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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI BRESCIA

FACOLTA’ DI MEDICINA E CHIRURGIA

CORSO DI LAUREA IN MEDICINA E CHIRURGIA

CORSO INTEGRATO
MEDICINA INTERNA, MALATTIE DEL SISTEMA ENDOCRINO E DEL METABOLISMO

DIABETE MELLITO

Anno Accademico 2017-2018


DIABETE MELLITO

1. DEFINIZIONE

2. CRITERI PER LA DIAGNOSI

3. EPIDEMIOLOGIA

4. CLASSIFICAZIONE EZIOLOGICA

5. FISIOPATOLOGIA

6. QUADRO CLINICO

7. ASPETTI DI TERAPIA
DIABETE MELLITO: DEFINIZIONE

E’ una sindrome dismetabolica caratterizzata dal riscontro di


iperglicemia, causata da un deficit assoluto di insulina, dalla
sua ridotta efficacia biologica o da ambedue le cause.
L’iperglicemia cronica è associata a lesione, disfunzione ed
insufficienza di diversi organi, in particolare vasi, cuore, rene,
sistema nervoso periferico.
Livelli particolarmente elevati di iperglicemia possono
produrre quadri clinici acuti gravi, quali la chetoacidosi e la
sindrome iperosmolare non chetosica.
DIABETE MELLITO

1. DEFINIZIONE

2. CRITERI PER LA DIAGNOSI

3. EPIDEMIOLOGIA

4. CLASSIFICAZIONE EZIOLOGICA

5. FISIOPATOLOGIA

6. QUADRO CLINICO

7. ASPETTI DI TERAPIA
VALUTAZIONE DEL CONTROLLO GLICEMICO

1. Glicemia su sangue venoso (plasma)

2. Glicemia su sangue capillare

3. Glicosuria

4. Emoglobina glicata
La percentuale di emoglobina glicata riflette i valori medi di
glicemia nell’arco delle precedenti 8-12 settimane
Criteri per la diagnosi di diabete mellito

• Sintomi di diabete + glucosio plasmatico casuale


sup/uguale a 200 mg/dl (11,1 mmol/l)
• Glucosio plasmatico a digiuno sup/uguale a 126
mg/dl (7,0 mmol/l)
• Glucosio plasmatico 2 ore dopo carico orale di
glucosio sup/uguale a 200 mg/dl durante un
OGTT

In assenza di inequivoca iperglicemia con scompenso metabolico acuto, tali criteri andrebbero
confermati ripetendo il test un altro giorno.
La terza misura (OGTT) non è raccomandata per l'uso routinario clinico.
FPG = fasting plasma glucose (glicemia a digiuno).
Criteri per la diagnosi di diabete mellito

Le categorie di valori di glucosio plasmatico a digiuno (FPG)


sono le seguenti:

FPG <100 mg/dl normale glicemia a


digiuno

FPG >=100
alterata glicemia a
e <126 mg/dl
digiuno (IFG)

FPG >= 126 mg/dl diagnosi provvisoria


di diabete
Criteri per la diagnosi di diabete mellito
Le corrispondenti categorie, con test da carico orale di
glucosio (OGTT), sono :
due ore dopo il carico normale tolleranza
orale di glucosio al glucosio
(2hPG) <140 mg/dl

2hPG >=140 e <200 ridotta tolleranza al


mg/dl glucosio (IGT)

2hPG >=200 mg/dl diagnosi provvisoria


di diabete
Criteri per la diagnosi di diabete mellito

Le categorie di valori di emoglobina glicata (A1C) sono le


seguenti:

A1C < 5.7 % Normale

A1C 5.7>= 5.7 aumentato rischio di


e < 6.5% sviluppare diabete

A1C >= 6.5%


diagnosi provvisoria
di diabete
IGT e IFG
• L’intolleranza al glucosio (IGT = Impaired Glucose
Tolerance): paziente che, alla seconda ora dopo il
carico con 75 grammi di glucosio per os, ha valori di
glicemia compresi tra 140 e 199 mg/dl.

• L’alterata glicemia a digiuno (IFG = Impaired Fasting


Glucose): soggetto che presenta valori di glicemia a
digiuno compresi tra 100 e 125 mg/dl
Il significato clinico di IGT e IFG
Ambedue le classi presentano un aumentato rischio sia
cardiovascolare sia di sviluppo di diabete conclamato,
ma con alcune differenze:

•L’IGT presenta infatti un rischio


cardiovascolare alto, sovrapponibile a quello dei
soggetti diabetici.

•L’IFG ha soprattutto un rischio


elevato di sviluppare diabete mellito.

Sono condizioni che vanno monitorizzate nel tempo.


RETINOPATIA DIABETICA
Prevalenza di retinopatia
per decili di distribuzione di FPG, 2hPG ed HbA1c
negli indiani Pima (descritta da Mc Cance et al.)

Nell’asse delle x è indicato il limite inferiore di ogni gruppo di decile.


Prevalenza di retinopatia
per decili di distribuzione di FPG, 2hPG ed HbA1c
negli egiziani (descritta da Engelau et al.)

Nell’asse delle x è indicato il limite inferiore di ogni gruppo di decile.


Prevalenza di retinopatia
per decili di distribuzione di FPG, 2hPG ed HbA1c
nei NHANES III dai 40 ai 70 anni (Flegal,Nat.Cent. for Health Stat.)

Nell’asse delle x è indicato il limite inferiore di ogni gruppo di decile.


DIABETE MELLITO

1. DEFINIZIONE

2. CRITERI PER LA DIAGNOSI

3. EPIDEMIOLOGIA

4. CLASSIFICAZIONE EZIOLOGICA

5. FISIOPATOLOGIA

6. QUADRO CLINICO

7. ASPETTI DI TERAPIA
Age-adjusted Percentage of U.S. Adults Who Had
Diagnosed Diabetes
1994

Missing data <4.5%


4.5 - 5.9% 6.0 - 7.4%
7.5 - 8.9% ≥9.0%

CDC’s Division of Diabetes Translation. National Diabetes Surveillance System


available at http://www.cdc.gov/diabetes/statistics
Age-adjusted Percentage of U.S. Adults Who Had
Diagnosed Diabetes
1995

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4.5 - 5.9% 6.0 - 7.4%
7.5 - 8.9% ≥9.0%

CDC’s Division of Diabetes Translation. National Diabetes Surveillance System


available at http://www.cdc.gov/diabetes/statistics
Age-adjusted Percentage of U.S. Adults Who Had
Diagnosed Diabetes
1996

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4.5 - 5.9% 6.0 - 7.4%
7.5 - 8.9% ≥9.0%

CDC’s Division of Diabetes Translation. National Diabetes Surveillance System


available at http://www.cdc.gov/diabetes/statistics
Age-adjusted Percentage of U.S. Adults Who Had
Diagnosed Diabetes
1997

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4.5 - 5.9% 6.0 - 7.4%
7.5 - 8.9% ≥9.0%

CDC’s Division of Diabetes Translation. National Diabetes Surveillance System


available at http://www.cdc.gov/diabetes/statistics
Age-adjusted Percentage of U.S. Adults Who Had
Diagnosed Diabetes
1998

Missing data <4.5%


4.5 - 5.9% 6.0 - 7.4%
7.5 - 8.9% ≥9.0%

CDC’s Division of Diabetes Translation. National Diabetes Surveillance System


available at http://www.cdc.gov/diabetes/statistics
Age-adjusted Percentage of U.S. Adults Who Had
Diagnosed Diabetes
1999

