calcoleremo il volume della regione {(x, y, z) R3 : (x, y) R, 0 z f (x, y)} per successive approssimazioni dallalto e dal basso con somme di volumi di parallelepipedi. Dividiamo il rettangolo R in sottorettangoli scegliendo: a = x0 < x1 < x2 < . . . < xr = b c = y0 < y1 < y2 < . . . < ys = d

e chiamiamo partizione P linsieme formato da {x0 , x1 , x2 , . . . , xr }{y0 , y1 , y2 , . . . , ys }. Siano inoltre Rkj il rettangolo [xk1 , xk ] [yj1, yj ] e mkj =
(x,y)Rkj

inf

f (x, y)

Mkj =

sup
(x,y)Rkj

f (x, y).

Deniamo la somma inferiore di Riemann della funzione f relativa alla partizione P scelta
r s r s

s(f, P) =

mkj area(Rkj ) =
k=1 j=1 k=1 j=1

mkj (xk xk1 )(yj yj1).

79

80

Capitolo 4

Questa somma fornisce unapprossimazione dal basso del volume cercato. Analogamente, la somma superiore di Riemann della funzione f relativa alla partizione P ` e
r s r s

S(f, P) =

Mkj area(Rkj ) =
k=1 j=1 k=1 j=1

Mkj (xk xk1 )(yj yj1)

e fornisce unapprossimazione dallalto del volume cercato. Ovviamente, se m e M sono rispettivamente lestremo inferiore e lestremo superiore della funzione sul rettangolo R si ha Inoltre, se P P (ovvero la suddivisione P ` pi` ne di P ) si ha e u s(f, P ) s(f, P) S(f, P) S(f, P ). Deniamo lintegrale inferiore di f su R mediante
R

m(b a)(d c) s(f, P) S(f, P) M(b a)(d c).

f = sup {s(f, P) : P partizione di R}

e lintegrale superiore di f su R mediante f = inf {S(f, P) : P partizione di R} .

Denizione 4.1. La funzione limitata f si dice integrabile (secondo Riemann) sul rettangolo [a, b] [c, d] se lintegrale superiore e lintegrale inferiore di f su R sono uguali. In tal caso si indica tale valore con uno dei simboli R f , R f , R f (x, y) dxdy, R f (x, y) dxdy e talvolta si parla di integrale doppio. Una classe importante di funzioni integrabili sui rettangoli ` la classe delle funzioni continue. e Non dimostriamo questo fatto; intuitivamente pensiamo che una funzione continua presenta oscillazioni che si possono facilmente controllare su un rettangolo chiuso e limitato. Esempio 4.1. Sia la funzione denita sul quadrato [0, 1] [0, 1] da (x, y) = 1 se (x, y) Q2 0 altrimenti.

Questa ` una funzione non integrabile, perch comunque si scelga una partizione del quadrato e e unitario risulta sempre Mkj = 1 mkj = 0, da cui
[0,1][0,1]

=0e

[0,1][0,1]

= 1.

La domanda che ci poniamo adesso ` come si possano calcolare gli integrali doppi. e Teorema 4.2 (di riduzione). Sia f una funzione integrabile sul rettangolo R.

4.1 Il calcolo di volumi


b a

81

a. Se, per ogni y [c, d] esiste lintegrale F (y) =


d d b

f (x, y) dx, allora dy.

f=
R c

F (y) dy =
c a

f (x, y) dx
d c

b. Se, per ogni x [a, b] esiste lintegrale G(x) =


b b d

f (x, y) dy, allora dx.

f=
R a

G(x) dx =
a c

f (x, y) dy

Interessante ` linterpretazione geometrica del Teorema di riduzione: si tratta di una sorta e b di integrazione a fette. Infatti, per y ssato in [c, d], lintegrale F (y) = a f (x, y) dx rappresenta larea della regione che si ottiene intersecando il piano y = y con la regione di cui si desidera calcolare il volume. Il volume si ottiene integrando tali aree tra c e d. Si osservi che se f ` continua allora tutte le ipotesi del teorema di riduzione sono soddisfatte e e che quindi
d c a b b d

f (x, y) dx ovvero lordine di integrazione non conta.

dy =
a c

f (x, y) dy

dx,

Esempio 4.3. Integrare la funzione f (x, y) = x3 ey/x , sul rettangolo R = [1, 2] [0, 1]. Si tratta di una funzione continua su R, quindi integrabile e possiamo integrare prima rispetto a x e poi rispetto a y, oppure viceversa, indierentemente. Vediamo cosa ci conviene: se 2 desideriamo integrare prima rispetto a x, occorre calcolare 1 x3 ey/x dx; se desideriamo 1 integrare prima rispetto a y, occorre calcolare 0 x3 ey/x dy. Siccome il secondo integrale ` e pi` facile del primo, decidiamo di integrare prima rispetto a y. Con la sostituzione t = y/x u si ha
1 1

x3 ey/x dy = x3
0 0

ey/x dy
1/x

=x =x

3 0 2

et x dt et
1/x 0

= x2 e1/x 1 .
2

Quindi, eventualmente con la sostituzione t = 1/x,


2 2

f=
R 1 1

x2 e1/x 1 dx =
2

x2 e1/x dx

x2 dx
1

=
1/2

et dt

x2 dx
1 1 2 1

1 et 1/2

x 1

=e

1 e . 2

82

Capitolo 4

Esempio 4.4. La funzione f (x, y) = 1 y Q, x = 1/2 0 altrimenti

` integrabile sul quadrato [0, 1] [0, 1], ma non a fette. Infatti, se scegliamo partizioni fore mate da rettangoli di altezza sempre pi` sottile, diventa trascurabile lapporto dellintegrale u superiore, cosa daltra parte credibile dal momento che desidereremmo calcolare il volume di una sorta di parallelepipedo che ha una dimensione nulla.
1 Si noti che non esiste 0 f ( 2 , y) dy, quindi non ha senso per ogni x ssato loperazione di integrazione rispetto a y. 1

Vogliamo ora integrare su regioni pi` generali, non solo sui rettangoli, ma anche su cerchi, u corone circolari, ecc. Sia una regione limitata del piano e f : R. Per utilizzare la denizione di integrale appena vista, possiamo includere in un rettangolo R e estendere la funzione al rettangolo R, ponendola uguale a 0 al di fuori di . A livello di calcolo di volumi, nulla dovrebbe cambiare. Data f : R, deniamo f : R R ponendo (4.1) f (x, y) = f (x, y) (x, y) 0 (x, y) R \ .