Missing data <4.5%


4.5 - 5.9% 6.0 - 7.4%
7.5 - 8.9% ≥9.0%

CDC’s Division of Diabetes Translation. National Diabetes Surveillance System


available at http://www.cdc.gov/diabetes/statistics
Age-adjusted Percentage of U.S. Adults Who Had
Diagnosed Diabetes
2000

Missing data <4.5%


4.5 - 5.9% 6.0 - 7.4%
7.5 - 8.9% ≥9.0%

CDC’s Division of Diabetes Translation. National Diabetes Surveillance System


available at http://www.cdc.gov/diabetes/statistics
Age-adjusted Percentage of U.S. Adults Who Had
Diagnosed Diabetes
2001

Missing data <4.5%


4.5 - 5.9% 6.0 - 7.4%
7.5 - 8.9% ≥9.0%

CDC’s Division of Diabetes Translation. National Diabetes Surveillance System


available at http://www.cdc.gov/diabetes/statistics
Age-adjusted Percentage of U.S. Adults Who Had
Diagnosed Diabetes
2002

Missing data <4.5%


4.5 - 5.9% 6.0 - 7.4%
7.5 - 8.9% ≥9.0%

CDC’s Division of Diabetes Translation. National Diabetes Surveillance System


available at http://www.cdc.gov/diabetes/statistics
Age-adjusted Percentage of U.S. Adults Who Had
Diagnosed Diabetes
2003

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4.5 - 5.9% 6.0 - 7.4%
7.5 - 8.9% ≥9.0%

CDC’s Division of Diabetes Translation. National Diabetes Surveillance System


available at http://www.cdc.gov/diabetes/statistics
Age-adjusted Percentage of U.S. Adults Who Had
Diagnosed Diabetes
2004

Missing data <4.5%


4.5 - 5.9% 6.0 - 7.4%
7.5 - 8.9% ≥9.0%

CDC’s Division of Diabetes Translation. National Diabetes Surveillance System


available at http://www.cdc.gov/diabetes/statistics
Age-adjusted Percentage of U.S. Adults Who Had
Diagnosed Diabetes
2005

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4.5 - 5.9% 6.0 - 7.4%
7.5 - 8.9% ≥9.0%

CDC’s Division of Diabetes Translation. National Diabetes Surveillance System


available at http://www.cdc.gov/diabetes/statistics
Age-adjusted Percentage of U.S. Adults Who Had
Diagnosed Diabetes
2006

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4.5 - 5.9% 6.0 - 7.4%
7.5 - 8.9% ≥9.0%

CDC’s Division of Diabetes Translation. National Diabetes Surveillance System


available at http://www.cdc.gov/diabetes/statistics
Age-adjusted Percentage of U.S. Adults Who Had
Diagnosed Diabetes
2007

Missing data <4.5%


4.5 - 5.9% 6.0 - 7.4%
7.5 - 8.9% ≥9.0%

CDC’s Division of Diabetes Translation. National Diabetes Surveillance System


available at http://www.cdc.gov/diabetes/statistics
Age-adjusted Percentage of U.S. Adults Who Had
Diagnosed Diabetes
2008

Missing data <4.5%


4.5 - 5.9% 6.0 - 7.4%
7.5 - 8.9% ≥9.0%

CDC’s Division of Diabetes Translation. National Diabetes Surveillance System


available at http://www.cdc.gov/diabetes/statistics
Age-adjusted Percentage of U.S. Adults Who Had
Diagnosed Diabetes
2009

Missing data <4.5%


4.5 - 5.9% 6.0 - 7.4%
7.5 - 8.9% ≥9.0%

CDC’s Division of Diabetes Translation. National Diabetes Surveillance System


available at http://www.cdc.gov/diabetes/statistics
La dimensione del problema
• Pandemia: 135 mil. nel 1995, 221 mil. nel 2010, 360 nel 2025
• Complicanze:
- macroangiopatia prima causa di morte,
- AOAI prima causa di amputazione,
- retinopatia prima causa di cecità,
- nefropatia terza causa di dialisi e trapianto.
• Enorme impegno di risorse economiche per i sistemi sanitari
In Italia i casi noti di diabete erano circa 1,5 milioni nel 1985 e si
avvicinano ora ai 4 milioni, quindi sono più che raddoppiati in 30 anni.
Si tratta di un caso ogni 16 residenti. E accanto ai casi noti non vanno
dimenticati i casi non diagnosticati perché spesso, e talora per anni e
anni, la malattia non da segni di sé. Si stima che siano un milione gli
italiani con la malattia misconosciuta. In totale, quindi, circa 5 milioni di
persone in Italia ha il diabete, pari ad 1 caso ogni 12 residenti. E il
numero degli individui affetti salirà probabilmente a 7 milioni fra 15-20
anni. I dati epidemiologici italiani suggeriscono circa 250.000 nuove
diagnosi di diabete tipo 2 e circa 25.000 nuove diagnosi di diabete tipo
1 ogni anno.
DIABETE MELLITO

1. DEFINIZIONE

2. CRITERI PER LA DIAGNOSI

3. EPIDEMIOLOGIA

4. CLASSIFICAZIONE EZIOLOGICA

5. FISIOPATOLOGIA

6. QUADRO CLINICO

7. ASPETTI DI TERAPIA
Classificazione eziologica del diabete mellito

Diabete di tipo 1
“PRIMARIO”
Diabete di tipo 2
Alterazioni genetiche
Malattie del pancreas
Endocrinopatie “SECONDARIO”

Forme iatrogene
Infezioni virali
Diabete mellito gestazionale
Classificazione eziologica del diabete mellito

Diabete di tipo 1 : distruzione delle cellule ß generalmente


associata a perdita completa della secrezione insulinica
1. Diabete immunomediato
Tale forma è dovuta a una distruzione autoimmune cellulo-
mediata delle cellule ß del pancreas.
La quota di cellule ß distrutte e la progressione del danno sono
abbastanza variabili, rapida in alcuni individui (soprattutto
nell'infanzia e nei bambini) e lenta in altri (principalmente negli
adulti).
2. Diabete idiopatico
Alcune forme di diabete di tipo I non hanno evidenze
immunologiche di autoimmunità verso le cellule ß, presentano
una forte componente ereditaria non associata a HLA.
DIABETE MELLITO TIPO 1: ipotesi patogenetiche

• Predisposizione genetica (HLA DR3-DQ2 o DR4-DQ8; vari


polimorfismi genetici)

• Autoimmunità
- presenza di autoanticorpi circolanti diretti contro determinanti
antigeniche delle isole pancreatiche (ICA), insulina (IAA), acido
glutammico decarbossilasi (GAD), …
- mimetismo molecolare ? (analogie tra GAD e Coxsackie B
virus
- associazione di DM1 con altre patologie autoimmuni
(autoanticorpi anti-tiroide, antisurrene, anti-transglutaminasi,…)
• Agenti virali
• Dieta (latte vaccino nella prima infanzia ?)
Classificazione eziologica del diabete mellito

Diabete di tipo 2 :
comprende forme caratterizzate da prevalente insulino resistenza
con relativa deficienza insulinica e forme con prevalente deficit
secretivo di insulina con insulinoresistenza
Questa forma di diabete, precedentemente chiamata diabete non insulino
dipendente, diabete di tipo 2, diabete dell'adulto, comprende individui che
presentano insulino-resistenza e in genere un deficit di insulina relativo
(piuttosto che assoluto).

Almeno all'inizio, e spesso nel corso della loro vita, tali individui non
necessitano di terapia insulinica per sopravvivere.

Vi sono probabilmente cause diverse, ed è probabile che la numerosità di


questa classe di pazienti diminuisca in futuro, quando l'identificazione dei
processi patogenetici e dei difetti genetici permetterà una sua migliore
differenziazione.
DIABETE MELLITO TIPO 2: ipotesi patogenetiche

• Predisposizione genetica (vari polimorfismi genetici)


• Obesità
• Sindrome metabolica
• Sedentarietà
• Ritardato sviluppo intrauterino (basso peso alla nascita)
• Alto peso alla nascita
THE “THRIFTY” GENOTYPE HYPOTHESIS

+
=
DIABETE MELLITO TIPO 2: ipotesi patogenetiche

• Predisposizione genetica (vari polimorfismi genetici)


• Obesità
• Sindrome metabolica
• Sedentarietà
• Ritardato sviluppo intrauterino (basso peso alla nascita)
• Alto peso alla nascita
OBESITA’
(soprattutto centrale)

ADIPOCHINE

INSULINO-RESISTENZA
Age-adjusted Percentage of U.S. Adults Who Had
Diagnosed Diabetes
Obesity (BMI ≥30 kg/m )
2

1994 2000 2009

No Data <14.0% 14.0-17.9% 18.0-21.9% 22.0-25.9% >26.0%

Diabetes
1994 2000 2009

Missing data <4.5%


4.5 - 5.9% 6.0 - 7.4%
7.5 - 8.9% ≥9.0%
No Data <4.5% 4.5-5.9% 6.0-7.4% 7.5-8.9% >9.0%
CDC’s Division of Diabetes Translation. National Diabetes Surveillance System
available at http://www.cdc.gov/diabetes/statistics
SINDROME METABOLICA
• Obesità addominale
• Dislipidemia con potenziale aterogeno
• Valori pressori elevati
• Insulinoresistenza
CRITERI PER LA DIAGNOSI DI SINDROME METABOLICA
(ATP-III)
•Obesità addominale (circonferenza vita > 102 cm nel
maschio, 88 cm nella femmina)
• Ipertrigliceridemia (>/= 150 mg/dl)
• Bassi livelli di colesterolo HDL (<40 mg/dl nel maschio,
<50 mg/dl nella femmina)
• Valori pressori elevati (130/85 mmHg)
• Elevata glicemia a digiuno (>/=110 mg/dl e < 126 mg/dl)
INSULINO-RESISTENZA

ALTERAZIONI IPERTENSIONE
PROTROMBOTICHE ARTERIOSA

PATTERN LIPIDICO DANNO


PROATEROGENO CARDIOVASCOLARE
INSULINO-RESISTENZA IPERINSULINEMIA
TESSUTO ENDOTELIO
MUSCOLO FEGATO SNC RENE
ADIPOSO

disfunzione SNS Escrezione


AGE endoteliale SRA di sodio
GLICEMIA

aumento aumento volume


resistenze intravascolare
Stress Alterazioni vascolari aumento portata
FFA ossidativo proinfiammatorie cardiaca

ALTERAZIONI IPERTENSIONE
PROTROMBOTICHE ARTERIOSA

TG
LDL PATTERN LIPIDICO DANNO
PROATEROGENO CARDIOVASCOLARE
HDL
DIABETE MELLITO TIPO 2: ipotesi patogenetiche

• Predisposizione genetica (vari polimorfismi genetici)


• Obesità
• Sindrome metabolica
• Sedentarietà
• Ritardato sviluppo intrauterino (basso peso alla nascita)
• Alto peso alla nascita
Rischio di sviluppare la malattia diabetica ed ore
passate davanti alla televisione
• 38.000 uomini di età tra 40 e 75 anni, dello studio Health
Professionals Follow-up Study, seguiti per circa 10 anni
• Il RR di diventare diabetici cresce al crescere del sovrappeso
e delle ore passate alla TV; il rischio decresce al crescere
dell'attività fisica

Attività fisica RR Ore passate alla TV RR


Molto bassa 1,00 0-1 / settimana 1,00
Bassa 0,78 2-10 / settimana 1,66
Media 0,65 11-20 / settimana 1,64
Elevata 0,58 21- 40 / settimana 2,16
Molto elevata 0,51 > 40 / settimana 2,87
Hu et al. Arch Int Med 2001
DIABETE MELLITO TIPO 2: ipotesi patogenetiche

• Predisposizione genetica (vari polimorfismi genetici)


• Obesità
• Sindrome metabolica
• Sedentarietà
• Ritardato sviluppo intrauterino (basso peso alla nascita)
• Alto peso alla nascita
MATURITY ONSET DIABETES OF THE YOUNG
• Termine inizialmente (1964) coniato per identificare bambini o giovani
adulti affetti da iperglicemia cronica asintomatica, senza progressione
verso la chetoacidosi.
• Si tratta di soggetti di giovane età, con familiarità autosomica dominante
per diabete mellito, senza evidenza di insulinoresistenza.
• E’ una categoria di pazienti alquanto eterogenea ed il termine MODY
tende oggi ad essere sostituito dalla esatta definizione del difetto
genetico sottostante, che riguarda geni coinvolti nella sintesi e nella
secrezione di insulina.
• Si stima che ne siano affetti circa il 2% dei diabetici al di sotto dei 15 anni.
• Le due forme più frequenti riguardano mutazioni del gene HNF-1a
(Hepatocyte Nuclear Factor 1a; MODY 3, 65% dei casi) e del gene
glucochinasi (MODY 2, 15%).
• E’ utile riconoscere queste forme per evitare trattamenti non necessari
con insulina (i pazienti rispondoono generalmente bene agli
ipoglicemizzanti orali) e per sottoporre a screening i familiari.
Type OMIM Gene/protein Description

hepatocyte nuclear due to a loss-of-function mutation in the


MODY 1 125850
factor 4α HNF4α gene
due to any of several mutations in the GCK
MODY 2 125851 glucokinase
gene
hepatocyte nuclear mutations of the HNF1α; gene, a
MODY 3 600496
factor 1α homeobox gene
insulin promoter mutations of the IPF1 homeobox (Pdx1)
MODY 4 606392
factor-1 gene
one of the less common forms of MODY,
with some distinctive clinical features,
hepatocyte nuclear
MODY 5 137920 including atrophy of the pancreas and
factor 1β
several forms of renal disease. Defect in
HNF-1 beta gene.
mutations of the gene for the
neurogenic
MODY 6 606394 transcription factor referred to as
differentiation 1
neurogenic differentiation 1.
KLF11 has been associated with a form of
MODY 7 610508 Kruppel-like factor 11 diabetes that has been characterized as
"MODY7" by OMIM.
CEL has been associated with a form of
Bile salt dependent
MODY 8 609812 diabetes that has been characterized as
lipase
"MODY8" by OMIM.

MODY 9 612225 PAX4


Leprechaunism o sindrome di Donohue

Mutazioni inattivatrici del recettore per l’insulina


The American Diabetes Association. Diabetes Care, 30, Suppl.1, 2007
DIABETE GESTAZIONALE
Il termine di “diabete gestazionale” è stato riferito a donne che
presentavano per la prima volta un quadro di diabete mellito nel corso
della gravidanza.

Attualmente si preferisce riservare il termine di diabete gestazionale a


forme che rispondano ad uno dei seguenti criteri:

• Glicemia a digiuno ≥92 mg/dL ma <126 mg/dL a qualsiasi età


gestazionale (se la glicemia a digiuno è ≥126 mg/dL si deve parlare
di diabete mellito manifesto)

• All’OGTT eseguito tra la 24^ e la 28^ settimana di gestazione, valori


di glicemia ≥180 mg/dL a 60’ o ≥153 mg/dL a 120’.