Denizione 4.2. Diciamo che f ` integrabile in una regione limitata del piano secondo e ` integrabile in R e in tal caso poniamo Riemann se f e f=
R

f.

Osserviamo che la denizione ` ben posta, ossia non dipende dal rettangolo R che adoperiamo e per racchiudere linsieme . Tuttavia non ` molto maneggevole, perch f non sar`, in e e a sia integrabile non sar` immediato. generale, continua e quindi capire se f a Introduciamo ora una classe di regioni su cui le funzioni continue sono integrabili. Denizione 4.3. Si dice dominio normale rispetto allasse y un sottoinsieme di R2 della forma (x, y) R2 : x [a, b], g1 (x) y g2 (x) , dove g1 e g2 sono funzioni continue sullintervallo [a, b]. Analogamente, si dice dominio normale rispetto allasse x un sottoinsieme di R2 della forma dove h1 e h2 sono funzioni continue sullintervallo [c, d]. (x, y) R2 : y [c, d], h1 (y) x h2 (y) ,

4.1 Il calcolo di volumi

83

Dominio normale rispetto allasse x

Dominio normale rispetto allasse y

Dominio normale rispetto a entrambi gli assi

Teorema 4.5. Sia un dominio normale rispetto a uno dei due assi e sia f : R una funzione continua. Allora f ` integrabile in e e
b g2 (x)

f=
a

dx
g1 (x)

f (x, y) dy

se ` normale rispetto allasse y e

h2 (y)

f=
c

dy
h1 (y)

f (x, y) dx

se ` normale rispetto allasse x. e f e f dove C ` il cerchio x2 + y 2 1 e S e

Esempio 4.6. Sia f (x, y) = xy 2 . Calcolare il semicerchio C {x 0}.

Si tratta di una funzione integrabile sul cerchio, perch il cerchio normale rispetto agli assi ` e e (ad esempio C = (x, y) R2 : 1 x 1, 1 x2 y 1 x2 ) e f ` continua. e Anche senza calcolare lintegrale, possiamo dire che vale 0, perch f ` dispari rispetto a x e e e il dominio ` simmetrico nella x. e La funzione f ` anche integrabile sul semicerchio, perch il semicerchio ` normale rispetto agli e e e 2 2 y 1 x2 ) e f ` continua. e assi (ad esempio S = (x, y) R : 0 x 1, 1 x 2 Si ha, con la sostituzione t = 1 x :
1 1x2

f=
S 0 1

1x2

xy 2 dy
1x2 1x2

dx
1

=
0

x y /3
0

dx =
0

2 x (1 x2 )3/2 dx 3
0

1 = 3

t
1

3/2

1 t3/2+1 dt = 3 3/2 + 1

=
1

2 . 15

Notare che S ` anche normale rispetto allasse x, perch possiamo scrivere e e S = (x, y) R2 : 1 y 1, 0 x 1 y2 .

84

Capitolo 4

Usando questa decomposizione si ha


1

1y 2

f=
S 1 1 0

xy 2 dx
0 4 1y 2

dy
1 1

=
1

x /2
2

1 dy = 2
3

y 2 (1 y 2 ) dy
1

1 = 2

y5 1 y (y y ) dy = 2 3 5 1
2

=
1

2 , 15

ovvero lo stesso risultato, come dovevasi. Esempio 4.7. Sia f (x, y) = ex . Calcolare (1, 2).
T

f dove T ` il triangolo di vertici (0, 0), (1, 0), e

Si tratta di una funzione continua su T , dominio normale rispetto sia allasse x, sia rispetto allasse y. Infatti abbiamo T = (x, y) R2 : 0 x 1, 0 y 2x T = (x, y) R2 : 0 y 2,
2x 0 y 2

x1

Se consideriamo il dominio come normale rispetto allasse y abbiamo


1

f=
T 0

ex dy

dx =
0

ex 2x dx = ex

1 0

= 1 e1 ;

se invece consideriamo il dominio come normale rispetto allasse x abbiamo


2 1 y/2

f=
T 0

ex dx

dy =???

In questo caso non sappiamo valutare, se non in maniera approssimata, lintegrale interno e quindi non possiamo portare a termine il conto in questo modo. Tutto quanto visto sinora vale anche se il dominio non ` normale rispetto agli assi, ma si e pu` scrivere come unione nita di domini normali rispetto agli assi, che si sovrappongono o solo sui bordi. Ad esempio, un poligono pu` essere scritto come unione o nita di domini normali rispetto agli assi. Oppure una corona circolare: non ` normale rispetto a nessuno degli e assi, tuttavia ` unione di quattro domini normali, ad ee sempio come in gura rispetto allasse x. Notiamo anche che, in coordinate polari (r, ), sarebbe molto facile descrivere la corona circolare: basterebbe richiedere 1 r 2, 0 < 2.

1 D

4.2 Teorema di cambiamento di variabili

85

Potremmo quindi pensare di scrivere lintegrale sulla corona della funzione f (x, y) come 2 2 f (r cos , r sin )d dr. Questa formula per` non ` giusta. Come vedremo nella prossima o e 1 0 sezione, manca un fattore di correzione nella misura delle aree.

2. Teorema di cambiamento di variabili Per capire meglio a cosa ` legato il fattore di correzione di cui poco sopra, ripassiamo le e trasformazioni lineari. u v Siano u = (u1 , u2 ) e v = (v1 , v2 ) due vettori linearmente indipendenti. Allora il parallelogramma P generato da u e v ha u1 v1 area det . u2 v2

Infatti, se ` langolo compreso tra u = (u1 , u2) e v = (v1 , v2 ), allora e cos = e larea del parallelogramma ` data da e u v | sin | = u = = = u v 1 cos2 = u
2

u, v u v
2

u, v u v

u, v

2 2 (u2 + u2 )(v1 + v2 ) (u1 v1 + u2 v2 )2 1 2

2 2 2 2 2 2 u2 v1 + u2 v2 + u2 v1 + u2 v2 u2 v1 u2 v2 2u1v1 u2 v2 1 1 2 2 1 2

(u1 v2 u2 v1 )2 = det u1 v1 u2 v2

u1 v1 u2 v2

Chiamiamo U la matrice

, cosicch area(P ) = | det U|. e

a11 a12 . a21 a22 Il trasformato secondo la mappa L del parallelogramma P generato dai vettori u e v ` ancora e un parallelogramma, che chiamiamo L(P ) e ` generato dai vettori Lu e Lv. Quindi larea e di L(P ) ` data da |det(Lu Lv)|. Daltra parte e Applichiamo ora una trasformazione lineare, legata alla matrice invertibile L = area(L(P )) = det a11 u1 + a12 u2 a11 v1 + a12 v2 a21 u1 + a22 u2 a21 v1 + a22 v2 = |det(L U)|

= |det L| area(P ). Quindi la trasformazione lineare associata alla matrice L dilata le aree di un fattore |det L|.