Questa modificazione è dovuta al fatto che una crescente percentuale


di donne è affetta da diabete mellito di tipo 2 (o talora di tipo 1)
preesistente alla gravidanza e non riconosciuto.
DIABETE GESTAZIONALE
Si stima che si manifesti in circa il 2% delle gravidanze, di solito nel
corso del 2° o 3° trimestre.

Sotto il profilo patogenetico appare il risultato dell’incremento di ormoni


ad azione contro-insulare di origine placentare (estrogeni,
somatomammotropina corionica, cortisolo e progesterone) e di vari
fattori legati all’aumentata assunzione di calorie ed alla ridotta attività
fisica.

E’ una condizione associata ad una incrementata morbilità e mortalità in


gravidanza, sia per la gestante che per il feto.

Deve essere riconosciuta e trattata adeguatamente per limitare tali


danni.
DIABETE MELLITO

1. DEFINIZIONE

2. CRITERI PER LA DIAGNOSI

3. EPIDEMIOLOGIA

4. CLASSIFICAZIONE EZIOLOGICA

5. FISIOPATOLOGIA

6. QUADRO CLINICO

7. ASPETTI DI TERAPIA
Secrezione di insulina
Azioni dell’Insulina
sul metabolismo di carboidrati, proteine e lipidi

• Carboidrati
• Facilita la conversione del glucosio a glicogeno
di deposito nel fegato e nel muscolo.
• Riduce la trasformazione di glicogeno a
glucosio ed il suo rilascio da parte del fegato.
Azioni dell’Insulina
sul metabolismo di carboidrati, proteine e lipidi

• Proteine
• Stimola la sintesi proteica
• Inibisce il catabolismo proteico e la
gluconeogenesi.
Azioni dell’Insulina
sul metabolismo di carboidrati, proteine e lipidi

• Lipidi
• Stimola il trasporto di trigliceridi al tessuto
adiposo e la lipogenesi.
• Inibisce la lipolisi e previene la eccessiva
produzione di chetoacidi
CHETOGENESI
Neuropatia MUSCOLO
periferica
sensitivo-motoria
GLUCOSIO TESSUTO
ADIPOSO
autonomica
FEGATO
IPERGLICEMIA
Sindrome
Astenia
iperosmolare
Microangiopatia Iperfagia
GLICOSURIA
(ispessimento intimale,
proliferazione endoteliale,
deposizione di lipidi Alterato metabolismo
emateriale PAS positivo) POLIURIA
proteico:
Nefropatia gluconeogenesi (perdita di
Retinopatia POLIDIPSIA peso)
lipidico:
-lipolisi (chetoacidosi)
Macroangiopatia -ridotto rapporto HDL/LDL

(accelerata aterosclerosi) • Maggiore suscettibilità alle infezioni


• Ridotta risposta alle infezioni
• Ritardata guarigione delle ferite
DIABETE MELLITO

1. DEFINIZIONE

2. CRITERI PER LA DIAGNOSI

3. EPIDEMIOLOGIA

4. CLASSIFICAZIONE EZIOLOGICA

5. FISIOPATOLOGIA

6. QUADRO CLINICO

7. ASPETTI DI TERAPIA
Diagnosi «occasionale»

Nella pratica quotidiana:


analisi pre-operatorie, ricoveri ospedalieri,
accertamenti assicurativi e check-up
RATIONALE FOR SCREENING

The following five criteria define the optimal conditions for


screening for any disorder:

●The disorder is an important public health problem


●An early asymptomatic stage exists
●There is a suitable screening test
●An accepted treatment is available
●Early treatment during the asymptomatic stage improves
the long-term outcome
RISK FACTORS FOR TYPE 2 DIABETES MELLITUS

●Age ≥45 years


●Overweight (body mass index [BMI] ≥25 kg/m2); the risk with increased
weight is also a continuum, with significantly increased risk for obese
individuals (eg, BMI ≥30 kg/m2)
●Diabetes mellitus in a first-degree relative
●Sedentary lifestyle
●High-risk ethnic or racial group (eg, African American, Hispanic, Native
American, Asian American, and Pacific Islanders)
●History of gestational diabetes mellitus
●Hypertension (blood pressure ≥140/90 mmHg)
●Dyslipidemia (serum high-density lipoprotein cholesterol concentration
≤35 mg/dL [0.9 mmol/L] and/or serum triglyceride concentration ≥250
mg/dL [2.8 mmol/L])
●A1C ≥5.7 percent, impaired glucose tolerance (IGT) or impaired fasting
glucose (IFG)
●Polycystic ovary syndrome
●History of vascular disease
SCREENING RECOMMENDATIONS BY EXPERT GROUPS

The two approaches to screening that are usually recommended are either to
screen the entire population above a certain age or targeted screening geared to
individuals identified as "high risk" based upon multiple risk factors.

• The American Diabetes Association (ADA) recommends testing at three-year


intervals for diabetes or prediabetes in all adults with body mass index (BMI)
≥25 kg/m2 (or ≥23 kg/m2 in Asian Americans) and one or more additional risk
factors for diabetes using either A1C, fasting plasma glucose, or two-hour oral
glucose tolerance test (OGTT). In individuals without risk factors, the ADA
recommends that testing begin at age 45 years. If the screening test is positive,
diabetes should be confirmed according to ADA criteria. If the screening test is
negative, repeat testing every three years is reasonable.

• 2015 guidelines from the US Preventive Services Task Force (USPSTF)


recommend screening for abnormal glucose as part of cardiovascular risk
assessment in adults aged 40 to 70 years who are overweight or obese. The
optimal interval for screening is unknown. The USPSTF suggests screening
every three years based on limited evidence.
SCREENING RECOMMENDATIONS BY EXPERT GROUPS
• The Canadian Task Force on Preventive Health Care (CTFPHC) recommends
using a validated risk calculator to identify people at high risk for diabetes. They
recommend not routinely screening individuals at low to moderate risk for
diabetes and screening individuals at increased risk with A1C, to be repeated
every three to five years for those at high risk and yearly for those at very high
risk.

• The Centers for Disease Control and Prevention (CDC) in the United States
suggests screening by fasting glucose, OGTT, or A1C testing for individuals 45
years or older or those with risk factors, including overweight, first-degree relative
with diabetes, high-risk ethnic group, history of gestational diabetes, or sedentary
lifestyle.