86

Capitolo 4

Se consideriamo la trasformazione che si ottiene facendo seguire alla trasformazione lineare associata alla matrice L una traslazione, ancora otteniamo una trasformazione che dilata le aree di un fattore |det L|. Esaminiamo ora il problema del cambiamento di variabile. Supponiamo che A sia un insieme aperto limitato e T : A T (A) R2 una mappa biunivoca (cio` iniettiva e suriettiva). La e mappa T ` una funzione a valori vettoriali T (s, t) = ((s, t), (s, t)) e possiamo pensarla e come un cambiamento di variabile (4.2) x = (s, t) y = (s, t).

Sia ora un sottoinsieme di R2 e f : R una funzione continua e integrabile su . Desideriamo sapere come si trasforma lintegrale f (x, y) dxdy operando il cambiamento di variabili T dato dalla formula (4.2). Ci aspettiamo che diventi un integrale esteso alla regione T 1 () della funzione g(s, t) = f ((s, t), (s, t)). Per capire come si trasforma lelemento che misura le aree (cio` dxdy), e immaginiamo di ssare un punto (s0 , t0 ) e un piccolo intorno di forma quadrata Q di questo punto e valutare come si trasforma larea di Q. Approssimiamo le funzioni e con i loro sviluppi del primo ordine centrati in (s0 , t0 ) (s, t) (s0 , t0 ) + 1 (s0 , t0 )(s s0 ) + 2 (s0 , t0 )(t t0 )

(s, t) (s0 , t0 ) + 1 (s0 , t0 )(s s0 ) + 2 (s0 , t0 )(t t0 ). Il secondo membro dellultima formula ` una trasformazione lineare L composta con traslazioni. e In formule, L ` associata alla matrice e 1 (s0 , t0 ) 2 (s0 , t0 ) , JT (s0 , t0 ) = 1 (s0 , t0 ) 2 (s0 , t0 ) che si chiama matrice jacobiana della trasformazione T , calcolata in (s0 , t0 ). Pertanto, per quanto visto sulle trasformazioni lineari, dxdy area(T (Q)) area(L(Q)) = | det(JT (s0 , t0 ))|area(Q) | det(JT (s, t))| dsdt. Questo a parziale giusticazione del Teorema 4.8 (di cambiamento di variabili). Sia A un aperto di R2 e T : A T (A) R2 una mappa biunivoca di classe C 1 (A), ovvero le funzioni e abbiano derivate parziali continue in A. Sia inoltre det JT = 0 in A e sia un dominio semplice rispetto a uno degli assi contenuto in T (A). Allora se f ` una funzione continua e integrabile in , vale e f (x, y) dxdy =
T 1 ()

f ((s, t), (s, t)) | det(JT (s, t))| dsdt.

4.2 Teorema di cambiamento di variabili

87

Un esempio molto importante di cambiamento di variabili ` la mappa T (r, ) descritta dalle e relazioni x = (r, ) = r cos y = (r, ) = r sin , con A = (0, +) (0, 2), ovvero il passaggio a coordinate polari. In tal caso, det(JT ) = r. Quindi (4.3)

f (x, y) dxdy =
T 1 ()

f (r cos , r sin ) r dr d,

tutte le volte che ` un sottoinsieme di T (A) = R2 \ {(x, 0) R2 : x 0}. e


y

2 T 1 () 1 r1 r2

r2

r1

1 x

Notiamo anche che avremmo potuto denire la stessa trasformazione T (r, ) e considerare come aperto A linsieme A = (0, +) (, ). In questo caso, la formula (4.3) sarebbe stata valida per sottoinsieme di T (A) = R2 \ {(x, 0) R2 : x 0}. In realt` nella fora mula (4.3) linsieme pu` essere un qualsiasi sottoinsieme limitato e unione nita di domini o normali rispetto a uno degli assi. Infatti possiamo scrivere f come somma f + f , dove ` lintersezione di con lasse delle ascisse: = {(x, 0) : x 0} e = \ . e Daltra parte f = 0, perch rappresenta il volume di un cilindro con base di area nulla. e Esempio 4.9. Calcolare il volume di un cono circolare retto di base un cerchio di raggio 2 e altezza 3. Possiamo pensare al cono come alla dierenza tra il cilindro (x, y, z) R3 : 0 z 3, x2 + y 2 4 che ha volume 12 e il sottoinsieme S = (x, y, z) R3 : x2 + y 2 4, 0 z Calcoliamo il volume di S. Si ha vol(S) =
{x2 +y 2 4} 2 3 2 3 2

x2 + y 2 .

x2 + y 2 dx dy =
2

3 2

r r dr d
{0r2, 0<2}

3 2

r 2 dr
0 0

d = 8.

Quindi il volume del cono risulta 12 8 = 4.

88
yx

Capitolo 4

Esempio 4.10. Calcolare T e x+y dx dy, dove T ` il triangolo delimitato dagli assi e dalla e retta x + y = 2. Possiamo scrivere T = (x, y) R2 : 0 x 2, 0 y 2 x , ma gli integrali da calcolare sarebbero dicili. La funzione suggerisce le sostituzioni s = y x, t = x + y. Questa trasformazione ` lineare e biunivoca, perch associata alla matrice e e 1 1 . Il triangolo T diventa la regione S = {(s, t) R2 : 0 t 2, t s t} . 1 1 1 2 1 2 Quindi, poich | det J| = det e = 1 , si ha 1 2 1 2 2 e x+y dx dy =
T S
yx

et
1 2

2 1 2

t t

ds dt ==

1 2

e t ds
0

dt

2 0

1 (et e1 t) dt = e . e

Esempio 4.11. Gli integrali doppi si possono utilizzare per calcolare aree: larea di una certa regione del piano, unione nita di domini normali rispetto agli assi, non ` altro che e 1 dx dy. Calcoliamo, ad esempio, larea dellellisse E di equazione area(E) =
E x2 a2

y2 b2

1, con a, b > 0. Si ha

1 dx dy.

Con la sostituzione s = x/a, t = y/b, dato che | det J| = det

a 0 0 b

= ab, otteniamo

= = ab.
s2 +t2 1

1 ab ds dt

Potevamo anche calcolare lultimo integrale passando in coordinate polari


1 0 2 0

d r dr = , ma perch fare tanta fatica, quando si tratta semplicemente dellarea e del cerchio di raggio 1. Esempio 4.12. Calcolare xy 2 dx dy, dove ` la regione di piano compresa tra i graci e 2 2 delle funzioni 1/x, 2/x, x , 2x , come disegnato in gura.

s2 +t2 1

1 ds dt =

4.2 Teorema di cambiamento di variabili

89

y=2x2

Conviene una trasformazione che rettichi le curve in gura: consideriamo pertanto il cambiamento di variabili 2 t = xy. s= x y Tale trasformazione risulta biunivoca, con inversa data da 2 y = 3 ts . x = 3 st Inoltre
xy=2 xy=1

y=x2

det J = det
x2 y

x s y s

x t y t

= det

1 3

t s2 t2 s4

1 3 2 3

s t2 1 st

1 3

1 . 3s

Allora, notando che

1 2

s=

1 e 1 t = xy 2,
1 ,1 [1,2] 2 1 1 s4/3 3 1 2 3 8

xy 2 dx dy = = =

t5/3 s1/3
2

1 3s

ds dt

ds
1

t5/3 dt 3 4 41 .

21

2.1. Complementi sulle funzioni a valori vettoriali. Nella parte precedente del corso non abbiamo mai focalizzato lattenzione sulle funzioni a valori vettoriali: nel calcolo dei limiti abbiamo semplicemente detto che, siccome possiamo eettuare i conti sulle singole componenti, ci basta trattare le funzioni a valori reali; nel calcolo dierenziale la nostra attenzione si ` rivolta a problemi di massimo e di minimo, quindi abbiamo considerato e solo funzioni a valori reali (solo per queste ha senso porsi il problema di trovare un valore massimo/minimo). Tuttavia la nozione di dierenziabilit` (nel senso dellapprossimazione a con una funzione lineare) ha senso anche per funzioni a valori vettoriali. Denizione 4.4. Si dice che F = (f1 , . . . , fm ) : Rn Rm ` dierenziabile (o derivabile e Frecht) nel punto x0 interno al dominio di F se esiste una matrice D di tipo m n e una e funzione = (1 , . . . , m ) denita in un intorno U0 di x0 in Rn a valori in Rm tali che F(x) = F(x0 ) + D(x x0 ) + x x0 (x x0 ) con
t0

x U0

lim (t) = (0) = 0.

In questa denizione siamo pensando ai vettori come vettori colonna. In particolare il prodotto della matrice D = (dij ) con il vettore x x0 ` un prodotto righe per colonne, e

90

Capitolo 4

d1n x1 x01 d2n x2 x02 . . . . . . . xn x0n dm1 dm2 dmn La matrice D dipende sia da F sia da x0 e si chiama matrice Jacobiana di F in x0 ; nelle formule si indica con il simbolo JF (x0 ). d11 d21 D(x x0 ) = . . . d12 d22 . . . Si pu` dimostrare facilmente che se le funzioni f1 , . . . , fm sono dierenziabili in x0 , allora o anche F = (f1 , . . . , fm ) ` dierenziabile in x0 e che la matrice Jacobiana di F ha come righe e fj (x0 ), ossia f1 (x0 ) 1 f1 (x0 ) 2 f1 (x0 ) n f1 (x0 ) f2 (x0 ) 1 f2 (x0 ) 2 f2 (x0 ) n f2 (x0 ) = JF (x0 ) = . . . . . . . . . . . . fm (x0 ) 1 fm (x0 ) 2 fm (x0 ) n fm (x0 ) (e viceversa, se F = (f1 , . . . , fm ) ` dierenziabile in x0 allora tutte le funzioni f1 , . . . , fm sono e dierenziabili in x0 ). In particolare, se n = m = 1 allora la matrice Jacobiana si riduce alla derivata di f in x0 . Diamo ora una versione pi` generale del teorema della funzione composta: supponiamo che u G : A Rn Rm e F : B Rm Rk tali che G(A) B, in modo da poter considerare la funzione composta F G : A Rn Rk . Teorema 4.13 (della funzione composta). Sia x0 un punto interno a A e sia y0 = G(x0 ) un punto interno a B. Se G ` dierenziabile in x0 e F ` dierenziabile in y0 = G(x0 ), e e allora F G ` dierenziabile in x0 e e JFG (x0 ) = JF (y0 ) JG (x0 ) = JF (G(x0 )) JG (x0 ).

ovvero

Si intende che la matrice JFG (x0 ) (che ` di tipo k n) si ottiene facendo il prodotto righe e per colonne della matrice JF (y0 ) (che ` di tipo k m) per la matrice JG (x0 ) (che ` di tipo e e m n). Nel paragrafo precedente abbiamo considerato in particolare i cambi di variabile in R2 , ossia funzioni a valori vettoriali in cui n = m biunivoche. In questo caso la matrice Jacobiana, come abbiamo visto, ` quadrata. e Nel caso di una variabile, per sapere se una funzione regolare f : (a, b) f (a, b) ` biunivoca, e ci basta controllare che abbia derivata non nulla in ogni punto di (a, b). Questo corrisponde a dire che in ogni punto lapprossimante lineare di f ` una mappa invertibile. e Nel caso di pi` variabili, dire che lapprossimante lineare (in un punto) di F : A Rn u n F(A) R ` una mappa invertibile vuol dire che la matrice Jacobiana di F in quel punto e