• The National Institute for Health and Care Excellence (NICE) guidelines
issued in 2012 recommend risk assessment using a self-assessment
questionnaire or risk-assessment tool for diabetes for adults aged 40 and above,
younger adults in high-risk ethnic groups, those with a BMI >30 kg/m2, or those
with comorbidities including hypertension or cardiovascular disease. Such
individuals would be offered testing with either a fasting plasma glucose or A1C
and provided with a program for lifestyle change based on the findings.
STANDARD ITALIANI PER LA CURA DEL DIABETE MELLITO 2016

www.standarditaliani.it
STANDARD ITALIANI PER LA CURA DEL DIABETE MELLITO 2016

www.standarditaliani.it
Le patologie e i sintomi sospetti
Altre volte la diagnosi viene posta a
seguito di accertamenti richiesti per
manifestazioni tipiche del diabete
Sintomi e segni suggestivi di diabete

Poliuria
Polidipsia
Calo ponderale
Iperfagia
Astenia
Irritabilità
Visione annebbiata
Frequenti infezioni
Disturbi trofici cutanei
Prurito vulvare e/o anale
Lenta guarigione delle ferite
Parestesie agli arti
La valutazione iniziale 1
La valutazione iniziale 2
La valutazione iniziale 3
La valutazione iniziale 4
DIABETE MELLITO

1. DEFINIZIONE

2. CRITERI PER LA DIAGNOSI

3. EPIDEMIOLOGIA

4. CLASSIFICAZIONE EZIOLOGICA

5. FISIOPATOLOGIA

6. QUADRO CLINICO

7. ASPETTI DI TERAPIA
TERAPIA DEL DIABETE MELLITO

1. PERCHE’ TRATTARE

2. QUANDO TRATTARE

3. QUANTO TRATTARE

4. COME TRATTARE
UKPDS, dati osservazionali:
riduzione delle complicanze in caso di
riduzione dei valori di HbA1c di 1%
Tutti gli Mortalità Mortalità Infarto Vasculopatia Micro-
Cataratta
Riduzione del rischio relativo che corrisponde

endpoint correlata globale miocardico Ictus Periferica* angiopatia


al DM
0
ad una riduzione di 1% della HbA1c

–5
21% 21% 14% 14% 12% 43% 37% 19%
–10
–15
–20

† ‡
–25 †

–30 †

–35
–40
*Amputazione delle estremità o PVD fatale †
–45 †P < 0.0001; ‡P = 0.035

Error bars = 95% CIs


–50
–55 † 107
Adapted from Stratton IM, et al. UKPDS 35. BMJ 2000; 321:405–412.
• Il trattamento tempestivo ed il precoce raggiungimento dell’obiettivo
consentono di prevenire l’incidenza e la progressione delle complicanze
microvascolari (DCCT, UKPDS)

• Un trattamento subito dopo la diagnosi con HbA1c < 7% è associato con


una riduzione a lungo termine del rischio di complicanze macrovascolari
(DCCT ed UKPDS)

• L’UKPDS ha evidenziato che i pazienti trattati con terapia intensiva nelle


fasi precoci di malattia, dopo dieci anni di follow- up continuavano ad
avere una riduzione non solo del rischio microvascolare ma anche dei
casi di IMA e di morte da qualsiasi causa, anche se lo stretto controllo
glicemico non veniva mantenuto nel tempo.
Altri studi, oltre al follow-up a lungo termine
dell’UKPDS, hanno dimostrato l’importanza della
precocità d’intervento terapeutico con adeguato
controllo glicemico nelle fasi precoci della malattia.
(Fenomeno della “MEMORIA METABOLICA”;
DCCT/EDIC, STENO2 study con 13,3 anni
d’osservazione)
Obiettivo metabolico

L' obiettivo della terapia è di ottenere valori di


HbA1c inferiori a 7% che consentono di
prevenire le complicanze microvascolari
(37% per ogni punto di riduzione di HbA1c)
e macrovascolari (15%).
Obiettivi meno stringenti sono consentiti in
pazienti con episodi di ipoglicemia,
ridotta aspettativa di vita o comorbilità.
• Glicemia a digiuno e pre-prandiale 70-130
mg/dl (ADA)
• Glicemia post-prandiale < 180 mg/dl (ADA)
• HbA1c <7,0% (ADA)
• Valori post-prandiali <140 mg/dl sono
perseguibili nel T2DM ( IDF 2007)

HbA1c < 6.5% HbA1c 7-8%

• Pazienti con nuova diagnosi o con • Pazienti con diabete di lunga durata
diabete di durata < a 10 anni ( > 10anni)
• Pazienti senza precedenti di CVD • Con precedenti di CVD o lunga
• Pazienti abitualmente in discreto storia di inadeguato compenso
compenso glicemico e senza glicemico o fragili per età e
comorbilità comorbilità
• Prevenire le ipoglicemie
Obiettivi compenso glicemico
Normali ADA1 AACE3 IDF4 ADA/
EASD5

HbA1c* (%) <6.02 <7.0 6.5 <6.5 <7.0

FBG, mg/dl <1002 70130 <110 <100 70−130

PPBG, mg/dl <140**2 <180** <140 ** <140** <180**

*DCCT referenced assays: normal range 4–6%; **1–2 hours postprandial;


AACE=American Association of Clinical Endocrinologists; ADA=American Diabetes Association;
EASD=European Association for the Study of Diabetes; IDF=International Diabetes Federation

1.ADA.Standards of Medical Care in Diabetes-2009, Diabetes Care, Vol 32,Suppl1,Jan 2009


2.ADA. Diabetes Care 2006;29(suppl 1):S4–S42.
3.AACE. Diabetes Mellitus Clinica Guidelines Endocr Pract.2007; 13(Suppl 1)2007.
4.IDF. GuidelIne for Management of Postmeal Glucose. International Diabetes Federation, Oct 2007.
5.Nathan DM, et al. Diabetes Care 29:1963-1972,2006
Terapia del diabete mellito tipo 1

La terapia del DM1 è incentrata sulla somministrazione di


insulina e richiede una piena adesione ed educazione da
parte del paziente, come pure un buon supporto e
monitoraggio da parte del medico.
Fisiologia della secrezione insulinica
in soggetti normali non diabetici
Modificato da: Polonsky KS et al. N Engl J Med. 1988;318:1231-1239

100
B L D
80
μU/ml

60

40
Normal pattern
20

0600 0800 1200 1800 2400 0600

Time of day

B = breakfast; L = lunch; D = dinner


Terapia del diabete mellito tipo 1

La terapia del DM1 è incentrata sulla somministrazione di


insulina e richiede una piena adesione ed educazione da
parte del paziente, come pure un buon supporto e
monitoraggio da parte del medico.

La terapia insulinica “convenzionale” consiste nella


somministrazione di insulina secondo i regimi prescrittivi più
semplici e non fisiologici: una singola somministrazione
giornaliera o due somministrazioni giornaliere (solitamente
una miscela di insulina pronta e di insulina NPH, a dosi
appropriate, prima di colazione e prima di cena).
‘90: Iniezioni multiple giornaliere (MDI)
Rapida ai pasti, NPH prima di coricarsi
Modificato da: Polonsky KS et al. N Engl J Med. 1988;318:1231-1239

Regolare
100
B L D
80 NPH
μU/ml

60

40
Normal pattern
20

0600 0800 1200 1800 2400 0600

Time of day

B = breakfast; L = lunch; D = dinner


Terapia del diabete mellito tipo 1
Per contro, la terapia insulinica “intensiva” descrive il
trattamento con tre o più iniezioni giornaliere, ovvero il ricorso
alla infusione continua di insulina sottocute (Continuous
Subcutaneous Insulin Infusion, CSII), allo scopo di ottenere un
profilo insulinemico il più vicino possibile a quello fisiologico.
Consiste in genere in una somministrazione giornaliera
(raramente due) di una insulina a lunga durata o in una
somministrazione sottocutanea continua per mezzo di pompa
(CSII) di un certo livello di insulina pronta, al quale si
affiancano, in coincidenza con i pasti, boli di insulina ad azione
rapida.
Le dosi dei boli prima del pasto devono essere valutate in
funzione dei livelli glicemici rilevati prima dell’assunzione del
cibo, della quantità e qualità dei cibi e del previsto livello di
attività fisica.
Limiti dell’insulina umana regolare
Bolli B. et al., New Engl. J. Med. 1984; 310:1706-11

80
Insulina libera plasmatica (µU/ml)

Valori normali postprandiali


(Media ± DS, n=23)
60
Valori dopo iniezione di insulina
regolare in soggetti diabetici
(Media ± ES, n=20)
40

20

0
0 2 4 6 8 10 12

Tempo dopo l’iniezione di insulina o l’assunzione del pasto (ore)


Insulina PRANDIALE
Bolli G.B., N.Engl.J.Med. 310:1706, 1984
Valori normali postprandiali
80 (Media±DS, n=23)
Insulina libera plasmatica (µU/ml)

Iniezioni s.c. di insulina solubile


60 Insulina in soggetti diabetici
plasmatica (Media ± ES, n=20)
Iniezione s.c. di lispro
40 in soggetti diabetici
(Media ± ES, n=10)

20

0
0 2 4 6 8 10 12

Tempo dopo l’iniezione di insulina o l’assunzione del pasto (ore)


Modifica
sequenza
catena B
Iniezioni multiple giornaliere (MDI)
analogo ai pasti, NPH prima di coricarsi

Rapid-acting insulins

100
B L D NPH
80
μU/ml

60

40
Normal pattern
20

0600 0800 1200 1800 2400 0600

Time of day

B = breakfast; L = lunch; D = dinner


Basal-bolus insulin treatment: matching
insulin administration to insulin needs
Polonsky KS et al. N Engl J Med. 1988;318:1231-1239

Rapid-acting insulins

100 Basal insulins,


B L D glargine o detemir
80
μU/ml

60

40
Normal pattern
20

0600 0800 1200 1800 2400 0600

Time of day

B = breakfast; L = lunch; D = dinner


TERAPIA MULTIINIETTIVA

75
Colazione Pranzo Cena

Aspart, Aspart, Aspart,


Lispro, Lispro, Lispro,
Insulinemia (µU/ml)

Glulisina Glulisina Glulisina


50

25
Glargine
Detemir

4:00 8:00 12:00 16:00 20:00 24:00 4:00 8:00


Ore
COS’È LA CSII
Terapia del diabete mellito tipo 2
La terapia del DM2 si fonda sulla correzione dello stile di vita e dell’eccesso
ponderale, a cui si affianca una terapia farmacologica con ipoglicemizzanti
non-insulinici e, ove necessario, dalla somministrazione di insulina.
a) Dieta, incremento attività fisica, calo ponderale
b) Terapia farmacologica non insulinica
• Stimolatori dell’increzione di insulina
• Sulfoniluree (tolbutamide, clorpropamide, glibenclamide, glipizide, glicazide …)
• Meglitinidi (repaglinide, nateglinide)

• Agonisti recettori GLP1 (exenatide, liraglutide, albiglutide,dulaglutide) e


• Inibitori della DPP-4 (sitagliptin, saxagliptin, alogliptin, linagliptin, vildagliptin)

• Sensibilizzanti all’insulina

• Biguanidi (metformina)
• Tiazolidindionici (pioglitazone, rosiglitazone)

•Inibitori del cotrasporto 2 sodio-glucosio (SGLT2) (canaglifozina, dapaglifozina, epaglifozina)

•Inibitori a-glucosidasi (acarbosio)

c) Insuline
• La dieta e l’esercizio fisico sono aspetti fondamentali nel
trattamento del diabete mellito
OBIETTIVI DELLA TERAPIA NUTRIZIONALE NEL DIABETE MELLITO

• Mantenere i livelli glicemici il più possibile entro la norma,


bilanciando l’assunzione di cibo con l’attività fisica e la
terapia farmacologica
•Mantenere livelli ottimali di pressione arteriosa e di assetto
lipidico
• Fornire una quantità di calorie adeguata per raggiungere
e mantenere un giusto peso corporeo
• Tenere conto delle preferenze personali e culturali, della
volontà di correggere le proprie abitudini; mantenere il
piacere del cibo e limitare le scelte solo quando
strettamente necessario
Il soggetto diabetico ha bisogno di un'apporto calorico giornaliero identico a quello dei
soggetti non affetti da questa patologia. Si può facilmente calcolare la quantità di calorie da
fornire all'organismo con le normali tabelle dietetiche.
In seguito è riportata una tabella che ci da' alcune semplici indicazioni sulla quantità di
calorie da assorbire in funzione del tipo di vita che si conduce:.
Un altro modo per calcolare approssimativamente il fabbisogno calorico giornaliero, è il
seguente:
Fino a 8 anni di età: 1000 calorie + 100 calorie per ogni anno di età (2 anni =1200 calorie,
5 anni = 1500 calorie)
Oltre 8 anni di età: 1400 calorie + 50 calorie per ogni anno di età fino al massimo di 2800
per i maschi e 2200 per le femmine

Attività Femmine Maschi


(Calorie/Kg) (Calorie/Kg)
Riposo 25 30
Attività sedentaria 30 35
Attività che richiede 35 40
movimento
Attività che richiede impegno 40 45
fisico
Attività che richiede un 45 50
impegno fisico notevole
L'organismo ha bisogno che siano assunti quotidianamente alimenti in grado di
fornire tutti i principi nutritivi, secondo determinate proporzioni che variano in
funzione di sesso, costituzione, età e attività svolta. Se da un lato non esiste
nessun alimento in grado di soddisfare l'intero fabbisogno dell'organismo, dall'altro
esiste una grande varietà di cibi in grado di sostituirne altri nella nostra dieta.
Un'alimentazione equilibrata ci permette di mantenere un peso molto vicino a
quello ottimale, senza dover fare eccessivi sacrifici.

I latticini contribuiranno con il 10%-15% del fabbisogno calorico totale


Le carni, legumi e noci contribuiranno con il 10%-15% del fabbisogno calorico
totale
La frutta contribuirà con il 10%-20% del fabbisogno calorico totale
La verdura contribuirà con il 15%-25% del fabbisogno calorico totale
I farinacei contribuiranno con il 30%-55% del fabbisogno calorico totale
La quantità totale degli alimenti può essere ripartita in tre pasti principali
(colazione, pranzo e cena) intercalati da tre merende; questo permette di
fornire un apporto costante di glucidi (soprattutto nei casi di diabete
insulinodipendente) e di evitare sia le punte di glicemia dopo il pasto che
le ipoglicemie tra un pasto e l'altro.

Altrettanto importante è la regolarità degli orari dei pasti e delle quantità di


glucidi forniti.

Le merende, invece, devono essere piccoli spuntini che forniscono


l'apporto necessario di glucidi per evitare ipoglicemie indesiderate. E' da
osservare che non sempre le merende si rendono necessarie, anzi in
alcuni casi, potrebbe risultare dannose per il controllo generale. Una
soluzione può essere quella di evitare le iperglicemie dovute alle merende
usando insuline miscelate opportunamente.

http://www.progettodiabete.org/index.php3
Durante la giornata, l'assunzione dei cibi può essere ripartita,
secondo anche gli usi italiani, come indicato nella tabella
seguente, considerando che, se si preferisce saltare le
merende, esse vanno ripartite tra il pasto prima e quello
successivo:

Orario Percentuale
Colazione 7,30 8%
Merenda 10,30 12%
Pranzo 13,00 32%
Merenda 16,30 8%
Cena 19,30 32%
Merenda 22,30 8%
ALTO O BASSO INDICE
GLICEMICO (IG): COSA SUCCEDE?