4.3 Integrali impropri (con n = 2)

91

ha determinante non nullo. Infatti, nel punto x0 lapprossimazione lineare ` e x F(x0 ) + JF (x0 )(x x0 ). Proviamo a invertirla, ovvero, dato y in F(A) cerchiamo x tale che Deve risultare JF (x0 )(x x0 ) = y F(x0 ). Otteniamo un sistema lineare, che ammette sempre soluzione se e solo se det JF (x0 ) = 0. Tuttavia, se n > 1, non ` detto che una funzione F : A Rn F(A) Rn con determinante e Jacobiano non nullo in ogni punto di A sia biunivoca. Ad esempio ha determinante Jacobiano det JF (, ) = sempre non nullo, ma F non ` iniettiva (F(, ) = e F(, + 2)). Si pu` dimostrare che se det JF (x0 ) = 0, allora F ` localmente invertibile in x0 , ossia esiste o e un intorno U di x0 tale che F : U F(U) sia biunivoca. Ricordiamo che il viceversa di queste aermazioni non ` vero: ossia non ` detto che se e e F : A Rn F(A) Rn ` biunivoca, allora il suo determinante Jacobiano ` non nullo e e 3 in ogni punto di A (neanche per n = 1, ad esempio x x su A = R ` biunivoca ma ha e derivata nulla in x = 0). 2.2. Approssimazioni. Qualora si desideri approssimare un integrale di una funzione di due variabili su un rettangolo, si pu` usare un pacchetto di MatLab , che implementa o un metodo simile a quello dei trapezi per funzioni di una variabile. Il comando, che si pu` o direttamente chiamare nella command window, ` dblquad e ha il seguente formato: e dblquad(f , xmin , xmax , ymin , ymax , errore) se non specicato, lerrore ` 106 . Dovendo approssimare lintegrale di f su una regione e limitata , si racchiuda in un rettangolo R e si approssimi lintegrale su R della funzione f , denita come nella formula (4.1) (cio` posta 0 fuori di ). e 3. Integrali impropri (con n = 2) Trattiamo ora il caso in cui il dominio di integrazione non ` limitato e f ` una funzione e e continua. Siano quindi un insieme unione nita di domini normali rispetto a uno degli assi, ma non limitato. Indichiamo con BR (0) il cerchio centrato nellorigine di raggio R, ossia BR (0) = {(x, y) R2 : x2 + y 2 R2 }. Allora BR (0) ` un insieme limitato e unione nita di e domini normali rispetto agli assi. F : (0, +) R R2 \ {0} F(, ) = ( cos , sin ) F(x0 ) + JF (x0 )(x x0 ) = y.

92

Capitolo 4

Denizione 4.5. Diremo che f ` integrabile in senso improprio in se esiste nito il e (4.4) In tal caso poniamo f (x, y) dx dy = lim
R+ R+

lim

f (x, y) dx dy.
BR (0)

f (x, y) dx dy.
BR (0)

Osserviamo che avremmo potuto anche tagliare con una famiglia di sottoinsiemi che non necessariamente siano cerchi. Ad esempio, avremmo potuto considerare una famiglia composta da quadrati sempre pi` grandi, ponendo QR (0) = {(x, y) : |x| R, |y| R} e usando u i quadrati QR (0) al posto dei cerchi BR (0). Ebbene, avremmo ottenuto lo stesso risultato, ovvero: esiste nito il limite della formula (4.4) se e solo se esiste nito lim QR (0) f dx dy
R+

e sono uguali. Questo succede perch le famiglie dei cerchi e dei quadrati sono confrontabili, e ossia ogni quadrato ` contenuto in un cerchio di raggio opportuno e, viceversa, ogni cerchio e ` contenuto in un quadrato di ampiezza opportuna. e Esempio 4.14. Per quali > 0 risulta integrabile in senso improprio sulla corona circolare 1 = {x2 + y 2 > 1} la funzione f (x, y) = (x2 +y2 )/2 ? La funzione f ` continua in , unione e di due domini normali rispetto agli assi. Passando in coordinate polari otteniamo f (x, y) dx dy =
BR (0) 1x2 +y 2 R2

(x2

1 dx dy + y 2)/2

= =

1 r dr d [1,R][0,2) r
2 R

d
0 2 1 r 2 2

r 1 dr
R 1

=2

2 [log r]R = 2 1 2 2 2 (R 1) = 2 2 log R

= 2.

Quindi: se 0 < 2, allora grabile in . Se invece > 2, allora


BR (0)

BR (0)

f (x, y) dx dy +, ovvero f non risulta inte R+

e f (x, y) dx dy 2 , quindi f ` integrabile in e 2


R+

f (x, y) dx dy =

2 . 2

4.3 Integrali impropri (con n = 2)

93

C` un facile criterio per stabilire se una funzione sia integrabile, analogo al criterio utile e visto lanno scorso per integrali impropri di una variabile. Teorema 4.15 (del confronto). Sia f : R2 R una funzione continua nella corona = {(x, y) : x2 + y 2 > 1}. i) Supponiamo che esistano > 2 e C 0 tali che |f (x, y)| C 1 + y 2 )/2 (x, y) ,

(x2

allora f ` integrabile in . e ii) Se f ` non negativa ed esistono 2 e C > 0 tali che e f (x, y) C 1 + y 2)/2 (x, y) ,

(x2

allora f non ` integrabile in . e Esempio 4.16. (Importante) Calcolare R2 e(x +y )/2 dx dy. Siccome la funzione f (x, y) = 2 2 e(x +y )/2 soddisfa banalmente le ipotesi del Teorema 4.15, allora f ` integrabile in R2 , che e ` un dominio normale rispetto agli assi. Cerchiamo di calcolare questo integrale. Innanzi e tutto, abbiamo
2 2

e(x
R2

2 +y 2 )/2

dx dy = lim

R+

e(x
BR (0)

2 +y 2 )/2

dx dy

e, passando in coordinate polari, otteniamo

= lim = lim = lim = 2.

R+

er
[0,R][0,2) R 2 0 R

2 /2

r dr d dr

R+

er r d
0

R+

2 er r dr
0

94

Capitolo 4

Allo stesso risultato dobbiamo pervenire adoperando la famiglia dei quadrati QR (0). 2 =
R2

e(x

2 +y 2 )/2

dx dy
2 +y 2 )/2

= lim

R+

e(x
QR (0) R R R

dx dy
2 /2

= lim = lim

R+

ex
R R

2 /2

ey

dx ey

dy
2 /2

R+

ex
R R

2 /2

dx
2 R

dy

= lim =
R

R+

e
R
2 /2

x2 /2 2

dx

ex

dx

Questo conto porta a una formula molto importante per i probabilisti: 2 ex /2 dx = 2.