Alto IG: La glicemia sale di più e più in fretta


La risposta insulinica è più marcata
L’organismo utilizza preferenzialmente gli
zuccheri, al posto dei grassi, per produrre
energia; anche la trasformazione dello zucchero
in grassi tende ad aumentare.
Lo stress ossidativo aumenta
Dopo 2-4 ore la glicemia scende e torna la fame
Nel tempo si crea un sovraccarico di lavoro per
il pancreas.
GLYCEMIC RESPONSE AFTER A WHITE BREAD OR A
SPAGHETTI MEAL
50
∆ White Bread Spaghetti

Glicemia
mg/dL

25

0
0 20 30 40 50 60 90 105 120 150 180

Time, minutes

-25
Ludwig, J Am Med Assoc, 2002
INSULINEMIC RESPONSE AFTER A WHITE
BREAD OR A SPAGHETTI MEAL
40 White Bread Spaghetti
∆ Insulin
µU/mL
30

20

10

0
0 30 60 90 120 150 180

Time, min
Ludwig, J Am Med Assoc, 2002
Indice Glicemico (IG), relativo al Pane
Bianco, di alcuni alimenti
Cibo Indice glicemico (%)

Pane bianco 100

Pomodori 13
Ciliegie 32
Fagioli 40-60
Mele 52
Pasta (spaghetti) 52
Pasta (maccheroni) 68
Pizza 86
Saccarosio 92
Polenta 106
Cornflakes 100-120
Miele 120
Patate bollite 120
Glucosio 138
Nutrizione e fenomeni infiammatori

Infiammazione Infiammazione
Diete a basso indice
Acidi grassi “trans”
glicemico
Diete Diete ad alto indice
ipocolesterolemizzanti glicemico

Acidi grassi omega-3

Alcool a dosi moderate


Nei soggetti diabetici sono raccomandati:
150 minuti /settimana di attività fisica aerobica
di intensità moderata ( 50-70% della F.C. max)
e/o almeno 90 minuti/settimana di attività fisica
intensa (> 70% della F.C. max ), distribuiti in
almeno 3 giorni alla settimana.
Possibili meccanismi antiinfiammatori
del calo ponderale e dell’esercizio fisico
Effects of 18 months of weight loss, exercise, or both upon mean CRP concentrations.
(adjusted for baseline BMI, baseline CRP level, sex and race)

Nicklas, B. J. et al. CMAJ 2005;172:1199-1209

Nicklas et al. Am J Clin Nutr 2004;79:544-51


Marcatori di infiammazione, attività fisica e sindrome metabolica

The ATTICA Study, 2005


Prevenzione dell’insorgenza di NIDDM
in soggetti con insulino-resistenza :
alimentazione ed attività fisica vs trattamento farmacologico

Cohor Duration Risk reduction


Intervention NNT
t (years) (%)

DaQing (China) IGT Lifestyle 6 42 4·5


TRIPOD (USA) GDM Troglitazone 2·5 56 6
Diabetes Prevention
IGT Lifestyle 3 58 7
Program (DPP; USA)

Metformin 3 31 14

Diabetes Prevention Study


IGT Lifestyle 4 58 8
(DPS; Finland)
STOP-NIDDM (international) IGT Acarbose 4 25 11

IGT=impaired glucose tolerance. GDM=gestational diabetes. NNT=number needed to treat.


EFFETTO DELLA METFORMINA E DELL’ATTIVITA’
FISICA SULLO SVILUPPO DI NIDDM
IN SOGGETTI CON SINDROME METABOLICA

Placebo (n=490)
Metformina (850mg/bis die) (n=503)
0.75 Passeggiata (150 minuti/die) (n=530) 53% in NIDDM
Incidenza cumulativa S.M.

0.60
47% in NIDDM
0.45 38% in NIDDM
0.30

0.15

0.00

1 2 3 4
Follow-up anni
Orchard J et al. Ann Intern Med, 2005;142:611-621
EFFETTO DELLA METFORMINA E DELL’ATTIVITA’ FISICA
SULLA REGRESSIONE DELLA SINDROME METABOLICA

Placebo (n=592)
Metformina (850mg/bis die) (n=570)
0.75 Passeggiata (150 minuti/die) (n=549) 38% Guariti

0.60 23% Guariti

0.45
8% Guariti
0.30

0.15

0.00

1 2 3 4
Follow-up anni
Orchard J et al. Ann Intern Med, 2005;142:611-621
Finnish Diabetes Prevention Study:
Prevenzione dell’insorgenza di NIDDM in soggetti con insulino-resistenza.
Effetto dell’attività fisica e correzione della dieta

-58%

Tuomilehto J et al, NEJM, 2001; 344: 1343-50


• La dieta e l’esercizio fisico sono aspetti fondamentali nel
trattamento del diabete mellito

ma…

• Spesso i pazienti non aderiscono alle indicazioni fornite:


- in uno studio meno del 40% dei pazienti rispettava
il regime di dieta prescritta
- in un altro studio, la percentuale di non-compliance
risultava del 62% per la dieta e del 85% per
l’esercizio fisico
• Quando gli interventi sugli stili di vita non sono più in
grado di mantenere l’obiettivo è necessario iniziare una
terapia farmacologica orale
• Tutte le molecole disponibili ( Metformina, Sulfoniluree,
Glitazoni,Inibitori DPP-IV ed Analoghi del GLP-I ) sono
parimenti efficaci nel ridurre l’HbA1c, ma meno efficaci
rispetto all’insulina.
• A parità di capacità di ridurre l’HbA1c sarebbe opportuno
privilegiare l’aspetto costo-beneficio utilizzando in prima
battuta molecole a costo più basso ( che peraltro hanno
alle spalle una maggior letteratura di efficacia e sicurezza).
• Definire obiettivo glicemico nel singolo paziente in base
ai criteri prima descritti.
Terapia del diabete mellito tipo 2
La terapia del DM2 si fonda sulla correzione dello stile di vita e dell’eccesso
ponderale, a cui si affianca una terapia farmacologica con ipoglicemizzanti
non-insulinici e, ove necessario, dalla somministrazione di insulina.
a) Dieta, incremento attività fisica, calo ponderale
b) Terapia farmacologica non insulinica
• Stimolatori dell’increzione di insulina
• Sulfoniluree (tolbutamide, clorpropamide, glibenclamide, glipizide, glicazide …)
• Meglitinidi (repaglinide, nateglinide)

• Agonisti recettori GLP1 (exenatide, liraglutide, albiglutide,dulaglutide) e


• Inibitori della DPP-4 (sitagliptin, saxagliptin, alogliptin, linagliptin, vildagliptin)

• Sensibilizzanti all’insulina

• Biguanidi (metformina)
• Tiazolidindionici (pioglitazone, rosiglitazone)

•Inibitori del cotrasporto 2 sodio-glucosio (SGLT2) (canaglifozina, dapaglifozina, epaglifozina)

•Inibitori a-glucosidasi (acarbosio)

c) Insuline
STEP 1
Iniziare con METFORMINA (soprattutto in pz in
sovrappeso), tranne che in caso di insufficienza
renale (rara acidosi lattica).
Iniziare con basse dosi (4-6 sett) per evitare
intolleranza gastrointestinale (10% casi)
Massima efficacia alla dose di 2g/24h.
Minimo numero di ipoglicemie, assenza di
aumento di peso, basso costo.
Sospendere nelle situazioni a rischio di insuff
renale acuta (chirurgia, mdc iodato).
Ad oggi non è chiaro il meccanismo d'azione.
A consensus statement from the American Diabetes Association (ADA) and the
European Association for the Study of Diabetes (EASD) recommends that
metformin therapy (in the absence of contraindications) be initiated, concurrent with
lifestyle intervention, at the time of diabetes diagnosis.
Metformin was chosen for initial therapy because of glycemic efficacy, absence of
weight gain and hypoglycemia, general tolerability, and favorable cost.
STEP 2
Aggiungere SECRETAGOGO o GLITAZONE o
INCRETINA o INSULINA, se inadeguato
controllo glicemico, o se HbA1c iniziale molto
elevata.

I secretagoghi raggiungono rapidamente


l'obiettivo terapeutico, ma anche il fallimento
secondario.
I glitazoni agiscono più lentamente, ma
conservano più a lungo l'efficacia.
L’ esperienza con le incretine è ancora limitata.
L’opzione per l’insulina va sempre considerata,
per la sua maggiore efficacia.
I SECRETAGOGHI possono indurre ipoglicemia
ed incremento ponderale.

All'interno della classe la REPAGLINIDE ha


azione più pronta rispetto alle SULFONILUREE,
perciò controlla meglio l'iperglicemia post-
prandiale e comporta un minor rischio di
ipoglicemia.
Tutti stimolano la secrezione insulinica,
legandosi ad un recettore specifico delle beta-
cellule.
I GLITAZONI (rosiglitazone, pioglitazone)
possono indurre ritenzione idrica e scompenso
cardiaco nei pazienti più a rischio (soprattutto se
in t. insulinica).
Per il costo elevato non vanno prescritti in
monoterapia.
Riducono la resistenza all'insulina stimolando il
recettore PPAR-gamma (perossisoma
proliferatore) prevalente negli adipociti.
Physiology of incretins
GLP-1: functional pancreatic effects

Glucose dependent
insulin secretion

Somatostatin
secretion

Glucagon Hepatic
secretion glucose
output

Pancreatic cells: -cell a-cell -cell

Ørskov et al. Endocrinology 1988;123:2009–2013. Drucker et al. Proc Natl Acad Sci USA 1987;84:3434–3438.
GLP-1: azione sulle beta-cellule
Miglioramento funzione beta cellule
• Stimola il rilascio di insulina glucosio-dipendente*
• Promuove la biosintesi di insulina e stimola la
GLP-1 trascrizione del gene dell’insulina **
• Migliora la risposta delle beta-cellule al
glucosio**
• Aumenta l’espressione di mRNA per la
beta cellule glucochinasi e per il Glut-2
pancreatiche
Effetti sul turnover delle beta cellule
• Promuove la proliferazione delle beta cellule***
• Riduce l’apoptosi delle beta cellule**,***

*Studi in pazienti con diabete tipo 2


**Studi In vitro.
***Studi In vitro e ex vivo in animali
Quddusi S et al. Diabetes Care. 2003;26:791–798; Drucker DJ. Mol Endocrinol. 2003;17:161–171; Holz GG, Chepurny OG. Curr
170
Med Chem. 2003;10:2471–2483; Zhou J et al. Diabetes. 1999;48:2358–2366; Farilla L et al. Endocrinology. 2002;143:4397–4408;
Tourrel C et al. Diabetes. 2001;50:1562–1570.
Le INCRETINE stimolano la biosintesi e la
secrezione di insulina glucosio-indotta e
inibiscono quella di glucagone.
Sono pertanto utili soprattutto per il controllo
dell'iperglicemia post-prandiale.
Rara l’ipoglicemia (con sulfoniluree).
Necessario piano terapeutico.

Analoghi del GLP1 glucagon-like peptide


(EXENATIDE): per via sottocutanea, riduzione
peso corporeo, effetti collaterali gastrointestinali.

Inibitori dell’enzima DPP-4 dipeptidyl-peptidasi


che degrada GLP1 (SITAGLIPTIN,
VILDAGLIPTIN): per via orale, ben tollerati.
STEP 2

Usare la terapia tricombinata quando le


associazioni metformina-secretagogo o
metformina-glitazone o metformina-incretina non
sono in grado di mantenere il controllo della
glicemia.

Metformina-secretagogo-glitazone
Metformina-secretagogo-incretina

In alternativa considerare la possibilità di


passare a terapia insulinica.
L' ACARBOSIO può rappresentare una ulteriore
opzione, benchè meno efficace degli altri
ipoglicemizzanti.
Non induce ipoglicemia, né incremento del peso
corporeo.
Frequenti le manifestazioni secondarie
intestinali.
Agisce ritardando la digestione e l' assobimento
di amidi e saccarosio.
STEP 3

Iniziare la terapia con INSULINA quando quella


orale non risulta più efficace.

Continuare comunque con METFORMINA, che


contrasta l' incremento ponderale insulino-
indotto.
L' uso di SECRETAGOGHI può talora venir
continuato, almeno temporaneamente.
Estrema cautela con i GLITAZONI, per la
ritenzione idrica.
Per ora controindicata l’associazione con
INCRETINE.
Nessun problema con l’ACARBOSIO.
Utilizzare una insulina basale come GLARGINE
o DETEMIR: hanno il minor rischio di
ipoglicemia (detemir non determina aumento di
peso, necessario piano terapeutico).

Oppure un analogo rapido ai pasti, LISPRO,


ASPART o GLULISINA: danno il miglior
controllo dell' iperglicemia post-prandiale.

Oppure uno schema BASAL-BOLUS: insulina


basale ed analogo rapido ai pasti.

Oppure più raramente INSULINA BIFASICA pre-


miscelata in doppia somministrazione.
1° STEP:
iniziare con Metformina, iniziando con dosi basse da
incrementare nel tempo sotto controllo della funzionalità
renale. In caso di controindicazioni o di intolleranza iniziare
con altro farmaco, privilegiando come primo tentativo quelli a
minor costo

2° STEP:
aggiungere alla Metformina ( o all’altro primo farmaco usato)
un secondo farmaco (Sulfonilurea,Glinide, Glitazone, Gliptina,
Analogo GLP1, Insulina basale), tenendo conto delle
caratteristiche del paziente e della molecola ma privilegiando,
come primo tentativo i farmaci a minor costo.

3° STEP:
aggiungere una terapia con boli di insulina
PERCENTUALE DI SOGGETTI CHE RISPONDONO ALLE DIVERSE
STRATEGIE PER PREVENIRE O RALLENTARE L’INSORGENZA DI
DIABETE MELLITO TIPO 2

• Perdita di peso e esercizio fisico (58 %, DPP, FDPS)


• Smettere di fumare ( 35 %)
• Metformina ( 31 %, DPP)
• Troglitazone (TRIPOD, 55 %)
• ACEI (ALLHAT, CAPP, HOPE, SOLVD [~ 30 % mean])
• ARB (LIFE, CHARM, ALPINE [~ 30 % mean])
• Statine (WOSCOPS, 30 %)
• Chirurgia bariatrica (SOS ~ 90 %)

FDPS: Finnish Diabetes Prevention Study group NEJM 2002;346:393-403 Circulation 2003;107:1291-1296
DPP: Diabetes Prevention Program BMJ 1995;310:555-559 J Hypertens 2003;21:1563-1574
JAMA 2001;286:1882-1885 Clin Med 2003;3:470-474
PREVENZIONE CARDIOVASCOLARE NEL PAZIENTE DIABETICO

Antiaggreganti

Statine

Antipertensivi

Cessazione del fumo


SEGNI E SINTOMI DI IPOGLICEMIA
• Grado lieve
– Senso di fame
– Debolezza
– Tachicardia
– Pallore
– Sudorazione
– Parestesie
• Grado medio
– Alterazioni neurologiche (incoerenza, scarsa collaborazione,
aggressività, disorientamento)
• Grado severo
– Perdita di coscienza
– Movimenti tonico-clonici
– Ipotensione
– Ipotermia
– Polso debole e sottile

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