R

4. Integrali n-dimensionali La teoria sviluppata nelle sezioni precedenti nel caso n = 2 si pu` estendere al caso di dio mensioni maggiori. La denizione di integrale sui rettangoli viene sostituita dallintegrazione sugli n-intervalli, ovvero insiemi del tipo I = [a1 , b1 ] [an , bn ]. In particolare, nel caso n = 3, si considerano i parallelepipedi. In maniera del tutto analoga si deniscono somme superiori, inferiori e quindi si d` senso allintegrale n-dimensionale. a Vale ancora un analogo del Teorema 4.2 di riduzione, che ci permette di scrivere un integrale su un rettangolo come iterazione di due integrali 1-dimensionali. In dimensione maggiore esistono vari modi di ordinare e raggruppare le variabili. Ad esempio, se n = 3, potremmo voler ssare (x, y) e integrare prima lungo un lo a3 z b3 , oppure possiamo ssare z e integrare prima su uno strato bidimensionale [a1 , b1 ] [a2 , b2 ]. Inoltre si potrebbe anche cambiare lordine della variabili, ad esempio tenendo sse (x, z) e integrando su un lo a2 y b2 . In ogni caso, il Teorema di riduzione per integrali n-dimensionali aerma che se f ` una fune zione continua su un n-intervallo I, allora ` possibile scrivere lintegrale di f su I riducendolo e al prodotto di un integrale k-dimensionale per un integrale n k dimensionale, prendendo le variabili in qualsiasi ordine, ad esempio f=
I [a1 ,b1 ][ak ,bk ] [ak+1 ,bk+1 ][an ,bn ]

f (x1 , . . . , xn ) dxk+1 dxn

dx1 dxk .

4.4 Integrali n-dimensionali

95

Ci soermeremo maggiormente sul caso n = 3. In questo caso si parla talvolta di integrali tripli e ad esempio f=
I [a1 ,b1 ][a2 ,b2 ] [a3 ,b3 ]

f (x, y, z) dz f (x, y, z) dx
[a2 ,b2 ][a3 ,b3 ] [a1 ,b1 ]

dx dy dy dz dy.

= =
[a2 ,b2 ] [a1 ,b1 ][a3 ,b3 ]

f (x, y, z) dx dz
[0,1][2,3][1,1]

Esempio 4.17. Calcolare

f dove f (x, y, z) = x + y + z. Si ha
1

(x + y + z) dx dy dz =
[0,1][2,3][1,1] [0,1][2,3] 1

(x + y + z) dz (2x + 2y) dx dy
[0,1][2,3] 1 3

dy dz

= =
0 1 2

(2x + 2y) dy (2x + 5) dx = 6.


0

dx

Potremo integrare su domini anche pi` generali dei 3-intervalli. Ad esempio, per n = 3, u risultano domini normali rispetto allasse z quei sottoinsiemi della forma E = (x, y, z) R3 : g1 (x, y) z g2 (x, y), (x, y) con unione nita di domini 2-dimensionali e normali rispetto allasse x o allasse y e g1 , g2 : R funzioni continue. In modo analogo si deniscono i domini normali rispetto allasse x o allasse y. Risultano integrabili le funzioni continue su tutti gli insiemi pi` conosciuti della geometria: u cilindri, poliedri,. . . In particolare, questo fatto ci permette di calcolare volumi di questi insiemi E calcolando 1. E Ci sono analoghi del Teorema 4.5 per il calcolo di integrali su domini normali rispetto a uno degli assi e del Teorema 4.8 di cambiamento di variabili. Teorema 4.18. Sia f : R3 R una funzione continua su un dominio E normale rispetto allasse z. Allora
g2 (x,y)

f=
E g1 (x,y)

f (x, y, z) dz

dx dy

Esempio 4.19. Calcolare il volume del solido E ottenuto tagliando il cilindro di raggio 1 dato da {(x, y, z) : x2 + y 2 1} con i piani z = 0 e z + y = 2. Il solido E ` un dominio e

96

Capitolo 4

normale rispetto allasse z, infatti, se poniamo B1 (0) = {(x, y) : x2 + y 2 1}, abbiamo E = (x, y, z) R3 : 0 z 2 y, (x, y) B1 (0) .
2y

Quindi volume(E) =
E

1 dx dy dz =
B1 (0) 0

1 dz

dx dy

=
B1 (0)

(2 y) dx dy

2 dx dy = 2.
B1 (0)

Ad esso si associa la matrice jacobiana 1 1 2 1 . . . n 1 1 2 2 2 . . . n 2 JT = . . . . . . . . . . 1 n 2 n . . . n n

Un cambiamento di variabili ` una mappa T biunivoca denita da T (s1 , . . . , sn ) = (x1 , . . . , xn ) e con x1 = 1 (s1 , . . . , sn ) . . . xn = n (s1 , . . . , sn )

Anche in questo caso il suo determinante ` il fattore di dilatazione innitesima richiesto per e il Teorema 4.20 (di cambiamento di variabili). Sia A un aperto di Rn e T : A T (A) Rn una mappa biunivoca di classe C 1 (A), ovvero le componenti j abbiano derivate parziali continue in A. Sia inoltre det JT = 0 in A e sia un dominio semplice rispetto a uno degli assi contenuto in T (A). Allora se f ` una funzione continua e integrabile in , vale e

f (x1 , . . . , xn ) dx1 dxn =

T 1 ()

f T (s1 , . . . , sn ) | det(JT (s1 , . . . , sn ))| ds1 dsn .

Nel caso n = 3 sono particolarmente utilizzati i cambiamenti di coordinate seguenti. 4.1. Coordinate cilindriche in R3 . Questo sistema di coordinate mantiene la coordinata cartesiana z inalterata e introduce coordinate polari nel piano xy. In formule, si tratta della trasformazione T (r, , z) : (0, +) (0, 2) R R3 data da x = r cos y = r sin z = z

4.4 Integrali n-dimensionali

97

per cui

cos r sin 0 r x x z x | det J| = r y y z y = sin r cos 0 = r. 0 0 1 r z z z z In questo caso A = (0, +) (0, 2) R e T (A) = R3 \ {(x, 0, z) : x 0, z R}. Come nel caso delle coordinate polari nel piano, stiamo escludendo un insieme cui competerebbe comunque un volume nullo. Pertanto se ` un dominio in R3 (e non occorre che T (A)) e si ha f (x, y, z) dx dy dz = f (r cos , r sin , z) r dr d dz.
T 1 ()

Le coordinate cilindriche sono utili quando il dominio di integrazione presenta una simmetria rispetto allasse z, oppure quando il dominio di integrazione ` delimitato da superci e del tipo z =costante (cio` un piano parallelo al piano xy), oppure =costante (cio` un e e semipiano perpendicolare al piano xy generato nel piano dai punti con argomento ), oppure da r =costante (cio` da un cilindro innito di raggio r). e Esempio 4.21. Calcolare il volume di un toro T, ovvero di un solido ottenuto mediante rotazione attorno allasse z di un cerchio del piano xz non contenente lorigine e con centro sullasse x. Supponiamo che il cerchio sia {(x, z) R2 : (x 2)2 + z 2 1}. I piani z =costante, variabile tra 1 e 1, intersecano il toro in corone circolari di raggio interno 2 e raggio esterno 2 + 2 1z 1 z 2 . Possiamo scrivere il toro generato da questo cerchio in coordinate cilindriche T 1 (T) = (r, , z) : 1 z 1, 0 < 2, 2 1 z 2 r 2 + 1 z 2 . Pertanto volume(T) =
T 2 1

1 dx dy dz = d
0 1 1

1 r dr d dz
T 1 (T) 2+ 1z 2 1

= = 2

dz

2 1z 2 1 0

r dr = 2
1

r 2

2+ 1z 2 2 1z 2

Infatti lultimo integrale ` larea di un quarto del cerchio unitario. e 4.2. Coordinate sferiche in R3 . In questo sistema di coordinate a ogni punto P = (x, y, z) di R3 corrisponde una terna (r, , ) [0, +) [0, ] [0, 2) tramite la legge x = r sin cos y = r sin sin z = r cos

2 1 z 2 dz = 8

1 z 2 dz = 2

La coordinata r rappresenta la distanza dallorigine del punto P = (x, y, z), quindi le superci corrispondenti a r =costante sono le sfere centrate nellorigine. La coordinata rappresenta langolo formato dal vettore (x, y, 0) con lasse x. Le superci corrispondenti a

98

Capitolo 4

=costante sono semipiani ortogonali al piano xy e lintersezione tra la sfera x2 +y 2 +z 2 = R2 e =costante sono i meridiani della sfera; in questo senso, ` la longitudine. La coordie nata invece rappresenta langolo che il vettore (x, y, z) forma con lasse z. Le superci corrispondenti a =costante sono coni con punta nellorigine e lintersezione tra la sfera x2 + y 2 + z 2 = R2 e =costante sono i paralleli della sfera; in questo senso, ` la latitudine e e varia tra 0 al polo nord e al polo sud. Calcoliamo ora il determinante della matrice jacobiana di questa trasformazione. sin cos r cos cos r sin sin r x x x | det J| = r y y y = sin sin r cos sin r sin cos = r 2 sin . cos r sin 0 r z z z

Scegliendo A = (0, +) (0, ) (0, 2), si ha T (A) = R3 \ {(x, 0, z) : x 0, z R}. Di nuovo, linsieme che escludiamo in questa trasformazione ha volume nullo, quindi possiamo dire che se ` un dominio in R3 (e non occorre che sia contenuto in T (A)) si ha e f (x, y, z) dx dy dz =
T 1 ()

f (r sin cos , r sin sin , r cos ) r 2 sin dr d d.

Esempio 4.22. Calcolare la massa di una semisfera (solida) di raggio 3, sapendo che la densit` ` due volte la distanza dallorigine (massa=densit` per volume). ae a Possiamo pensare che la semisfera sia S = (x, y, z) R3 : x2 + y 2 + z 2 9, z 0 e che la densit` sia regolata dalla funzione f (x, y, z) = 2 x2 + y 2 + z 2 . Allora la massa ` a e 2 x2 + y 2 + z 2 dx dy dz
S

In coordinate sferiche tale integrale diventa


3 2 /2

{0r3,0 } 2

2 r r 2 sin = 2
0

r 3 dr
0

d
0

sin d = 81.

Si pu` dimostrare che il determinante jacobiano di questa trasformazione ` o e det(JT ) = r n1 (sin 1 )n2 (sin 2 )n3 sin n2 .

4.3. Coordinate sferiche in Rn . In Rn il passaggio a coordinate polari ` denito da e x1 = r cos 1 x2 = r sin 1 cos 2 x3 = r sin 1 sin 2 cos 3 r [0, +), j [0, ], [0, 2). . . . xn1 = r sin 1 sin 2 sin n2 cos xn = r sin 1 sin 2 sin n2 sin

4.4 Integrali n-dimensionali

99

In particolare, se f ` una funzione che dipende solo dalla distanza dallorigine, cio` f (x) = e e f0 ( x ), allora
R

f (x) dx = n
x <R 0

f0 (r) r n1 dr,

dove n ` un numero che dipende solo dalla dimensione dello spazio e rappresenta larea della e sfera di raggio 1 in Rn (ad esempio, per n = 2, si ottiene la lunghezza della circonferenza: 2 = 2; per n = 3 si ottiene lusuale area della sfera 3 = 4; in ogni caso, si intende larea della supercie della sfera {x Rn : x = 1} come oggetto (n 1)-dimensionale). 4.4. Integrazione impropria in Rn . Analogamente a quanto visto per n = 2, possiamo denire lintegrale improprio di una funzione continua f anche nel caso in cui il dominio di integrazione non ` limitato e f ` una funzione continua e non negativa. Le denizioni e e sono le stesse viste nella sezione 3 qualora si considerino funzioni denite su Rn e i cerchi o i quadrati vengano sostituiti con i loro analoghi n-dimensionali. Indicheremo ancora con BR (0) la palla di Rn centrata nellorigine BR (0) = {x Rn : x < R} e con QR (0) lipercubo centrato nellorigine QR (0) = { x = (x1 , . . . , xn ) Rn : |xj | < R j = 1, . . . , n } . Esempio 4.23. Per quali > 0 risulta integrabile in senso improprio sulla corona circolare = { x > 1} la funzione f (x) = x1 ? La funzione f ` continua in . Passando in e coordinate polari otteniamo f (x) dx =
BR (0)

= Quindi: se 0 < n, allora in . Se invece > n, allora

n [log r]R = n 1 n n n (R 1) = n log R n


R+

1 x R R n r n1 1 rn R n n 1

1 x

dx = n
1

1 n1 r dr r

dr =n

= n.

BR (0)

f (x) dx +, ovvero f non risulta integrabile

BR (0)

e f (x) dx n , quindi f ` integrabile in e n


R+

f =

n . n

100

Capitolo 4

Il criterio per stabilire se una funzione sia integrabile diventa Teorema 4.24 (del confronto). Sia f : Rn R una funzione continua nella corona = {x : x > 1}. i) Supponiamo che esistano > n e C 0 tali che |f (x)| C 1 x

x ,

allora f ` integrabile in . e ii) Se f ` non negativa ed esistono n e C > 0 tali che e f (x) C allora f non ` integrabile in . e 1 x

x ,

5. La funzione Gamma di Eulero Lintegrale improprio 0 ex xt1 dx risulta convergente per ogni t > 0. Pertanto ` ben e denita e con dominio (0, +) la funzione
+ +

(t) =
0

ex xt1 dx,

che ` detta funzione Gamma. e In Analisi, molte sono le propriet` interessanti della funzione Gamma. Innanzi tutto, cala ` coliamo alcuni valori di questa funzione. E immediato controllare che (1) = 1. Un altro 1 valore importante si ottiene per t = 2 . Infatti, con la sostituzione y = (2x)1/2 si ottiene dy = (2x)1/2 dx e quindi
+ 1 ( 2 ) =

x1/2 ex dx
0

= = Quindi abbiamo visto che (4.5)

2
0

ey dy =

1 2 2

ey
R

2 /2

dy

1 2 2 = . 2

(1) = 1

1 2

La propriet` fondamentale della funzione Gamma ` la formula a e (4.6) (t + 1) = t (t) t > 0,

4.5 La funzione Gamma di Eulero

101

di facile verica.

Altri valori particolari si ricavano mediante le formule (4.6) e (4.5): per ogni n = 1, 2, 3, . . . (n + 1) = n(n) = n(n 1)(n 1) = n! n+ 1 2 = . . . = n(n 1) 1 (1) 1 +1 2 1 n 2 n = n 3 2

= n = ... = = n 1 2

1 2 ... 1 2

n 1 2 .

1 2 1 2

1 1 n1+ 2 2

n 3 2

...

La funzione Gamma (gamma per MATLAB) ha graco

2.5

2.5

7.5

-2.5

e tende a + a +. Si pu` dimostrare che tende a + per t + come tt tet : ` il o e contenuto del
1

Con una integrazione per parti si ottiene


+

(t + 1) =
0

ex xt dx
+ 0 +

= ex xt
+

+
0

ex t xt1 dx dx = t (t).

=t
0

t1

102

Capitolo 4

Teorema 4.25 (formula di Stirling). Si ha (t + 1) = 1. t+ tt 2t et lim In particolare


n+

lim

nn

n! = 1. 2n en

5.1. Area e volume delle sfere in Rn . Lidea per calcolare larea della sfera in Rn ` e quella di calcolare e
Rn x
2 /2

dx

in due modi diversi. Innanzi tutto, lintegrale improprio ` convergente e e e


Rn x
2 /2

dx = lim

R+

e
QR (0)

2 /2

dx = lim

R+

e
BR (0)

2 /2

dx.

Ricordando che x

= x2 + + x2 , si ha 1 n
2 /2

e
QR (0)

dx =
R

e
R

x2 /2 1

dx1
R n

x2 /2 2

dx2

exn /2 dxn
R

ex /2 dx R R+ ( 2)n . = Laltro modo che abbiamo per calcolare lintegrale ` quello di vederlo come limite degli e integrali sulle palle e passare in coordinate polari: e
Rn x
2 /2

dx = lim

R+

e
BR (0) R

2 /2

dx

= lim n
R+ 0 R

er

2 /2

r n1 dr
n

= n lim =2 =2
n 1 2 n 1 2

R+

es (2s) 2 1 ds
0 + 0

n n

es s 2 1 ds

n . 2 Il risultato deve essere lo stesso; questo vuol dire che n n ( 2)n = 2 2 1 n , 2

4.6 Esercizi

103

quindi n = 2 ()n/2 . n 2
n 2

e Se n ` pari, allora n = n 1 ! Se invece n ` dispari, allora e 2 2 n 1 n n 1 2 2 2 . Quindi la sfera di R con n = 2k 2 2k = mentre in dimensione dispari n = 2k + 1 2k+1 = dove (2k 1)!! = (2k 1)(2k 3) 1. 2k ()k (2k 1)!! 2 ()k k!

n1 2

1 2

Inne, il volume della sfera piena BR (0) = {x Rn : x 1} vale


R

vol(BR (0)) = n
0

r n1 dr

Rn = n . n 6. Esercizi 1) Calcolare i seguenti integrali: (x + y) dx dy


[0,2][0,1] {x2 +y 2 1, y0}

(x3 + xy 2 ) dx dy
{x2 +y 2 1}

x2

arctg y dx dy + y4 + 2

xy dx dy

dove il bordo di ` formato da y = x2 , x = y 2 e dove = 0 x 1, x2 y x (attenzione)

x y e dx dy y log x dx dy

dove il bordo di ` formato da x > 0, y > 0, 2x + 2y = 5, xy = 1 e

(x + y) dx dy dove ` il quadrilatero di vertici (2, 2), (1, 1), (2, 2), (1, 1) e x2 dx dy 1 + xy xy dx dy dove T ` il triangolo di vertici (0, 0), (1, 1), (1, 0) e

dove = x 0, y 0, x2 + 4y 2 4 dove = y 0, x2 + y 2 2x, x2 + y 2 + 3 4x dove = x 0, y 0, 1 x2 + y 2 2

(x 1)y dx dy x2 y dx dy x2 + y 2

104

Capitolo 4

2) Adoperando le sostituzioni indicate, oppure passando in coordinate polari, calcolare xy dx dy


C

dove C ` il quarto della corona circolare di raggi 1 e 2 nel primo quadrante e dove S = (x, y) : x 0, y 0, x2 + y 2 4 (elaborato) x + y = 1, x + y = 2, 3x + 4y = 5, 3x + 4y = 6

4 x2 y 2 dx dy ex+y dx dy

{|x|+|y|1}

(x2 + y 2) dx dy
P

dove P ` il parallelogramma delimitato da e (porre s = x + y, t = 3x + 4y)

x2 y dx dy 1 + xy

dove D ` il triangolo di vertici (0, 0), (1, 0), (0, 1) e (pu` essere utile porre x = s(1 + t), y = s(1 t)) o

3) Calcolare larea della regione piana racchiusa dalla curva (t) = (2 cos3 t, 3 sin3 t) con t [0, 2]. 4) Calcolare
D

x2 dx dy dove D ` la regione piana denita dalle disequazioni e 1 y x2 + x + 3, y x2 x, y x2 + 2x. 2

Riferimenti bibliograci
[1] R. A. Adams, Calcolo Dierenziale vol. 1, vol. 2, CEA, Milano, 2003. [2] A. Bacciotti e F. Ricci, Analisi matematica vol. 1, Liguori, Napoli, 1994. [3] S. Goldberg, Introduction to dierence equations: with illustrative examples from economics, psychology and sociology, Wiley, New York, 1958. [4] P. Marcellini e C. Sbordone, Istituzioni di matematica e applicazioni, Liguori, Napoli, 1985. [5] F. Parodi e T. Zolezzi, Appunti di Analisi Matematica, ECIG, Genova, 2002.

105

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